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Germania
Il concetto geopolitico di G. (in origine utilizzato per i territori abitati dai Germani) indica dall'XI sec. l'entità
statale (Regnum teutonicum) che si sviluppò dal regno della Franconia orientale (Sacro Romano Impero). Dal
1871 designa il secondo Impero e gli Stati ad esso succeduti.
1 - Dal 1866 al 1918
1.1 - L'unificazione tedesca (1866-1871)
La vittoria prussiana sull'Austria nella lotta per il predominio in G., sancita nel luglio del 1866 a Sadowa
(Königgrätz), la dissoluzione della Confederazione germanica e la costituzione della Conf. della G. del Nord
sotto l'egemonia della Prussia, legata attraverso convenzioni militari agli Stati della G. meridionale
(granducato del Baden, regni della Baviera e del Württemberg), posero la Conf. di fronte a una situazione
inedita. Benché il processo di unificazione suscitasse forti inquietudini, la Svizzera cercò di intrattenere buoni
rapporti sia con la Prussia sia con il Baden, il Württemberg e la Baviera. Ministri sviz. furono accreditati presso
ciascuno dei quattro Stati, che a loro volta inviarono ministri a Berna; inoltre venne sottoscritto un trattato di
commercio con la Conf. della G. del Nord (13.3.1869). Parallelamente si svolsero anche trattative per il traforo
del San Gottardo, a cui parteciparono, oltre alla Svizzera, l'Italia, il Baden, il Württemberg e la Conf. della G.
del Nord. Dopo che questi Paesi ebbero gettato le basi per un accordo (15.10.1869), le Camere fed. nel luglio
del 1870 si riunirono per ratificarlo; la guerra Franco-prussiana ne ritardò però la firma.
Pur dovendo far fronte a compiti diplomatici, militari e umanitari complessi a causa di tale conflitto, la
Svizzera riuscì a gestire i rapporti con i belligeranti nel migliore dei modi. In seguito alle vittorie ted., le
minacce di carattere militare svanirono assai velocemente, nonostante numerosi incidenti che si susseguirono
lungo la frontiera del Giura a partire dall'assedio di Belfort (novembre 1870). I provvedimenti adottati dal
Consiglio fed. in favore dei Tedeschi espulsi nel settembre del 1870 dal nuovo governo franc. mutarono
l'atteggiamento della stampa ted., che fino ad allora aveva accusato la Svizzera di praticare una "neutralità
malevola". La Svizzera assunse la protezione degli interessi dei cittadini della Baviera e del Baden in Francia;
il Consiglio fed. intervenne inoltre in favore dei prigionieri ted. presso la Delegazione di Tours. Questi buoni
uffici non portarono comunque alcun vantaggio alla Svizzera, e Bismarck si mostrò contrario a qualsiasi
cessione di territori alsaziani a favore della Conf.
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf / mku
1.2 - L'Impero
1.2.1 - Un'epoca di tensioni
Dopo la vittoria ted., la situazione geostrategica della Svizzera risultò profondamente mutata. I piccoli Stati
cuscinetto che la separavano dalla Prussia erano scomparsi, sulla propria frontiera settentrionale doveva
ormai fare i conti con un nuovo potente Stato, mentre a est l'Austria risultava indebolita ed esclusa dal mondo
germ. e a ovest il futuro della giovane Repubblica franc. appariva incerto. Sul piano diplomatico, la Svizzera
dovette impegnarsi a stabilire relazioni normali, se non cordiali, con il nuovo Impero ted., che riconobbe
ufficialmente il 30.1.1871, esprimendo poi le proprie congratulazioni a Guglielmo I il 20 febbraio. Il 4 aprile, il
generale Max von Roeder venne accreditato in Svizzera come ministro plenipotenziario imperiale. Le
rappresentanze diplomatiche del Baden e del Württemberg vennero soppresse, mentre quella bavarese fu
mantenuta.
Nel ventennio successivo alla fondazione dell'Impero, le tensioni tra la G. e la Svizzera si manifestarono
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principalmente sul piano politico e diplomatico, nonostante l'emergere di risentimenti antited. in Svizzera
(rivolta della Tonhalle). Esse furono legate in un primo momento al Kulturkampf, di cui Bismarck si era fatto
promotore nel suo Paese. Dal 1870 il conflitto fra Stato laico e Chiesa catt. si era riacceso in Svizzera. Dopo
che singoli episodi nella Conf. avevano suscitato ondate di protesta negli ambienti catt. e governativi franc.,
nel giugno del 1873 Bismarck comunicò a Bernhard Hammer, ministro sviz. a Berlino, che non avrebbe
tollerato pressioni franc. sulla Svizzera e che avrebbe a sua volta risposto con analoghe pressioni sulla
Francia. Tale ingerenza negli affari interni della Svizzera rafforzò gli ambienti anticlericali più intransigenti, ciò
che avrebbe infine portato alla rottura delle relazioni diplomatiche tra la Conf. e il Vaticano (dicembre 1873).
Fu però soprattutto nella questione dei Profughi politici che le pressioni del Cancelliere risultarono maggiori.
Già molto prima della guerra del 1870-71, la Svizzera era diventata un luogo di rifugio privilegiato per i
socialisti ted., che vi avevano fondato numerose ass. (21 nel 1871). Per liberarsi dei suoi principali oppositori,
nell'ottobre del 1878 Bismarck fece approvare una legge che proibì la stampa e le org. socialiste. I militanti
furono costretti a emigrare; molti di loro si stabilirono in Svizzera, dove svilupparono un'intensa attività. Dal
1879 pubblicarono a Zurigo il giornale Der Sozialdemokrat, che conteneva violenti attacchi all'imperatore e al
Cancelliere e che veniva distribuito clandestinamente in G. Malgrado le proteste del ministro ted. presso il
Consiglio fed., nessuna misura venne presa prima dell'aprile del 1888, quando il governo decise di espellere i
redattori che non avevano accolto un appello alla moderazione. All'origine dell'episodio vi fu una vicenda
delicata: dopo aver scoperto che la polizia ted. disponeva di agenti provocatori negli ambienti di sinistra, il
capo della polizia di Zurigo, all'insaputa dei propri superiori, aveva trasmesso tale informazione a due
deputati socialisti ted., che in seguito avevano divulgato la notizia al Reichstag. La crisi raggiunse il suo apice
un anno più tardi con l'affare Wohlgemuth (aprile 1889). Bismarck tentò di porre fine all'emigrazione
socialdemocratica, ma le sue minacce rivolte contro la Svizzera non ebbero l'effetto sperato. Cambiando
strategia, accusò allora la Conf. di non applicare l'art. 2 del trattato di domicilio del 27.4.1876, secondo cui i
cittadini ted. desiderosi di stabilirsi in Svizzera dovevano tra l'altro fornire un certificato di buona condotta, ciò
che secondo lui conferiva un potere di vigilanza alle autorità ted. Il Consiglio fed. replicò che far dipendere
l'ammissione di stranieri dal benestare di uno Stato estero avrebbe costituito un attacco alla sovranità
nazionale; Bismarck denunciò allora il trattato di domicilio il 20.7.1889. Durante l'inverno 1889-90, infine,
Guglielmo II decise di convocare una conferenza intern. sulla regolamentazione del lavoro a Berlino, ma non
fu avvisato in via preventiva dal Cancelliere che una proposta simile era già stata avanzata dal governo sviz.
Tale incidente, unitamente a numerosi altri fattori legati alla politica interna ted., indusse Guglielmo II a
chiedere le dimissioni di Bismarck (19.3.1890). Da allora le relazioni con la G. si normalizzarono. Nuovi
negoziati sfociarono nella conclusione di un trattato di domicilio (31.5.1890) che ricalcava quello del 1876, ma
con una modifica dell'art. 2. Il trattato in questione venne nuovamente rinegoziato nel 1909; nel nuovo testo,
che entrò in vigore l'1.10.1911, l'art. 2 risultava depennato. Uno degli accordi più importanti tra la G. e la
Svizzera - e l'Italia - fu la convenzione del Gottardo del 1909.
Nel marzo del 1893, il pres. della Conf. ricevette a Lucerna Guglielmo II, che lo rassicurò sulla propria
disposizione amichevole nei confronti della Svizzera. Il contenzioso tra i due Paesi risultava ormai minimo;
l'unico conflitto di una certa importanza fu la "guerra delle farine" del 1908-09 (dopo la concessione di un
premio all'esportazione delle farine da parte del governo ted., il Consiglio fed. minacciò l'introduzione di una
tassa sulla loro importazione). Nell'affare Silvestrelli, l'intervento ted. (1902) contribuì alla risoluzione della
crisi italo-sviz. Dal 3 al 6.9.1912, Guglielmo II si recò in visita ufficiale in Svizzera, ciò che gli permise di
assistere alle manovre del corpo d'armata 3 e di sincerarsi della fattibilità del piano Schlieffen. L'accoglienza
riservatagli dalla pop. svizzeroted. fu calorosa, ma il suo soggiorno suscitò anche disagio negli ambienti
romandi e forti critiche da parte della sinistra. Qui si delinearono già le avvisaglie della spaccatura tra
Svizzera ted. e franc. manifestatasi durante la prima guerra mondiale.
