Anatomia e biomeccanica della spalla

Anatomia e biomeccanica della spalla
Anatomia ossea
L’articolazione Gleno-omerale è costituita dalla testa omerale e dalla superfice glenoidea
della scapola. (Fig1)
Fig.1: Anatomia ossea
dell’articolazione gleno
omerale
ESTREMITA’ PROSSIMALE OMERO
L’epifisi prossimale dell’omero (testa omerale) ha una forma rotondeggiante ed è costituita
da una porzione articolare mediale e da due tuberosità, una postero-laterale e l’altra
postero-mediale, separate da un solco intertuberositario.
Il confine tra la superficie articolare e le tuberosità è delimitato dal collo anatomico, il
quale appare ben distinto nel tratto antero-superiore, mentre, distalmente alle tuberosità,
il collo chirurgico separa la testa dalla diafisi omerale.
La porzione articolare rappresenta circa un terzo di sfera diretta medialmente,
superiormente e posteriormente.
La testa omerale appare infatti inclinata, rispetto all’asse diafisario di circa 130°-150°(1) e
retroversa di circa 25°-30° rispetto all’asse interepicondiloideo (2) con il braccio in
posizione anatomica (Fig.2).
1
2
Fig.2: Angolo della testa rispetto all’asse diafisario (1), retroversione della
testa rispetto all’asse interepicondiloideo (2).
Si è notato nel corso di studi anatomici estremi di retroversione di 18° e 40°(4).
La grande tuberosità (trochite) è posta postero-lateralmente.
Su di essa si riconoscono tre faccette su cui, dall’alto in basso, si inseriscono
rispettivamente i tendini dei muscoli sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo.
La piccola tuberosità (trochine) è posta antero-medialmente e su di essa si inserisce il
tendine del muscolo sottoscapolare.
Insieme al trochite, il trochine contribuisce a delimitare il solco bicipitale in cui decorrono il
tendine del capo lungo del bicipite brachiale e l’arteria arcuata (branca della circonflessa
omerale anteriore). Il solco bicipitale risulta 30° mediale rispetto ad una linea passante per
la diafisi omerale e il centro della testa omerale. (Fig.3).
SUPERFICE GLENOIDEA DELLA SCAPOLA
Fig.3
La cavità glenoidea (glena o glenoide) è unita al corpo della scapola mediante il collo
(Fig.4).
Ha una forma ovalare (a virgola rovesciata) ed è lievemente concava, per la presenza ai
due poli, superiore ed inferiore, di salienze ossee (tuberosità sovra e sotto-glenoidea).
(Fig.5)
Fig.5: Tipica forma a “virgola
rovesciata”; la linea
trasversale corrisponde al
limite epifisario.
Il tendine del capo lungo del bicipite brachiale si inserisce sulla tuberosità sovra-glenoidea.
Il cercine glenoideo, che si inserisce per gran parte dell’intera circonferenza glenoidea,
contribuisce ad aumentare la concavità della stessa. (Fig.6)
Fig.6: cercine glenoideo e
suo rapporto con il capo
lungo del bicipite)
Solitamente la glena presenta diametro verticale di circa 35 mm e diametro traverso di
circa 25 mm, nel 75% dei casi è retroversa di 7.4° e nei restanti 25% dei casi è antiversa
da 2° a 10° (sec. Saha (5)).
La superfice glenoidea è rivestita da cartilagine ialina il cui spessore risulta assai ridotto al
centro (macchia glenoidea), questo sarebbe determinato, secondo uno studio di
DePalma(6), da un forte attrito a questo livello con la testa omerale e in relazione all’età.
Le sue dimensioni sono inferiori a quelle della testa omerale, infatti la glenoide può
accogliere solo un terzo o un quarto della superficie articolare contrapposta.
Importanti per ben comprendere l’architettura e la funzionalità dell’articolazione glenoomerale sono altre due strutture ossee facenti parte della scapola: l’ACROMION e la
CORACOIDE.
L’acromion origina dall’estremità laterale della spina della scapola, ha una forma appiattita
ed un decorso da prima laterale e successivamente antero-laterale.
Si distinguono: una faccia superiore, a stretto contatto con la cute; una faccia inferiore
concava che costituisce la volta dell’articolazione gleno-omerale; un margine laterale su cui
si inseriscono i fasci medi del muscolo deltoide; un margine mediale dove è situata la
faccetta articolare acromiale per l’articolazione acromionclaveare.
Lo spessore medio dell’acromion è di 6.81 mm (estremi: 5-12 mm).
