UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA GESTIONALE
TESI DI LAUREA TRIENNALE
IL BUZZ MARKETING:
NOZIONI ED ESEMPI
RELATORE: CH.MO PROF. ENRICO SCARSO
LAUREANDO: LUNARDON ANDREA
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
Indice
SOMMARIO ….……………………………………………………………………..………....... pag. 3
INTRODUZIONE .….………………………………………………………………..…………… pag. 4
CAPITOLO 1: Il Marketing ………………………………………………………..…………… pag. 5
1.1 – Introduzione ……………………………………………..…………... pag. 6
1.2 – Concetti base ……………………………………………..……….… pag. 7
1.3 – Orientamenti di marketing ……………………………….……….... pag. 8
1.4 – Marketing mix ……………………………………………….…….… pag. 9
1.5 – La comunicazione nel marketing …………………………….……. pag. 10
CAPITOLO 2: Il Marketing non convenzionale ………………………………………….…. pag. 11
2.1 – Evoluzione del marketing ………………………………………..... pag. 12
2.2 – Il marketing non convenzionale …………………………………... pag. 13
2.3 – I 10 principi fondamentali del marketing non convenzionale …... pag. 14
CAPITOLO 3: Il buzz marketing ……………………………………………………………..… pag. 15
3.1 – La marca ……………………………………………………………... pag. 16
3.2 – Marketing virale ……………………………………………………... pag. 17
3.3 – La centralità del passaparola ……………………………………… pag. 18
3.4 – Il buzz marketing …………………………………………………..... pag. 19
CAPITOLO 4: Casi studio ……………………………………………………………………….. pag. 20
4.1 – Hans Brinker Hotel …………………………………………………... pag. 21
4.2 – The Fun Theory ……………………………………………………… pag. 22
4.3 – Blair Witch Project …………………………………………………… pag. 23
CONCLUSIONI ……………………………………………………………………………………... pag. 24
BIBLIOGRAFIA …………………………………………………………………………………….. pag. 25
SITOGRAFIA ……………………………………………………………………………………….. pag. 26
1
SOMMARIO
Questa tesi analizza una nuova tecnica di marketing denominata ”buzz marketing” che
si basa sul passaparola on – line e si è diffusa grazie all’avvento di Internet e delle nuove
tecnologie. Il termine buzz vuol dire infatti ronzio, termine onomatopeico che indica il
rumore fatto dalle persone che si scambiano informazioni.
Il primo capitolo tratta del marketing in generale ponendo l’attenzione sulle sue
caratteristiche e sull’importanza della comunicazione. Il secondo capitolo esamina il
processo evolutivo del marketing, descrivendo gli eventi che hanno portato alla formazione
di questa tecnica. Segue un’analisi dei nuovi orientamenti di marketing nati dalle idee di
numerosi guru, per focalizzarsi poi sul marketing non convenzionale e sui suoi principi
fondamentali. Il capitolo successivo affronta il tema del buzz marketing partendo dalla
marca e dalla centralità del passaparola nel marketing moderno. Il capitolo fornisce una
descrizione delle caratteristiche del buzz marketing e dei blog, elemento fondamentale di
diffusione della nuova tecnica. Infine l’ultimo capitolo riporta casi studio sull’uso del buzz
marketing.
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INTRODUZIONE
Negli ultimi anni il marketing si sta indirizzando verso nuovi approcci metodologici ed
operativi. Si sente sempre più spesso parlare di marketing non convenzionale, di marketing
e di mezzi di comunicazione alternativi. Parole come word of mouth, viral, experiental,
guerrila sono passate dall’essere misteriose definizioni di nuovi aspetti del marketing ad
oggetto di pubblicazioni scientifiche, di seminari e corsi di aggiornamento e
specializzazione per i professionisti. I rapidi mutamenti in atto ed in particolare la diffusione
di massa dei nuovi mezzi di comunicazione hanno amplificato all’ennesima potenza le
peculiarità della società postmoderna, rendendo necessaria una revisione delle vecchie
teorie in parte ormai superate.
L ’importanza del marketing innovativo viene enfatizzata in un mercato ormai saturo,
come quello moderno, dove le imprese sempre più necessitano di una strategia di
marketing capace di differenziarle rispetto ai competitori. La comunicazione è diventata lo
strumento portante di tale differenziazione, assumendo un ruolo centrale all’interno del
marketing mix e occupando una posizione rilevante nei processi strategici e decisionali di
numerose aziende con l’obiettivo primario di riuscire a trasmettere al consumatore il valore
della propria offerta e infine di costruire una forte identità di marca. Inoltre oggi ci si trova di
fronte ad uno scenario completamente mutato: nella società postmoderna è in atto un
recupero dei valori sociali in contrapposizione alla crescente volontà di affermazione
individuale e un nuovo pubblico di soggetti si sente sempre più produttore di contenuti e di
idee oltre che semplici consumatori. Il potere della comunicazione che precedentemente
era in mano solo all’impresa ora è condiviso anche dai consumatori. Gli strumenti, le teorie
e le tecniche finora utilizzate dagli uomini di marketing si dimostrano inadeguate ad
intercettare persone sempre più impermeabili ai messaggi pubblicitari. Il marketing della
nuova era vede il passaggio dal tentativo di persuasione dei consumatori, ad una
comunicazione di marca che punta ad intrattenere il pubblico, sempre più spesso a stupirlo,
per stimolare la conversazione e innescare meccanismi di diffusione virale.
L’elaborato si occupa di illustrare come i sistemi di marketing non convenzionale siano
in grado di attirare nuovamente l’attenzione di un pubblico abituato alla classica
propaganda aziendale. Le nuove tecniche sono fondamentali per questo scopo. La marca
assume un ruolo cruciale per le aziende che si vedono costrette a mantenere un’elevata
reputazione per aumentare le vendite. La diffusione dei mezzi di comunicazione, di Internet
in particolare, aiuta i consumatori ad avere una maggiore conoscenza dei prodotti e del
brand con cui si devono confrontare. Le aziende hanno la possibilità di usufruire di queste
nuove tecnologie. Grazie allo sviluppo di blog, chat e forum le imprese possono utilizzare il
passaparola per far conoscere i propri prodotti ai consumatori. Più si parla di un
determinato servizio o bene, più si crea del buzz mediatico e più le persone sono in grado
di conoscere tutte le qualità del prodotto in questione. Allo stesso modo i consumatori sono
incentivati all’acquisto dai consigli avuti dai vari blog e da amici che hanno la capacità di
influenzare maggiormente rispetto a qualsiasi messaggio pubblicitario.
Il marketing virale inoltre aiuta il lavoro di marketing delle aziende. Grazie al passaparola
le imprese possono diffondere un’idea positiva che si muoverà nella rete a velocità
supersonica instaurandosi nella mente di numerose persone. Inoltre i consumatori si
raggruppano in forum o gruppi accomunati da una stessa passione permettendo all’azienda
di suddividere più semplicemente il mercato.
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Il buzz marketing quindi è una novità fondamentale nell’economia moderna. Questa
tecnica è in grado di aiutare sia le aziende che i consumatori ad avere un rapporto di fiducia
e di rispetto reciproco. Il marketing virale permette alle imprese di aumentare le vendite e la
propria conoscenza, mentre ai clienti dà la possibilità di effettuare un acquisto più
consapevole. Numerosi sono gli esempi di prodotti e di aziende diversi fra loro che con una
buona campagna di buzz marketing sono riusciti ad avere un notevole successo.
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CAPITOLO 1
Il marketing
1.1 Introduzione
Il marketing non va inteso nel senso obsoleto di ”atto di vendita” ma consiste
nell’individuazione e nel soddisfacimento di bisogni umani e sociali. Molti confondono il
marketing con le attività promozionali di vendita, cosa che non deve stupire in quanto ogni
giorno siamo bombardati da spot televisivi, pubblicità sui quotidiani, direct mail e telefonate
di vendita. C’è sempre qualcuno che cerca di vendere qualcosa, ma la vendita è solo la
punta dell’iceberg marketing. Infatti se chi si occupa di marketing agisce in termini di
identificazione delle esigenze della clientela, di sviluppo di prodotti di qualità a un prezzo
giusto, di distribuzione e promozione efficaci, allora i beni in questione vengono venduti con
estrema facilità. La vendita diventa quindi una delle svariate funzioni di marketing e
neppure la più importante. Peter Drucker, uno dei massimi esperti di marketing, si esprime
così: ”si può presumere che vi sarà sempre necessità di vendere. Ma lo scopo del
marketing è quello di rendere superflua la vendita. Lo scopo è conoscere e comprendere il
cliente al punto che il prodotto o servizio sia tanto adatto alle sue esigenze da vendersi da
solo. Teoricamente il risultato del marketing è un cliente pronto ad effettuare l’acquisto.
Allora non rimane che rendere disponibile il prodotto o servizio.”
Quando Sony ha progettato la PlayStation, quando Gillette ha lanciato il rasoio Mach III
e quando Toyota ha introdotto il modello Lexus, questi produttori sono stati sommersi dagli
ordini perché avevano creato il prodotto ”giusto” sulla base di attente ricerche di marketing.
Questi prodotti di grande successo sono chiamati hot. Tutto ciò non significa che le attività
promozionali e di vendita abbiano una scarsa rilevanza, ma piuttosto che esse fanno parte
di un più ampio marketing mix, cioè di una serie di strumenti di marketing che sfruttano un
effetto sinergico per influenzare il mercato.
Il marketing diventa quindi ”il processo sociale e manageriale mediante il quale una
persona o un gruppo ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri
creando, offrendo e scambiando prodotti e valore con altri” (Kotler et al. 2001). Non esiste
però un’unica definizione di marketing accettata universalmente. Ad esempio la American
Marketing Association offre la seguente definizione formale: “ il marketing è una funzione
organizzativa e un insieme di processi volti alla creazione, alla comunicazione e all’offerta
di valore ai clienti, nonché una gestione del rapporto con il cliente che generi un beneficio
per l’organizzazione e per tutti i suoi membri.”
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1.2 Concetti base
Alla base del marketing vi sono alcuni concetti fondamentali di seguito richiamati
1.2.1
Bisogni, desideri e domanda
L’operatore di marketing deve tentare di comprendere i bisogni, i desideri e le
domande del mercato. I bisogni sono le necessità di base di ogni essere umano. Per
sopravvivere tutti hanno bisogno di cibo, aria, acqua, vestiti e di un’abitazione. Inoltre le
persone hanno forti bisogni di ricreazione, educazione ed intrattenimento. Secondo Philip
Kotler, questi bisogni non sono creati dagli operatori di mercato, ma sono parte integrante
della natura e della condizione umana. Questi bisogni diventano desideri quando sono
rivolti verso specifici oggetti in grado di soddisfarli. I desideri variano a seconda della
società in cui vengono espressi. I desideri umani sono quindi la manifestazione che i
bisogni assumono in base alla cultura e alla personalità individuale. I bisogni realmente
fondamentali sono relativamente pochi (cibo o riparo ad esempio), mentre i desideri che
ne derivano sono quasi infiniti. Le persone dispongono però di risorse limitate e per
questo desiderano poter scegliere prodotti che generano il più alto grado di soddisfazione
rispetto alle proprie possibilità economiche.
I desideri si trasformano in domanda se sostenuti da un’adeguata capacità di spesa,
cioè da un adeguato potere d’acquisto. I consumatori guardano ai prodotti come ad un
insieme di benefici e scelgono quei prodotti in grado di fornir loro la migliore richiesta di
benefici per il prezzo che sono disposti a pagare. Le imprese devono quindi misurare non
solo quante persone desiderano il proprio prodotto ma anche quante di loro possono e
intendono acquistarlo. Le imprese perciò non creano i bisogni poiché i bisogni sono
preesistenti agli operatori di mercato. Gli operatori, assieme ai fattori sociali, influenzano i
desideri.
Le imprese che applicano con successo i principi di marketing si impegnano al
massimo per analizzare i bisogni, i desideri e le richieste dei propri clienti. Esse
conducono indagini approfondite sui comportamenti dei consumatori e sulle loro
aspettative. Esaminano con attenzione i dati relativi ai reclami e alle richieste presentate
dagli acquirenti, nonché i rapporti dei servizi di assistenza tecnica. Addestrano i propri
venditori al fine di individuare le esigenze dei clienti non soddisfatte o soddisfatte solo in
parte.
Capire però i bisogni e i desideri dei clienti non è sempre facile. Alcuni clienti hanno
bisogni di cui non sono completamente consci, non riescono ad esprimerli correttamente
oppure usano parole che richiedono un certo livello di interpretazione. Inoltre molti
consumatori non sanno che cosa si aspettano da un prodotto. Come affermava
Carpenter, vice presidente della produzione per Spigit, azienda che aiuta le imprese a
gestire l’innovazione, ” non è più sufficiente dare ai clienti ciò che essi desiderano: per
raggiungere la vetta occorre che le imprese aiutino i clienti a capire ciò che desiderano.”
In passato per ”rispondere ai bisogni dei clienti” occorreva studiare tali bisogni e creare un
prodotto che, mediamente, potesse soddisfarli. Oggi invece alcune imprese hanno
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sviluppato una concezione diversa e rispondono ai bisogni individuali di ciascun singolo
cliente. È il passaggio dalla filosofia ”produci-e-vendi” alla filosofia ”ascolta-e-rispondi”.
Una dettagliata comprensione dei bisogni, desideri e richieste dei consumatori fornisce
importanti elementi per la definizione delle strategie di marketing.
1.2.2
Mercati obiettivo, posizionamento e segmentazione
Raramente un’impresa è in grado di soddisfare tutti coloro che compongono il
mercato. Pertanto gli operatori di marketing devono per prima cosa suddividere il mercato
in più segmenti, identificando e stabilendo il profilo di gruppi distinti di acquirenti che
potrebbero preferire o richiedere un mix di servizi e prodotti differenti. I segmenti di
mercato possono essere identificati esaminando le differenze demografiche,
psicografiche e comportamentali fra i vari acquirenti.
Una volta segmentato il mercato, gli operatori di marketing decidono quali segmenti
costituiscono per l’impresa le migliori opportunità, ossia identificando i propri mercati
obiettivo. Per ognuno dei mercati scelti, l’impresa sviluppa un’offerta, che viene
posizionata nelle menti dei clienti obiettivo tramite la fornitura di alcuni vantaggi
fondamentali. Le imprese di successo sanno scegliere con cura i propri mercati obiettivo e
preparano programmi di marketing estremamente mirati.
1.2.3
Valore, soddisfacimento e qualità
I consumatori solitamente hanno a disposizione un’ampia gamma di prodotti che
potrebbero soddisfare un determinato bisogno. L’acquirente sceglie fra le varie offerte
quella che sembra fornire il valore più elevato. Il concetto guida è quello di valore per il
cliente. Il valore riflette benefici e costi tangibili e intangibili per il cliente e può essere
inteso come la differenza fra il valore che questi consegue mediante il possesso e
l’impiego di un dato prodotto ed il costo sostenuto per acquisire il medesimo. Sebbene vi
siano anche altri fattori che svolgono un ruolo importante, in linea di massima possiamo
affermare che il valore aumenta con la qualità e il servizio e si riduce con il prezzo. Per
esempio, i clienti della Federal Express ottengono una serie di vantaggi. Il più ovvio è
costituito da un servizio di consegna a domicilio rapido ed affidabile. Occorre poi tener
conto del fatto che gli utenti di Federal Express conseguono un valore sul piano
dell’immagine e dello status. Quando qualcuno decide di inviare un involucro o un pacco
via Federal Express, egli tiene conto di questi ed altri valori nel valutare il costo
complessivo del servizio. Inoltre, il valore ricevuto da Federal Express viene posto a
confronto con quello conseguibile mediante altri vettori al fine di poter scegliere quello che
fornisce il valore più elevato. Il valore è perciò un concetto centrale del marketing. Il
marketing può infatti essere inteso come l’identificazione, la creazione, la comunicazione,
la trasmissione e il monitoraggio del valore per il cliente.
In genere, gli acquirenti di beni e servizi non valutano in modo accurato il costo e i
valori dei prodotti. Essi esigono in base al loro valore percepito. Gli utenti di Federal
Express percepiscono che il servizio reso da questo vettore è più rapido ed affidabile e
sono quindi disposti a pagare prezzi più elevati. La soddisfazione è il risultato del
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confronto fra le prestazioni percepite del prodotto e le aspettative formulate prima
dell’acquisto. Se le prestazioni del prodotto sono inferiori alle aspettative il cliente è
insoddisfatto e deluso; se le prestazioni corrispondono alle aspettative il cliente è
soddisfatto; se le prestazioni eccedono le aspettative il cliente è estremamente
soddisfatto e entusiasta. Le imprese che possono vantare un’eccellente organizzazione di
marketing fanno il possibile per mantenere elevato il livello di soddisfazione dei propri
clienti. Quando un cliente è soddisfatto, tende a ripetere gli acquisti e a riferire le proprie
positive esperienze ad amici e conoscenti. Il problema essenziale è quello di mantenere
un costante equilibrio fra le aspettative dei clienti e le capacità operative dell’impresa. Le
imprese di successo puntano a deliziare i propri clienti promettendo solo ciò che possono
effettivamente mantenere, per poi realizzare un valore superiore a quanto promesso.
La soddisfazione del cliente è strettamente legata alla qualità. Negli anni recenti, molte
imprese hanno adottato programmi di total quality management (TQM), concepiti allo
scopo di realizzare un costante miglioramento dei propri prodotti, servizi e processi di
marketing. La qualità ha un impatto diretto sulle prestazioni dei prodotti, e pertanto sul
livello di soddisfazione del cliente. Nel suo significato più ristretto, la qualità può essere
definita come uno stato di ”assenza di difetti”. Tuttavia, molte imprese orientate al cliente
vanno oltre questa definizione. La definizione di difetto per queste imprese è: ”se un
prodotto non piace al cliente, questo è il difetto”. Da una definizione di qualità orientata al
cliente discende che un’impresa raggiunge la qualità totale solo quando i suoi prodotti o
servizi rispondono o superano le aspettative degli acquirenti. È per questa ragione che
l’obiettivo fondamentale dei movimenti contemporanei per lo sviluppo della qualità totale
sta evolvendo verso un concetto di soddisfazione totale del cliente. La qualità ha inizio
con le esigenze dell’acquirente e trova una conclusione con il soddisfacimento delle
stesse.
Il cliente infatti valuta la capacità di ciascun prodotto di soddisfare, nel complesso,
l’insieme delle esigenze individuate. Questo significa che definirà una graduatoria delle
alternative disponibili, dalla più soddisfacente alla meno soddisfacente.
1.2.4
Canali di marketing
Per raggiungere il mercato gli operatori si servono di tre tipologie di canali. I canali di
comunicazione consentono di inviare e ricevere messaggi dagli acquirenti e comprendono
quotidiani, riviste, radio, televisione, manifesti, telefono, cd e Internet. Sempre più spesso,
oggi, gli operatori di marketing aggiungono canali di dialogo per integrare e bilanciare
l’impiego di canali monodirezionali tradizionali quali la pubblicità.
I canali di distribuzione consentono di mostrare, vendere e recapitare servizi o prodotti
fisici all’acquirente o utente. Questi canali includono distributori, grossisti, dettaglianti e
agenti.
Infine gli operatori di marketing si servono dei canali di servizio per effettuare
transazioni con i potenziali acquirenti. I canali di servizio includono magazzini, imprese di
trasporti, banche e compagnie di assicurazioni e il loro scopo è agevolare le transazioni.
