CORSO DI ELEMENTI DI OTTICA INTRODUZIONE ALLO STUDIO

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CORSO DI ELEMENTI DI OTTICA
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA VISIONE
Docente prof. Claudio Folletto
CONCETTI GENERALI
L’uomo prende contatto con l’ambiente attraverso il compartimento sensitivo in cui
possiamo distinguere una sensibilità Generale ed una Specifica. La sensibilità
generale si divide ulteriormente in Somatica e Viscerale. La sensibilità somatica
comprende la percezione esterocettiva, per la percezione di stimoli tattili (superficiali
e profondi), termici e dolorifici e la sensibilità propriocettiva che riceve stimoli dai
muscoli dai tendini e dalle articolazioni. La sensibilità propriocettiva può essere
cosciente , se proiettata alla corteccia telencefalica , od incosciente , se proiettata alla
corteccia cerebellare ( concetti che è bene stampare nella mente). Nell’ambito della
sensibilità generale distinguiamo ancora una capacità epicritica , ovvero ben
discriminabile nelle sue caratteristiche , ed una capacità protopatica, ovvero ricca di
contenuti emozionali difficilmente analizzabili. Ogni sensazione presenta entrambe le
componenti. Una delle due prevale nei vari tipi di sensibilità. La sensibilità Viscerale
si vale di recettori capaci di avvertire variazioni dell’ambiente interno; osmocettori,
chemocettori, barocettori. Da questi recettori gli stimoli sensitivi viscerali si portano
al nevrasse tramite i nervi spinali ed encefalici. Le vie della sensibilità viscerale, il
cui protoneurone ( primo neurone ) è sempre periferico, presentano un decorso
centrale che è poco noto ma che, probabilmente attraverso la formazione reticolare, è
principalmente diretto all’ipotalamo.
Nella sensibilità Specifica troviamo sistemi sensoriali con recettori specifici, costituiti
da cellule nervose ( sensoriali primarie) od epiteliali (sensoriali secondarie ) . Gli
stimoli arrivano ai centri superiori del sistema nervoso (encefalo) tramite alcuni nervi
encefalici ; 1° paio sensibilità Olfattiva , 2° paio sensibilità Visiva, 7°- 9° e 10° paio
sensibilità gustativa, 8° paio sensibilità acustica e vestibolare ( come vedrete in
anatomia e fisiologia il tutto ha relazioni dirette con la sensibilità visiva).
Nel vedente la maggior parte del contatto con l’ambiente avviene attraverso la
sensibilità visiva , sembra circa l’80%. Ovviamente noi viviamo e ci relazioniamo
con il mondo attraverso l’interazione di tutto l’organismo.
Nel sistema visivo la luce raggiunge gli occhi , dopo aver subito alcuni cambiamenti
nell’attraversare i mezzi diottrici oculari , raggiunge la retina ( organo periferico del
sistema nervoso) provocando modificazioni fisico-chimiche nei recettori retinici.
Queste modificazioni causano, nei recettori, delle modificazioni di tipo fisicochimiche ed elettriche che vengono trasmesse al sistema nervoso centrale come
impulsi . Qui gli impulsi vengono interpretati come rapporti di forma , colore ,
spazio, dando origine nella nostra coscienza alla sensazione visiva “VISIONE”.
Questi processi sensoriali del sistema visivo danno origine a risposte motorie negli
occhi , nelle strutture nervose centrali e periferiche, nella muscolatura oculare
intrinseca ed estrinseca ( intrinseco si riferisce ad un muscolo che origina e si
inserisce sullo stesso organo, estrinseco si riferisce ad un muscolo che origina da un
organo per inserirsi su di un altro). Così le informazioni ricevute dal mondo esterno
vengono utilizzate per agire attraverso il sistema motorio sviluppando un
comportamento in risposta agli stimoli ambientali in un meccanismo di feedback in
cui relativamente alla domanda avviene la risposta. L’efficienza della risposta è
legata alla nostra capacità operativa ed alla organizzazione del sistema ricevente che
può , relativamente alla propria efficienza , alterare il messaggio in entrata e quindi la
risposta, come in un classico modello cibernetico. Ad esempio un sistema a
termostato per il controllo della temperatura, è un classico , seppur semplice, sistema
cibernetico.