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1.2.2 - Rapporti economici
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Dato che la Costituzione del 1874 aveva notevolmente ampliato le competenze della Conf., quest'ultima fu
costretta a trovare risorse supplementari, aumentando a partire dal 1878 i dazi doganali e adottando, negli
anni 1880-90 (piu tardi quindi rispetto alla maggior parte degli altri Paesi) una politica protezionista, ciò che
indusse la G. ad accusare il Consiglio fed. di praticare una forma di protezionismo. Il trattato di commercio del
1869, basato sulla clausola della nazione più favorita, venne rinegoziato e sottoscritto nel 1881, e in seguito
rinnovato nel 1891. Sempre nel 1891 la Francia adottò una rigida politica protezionista, che spinse la Svizzera
tra le braccia della G.: questo spostamento trovò un ulteriore elemento di sostegno nella politica commerciale
ted., divenuta più liberale dopo le dimissioni di Bismarck. Fino al trattato del 1891, le esportazioni sviz. verso
la G. erano state esigue, ma a partire dal 1896 importazioni ed esportazioni non smisero di crescere. Tra il
1892 e il 1913 le esportazioni sviz. (orologi, macchine, ricami, prodotti tessili ecc.) passarono da 162 a 306
milioni di frs. La G. divenne il principale partner commerciale della Svizzera; tra il 1911 e il 1913 un terzo delle
importazioni sviz. provenne dall'Impero ted. Tale sviluppo aveva già in precedenza suscitato le proteste degli
industriali sviz., che accusavano la G. di inondare il Paese con prodotti a basso costo. Grazie a un'abile politica
doganale e negoziale, all'inizio del XX sec. la Svizzera riuscì in generale a meglio tutelare i propri interessi. Un
trattato aggiuntivo (novembre 1904) garantì inoltre migliori condizioni ai prodotti sviz. esportati in G. Il
trattato del 1910 segnò un'ulteriore svolta nelle relazioni economiche tra G. e Svizzera, introducendo una
serie di riduzioni tariffarie e disciplinando il traffico di perfezionamento (importazione temporanea di beni soprattutto tessili - riesportati dopo la loro lavorazione) e il traffico frontaliero. Per ciò che riguarda l'ambito
militare, tra il 1904 e il 1912 l'artiglieria sviz. venne dotata pressoché esclusivamente di cannoni Krupp, ciò
che fu interpretato dall'Intesa come un segnale di avvicinamento alla Triplice alleanza.
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1.2.3 - La colonia tedesca in Svizzera
Prima del 1914 i Tedeschi costituirono la colonia straniera più importante in Svizzera (Stranieri).
Particolarmente presenti a Zurigo, Basilea e San Gallo, essi passarono da 57'000 nel 1870 a 220'000 nel
1910. Gli Svizzeri in G. erano invece ca. 15'000. La colonia ted. fu molto attiva in ambito industriale,
commerciale, tecnico e intellettuale; nel 1905 il 6% degli imprenditori e commercianti era ted. Alcuni di loro,
come Carl Franz Bally (calzature), Henri Nestlé, Georg Wander (prodotti alimentari), Christian Gröninger
(prodotti metallurgici), Gustav Henckell (conserve alimentari Hero) e Walter Boveri (Brown-Boveri), crearono
veri e propri imperi industriali; non vanno inoltre dimenticati il medico Alexander Spengler, che fu all'origine
dello sviluppo di Davos come stazione climatica, e Wilhelm Girardet e Jakob Friedrich Walz, fondatori del
Tages-Anzeiger (1893). La colonia si dotò inoltre di numerose ass. professionali, femminili, ginniche e
studentesche, di gruppi di veterani, di corali e di soc. di mutuo soccorso. Vi furono anche org. nazionaliste che
esaltavano l'Impero e la germanità. I socialisti disponevano di proprie org. e ass., che fino alla caduta di
Bismarck cercarono di sostenere i compagni rimasti in G. (Società operaie tedesche). Essi esercitarono anche
un'influenza non trascurabile in seno all'Unione sindacale sviz. e al partito socialista. In generale la colonia
ted. diede prova di lealtà nei confronti della Svizzera, sostenendone le posizioni tra l'altro nel corso dell'affare
Wohlgemuth.
La colonia tedesca in Svizzera
Cifre assolute
In % sugli
stranieri
1880
95 262
45,1%
1910
219 530
39,7%
1920
149 833
37,2%
1930
134 561
37,8%
78 274
35,0%
1950
55 437
19,4%
1960
93 406
15,9%
Anno
1941
a
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Cifre assolute
In % sugli
stranieri
1970
118 289
10,9%
1980b
87 913
9,3%
1990
84 485
7,4%
1995
91 976
6,7%
2000
109 785
7,7%
Anno
a
compresi gli Austriaci
b
87 389 in base all'ANS del 1997
Fonti:ANS
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1.2.4 - Relazioni culturali
Dopo il 1871, l'influenza intellettuale e culturale ted. fu assai forte nella Svizzera ted., mentre risultò più
modesta nella Svizzera franc. Numerosi furono i professori ted. che insegnarono nelle Univ. sviz., così come i
docenti sviz. in quelle ted. Nell'anno della sua fondazione (1889), l'Univ. di Friburgo annoverava ad esempio
12 professori ted. su un totale di 27; nel 1914 essi erano 14 su 73. A partire dal 1902 Losanna ebbe una
cattedra di diritto ted. e Ginevra non tardò a seguire il suo esempio. Quelle Univ. sviz. che presto accolsero
anche le donne (Zurigo dal 1864) attirarono numerose studentesse ted. Numerosi Svizzeri frequentarono le
Univ., le scuole di belle arti e i Conservatori ted., in particolare a Berlino e Monaco (città preferita dagli artisti).
Sebbene orientati soprattutto verso Parigi, anche tra gli intellettuali romandi vi fu chi soggiornò in G. (Ernest
Ansermet a Berlino, Emile Jaques-Dalcroze a Hellerau, Charles Ferdinand Ramuz a Weimar). Scrittori e
intellettuali ted. si stabilirono nella Conf. durante periodi più o meno lunghi (Hermann Hesse, Ricarda Huch,
Carl e Gerhard Hauptmann, Erich Mühsam, Gustav Landauer, August Bebel), mentre gli Svizzeri furono
fortemente influenzati dai filosofi ted., e in particolare da Friedrich Nietzsche. Gottfried Keller, Conrad
Ferdinand Meyer e Carl Spitteler, ma anche Johanna Spyri ed Ernst Zahn, furono molto in voga in G., così
come pittori quali Arnold Böcklin e Ferdinand Hodler, che ottenne l'incarico di decorare l'Univ. di Jena.
L'architetto di Amburgo Gottfried Semper progettò invece la sede del Politecnico fed. di Zurigo. In linea
generale, sul piano intellettuale e artistico i rapporti si rivelarono estremamente vivaci e fruttuosi. Per
consuetudine ufficiali sviz. seguivano inoltre corsi di formazione in Prussia.
Fino alla prima guerra mondiale, soltanto pochi e isolati germanofili svizzeroted. sostennero l'annessione della
Svizzera alla G. Sul versante ted., la Lega pangerm. (Alldeutscher Verband) costituita nel 1891 considerava gli
Svizzeri di lingua ted. alla stregua di Tedeschi; nella Conf. tale org. esercitò comunque una certa influenza
solo in seno alla colonia ted. Parallelamente, ma con uno spirito diverso, l'Ass. per il germanesimo all'estero
(Verein für das Deutschtum im Ausland), fondata nel 1880, si impegnò a favore di una comunanza
esclusivamente culturale. Dotata anch'essa di un'influenza ridotta, sostenne tra l'altro finanziariamente i
germanofoni del Giura.
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1.3 - La prima guerra mondiale
Dopo lo scoppio della guerra, la G. comunicò al Consiglio fed. che avrebbe rispettato la neutralità elvetica,
dichiarazione che poi ribadì nel maggio del 1915 e nella primavera del 1917 (prima Guerra mondiale). La
spaccatura tra Svizzera ted. e franc., divenne più profonda sin dall'inizio del conflitto, anche a seguito della
nomina di Ulrich Wille a generale e di quella di Theophil von Sprecher a capo di Stato maggiore (Röstigraben).