Gli operatori di marketing devono chiaramente affrontare un problema progettuale nella
scelta del mix più efficace di canali di comunicazione, distribuzione e servizio per la
propria offerta.
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1.2.5
Scambio, transazioni e relazioni
Lo scambio, il concetto di base del marketing, è quel processo che consiste
nell’ottenere il prodotto desiderato offrendo qualcosa in cambio. Come mezzo per
soddisfare i bisogni lo scambio è caratterizzato da notevoli vantaggi: non è necessario
vivere alle spalle di altri e neppure dipendere dalla volontà o meno degli altri di fare la
carità. Neppure è necessario possedere la capacità per produrre tutto ciò che è
indispensabile. L’uomo può allora concentrarsi a produrre beni che è in grado di
realizzare e scambiarli con altri di cui ha necessità. Lo scambio permette dunque alla
società di produrre in grado molto più elevato di quanto non potrebbe adottando qualsiasi
altro mezzo teso a ottenere i prodotti desiderati. Lo scambio è il concetto alla base del
marketing. Lo scambio può avere luogo se le due parti si accordano su termini che
lascino entrambe più soddisfatte di prima. In questo senso lo scambio crea valore come la
produzione.
Affinchè avvenga lo scambio devono essere soddisfatte svariate condizioni.
Ovviamente devono essere coinvolte almeno due parti e ognuna delle parti deve avere
qualcosa che rappresenta un valore per l’altra parte; ognuna delle parti è in grado di
comunicare e trasferire il valore ed è libera di accettare o rifiutare l’offerta di scambio.
Infine ognuna delle parti può ritenere se sia appropriato o desiderabile trattare con l’altra
parte. Queste condizioni si limitano a rendere possibile lo scambio. Se poi lo scambio
abbia effettivamente luogo, dipende dal fatto che le due parti giungano o meno ad un
accordo. Quando questo accordo viene raggiunto, si dice che avviene una transazione.
La transazione è l’unità di misura dello scambio. Una transazione prevede varie
dimensioni: almeno due oggetti di valore, le condizioni concordate, il momento e il luogo
dell’accordo.
In senso lato, gli operatori di mercato cercano di innescare un meccanismo di risposta
a una qualche offerta. E la risposta potrebbe andare oltre alle semplici attività di
“acquisto” o di ”scambio” di beni e di servizi ma mira ad una sollecitazione
comportamentale della controparte. Un candidato alle elezioni politiche richiede un voto,
una chiesa aspira ad acquisire un membro attivo nella propria comunità e un gruppo di
azione sociale ricerca l’adesione a una determinata causa. Il marketing è costituito dalle
azioni svolte per sollecitare la risposta desiderata nei confronti di un prodotto da parte di
un determinato pubblico obiettivo.
Il marketing basato sulla transazione non è che un aspetto di un concetto più ampio,
quello di marketing basato sulla relazione. Le imprese di successo tendono a creare
relazioni sul lungo periodo con clienti, distributori intermediari e fornitori. Esse
costruiscono forti legami sociali ed economici promettendo e sviluppando in maniera
sistematica prodotti di elevata qualità, servizi efficaci e prezzi equi. Sempre più il
marketing sta passando dalla tendenza a massimizzare il profitto su ogni singola
transazione all’orientamento verso l’ottimizzazione di relazioni reciprocamente
vantaggiose con i consumatori e con altri gruppi di riferimento. Sempre più la concorrenza
si svolge non tanto e non solo fra specifiche imprese, bensì fra interi sistemi aziendali. Il
successo competitivo viene conseguito dai sistemi in grado di realizzare il massimo di
integrazione e complementarietà. La realizzazione di un efficace sistema di relazioni
costituisce la premessa per conseguire elevati livelli di profittabilità.
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1.2.6
Ambiente di marketing
Marketing significa operare sui mercati allo scopo di realizzare gli scambi in base ai
quali i singoli e i gruppi ottengono quanto è necessario per soddisfare i bisogni e i desideri
umani. I processi di scambio implicano lavoro. Coloro che vendono devono infatti: cercare
gli acquirenti, identificare i bisogni, progettare prodotti validi, promuoverli, immagazzinarli,
consegnarli e determinarne il prezzo. Sempre Kotler sostiene che lo sviluppo del prodotto,
comunicazione, distribuzione, determinazione del prezzo e servizio sono considerate
attività fondamentali nel marketing. Tipicamente si è indotti a pensare che le attività di
marketing vengono svolte dai venditori, ma anche gli acquirenti se ne fanno in qualche
modo carico: quando i consumatori si mettono alla ricerca di beni di cui hanno bisogno,
disponibili al prezzo che si possono permettere, ”fanno marketing”. I responsabili acquisti
delle aziende fanno marketing quando ricercano sistematicamente imprese produttrici e
negoziano per raggiungere un accordo conveniente.
In una situazione tipica, il marketing implica il servire un mercato di consumatori finali
in presenza di una serie di concorrenti. L’impresa e i suoi concorrenti presentano i propri
prodotti agli acquirenti potenziali direttamente o attraverso gli intermediari. Tutti i
protagonisti del sistema sono influenzati e condizionati dalle grandi forze che operano
nell’ambiente. Questo ambiente è costituito da tutti coloro che influenzano la capacità
dell’impresa di sviluppare efficaci transizioni con il suo mercato obiettivo. L’ambiente di
marketing può essere suddiviso nell’ambiente funzionale e nell’ambiente allargato.
L’ambiente funzionale include tutti coloro che sono immediatamente coinvolti nella
produzione, distribuzione e promozione dei prodotti e servizi offerti. I soggetti principali
sono l’impresa, i fornitori, i distributori, i rivenditori e i clienti. Nella categoria dei fornitori
rientrano i fornitori di materiali e i fornitori di servizi, come gli istituti per le ricerche di
mercato, le agenzie pubblicitarie, le banche e le società di assicurazione, le compagnie di
trasporti e le aziende di telecomunicazioni. La categoria dei distributori e rivenditori
comprende gli agenti, i rappresentanti del produttore e tutti coloro che facilitano
l’individuazione dei clienti e la vendita.
L’ambiente allargato è costituito da sei componenti: ambiente demografico, ambiente
economico, ambiente naturale, ambiente tecnologico, ambiente politico-legale e ambiente
socio-culturale. Questi ambienti contengono forze che possono avere un impatto
importante sugli attori dell’ambiente funzionale. Gli attori del mercato devono prestare
particolare attenzione alle tendenze e agli sviluppi di questi ambienti e adeguare
tempestivamente le proprie strategie di marketing.
1.3 Orientamenti di marketing
Al concetto di marketing più generale, seguono tre possibili tipi di orientamento ognuno dei
quali si differenzia per la modalità di gestione.
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1.3.1
Orientamento al prodotto – Marketing passivo
È un sistema di marketing che si sviluppa nei mercati in cui la domanda è superiore
all’offerta. I consumatori indirizzano le proprie preferenze a quei prodotti che offrono un
più elevato grado di qualità e di prestazioni, oltre che caratteristiche innovative. Compito
dell’azienda è di conseguenza quello di dedicare le proprie energie a effettuare continui
miglioramenti del prodotto. La promozione diventa un elemento di scarso rilievo vista la
scarsità dell’offerta e l’impossibilità di ampliare il mercato. Tuttavia l’impresa deve fare in
modo che progetto, confezione e prezzo siano attraenti; deve distribuire il prodotto tramite
efficaci canali di distribuzione; deve farlo conoscere a chi ne può avere bisogno,
dimostrando che il proprio prodotto è migliore di quelli disponibili sul mercato. Da ciò si
deduce che l’orientamento dell’impresa ruota attorno al prodotto e che venga privilegiata
l’attenzione per l’organizzazione interna e per il funzionamento dell’azienda anziché la
soddisfazione dei clienti. L’orientamento al prodotto genera un’attenzione eccessiva per
gli aspetti tecnologici,in quanto si tende a credere che una tecnologia più avanzata sia il
fattore chiave di successo. Questo sistema di marketing si sviluppa prevalentemente nei
paesi in via di sviluppo.
1.3.2
Orientamento al cliente – Marketing strategico
Nel momento in cui la crescita rallenta e il mercato si segmenta in vari gruppi, per
l’impresa diviene necessario spostare il suo campo d’orientamento al mercato. La
frammentazione del mercato orienta dunque le imprese a spostare il loro campo di analisi
sulla segmentazione dei mercati ponendo l’attenzione sulla figura del cliente. Il punto
focale del marketing strategico è quindi costituito dai clienti obiettivo. L’impresa definisce
una strategia per servirli progettando un marketing mix ad hoc utilizzando strumenti che
può controllare: prodotto, prezzo, punto di vendita, promozione. Il marketing strategico
deve quindi seguire l’evoluzione del mercato, deve identificare i differenti segmenti
potenziali o reali presenti nel mercato. Il marketing strategico si situa nel medio - lungo
periodo e i suoi compiti si sintetizzano nell’analisi dei bisogni del cliente, nella
segmentazione del mercato, nella definizione del potenziale mercato dopo l’analisi di
competitività e attrattività dello stesso e infine nell’attuazione della strategia da seguire.
Quando un mercato viene segmentato per la prima volta chi adotta una strategia per
primo, il first mover, può trarre un enorme vantaggio. Dopo la segmentazione l’impresa
valuta ciascun gruppo di clienti con caratteristiche simili, e in base alle proprie aspettative,
seleziona quelli che meglio permettono di raggiungere i risultati.
1.3.3
Orientamento alla vendita – Marketing operativo
Il comportamento decisionale delle imprese può essere ispirato dal concetto di vendita,
in base al quale i consumatori non acquistano il prodotto in misura adeguata a meno che
l’azienda non realizzi azioni di vendita su larga scala e non attivi un’aggressiva campagna
promozionale. Lo scopo è quello di creare a tutti gli effetti una struttura commerciale
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efficiente e il suo orizzonte d’azione si situa nel breve – medio termine piuttosto che
sviluppare durevoli e profittevoli relazioni con i clienti. L’orientamento alla vendita viene
tipicamente applicato ai beni caratterizzati da domanda debole, quelli cioè per i quali i
consumatori non mostrano un bisogno su base continuativa, per esempio enciclopedie.
Le aziende che operano in questi campi devono quindi identificare i potenziali clienti e
persuaderli alle caratteristiche superiori del proprio prodotto. Molte imprese applicano il
concetto di vendita quando hanno problemi di eccesso di capacità produttiva. Il loro
obiettivo è quello di vendere ciò che producono, anziché produrre ciò che richiede il
mercato. Un’azione di marketing basata su un forte impulso alle vendite comporta quindi
rischi elevati. Si presuppone, operando in tal modo, che il cliente che è stato indotto ad
acquistare un prodotto finirà con l’apprezzarlo. Se questo non avviene, si ritiene che egli
finirà col dimenticare l’insoddisfazione e l’effettuare un nuovo acquisto. Questo modo di
pensare risulta infondato. L’acquirente insoddisfatto si guarda bene dal ripetere le
esperienze negative, inoltre il cliente mediamente soddisfatto riferisce le proprie
esperienze positive a pochi conoscenti, mentre quello insoddisfatto informa molta più
gente della propria mala sorte. Nel marketing operativo la pubblicità e le promozione
occupano uno spazio determinante, proprio per questo, risultano essere l’aspetto più
visibile del marketing. Esiste una stretta relazione fra marketing operativo e quello
strategico. Il marketing operativo è il braccio commerciale dell’impresa, senza il quale il
migliore piano strategico non potrebbe avere risultati soddisfacenti; viceversa non ci
potrebbe essere un marketing operativo profittevole senza una solida operazione
strategica.
1.4 Marketing mix
Il marketing mix è uno dei concetti dominanti del marketing moderno. Si definisce
marketing mix l’insieme degli strumenti tattici controllabili di marketing che l’impresa utilizza
secondo diverse combinazioni allo scopo di generare la risposta che desidera da parte del
mercato obiettivo. Il marketing mix è costituito in altre parole da qualsiasi azione intrapresa
dall’impresa per influenzare la domanda relativamente al proprio prodotto. I professori della
Harvard Business School come Neil Borden e McCarthy hanno suddiviso le svariate
possibilità in quattro gruppi di variabili conosciute come le ”quattro P”: prodotto, prezzo,
distribuzione, promozione.
1.4.1
Prodotto
Un prodotto è tutto ciò che può
essere offerto ad un mercato per
l’acquisizione, l’uso e il consumo, e che
è in grado di soddisfare un desiderio o
un bisogno del consumatore. Esso può
consistere in oggetti fisici, servizi,
persone, località, istruzioni e idee. Nel
processo di pianificazione della propria
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offerta l’impresa deve tener presente che è possibile individuare in qualsiasi prodotto tre
livelli distinti. Il livello di base è costituito dal prodotto essenziale, un concetto che
risponde alla domanda: che cosa acquista realmente il consumatore? Il prodotto
essenziale consiste in ciò che l’acquirente riceve in termini di soluzione di un bisogno o di
un problema, cioè dei vantaggi che egli cerca di conseguire quando acquista un
determinato prodotto. Di conseguenza l’impresa, nella pianificazione del prodotto, deve
innanzitutto definire quali sono i vantaggi essenziali che il prodotto stesso dovrà offrire al
consumatore. Il livello successivo è quello che implica la creazione di un prodotto
effettivo, a partire dal vantaggio essenziale. Il prodotto effettivo è dotato di cinque
caratteristiche: un livello di qualità, alcuni attributi specifici, il design, il nome di marca e la
confezione. L’ultimo livello è costituito dal prodotto ampliato, ottenuto aggiungendo al
vantaggio essenziale ed al prodotto effettivo ulteriori servizi e vantaggi per il consumatore.
Per il cliente, tutti questi benefici aggiunti diventano parte integrante del prodotto. Da tutto
ciò risulta che un prodotto è più che un semplice insieme di caratteristiche tangibili. Le
imprese, quando sviluppano nuovi prodotti, devono innanzitutto identificare i bisogni di
base dei consumatori che il prodotto dovrà soddisfare, quindi progettare il prodotto
effettivo e, da ultimo, trovare il modo di individuare vantaggi e servizi addizionali al fine di
creare proprio quell’insieme di vantaggi che meglio di altri soddisferà le aspettative della
clientela.
1.4.2
Prezzo
Tutti i prodotti e i servizi hanno un prezzo, così come hanno un valore. Il prezzo può
essere definito secondo una molteplicità di modi: in senso più stretto è la quantità di
denaro che viene fatta pagare per un prodotto o un servizio; in senso lato esso è la
somma di tutti i valori che il consumatore scambia per il vantaggio di possedere un
determinato prodotto o di fruire di un certo servizio. Storicamente la determinazione dei
prezzi avveniva tramite la negoziazione fra venditori e acquirenti. Tramite la negoziazione,
acquirenti e venditori decidono per un prezzo accettabile da entrambi le parti.
Attualmente, invece, la maggior parte dei venditori fissa un solo prezzo per tutti gli
acquirenti. Questo cambiamento è dovuto allo sviluppo della grande distribuzione. Per
lungo tempo il prezzo ha rappresentato l’elemento determinante nella scelta dei
consumatori e ciò è ancora valido nei paesi più poveri e per i prodotti altamente
indifferenziati. Tuttavia, nell’ultimo periodo i fattori non legati al prezzo hanno assunto una
maggiore importanza nel comportamento d’acquisto da parte dei consumatori. Il prezzo è
l’unico elemento del marketing mix che produce dei ricavi ed è uno degli elementi più
flessibili del marketing mix. Allo stesso tempo, la determinazione dei prezzi e la
concorrenza basata sul prezzo rappresentano per gli operatori di marketing il problema
principale. Tuttavia, molte imprese non determinano i prezzi in maniera corretta. Gli errori
più comuni sono: la determinazione del prezzo è troppo orientata ai costi, l’aggiornamento
dei prezzi viene effettuato troppo di rado per trarre vantaggio dai cambiamenti del
mercato, il prezzo viene fissato indipendentemente dagli altri componenti del marketing
mix e infine i prezzi per i diversi articoli e segmenti di mercato non sono sufficientemente
differenziati.
13
1.4.3
Distribuzione
Le decisioni relative ai canali di distribuzione sono tra le più importanti che la direzione
dell’impresa deve affrontare. Dalle decisioni in questione dipendono i modi mediante i
quali i consumatori appartenenti al mercato obiettivo entrano in contatto con il prodotto o il
servizio dell’azienda, nonché se il sistema di distribuzione dell’impresa consente di
conseguire un corretto rapporto costi/efficacia. Le strategie aziendali relative ai canali
distributivi influenzano direttamente ogni altra decisione di marketing. Le decisioni relative
ai canali distributivi spesso richiedono impegni di lungo periodo verso altre imprese. Le
aziende assumono impegni con rivenditori, catene, affiliati che non possono essere
revocati dall’oggi al domani. È quindi necessario che il management pianifichi
accuratamente la propria politica distributiva, rivolgendo un’attenzione particolare alle
tendenze evolutive in atto. L’affermarsi del mercato unico in Europa ha indotto molte
aziende a rivedere l’intera strategia di distribuzione. Infatti, per molte imprese europee è
stato come se il proprio mercato naturale, quello nazionale, fosse divenuto via via più
grande, sino a comprendere quei paesi che sino a pochi anni addietro erano considerati
come l’ ”estero”.
1.4.4
Promozione
Nel marketing moderno le imprese devono comunicare con i propri consumatori. Le
aziende, pertanto, si avvalgono di agenzie di pubblicità per mettere a punto efficaci
campagne; di specialisti di promozione delle vendite per definire programmi di
incentivazione delle medesime; di studi di pubbliche relazioni per curare l’immagine
aziendale; di esperti di marketing diretto affinchè sviluppino i sistemi informativi per
gestire le relazioni di clientela. Vengono inoltre realizzati programmi di formazione del
personale di vendita, finalizzati a migliorarne le capacità professionali e di relazione. Per
la maggior parte delle imprese il problema non è se comunicare o no, ma quanto e come
investire nella comunicazione. Un’impresa moderna si trova a gestire un sistema
complesso di comunicazioni di marketing: le comunicazioni, infatti, sono rivolte agli
intermediari, ai consumatori e ai diversi tipi di pubblico. Il mix promozionale è formato da
quattro componenti fondamentali: pubblicità, vendita personale, promozione delle vendite
e pubbliche relazioni. Gli operatori di mercato considerano anche il direct marketing come
quinto elemento del mix promozionale a causa della sua crescente importanza. Il direct
marketing è un nuovo approccio di comunicazione che utilizza elementi di comunicazione
non personali quali la posta, il telefono e altri per comunicare direttamente con specifici
consumatori o per sollecitare una loro risposta diretta. Benché l’individuazione del mix
promozionale adeguato sia l’elemento fondamentale dell’attività di comunicazione
dell’azienda, è il marketing mix nella sua globalità che deve essere concepito in modo da
ottenere il massimo impatto possibile in termini di comunicazione
14
1.5 La comunicazione nel marketing
La comunicazione di marketing è il mezzo che le imprese hanno a disposizione per
informare e persuadere i clienti, ricordando loro l’esistenza dei propri prodotti e delle proprie
marche. In un certo senso la comunicazione di marketing rappresenta la “voce” della marca
(Kotler, Keller 2006) ed è un mezzo che consente di instaurare un dialogo e un rapporto
con i consumatori. Per questi ultimi la comunicazione svolge una serie di funzioni. Spiega o
mostra come si usa un prodotto e perché deve essere usato; offre informazioni su chi
realizza il prodotto e sul significato della marca e dell’impresa e fornisce un incentivo o un
premio per la prova e l’uso del prodotto. La comunicazione può contribuire alla creazione
del valore della marca fissandone il ricordo nella mente dei consumatori e creando
un’immagine di marca. La comunicazione rappresenta pertanto un’attività centrale del
marketing mix e occupa una posizione rilevante nei processi strategici di numerose aziende
che la considerano come un fattore in grado di conferire un vantaggio competitivo
all’impresa.
