Di me e della mia pittura, Massimo Campigli Quando faccio figure abbinate e somiglianti tra loro ottengo come risultato che l’occhio è indotto ad andare e tornare da una figura all’altra per confrontarle. E ottengo anche questo: ciò che in una figura poteva sembrare casuale, ripetuto, acquista d’importanza e si comprende che ha la sua ragion d’essere. L’andirivieni dell’occhio come un pendolo: vorrei che coi miei quadri si potessi convivere in pace come con un lento pendolo silenzioso. È nello spirito del cubismo tutto questo? Perché no. Ma a me viene dal cubismo? C’era più Egitto che cubismo nelle mie pitture. D’altronde fu il cubismo a mandarmi al Louvre. E il mio uso piacevole e magari sapiente della geometria in fondo non è che mestiere, buon mestiere, non è l’essenziale