Le divergenti simpatie collettive misero in discussione la coesione nazionale ed ebbero ripercussioni dirette
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sulla politica di Neutralità, in quanto le autorità ted. non gradivano i violenti attacchi della stampa romanda
che, sostenuta dall'opinione pubblica della Svizzera franc., accusava tra l'altro il Consiglio fed. di non avere
protestato contro la violazione della neutralità belga. Già dal settembre del 1914 il generale Wille richiamò
l'attenzione del Consiglio fed. sulle conseguenze che un tale atteggiamento avrebbe potuto avere per la
Svizzera; l'1 ottobre il governo esortò la pop. ad adottare un comportamento conforme allo spirito di
neutralità. L'affare dei Colonnelli tra la fine del 1915 e il 1916 provocò un forte malcontento nella Svizzera
franc. e all'interno della sinistra, che accusò l'esercito di essere filoted. Il 27.1.1916 a Losanna la folla strappò
la bandiera del consolato ted., suscitando le vibranti proteste della G. La divisione tornò a essere meno netta
a partire dal 1917 ca. in corrispondenza di alcuni fatti: l'affare Grimm-Hoffmann, che portò buona parte della
pop. svizzeroted. a prendere le distanze dalle potenze centrali; la sostituzione di Arthur Hoffmann con
Gustave Ador al Consiglio fed.; il ritiro di Ludwig Forrer, ingiustamente sospettato di essere filogerm. I tre
avvenimenti dimostrarono anche all'esterno che l'esecutivo aveva una posizione critica nei confronti
dell'Impero.
La regolamentazione delle questioni economiche fu difficile. Per sopravvivere la Svizzera, dal 1915
completamente accerchiata dalle potenze belligeranti, dovette spesso piegarsi alle condizioni imposte dagli
Stati confinanti; numerose furono le violazioni della sua sovranità. Colpita dal blocco marittimo alleato, la G.
cercò di ottenere la più grande quantità possibile di viveri e merci dalla Svizzera, che a sua volta non poteva
fare a meno di alcuni prodotti ted. (farmaci, carbone, prodotti chimici). Il Reich temeva però che questi beni
sarebbero stati riesportati verso i Paesi dell'Intesa, i quali nutrivano lo stesso timore nei riguardi delle loro
esportazioni verso la Svizzera. Il divieto generalizzato di esportazione decretato dalla G. il 31.7.1914 venne
presto mitigato in misura considerevole; il trattato di commercio bilaterale rimase in vigore e fino alla
primavera del 1915 gli scambi tra i due Paesi furono intensi. Nuovi e sempre più numerosi divieti riguardanti
importazioni ed esportazioni costrinsero però Svizzera e G. a stipulare accordi di compensazione che
stabilivano con precisione la quantità e la natura delle merci scambiate. Per risolvere questo problema, nel
maggio del 1915 venne costituito a Zurigo l'Ufficio fiduciario svizzero di controllo per il traffico delle merci.
Diversi accordi economici vennero sottoscritti tra il 1916 e il 1918. Dato che la Svizzera aveva urgente
bisogno di determinate merci ted., anche il Reich riuscì a far valere le proprie esigenze. Per la Conf. la
situazione si fece più complicata a partire dalla primavera del 1915, quando i Paesi dell'Intesa, in grado di
rifornire abbondantemente la Svizzera di materie prime, pretesero che queste ultime non venissero utilizzate
per la fabbricazione di prodotti finiti destinati agli Imperi centrali. Nel settembre del 1915 il Consiglio fed.
approvò dunque la creazione della Società svizzera per la sorveglianza economica (SSS). Mentre alla vigilia
della guerra le importazioni sviz. erano suddivise equamente tra i Paesi dell'Intesa e gli Imperi centrali, nel
1917 gli Alleati risultavano i principali fornitori della Svizzera (903 milioni di frs., contro i 504 degli Imperi
centrali).
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2 - Dal 1918 al 1945
2.1 - La Repubblica di Weimar
Al momento della firma dell'armistizio (11.11.1918), la G. fu scossa da moti rivoluzionari che destarono
inquietudine in Svizzera, a sua volta confrontata con la minaccia degli sviluppi dello Sciopero generale. Oltre
al pericolo di una G. in preda all'anarchia, la Conf. temeva anche il tracollo dell'economia ted., ciò che
avrebbe costituito un duro colpo anche per gli interessi nazionali. Le autorità fed. furono preoccupate ino
ltre dalla durezza degli Alleati verso la G. e dall'insensibilità dimostrata nei confronti dei problemi ted.
(trattato di Versailles). Il 15.4.1919, il Consiglio fed. riconobbe il governo repubblicano ted., venendo così
meno alla propria tradizionale politica che voleva riconosciuti unicamente gli Stati. Non si instaurò comunque
una reciprocità immediata, e il ministro sviz. a Berlino presentò le proprie credenziali solo in giugno. Nel
dicembre del 1921, il Consiglio fed. concluse un trattato di conciliazione e arbitrato con il governo ted.
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L'entrata della Svizzera nella Società delle Nazioni (SdN) nel maggio del 1920 e la neutralità differenziata non
mancarono di impensierire la G., mentre nella Conf. le sanzioni decise dai Paesi dell'Intesa suscitarono riserve
e preoccupazioni. Durante l'occupazione franco-belga della Ruhr (gennaio 1923), il Consiglio fed. seguì una
politica prudente improntata alla neutralità. Nel quadro della commissione centrale per la navigazione sul
Reno, la Svizzera si impegnò a favore della libertà di navigazione, concludendo un accordo in tal senso con G.
e Francia nel maggio del 1923. La Conf. accolse con favore la conclusione del patto di Locarno (ottobre 1925),
che permise alla G. di aderire alla SdN, le restituì la parità diplomatica, sembrò inaugurare un'era di pace e
portò alla distensione dei rapporti franco-ted., da cui la Svizzera non poteva che trarre giovamento. Il patto
rispondeva anche alle aspettative di Giuseppe Motta, che da subito aveva perorato l'ammissione della G. nella
SdN. Gli accordi dell'Aia (agosto 1929), che stabilirono l'evacuazione franc. dalla Renania, vennero
ugualmente salutati con favore in Svizzera, dato che liberarono i territori sul confine settentrionale della Conf.
dalla pressione franc. Nel giugno-luglio del 1932, alla conferenza di Losanna furono infine abolite le riparazioni
di guerra.
Dalla fine delle ostilità, numerosi problemi di carattere economico turbarono le relazioni tra i due Paesi. In
questo contesto, la questione delle forniture di carbone ebbe un ruolo centrale: di fronte all'accusa sviz. di
non adempiere agli impegni presi, la G. invocava difficoltà nella produzione e nel trasporto, tanto più che gli
Stati dell'Intesa si opposero alla vendita di carbone della Ruhr alla Svizzera. Dopo la conclusione di un accordo
(luglio 1920), la situazione si stabilizzò. Il blocco economico imposto dagli Alleati, revocato solo dopo la firma
del trattato di Versailles, e l'opposizione dell'Intesa alle esportazioni sviz. di viveri verso la G., pose la Svizzera
in una situazione difficile. Per di più, le riparazioni imposte alla G. impedivano l'estinzione dei debiti ted. verso
la Svizzera.
Sul piano commerciale i prezzi bassi dei prodotti ted. dovuti all'inflazione dei primi anni 1920-30, frenarono le
esportazioni sviz. in G. e favorirono quelle ted. in Svizzera, ciò che spinse la Conf., del resto alle prese con una
crisi economica, a praticare una politica commerciale sempre più protezionista. Mentre la G., lo Stato più
colpito da questa nuova politica, era interessata alla soppressione di tali misure, la Svizzera considerava la
loro revoca come una merce di scambio per ottenere facilitazioni per le esportazioni sviz. verso la G.
Il trattato del luglio del 1926, siglato dopo che la G. aveva riacquisito la propria autonomia politica e il marco
si era stabilizzato, pose le relazioni economiche bilaterali su nuove basi. Fondato sulla clausola della nazione
più favorita, il trattato concesse vantaggi doganali alla G. e liberalizzò il traffico di perfezionamento. Dall'inizio
degli anni 1930-40, la Svizzera ritornò tuttavia a una politica protezionista, introducendo il contingentamento
delle importazioni. Ciò suscitò le proteste delle autorità ted., che ritennero tale politica contraria alla clausola
della nazione più favorita. Il cambio di rotta della Svizzera fu dovuto al costante peggioramento del saldo
commerciale con la G. (92 milioni di marchi nel 1928, 301 milioni nel 1930). In seguito il saldo, da sempre
passivo per la Svizzera, raggiunse livelli tali da indurre il Consiglio fed. a rivedere il trattato di commercio con
la G. Dopo laboriosi negoziati, nel corso dei quali la stampa ted. criticò vigorosamente la politica commerciale
restrittiva della Svizzera, si giunse finalmente alla firma di due trattati (giugno e novembre 1932) che,
rafforzando la clausola della nazione più favorita, attenuarono i contrasti.
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2.2 - Il Terzo Reich
2.2.1 - Le relazioni politiche dal 1933 al 1939
La crescita e in seguito l'ascesa al potere del Nazionalsocialismo suscitarono inquietudini e interrogativi in
Svizzera, anche se in un primo momento esso venne visto da parte di alcuni ambienti conservatori come
un'efficace barriera contro il bolscevismo e alcuni frontisti più estremisti ne condividevano le idee (Frontismo).