1.5.1
Il processo di comunicazione
Gli operatori di mercato tendono a considerare la comunicazione come il management
del processo d’acquisizione del consumatore nel tempo, dalla pre – vendita, alla vendita,
al consumo fino alla fase successiva al consumo. I programmi di comunicazione
dell’azienda devono essere sviluppati per specifici segmenti visto che i clienti non sono
tutti uguali. Le aziende però non solo devono domandarsi come possono raggiungere i
clienti, ma anche quali mezzi predisporre affinchè i clienti siano in grado di raggiungere
l’azienda. Il processo di comunicazione dovrebbe quindi partire con una verifica di tutte le
potenziali interazioni tra i clienti target e il prodotto o tra questi e l’azienda. Le imprese
devono perciò informare e influenzare il consumatore in modo diretto sulla scelta di un
prodotto. Verificare l’influenza che le esperienze di comunicazione hanno sul cliente nei
differenti stadi del processo d’acquisto permette agli operatori di determinare il budget di
comunicazione in modo più efficace ed efficiente. Affinchè un messaggio sia efficace il
campo d’esperienza dell’emittente deve avvicinarsi a quello del ricevente. Per comunicare
efficacemente, quindi, il responsabile della comunicazione deve cercare di comprendere e
di sovrapporsi al campo di esperienza del consumatore. Chi comunica deve sapere quale
pubblico desidera raggiungere e quali risposte vuole ottenere. Il messaggio deve essere
trasmesso utilizzando mezzi efficienti, in grado di raggiungere il pubblico obiettivo. Infine
occorre sviluppare i canali lungo i quali possa fluire l’informazione di ritorno in modo che il
mittente possa conoscere la risposta al messaggio da parte del ricevente.
1.5.2
Strumenti promozionali
Per essere efficace, una strategia di marketing deve sviluppare la parte comunicativa
attraverso l’utilizzo di alcuni strumenti: pubblicità, vendita personale, promozione delle
vendite e pubbliche relazioni, direct marketing. Ogni strumento promozionale presenta
15
caratteristiche proprie e una struttura di costi particolare. Gli operatori di marketing
devono tenerne conto nell’effettuare il processo di scelta.
La pubblicità sui media è concepita come comunicazione veloce e di massa. Essa
raggiunge l’attenzione di moltissime persone in poco tempo, senza un contatto diretto con
i potenziali clienti. L’attività pubblicitaria si può definire come completamento del
marketing strategico in quanto fornisce informazioni ai clienti stimolando le loro
preferenze, percepite dalle tendenze odierne, con lo scopo di accrescere la domanda del
prodotto pubblicizzato. La pubblicità consente inoltre di far conoscere le qualità distintive
del prodotto ai potenziali acquirenti e può indurre i consumatori a percepire positivamente
anche l’azienda: la sua dimensione, la sua popolarità e il suo successo. La pubblicità ha
però anche degli svantaggi: è impersonale e può non essere così persuasiva come i
venditori dell’impresa; comunica in modo unidirezionale con l’audience e ciò finisce con
l’indebolire la forza della comunicazione o distogliere l’attenzione da essa.
La vendita personale rappresenta lo strumento più efficace in certi momenti del
processo d’acquisto, soprattutto nel determinare la preferenza, la convinzione e la
decisione d’acquisto del consumatore. Seppur rappresentando un costo ingente per
l’impresa, è una presenza imprescindibile del sistema informativo di marketing aziendale.
L’attività di vendita implica la conoscenza di varie tecniche di comunicazione, l’uso di
molteplici dispositivi tecnologici e la propensione ad acquisire, in modo permanente,
competenze utili al raggiungimento di obiettivi economici e d’immagine.
La promozione delle vendite comprende gli stimoli che rafforzano l’azione pubblicitaria
(buoni sconto, offerta di premi e altri). Questi stimoli attirano l’attenzione e in genere
forniscono informazioni che possono invogliare il consumatore all’acquisto e in essi vi è
un invito preciso all’acquisto immediato. Le promozioni di vendita possono essere
utilizzate per enfatizzare le offerte di prodotto o per sostenere il calo eventuale delle
vendite. Inoltre, esse hanno effetti nel breve periodo, mentre non sono particolarmente
efficaci nella creazione delle preferenze nel lungo periodo.
Le pubbliche relazioni comprendono tutte quelle attività che l’organizzazione rivolge al
mercato obiettivo. Le pubbliche relazioni possono raggiungere quei potenziali acquirenti
che sono in qualche misura refrattari al personale di vendita e alla pubblicità in quanto il
messaggio è preparato in modo da sembrare una notizia piuttosto che una
comunicazione commerciale in senso stretto. Inoltre le informazioni e le notizie
comunicate mediante articoli sembrano più autentiche e credibili ai lettori rispetto agli
annunci pubblicitari veri e propri. Una campagna promozionale che utilizzi, oltre ad altri
elementi del mix promozionale, anche una ben pianificata attività di pubbliche relazioni,
può essere molto efficace e di costo contenuto.
Il direct marketing si pone come obiettivo quello di costruire relazioni personalizzate
con la clientela. Esso non è rivolto al vasto pubblico, ma al contrario, normalmente si
rivolge ad un gruppo ben definito di persone. Il marketing diretto è immediato e
personalizzato, così i messaggi possono essere preparati rapidamente e su misura per
attirare specifici clienti. Inoltre è interattivo, permette cioè un dialogo tra l’azienda e il
cliente e i messaggi possono essere modificati in base alla risposta del cliente stesso.
16
1.5.3
Innovazione nella comunicazione
Nel passato le aziende in tutto il mondo hanno perfezionato l’utilizzo del marketing di
massa, ossia la vendita di prodotti fortemente standardizzati ad un elevato numero di
clienti. Nonostante ciò, i massimi responsabili di marketing stanno affrontando alcune
nuove realtà per quanto riguarda la comunicazione di marketing. Innanzitutto, a causa
della crescente frammentazione dei mercati di massa, gli operatori di marketing si stanno
allontanando dal marketing di massa, sviluppando programmi focalizzati, finalizzati alla
realizzazione di relazioni sempre più strette con i clienti compresi in micro mercati definiti
con precisione crescente. In secondo luogo, gli enormi progressi delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione stanno accelerando l’evoluzione verso il
marketing segmentato o personalizzato. Le tecnologie dell’informazione aiutano gli
operatori ad allinearsi sempre più precisamente ai bisogni dei clienti. Le nuove tecnologie
forniscono anche nuovi mezzi e nuove modalità per comunicare, al fine di raggiungere
segmenti di clientela sempre più contenuti con messaggi sempre più personalizzati.
Il passaggio dal marketing di massa al marketing segmentato ha avuto un impatto
complesso sulla comunicazione di marketing. Così come il marketing di massa ha
determinato lo sviluppo di una nuova generazione di mezzi di comunicazione di massa,
così lo spostamento verso il marketing personalizzato sta facendo emergere nuovi
approcci di comunicazione in grado di raggiungere i singoli individui. La frammentazione
del mercato ha determinato un fenomeno analogo anche nel campo dei mezzi, con lo
sviluppo di strumenti di comunicazione personalizzata coerenti con le nuove strategie
sempre più focalizzate su specifici segmenti. Quindi le imprese si stanno concentrando
maggiormente sull’utilizzo di una vasta gamma di strumenti di comunicazione altamente
specializzati, in grado di raggiungere i diversi mercati obiettivo delle aziende. In questo
modo però i consumatori sono esposti ad una grande varietà di comunicazioni di
marketing relative all’azienda provenienti da fonti diverse e ciò crea in loro una notevole
confusione.
I messaggi inoltrati attraverso differenti canali promozionali diventano parte di un unico
messaggio complessivo che riguarda l’impresa. Molto spesso le aziende falliscono
nell’integrare i loro vari canali di comunicazione e il risultato è una miscela di
comunicazioni ai consumatori non collegate le une alle altre. Il problema è che queste
comunicazioni provengono da differenti funzioni aziendali. Oggi un numero crescente di
imprese si sta orientando verso l’adozione di una comunicazione integrata di marketing,
attraverso la quale coordinare e armonizzare i vari canali di comunicazione, al fine di
comunicare un chiaro, univoco e coerente messaggio circa l’organizzazione e i suoi
prodotti. La comunicazione integrata di marketing crea una forte identità di marca nel
mercato e rinforza il posizionamento di tutta l’azienda creando una maggiore coesione tra
l’immagine, i messaggi e tutti gli altri mezzi di comunicazione. Essa produce messaggi più
coerenti e un più efficace impatto sulle vendite. Assegna la responsabilità dell’immagine
aziendale ad un’unica persona e ciò consente di sviluppare una strategia di
comunicazione totale di marketing finalizzata a mostrare come l’impresa e i suoi prodotti
possano aiutare i clienti a risolvere i loro problemi.
17
CAPITOLO 2
Il marketing non convenzionale
2.1 Evoluzione del marketing
2.1.1
Contesto sociale
Il sistema impresa sta incontrando sempre più difficoltà nell’attirare l’attenzione dei
consumatori e conquistarne la stima. I mercati sono sempre più frammentati e i
consumatori sempre più disinteressati e scettici nei confronti della comunicazione delle
imprese. Tutto questo avviene in un contesto sociale postmoderno. Il postmodernismo
crede sempre meno che il progresso sia in grado di cambiare la vita e il mondo, al
contrario continua a credere che si debba salvare ciò che lo stesso progresso impazzito
sta uccidendo. È però impossibile tornare a un mondo premoderno, in cui la maggior
parte delle persone sarebbe incapace di vivere. Se si accetta questa interpretazione
analitica postmoderna, l’immaginario delle società occidentali e quindi i valori che la
strutturano sarebbero in procinto di attuare un’inversione dal “progresso” al ”regresso”.
Trasferita nell’ambito dei consumi, questa situazione ha portato gli studiosi del
comportamento dei consumatori a riequilibrare una visione funzionale e progressista del
consumo mediante una visione esperienziale che conferisce più importanza del dovuto
alla soggettività dell’individuo. Si pone in particolare l’accento sulla ricerca di informazione
e sul processo d’influenza della scelta del consumatore al fine di ottimizzare le transazioni
di individui considerati isolatamente. L’acquirente invece si sforza più di rivendicare una
gratificazione edonista che di ottimizzare un profitto: in tal modo il mercato depura,
mediante un’offerta che si definisce ”reincantata”, emozioni che non rispondono soltanto a
dei bisogni, ma attengono alla ricerca identitaria del consumatore.
Il temine ”reincantato” viene utilizzato oggi nell’ambito del marketing nella formula
”reincanto del consumo” per indicare l’affrancamento dal giogo razionalistico e per
affermare una rivendicazione sensistica. Il reincanto si traduce commercialmente in
abitudini e atti specifici, definiti come fun shopping. Gli acquirenti non cercherebbero più
di minimizzare l’inutilità della frequentazione dei punti vendita, ma fare shopping starebbe
diventando una fonte di gratificazione edonistica dove avere forti emozioni o addirittura
una iperstimolazione dei sensi. Molti studi hanno consentito di circoscrivere i tratti salienti
del consumo reincantato proponendo delle chiavi di lettura che ne delineano la struttura.
Innanzitutto si nota un’inversione dei rapporti di forza tra aziende e consumatori.
Quest’ultimi si mostrano soddisfatti nascondendo reali frustrazioni rispetto alle aziende;
tali frustrazioni possono trasformarsi in inciviltà, azioni diversive o altri gesti vendicativi,
individuali e collettivi. Il sociale appare inoltre come una rete di microgruppi societari più
che come un insieme di gruppi sociali stabilizzati e strutturati. Ogni individuo può
18
appartenere a più gruppi in cui svolge ruoli talvolta molto diversi, cosa che rende difficile
la sua collocazione secondo i consueti strumenti di analisi sociologica.
Infine l’individuo sembra cercare nel consumo un mezzo diretto per dare un senso alla
propria esistenza, ma anche un mezzo per legarsi agli altri, per sviluppare rapporti
interpersonali in modo effimero o immaginario. Il sistema dei consumi è quindi percepito
al servizio del legame fra le persone. Il valore di legame relativo a un bene o un servizio
non è immediato, quindi diventa di primaria importanza la variabile ”tempo”. Lo stesso
accade per tutti i prodotti che suscitano la passione del consumatore, passione che
richiede un sacrificio di tempo. La riabilitazione del sacrificio come elemento positivo va di
pari passo con la reintroduzione di rituali nel processo di vita con gli oggetti e i luoghi. I riti
associano fra loro elementi discontinui e colmano dei vuoti. Ad esempio il rituale dei pasti
in famiglia da McDonald’s può permettere ai membri della famiglia stessa di affrancarsi
occasionalmente dalla routine quotidiana e dalla chiusura che in parte questa
rappresenta, cosa che rinfresca e rinforza i rapporti intrafamiliari. A questo il consumatore
aggiunge il piacere dello scarto identificato tra potere potenziale dell’oggetto che i
consumatori acquistano e possibilità/capacità dell’individuo cioè quello di cui fanno
veramente uso. Il piacere non consiste nell’uso dell’infinito, ma nella sicura coscienza
dell’incompletezza dell’uso stesso.
In questa fase di consumo postmoderno, detto ”reincantato”, sembra difficile sostenere
la perenne validità degli approcci convenzionali al marketing. Il marketing, infatti, non
riesce più a riconoscere i suoi consumatori, figli della postmodernità, e questi ultimi di
conseguenza, non sembrano più dare molto credito agli approcci convenzionali del
marketing.
2.1.2
La crisi del marketing e le panacee
Il marketing si è trovato improvvisamente con strumenti metodologici e modelli
analitici del tutto obsoleti e inadeguati a decodificare la nuova realtà postmoderna. Quella
che è stata definita la ”mid-life crisis of marketing” ha fatto crollare tutte le sicurezze che i
marketer si erano costruiti fino agli anni Ottanta, dando vita a centinaia di panacee di
marketing. Tutto questo ha avuto il solo effetto di spingere il consumatore a una
insofferenza nei confronti del marketing stesso. Ma, come tutte le crisi, anche questa oltre
ad aver prodotto ripercussioni traumatiche sulle pratiche di marketing, ha anche aperto
significative opportunità di crescita e di miglioramento.
L’inizio della crisi fu segnata dall’episodio della New Coke del 1985. The Coca-Cola
Company scrisse una delle pagine più nere nella storia della bibita. Nel 1985 infatti venne
presentata la New Coke, bevanda nata dopo quasi due anni di segrete ricerche di
mercato. Il nuovo prodotto non ebbe però il successo sperato tanto che i consumatori
reagirono non solo negativamente ma anche istericamente. The Coca-Cola Company fu
quindi costretta a tornare sui suoi passi reintroducendo sul mercato la Classic Coke
facendo registrare incredibili record di vendite (Pallera et al. 2007). Questo grande flop
commerciale della multinazionale a stelle e strisce ha evidenziato in maniera
inequivocabile che il marketing aveva bisogno di ridefinirsi. Questo ha dato il via a una
vera e propria esplosione di panacee di marketing spingendo ognuno a tentare di dare la
propria definizione di marketing. Negli ultimi anni, quindi, all’interno della comunità
scientifica del marketing sono stati introdotti nuovi concetti e nuove linee guida al fine di
19
rivisitare alcuni dei suoi principali paradigmi. Alcuni dei cambiamenti riguardano concetti
nuovi, quali la relazione, l’esperienza e il valore. Le panacee che ne derivano sono molto
numerose, ma da queste si possono individuare dei gruppi che ne raccolgono le
caratteristiche principali.
Anti-Marketing
Authenticity Marketing
Buzz Marketing
Cause Related Marketing
Cronomarketing
Co-Marketing
Community Marketing
Convergence Marketing
Contextual Marketing
Counter Marketing
Customer Centric Marketing
Database Marketing
Eco-Marketing
Emotion Marketing
Empowerment Marketing
Environmental Marketing
Ethnic Marketing
Ethno-marketing
Entrepreneurial Marketing
Event Marketing
Expeditionary Marketing
Experience Marketing
Exponential Marketing
Family Marketing
Geo-marketing
Grass Roots Marketing
Green Marketing
Guerrilla Marketing
Holistic Marketing
Interactive Marketing
Knowledge Marketing
Life Event Marketing
Macro Marketing
Maxi Marketing
Mega Marketing
Micromarketing
Multilevel Marketing
Multi-Sensory Marketing
Network Marketing
Niche Marketing
Non Business Marketing
Nostalgia Marketing
Olfactory Marketing
One-to-One Marketing
Permission Marketing
Radical Marketing
Real Time Marketing
Relationship Marketing
Retro-marketing
Reverse Marketing
Scarcity Marketing
Sensory Marketing
Situational Marketing
Slow Marketing
Social Marketing
Societal Marketing
Solution Marketing
Stakeholder marketing
Stealth Marketing
Street Marketing
Sustainable Marketing
Symbiotic Marketing
Time Based Marketing
Total Relationship Marketing
Trade marketing
Trend Marketing
Tribal Marketing
Turbo Marketing
Undercover Marketing
Value Marketing
Viral Marketing
Yield Marketing
Il primo insieme di panacee si differenzia dal marketing kotleriano in quanto fondato
sull’ambiente di mercato, per esempio sulle strutture culturali, naturali, politiche e sociali
che circondano il mercato, nonché sugli attori esterni al mercato che agiscono su di esso.
La logica mobilitata da questo primo gruppo di panacee è una logica di inclusione del
mercato in un’unità più ampia che lo condiziona e lo rende possibile allo stesso tempo. Un
secondo gruppo di panacee adotta la prospettiva della nicchia di mercato, per esempio
frammenti di dimensione minima, per poi unificare i raggruppamenti sulla base di
un’origine comune o di una passione comune. Questo gruppo ha dato origine a un
peculiare sviluppo che fa riferimento a quel tipo di comunicazione specifico di certe
nicchie che si considerano non rispondenti ai messaggi commerciali diretti: buzz
marketing, experiental marketing e altri. La logica sottostante a questo secondo gruppo di
panacee è una logica di iper-frammentazione del consumo, ma anche di riunione del
consumo. Il terzo gruppo di panacee ha spianato la strada per una ridefinizione del
mercato tramite la creazione di relazioni con il cliente, per esempio di relazioni tra
l’impresa e i suoi clienti progettate per aumentare e riconoscere fedeltà all’impresa, al suo
marchio, ai suoi prodotti e servizi. La logica di questo gruppo di panacee è di spostarsi da
un mercato di massa a una massa di mercati: ogni specifica relazione con il cliente
configura, infatti, un mercato a sé stante. Un quarto gruppo di panacee riguarda le
esperienze soggettive del cliente, ossia ciò di cui il cliente fa esperienza quando entra in
contatto con le offerte provenienti dal mercato. La logica sottostante a questo quarto
gruppo è di trasformare il singolo consumatore, il cui ruolo tradizionale è quello di
acquirente e di distruttore di beni, in un attore attivo nella propria vita quotidiana che
20
integra il consumo e il mercato. Un quinto gruppo di panacee adotta come prospettiva le
competenze dei clienti; nell’individuare gli elementi del mercato target, esso non si
concentra né su una fetta di mercato, né sulla relazione con il cliente, né sulla sua
esperienza, ma piuttosto sulle competenze del cliente come base per l’interazione, il
dialogo e il riequilibrio. La logica implicita in questo gruppo riguarda una rottura del
confine tra produttore e consumatore che, in questo modo, diventano co – creatori di
soluzioni, significati e valori, sia per la via del consumatore sia per l’attività dell’impresa.