Relativamente all’origine ed allo sviluppo della visione esistono due scuole di
pensiero originate verso la fine del 1800, la scuola Nativista e quella Empirista.
Secondo i Nativisti le capacità motorie e di orientamento spaziale del sistema visivo
sono trasmesse in modo innato con l’organizzazione anatomo-fisiologica, si
tratterebbe quindi di una trasmissione filogenetica.
Secondo i sostenitori dell’Empirismo le capacità motorie e della percezione spaziale
del sistema visivo, sono funzioni che maturano con l’esperienza attraverso tentativi
ed errori con l’aiuto di altri sensi quali la cenestesi, durante il periodo ontogenetico.
La visione sarebbe quindi un sistema stimolo-risposta aperto secondo il concetto
beavoristico. Nel corso degli anni sostenitori dell’una e dell’altra teoria hanno tentato
di produrre esperimenti che ponessero fine alla diatriba che è per altro ancora in atto.
Lo studio della genetica, successivamente, ha dimostrato che alcune caratteristiche
sono trasmesse in modalità dominante ed altre in modalità recessiva, e che alcuni
geni per la loro espressione fenotipica necessitano di una interazione con l’ambiente.
Per ciò che concerne la funzione visiva sembrerebbe ormai comprovato che le diverse
richieste di efficienza hanno rilevante importanza sulle capacità esecutive e sullo
sviluppo di alcune alterazioni funzionali. D’altro canto tutti gli studi di ricerca
comportamentale, neurofisiologica ed istologica, effettuati negli ultimi decenni sul
sistema visivo, hanno evidenziato la straordinaria plasticità nell’età infantile ,
l’influenza dell’esperienza visiva normale e anormale nel formare o alterare la
funzione, e l’effetto di fattori ambientali nella regolazione neuronale.
Il lavoro sperimentale ha di fatto comunque fornito dimostrazioni che sostengono una
teoria centrale, cioè la cooperazione dei sistemi innati con l’esperienza ambientale
nell’influire sulla funzione finale.
RETINA E DIREZIONE VISIVA
Quando la luce raggiunge il nostro occhio, attraversando i mezzi diottrici va a
stimolare la retina. Lo stimolo non è percepito solo per colore, luminosità e forma ma
anche per direzione nello spazio. La direzione è una sensazione relativa a dei punti
della retina che trovano la loro proiezione nello spazio. La direzione in cui un oggetto
è localizzato è definita “valore direzionale o spaziale” degli elementi retinici
stimolati. Tutti i punti della retina hanno un loro valore di proiezione nello spazio, si
tratta di un fenomeno intrinseco degli elementi retinici. Se proviamo a stimolare con
la testa di un lapis un’area esterna del globo oculare, ad esempio l’angolo superiore
nasale, pigiando leggermente, vedremo apparire uno stimolo luminoso nella direzione
opposta anche stando ad occhi chiusi. Questo avviene perché la retina risponde a
stimoli meccanici nello stesso modo in cui risponde agli stimoli luminosi. Questi
valori direzionali sono detti “segni locali di Lotze”. Dobbiamo però capire che la
retina è in continuità con il nervo ottico ( 2° paio di nervi cranici che si studieranno in
anatomia ), e questo a sua volta è in continuità con le vie ottiche , la radiazione ottica,
fino al cervello. Per questo noi dobbiamo considerare come unità l’apparato retinico
cerebrale. I fenomeni fisiologici, biochimici, biofisici, danno origine a stimoli che
causano i processi retinici che portano a quel fenomeno che chiamiamo “ visione” ,
ma che avviene nel cervello, non sulla retina. Noi vediamo con il cervello. Anche se
la prima elaborazione della percezione avviene nella retina, non ci sono immagini
retiniche ma immagini cerebrali. Quando un oggetto entra nel nostro campo di
visione , la radiazione luminosa, da lui proveniente, entra nell’occhio, viene
concentrata dal sistema diottrico sulla retina, trasdotta al cervello dove diviene una
immagine. Se la nostra mente (intelletto) è precedentemente entrata in contatto con
l’oggetto ne ha conservato la memoria , è quindi in grado di collocarlo in un contesto
logico ed interagire con esso. Se la mente entra in contatto (vede) l’oggetto per la
prima volta , ne studia l’aspetto ed è stimolata a comprenderne il significato, ed il
rapporto che questo può avere con l’organismo. Tutto questo è” Visione” .