La maggioranza degli Svizzeri comunque si convinse, al più tardi dal 1934/35, che il Terzo Reich incarnava
valori opposti a quelli tradizionali elvetici (democrazia, federalismo, liberalismo). Ne conseguì che le relazioni
bilaterali furono quasi sempre tese, e i punti di contrasto innumerevoli, pur essendo la G. il principale partner
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commerciale della Svizzera.
Nonostante le assicurazioni dei gerarchi nazisti in merito al rispetto della neutralità sviz. (dal settembre del
1933) e il discorso di Hitler del maggio del 1935, in cui fu sottolineato il carattere "autentico ed effettivo"
dell'indipendenza della Conf., le inquietudini da parte sviz. non scomparvero. Giuseppe Motta, capo del Dip.
politico, comunicò al ministro sviz. a Berlino che auspicava una presa di posizione ufficiale da parte di Hitler.
Si dovette tuttavia aspettare fino al febbraio del 1937 perché quest'ultimo desse assicurazioni in tal senso
all'ex Consigliere fed. Edmund Schulthess, in visita a Berlino. Le dichiarazioni del Cancelliere, che affermò di
considerare la Svizzera come una valida copertura per i confini meridionali della G., ebbero comunque un
carattere ufficioso e furono costantemente smentite dall'atteggiamento ostile della stampa ted. nei confronti
della Conf. e dalle iniziative di certi organi del regime. La G. seguì con attenzione l'atteggiamento assunto
dalla Svizzera nel quadro della SdN e accolse favorevolmente il suo ritorno alla neutralità integrale (1938),
mostrandosi inoltre preoccupata per il pericolo costituito ai suoi occhi dall'attività della SdN sul territorio sviz.
Fino alla fine della guerra, il regime nazista manifestò la sua irritazione per le critiche espresse dalla stampa
sviz., accusata di violare la neutralità assumendo un atteggiamento ostile nei confronti della G. Il governo ted.
proibì la diffusione di numerosi giornali sviz. in G. ed esercitò più volte pressioni sulla Conf. affinché
quest'ultima ponesse sotto controllo la stampa; dal 1934 il Consiglio fed. adottò misure che andavano in
questa direzione (Censura). In più occasioni, i rapporti bilaterali furono assai tesi. Il 9.3.1935, la Gestapo
sequestrò a Basilea un giornalista ebreo ted. residente in Francia, Bertold Jacob-Salomon, che aveva
pubblicato articoli ostili al regime (affare Jacob). Sostenuto dall'opinione pubblica, il Consiglio fed. reclamò con
energia la restituzione del prigioniero e la punizione degli autori del sequestro; i Tedeschi alla fine liberarono il
giornalista. In G. tale vicenda diede adito a rabbiose manifestazioni antisviz., mentre nella Conf. molti
invocarono il divieto delle org. naziste sul territorio nazionale. Solo con l'uccisione a Davos di Wilhelm Gustloff
(4.2.1936), capo della sezione sviz. del partito nazionalsocialista ted., da parte di uno studente ebreo, il
Consiglio fed. prese infine provvedimenti e mise fuorilegge le strutture direttive dei nazisti ted. in Svizzera
(affare Gustloff). Malgrado tale misura, dall'agosto del 1936 furono nuovamente attivi in Svizzera gruppi
nazisti ted., tra cui anche ass. sportive paramilitari che avrebbero potuto costituire una minaccia in caso di
attacco ted. alla Conf.
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2.2.2 - La seconda guerra mondiale
Allo scoppio delle ostilità, il Consiglio fed. fece una dichiarazione di neutralità che il Reich si impegnò a
rispettare (31.8.1939). Lo stesso giorno, nella direttiva n. 1 sulla conduzione della guerra, Hitler ribadì tale
proposito. Tuttavia, per tutta la durata del conflitto, dichiarazioni ufficiali e ufficiose di esponenti del regime
alimentarono l'incertezza e costrinsero il Consiglio fed. a riaffermare costantemente la propria volontà di
indipendenza (seconda Guerra mondiale).
Durante l'attacco ted. alla Francia (maggio-giugno 1940), la Svizzera non risultò seriamente minacciata.
Pericoli vi furono al massimo tra la fine di giugno e ottobre, quando la G. avrebbe potuto bloccare il corridoio
che, tra Ginevra e Saint-Gingolph, permetteva alla Svizzera di comunicare direttamente con la Francia non
occupata e indirettamente con le potenze ostili al Reich. Lo Stato maggiore ted. elaborò infatti diversi piani in
tal senso. In pratica gli unici gravi incidenti si verificarono tra l'8 maggio e il 10 giugno, quando caccia sviz.
affrontarono ripetutamente e spesso vittoriosamente apparecchi della Luftwaffe che avevano violato lo spazio
aereo della Conf. Il 17 giugno l'esercito ted. a La Charité-sur-Loire entrò in possesso di carte segrete dello
Stato maggiore franc., tra cui figuravano anche documenti che attestavano i contatti avvenuti tra i vertici
delle forze armate sviz. e franc. in vista di una collaborazione nel caso di un attacco ted. alla Svizzera. Hitler
ebbe conoscenza di questi documenti sin da luglio, ma non ne fece mai uso. Tale atteggiamento risulta
ancora più sorprendente se si considera che il discorso tenuto dal generale Guisan il 25 luglio al Grütli
(rapporto del Grütli) venne interpretato come un atto ostile dalla G. Il Terzo Reich si limitò a una nota ufficiale
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di protesta (13 agosto), ma avrebbe potuto approfittare della situazione per discreditare Guisan, considerato
fondamentalmente antited. Il precedente discorso radiofonico del pres. della Conf. Marcel Pilet-Golaz,
pronunciato il 25 giugno, che invitava gli Svizzeri alla rigenerazione morale all'interno di un'Europa
profondamente cambiata, era invece stato accolto favorevolmente dal regime. All'ascolto del discorso
numerosi frontisti si sentirono rafforzati nelle loro visioni, così pure altri Svizzeri, ad esempio alcuni ufficiali,
che pur non essendo nazisti, erano favorevoli al Reich. Un gruppo di ufficiali interpretò il discorso come un
segnale del raffreddarsi della volontà di resistenza e considerò la possibilità, nel caso in cui il Consiglio fed. si
fosse mostrato in procinto di capitolare, di assumersi la direzione politica e di organizzare la resistenza contro
il regime nazista. Il Consiglio fed., il cui margine di manovra risultava esiguo vista la dipendenza economica
dalla G., condusse una politica abile ma ambivalente. Da una parte cercò di non urtare la G., per esempio
ricevendo ancora nel settembre del 1940 dei rappresentanti del Movimento nazionale sviz., proibendo però
poi questa org. alla fine dell'anno. Fino al 1943 seguirono proibizioni analoghe che toccarono altre org. sviz.
pilotate dalla G.; la sezione sviz. del partito nazionalsocialista ted. fu tuttavia sciolta solo nel maggio del 1945.
Anche Hans Frölicher, ministro sviz. in G. dal 1938 al 1945, assunse un atteggiamento molto
accondiscendente nei confronti del Terzo Reich, al contrario del suo predecessore Paul Dinichert, che dal 1933
al 1938 aveva saputo difendere con dignità gli interessi nazionali. I ministri ted. in Svizzera Ernst von
Weizsäcker (1933-36) e Otto Köcher (1938-45) dal canto loro non furono che semplici portavoce più o meno
arroganti e talvolta prepotenti del regime. Per tutta la durata della guerra, all'interno della Conf. diversi servizi
di spionaggio ted. svolsero un'intensa attività di carattere militare, politico ed economico o di preparazione di
azioni di sabotaggio. Essi furono assistiti da alcuni Svizzeri che agirono per convinzione ideologica o a scopo
di lucro; tra loro vi fu anche chi arrivò ad arruolarsi nell'esercito ted. Oltre agli elementi inclini alla
collaborazione vi furono tuttavia anche i sostenitori della "resistenza", presenti nell'esercito, nelle Chiese, nei
partiti politici, nei sindacati e nella stampa, i quali erano favorevoli a una lotta a oltranza in caso di invasione
ted. e contrari a qualsiasi forma di collaborazione con il Terzo Reich.
Dopo l'assunzione diretta del potere da parte dei Tedeschi anche nelle zone precedentemente non occupate
della Francia (novembre 1942), la Svizzera si ritrovò interamente accerchiata dalle potenze dell'Asse e la
questione della credibilità della neutralità non si pose più agli occhi del regime nazista. All'inizio di marzo del
1943, Guisan ebbe un incontro segreto in Svizzera con il generale delle SS Walter Schellenberg, a cui
consegnò una lettera destinata a Hitler in cui dava la sua parola d'onore di ufficiale che la Svizzera sarebbe
rimasta neutrale, che si sarebbe difesa contro attacchi di qualsiasi provenienza e che non intratteneva
rapporti con gli Alleati. Ma a partire dall'invasione dell'Italia da parte degli Alleati (luglio 1943) i sospetti si
riproposero, ciò che indusse la Conf. a riaffermare nuovamente la volontà di difendere la propria neutralità.