Infine, un ristretto gruppo di panacee non riguarda una prospettiva del mercato in
particolare, ma assume come punto di partenza l’impresa, le sue risorse e i suoi mezzi.
Il risultato principale del proliferare delle panacee di marketing è stato quello di
spingere il consumatore a una saturazione ancora più grande nei confronti del marketing
stesso. Il consumatore è oggi abituato a creare contenuti, a dialogare, a partecipare, non
può più accettare che l’azienda lo consideri un semplice ricettore e tenti di imporre il
proprio messaggio senza ascoltare la sua opinione in merito al prodotto o alla marca. Tutti
i tipi di nuovi marketing, quindi non sono validi quando partono dalle imprese: devono
avere come base i consumatori. Ma i consumatori sono pro – marca , perché le marche
sono fondamentali nella definizione della nostra vita. Le marche sono diventate risorse
simboliche importantissime. Nell’epoca postmoderna ognuno di noi si definisce molto
meno per il proprio lavoro o status, ma molto più per le proprie passioni, che sono poi
molto legate alle marche.
L’esistenza, quindi, di consumatori appassionati, uniti ed esperti, implica un nuovo
bilanciamento della capacità di relazione tra impresa e consumatore, cosa che il
marketing deve prendere in considerazione. Esiste, cioè, una vita delle marche tra i
consumatori che sfugge al controllo delle imprese. Piuttosto che inventare mille tipi diversi
di marketing, è necessario capire cosa desiderano i consumatori dal nuovo marketing.
Bisogna lavorare a livello di piccoli gruppi concreti, comunità, tribù e porsi a un livello di
osservazione micro sociale in cui l’esperienza della vita quotidiana, il vissuto soggettivo in
rapporto con altri individui e dunque i contatti sociali riemergono con un’importanza
accentuata. E non bisogna guardare a queste tribù come a dei target da colpire ma come
a dei partner con cui interagire, dialogare, collaborare. I consumatori hanno delle
competenze specifiche e le mettono in gioco nelle comunità, nei forum, nei blog facendo
anche proposte concrete che le imprese devono tenere presente. Essi possono introdurre
nel mercato un significato, un’idea grazie al ruolo maggiore che si affianca a quello delle
imprese. Da una filosofia verso il mercato, in cui i consumatori vengono individuati, mirati
e colpiti, si passa a una filosofia con il mercato, in cui consumatori e fornitori collaborano
all’intero processo. È in questa prospettiva che il marketing non convenzionale sta
muovendo a fatica i suoi passi nel tentativo di rinnovare il modo di interagire delle
imprese.
2.2 Il marketing non convenzionale
La definizione di marketing non convenzionale appare la prima volta nella rete nel
novembre 2004, diffondendosi nel giro di pochi mesi all’interno della comunità dei marketer
italiani soppiantandone altri nati in precedenza. La definizione riprende volutamente
terminologie militari: guerra e armi non convenzionali identificano infatti tutta una serie di
tecniche di attacco e di armamenti non regolamentati dai codici di condotta delle
21
convenzioni internazionali. Questa definizione è prevalsa sulle altre con lo scopo preciso di
svecchiare il modo di fare comunicazione delle aziende italiane, ancora eccessivamente
legate ad approcci e mezzi tradizionali. Il termine non convenzionale possiede un agente
mutageno che obbliga il termine a cui è associato, nel nostro caso marketing, al continuo
cambiamento. Un agente che conduce necessariamente alla ricerca di nuove strade e alla
continua sperimentazione.
Nel mercato della pubblicità accade la stessa cosa che accadde in precedenza tra i blog
nati in America molti anni prima. I blog di marketing e pubblicità hanno un linguaggio
semplice, un taglio innovativo e contengono informazioni non omologate. È proprio
nell’ambito dei blog, i quali permettono di far emergere una libera conoscenza creata in
maniera collaborativa dai lettori, finalmente parte attiva grazie a segnalazioni e commenti,
che viene data visibilità ad ogni innovazione nel campo della comunicazione. Quel che
conta per essere recensiti dai blog è l’dea, non più la sigla d’agenzia prestigiosa o la
holding d’appartenenza. Il passaparola tra blogger si dimostra una forza spaventosa in
mercati saturi: il tam – tam generato da un blog all’altro (effetto buzz) è in grado di
diffondere informazioni su innovazioni tecnologiche e nuovi prodotti, facendole rimbalzare
in tempi strettissimi da un capo all’altro del pianeta, dando la possibilità a idee nuove e a
nuovi talenti di emergere dal nulla. I primi blog tematici rendono visibile una nuova
generazione di marketer e di pubblicitari che utilizzano tecniche poco conosciute, a volte
non ancora codificate e in continua evoluzione, tecniche appunto non convenzionali. In
linea con questa tendenza, anche in Italia appaiono le prime realtà dedicate a esplorare le
forme di comunicazione non convenzionali, fra cui GuerrigliaMarketing, collettivo di tipo
politico. Il primo blog italiano sul marketing non convenzionale è NinjaMarketing.it, fondato
da Alex Giordano e Mirko Pallera che si sono ispirati nel nome e nella filosofia ai misteriosi
guerrieri che padroneggiavano l’arte dell’invisibilità, i Ninja.
Chi si affida al marketing non convenzionale anziché investire grosse somme in spot
televisivi, si fa forte della creatività e dell’intelligenza per riuscire ad entrare nel sistema
mediatico. Un vantaggio reale quindi di un approccio non convenzionale è l’economicità. In
un progetto di marketing non convenzionale il flusso della campagna inizia già prima del
lancio del prodotto creando un’attesa e un buzz. Al successivo lancio del prodotto i risultati
sono potenziati dall’effetto del buzz iniziale, innescando conversazioni sul prodotto anche in
ambiti non inseriti nel piano di comunicazione. Inoltre la strategia di marketing non
convenzionale mira a coinvolgere e a rendere partecipi prima di tutto persone in grado di
influenzare piccole porzioni della massa affinchè essi stessi attivino processi di passaparola
offline e raccomandazioni online. Spargendo il seme della conversazione e sensibilizzando
questi utenti ci si assicura che le persone più specializzate nel settore nel quale stiamo
andando a comunicare siano già al corrente di quello che sta avvenendo e attivino allo
stesso tempo dei meccanismi di passaparola verso i punti più deboli che a loro volta
contribuiranno a diffondere la notizia. La strategia non convenzionale però rivela la sua
efficacia quando il prodotto viene lanciato al grande pubblico. In questa fase ricoprono un
ruolo fondamentale i nodi più deboli che diffondono la notizia verso altri utenti. Da lì in
avanti, ogni altra esposizione del messaggio tenderà a generare dei picchi nella diffusione
dello stesso. Avendo generato una massa critica già sensibile al messaggio, la diffusione
sui media riesce a mettere il marchio al centro delle conversazioni delle persone. Di
conseguenza, oltre all’esposizione mediatica del messaggio pianificata sui vari media, il
marchio è esposto e inserito in processi, ambiti e momenti comunicativi che non erano
pianificati o che non è possibile pianificare a priori.
22
Il flusso della campagna non convenzionale è stimolato e alimentato nel tempo per il
semplice fatto che vuole raccontare una storia e rendere partecipi gli utenti dei suoi
sviluppi. Il flusso non convenzionale, in pratica, cerca di ridare un ruolo attivo e
partecipativo agli utenti nella creazione della marca e più ampiamente nella creazione del
sapere condiviso. La sapiente integrazione dei tempi e dei luoghi di esposizione dei
messaggi nelle diverse fasi del flusso comunicativo può portare a risultati impensabili, se si
riesce a inseminare l’idea e ad attivare fenomeni di buzz mediatico sostenuti tali da creare
quella massa critica sensibile alla comunicazione e che agiscono da diffusori.
2.3 I 10 principi fondamentali del marketing non convenzionale
I 10 principi fondamentali del marketing non convenzionale sono stati diffusi tramite
internet e presentati a diverse conferenza italiane e internazionali. Questi 10 punti (Bernard
Cova et al. 2007) sono stati scritti su richiesta di clienti, editori e studenti, che chiedevano
uno strumento pratico per rendere più facile il lavoro di chi è chiamato a confrontarsi con
queste tematiche. I 10 principi evidenziano i passaggi dal vecchio al nuovo marketing.
1. Dal brand – DNA al viral – DNA
2. Dai target alle persone
3. Dagli stili ai momenti di vita
4. Dalla brand awareness alla brand affinity
5. Dalla brand image alla brand reputation
6. Dall’advertising all’advertainment
7. Dal media planning al media hunting
8. Dal broadcasting al narrowcasting
9. Dal fare comunicazione all’essere comunicazione
10. Dal market position al sense providing
Il movimento del marketing non convenzionale evidenzia la necessità del marketing di
riposizionarsi, riallinearsi a una società e a un consumatore in rapido e continuo
mutamento, in cui metodologie e linguaggi devono per forza essere rivisti alla luce di
logiche nuove. I 10 principi fondamentali del marketing non convenzionale mostrano dei
cambiamenti frutto delle osservazioni, delle ricerche e delle sperimentazioni fatte nel corso
degli anni.
2.3.1
Importanza della persona della conversazione
In una società globalizzata, in cui aziende e persone si trovano a essere nodi di
network sempre più interdipendenti, avviene una sorta di cambiamento di prospettiva. Dal
target, lessico usato in campo militare che rivela l’atteggiamento aggressivo e assolutista
dal marketing in cui si cerca di aggredire il mercato, si passa ad un atteggiamento più
umano dell’azienda nei confronti del mercato e dei propri pubblici. In questo modo si
decreta definitivamente il passaggio dalla guerra alla collaborazione. Non si pensa più al
pubblico come target da colpire, ma si prende atto della multi direzionalità della
comunicazione, vale a dire delle dinamiche di interazione tra marca e persone e tra
23
persone e persone rispetto alla marca. Nella generazione della marca è quanto mai
necessario riconoscere il ruolo delle persone, pensando a queste non più solo in termini
di consumatori ma come veri e propri produttori di senso. Persone che processano
informazioni, consumano criticamente, arrivano a organizzare campagne di boicottaggio,
a ricodificare i messaggi pubblicitari delle aziende oppure a crearne di propri. Persone
che, grazie agli strumenti del Web partecipativo, hanno in mano il potere per organizzarsi
e rispondere agli ”attacchi” delle marche. Per riuscire quindi a diffondere il proprio brand è
necessario iniziare a costruire un dialogo con i propri pubblici di riferimento, passando
dalla conoscenza sul consumatore alla conoscenza del consumatore.
Il marketing tribale e le brand community evidenziano come strategie basate sulla
cooperazione e sulla cocreazione siano sempre più auspicabili rispetto a quelle che si
rifanno a un modello economico basato sul comando e controllo del marketing vecchia
maniera. Anche le tesi del Cluetrain Manifesto credono ad una passaggio ad una visione
più umanistica del marketing, che mette al centro del discorso sulla marca le persone. Il
Cluetrain Manifesto è un insieme di 95 tesi organizzato e presentato nel 1999 come un
invito all’azione per tutte le imprese che operano all’interno di un mercato incentrato su
Internet. Il Manifesto analizza i cambiamenti che hanno investito il mondo ridefinendo la
natura e i processi tipici dei mercati nell’era del Web in termini di comunicazioni tra
persone, non più considerate solamente dei segmenti obiettivo.
Nell’era di Internet i dipendenti e i clienti sono parte di una rete sconfinata di
conversazioni. Grazie alla possibilità di scoprire a velocità supersonica conoscenze e
informazioni, i mercati si adattano ai cambiamenti molto più velocemente della maggior
parte delle aziende. Le imprese quindi che non sono in grado di entrare nelle
comunicazioni fra persone, cioè che non sanno parlare il linguaggio dei propri mercati,
rischiano l’emarginazione. L’aspetto relazionale e partecipativo di Internet ha iniziato a
esprimersi in tutta la sua potenzialità soprattutto negli ultimi anni. Nascono numerosi siti,
servizi e comunità web che semplificano la collaborazione e la condivisione delle
informazioni e che vengono classificati sotto il nome di Web 2.0. Il principio fondamentale
di questa nuova forma di Internet è il Web come piattaforma che permette la condivisione
dei dati fra i diversi utenti, che possono controllarli e gestirli più liberamente. In questo
modo l’informazione viaggia liberamente da un sito all’altro permettendo agli utenti di
prendere informazioni da diversi siti simultaneamente e di distribuirle su altri siti per nuovi
scopi. Il principio che sta alla base di queste innovazioni tecnologiche è la capacità di
abbracciare la potenza del Web sfruttandone l’intelligenza collettiva. Un’intelligenza che
migliora man mano che vengono aggiunti contenuti alla rete e che si esprime attraverso la
partecipazione e la collaborazione degli utenti in un’ottica produttiva di contenuti,
applicazioni e senso.
Nel web le connessioni crescono organicamente quale risultato dell’attività collettiva di
tutti gli utenti. Le applicazioni e i servizi Web di maggior successo sono infatti quelli che
sono stati facilmente portati verso nuove direzioni tramite la pratica dell’assemblaggio di
risorse diverse, in grado di creare un nuovo valore e integrando in modo migliore i servizi
forniti da altri. Il Web è dunque oggi una grande fucina di produzioni creative che
permettono il costante scambio e aggiornamento delle informazioni e delle tecnologie.
Un’immensa conversazione che avviene sotto forma di dati, testi, codici informatici,
immagini, video, diffusi e scambiati sul Web attraverso siti, forum e blog. L’incredibile
crescita e diffusione dei blog rappresenta la caratteristica più pubblicizzata del Web di
nuova generazione. I blog sono considerati dei filtri che, attraverso un’intelligenza e una
24
saggezza collettive, selezionano la rilevanza delle informazioni e trasformano quindi il
Web in un’immensa conversazione.
2.3.2
Dagli stili di vita ai momenti di vita
Gli stili di vita suddividono la popolazione adulta in base ai comportamenti sociali e di
consumo. Ciascuno stile di vita identifica un modo specifico di vivere, pensare, lavorare,
consumare. A livello pratico gli stili di vita costituiscono un metodo psicografico di
segmentazione del target utilizzato per definire un mercato obiettivo verso il quale
promuovere un prodotto o un servizio. La segmentazione per stili di vita vuole stabilire un
nesso fra il comportamento d’acquisto e una serie di variabili che vanno dai valori di un
individuo alle opinioni, agli atteggiamenti, ai comportamenti: ogni stile di vita si
tradurrebbe dunque in uno specifico comportamento di consumo. Il presupposto di base
della segmentazione è che la personalità degli individui mantenga una certa coerenza
interna, un nucleo di preferenze e gusti a cui corrisponderebbero determinate scelte di
consumo. Tuttavia, il comportamento del consumatore postmoderno appare sempre più
imprevedibile e il suo agire di consumo sempre più incoerente.
Nella società postmoderna il consumatore interpreta una molteplicità di ruoli che si
manifestano in comportamenti apparentemente contraddittori: può essere imprenditore e
allo stesso tempo frequentare centri sociali antagonisti. Quelle che un tempo apparivano
forme di irrazionalità si configurano come tipiche espressioni della società
contemporanea. Per comprendere il motivo di tale apparente schizofrenia dobbiamo
considerare che in una società complessa come quella postmoderna in ogni persona
convivono diverse identità, legate alla pluralità dei contesti culturali di vita, a diverse
ideologie, ai vari hobby e alle diverse attività lavorative svolte. Il lavoro non costituisce più
il principale elemento di caratterizzazione dell’identità da cui derivava una concezione
dell’identità unica, stabile e coerente. Oggi si è passati in un periodo in cui il lavoro resta
un fattore di formazione dell’identità, ma non è più né l’unico, né il fattore più importante:
l’individuo occupa contemporaneamente più posizioni in differenti strutture sociali ma con
la possibilità di conciliarle tra loro. Questo permette all’individuo di adeguarsi molto
velocemente ai continui mutamenti della realtà senza doversi mettere continuamente in
discussione.
Inizialmente la risposta alla crescente complessità dei mercati, sempre instabili e
contradditori, così come i consumatori, è stata quella di affinare tecniche di
segmentazione sempre più sofisticate, portando alla definizione di nicchie di mercato
sempre più ristrette, fino ad arrivare a una totale frammentazione del target. Il direct
marketing rappresenta l’estremizzazione del processo di costruzione di target sempre più
piccoli e atomizzati fino ad arrivare al singolo consumatore. Tuttavia, la postmodernità
non deve essere definita come un periodo di dissoluzione sociale ampiamente
generalizzato e di esasperato individualismo. Si possono individuare in essa dei tentativi
di riaggregazione sociale: il soggetto che è riuscito a liberarsi completamente dei suoi
legami sociali, arcaici o moderni, ricercherebbe, secondo un movimento contrario, una
ricomposizione sociale sulla base di libere scelte emotive. La comunità postmoderna è più
instabile ed effimera, in quanto ogni soggetto al suo interno mantiene la propria
autonomia ed è libero di uscire dal gruppo quando lo desidera. Ogni soggetto
25
postmoderno appartiene a tanti gruppi, all’interno dei quali ricopre ruoli anche molto
diversi e porta varie maschere specifiche, cosa che rende molto difficile l’individuazione
del soggetto stesso da parte delle tradizionali indagini di tipo sociologico. Le pratiche di
segmentazione su cui il marketing si è basato finora non si dimostrano quindi efficienti
come un tempo, non riuscendo a rispondere all’imprevedibilità del comportamento del
consumatore. Non è possibile ricorrere a rigidi criteri di segmentazione in una società
postmoderna, non ha più senso cercare di definire il consumatore ma prendere atto della
sua apparentemente schizofrenia.
Si possono individuare dei punti di connessione fra mercato, azienda e persone, che
danno luogo ad aree comunicative distinguibili le une dalle altre chiamate meeting point. I
consumatori entrano ed escono da questi punti d’incontro senza necessariamente sentirsi
vincolati. Il nuovo consumatore si muove dunque dinamicamente e può avere diverse
attitudini al consumo in relazione al diverso momento che sta vivendo e condividendo con
altre persone. Nel corso dei vari momenti della giornata siamo contemporaneamente
tante persone diverse. Ma sicuramente, in ogni singolo momento, condividiamo con gli
altri qualcosa, che ci rende simili e quindi in un certo senso raggruppabili in un insieme.
Questi possono essere definiti ”momenti di vita”. Più soggetti in alcuni momenti della loro
vita condividono uno spazio sociale caratterizzato da due dimensioni: il luogo e il
momento, che insieme identificano una determinata situazione. In tal senso l’azienda può
essere in grado di individuare e raggiungere il proprio target attraverso i luoghi, reali o
virtuali, in cui si aggrega spontaneamente nel corso dei diversi momenti della giornata.
Certamente molti momenti di vita sono dedicati alla fruizione dei mezzi di
comunicazione. In questo caso, definire le caratteristiche della situazione, il determinato
momento di vita aiuterà il marketing manager a trovare la strada per comunicare con le
persone con le modalità, i linguaggi e i codici più appropriati. Questo nuovo criterio di
individuazione parte dai punti di contatto in cui il brand può incontrare le persone per
identificare le migliori modalità di interazione e di creazione dell’esperienza. Le indagini
tradizionali, basate su metodologie quantitative, difficilmente permettono di arrivare al
senso dell’azione. Le analisi sui momenti di vita, al contrario, si basano su una
osservazione partecipata, dall’interno, che riesce a comprendere i sistemi simbolici e i
codici degli attori, permettendo all’azienda di agire su di essi e di abbracciarne la
complessità con attività di comunicazione più affini.