SPAZIO SOGGETTIVO, OGGETTIVO, E SENSAZIONE VISIVA
Quando osserviamo un oggetto siamo convinti di localizzarlo, nello spazio, dove
realmente si trova, e relativamente alla nostra posizione definiamo la sua posizione ed
agiamo di conseguenza ( es. un automobile durante un sorpasso, i mobili di casa ecc).
Questa localizzazione è soggettiva, la posizione reale dell’oggetto è la localizzazione
oggettiva. Dalla posizione dell’oggetto nello spazio dipende quale area di retina viene
interessata, ma non significa che l’area retinica colpita corrisponda nella nostra mente
al punto oggetto reale nello spazio. Lo spazio fisico reale e quello soggettivo possono
essere diversi. Se non si ha chiaro questo concetto si da per scontato che ciò che
vediamo è la realtà, senza renderci conto che può essere la nostra realtà ma non
quella degli altri. In realtà noi non vediamo l’oggetto fisico, ma l’immagine mentale
che da esso scaturisce. Ciò che accade è che l’energia, sotto forma di una ristretta
parte dello spettro elettromagnetico, stimola un tessuto nervoso, la retina, dando
origine a forme di energia diverse, che a loro volta nella nostra coscienza divengono
“Visione”, ovvero luce, colore, forma, spazio. Da tutto ciò, nel vedente, scaturisce il
senso “Visione”, che in interazione con gli altri sensi consente la percezione del
mondo, alla quale noi rispondiamo con dei comportamenti , in un sistema di
interazione plastico e modificabile. La sensazione è qualitativamente diversa dal
processo fisico che l’ha indotta. L’energia che ci giunge non è luce, nelle nostra
mente diviene luce attraverso processi che sono propri dell’organismo che li
percepisce. Simili, tra i vari esseri viventi, ma non identici. Per questo ogni essere
vede a modo suo, ciò non relativamente al pensiero, ma proprio relativamente al
percepire. Né l’energia radiante, né i processi retinici e cerebrali da essa indotti sono
un colore, il colore è la sensazione che in noi avviene. Cosi è anche per la sensazione
di spazio. Esiste uno “spazio fisico”, quello del mondo in cui siamo, ed uno “spazio
soggettivo” dato dai nostri sensi. Lo spazio soggettivo è personale e non può essere
paragonato a quello di un’altra persona con diversa organizzazione sensoriale. La
scienza ha individuato dei parametri percettivi visivi comuni, alla maggior parte degli
esseri umani, identificandoli come normalità. Ciò consente dei limiti di comprensione
reciproca nella definizione dell’aspetto delle cose. Coloro che non hanno una
organizzazione sensoriale, motoria , percettiva , che sia( per varie ragioni che nel
corso degli studi saranno viste) nei limiti definiti, hanno una interpretazione del
mondo apparente che può essere solo in certi limiti compresa da coloro che possiamo
definire normali. Ovvero una persona normale può comprendere razionalmente, ma
non capire realmente come vede un ipovedente dalla nascita o un daltonico, e
viceversa. Queste sono condizioni estreme riferite come esempio, ma anche nella
semplice interpretazione visiva di una distanza come di una dimensione può esservi
notevole differenza tra due persone in possesso di un sistema visivo definito normale.
Comunque, in persone definite “normali”,determinati processi fisici danno origine a
sensazioni e percezioni simili e sovrapponibili, pur se non identici e soggette alla
soggettività. Alcune variazioni dell’ambiente inducono cambiamenti riproducibili
nella sensazione e nella percezione. Gli stimoli luminosi hanno caratteristiche quali ;
luminanza, lunghezza d’onda, estensione, localizzazione oggettiva. Occorre però
considerare che il modo in cui ci appare uno stimolo dipende anche dallo stato
percettivo antecedente. La percezione del colore non dipende solo dalla lunghezza
d’onda che ci giunge, ma anche dal colore al quale eravamo precedentemente
adattati. Ciò vale anche per la luminosità e per tutte le altre caratteristiche degli
stimoli visivi. L’influenza dello stato di adattamento preesistente sussiste anche nei
fenomeni di costanza. Per esempio un foglio di carta bianco appare tale sia di giorno
che al crepuscolo, anche se di giorno risulta più luminoso. Una piccola quantità di
luce può suscitare una sensazione visiva in un soggetto adattato al buio, come può
farlo una forte luce in un soggetto adattato alla luce. La grandezza apparente, di un
oggetto in allontanamento, resterà inalterata fino ad una certa distanza, anche se la
sua immagine retinica decresce ( ci riferiamo alla retina per facilità di comprensione),
in seguito l’oggetto apparirà più piccolo fino a scomparire.