L’angolo di torsione è compreso tra 0° e 40°; quello d’inclinazione tra 20° e 70°(7) (Fig.7)
Fig.7: Anatomia
dell’Acromion
L’apofisi coracoide origina dall’estremità antero-superiore del collo della scapola e si
aggetta dapprima in alto ed in avanti e successivamente di lato, disponendosi quasi
orizzontalmente.
Sull’apice anteriore della coracoide si inseriscono i tendini congiunti (capo breve del
muscolo bicipite brachiale e coracobrachiale); più posteriormente, il legamento coracoomerale ed il coracoacromiale; medialmente, il tendine del piccolo pettorale;
superiormente i legamenti coraco-claveari (conoide e trapezoide) (Fig.8).
Fig.8: Coracoide ed
apparato legamentoso ad
Anatomia capsulare-legamentosa-tendinea
essa
inserito.risulta avere dimensioni
Poiché, come si accennava in precedenza, la cavità
glenoidea
ridotte e concavità non abbastanza capiente per contenere la testa omerale, risulta molto
importante per garantire la stabilità dell’articolazione stessa l’associazione con una
struttura capsulo-legamentosa e tendinea.
Fig. :Apparato capsulo-legamentoso-tendineo della spalla
LA CAPSULA ARTICOLARE
La capsula articolare ha una forma tronco conica (Fig.).
Fig. : Capsula
articolare
La base (lato omerale) si inserisce anteriormente e superiormente sul labbro esterno del
collo anatomico, al limite ed in prossimità della cartilagine articolare; più inferiormente,
l’inserzione si discosta dalla cartilagine per giungere in prossimità del collo chirurgico.
Quando l’arto è in posizione anatomica, la porzione inferiore della capsula è ridondante e
lassa (tasca ascellare)(8).
Sul lato glenoideo, la capsula si inserisce sul collo della scapola e successivamente si
riflette su se stessa per arrivare al margine esterno del cercine.
Superiormente, l’inserzione avviene alla base del tubercolo sopra-glenoideo, a ridosso del
capo lungo del bicipite.
La faccia interna della capsula articolare è formata da una sottile membrana sinoviale, la
quale forma anche la guaina del bicipite nel suo tragitto intracapsulare.
Per tale motivo, il dolore durante un processo infiammatorio intraarticolare si irradia lungo
il decorso del tendine bicipitale.
Superficialmente la capsula contrae rapporti con la faccia “articolare” dei tendini della
cuffia dei rotatori (di cui si parlerà in seguito).
LEGAMENTI GLENO-OMERALI
Fig. : Legamenti
G-O e loro
rapporto con i
tendini della
cuffia dei
rotatori
I legamenti gleno-omerali sono un rinforzo della capsula articolare e vengono considerati
degli stabilizzatori statici dell’articolazione gleno-omerale.
Si distinguono tre legamenti: il gleno-omerale superiore, quello medio e quello inferiore,
ulteriormente distinto in una banda anteriore ed una posteriore.
Il legamento gleno-omerale superiore (LGOS) trae origine appena anteriormente all’ancora
bicipitale, assume un decorso obliquo laterale, disponendosi medialmente al tendine
bicipitale e si inserisce nella fovea capitis, appena superiormente al trochine.
Il LGOS è teso solo durante l’adduzione dell’arto, esso non oppone nessuna resistenza alla
traslazione anteriore dell’omero, ma è, invece, il principale stabilizzatore durante la
traslazione inferiore dell’omero a braccio addotto.(9)
Il legamento gleno-omerale medio (LGOM) è quello con una maggiore variabilità
inserzionale e morfologica ( nel 20% dei casi risulta assente(6)).
Origina dal cercine o dal margine glenoideo, appena inferiormente all’inserzione del LGOS
e termina sull’estremità mediale del trochine, confondendosi con il tendine del
sottoscapolare.
Il decorso dei LGOS e LGOM delimita un’area triangolare detta “forame di Weithbrecht”.
Al LGOM è stato attribuito il compito di limitare la traslazione anteriore della testa omerale
e la rotazione esterna durante l’arco di movimento di abduzione compreso tra 0° e 45°(6).
Il legamento gleno-omerale inferiore (LGOI) risulta il più robusto e di dimensioni maggiori.
E’ costituito da una banda anteriore ed una posteriore che originano, rispettivamente, dal
margine anteroinferiore e posteroinferiore del cercine e bordo glenoideo e terminano tra il
limite inferiore del collo anatomico e quello superiore del collo chirurgico dell’omero(6) .
Queste due bande delimitano la così detta “tasca ascellare” ovvero la ridondanza inferiore
della capsula articolare.