Dato che la guerra nell'Italia settentrionale costituiva una minaccia per la Svizzera, il 19.4.1945 un ridotto
gruppo riunito attorno a Max Waibel, ufficiale del servizio informazioni, organizzò ad Ascona un incontro tra il
generale delle SS Karl Wolff e due generali alleati. Grazie a tale iniziativa, negoziatori ted. attraverso il
territorio sviz. giunsero in Francia, da dove un aereo li portò al quartier generale alleato in Italia per firmare la
resa (29.4.1945). Durante gli ultimi giorni del conflitto, la legazione sviz. a Berlino venne evacuata e trasferita
in Baviera. L'8 maggio, il Consiglio fed. annunciò che a suo modo di vedere il governo ted. aveva cessato di
esistere. Inoltre ordinò la chiusura della legazione di Berlino, mantenendo comunque le rappresentanze
consolari, di cui aumentò persino il numero. La legazione e i consolati ted. in Svizzera vennero al contrario
chiusi; il ministro ted. Otto Köcher fu espulso.
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2.2.3 - Rapporti economici
Dal 1933 alla primavera del 1940 i rapporti economici tra i due Paesi furono caratterizzati da numerose
difficoltà. Il commercio estero ted., interamente controllato dallo Stato, veniva regolato da accordi di
compensazione. Negli scambi commerciali bilaterali, il saldo commerciale favorevole alla G. non fu sufficiente
a mantenere in equilibrio il Clearing, che nel giugno del 1939 risultava gravato da un debito ted. di 64 milioni
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di frs. nei confronti della Svizzera. Nonostante queste difficoltà, il livello degli scambi rimase molto elevato. A
partire dall'autunno del 1938, il Consiglio fed. cercò di sondare la disponibilità del governo ted. a continuare le
forniture di prodotti indispensabili e ad autorizzare il transito sul proprio territorio di merci provenienti da
Paesi terzi destinate alla Conf. anche in caso di conflitto, ma il regime si rifiutò di prendere impegni in tal
senso. Mentre fino alla vittoria sulla Francia il Terzo Reich seguì una politica relativamente liberale per ciò che
riguardava le esportazioni verso la Svizzera, dopo l'inizio delle trattative bilaterali nel maggio del 1940 tale
atteggiamento mutò radicalmente. I negoziati si rivelarono così assai difficili per la Svizzera; i Tedeschi non
esitarono a decretare l'embargo sulle forniture di carbone (11.6.1940) per dare maggiore forza alle loro
rivendicazioni. Il 9 agosto venne sottoscritto un accordo, valevole fino al 30.6.1941. La Svizzera mantenne
aperte per le potenze dell'Asse le vie di transito attraverso le Alpi e si impegnò a esportare una gran quantità
di prodotti strategici in G.; a tal scopo accordò al Reich un credito all'interno del clearing di 124 milioni di frs.
La G., interessata a che la Svizzera si rifornisse di beni di cui essa stessa non disponeva, ammise la
prosecuzione di limitati scambi fra la Conf., la Gran Bretagna e i territori d'oltremare, scambi che d'altronde
controllava parzialmente. La G. levò inoltre l'embargo sulle forniture di carbone e consentì il libero transito di
merci provenienti dai Paesi scandinavi e destinate alla Svizzera. Il 18.7.1941 venne concluso un nuovo
accordo con cui la Svizzera accettò tra l'altro di aumentare il credito all'interno del clearing a 850 milioni di
frs., un alto prezzo che dovette pagare per i beni indispensabili alla sua sopravvivenza economica e per il
parziale alleggerimento del controblocco ted. contro la Gran Bretagna. Dall'estate del 1942 e per tutto il 1943,
la G. avanzò nuovamente pretese molto onerose, ricorrendo a minacce e ricatti, ma acconsentendo anche a
una nuova attenuazione del controblocco. Le parti comunque non raggiunsero un'intesa. I negoziati ripresero
alla fine del 1943, e il 24.3.1944 sfociarono nella firma di un nuovo accordo, valevole fino al 30 giugno dello
stesso anno. Grazie all'atteggiamento ted. meno intransigente, le esportazioni sviz. verso la G. poterono
essere ridotte, mentre le forniture ted. di carbone (150'000 t mensili) rimasero inalterate, quelle di ferro
vennero aumentate e il controblocco risultò ulteriormente alleggerito. Con l'avanzata delle truppe alleate fino
al confine franco-sviz. nel corso del 1944, la situazione della Conf. mutò, ciò che pose i negoziatori sviz. in una
posizione di forza. Il transito di merci dalla G. all'Italia attraverso la Svizzera fu ridotto; il 16.2.1945 il Consiglio
fed. decise infine di bloccare gli averi ted. in Svizzera, di interrompere il transito di carbone ted. verso l'Italia e
di sospendere la vendita di elettricità alla G. fino alla consegna delle forniture di carbone arretrate, che
ammontavano a 120'000 t. Il protocollo sottoscritto il 28.2.1945 costituì l'ultimo accordo tra la Svizzera e il
Terzo Reich; il livello degli scambi pattuito risultava ormai molto ridotto. Durante gli ultimi mesi del conflitto,
le forniture ted. cessarono pressoché completamente. Dal 1940 al 1945 le esportazioni sviz. verso la G.
ammontarono a ca. 2,5 miliardi di frs., di cui 1,4 miliardi di prodotti di importanza strategica.
Parallelamente, dall'1.12.1939 al 30.6.1945 la Banca nazionale sviz. (BNS) effettuò acquisti netti di oro dalla
Reichsbank per un controvalore di ca. 1,211 miliardi di frs., che alla BNS fruttarono 18,4 milioni di frs. Nei suoi
depositi, la BNS ricevette inoltre oro per conto della Banca dei regolamenti intern. di Basilea e di banche
centrali di Paesi terzi per un controvalore di 428,4 milioni di frs. Questi servizi di carattere finanziario intern.
contribuirono sicuramente a convincere la G. dell'inopportunità di invadere la Svizzera. Il fatto che la BNS non
si preoccupasse dell'origine dell'oro ted. risultò in seguito problematico. Esso proveniva in parte dalle riserve
delle banche centrali dei Paesi occupati (Olanda, Belgio) e, in misura probabilmente molto più contenuta, dai
beni di privati, vittime del regime nazista. All'inizio del XXI sec. la questione riguardante la quantità giunta in
Svizzera del cosiddetto "oro dei morti" restava aperta.
Commercio estero della Svizzera con la Germaniaa
Importazionib
Anno
RFT
RDT
Esportazionib
In % sulle
importazioni
Totale
totali
RFT
RDT
In % sulle
esportazioni
Totale
totali
1938
373,1
23,2%
206,1
15,7%
1939
440,4
23,3%
191,5
14,8%
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Importazionib
Anno
RFT
RDT
Esportazionib
In % sulle
importazioni
Totale
totali
RFT
RDT
In % sulle
esportazioni
Totale
totali
1942
660,3
32,2%
655,6
41,7%
1943
532,2
30,8%
598,4
36,7%
1944
433,4
36,5%
293,6
25,9%
1945
54,3
4,4%
11,2
0,8%
1946
45,4
1,3%
7,9
0,3%
1947
133,4
2,8%
15,5
0,5%
1948
322,7
6,4%
68,9
2,0%
331,9
8,7%
313,4
9,1%
1949
c
1950
c
497,2
11,0%
362,2
9,3%
1955c
1 507,3
31,2
1 538,5
24,0%
755,0
34,3
789,3
14,0%
1960
2 840,7
25,8
2 866,5
29,7%
1 492,6
24,6
1 517,2
18,7%
1965
4 795,4
33,0
4 828,4
30,3%
2 203,4
36,1
2 239,5
17,4%
1970
8 349,2
58,5
8 407,7
30,2%
3 288,6
110,8
3 399,4
15,4%
1975
9 552,9
59,8
9 612,7
28,1%
4 944,2
185,4
5 129,6
15,3%
1980
16 766,3
68,5 16 834,8
27,7%
9 749,8
220,3
9 970,1
20,1%
1985
22 912,7
133,3 23 046,0
189,8 13 293,0
20,0%
1990
32 634,2
33,8%
19 512,5
22,1%
1995
31 855,1
33,7%
22 912,5
23,8%
a
con l'Austria dal 1939 al 1944.
b
in milioni di frs.
c
senza la Saar.