Uno stimolo non è mai isolato , ha una zona di contorno che a sua volta presenta
caratteristiche di stimolo che inducono la percezione del contrasto fisiologico.
LA PERCEZIONE VISIVA; sviluppo ed influenze
Abbiamo visto che il sistema visivo è plastico e modificabile, e che cambiando
alcune condizioni ambientali si possono indurre variazioni ripetibili o sovrapponibili
nella percezione visiva. Abbiamo anche visto che la sensazione che scaturisce dalla
percezione è soggettiva. Ciò vuol dire che alla stessa variazione della radiazione
elettromagnetica corrisponda un fenomeno percettivo simile, ma differenziato nella
sensazione dalla soggettività. Ciò vuol dire che variando opportunamente il
messaggio visivo in entrata (input), è possibile indurre fenomeni fisici, chimici e
fisiologici uguali ed una percezione visiva simile , in due individui fisiologicamente
simili, ma differente come sensazione visiva e quindi come risposta (output) di
comportamento e gradimento. Riprenderemo oltre questi concetti, vediamo ora
alcune fasi dello sviluppo anatomico e fisiologico del sistema visivo e della visione.
Alla nascita le funzioni fisiologiche dell’apparato visivo devono ancora maturare, e
seguono, in genere, un preciso ordine nell’individuo detto normale:
1° mese, inizia lo sviluppo del riflesso di fissazione
2° mese, compare il riflesso di ammiccamento e di fissazione coniugata
3° mese, inizia il riflesso di convergenza
5° mese, essendo completato lo sviluppo della macula e della muscolatura ciliare
inizia il processo di accomodazione
6° mese, si stabilizza il riflesso di fissazione coniugata e si incrementa la convergenza
che può essere mantenuta per un po’
1° anno, è sviluppato il riflesso di fusione
2° anno, si stabilizza il riflesso di convergenza
3° anno, è operante il sistema di accomodazione
4° anno, miglioramento dell’acuità visiva
5° anno, maturano i vari riflessi visivi, matura anche l’acuità visiva
6° anno, è più o meno concluso, secondo i principi fisiologici, lo sviluppo della
visione binoculare, è presente una acuità visiva di dieci decimi.
In questo periodo di tempo qualsiasi alterazione percettiva indotta, volontariamente
od involontariamente, dall’ambiente, può portare allo sviluppo di anomalie nel
sistema visivo. Occorre precisare che la maturazione anatomica e fisiologica non è
sinonimo di una adeguata organizzazione funzionale. Tale concetto sarà approfondito
in seguito quando verrà affrontato lo studio delle capacità e delle alterazioni visive.
Avevamo precedentemente accennato al fatto che il meccanismo motorio del sistema
visivo può essere considerato come un modello cibernetico nel quale ad uno stimolo
risponde un sistema di verifica e di risposta. Ora data la differenza degli ambienti e
degli stimoli a cui sono sottoposti individui della stessa specie, nello specifico noi
umani, possiamo affermare che lo sviluppo funzionale del sistema visivo può essere
differenziato relativamente alle situazioni ambientali, e modificato nuovamente al
variare dell’ambiente. Per comprendere questo fenomeno proviamo a fare un
esempio; alla nascita l’apparato fonetico, laringe, corde vocali, lingua , sono
anatomicamente e fisiologicamente uguali in un bimbo italiano come in un francese,
ma la funzione che verrà appresa, parlare, sarà completamente diversa, come
movimento, percezione , sensazione e prodotto. Ovviamente è possibile rieducare
tale funzione, se alterata, con esercizi fonetici, così come è possibile apprendere una
nuova lingua utilizzando le stesse strutture. Il prodotto finale e le sensazioni che se ne
trarranno saranno ovviamente differenti. La funzione visiva può essere alterata o
corretta utilizzando fattori ambientali ed utilizzando i mezzi che la tecnologia ottica
ci mette a disposizione come le lenti ed i prismi. Ponendo davanti all’occhio uno di
questi mezzi noi possiamo variare il messaggio in entrata ( input), varieranno quindi
la percezione e la sensazione visiva che da tale percezione scaturisce, variando cosi la
risposta di comportamento ( output). Noi sappiamo che lenti e prismi vengono usati
ordinariamente per la correzione dei difetti della vista. Ciò che invece non è di
immediata intuizione, ma non per questo meno reale, è che contemporaneamente alla
correzione di un vizio di rifrazione, una lente posta davanti ad un occhio genera
anche una serie di effetti, percettivi e sensoriali, diversi dalla correzione del difetto
metrico, e che per ciò utilizzando alcuni mezzi ottici su di un soggetto non affetto da
vizi di rifrazione ma da un diverso problema visivo, possiamo pilotare le sue
sensazioni visive per ottenere risposte comportamentali nella direzione desiderata,
come in seguito vedremo.