Con l’arto abdotto ed extraruotato, la banda anteriore si tende e la tasca ascellare riduce il
suo volume.
Durante i primi gradi di elevazione anteriore della spalla, la banda posteriore si tende a
contrastare la traslazione anteriore della testa dell’omero.
TENDINI DELLA “CUFFIA DEI ROTATORI”
Fig. :
Muscoli
della
cuffia dei
rotatori
Trattando l’articolazione della spalla non si può non accennare alla “Cuffia dei rotatori”.
Questa è costituita dei tendini dei muscoli sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e
sottoscapolare.
I primi tre si inseriscono sul trochite ed hanno funzione di extrarotatori mentre l’ultimo, si
inserisce sul trochine ed ha funzione di intrarotatore.
Oltre a ruotare l’omero rispetto alla scapola, questi tendini stabilizzano la testa omerale
contro la glena (effetto compressione, stabilizzazione dinamica) e sono coinvolti nel
“meccanismo di bilanciamento muscolare”(10). (Fig.)
Fig. : I muscoli della cuffia dei rotatori
centrano e stabilizzano la testa omerale
all’interno della cavità glenoidea. A: visione
anteriore; B: visione superiore.
Neuroanatomia
Neuroanatomia
La spalla è innervata da strutture che originano dal plesso brachiale(11).(Fig.)
Fig. : Plesso
brachiale
Questo origina dai rami anteriori dei nervi cervicali (da C5 a C8) e dal primo nervo toracico
(D1).
I rami anteriori di C5 e C6 formano il tronco primario superiore, quelli di C8 e D1 il tronco
primario inferiore, mentre la sola radice di C7 continua come tronco primario medio.
Ciascun tronco primario si divide a sua volta in un ramo anteriore ed uno posteriore
destinati, rispettivamente, alle parti volari e dorsali dell’arto superiore.
Tutti i rami posteriori confluiscono nel tronco secondario posteriore del plesso, i rami
anteriori dei tronchi superiore e medio formano il tronco secondario laterale, mentre il
tronco secondario mediale è la continuazione del ramo anteriore del tronco primario
inferiore.
Dalla fusione di rami di divisione dei tronchi secondari si ottengono i nervi terminali: il
nervo mediano (dal primo ramo del tronco sec. laterale e dal primo del mediale), il nervo
muscolocutaneo ( dal secondo ramo del tronco sec. laterale), il nervo ulnare (dal secondo
ramo del mediale), i nervi ascellare e radiale (dalla divisione del tronco secondario
posteriore). (Fig.)
Fig. : Decorso del N.soprascapolare ed ascellare. Visione anteriore A; visione
posteriore B.
Altre strutture nervose importanti nella clinica e chirurgia della spalla sono rami che
originano direttamente dalle radici e dai tronchi.
Si ricordano: il nervo soprascapolare (C5-C6) che attraversa l’incisura della scapola e va ad
innervare il muscolo sovraspinoso e sottospinoso e l’articolazione gleno-omerale(11); i nervi
sottoscapolari (superiore, medio, inferiore) che innervano i muscoli sottoscapolare, grande
dorsale e grande rotondo; il nervo ascellare che innerva la porzione inferiore della capsula
articolare, il muscolo deltoide (dopo aver contornato il collo chirurgico dell’omero a 5-7 cm
da margine laterale dell’acromion), il piccolo rotondo e la regione cutanea deltoidea.
Anatomia vascolare
ARTERIE
L’apporto vascolare alla spalla è fornito prevalentemente dall’arteria ascellare e dai suoi
rami. (Fig.)
Fig. : principali arterie della spalla
Topograficamente quest’arteria viene suddivisa in tre parti, quella superiore al tendine del
piccolo pettorale, quella in corrispondenza e quella inferiore al tendine.
Da quest’ultima parte nascono i rami fondamentali per la vascolarizzazione
dell’articolazione gleno-omerale: l’arteria sottoscapolare, la circonflessa posteriore ed
anteriore dell’omero.
L’arteria sottoscapolare decorre lungo il margine ascellare del muscolo sottoscapolare e
vascolarizza il muscolo stesso, il grande rotondo ed il dentato anteriore.
La circonflessa posteriore anastomizzandosi con la circonflessa anteriore “abbraccia”
l’omero a livello del collo chirurgico ed emette rami per il trochite, deltoide, articolazione
gleno-omerale, rete acromiale, tendine bicipitale, testa omerale e tendine sovraspinoso(12).
VENE
Le vene dell’arto superiore accompagnano le omonime arterie, tuttavia per ogni arteria
esistono una o più vene (vene comunicanti).