30,8% 13 103,2
Fonti:ANS
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf / mku
2.2.4 - I rifugiati
Dopo l'ascesa al potere del nazismo, alcuni tra gli oppositori e le vittime del regime trovarono rifugio in
Svizzera. All'inizio della guerra, la Conf. ne ospitava tra 7000 e 8000, di cui 5000 ebrei. L'introduzione del
visto obbligatorio d'entrata o di transito per tutti gli stranieri (5.9.1939) venne accompagnata il 17.10.1939 da
un decreto riguardante il soggiorno degli stranieri (assoggettamento a una tassa, internamento) e la loro
espulsione in caso di immigrazione clandestina, che rese più difficile la loro entrata in Svizzera. Per ciò che
riguardava i profughi ebrei in fuga dal Terzo Reich, il cui numero crebbe costantemente dopo l'annessione
dell'Austria alla G., le autorità sviz., di comune accordo con quelle ted., introdussero nel 1938 una misura
particolarmente discriminatoria, cioè l'apposizione del timbro "J" (iniziale di Jude, cioè ebreo) nei passaporti
degli ebrei ted. e austriaci. Lasciando agli organi competenti sviz. la decisione se concedere o meno un visto
d'entrata o di transito, tale provvedimento ridusse fortemente il numero dei profughi ebrei, tanto più che gli
altri Stati si rifiutarono di accogliere quelli tra loro che erano dotati solo di un visto di transito, secondo le
disposizioni concordate alla conferenza di Evian. Parallelamente all'espansione militare del Terzo Reich,
aumentò il numero dei profughi, tra cui ebrei belgi e olandesi, Polacchi costretti ai lavori forzati in G., ecc. A
partire dal 1942 la politica d'asilo sviz. divenne ancora più restrittiva: il 4.8.1942 il Consiglio fed. decise di
respingere alle frontiere i profughi civili - categoria che includeva anche gli ebrei - anche a rischio della loro
incolumità, un provvedimento che sollevò molte proteste. Dalla metà del 1943, con il profilarsi della vittoria
alleata, la politica di accoglienza della Conf. divenne più liberale; nel 1944, su un totale di 70'000 rifugiati, la
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Svizzera ospitava 22'000 ebrei. Nell'estate del 1944 furono accolti 2000 ebrei ungheresi, e nel dicembre del
1944 e nel febbraio del 1945 risp. 1200 e 1400 ebrei provenienti dai campi di concentramento di BergenBelsen e Theresienstadt. Nei mesi di aprile e maggio del 1944, 50'000 profughi di nazionalità diverse
provenienti dalla G. trovarono rifugio in Svizzera. Secondo uno studio pubblicato nel 1999 dalla Commissione
indipendente d'esperti Svizzera - seconda guerra mondiale (CIE), durante tutto l'arco della guerra almeno
24'000 ebrei furono respinti alle frontiere sviz.; tali cifre sono comunque oggetto di controversia. Se il
Comitato intern. della Croce Rossa riuscì da una parte a svolgere i suoi tradizionali compiti (prigionieri,
scambi, informazioni) in G., dall'altra risultò totalmente impotente - per ragioni sia giur. sia pratiche - nei
confronti delle persecuzioni antiebraiche, e si trincerò dietro un prudente attendismo. Nel 1945, il Consiglio
fed. decise di non accogliere noti esponenti del regime nazista e membri delle SS.
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf / mku
2.2.5 - Relazioni culturali
Fino al 1933, l'influenza culturale ted. in Svizzera rimase molto forte (Oswald Spengler, Martin Heidegger, Karl
Jaspers, Rainer Maria Rilke, Bauhaus, teatro, cinema, musica), ma dopo l'ascesa al potere di Hitler gli Svizzeri
ted. presero le distanze dall'arte del Terzo Reich, vieppiù strumentalizzata dalla propaganda nazista, e
cercarono di creare valori culturali specificamente elvetici (Difesa spirituale). Nella misura in cui furono liberi
di esprimersi, gli intellettuali e gli artisti ted. rifugiatisi in Svizzera contribuirono tuttavia all'arricchimento
della vita culturale (cabaret, teatro, musica). Per gli ambienti antinazisti in G., le informazioni diffuse dalla
stampa e dalla radio sviz. e l'atteggiamento critico nei confronti del Reich da parte di alcuni intellettuali sviz.
(Karl Barth) ebbero un ruolo importante.
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf / mku
3 - Dopo il 1945
3.1 - Dal 1945 al 1990
3.1.1 - Le pressioni degli Alleati
Dopo il crollo del Terzo Reich, in G. i diritti di sovranità vennero esercitati dalle potenze vincitrici (Francia,
Gran Bretagna, Unione Sovietica, Stati Uniti), che suddivisero il Paese in quattro zone di occupazione. Stati
terzi quali la Svizzera non poterono più intrattenere relazioni diplomatiche con la G., e dovettero
accontentarsi di mantenere rappresentanze consolari nelle diverse zone. Dopo la resa dell'esercito ted., il
Consiglio fed. l'8.5.1945 dichiarò che gli Alleati non sarebbero stati riconosciuti come successori legali del
Reich nemmeno se avessero assunto la piena autorità, e che la G. in quanto entità statale avrebbe continuato
a esistere anche senza un proprio governo; ciò per evitare che gli Alleati a nome della G. avanzassero pretese
nei confronti della Svizzera senza contemporaneamente impegnarsi a estinguere i debiti ted. verso la Conf. Le
autorità sviz. procedettero anche alla nomina di agenti privi di riconoscimento ufficiale che assunsero
l'amministrazione fiduciaria degli interessi ted. in Svizzera (fondi della Reichsbank, liquidazione delle org.
naziste, gestione degli affari correnti per la colonia ted. in Svizzera). Solo dopo lunghi e difficili negoziati con
gli Alleati, durante i quali soprattutto i rappresentanti degli Stati Uniti esercitarono forti pressioni, la Conf. il
26.5.1946 sottoscrisse l'accordo di Washington con cui si impegnò a cedere metà degli averi ted. bloccati sul
territorio nazionale. L'altra metà venne attribuita alla Svizzera a titolo di indennizzo per i debiti ted.; ai
cittadini ted. colpiti da queste misure venne comunque riconosciuto il diritto al risarcimento. Altre clausole
dell'accordo riguardarono gli acquisti di oro dalla G. compiuti dalla Banca nazionale sviz. Già nel gennaio del
1943, gli Alleati avevano comunicato ai Paesi neutrali che avrebbero considerato illegittime tali transazioni; di
conseguenza, la Svizzera cedette oro per un controvalore di 250 milioni di frs. agli Alleati, ottenendo in
cambio lo sblocco dei fondi sviz. depositati negli Stati Uniti, valutati a ca. 5,3 miliardi di frs., e la cancellazione
delle imprese sviz. dalle "liste nere" statunitensi e britanniche.
Solo dopo la resa incondizionata del regime ted., il Consiglio fed. pose fine alle attività delle org.
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nazionalsocialiste in Svizzera; i membri del partito e delle sue diverse strutture affiliate dovettero lasciare la
Conf. Numerosi cittadini ted. scontarono pene detentive per alto tradimento nelle carceri sviz., e anche gli
Svizzeri che avevano combattuto nell'esercito ted. subirono condanne dopo il loro ritorno in patria. Per
impedire la fuga di criminali di guerra in Svizzera e l'arrivo di elementi antidemocratici dalla G., la Svizzera
introdusse l'obbligo del visto per i cittadini ted., poi abolito nel 1953.
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf, Alfred Cattani / mku
3.1.2 - L'avvio di relazioni diplomatiche con la Repubblica federale tedesca
Anche dopo la nascita della Repubblica fed. ted. (RFT) e della Repubblica democratica tedesca (RDT) nel
1949, le autorità sviz. rimasero fedeli alla linea politica adottata alla fine della guerra, continuando a
considerare la G. come un'entità statale unitaria. Il 16.3.1951 la Svizzera stabilì relazioni diplomatiche con la
RFT. Essa riconobbe la sovranità della RFT sul proprio territorio, ma non la sua pretesa - sostenuta dalle
potenze occidentali - di essere l'unica rappresentante legittima della nazione ted. Decisiva per la ripresa delle
relazioni diplomatiche fu la disponibilità della RFT a riconoscere i debiti del Terzo Reich e a provvedere in gran
parte alla loro estinzione. In ossequio alla politica di neutralità e a causa del ruolo chiave della G. nel contesto
della Guerra fredda, il Consiglio fed. avrebbe volentieri stabilito rapporti diplomatici anche con la RDT;
tuttavia, la progressiva normalizzazione dei rapporti politici ed economici con la RFT e la "dottrina Hallstein"
(1955), che comportava la rottura da parte della RFT dei rapporti diplomatici con i Paesi che intrattenevano
relazioni ufficiali con la RDT, spinsero la Svizzera a rinunciare ai suoi propositi.