Qualche anno fa, in un esperimento sul sistema percettivo visivo, venne fatto
indossare un casco, contenente un sistema prismatico che capovolgeva l’immagine
del mondo apparente, ad alcuni studenti. Dopo qualche tempo , circa due settimane,
questi erano in grado di condurre una vita normale andando anche in bicicletta. La
plasticità e l’adattabilità sensoriale dell’uomo sono davvero enormi. Queste capacità,
così come le ampiezze funzionali maturate nel periodo ontogenetico sono frutto di
una acquisizione avvenuta nel corso dei millenni. La visione , in quanto fenomeno
globale , non appare spontaneamente nell’individuo. Le reazioni multiple tra il
sistema visivo, l’organismo e l’ambiente si elaborano progressivamente per
permettere un funzionamento generale efficace. I primi studi si sono svolti sullo
sviluppo strutturale, vale a dire sull’embriogenesi. Nell’uomo, il neonato possiede
quasi tutte le strutture dell’adulto, però l’insieme dei suoi comportamenti è assai
diverso. Ciò è dovuto al fatto che le strutture presenti non hanno esperienza
funzionale. Tale esperienza verrà acquisita in collaborazione reciproca tra i vari
apparati, ed in particolare, per ciò che concerne la visione, tra l’apparato motorio
oculare e quello generale. Così la motricità generale influenza lo sviluppo della
coordinazione binoculare. Ad esempio nelle prime settimane di vita il bambino
muove contemporaneamente il braccio, la gamba e l’occhio dello stesso lato ( riflesso
tonico del collo, RTC), dimostrando una organizzazione monolaterale, sotto lo
stimolo della muscolatura del collo ( sensibilità propiocettiva), o sotto uno stimolo
visivo o uditivo( sensibilità esterocettiva). Durante questo periodo gli occhi non si
muovono insieme. Dalla ventesima settimana, con lo sviluppo del riflesso
simmetrotonico ( RST), sarà in grado di portare entrambe le braccia verso la linea
mediana del corpo, passando alla fase duolaterale, successivamente alla fase
bilaterale e quindi allo sviluppo della binocularità. Ancora, la sensibilità tattile
favorisce l’acquisizione della sensibilità visiva, il sistema vegetativo agisce sulla
focalizzazione, e l’aumentare dell’acuità visiva sul rapporto e le possibilità di
sviluppo del movimento e della relazione con l’ambiente.
Lo studio sistematico dello sviluppo della visione a portato a quattro orientamenti ,
che possono essere affrontati separatamente ma sono l’uno sequenziale all’altro:
1) Ottica Oculare; si interessa principalmente dell’occhio e delle sue proprietà
ottiche
2) Analisi del sistema visivo; i suoi diversi meccanismi , i centri di comando e
ricezione, le sue estensioni funzionali
3) Studio sull’adattamento visivo; i meccanismi di adattamento del sistema visivo
all’ambiente e le alterazioni visive indotte
4) Sintesi dei tre studi precedenti ed organizzazione in un quadro sullo sviluppo
della visione in relazione con tutto l’organismo.
Possiamo correlare quanto sopra con alcuni problemi del sistema visivo:
Ottica Oculare: problemi ottici; varie ametropie
Analisi del sistema visivo: occhio-cervello; problemi funzionali, ambliopia, strabismo
Adattamento visivo: problemi di confort ed adattamento; miopie scolari ecc
Visione Organismo Ambiente: problemi di sviluppo, efficienza, apprendimento;
dislessia visiva ecc.