A volte i valori del brand e il messaggio della comunicazione vengono veicolati anche
in maniera indiretta, attraverso l’ambiente e il contesto sociale in cui sono inseriti. In tal
caso l’ambiente arriva a far parte del messaggio. Gli ambienti nell’era di Internet, però,
non sono solo quelli reali. Ne consegue che il criterio dei modelli di vita può essere
applicato anche ad ambienti virtuali. Attraverso l’analisi e la classificazione di queste
comunità virtuali, in cui si incontrano le persone potenzialmente interessate alla marca e
alle sue attività di marketing, è possibile creare e mantenere un database ad hoc a partire
dal quale avviare delle attività che possiamo definire di relazione nei blog. Questo tipo di
attività e raccolta è chiamato buzz marketing.
2.3.3
Marketing tribale
Il marketing tribale è una strategia di marketing finalizzata ad alimentare l’affinità di un
brand a uno o più gruppi di persone. Con affinità si intende la capacità del brand di
26
risuonare con il sistema simbolico – culturale delle proprie tribù e con i propri scenari di
riferimento. Dal momento che la società si sta differenziando sempre di più sia nei prodotti
sia nelle tipologia di pubblico è diventato ambizioso puntare a diventare una marca in
grado di piacere a tutti indistintamente. Inoltre vista la totale frammentazione dei media e
l’inflazione dei mezzi di comunicazione, che costano sempre di più e garantiscono sempre
minori ritorni sugli investimenti, diventa difficile riuscire ad imporre al grande pubblico la
propria marca. Si cerca quindi di migliorare l’affinità tra il brand, le sue attività di marketing
e alcune tribù di persone. L’atteggiamento di una marca postmoderna è quello di
prendere parte nella generazione di significati condivisi dai membri delle tribù che
condividono stili di consumo potenzialmente affini all’offerta, che non sarà più solo
funzionale ma soprattutto simbolica. Il consumo appare connesso a un articolato sistema
di segni e di simboli. Per questo è necessario analizzare i differenti significati che i
consumatori danno ai prodotti, pur nell’ambito della stessa categoria merceologica, e le
diverse convenzioni culturali che permettono di comprendere i vari aspetti dei significati in
gioco. L’obiettivo delle aziende dovrebbe essere quello di entrare direttamente nell’ambito
degli scenari. Il marketing deve quindi rivolgersi ai gruppi sociali reali, vivendo in mezzo a
quei gruppi, invece di analizzarli solamente dall’esterno. Le tribù non sono insiemi
compatti e statici, ma momenti di intersezione fra flussi di comunicazione in cui le persone
entrano ed escono in continuazione durante i propri momenti di vita. Gli individui
eterogenei raggruppati in questi gruppi sono legati da una stessa passione o emozione e
capaci di intraprendere azioni collettive.
In alcuni casi, la tribù è intesa in senso più ristretto, cioè come una raggruppamento
emozionale intorno a una marca. Il marketing tribale assume come unità di analisi queste
tribù e cerca di creare o sviluppare attorno ad esse prodotti o luoghi di servizio che
abbiano in sé un valore di legame, vale a dire che riescano ad alimentare la socialità fra le
persone. L’individuo postmoderno cerca di uscire dal proprio isolamento rendendosi
partecipe di una o più comunità. Per legittimare il valore di un legame di un prodotto o di
un servizio è necessario questo nucleo comunitario. Senza di esso, ci si ritrova
delegittimati. Non necessariamente l’impresa enfatizza questa comunità nella pubblicità e
nei suoi discorsi. Un intervento di marketing tribale quindi presuppone sempre il supporto
e lo sviluppo di una tribù effettiva che autentichi la veridicità dei discorsi dell’impresa sul
valore di legame della propria offerta. Il marketing tribale si impegna a sostenere il legame
sociale tra persone riunite intorno ad una passione comune. L’impresa deve perciò
concentrarsi alla costruzione, allo sviluppo e al mantenimento dei legami tribali di un
gruppo di consumatori, piuttosto che concentrarsi sulla mera offerta di un bene a un
consumatore considerato nel suo isolamento. Inoltre alcune imprese hanno come scopo
quello di condurre la tribù ad affacciarsi sulla scena pubblica. Più simpatizzanti avrà la
tribù, più ampio sarà lo sbocco commerciale degli artefatti rituali a essa connessi. Si
passa quindi da un tipo di marketing tribale incentrato su una tribù già esistente come
nicchia di mercato a un tipo di marketing tribale incentrato sull’ampliamento della tribù
stessa al fine di trarre beneficio dal passaparola che si determina. Ma non basta
ingraziarsi le tribù perché esse veicolino un passaparola positivo per un prodotto o una
marca, occorre anche riconoscere e mettere a fuoco le loro competenze. Non bisogna
strumentalizzare o manipolare questi gruppi, ma bisogna agire insieme a loro. La
passione condivisa per un marchio, infatti, si traduce in un sapere di tipo collettivo e
conferisce ai consumatori una competenza sempre più legittima in fatto di marketing.
L’esistenza di tribù di appassionati uniti ed esperti può far vacillare il potere che è nelle
mani dell’azienda a trasferirlo in quelle dei consumatori.
27
Oggi molte ricerche di marketing sono volte a valutare le ripercussioni del senso di
appartenenza a una comunità di marchio sulla fedeltà del consumatore al marchio stesso.
Questa fidelizzazione tribale consente di sviluppare un senso di fedeltà affettiva molto più
forte di quanto si possa ottenere con la personalizzazione diventando quindi l’obiettivo
principale della strategia di marketing. Per di più l’esistenza di rituali e tradizioni aiuta e
allo stesso tempo obbliga il consumatore a perpetuare il legame. Resta però ancora
difficile capire in che modo l’impresa possa comunicare con tale collettività di consumatori
nel tentativo di fidelizzare i suoi membri. Per comunicare con una tribù di marchio
l’impresa deve ridimensionare le proprie manie di grandezza e passare da un discorso
commerciale a uno non commerciale. Comunicare con una tribù a scopo di fidelizzazione
implica una perdita di controllo da parte dell’azienda nel suo rapporto con il mercato e i
suoi clienti. Non si tratta più di controllare le tribù stabilendo con loro una comunicazione
unilaterale, ma piuttosto di interagire con esse riconoscendone le conoscenze e la
competenza.
2.3.4
Marketing esperienziale e guerrilla marketing
Il consumatore contemporaneo preferisce vivere immerso in esperienze di consumo
anziché acquistare meri prodotti e servizi. Il consumo postmoderno si riassumerebbe così
nell’immersione in esperienze costituite da incontri affascinanti, spettacolari, dalle mille
sfaccettature. Il consumatore viene oggi percepito come un essere emozionale, in cerca
di esperienze sensibili che lo facciano interagire con i prodotti e i servizi del sistema di
consumo. Tutto ciò conduce gli esperti di marketing a stemperare la visione funzionalista
e utilitaristica del consumo con una visione detta esperienziale, la quale mette in rilievo i
valori edonistici e la soggettività dell’individuo. Il consumo scatena infatti sensazioni ed
emozioni che, lungi dal rispondere semplicemente a dei bisogni, vanno a toccare l’ambito
della ricerca d’identità del consumatore. Oggi si consuma soprattutto per esistere e non
soltanto per vivere. È attraverso il consumo che si costruisce e si rafforza la propria
identità, che versa in condizioni sempre peggiori a causa della disoccupazione, della
precarietà, del divorzio, del crollo della famiglia, della mobilità. Non si tratta più
semplicemente di fare i propri acquisti, ma di vivere delle esperienze poiché queste fanno
appello a tutti i sensi dell’individuo. L’esperienza di consumo si definisce come il fatto di
provare qualcosa di bello o di brutto, provocato intenzionalmente o meno, e di
considerarlo come un qualcosa che arricchisce il pensiero e che è decisivo per la sua
organizzazione. Questa esperienza può essere di natura sentimentale, morale, religiosa,
etica o estetica. Dal punto di vista aziendale l’esperienza appare come una nuova
categoria di offerta che si affianca ai comfort, ai prodotti e ai servizi. Per il fornitore una
buona esperienza è un’esperienza indimenticabile o significativa, se non straordinaria e
ottimale, che permette al consumatore di attivare tutti i suoi sensi, che produce emozioni
o che trasforma persino l’individuo. Si tratta di coinvolgere i consumatori in un percorso
indimenticabile, offrendo loro un’esperienza o trasformandoli grazie alle esperienze in cui
li si guida. Il cliente si aspetta dall’oggetto dell’esperienza non solo la riproducibilità
dell’esperienza e la diminuzione del rischio percepito, ma anche nuove sensazioni ed
emozioni. Il marchio sarà allo stesso tempo un dispositivo in grado di industrializzare le
esperienze, ma anche un attore capace di dare prova di fantasia. Il marketing
28
esperienziale si pone quindi il problema di come produrre insieme al consumatore queste
esperienze di consumo.
Malgrado si sia pienamente compreso che il consumatore non è un attore passivo che
reagisce a determinati stimoli, ma piuttosto un attore attivo, nonché il produttore delle
proprie esperienze di consumo, le imprese hanno tuttavia cercato di agevolare la
realizzazione di queste esperienze. I distributori inoltre hanno anche cercato di
trasformare il punto vendita in un ambiente adatto a produrre esperienze. In questo senso
i produttori hanno cercato di far vivere ai consumatori delle esperienze di marca
attraverso l’immersione in contesti esperienziali che creano un ambiento ricco di
suggestioni. Alcuni tipi di contesti esperienziali possono essere i negozi monomarca o i
siti di marca. Il marketing esperienziale affronta invece la situazione in termini di consumo
e s’interroga sulla possibilità di adattare i prodotti a ogni situazione, su come concepirli
per rendere appetibili, su come confezionarli e trasmettere questa esperienza. In questo
modo, il cliente si lascia guidare più dal suo istinto e dalle emozioni che non dalla logica.
Anche il guerrilla marketing si pone in questo ambito. Le aziende devono imparare a
lasciar guidare i loro brand ai propri consumatori e il guerrilla marketing, introdotto agli
inizi degli anni Ottanta, fa appello a tutte le leve di comunicazione a disposizione della
piccola impresa per porre al centro la funzione creativa e la relazione con il cliente. Il
termine guerrilla deriva dal gergo militare in cui piccole formazioni conducono lotte militari
con attacchi brevi e improvvisi. Il successo del marketing di guerriglia si deve però
soprattutto agli investimenti delle grandi aziende. L’affollamento dei canali tradizionali, la
declinante credibilità dei media, la necessità di lanciare in modo originale e impattante
nuovi prodotti e la ricerca di una maggiore complicità con il pubblico più giovane, hanno
portato le maggiori aziende ad affiancare alle campagne tradizionali delle modalità di
intervento innovative che privilegiano la qualità della comunicazione alla quantità dei
contatti immediati. Le campagne di guerriglia sono quindi utilizzate come campagne
complementari in grado di accelerare un posizionamento o sottolineare specifici valori di
marca. Nel guerrilla marketing ogni intervento deve prevedere, oltre all’efficacia
immediata, quale sarà il suo effetto futuro. Ogni azione deve potersi trasformare in
qualcosa di memorabile, che viene raccontato, che può diventare interessante per i
media. Spesso risulta strategico orchestrare le campagne di guerriglia con un approccio
di tipo narrativo. Attraverso l’invenzione di una storia si può particolarmente assicurare la
presenza della marca in tutti i successivi sviluppi comunicativi: dal passaparola alla
conversazione in notizia. Si tratta di realizzare una trama in cui tutti gli elementi innovativi,
curiosi o estremi che sostengono la campagna vadano a intrecciarsi con il messaggio e la
visibilità di marca. In questo modo sottrarre la marca alla campagna diviene impossibile
come sottrarre uno dei protagonisti alla trama di una novella. In questo processo
articolato il consumatore è chiamato a un ruolo attivo di attenzione e cooperazione
interpretativa. I suoi desideri, i suoi valori, i suoi comportamenti si confrontano con la
narrazione proposta dalla compagna e inevitabilmente con i desideri, i valori e i
comportamenti della marca. Il consumatore è chiamato a un lavoro di interpretazione e
invitato all’uso della campagna stessa. La sua intelligenza è messa al centro del processo
di comunicazione. Quanto più coinvolgente sarà la sceneggiatura della campagna di
guerriglia, tanto più il consumatore si sentirà chiamato all’azione e alla socializzazione
della sua esperienza. Il guerrilla marketing diventa quindi un riconoscimento
dell’intelligenza e del ruolo produttivo che il consumatore gioca nell’economia della
comunicazione contemporanea.
29
2.3.5
La tendenza
La tendenza non è pensata e costruita da qualcuno per noi, bensì è qualcosa di non
sempre prevedibile e di durata variabile, verso cui ci si proietta spontaneamente. Le mode
spontanee, chiamate street style, si trasformano negli ultimi anni da ostacolo a fonte
inesauribile di spunti creativi e l’atto creativo comincia a dipendere meno dall’estro del
creatore e più dalla capacità di catturare quei segnali di mode future che si celano dietro
all’auto – espressività delle nuove generazioni. Le grandi metropoli del mondo sono
diventate le fucine di input multiculturali. A fronte di tutto ciò, le aziende hanno compreso
la necessità di fondare l’ideazione del proprio prodotto sulla caccia alla novità, cioè su una
basilare analisi degli scenari socio – culturali che aiuti a cogliere sul nascere le nuove
tendenze di consumo. La creatività arriva quindi ad avere un carattere trasversale che
attraversi gli umori sociali e i ritmi culturali e che cavalchi la propensione ad anticipare le
tendenze da parte di quei soggetti socialmente più rilevanti.
Dopo la metà degli anni Novanta questa pratica di ”saccheggio” dalla strada da parte
delle aziende comincia a concretizzarsi nella forma di un nuovo profilo professionale e si
inizia ufficialmente a parlare del cool hunter. Nascono numerose agenzie che basano il
loro lavoro sulla ricerca di movimenti e dei mutamenti della società e sulle intercettazioni
dei simboli e dei segnali che possono provenire dalle tribù giovanili. Seguendo ognuna
una metodologia, queste agenzie di ricerca stilano report periodici per l’industria, in cui
restituiscono i risultati di osservazioni e analisi dei segnali che provengono dalla strada e
dai gruppi di riferimento. Parlare di cool hunting alla base dell’attività di un’azienda non
significa certamente solo spiare i teenager per strada. Fare cool hunting significa
temporalizzare, contestualizzare l’idea di un nuovo prodotto secondo gli scenari attuali.
Significa analizzare il presente per capire dove si sta andando, come si sta muovendo la
società, cosa le piace e cosa cercherà in un prossimo futuro. Non si parla però di
predizione: i cool hunter sono persone in grado di vedere e cogliere segni che ai più sono
nascosti per catturare il messaggio latente e decodificarlo dando risalto a qualcosa che
già esiste ma che non è ancora un bisogno o un desiderio determinato.
La tendenza è quella forma di soggettività particolare, quello stile di vita seducente che
possiede un potenziale aggregativo tale da contagiare molte altre persone. Gli individui in
grado più di altri di anticipare, lanciare una tendenza sono i trend setter cioè coloro che
per primi iniziano a vestirsi, comprare, mangiare in un determinato modo che attrae e che
nel giro di poco contagia tutti gli altri che vogliono apparire altrettanto alla moda. Essi
sono l’oggetto di studio dei cool hunter e degli uffici marketing di qualsiasi azienda
merceologica.
Il meccanismo di diffusione di una tendenza comprende più elementi: ogni tendenza
nasce in un luogo specifico, attraverso un evento che la mette in atto, un flusso di
emozioni che la guida e un soggetto zero che la incorpora su di sé. La sua diffusione
avviene per contaminazione culturale: si parla di comportamenti contagiosi che si
diffondono all’interno di una società come dei virus. Per quanto riguarda la durata, ogni
tendenza può avere un andamento diverso: vi sono tendenza il cui processo di crescita
avviene lentamente per poi raggiungere una forte affermazione, ma ridiscendere
altrettanto rapidamente; altre invece che si affermano con più facilità o sopravvivono più a
lungo. Oggi i trend si muovono e cambiano in tempi molto ristretti, il sistema deve
continuamente rinnovarsi al fine di reagire prontamente alle novità, la tendenza deve
necessariamente essere anticipazione.
30
La possibilità di sbagliare è insita in questo tipo di lavoro. Fare marketing previsionale
significa affidarsi alle intuizioni, dietro le quali è sempre presente il rischio dell’errore e del
ritardo. Dunque è importante la prospettiva di analisi, capire quali sono le esigenze
profonde degli individui, piuttosto che suggerire solamente le caratteristiche di un
prodotto; entrare nei dispositivi con il minor impatto possibile, intuire le situazioni più fertili
culturalmente, riconoscerle e cogliere i giusti segnali. Tentare di tracciare possibili scenari
futuri, trasformando in maniera eloquente determinate suggestioni, dà all’azienda un più
ampio margine di creatività e può ridurre il rischio d’errore. I cool hunter partono dal
centro per andare verso la periferia, dove le tendenze culturali sono in continuo fermento.
L’obiettivo è andare sul campo, osservare e scovare il dato interessante. L’osservazione
diretta della realtà è quindi fondamentale nella ricerca di tendenze che quando sono
destinate ad emergere appaiono ovunque.
Una fonte molto interessante oggi è anche quello dei blog. È sempre più in crescita il
numero di community nate in Internet intorno ad un elemento di aggregazione comune.
Esse sono veri e propri centri di aggregazione, che nascono e si sviluppano su un
network quando un sufficiente numero di persone, unite da interessi in comune, portano
avanti una discussione creando una complessa rete di relazioni interpersonali, sviluppata
grazie ai mezzi che il network stesso mette a disposizione. Molte community nascono
come scambio di esperienze, informazioni e suggerimenti reciproci intorno ad un dato
prodotto, senza dunque un interesse commerciale, altre invece vengono indotte da
un’azienda che le promuove e le ospita sul proprio sito. Quindi seguire l’evoluzione di tali
contesti per anticiparne le tendenze, conoscerli a fondo e poterne sfruttare il potere è la
chiave principale per il successo di qualunque processo di propagazione.
2.3.6
Diversificazione
All’interno dei singoli media c’è una crescente frammentazione e rispetto al passato
esistono centinaia di mezzi diversi che catturano l’attenzione delle persone. Il tempo di
attenzione delle persone dedicato a un singolo mezzo è drasticamente diminuito e
distribuito oggi fra nuove opportunità. Lo spettatore si trova di fronte ad un’offerta sempre
più diversificata e frammentata. Di fatto, l’economia e la cultura si stanno muovendo da
mercati di massa a milioni di mercati di nicchia grazie alle tecnologie, che hanno reso più
facile per i consumatori trovare e comprare prodotti un tempo difficilmente reperibili. Tutto
ciò sta alla base della teoria della Long Tail di Chris Anderson, famoso giornalista
americano. La chiave di svolta in un mercato basato sulla Long Tail è che in teoria
ciascuno può avere un pubblico. Questo permette una fioritura di generi e stili differenti e
un’analoga fioritura di nicchie di pubblico che ruotano attorno ad essi. Dati i bassi costi
oggi necessari per produrre, un produttore indipendente ha bisogno soltanto di un
pubblico di poche migliaia di persone per cominciare a farsi conoscere e per guadagnare.