Delle due vene brachiale, la più laterale incrocia l’arteria in corrispondenza del margine
inferiore dei muscoli grande rotondo e sottoscapolare per unirsi alla vena mediale.
In quest’ultima sfocia anche la vena basilica, l’unione di queste tre vene da origine alla
vena ascellare.
Le vene che affluiscono alla ascellare sono quelle dei corrispondenti rami arteriosi.
Importante, poiché direttamente interessata durante l’accesso chirurgico alla spalla, è la
vena cefalica la quale attraversa il solco deltoideopettorale e penetra nella vena ascellare
dopo aver attraversato la membrana costocoracoidea.
“ BIOMECCANICA”
L’articolazione gleno-omerale risulta essere la più mobile di tutte le articolazioni del corpo
umano.
Possiede tre gradi di libertà, che permettono l’orientamento dell’arto superiore in rapporto
ai tre piani dello spazio, grazie ai suoi assi principali: trasversale, sagittale e longitudinale.
Fondamentale, ovviamente, per la mobilità articolare, è l’apporto della muscolatura che
viene qui di seguito sintetizzata.
Trapezio
Gran
romboide
ORIGINE
Osso
occipitale,
legamento
nucale,processo
spinoso e vertebre
toraciche
Processi spinosi (T2T5)
INSERZIONE
Clavicola
Scapola
Margine
mediale
scapola
Processi spinosi (C7- Margine
Piccolo
T1)
mediale
romboide
scapola
Gran dorsale Processi spinosi (T6- Omero (solco
T12), fascia toraco- bicipitale)
lombare, cresta iliaca,
coste
(IX-XII)
Processi
traversi(C1- Margine
Elevatore
mediale
della scapola C4)
scapola
Clavicola,
sterno, Omero (solco
Gran
cartilagine costale (I- bicipitale)
pettorale
VII)
Coste
Scapola
Piccolo
(III-IV-V)
(processo
pettorale
coracoideo)
Coste
Scapola
Dentato
(I-VIII-IX-X)
anteriore
Succlavio
I costa
Clavicola
INNERVAZIONE
FUNZIONE
N. accessorio e fibre Fissazione
ed
(C3-C4)
elevazione della
scapola
N.
dorsale
della Adesione della
scapola (C4-C5)
scapola
al
torace
N.
dorsale
della Adesione della
scapola (C4-C5)
scapola
al
torace
N. toracico dorsale Adduzione,
(C6-C8)
retroversione
rotazione
interna
N.
dorsale
della Fissazione
ed
scapola (C3-C5)
elevazione
scapola
Nn. pettorali laterale e Adduzione
e
mediale (C5-T1)
rotazione
interna
Nn. pettorali laterale e Abbassamento
mediale (C6-C8)
e
rotazione
della scapola
N. toracico lungo (C5- Adesione
al
C7)
torace
e
rotazione
esterna
della
scapola
N. succlavio
Stabilizzazione
(C5-C6)
della clavicola
Deltoide
Clavicola scapola
Omero
(tuberosità
deltoidea)
Sotto
scapolare
Fossa scapolare
Omero
(trochine)
Sovra
spinato
Fossa sovraspinata
Omero
(trochite)
Sotto
spinato
Piccolo
rotondo
Gran
rotondo
Fossa sottospinata
Omero
(trochite)
Abduzione, anti
e retroversione,
rotazione
interna
ed
esterna
N. sottoscapolare (C5- Adduzione,
C6)
rotazione
interna
N.
soprascapolare Abduzione,
(C5-C6)
rotazione
esterna
N.
soprascapolare Rotazione
(C5-C6)
esterna
Scapola
Omero
(trochite)
N. ascellare
(C5-C6)
Scapola
Bicipite
brachiale
Scapola
Coracobrachiale
Tricipite
Scapola
Omero (solco N. sottoscapolare (C6- Adduzione,
bicipitale)
C7)
rotazione
interna
Radio
N.
muscolo-cutaneo Flessione,
(tuberosità
(C5-C6)
supinazione
bicipitale)
antiversione
della spalla
Omero (dialisi) N.
muscolo-cutaneo Antiversione
(C5-C6)
Scapola omero
Ulna
(olecrano)
N. ascellare
(C5-C6)
N. radiale (C6-C8)
Rotazione
esterna
Estensione
Tabella I, I muscoli della spalla (13)
I movimenti che la spalla può compiere sono:
 Flessione-estensione
 Abduzione+elevazione latero-mediale
 Adduzione erotazione interna ed esterna
(14)
FLESSIONE
(Fig.)