SISTEMI: alcuni concetti di base
Avevamo accennato al fatto che il sistema motorio oculare è paragonabile , nel suo
funzionamento , ad un modello cibernetico.
La cibernetica viene spesso considerata una scienza che si ripercuote su molti campi
scientifici ed utilizzabile negli studi più diversi. Essa può, in effetti, essere
considerata la scienza dell’organizzazione, la ricerca dei sistemi universali.
L’optometria attinge ad una sistematizzazione fondata tanto sull’essere vivente
quanto su tutti i sistemi che da esso derivano. Riconosciamo tre sistemi fondamentali:
SISTEMA VISCERALE: identificazione, accomodazione
SISTEMA SCHELETALE: centratura, convergenza
SISTEMA CORTICALE: sensazione visiva ed inserimento del percepito in un
contesto logico
Ovviamente i sistemi citati attendono alla vita in senso totale come verrà studiato in
seguito
Tale sistematica considera ogni insieme funzionale come costituito da tre livelli di
organizzazione.
STRUTTURA; comprende gli elementi costitutivi del sistema considerato. Su tali
elementi o strutture si elaborano gli aspetti dinamici.
FUNZIONE; è caratterizzata dal mettersi in funzione delle strutture costitutive del
sistema, a volte definita attivazione
OPERAZIONE; funzionamento in modo equilibrato, flessibile che permette
l’acquisizione di automatismo e di nuovi livelli esecutivi.
Perché un sistema sia funzionale deve essere “ Disponibile , Economico, Elastico”
Considerando il sistema visivo possiamo definirlo:
Disponibile; quando possiamo operare in qualsiasi momento
Economico; quando l’energia di utilizzo è sufficiente allo svolgimento di tutte le
attività visive in modo esente da disturbi
Elastico; quando possiamo esercitare in assenza di disturbi qualsiasi tipo di impegno
visivo.
Come sopra detto, vediamo ora come le lenti ed i prismi agiscono nel modulare le
attività della luce.
ALCUNI ASPETTI DELL’AZIONE DELLE LENTI E DEI PRISMI
Lo studio della rifrazione, per esempio in una lente sottile, nell’ottica classica, ci
insegna che esiste uno spazio oggetto ed uno spazio immagine. Lo studio della
percezione visiva , come sopra detto, ci insegna che esiste uno spazio oggettivo ed
uno soggettivo. Questo ultimo scaturisce dalla rappresentazione, in immagine
mentale soggettiva, dello spazio reale. Potremmo quindi azzardare la definizione di “
percezione dello spazio oggetto e dello spazio immagine”? Di fatto se proviamo a
raccogliere su di uno schermo l’immagine di un oggetto formata da una lente
positiva, ci accorgiamo che ciò è possibile. In realtà sullo schermo si focalizza la
radiazione luminosa che deriva dall’oggetto ed è modificata, nella sua vergenza, dalla
lente, la quale raggiunge poi il nostro occhio, e soltanto dopo aver dato seguito ai
fenomeni già esposti , diviene immagine nella nostra mente. Dall’ottica geometrica,
per la spiegazione di un fenomeno fisico, possiamo assumere che una lente posta
davanti all’occhio ha la proprietà di cambiare la vergenza della radiazione in entrata,
ma non possiamo dimostrare nessuna immagine sulla retina, si parla di immagine
retinica per facilità di comprensione, cosi come si parla di immagini reali e virtuali
formate dalle lenti ( e così saranno definite d’ora in avanti), ma l’immagine esiste
solo nella nostra mente, questo fatto è ormai scientificamente accettato da tutti. Se
anteponiamo all’occhio un prisma, l’immagine di un oggetto osservato viene deviata
verso la sua base, cambiando la proiezione dell’immagine sulla retina e quindi la
localizzazione dell’oggetto. Al di là delle semplici azioni appena descritte, e che
verranno ampiamente trattate nella materia specifica, lenti e prismi stimolano od
inibiscono alcune attività fisiologiche, sensoriali, e della percezione spaziale del
sistema visivo. Ancora , riferendoci all’immagine retinica, dobbiamo ricordare che le
lenti ed i prismi ne influenzano la grandezza apparente, relativamente all’indice di
rifrazione del materiale utilizzato per la loro costruzione, al loro spessore , alla
distanza cui sono poste dall’occhio, alla loro forma ed al valore del potere frontale.