La teoria della Long Tail rappresenta la nostra cultura e la nostra economia, che si stanno
sviluppando spostandosi da un’alta concentrazione di prodotti e mercati in voga, in cima
alla curva di domanda, verso un vasto numero di nicchie nella coda.
Dal momento che i costi di produzione e di distribuzione diminuiscono, specialmente
online, vi è una minore necessità di raggruppare prodotti e consumatori in un contenitore
unico. Beni e servizi di nicchia quindi possono essere economicamente attraenti allo
stesso modo di quelli di massa. La tradizionale economia di vendita al dettaglio impone
31
che i negozi abbiano solo i prodotti di massa, poiché lo spazio di esposizione è poco e
costoso. Ma i venditori online possono virtualmente immagazzinare tutto e il numero dei
prodotti di nicchia reperibili supera quello dei prodotti di massa di parecchi ordini di
grandezza. Questi milioni di nicchie costituiscono la Long Tail, che è stata largamente
trascurata fino a poco tempo fa in favore della piccola testa dei prodotti di massa. Quando
ai consumatori vengono offerte infinite scelte, si rivela la vera domanda ed essa risulta
meno di massa di quel che si pensava. Il volume di business prodotto dalle nicchie di
mercato, infatti, è uguale o superiore al volume di business generato dai mercati di
massa. Internet, quindi, ha modificato i meccanismi di distribuzione.
Questo concetto può essere applicato anche ai media. Spesso costa meno e produce
performance maggiori investire su piccoli media di nicchia che sui grandi media, dal
momento che sui media più importanti c’è un maggiore affollamento pubblicitario, una
maggiore resistenza alla pubblicità e una minore affezione degli utenti. La grande forza
della rete e della possibilità di accesso a essa sta nel fatto di riuscire ad aggregare milioni
di persone sparse nel mondo attorno a interessi, gusti e informazioni comuni. Le persone
non si nutrono della totalità del sapere, ma di interessi specifici. Quanto più una nicchia è
specializzata tanto più avrà successo. Ma per essere conosciuta e frequentata una
nicchia deve avere un pubblico di utenti che le garantisca la sopravvivenza. I metodi
partecipativi e collaborativi della rete rendono possibile per le aziende l’opportunità di
conversare con le nicchie. Se è vero che oggi è molto più facile riuscire ad interagire con
le nicchie ed entrare in meccanismi partecipativi e collaborativi di creazione in rete, è
anche vero che è difficoltoso riuscire a trovare queste nicchie, soprattutto quelle giuste,
cioè attendibili, autorevoli, di fiducia e che realmente soddisfino i nostri criteri di ricerca e
le nostre esigenze informative. La rete è piena di informazioni false e non corrette. È vero
che scendendo lungo la coda ed esplorandola tutta si riesce a trovare una grande
quantità di nicchie interessanti, ma si trova anche tanta immondizia e cattiva
informazione.
La vera potenza della Long Tail si rivela grazie al sistema delle raccomandazioni. Una
nicchia è raggiungibile quando è inserita in un contesto di raccomandazioni, ovvero
quando è segnalata da un’altra nicchia più autorevole e popolare. Sono le
raccomandazioni che consentono di guidare e aiutare gli utenti in rete nella loro
navigazione alla ricerca di ciò che più gli interessa. Le raccomandazioni online sono
quindi l’equivalente del passaparola offline. All’interno della rete si attivano meccanismi di
vero e proprio passaparola online per generare buzz mediatico attorno a una determinata
notizia: più una notizia viene pubblicata e ripubblicata da varie fonti, più aumentano la sua
visibilità e autorevolezza in rete. La teoria della Long Tail ci insegna, perciò, che quando
tutti i beni sono disponibili allo stesso modo diventano tutti ugualmente appetibili e che la
somma delle nicchie sparse per la coda ci restituisce un mercato più vasto di quello finora
esplorato.
2.3.7
Il potere del consumatore
Oggi i consumatori rappresentano le migliori fonti per lo sviluppo di nuovi prodotti e di
nuove idee pubblicitarie e i manager possono raccogliere queste idee senza fatica. I
cambiamenti in atto nelle società postmoderne fanno emergere consumatori sempre più
capaci di resistere alle iniziative di marketing delle aziende e in possesso di una sempre
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maggiore competenza in merito ai prodotti e ai marchi che utilizzano. Gli attuali
consumatori resistenti non sono individui impegnati in una battaglia politica contro il
mercato o contro il capitalismo, bensì persone comuni, non politicizzate, che trovano
sempre più difficile accettare le esagerazioni e il cattivo gusto che ravvisano nel marketing
e che, grazie ai più recenti sistemi tecnologici, hanno la possibilità di riconquistare il
controllo sul proprio comportamento di consumatori. Tutto ciò accade perché Internet
funziona da campo di addestramento dove l’individuo può imparare a sviluppare una
forma nuova di rapporto con le aziende: un rapporto su base paritaria, reso possibile dal
fatto che il nuovo consumatore può utilizzare le proprie relazioni con altri consumatori per
acquisire informazioni su un prodotto o su un marchio senza dover ricorrere alla fonte
aziendale.
Mettendo in condivisione le loro esperienze, i consumatori stanno creando veri e propri
contenuti online che possono rafforzare o contraddire le informazioni diffuse dalle
aziende. Partecipare alla creazione di questi contenuti è un atto che offre ai consumatori
l’impressione di avere un maggior controllo sui propri consumi e sulla propria esistenza. I
consumatori usano il mercato come strumento per acquisire potere e rafforzare così la
propria autostima. Essi possono assumere il controllo del consumo, cioè sui temi che li
riguardano oppure possono assumere il controllo del marketing, cioè su variabili
determinate dagli uomini di marketing come la distribuzione e la comunicazione. Si tratta
di consumatori attivi, partecipativi e creativi il cui entusiasmo condiviso a favore o contro
una determinata marca si concretizza in gruppi fondati sull’esperienza diretta e sulla
competenza.
Le aziende hanno cercato di volgere a proprio vantaggio il nuovo potere dei
consumatori cercando di co – creare valori insieme a loro. Le aziende cercano il
coinvolgimento del consumatore nell’elaborazione dell’offerta aziendale e del marketing
mix e il coinvolgimento dello stesso nella creazione della propria esperienza. Le imprese
si trovano quindi di fronte a grandi difficoltà in quanto erano abituate ad avere un’ottica di
controllo totale. Esse devono lasciare che i consumatori prendano il controllo delle
variabili di marketing e devono aiutarli in questo. È necessario attuare un marketing che
sappia ascoltare e sappia lasciar fare e l’azienda deve inserirsi nella dinamica di
creazione degli scenari pubblicitari e cooperare alla loro costruzione in maniera
partecipativa e non manipolativa. In tal modo, può conoscere con anticipo le future
esigenze di consumo e provvedere, in anticipo sulla concorrenza, al loro soddisfacimento.
Pertanto l’impresa deve essere sul mercato prima della domanda e mettersi al passo con
le tendenze e i desideri con un anticipo tale da poter interagire con la formazione della
mentalità del consumatore per mezzo di una cooperazione. Si interviene così presto sui
desideri che produttori e consumatori sviluppano insieme quelle richieste che possono poi
venir soddisfatte dall’azienda e dai suoi prodotti.
2.3.8
Il consumo critico
In uno scenario di recessione economica e di sfiducia generalizzata come quello degli
ultimi anni, le grandi aziende e brand prestigiosi rimangono coinvolti in continui scandali
sociali e finanziari che ne minano la reputazione. In molti casi gli episodi di cronaca
confermano le preoccupazioni dei movimenti antagonisti, che già da tempo avevano dato
il via a forme di lotta basate su campagne di boicottaggio e sulla sensibilizzazione dei
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consumatori al concetto di consumo critico. L’idea di fondo è tanto semplice quanto
rivoluzionaria: all’interno del mercato i consumatori rappresentano la domanda ed è
questa a guidare l’offerta. Sono i consumatori che fanno la spesa e che scelgono un
prodotto scartandone un altro; utilizzando il potere d’acquisto possono quindi orientare il
mercato verso produzioni maggiormente rispettose delle condizioni di lavoro,
dell’ambiente e della salute. I consumatori critici raccolgono informazioni sul
comportamento delle aziende e agiscono di conseguenza, premiando o sgridando
un’impresa per mezzo del proprio voto economico, che si esprime attraverso le
preferenze di spese quotidiana.
Questi movimenti di opposizione alle marche si instaurano in una società
postmoderna: essi non cercano la conquista del potere politico o la tutela di interessi
economici, ma la difesa di determinati modelli di comportamenti e di codici morali. La
marca oggi non è più la semplice garanzia di qualità dell’azienda produttrice, ma un
progetto che investe sia i piccoli momenti della nostra vita, sia scelte politiche e
economiche. In quest’ottica la marca assume un ruolo politico e i consumatori diventano
sostenitori del suo progetto attraverso l’acquisto dei suoi prodotti. Un brand è oggi
principalmente un fornitore di senso. Tale gestione del senso non si limita all’universo dei
prodotti e del consumo, ma abbraccia l’insieme dei discorsi sociali che circolano nello
spazio pubblico. Le marche offrono all’individuo sistemi di senso organizzato che
funzionano come stimoli e risorse per costruire la propria identità. Da sempre è noto il
potere dei mass media nella formazione di solidarietà tra persone, che possono passare
dal semplice condividere una determinata emozione all’immaginare la possibilità d’azione
collettiva. Oltre ai mass media sono le marche oggi ad avere questo grande potere di
ispirazione all’azione. Esse infatti si agganciano a valori, tendenze, mode per combinarli e
organizzarli in mondi possibili contribuendo a nutrire nuove ricezioni e nuovi scambi. Una
volta costituito, un mondo possibile emette significati che ispirano gli individui all’azione,
gli danno altre idee e li spingono a nutrire le loro pratiche di vita quotidiana. Il problema
del marketing diventerà quindi nel stabilire quale mondo possibile sostenere.
Le marche sono quindi forme di aggregazione collettiva e d’identità che assumono un
ruolo politico, creando gli immaginari che orientano l’azione. Chiedersi il senso della
marca vuol dire interrogarsi su quale mondo possibile proporre e sostenere, significa
prendere coscienza del ruolo socio – politico della marca.
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CAPITOLO 3
Il buzz marketing
3.1 La marca
3.1.1
Definizione
L’American Marketing Association definisce una marca come ”un nome, un termine, un
simbolo, un design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni o i servizi
di un venditore o di un gruppo di venditori e li differenzia da quelli dei concorrenti.” Una
marca pertanto è un prodotto o servizio con delle caratteristiche aggiuntive che lo
distinguono in qualche modo da altri prodotti o servizi studiati per soddisfare il medesimo
bisogno. Tali differenze possono essere funzionali, razionali o tangibili, ossia correlate alle
prestazioni del prodotto, oppure più simboliche, emotive o intangibili, ossia correlate a ciò
che la marca rappresenta.
Una marca è qualcosa che trova spazio nella mente dei consumatori, un’entità
radicata nella realtà, che riflette le percezioni dei consumatori. La definizione della marca
consiste nel conferire a un prodotto o servizio un potere derivante dalla stessa. Per
definire una marca occorre indicare ai consumatori chi sia il prodotto, cosa faccia e
perché sia interessante. Il branding prevede la creazione di strutture mentali che aiutino i
consumatori a organizzare le proprie conoscenze relative a prodotti o servizi, in modo da
agevolare il loro processo decisionale e, allo stesso tempo, recare valore all’impresa.
Perché le strategie di branding abbiano successo e si crei un valore della marca, i
consumatori devono essere convinti dell’esistenza di differenze significative fra le marche
all’interno della categoria di prodotto o servizio considerata. Ai fini della definizione della
marca è fondamentale che non pensino che tutte le marche all’interno della categoria
sono uguali. Le differenze di marca spesso sono correlate ad attributi o benefici del
prodotto. Il branding può essere applicato pressoché in ogni circostanza in cui il
consumatore si trovi a dover compiere una scelta, ovvero si possono creare marche per
un prodotto fisico, per un servizio, per un’idea o altro.
3.1.2
Il ruolo delle marche
Le marche identificano il produttore o la provenienza di un prodotto e consentono ai
consumatori di attribuirne la responsabilità a un determinato produttore o distributore.
Kotler e Keller (2006) affermano che i consumatori possono valutare il medesimo prodotto
in modo diverso in base alla marca: le esperienze passate legate al prodotto e al suo
programma di marketing generano una conoscenza delle marche in base alla quale i
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consumatori imparano a riconoscere quelle in grado di soddisfare i propri desideri. In
un’epoca in cui la vita è sempre più complicata, intensa e frenetica, la capacità di una
marca di semplificare il processo decisionale dei consumatori e ridurre il rischio diventa
inestimabile.
Le marche generano vantaggi preziosi anche per le imprese. Il nome di marca può
essere protetto con la registrazione del marchio assicurando una tutela legale delle
caratteristiche o degli aspetti esclusivi del prodotto. Questi diritti sulla proprietà tutelano gli
investimenti dell’impresa nella marca e costituiscono una preziosa fonte di guadagno.
Inoltre le marche semplificano la gestione del prodotto e possono indicare un determinato
livello di qualità che permette ai clienti soddisfatti di reperire agevolmente il prodotto e
ripetere l’acquisto. La fedeltà di marca offre all’impresa prevedibilità e stabilità della
domanda, crea barriere all’entrata che ostacolano l’ingresso nel mercato di altre imprese
e può tradursi inoltre in una disponibilità ad accettare un prezzo più elevato da parte degli
acquirenti. In questo senso il branding può essere inteso come un potente strumento per
assicurarsi un vantaggio competitivo in quanto le impressioni consolidate nella mente dei
consumatori e all’interno delle organizzazioni, dovute ad anni di attività di marketing, sono
difficili da riprodurre. Per le imprese, infine, le marche rappresentano una proprietà legale
di enorme valore, capace di influenzare il comportamento del consumatore e capace di
assicurare al proprietario una fonte di ricavi duratura.
3.1.3
Il valore della marca
Il valore della marca è il valore aggiunto che questa conferisce a un prodotto o
servizio. Tale valore si riflette sia nelle idee, nelle percezioni e nelle reazioni dei
consumatori nei confronti della marca, sia nei prezzi, nella quota di mercato e nella
profittabilità della marca per l’impresa. Il potere della marca risiede in ciò che i
consumatori hanno visto, letto, sentito e provato nei suoi confronti nel tempo (Kotler e
Keller 2006). In altre parole, il potere della marca risiede nella mente dei clienti esistenti e
potenziali e nelle loro esperienze dirette e indirette con la marca. Il valore della marca
basato sul cliente può essere definito come l’impatto della conoscenza della marca sulla
reazione del consumatore alle attività di marketing per quella marca.
Il valore della marca deriva dalle differenze nella reazione del consumatore. Se non si
manifesta alcuna differenza, il prodotto può essere classificato come generico o di largo
consumo. Inoltre le differenze nella reazione del consumatore sono un risultato della sua
conoscenza della marca. La conoscenza deriva da tutti i pensieri, le sensazioni, le
esperienze e altri elementi associati alla marca. In altre parole, le marche devono creare
associazioni forti, favorevoli e distintive. Infine, la differenza nella reazione dei
consumatori che genera il valore di marca si riflette nelle percezioni, le preferenze e il
comportamento legati a tutti gli aspetti del marketing della marca. Questi aspetti portano
la marca ad avere un valore positivo quando i consumatori presentano una reazione più
favorevole a un prodotto di cui identificano la marca e alle relative attività di marketing.
Per creare una marca forte, dunque, la sfida per gli operatori di marketing è riuscire ad
assicurare ai consumatori il giusto tipo di esperienza per ogni prodotto o servizio e i
relativi programmi di marketing, così da creare una struttura adeguata per la conoscenza
della marca. Nella prospettiva del suo valore, tutti gli investimenti annuali nel marketing di
prodotti e servizi dovrebbero essere considerati come investimenti nella conoscenza della
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marca da parte del consumatore. Molte marche accumulano un valore elevato investendo
in attività di marketing che generano un ricordo favorevole e duraturo nella mente dei
consumatori. Allo stesso tempo, la conoscenza della marca creata da questi investimenti
di marketing impone alla marca una certa direzione per il futuro. I consumatori, sulla base
di ciò che pensano e che provano per la marca, decideranno dove e come collocarla e se
accogliere o respingere le sue iniziative e i relativi programmi di marketing.
Una marca è una promessa di determinate prestazioni del prodotto o servizio da parte
dell’impresa. Una promessa di marca è la visione del marketing di come la marca debba
essere e cosa debba fare per i consumatori. In conclusione l’effettivo valore e i potenziali
clienti futuri di una marca si ritrovano nei consumatori, nella loro conoscenza della marca
e nella loro probabile reazione alle attività di marketing, che deriva da tali conoscenze. È
fondamentale comprendere la conoscenza della marca da parte del consumatore, ossia
tutti gli elementi che nella sua mente si collegano alla marca, perché ciò è alla base del
suo valore.
3.1.4
Elementi di marca
Gli elementi di marca sono quei fattori che possono essere tutelati tramite marchio e
che servono a individuare e differenziare la marca. Con un’attenta scelta degli elementi di
marca si può creare il maggior valore possibile per la stessa. Per mettere alla prova la
capacità di questi elementi di costruire valore bisogna immaginare cosa penserebbero o
proverebbero i consumatori nei confronti del prodotto se conoscessero solo l’elemento di
marca. Un elemento che contribuisce positivamente al valore della marca, quindi,
trasmette ai consumatori determinate associazioni di valore. Vi sono molteplici criteri
possibili per la scelta degli elementi di marca. Criteri come ”facile da ricordare” o
”significativo” o ”gradevole” possono essere indicati come criteri di costruzione della
marca. Altri criteri come ”tutelabile” o ”adattabile” o ”trasferibile” sono di natura difensiva e
riguardano la possibilità di sfruttare e preservare il valore generato dall’elemento di
marca.
Nel creare una marca gli operatori di marketing possono perciò scegliere fra numerosi
elementi per identificare i propri prodotti. Questi elementi assumono vari ruoli ai fini della
costruzione della marca. Se i consumatori analizzano un elevato volume di informazioni
per la scelta del prodotto, gli elementi di marca dovrebbero essere facilmente riconoscibili
e ricordabili, descrittivi e persuasivi. Gli elementi di marca ricchi di significati e che si
ricordano facilmente possono alleviare il compito delle comunicazioni di marketing nella
creazione della consapevolezza e delle associazioni di marca.
Un elemento importante di marca è il nome. Oggi molte imprese si rivolgono a società
di ricerca di marketing, che organizzano sessioni di brainstorming e si avvalgono di ampi
database elettronici in cui le parole sono classificate per associazione, suoni e altre
caratteristiche. I procedimenti per la ricerca di un nome di marca includono anche vari test
come quelli di memoria e di preferenza. Il nome però non è l’unico elemento importante.
Se i benefici della marca sono astratti, è importante che i suoi elementi ne catturino le
caratteristiche intangibili. Ad esempio molto compagnie di assicurazioni utilizzano simboli
di forza e di sicurezza.
Un elemento di marca potente è infine lo slogan. Gli slogan possono fungere da ganci
o maniglie per aiutare i consumatori a cogliere l’essenza della marca e ciò che la rende
37
speciale. Sono uno strumento indispensabile di sintesi e di traduzione dell’intento del
programma di marketing e quindi costituiscono un mezzo estremamente efficiente per la
costruzione del valore della marca.