Nel 1952 la Conf. e la RFT negoziarono un accordo, entrato in vigore nel 1953, in base al quale la RFT versò
650 milioni di frs. alla Svizzera in restituzione dei crediti concessi al regime nazista, e la Svizzera si impegnò a
investire 200 di questi 650 milioni in G., togliendo il blocco sugli averi ted. depositati nella Conf. Nel 1953
vennero sciolte le strutture non ufficiali per la difesa degli interessi ted. in Svizzera create nel 1945 e
sostituite con rappresentanze diplomatiche e consolari regolari. Già nel 1951 alla legazione presso l'Alta
commissione alleata subentrò la legazione sviz. a Colonia, poi elevata nel 1957 al rango di ambasciata, e
infine trasferita nel 1977 a Bonn.
Come primo ministro plenipotenziario sviz. nella RFT venne nominato Alfred Huber; il suo primo pari rango
ted. fu Friedrich Holzapfel (1952-58). Quest'ultimo, una figura marginale all'interno del ministero degli affari
esteri ted., in Svizzera fu malvisto a causa del suo impegno a favore dei connazionali nazisti incarcerati nella
Conf. Il suo successore Ernst Günther Mohr venne invece sospettato di aver partecipato alla deportazione di
ebrei olandesi, mentre al barone Wolfgang von Weck, che nel 1963 prese il posto di Mohr, fu rinfacciato il
fatto di essere stato membro del partito nazionalsocialista. Il Consiglio fed. non tenne conto delle accuse e in
ciascun caso concesse il proprio gradimento, nonostante le violente campagne di stampa. Solo nella seconda
metà degli anni 1960-70 gli attacchi contro i rappresentanti diplomatici ted. in Svizzera scemarono, e il
passato nazista della G. risultò progressivamente meno ingombrante.
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3.1.3 - Accordi bilaterali e questioni transfrontaliere
Dopo aver riacquisito parzialmente la propria sovranità nel novembre del 1949, la RFT poté concludere
accordi intern., che necessitavano tuttavia del consenso dell'Alta commissione alleata per poter entrare in
vigore. Da quel momento, delegazioni governative sviz. e ted. si incontrarono di nuovo regolarmente per
negoziare trattati bilaterali. Nel 1950 venne concluso un accordo commerciale; altri accordi riguardarono la
dimora, il domicilio, l'assistenza, la cooperazione economica e tecnica, questioni doganali, il traffico di
confine, il diritto successorio, dei brevetti e d'autore, la navigazione sul Reno e sul lago di Costanza (accordo
sottoscritto anche dall'Austria), le disposizioni doganali per l'enclave di Büsingen, la doppia imposizione e
l'aiuto reciproco in caso di catastrofe. Dopo negoziati durati diversi anni, nel giugno del 1961 venne
sottoscritto un accordo relativo alle vittime sviz. del nazionalsocialismo, con cui la RFT si impegnò a versare
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10 milioni di marchi alla Conf.
Al centro dei colloqui tra i due Paesi vi furono anche ripetutamente questioni ambientali di rilevanza
transnazionale, dal 1963 oggetto di discussione pure nel quadro della Regio Basiliensis, fondata in quell'anno.
Già negli anni 1950-60 erano sorti contrasti in merito alle emissioni nocive provocate da fabbriche di alluminio
argoviesi che colpivano anche le aree confinanti del Baden. Fonte di problemi furono inoltre la concentrazione
di centrali nucleari lungo l'alto Reno, le acque di scarico delle miniere di potassio alsaziane, un progetto di
costruzione di un deposito di oli minerali nel massiccio del Calanda e le ripercussioni del traffico aereo di
Zurigo-Kloten sulle regioni ted. limitrofe. Dopo il disastroso incendio scoppiato l'1.11.1986 nel deposito di
Schweizerhalle appartenente al gruppo farmaceutico Sandoz, nel 1987 gli Stati rivieraschi del Reno
approvarono a Strasburgo un piano graduale di lungo periodo per il risanamento del Reno.
L'introduzione in Svizzera della tassa sul traffico pesante nel 1984 e della vignetta autostradale nel 1985 fu
all'origine dell'unico conflitto di una certa rilevanza tra la RFT e la Conf. Già all'epoca della Repubblica di
Weimar, Svizzera e G. si erano impegna26.3.te reciprocamente a non imporre pedaggi e tasse stradali. La RFT
rispose con una piccola tassa sugli autocarri provenienti dalla Svizzera, abolita solo nel 1993. Anche alla fine
del XX sec., la politica sviz. di contenimento del traffico di transito in continua crescita ha occasionalmente
suscitato l'irritazione del governo ted.
Nella seconda metà del XX sec., gli accordi bilaterali di carattere economico e politico sono stati
progressivamente soppiantati da accordi multilaterali a livello europeo o addirittura mondiale (Unione
europea dei pagamenti, OCSE, GATT, AELS, OSCE, le diverse comunità europee fino all'UE). Nel 1989 diversi
Stati decisero ad esempio di stipulare un accordo quadro per la protezione dello spazio alpino, la cosiddetta
Convenzione delle Alpi. Malgrado le divergenze sul peso massimo degli autocarri consentito in Svizzera (28 o
40 t), l'approvazione data dal popolo sviz. al potenziamento delle linee ferroviarie transalpine (NTFA) nel
settembre del 1992 venne interpretato in G. come un segnale di apertura all'Europa, mentre al contrario fu
chiaramente percepibile un senso di delusione dopo l'esito negativo della votazione, nel dicembre dello stesso
anno, sullo Spazio economico europeo. L'accettazione, il 21.5.2000, degli accordi bilaterali (I e II) tra la
Svizzera e l'UE da parte di popolo e cant. è stata accolta con soddisfazione in G.
Visite di Stato ufficiali furono effettuate solo dopo il riacquisto della piena sovranità da parte della RFT nel
1955. Il primo alto rappresentante dello Stato ted. a visitare la Svizzera dopo l'imperatore Guglielmo II fu il
pres. della RFT Theodor Heuss nel 1957, seguito poi da tutti i suoi successori (Heinrich Lübke nel 1961,
Gustav Heinemann nel 1972, Walter Scheel nel 1977, Karl Carstens nel 1982, Richard von Weizsäcker nel
1987, Roman Herzog nel 1995 e Johannes Rau nel 2000). Anche a livello governativo i contatti sono stati
intensi, come testimoniano le visite dei Cancellieri fed. Konrad Adenauer, Helmut Kohl e Gerhard Schröder.
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3.1.4 - La Germania come principale partner commerciale
Nel dopoguerra gli intensi rapporti commerciali tra la Svizzera e la G., bruscamente interrotti nel 1945,
dovettero essere riavviati su nuove basi. Nel 1946 la Svizzera sottoscrisse accordi relativi agli scambi
commerciali, alle transazioni finanziarie e ai trasporti con le potenze occupanti di ogni zona. Già l'annuncio del
Piano Marshall nel giugno del 1947, a cui partecipò anche la Svizzera, favorì una certa ripresa degli scambi;
decisiva fu però la riforma monetaria effettuata nelle tre zone occidentali (giugno 1948), che con il nuovo
marco ted. creò una valuta stabile. La politica economica della RFT di chiara impronta liberale, voluta in
particolare da Ludwig Erhard, creò anche i presupposti politici per la fioritura degli scambi bilaterali. Nel 1954
i due Paesi conclusero un accordo commerciale, decaduto solo nel 1977; da allora un comitato congiunto si
occupa della gestione degli affari correnti.
Già nei primi anni 1950-60, la RFT era tornata a essere come nell'anteguerra il principale partner commerciale
della Svizzera, che accusava un forte disavanzo negli scambi bilaterali. Tra i partner commerciali della RFT la
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Conf. oscillò tra il settimo e il nono posto; per anni essa ebbe un ruolo più importante del Giappone o
dell'Unione Sovietica. Nel 1957 la Svizzera importò merci dalla RFT per un valore superiore a 2 miliardi di frs.,
mentre le esportazioni verso quest'ultima ammontarono a 960 milioni di frs. La quota ted. sulle importazioni
totali della Svizzera salì dal 6% ca. nel 1948 a quasi il 34% nel 1990. Nel 2002, importazioni ed esportazioni
da e verso la G. sono risultate superiori risp. a 40 e 27 miliardi di frs. Forme di collaborazione di ogni genere,
acquisizioni, investimenti reciproci e fusioni tra imprese e gruppi dei due Paesi (come per esempio tra la
Bernese Assicurazioni, la Elvia e il gruppo assicurativo ted. Allianz) risultano all'ordine del giorno in tutti i
settori economici. Un ruolo importante in tal senso viene svolto dalla Camera di commercio G.-Svizzera con
sede a Zurigo (fondata nel 1912 a Ginevra come Camera di commercio ted. in Svizzera) e dall'Unione delle
imprese sviz. in G., costituita dopo la seconda guerra mondiale.