Abbiamo precedentemente affermato che una prima elaborazione dell’informazione
visiva avviene nella retina. Il fatto che la formazione dell’immagine, e la sensazione
visiva, avvengano nel cervello, può essere evidenziato da un piccolo esperimento;
basta porre un filtro rosso davanti ad un occhio, ed uno verde davanti all’altro, in una
situazione di normale ambiente visivo ed in un soggetto non affetto da alterazioni
visive, la percezione appare prevalentemente gialla, a tratti alternata. Questa
integrazione delle sensazioni cromatiche non può, ovviamente, attuarsi nella retina
giacché una delle due retine è fatta reagire soltanto al verde e l’altra soltanto al rosso.
Fermo restando che lo studio approfondito di tali fenomeni sarà affrontato in seguito,
diciamo ora che si tratta di studi di carattere psicologico e fisiologico che dimostrano
come la percezione del colore sia in un primo momento ed in parte dovuta alla attività
retinica,ma secondariamente e prevalentemente dovuta alla interpretazione
soggettiva sensoriale della nostra mente, essendo la sensazione del giallo la risultante
interpretativa, da parte del nostro cervello, delle due lunghezze d’onda. Se ciò è vero
per il colore, è altresì vero in senso generale. Lenti e prismi agendo sulla radiazione
luminosa, e quindi sull’immagine, possono alterare la percezione e di conseguenza la
sensazione visiva che ne deriva. Questo aspetto non deve essere dimenticato dallo
studente nel momento in cui affronterà lo studio dei vizi di rifrazione e della loro
correzione diottrica. Vediamo ancora alcuni effetti, di carattere fisiologico e
psicologico, che le lenti ed i prismi hanno sul sistema visivo.
LE LENTI NEGATIVE
Stimolano l’accomodazione e di conseguenza la convergenza. Ciò avviene perché si
ha una localizzazione ravvicinata dello spazio. Come sappiamo le lenti negative
formano una immagine virtuale nello spazio oggetto. Di fatto la sensazione che si ha
è quella di un avvicinamento e di un rimpicciolimento dell’oggetto, ovvero lo spazio
viene portato nel fuoco della lente, quindi nel punto remoto del miope. A questo è
dovuto lo stimolo dell’accomodazione. Le lenti negative agiscono sulla sensazione
visiva accentuando l’interesse sulla figura e meno sullo sfondo, diminuiscono la
distribuzione della luce e ne aumentano l’intensità. Agiscono in sinergia con i prismi
a base esterna.
I PRISMI A BASE ESTERNA
Utilizzati per la facilitazione esecutiva, in alcune alterazioni della attività della
muscolatura estrinseca oculare, ma anche in programmi di visual training, i prismi
posti in coppia a base esterna agiscono sulla attività fisiologica e sensoriale del
sistema visivo in modo simile o complementare alle lenti negative.
Stimolano la convergenza e di conseguenza l’accomodazione. Danno la sensazione di
vedere l’oggetto più vicino e rimpicciolito, ovvero avvicinano lo spazio. Accentuano
l’attenzione sulla figura.
LE LENTI POSITIVE
Rilassano, ovvero inibiscono, l’accomodazione e di conseguenza la convergenza.
Formano una immagine reale nello spazio immagine. Danno una sensazione di
allontanamento dello spazio e di aumento della dimensione dell’oggetto. Aumentano
la distribuzione della luce riducendone l’intensità. Aumentano l’interesse sullo
sfondo e meno sulla figura. Agiscono esattamente al contrario delle lenti negative ed
in sinergia con i prismi base interna.
I PRISMI BASE INTERNA
Come per quelli a base esterna, sono usati in alcune alterazioni neuromuscolari del
sistema visivo ed in procedure di visual training. Inibiscono la convergenza e quindi
l’accomodazione. Allontanano lo spazio dando una sensazione di allontanamento ed
ingrandimento dell’oggetto. Accentuano l’interesse sullo sfondo e meno sulla figura.
Hanno in sostanza attività simile o complementare alle lenti convesse.