3.1.5
Strategia di marca
La strategia di marca riflette il numero e la natura degli elementi di marca distintivi e
comuni ai vari prodotti dell’impresa. In altre parole, l’elaborazione di una strategia di
marca implica la scelta degli elementi nuovi ed esistenti della marca da applicare ai
prodotti nuovi ed esistenti dell’impresa. Le decisioni di marca dei nuovi prodotti sono
particolarmente importanti. Quando l’impresa riprende una marca esistente per introdurre
un nuovo prodotto, si parla di una estensione di marca. Quando si ha una combinazione
di una marca nuova e di una marca esistente l’estensione può essere definita sottomarca:
una marca esistente che dà origine a un’estensione viene definita marca madre; se
questa è già associata a una serie di prodotti tramite estensioni della marca si ha una
family brand o marca della famiglia di prodotto. Le estensioni della marca possono essere
divise in due grandi categorie. In un’estensione di linea la marca madre dà il proprio nome
a un nuovo prodotto rivolto ad un nuovo segmento di mercato all’interno di una categoria
di prodotto attualmente servita dalla marca madre. In una estensione di categoria la
marca madre è utilizzata per l’ingresso in una categoria di prodotto diversa da quella
attualmente servita. Una linea di prodotti comprende tutti i prodotti che presentano la
medesima marca. Un assortimento di marca invece comprende tutte le linee di marca
offerte agli acquirenti da un determinato venditore. Molte imprese ormai introducono
varianti di marca, ossia specifiche linee di marca fornite a particolari rivenditori o canali
distributivi, dovute alla pressione dei rivenditori sui produttori per avere a disposizione
un’offerta differenziata. Un prodotto in licenza è un prodotto il cui nome di marca è stato
concesso in licenza ad altri produttori.
3.2 Marketing Virale
I marketer dovrebbero chiedere il permesso prima di comunicare con le persone. Seth
Godin, autore americano, nel 2008 auspicava la fine dell’ ”interruption marketing”, il
marketing che interrompe le persone durante la visione di un film o la lettura di un giornale
con pubblicità inattese, impersonali e irrilevanti, che spingono i consumatori a evitare di
prestare attenzione alla pubblicità. Nella prospettiva del permission marketing, il
pubblicitario definisce una ”ideavirus” cioè crea un’idea e un ambiente in cui l’idea si può
moltiplicare e diffondere (Pallera et al. 2007). Si propone quindi un approccio strategico che
in una fase iniziale si focalizza su una nicchia di persone con un messaggio rilevante, per
poi arrivare al grande pubblico in un momento successivo. Si tratta di strategie di marketing
di tipo virale.
A differenza del marketing classico, che si rivolge principalmente alla maggioranza della
popolazione, il marketing virale punta a una nicchia di innovatori ed influenzatori. Queste
nicchie sono persone disposte a diffondere idee e novità, anche rispetto a nuovi prodotti e
servizi. Le persone che compongono la maggioranza della popolazione prestano ascolto a
38
questi innovatori e quindi per le imprese risulta più efficace ed economico rivolgersi a loro
anziché direttamente alla maggioranza.
Lo sviluppo e le applicazioni attuali del viral marketing sono rese possibili dalla
diffusione di massa di Internet. La velocità di propagazione di un’ideavirus aumenta
spaventosamente grazie alle interconnessioni fra le persone rese possibili dai nuovi sistemi
di comunicazione elettronica. Il mezzo utilizzato per trasmettere il virus ne determina infatti
la velocità di diffusione. Le comunicazioni elettroniche hanno reso possibile il formarsi di un
villaggio globale composto da una serie di comunità reali e virtuali di persone che possono
aggregarsi e interagire a prescindere dal luogo in cui si trovano. Questi network facilitano lo
scambio e la diffusione di informazioni in contesti diversi da quelli in cui sono emersi
inizialmente. I network sociali sono costituiti dai membri e dai nodi che li collegano fra loro.
Sulla rete i network, a differenza di quelli offline, non sono costretti da limiti geografici e
temporali, o condizionati da dinamiche relazionali legate a differenze di ruoli, status o
classe sociale. Con il termine social network si intendono i più diversi tipi di aggregazione di
persone, per grandezza o per finalità, temporanei o duraturi nel tempo, che possono
andare da un gruppo di amici sempre in contatto a frequentatori di un forum telematico.
Internet ha infatti consentito la costituzione di neo – tribù telematiche: si tratta di piccoli
gruppi formatisi in spazi ristretti, localizzati, intimi e in accordo con il desiderio di comunità
emergente nella nostra società. Gruppi che si sono formati per affinità, passioni comuni, per
condividere la quotidianità senza costrizioni di spazio e di tempo. Comprendere le
dinamiche e i collegamenti fra i network, il grado con cui trasportano informazioni e i nodi
principali di diffusione è fondamentale per attuare un’efficace strategia di marketing
finalizzata a diffondere prodotti e comunicazioni fra le persone in maniera virale.
Vi sono diversi tipi di network. Ci sono quelli meno densi e coesi che permettono la
diffusione del virus da un network ad un altro e sono chiamati vettori da Godin. Questi nodi
deboli sono come dei ponti che permettono il passaggio della informazioni fra network
diversi grazie ai connettori presenti in essi. I nodi forti invece sono più numerosi e più
influenti come fonti di informazioni e sono ricchi di persone influenti.
Affinché si sviluppi l’effetto moltiplicatore che è alla base del marketing virale e che
consente alle idee di espandersi come veri e propri contagi sociali, è necessaria
l’identificazione di coloro che si trasformeranno nei diffusori della campagna, i cosiddetti
untori. Il viral marketing punta a coinvolgere alcuni influenzatori con l’obiettivo di trasformarli
in untori: sono loro che, una volta coinvolti, diffonderanno la comunicazione agli altri. Con
Internet sono chiaramente aumentate le potenzialità di propagazione delle idee e gli untori
sono capaci di sfruttare al meglio le proprietà interattive del mezzo per diffondere le proprie.
I punti di forza su cui si basa la loro azione sono ottime capacità dialettiche che utilizzano
su diversi fronti e un’ottima conoscenza dell’oggetto al centro dei confronti. I loro luoghi
d’azione preferiti sono le community, le chat e i blog. L’effetto degli untori è spesso
esplosivo: a poco a poco arrivano a conquistarsi la fiducia degli interlocutori trasformandosi
per loro in un vero e proprio punto di riferimento. Se si considera l’opportunità offerta dal
Web di poter inoltrare contenuti e messaggi a un gran numero di persone a costo zero, si
può facilmente apprezzare la portata del marketing virale.
39
3.3 La centralità del passaparola
Da sempre le marche hanno cercato di costruirsi un’immagine attraverso gli strumenti
del marketing provando ad indossare un bel vestito per piacere alla gente. Una forma
piacevole che spesso è servita a nascondere una sostanza non altrettanta splendente. Al
contrario dell’immagine, una buona reputazione è il risultato di un processo di creazione
collettiva della percezione del brand. Una definizione importante di marketing è riportata da
Cova et al. nel 2007: ”una marca è costituita dall’insieme dei discorsi tenuti su di essa dalla
totalità dei soggetti coinvolti nella sua generazione”. Sono quindi le persone parlando della
marca a creare una sua buona o cattiva reputazione. Una reputazione dipende molto di più
dalla sostanza dei comportamenti dell’azienda che dall’apparenza delle dichiarazioni di chi
ne gestisce le attività di comunicazione.
Se da un lato non risulta particolarmente difficile aumentare nel breve periodo la propria
visibilità in termini di notorietà, la reputazione non può essere condizionata o manipolata
facilmente: la fiducia delle persone, anche se può essere estorta nel breve periodo, non
può essere acquistata. Il concetto di brand reputation riconosce quindi il crescente potere di
accesso alle informazioni delle persone e la situazione di aumentata trasparenza in cui si
trovano le aziende nell’era di Internet. Oggi un’informazione che un tempo poteva essere
tenuta nascosta o comunque arginata, si diffonde tra i nodi della rete a velocità
supersonica. Non ci sono più segreti: se una cosa è buona o cattiva, tutti, prima o poi,
possono venire a saperlo. La reputazione quindi si alimenta di comportamenti e non di
dichiarazioni. Per questo è importante per l’azienda controllare costantemente
l’applicazione di norme, principi etici, valori diffondendone la cultura nell’organizzazione e
vigilando affinchè i comportamenti siano coerenti con i valori e con i principi dichiarati.
La reputazione del brand non deve però essere intesa esclusivamente nel senso di
responsabilità sociale, ma dovrebbe essere valutata anche in termini di rilevanza
economica, culturale, simbolica. In questo senso la reputazione è in grado di generare del
”rispetto”, cioè quel sentimento e atteggiamento di tributo e ammirazione che si deve a chi
ha contribuito con la propria opera al progetto culturale del gruppo. Più che alla semplice
opinione positiva che le persone hanno sulla qualità dei prodotti o dei servizi delle aziende,
la reputazione ha a che fare con la capacità di entusiasmare gli animi e di mobilitare le
persone. La reputazione perciò è legata intrinsecamente alla raccomandazione e al
passaparola che è in grado di stimolare. Si parla cioè di come il brand riesce ad alimentare
consenso ed entusiasmo e a creare veri e propri sostenitori.
3.3.1
La misurazione del passaparola
Il valore del passaparola per chi compra un prodotto è indiscutibile: per le persone il
passaparola è la forma di comunicazione che più di ogni altra influenza la decisione
d’acquisto. Si tratta di un’esperienza presa a prestito gratuitamente da altri, da persone di
cui ci si fida perché è considerata autentica non essendo finalizzata alla vendita. Esistono
però poche teorie statistiche in grado di attribuire un valore numerico all’importanza del
passaparola. Per le aziende risulta difficile trovare una quantità che misuri le vendite che il
buzz riesce a generare e che stabilisca la crescita dell’impresa stessa. Con buzz
marketing si intende quell’insieme di operazioni di marketing non convenzionale volte ad
40
aumentare il numero ed il volume delle conversazioni riguardanti un prodotto o un servizio
e, conseguentemente, ad accrescere la notorietà e la buona reputazione di una marca.
Consiste cioè nel dare alle persone motivo di parlare circa un prodotto o servizio e nel
facilitare quelle conversazioni utilizzando il web. La parola buzz è infatti onomatopeica e
richiama il ronzio delle api: il buzz marketing rappresenta quindi la possibilità di
raggiungere nel minor tempo possibile quello che viene definito ”sciame”, cioè un gruppo
di utenti omogeneo per interessi rispetto ad un tema o ad una categoria di prodotti.
Il problema principale è che il passaparola è piuttosto complicato da misurare, a meno
di non intercettare le conversazioni tra clienti e tra consumatori. Se con Internet è
possibile intercettare il passaparola attraverso il monitoraggio delle conversazioni sui
prodotti che hanno luogo in forum, blog e siti di recensione, la maggior parte del
passaparola è offline e si verifica in situazioni faccia a faccia. Una prima soluzione a
questo problema è arrivata con il ”net promoter score”, fattore che indica la probabilità che
gli acquirenti di un prodotto o servizio consiglino quest’ultimi agli amici favorendo
l’aumento delle vendite:
maggiore è il net promoter score, maggiore è l’aumento. Per alcune categorie di prodotti
però questa misurazione non mostra alcuna relazione con l’aumento delle vendite.
Nonostante ciò, il net promoter score, come misura del passaparola, sta iniziando a
imporsi come unità di misura fondamentale della performance aziendale, soprattutto negli
Stati Uniti. Essendo collegato all’aumento delle vendite, il net promoter score, si dimostra
un utile strumento diagnostico nell’identificazione di quelle aree che possono far crescere
un business e di quelle che invece rischiano di ostacolarlo.
3.3.2
Strumenti del passaparola
Le imprese che riescono a incentivare il passaparola positivo saranno in crescita. Il
problema per le aziende diventa quindi quello di trasformare i suoi clienti, acquirenti e
consumatori in promotori. Alex Giordano et al. (2007) hanno identificati diversi strumenti
in grado di generare passaparola e che si sono rivelati efficaci.

Referral programs: il modo più elementare per incentivare il passaparola positivo è
mettere a punto un programma sconti che funzioni come una ricompensa per coloro
che passano parola a nuovi clienti. Questo programma offre un incentivo in contanti
o sotto forma di regali ai clienti che fanno passaparola. Inoltre ricompensare sia il
segnalatore sia il segnalato può sortire un effetto psicologico molte forte dando ad
entrambi una giustificazione psicologica non basata solo sull’interesse personale.
41







Tryvertising: il presupposto è quello di distribuire campioni in maniera selettiva agli
utilizzatori leader, l’ideale sarebbe farlo con prodotti e servizi non ancora usciti sul
mercato. L’obiettivo è sia quello di rimuovere le barriere di prezzo alla prova, sia di
utilizzare le armi dell’esclusività e della scarsità per trasformare i partecipanti al
programma in promotori.
Empowered involvement: l’attribuzione di potere ai clienti che assumono il
controllo su nuovi prodotti e servizi è uno strumento di incentivazione del
passaparola. Si sfrutta un fenomeno psicologico che trasforma i partecipanti alle
ricerche di mercato in promotori, facendo loro percepire di potere influire sulla
realizzazione di un prodotto o un servizio o una iniziativa. I sondaggi web, le
votazioni tramite sms e altre innovazioni nella tecnologia dedicata alle
comunicazioni interpersonali sono una prova di come il coinvolgimento empowered
sia diventato una soluzione veloce, scalabile e conveniente per generare
passaparola positivo e di conseguenza crescita.
Brand ambassador programs: questo strumento si basa sull’idea di invitare i
consumatori migliori e più soddisfatti a diventare ambasciatori del brand. Il
programma funziona attribuendo a consumatori selezionati particolari privilegi, sia
per se stessi, sia da condividere con gli amici. Tali privilegi possono includere
offerte esclusive, inviti speciali, anteprime su nuovi prodotti, anticipazioni sulle
vicende dell’azienda. L’idea è quella di fornire agli ambasciatori materiale di
promozione della marca.
Causal campaigns: si tratta di abbracciare una buona causa come posizionamento
strategico e strategia di marketing. Appoggiare una buona causa non solo aumenta
le vendite in modo diretto fornendo un ulteriore motivo di scelta, ma fornisce anche
ai consumatori attuali un’ulteriore motivazione per passare parola. Sponsorizzando
una buona causa, le aziende possono mobilitare i propri consumatori a creare una
vera e propria forza vendita di volontari mossi da un impellente bisogno di
evangelizzazione.
Influencer outreach: invece di rivolgersi direttamente alla massa, il focus si sposta
sugli influencer che vengono influenzati perché possano a loro volta influenzare la
massa attraverso il passaparola. Gli influenzatori sono coloro che offrono consigli e
suggerimenti ad amici e colleghi. Quegli amici e colleghi cui ci si rivolge quando si
deve scegliere un nuovo prodotto o servizio. La maggioranza delle persone è
relativamente immune all’influenza diretta dei mass media, ma subisce quella
indiretta delle persone di cui sa di potersi fidare. Il programma influencer outreach
consiste nell’individuare gli influenzatori all’interno di un target e poi coinvolgerli
utilizzando gli strumenti per trasformarli in promotori.
Advocacy tracking: monitorando il net promoter score, le aziende possono capire
cosa stanno facendo di giusto e di sbagliato e dove andare ad agire per migliorare
le cose.
Innovation: clienti, acquirenti e consumatori consiglieranno un prodotto o un
servizio quando ne vale la pena. Proprio come la pubblicità, che funziona solo
quando c’è qualcosa che merita di essere pubblicizzato, le aziende avranno una
crescita solo se ci sarà qualcosa che merita il passaparola. Questo significa che la
chiave della crescita è realizzare qualcosa di innovativo. L’utilizzo della psicologia
del passaparola è molto utile per capire come realizzare prodotti e servizi degni di
essere consigliati. Si tratta di offrire un prodotto o un servizio in grado di fornire
42
un’esperienza straordinaria, perché di solito le persone tendono a parlare di ciò che
va oltre le loro aspettative.
3.4 Il buzz marketing
Il marketing virale deve la sua ragion d’essere al passaparola, da sempre riconosciuto
come la forma più potente di pubblicità. Il passaggio di informazioni che avviene
spontaneamente da una persona all’altra è infatti in grado di influenzare il comportamento
di acquisto più di qualsiasi annuncio pubblicitario. Tipicamente considerata una forma di
comunicazione verbale, il passaparola è oggi potenziato dal Web grazie ai blog, ai forum e
alle e – mail. Le ricerche dimostrano che le persone sono più propense a fidarsi di una
comunicazione che avviene attraverso il passaparola rispetto a forme di persuasione più
tradizionali, come la pubblicità classica o azioni di marketing convenzionali, proprio perché
esiste una forte credibilità derivata dall’alto valore percepito della fonte, ritenuta attendibile
non avendo un interesse diretto alla vendita.
Il passaparola che avviene ad altissima frequenza produce il cosiddetto effetto buzz
(ronzio). Il buzz è quindi l’effetto auspicato di ogni operazione di marketing non
convenzionale ben riuscita. La creazione di buzz è un ottimo modo per generare interesse
e vendite del prodotto. Nel senso più stretto del termine, il buzz marketing è la pratica di
creare discussioni intorno a un prodotto, servizio, società o marchio. Mark Hughes (2008)
definisce il buzz marketing come “catturare l’attenzione dei consumatori e dei media in
modo che parlare del proprio brand diventi divertente, affascinante e degno di nota”. In
sostanza, il buzz marketing è una spinta più recente su una vecchia tecnica di marketing
virale: il word – of – mouth. Questa tecnica è una strategia che incoraggia gli individui a
trasmettere un messaggio di
marketing ad altri, creando una
potenziale crescita esponenziale
nell’esposizione del messaggio e
nell’influenza. Grazie in parte alla
crescente frammentazione della
nostra cultura, il marketing
convenzionale ha perso il suo lustro e
la sua efficacia. Il buzz marketing
viene quindi utilizzato sempre più
spesso e con maggiore frequenza. Si
mostri un grande prodotto a tutti e
ogni cliente felice lo racconterà ai suoi
amici, colleghi e famiglia, generando così il brusio che si sta cercando.
Diventa però difficile valutare il successo del buzz marketing. Soddisfare la domanda
per un prodotto è un segno che il buzz marketing ha lavorato bene, ma non sarà possibile
correlare sforzi specifici per clienti specifici, come si poteva avere una volta con la
televisione o la campagna pubblicitaria della stampa. Anche se con il buzz marketing le
vendite sono destinate a migliorare, non si può essere in grado di provare questa crescita
43
in quanto la maggior parte degli sforzi di buzz marketing sono condotti in collaborazione
con altre tecniche di marketing tradizionale.
Il marketing tradizionale sta quindi cambiando. Finora tutto era stato fatto per catturare
l’attenzione del consumatore: l’azienda può avere un grande prodotto che la gente ama, ma
se non si può farlo scegliere da una grande folla il prodotto non viene venduto. Le imprese
hanno perciò deciso di smettere di parlare ai consumatori, ma di iniziare a parlare con loro,
iniziare una conversazione che li incoraggi a parlare con altri dell’attività commerciale o del
prodotto.