Tale movimento, detto anche anteposizione, è necessario per spostare l’arto superiore in
avanti ed in alto.
Si attua sul piano sagittale e sull’asse traverso.
Si articola in tre fasi: prima fase da 0° a 60°; seconda fase da 60° a 120°; terza fase da
120° a 180°.
Nella prima fase lavorano il fascio anteriore del muscolo deltoide, il fascio anteriore del
grande pettorale, il bicipite brachiale ed il coraco-brachiale.
Nella seconda fase intervengono il muscolo trapezio e il gran dentato.
Nella terza ed ultima fase, lavora il rachide andando in iperlordosi.
e
ESTENSIONE
(Fig.)
L’estensione, o retropulsione, è il movimento che consente di spostare all’indietro ed in
alto l’arto superiore.
Si attua sul piano sagittale e sull’asse traverso.
I muscoli coinvolti sono: il muscolo gran rotondo, il gran dorsale, il capo lungo del tricipite
ed il deltoide.
Per permettere tale movimento la scapola viene nel contempo fissata ed addotta da parte
dei muscoli romboidei e dal fascio medio del trapezio.
ABDUZIONE + ELEVAZIONE LATERO-MEDIALE
(Fig.)
L’abduzione è il movimento che allontana l’arto superiore dal troco.
E’ eseguito sul piano frontale, attorno all’asse sagittale.
I muscoli che in ordine temporale attuano l’abduzione sono: muscolo sovraspinato,
deltoide (fasci mediali sec. Fick (1911)), dentato anteriore e trapezio.
Si oppongono all’abduzione i muscoli adduttori ed i legamenti gleno-omerali.
L’abduzione è un movimento assai complesso che si articola in tre fasi contraddistinte:
abduzione vera da 0° a 90°, abduzione spuria o elevazione latero-mediale da 90° a 150° e
da 150° a 180°.
I muscoli motori delle tre fasi sono rispettivamente: muscoli sovraspinato, deltoide,
dentato anteriore e trapezio per la prima fase; muscoli grande dentato e fasci anteriori del
trapezio per la seconda fase; muscoli deltoide, sovraspinato trapezio e grande dentato per
la terza.
Per realizzarsi, l’abduzione necessita che il trochite omerale passi sotto il legamento
coraco-acromiale e che ciò avvenga senza compressione dei tessuti interposti.
Ciò è possibile solo se si ha una perfetta coordinazione muscolare, una sufficiente
cedevolezza dei tessuti molli ed un normale meccanismo di rotazione dell’omero.
Dal punto di vista muscolare l’abduzione risulta dipendere da un perfetto sinergismo tra
muscolo deltoide e cuffia dei rotatori: il deltoide innalza l’omero sospingendone l’epifisi
prossimale contro il legamento coraco-acromiale mentre la cuffia dei rotatori fissa la stessa
contro la glena ed, in seguito, la fa ruotare e scivolare caudalmente permettendo il
proseguimento del movimento.
In particolare il muscolo sovraspinato traziona ed ancora la testa omerale nella fossa
glenoidea, il muscoli sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo fissano la testa, la
fanno ruotare ed abbassare, permettendole così di sfuggire all’impatto con il legamento
coraco-acromiale.
Inoltre,fondamentale per la stabilità della spalla durante questo movimento, è il
basculamento della scapola che modifica i rapporti tra testa omerale e glena e l’elevazione
della clavicola permessa dall’articolazione sterno-claveare.(14)
ADDUZIONE
(Fig.)
L’adduzione è il movimento che permette di avvicinare l’arto superiore al tronco.
Può essere assoluta o relativa; è detta relativa quando il movimento parte da una
qualsiasi posizione di abduzione, mentre è detta vera o assoluta, quella che si verifica
quando si parte dalla posizione neutra, cioè con l’arto rilasciato lungo il tronco.
I muscoli che intervengono in tale movimento sono: grande pettorale, capo lungo del
bicipite, gran rotondo, gran dorsale e capo breve del muscolo bicipite.
ROTAZIONE INTERNA ED ESTERNA
(Fig.)
La rotazione interna si effettua con i muscoli gran dorsale, gran rotondo, gran pettorale e
sottoscapolare, mentre quella esterna con i muscoli sottospinoso e piccolo rotondo.
Questi ultimi sono muscoli deboli, pertanto vengono coadiuvati dai muscoli romboide e
trapezio che adducono la scapola aumentandone la rotazione.
E’ importante nella valutazione clinica della spalla ricordarne il fisiologico atteggiamento in
rotazione interna.