ALTRE UTILIZZAZIONI DI LENTI E PRISMI
In alcune procedure i prismi possono essere associati in coppia a base temporale
destra o sinistra, ed ancora gemellati a base alta o bassa. Le lenti positive o negative
possono essere utilizzate, a scopi particolari, indipendentemente dal difetto di
rifrazione, associate o meno a coppie di prismi.
PRISMI GEMELLATI A BASE TEMPORALE DX ED SX
Vengono utilizzati in alcune particolari alterazioni della muscolatura oculare, ma
anche in procedure di training per ottenere un controllo e/o una correzione della
postura.
I PRISMI GEMELLATI BASE ALTA
Anch’essi usati nelle procedure di trattamento delle anomalie muscolari degli occhi ,
trovano impiego nel visual training, in procedure di abbinamento ai prismi base
esterna ed alle lenti negative. Stimolano la convergenza e l’accomodazione.
Inducono l’individuo ad inclinare la testa in avanti
I PRISMI GEMELLATI BASE BASSA
Utilizzati per il trattamento delle anomalie dei muscoli oculari, ed in procedure di
visual training in abbinamento ai prismi base interna ed alle lenti positive. Hanno
l’effetto di rilassare o inibire la convergenza e l’accomodazione. Inducono
l’individuo ad inclinare la testa all’indietro.
APPLICAZIONI SPECIALI DEI MEZZI OTTICI
Ho parlato di prismi gemellati e di mezzi ottici utilizzati a coppie, ovvero davanti ad
entrambi gli occhi, perché l’azione sulla convergenza, sull’accomodazione, e sulla
percezione dello spazio e delle relazioni spazio-tempo, è generalmente mirata alla
attività binoculare. Esistono comunque situazioni in cui l’applicazione di lenti e/o
prismi è attuata in condizioni di visione monoculare, sia per la correzione semplice
di difetti visivi, sia per particolari situazioni secondarie a traumi o patologie di
carattere fisico, neurologico e/o psicologico ed ancora nel controllo e correzione di
alcune alterazioni della postura generale dell’individuo, nelle tecniche di training per
particolari discipline sportive o nel lavoro. Tali applicazioni verranno viste nel corso
degli anni successivi nello svolgimento delle materie specifiche. Comunque la
trattazione approfondita richiede la frequenza di corsi specifici di specializzazione
che potranno essere affrontati dopo il conseguimento della laurea triennale.
Note
Questo scritto contiene alcune parti originali che non possono essere
mnemonicamente ricondotte ad alcun testo facendo parte del bagaglio didattico e
clinico personale, e di altre tratte dai testi sotto elencati.
Alcuni di questi sono di vecchia edizione, attualmente sono reperibili le nuove
edizioni riviste che però non differiscono in modo sostanziale . Vengono indicati in
oltre altri testi che seppur non utilizzati per questa breve dispensa non dovrebbero
mancare nella biblioteca di un optometrista.
Spero che una sana curiosità vi spinga a consultarli. Nella biblioteca dell’Università
sono disponibili testi specifici, da noi consigliati, ad uso degli studenti. Visitatela.
Bibliografia
1) Anatomia Umana 3, P. Motta, terza edizione, Edi-Ermes 1993; 3°volume,
capitolo primo,
2) Trattato di fisiologia medica, Arthur C. Guyton, 3° edizione italiana sulla 6°
americana, Piccin 1987; capitolo 60
3) Visione binoculare e motilità oculare, Burian -Von Noorden, Medical Books
1985; capitoli 1° e 2°
4) Oftalmologia clinica, Toselli- Miglior, Monduzzi editore, 1987; capitolo primo
5) L’uso di lenti e prismi nel training visivo, Sam H. Horner Jr, Società
D’optometria D’Europa 1974; dal capitolo 3° al 6°
6) Introduzione alla Visiologia; appunti personali, Istituto di Visiologia di
Francia.
Altri testi utili
1) Manuale di Optometria e Contattologia Rossetti-Gheller, Zanichelli
2) Analisi Visiva, Leo Manas , Società d’optometria d’Europa
3) Le Anomalie Binoculari, J. R. Griffin, Società d’Optometria d’Europa
4) Optometria clinica 5, G. C. Slade, Società d’Optometria d’Europa
5) Analisi e trattamento dei problemi visivi .., Rossana Bardini, Società
d’Optometria d’Europa
6) Anatomia del Sistema Nervoso centrale e periferico dell’uomo, Luigi Cattaneo,
Monduzzi Editore
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