3.4.1
L’importanza dei blog per il buzz marketing
Il passaparola è uno degli strumenti più forti di marketing che un’azienda può
utilizzare. Ad esempio, una raccomandazione per un prodotto o un servizio da un amico
fidato è più memorabile e più convincente di ogni annuncio televisivo e ha maggiore
possibilità di avere conseguenze positive. Uno strumento a disposizione che possa
raggiungere centinaia di persone in una sola volta è il weblog. Queste persone sono
interessate effettivamente ai prodotti o servizi pubblicizzati e apprezzano il fatto che si sta
producendo informazione per loro. I blog sono creati per accrescere la conoscenza e la
competenza dei clienti riguardo ai processi e agli obiettivi dell’azienda.
Le imprese utilizzano il buzz marketing e la potenza dei blog per ottenere un colloquio
con i consumatori. Il termine blog è una combinazione delle parole web e log e indica
delle cronache online che vengono aggiornate di frequente. Nei blog le aziende discutono
di idee, di notizie economiche e di risorse con i propri clienti. In questo modo si
incoraggiano i possibili acquirenti a suggerire argomenti e ad inviare commenti personali.
Anche i membri dell’azienda sono invitati a contribuire al blog con interventi riguardanti
temi che li interessano personalmente (Susannah Gardner 2005). Un aggiornamento è di
solito piuttosto breve, spesso solo qualche frase, e i lettori possono rispondere ad una
linea guida. Le persone che scrivono blog sono comunemente chiamati blogger e lo
spazio utilizzato per i loro lavori è chiamato blogosfera. La potenza dei blog è il ronzio, le
conversazioni e i collegamenti web che rimbalzano da blog a blog per raccogliere la
massa e creare un grande impatto comunicativo.
Le aziende che utilizzano il blog come strumento del buzz marketing stanno trovando
un numero consistente di persone che vogliono avidamente sapere ciò che il blogger ha
da dire e che vogliono rispondere con commenti ad ogni nuovo argomento di discussione.
I blog hanno la possibilità di diffondere un’idea grazie alla loro sfera di influenza attraverso
messaggi istantanei o e – mail. Il formato dei blog è molto innovativo per le imprese in
quanto fornisce un modo per interagire con i clienti ed è un punto di smistamento per
informazioni e competenze. Inoltre i blog ottengono delle risposte che possono risultare
importanti per migliorare i prodotti o i servizi, possono far cambiare l’opinione pubblica in
periodi di negativa pubblicità e semplificano la collaborazione tra dipendenti. Lo stile
accattivante ed informale dei blog li rendono interessanti per le aziende che cercano di far
cambiare la percezione al pubblico, cercano di correggere errori o che cercano di
prendere posizione ottenendo anche risposte da parte dei clienti. Meglio di tutto, i blog
sono un formato di pubblicazione quasi istantanea, accelerano la pubblicazione di notizie
e di informazione. Sono facili ed economici da installare e ottengono risultati in tempi
ristretti. I blog sono un ottimo modo per tenere il passo con dipendenti e clienti delle più
44
recenti notizie e sono più veloci ed efficaci rispetto a un giornale aziendale tradizionale.
Ma ciò che rende un blog diverso da qualsiasi altro sito web aziendale sta nel fatto che è
progettato intorno ad una particolare forma di pubblicazione: frequenti e spesso brevi
aggiornamenti che utilizzano i collegamenti, accompagnati da una serie corrispondente di
commenti dei lettori. Il loro tono è generalmente informale, quasi come un flusso di
coscienza. Molti blogger infatti non si preoccupano di usare lettere maiuscole o segni
ortografici.
I blog rappresentano una tendenza di Internet estremamente importante oggi. Si tratta
di reinventare un modo in cui i consumatori e altri influenzatori si esprimano, così come
un modo in cui le aziende e i clienti possano comunicare tra loro. Essi hanno il potere di
facilitare la diffusione di un messaggio veloce o di qualsiasi altra forma di comunicazione
in Internet. È possibile utilizzare la blogosfera in due modi per creare buzz: si crea un blog
per una marca, un’azienda, un prodotto o un evento oppure ci si rivolge a blogger a cui
offrire prove di prodotti che si trasformano in messaggi e in conversazioni nella rete. I blog
hanno numerose qualità che li rendono strumenti fondamentali per il buzz marketing:
sono attività misurabili e quantificabili, estendono in maniera esponenziale la portata di un
messaggio e con l’uso della tecnologia incoraggiano la conversazione che continua poi su
altri blog e via e – mail. Inoltre essi sono ottimi strumenti per ottenere risposte da parte dei
clienti, possono portare ad una diffusione istantanea, permettono il contatto diretto con i
consumatori e creano fiducia da parte dei clienti formando un seguito fedele alla marca. I
blog usano il passaparola per favorire le conversazioni. Naturalmente le conversazioni
possono avvenire solo se esiste fiducia tra l’impresa ed il cliente.
Il ruolo più importante del blog nel generare buzz è però quello di mettere il potere
nelle mani dei consumatori. Le marche passano quindi da un approccio in cui comandano
e controllano la comunicazione ad un approccio in cui collaborano con i clienti. I blog che
hanno costruito buzz vengono utilizzati dalle aziende per campagne specifiche o per il
riconoscimento del marchio a lungo termine; per costruire relazioni con i clienti e per
affrontare specifiche questioni o problemi. I blog che vengono utilizzati come strumenti
per buzz marketing possono avere anche un lato ostile. Se essi vengono usati da coloro
che utilizzano la tecnologia senza scrupoli sono un’arma a doppio taglio in quanto sono in
grado di generare cattiva pubblicità. Come in qualsiasi altro strumento di marketing
nascente, gli errori sono inevitabili. A causa della natura virale e della velocità di Internet,
questi errori tendono ad essere notati e raccontati. Inoltre la mancanza di autenticità e di
trasparenza portano a problemi nella blogosfera. La gente e i consumatori non
apprezzano il falso e l’autenticità viene raggiunta solo se non si cerca di influenzare ciò
che il blogger ha da dire riguardo il prodotto o il servizio. Utilizzando queste pratiche è
possibile ottenere il ronzio necessario a costruire la consapevolezza del marchio online e
ad aumentare le vendite.
45
CAPITOLO 4
Casi studio
Per illustrare con maggiore chiarezza quanto finora descritto, si trovano molti esempi sui blog e
sui siti che si occupano di tale argomento. Si riportano di seguito tre casi in cui il buzz marketing ha
modificato e aiutato il modo di offrire un prodotto o un servizio. Attraverso questa nuova tecnologia
di marketing è possibile sfruttare le qualità positive di un’azienda e allo stesso modo trarre il
massimo dalle caratteristiche negative o poco piacevoli, dell’impresa stessa.
4.1 Hans Brinker Hotel
Per una catena alberghiera, essere in una top ten prestigiosa è un’ottima mossa per
attirare nuovi clienti. Il poco prestigioso Hans Brinker Hotel ha preso alla lettera questo tipo
di marketing. Basta visitare il sito www.hans-brinker.com per capire come l’hotel non potrà
mai aspirare ad entrare tra i posti più affascinanti di Amsterdam, ma è sicuramente
presente tra la sezione dei luoghi più curiosi dove pernottare, al pari di case stregate o ex
carceri. La genialità dell’Hans Brinker hotel è stata quella di sfruttare un libro guida venduto
sul sito Internet Amazon, ”The worst hotel in the world: the Hans Brinker budget hotel
Amsterdam”, con una campagna virale che
esalta i punti deboli trasformandoli in qualità.
In questo modo le prelibatezze sospette, la
sporcizia, il freddo e l’umidità offerte dall’hotel
possono aiutare ad alzare le difese
immunitarie di ogni cliente; gli ascensori che
si bloccano, le docce che non funzionano,
l’aria condizionata calda in estate e fredda in
inverno, le tende usate come asciugamani
entrano a far parte di un particolare piano
ecologico sostenuto dall’albergo. L’Hans
Brinker hotel diventa quindi un gioiello di
furbizia e di marketing. Sicuramente questo
non è un albergo per tutti. Probabilmente la
localizzazione in Amsterdam ha aiutato e
l’idea di trasformare punti deboli in punti
favorevoli ha funzionato. Con questa
campagna virale si può perciò capire come
sia importante incuriosire il cliente e come la
pubblicità negativa possa essere
contemporaneamente potente e non
necessariamente dannosa.
È in queste condizioni che entra in gioco il buzz marketing e il passaparola veicolato con
opinioni positive e negative nei blog o nei forum. L’Hans Brinker hotel ha il merito di aver
utilizzato positivamente una brand reputation particolarmente negativa: sembrerebbe
46
impossibile fare un buon marketing ad un hotel che era finito nella top ten degli hotel più
sporchi del mondo ma in realtà nulla è impossibile. Anche un prodotto pessimo, con una
campagna di marketing ben mirata, può essere pubblicizzato in maniera efficiente. L’Hans
Brinker hotel ha sfruttato il flusso informativo, nel bene e nel male, per creare un marketing
non convenzionale legato al sistema di risposte dai clienti tipico del buzz marketing. L’hotel
ha fatto parlare di sé grazie al suo stato pessimo di igiene e di manutenzione, è quindi
diventato negativamente noto alla massa e ha utilizzato questa caratteristica negativa in
modo intelligente e curioso con la campagna virale creando altro buzz che si è espanso
rapidamente formando un flusso di marketing positivo per l’azienda. L’Hans Brinker hotel è
quindi riuscito nel suo intento di trasformare marketing negativo in oro e di far diventare
l’albergo più sporco al mondo un’attrazione globale.
4.2 The Fun Theory
“ Noi crediamo che la via più semplice per cambiare in meglio i comportamenti delle
persone sia rendere le cose divertenti da fare. Abbiamo chiamato questa teoria The Fun
Theory. “
Questo è lo slogan usato da Volkswagen per lanciare una campagna pubblicitaria che si
basa sul divertimento. Questa teoria afferma che il comportamento delle persone può
essere modificato attraverso uno stimolo che trasmetta loro divertimento: educare
attraverso il piacere di fare una determinata cosa. Un’idea nata da giovani e che coinvolge
tutti finendo anche per essere un possibile modello educativo da applicare nelle scuole. La
casa automobilistica Volkswagen ha intuito il potere di questa pratica e ha finanziato una
campagna pubblicitaria in Svezia che fa uso di questa teoria applicandola alla vita
quotidiana. Gli esperimenti praticati sono molti. Il più celebre è quello sperimentato in una
stazione della metropolitana di Stoccolma dove le persone vengono guidate a scegliere le
scale normali, rispetto a quelle mobili, trasformandole in un enorme pianoforte da suonare
ogni volta che si sale e scende di gradino in gradino. Il 66% in più delle persone, rispetto
alla media normale, sceglie di divertirsi suonando le scale e di attuare quindi un
comportamento più corretto che fa bene alla salute. Un’altra dimostrazione di questa teoria
si trova nei parchi pubblici dove solitamente le carte vengono gettate a terra e la spazzatura
lasciata ai bordi delle aiuole anche se sono presenti numerosi cestini. Con un semplice
effetto sonoro lanciare la spazzatura nel cestino può diventare divertente. Questo cestino
particolare in un solo giorno ha raccolto 72 kg di spazzatura, 41 in più rispetto al cestino
situato a pochi metri di distanza.
The Fun Theory sembra funzionare e sul minisito creato appositamente da Volkswagen
per l’iniziativa altre dimostrazioni vengono portate a supporto della tesi che “è più semplice
divertendosi“. La campagna in realtà è nata in Svezia a giugno del 2009, ma la Volkswagen
l’ha poi allargata a livello globale. In ognuno dei video prodotti però il marchio della
Volkswagen non viene mai introdotto in modo intrusivo, ma si vede solamente alla fine dei
filmati. I video in sé sembrano non aver nulla a che fare con i prodotti dell’azienda, ma
comunque milioni di persone notano il brand grazie a questa iniziativa. Inoltre la
Volkswagen ha introdotto un premio per riconoscere le idee, i pensieri e le invenzioni che
contribuiscono a dimostrare la teoria del divertimento. Premio vinto poi dall’americano
Kevin Richardson che riuscì a far diventare divertente il rispetto del limite di velocità. La sua
idea prevedeva la partecipazione ad una lotteria per chi rispettasse il limite. Questa
47
campagna fu così buona che la società nazionale svedese per la sicurezza stradale la
trasformò in realtà a Stoccolma.
Il pensiero che una cosa semplice come il divertimento è il modo più semplice per
cambiare il comportamento delle persone verso il meglio ebbe quindi un grande successo.
Dopo la campagna di The Fun Theory, la Volkswagen si è rivolta al social network
Facebook per lanciare la sua nuova automobile, la Polo GTI. Lo slogan di questo nuovo
mezzo è “guidati dal divertimento“ in modo da poter seguire la scia lasciata dalla teoria del
divertimento. La Volkswagen ha quindi unito il marketing virale del mondo reale assieme il
buzz marketing di Facebook ottenendo ottimi risultati.
4.3 Blair Witch Project
Nell’ottobre del 1994, tre registi studenti scomparirono
nel bosco vicino a Burkittsville nel Maryland, durante le
riprese di un documentario. Un anno dopo il loro
filmato è stato ritrovato. Così dice la schermata d’inizio
del film The blair witch project, che è anche la
premessa del film. La popolarità di questo film è
cresciuta grazie al fatto che la storia anche se
avvincente diventa nota al grande pubblico solo se
raccontata bene. È questo punto che separa The blair
witch project con il resto dei film del suo genere. Il modo in cui viene raccontata la storia, in
stile documentario in cui lo spettatore si associa ai registi nei boschi del Maryland, dà un
senso di inquietudine. Il pubblico condivide il terrore e l’esperienza dei personaggi del film,
la violenza presente non è fisica ma solamente di tipo psicologico grazie alla tensione e alla
suspense.
Il successo di questo film è però derivato soprattutto da Internet. La rete pullulava di siti
di fan, di trailer e di newsgroup aumentando l’eccitazione generale per il film. Questo è un
fenomeno comune per film di successo, siti di fan si moltiplicano esponenzialmente. La
differenza in questo caso è che l’attività di Internet è iniziata ben prima del’’uscita del film. I
media hanno iniziato a raccogliere informazioni sul buzz presente in Internet, il flusso delle
voci on – line circa il film ha suscitato la curiosità della stampa non in linea che quindi ha
cominciato a segnalarlo sui propri giornali. Tutto questo ha creato una grande attesa per
l’apertura del film che ha poi portato ad un’alta vendita di biglietti. Il ronzio continuò anche
dopo l’uscita del film. Un canale americano si occupò di un documentario su Blair witch, un
sito di giochi lanciò un nuovo gioco di ruolo tratto dal film, fu creata una colonna sonora e
infine spuntarono siti di parodie. Inoltre il co – regista del film Eduardo Sanchez creò un sito
apposito con l’intento di aumentare il buzz. Il sito creato ancora prima che la storia della
strega di Blair fosse delineata, serviva in primo luogo ad attirare nuovi potenziali investitori.
La popolarità di questo crebbe insieme al mito della strega di Blair man mano che nuove
persone lo trovarono in rete. Il sito trasformato in una specie di serial sulla strega di Blair fu
un’estensione del film piuttosto che un annuncio on – line. Una visita al sito in media dura
16 minuti, tempo che è un’eternità rispetto alle normali soste sul web. Tutto questo è dovuta
soprattutto alla storia avvincente: sono presenti spiegazioni del mito, reperti storici come
fotografie e documenti come libri; sono presenti anche interviste con uno sceriffo o altri
partecipanti ai gruppi di ricerca e anche altre notizie. Il sito si basa sulla trama del film, ma
48
ne estende anche la storia. Inoltre include anche chat, aggiornamenti e – mail e merci in
vendita.
The blair witch project ha quindi usato il film stesso come stratagemma per il proprio
buzz marketing. Quest’horror low – budget ha generato molto buzz in quanto ha raccontato
una storia: la chiave di questo film non sono il regista, gli attori presenti o qualcos’altro di
tradizionale, ma la mitologia che circonda la storia. Il motivo principale di questa campagna
pubblicitaria è il bilancio molto stretto: si è cercato di raggiungere e colpire il maggior
numero di persone possibili ad un costo minimo. La fortuna del buzz marketing deriva poi
dal fatto che oltre all’effetto diretto sulle persone di Internet, anche i media tradizionali
hanno iniziato a parlare del film coinvolgendo ancor più pubblico. Ciò che interessa però
non sono le visite ricevute da un blog che parla di The blair witch project, ma quanti soldi ha
fatto poi il film stesso. Rispetto ai 60 mila dollari spesi per la produzione, il guadagno totale
è stato di quasi 250 milioni di dollari. Un grande successo per un film sicuramente di buon
livello ma che è stato enormemente aiutato da una delle più riuscite campagne di buzz
marketing.
49
CONCLUSIONI
Dire con precisione cosa sia il marketing non convenzionale è una questione
complessa, poiché si tratta di un tema nuovo, mutevole e in continua evoluzione. Il
marketing non convenzionale va analizzato secondo una prospettiva di complementarità
rispetto a quello tradizionale: occorre però considerare i cambiamenti avvenuti nella società
e adattare gli strumenti in base alle situazioni e al contesto in cui ci si trova. Con
l’espressione marketing non convenzionale si fa comunque riferimento a quell’insieme di
strategie promozionali che sfruttano metodi di comunicazione innovativi, differenti dai
classici sistemi pubblicitari. Queste nuove strategie permettono alle imprese di attirare
nuovamente l’attenzione di un pubblico ormai stanco della classica propaganda aziendale.
La diffusione di Internet e l’utilizzo costante di nuovi mezzi di comunicazione, quali blog e
social network, ha trasformato il modo in cui i consumatori percepiscono un prodotto
commerciale. Le persone che prima venivano identificate come semplici consumatori, ora
divengono parte integrante nella formazione di idee e nella produzione del nuovo prodotto.
Il consumatore è quindi ora in grado di partecipare e di dialogare con l’impresa. Le imprese
sono costrette a riconoscere l’importanza delle persone e devono quindi abbandonare
l’idea di essere al comando nella comunicazione.
Il marketing virale punta proprio a questo. L’idea è quella di sfruttare la capacità
comunicativi di qualche soggetto per far conoscere il messaggio ad un numero elevato di
persone. Come un virus, l’idea originale lanciata da una campagna di marketing virale,
riesce ad espandersi molto velocemente in una data popolazione. Il passaparola, che si
crea tra un soggetto e l’altro, influenza chiunque incontri. Il passaparola contemporaneo,
chiamato buzz, si manifesto sul Web e in particolare sono i blog a recitare un ruolo
fondamentale in questo ambito. Un blog è un sito gestito da una persona, in cui l’autore
pubblica i suoi pensieri e le sue idee. I commenti rilasciati su questi blog diventano una
fondamentale arma di influenza per il parere dei consumatori. Le aziende cercano di gestire
al meglio i rapporti con i blog in quanto questi hanno la capacità di influenzare i possibili
acquirenti. Ogni azione dell’impresa può quindi essere rapidamente diffusa in internet e
portata alla conoscenza di numerose persone.
Diventa quindi fondamentale per le aziende avere una buona reputazione e una marca
affidabili. Con l’avvento del buzz marketing, aumenta perciò la possibilità per ogni impresa
di sfruttare le proprie caratteristiche positive e di trarre dei vantaggi dal passaparola on –
line. È questo il caso dell’Hans Brinker Hotel e di altri brand che usufruiscono delle capacità
dei nuovi strumenti. Il marketing non convenzionale e in particolare il buzz marketing sono
quindi la strada che numerose imprese hanno deciso di percorrere per rilanciare il mondo
della pubblicità e del marketing stesso. La comunicazione ed il messaggio che ne deriva
sono perciò fondamentali per l’impresa e per la sua possibilità di crescita.
50
BIBLIOGRAFIA
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2006, New Jersey
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