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3.1.5 - Flussi migratori
Le due guerre mondiali e la successiva divisione della G. ebbero forti ripercussioni sui flussi migratori. Nel
1910 risultavano domiciliati in Svizzera 219'530 Tedeschi; in seguito il loro numero scese a 134'561 nel 1930
e a 55'437 nel 1950. Nel 2000 vivevano in Svizzera 110'789 cittadini ted., due terzi dei quali nel circondario
del consolato generale di Zurigo. In assenza di un org. centrale, i Tedeschi in Svizzera si sono riuniti
prevalentemente in gruppi sciolti, costituiti in base a criteri quali la provenienza regionale o l'appartenenza a
una categoria professionale (per esempio il Circolo degli artisti ted. o il Club Neuchâtel nella Svizzera franc.).
In maniera analoga, anche gli Svizzeri residenti in G. sono diminuiti rispetto al periodo interbellico. Dopo il
1938 essi si sentirono abbandonati dalle proprie rappresentanze diplomatiche e dovettero spesso far fronte a
violente campagne antisviz.; il loro numero passò da 55'800 nel 1928 a 20'000 nel 1945. Molti tra coloro che
tornarono in patria provenivano dalla zona di occupazione sovietica. Nel 1956 erano ancora 18'000 gli Svizzeri
stabilmente residenti nella RFT. Nel 1948 i delegati delle ca. 40 ass. sviz. decisero di tenere ogni anno una
conferenza con la partecipazione dei risp. pres. Oggetto di tali conferenze furono temi di importanza cruciale
per gli Svizzeri in G. come l'AVS, le iniziali difficoltà di comunicazione con la Svizzera, la doppia imposizione e
la sicurezza sociale. In attesa della conclusione delle trattative con la RFT per un indennizzo delle vittime sviz.
della persecuzione nazionalsocialista sulla base dell'accordo di Washington, nel 1957 la Conf. con un decreto
fed. concesse un credito di 15 milioni di frs. come anticipo su tali risarcimenti. Un ulteriore problema fu
l'eccessivo invecchiamento della colonia elvetica in G., dovuto al fatto che nei primi anni del dopoguerra
furono pochissimi i giovani sviz. che emigrarono nella RFT. Solo nell'ultimo terzo del XX sec. l'emigrazione
riprese a salire; nel 1986 la colonia sviz. era composta da 48'000 persone, la metà delle quali in possesso
della doppia cittadinanza. Dopo la riunificazione ted. il numero degli Svizzeri residenti in G. è cresciuto
ulteriormente (67'728 nel 2000, di cui ca. il 60% in possesso della doppia cittadinanza).
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3.1.6 - Relazioni culturali
L'avvento del nazionalsocialismo ebbe ripercussioni di lungo periodo sulle relazioni culturali bilaterali, che in
un primo momento subirono una vera e propria rottura, e che anche in seguito alla caduta del regime non
raggiunsero più l'intensità degli anni precedenti al 1933. Soprattutto nella Svizzera ted. l'accento veniva
ormai posto più sulle differenze che sulle affinità, e anche la lingua costituiva più un elemento di divisione che
di unione.
Ciononostante, già nell'immediato dopoguerra ass. e istituzioni private, oltre a singoli intellettuali sviz.,
cercarono di sostenere la G. nella costruzione di un ordinamento sociale fondato sulla democrazia e sulla
libertà. Una parte degli artisti e intellettuali ted. rifugiatisi nella Conf. influenzò a sua volta la scena letteraria
e teatrale sviz. A partire dagli anni 1950-60 numerosi importanti scrittori, artisti, giornalisti e intellettuali
furono attivi in entrambi i Paesi. Solo il movimento del 1968 segnò però una svolta; la rivisitazione critica dei
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rapporti con il Terzo Reich avviata allora - e non ancora conclusa all'inizio del XXI sec. - favorì anche il
graduale superamento delle riserve nei confronti della G. Ciò è dimostrato ad esempio dal fatto che il numero
di professori ted. nelle Univ. sviz. crebbe nuovamente: nel 1995 il 20-25% dei professori ordinari nelle Univ. di
Zurigo, Basilea e Berna proveniva dalla G., e il 75% dei professori stranieri era di nazionalità ted. Questa
massiccia presenza non trova però riscontro nella Svizzera franc. Gli studenti sviz. iscritti nelle Univ. ted.
furono 1031 nel 1975, 1203 nel 1985 e 1626 nel 1995, mentre nel 1985 i Tedeschi immatricolati nelle Univ.
sviz. furono poco più di 2000, la maggior parte dei quali a Basilea, dove costituivano oltre la metà degli
studenti stranieri. Da alcuni decenni avvengono anche scambi di allievi tra la Svizzera franc. e la G.
Libri e giornali sviz. risultano ampiamente diffusi in G. e le opere di numeri autori sviz. vengono pubblicate da
case editrici ted. Analogamente anche la stampa ted., tra cui settimanali come Der Spiegel o Focus, è molto
letta in Svizzera. Scrittori quali Max Frisch, Friedrich Dürrenmatt o Peter Bichsel sono apprezzati in G. quanto i
loro predecessori del XIX sec. Gottfried Keller e Conrad Ferdinand Meyer, mentre gli autori della Svizzera
franc. sono rimasti sconosciuti. Anche musicisti (Arthur Honegger, Frank Martin), artisti (Alberto Giacometti,
Max Bill, Jean Tinguely) e studiosi (Carl Gustav Jung) sviz. hanno goduto di grande considerazione in G. Spesso
direttori d'orchestra ted. furono attivi per molti anni in Svizzera, come ad esempio Wolfgang Sawallisch e
Horst Stein, che diressero l'Orchestra della Svizzera romanda. La Pro Helvetia organizza manifestazioni per
promuovere la cultura sviz. in G. Oltre a questa fondazione, anche altre ass. e soc. incoraggiano gli scambi
culturali.
Nonostante la varietà dei rapporti tra i due Paesi, questi hanno sempre assunto un carattere ambivalente,
perché a causa del loro particolare dialetto, che traspare anche dalla lingua scritta, gli Svizzeri ted. si sono
sempre sentiti messi in secondo piano. Al di fuori delle élite culturali e intellettuali, manca la consapevolezza
di appartenere a un ambito culturale più vasto. Le riserve di molti Svizzeri ted. nei confronti dell'UE per certi
versi sono dovute anche alla paura di essere "assorbiti" dal più grande vicino germ.
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3.2 - Dopo la riunificazione
In seguito alla caduta del muro di Berlino (9.11.1989), che ha segnato una svolta nella storia ted., venne
sancita la riunificazione (3.10.1990). Il Consiglio fed. la interpretò come segnale della fine della spaccatura
politica dell'Europa. Dopo la decisione del parlamento ted. di trasferire il governo e le Camere a Berlino
(giugno 1991), il consolato generale sviz. situato nella futura capitale è stato trasformato in sede distaccata
dell'ambasciata specializzata nelle questioni culturali, mentre quest'ultima è stata mantenuta ancora a Bonn.
Nel 1991 è stato inaugurato un nuovo consolato generale a Dresda. Dal 2000 l'ambasciata sviz. è situata a
Berlino, nell'edificio restaurato che in passato aveva ospitato la legazione.
Mentre sul piano politico la G. ha mantenuto gli accordi precedentemente in vigore, in ambito culturale ed
economico si sono verificati cambiamenti significativi. L'attrattiva di Berlino quale centro per la letteratura, il
teatro, la musica e le arti figurative è aumentata ulteriormente. La G. riunificata ha attratto un numero
maggiore di studenti sviz., e parecchi Svizzeri hanno assunto cattedre nelle Univ. della ex RDT. In campo
economico la Conf. dopo la svolta del 1989/90 si è impegnata maggiormente sui mercati della G. orientale
rispetto alla maggior parte degli altri Paesi occidentali, compiendo ingenti investimenti. Nel corso della
privatizzazione gestita dalla Treuhandstelle, ca. 140 imprese sono passate in mano sviz.
Negli anni del dopoguerra, nella RFT la Svizzera è stata considerata un modello da seguire. Con il
rafforzamento della democrazia durante gli ultimi 50 anni, nella parte occidentale del Paese è cresciuta
l'autostima e la fiducia nelle proprie istituzioni. La riunificazione non ha compromesso né i legami tradizionali
della RFT, né gli accordi presi a livello europeo e atlantico. Malgrado le notevoli difficoltà originate
dall'aggregazione in tempi molto brevi dei nuovi Länder, la G. allargata ha mantenuto la sua netta
collocazione nel campo occidentale e i buoni rapporti di vicinato esistenti dal dopoguerra con la Svizzera. In
particolare, la G. ha sempre assunto un atteggiamento comprensivo nei confronti dei problemi derivanti alla
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Svizzera dal processo di unificazione europea. All'inizio del XXI sec. diversi contenziosi (emissioni foniche
dell'aeroporto di Kloten, traffico stradale di transito, il segreto bancario sviz. che agevola l'evasione fiscale)
hanno però turbato i rapporti amichevoli tra i due Stati.
Autrice/Autore: Jean-Jacques Langendorf, Alfred Cattani / mku
Riferimenti bibliografici
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