L`altare di Pergamo

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Liceo Classico P. Colletta
Via Scandone, 2 Avellino
RELAZIONE
STORIA DELL’ARTE
“L’ALTARE DI PERGAMO”
a.s. 2011/2012
Docente: Prof. Pino Bartoli
Alunna: Simona Sica
classe: Ia sezione: E
L’altare di Pergamo
A Pergamo c’è un grande altare marmoreo,
alto quaranta piedi, con statue notevoli, e
interamente circondato da una battaglia di
giganti….(Lucio Ampelio, Liber memorialis, 8, 14)
Nell’ antica città di Pergamo fu realizzato uno dei monumenti più conosciuti e forse più
visitati al mondo: il grande altare di Pergamo, dedicato al dio più importante di tutti,
Zeus, e ad Atena. A decidere di far costruire e poi dedicare l’ altare al grande dio fu il re
Eumene II, in seguito alla sua vittoria sui Galati nell’ anno 166 a. C. I lavori di
costruzione iniziarono intorno al 200 a. C., quando regnava ancora il promotore del
progetto, Eumene II appunto, e furono completati durante il regno di Attalo II, suo
fratello nonché suo successore.
L’ altare era composto da un recinto di forma quadrangolare, esternamente fasciato e
abbellito da un colonnato disposto a forma di U. Al colonnato vi si accedeva tramite una
grande scalinata, al centro di esso. Nella parte più alta si sviluppava un doppio porticato,
caratterizzato da colonne ioniche. La prima fila di colonne presentava nella sua parte
posteriore un fregio continuo con la riproduzione delle avventure di Telefo, il celebre
figlio dell’ eroe Ercole. Splendide e raffinate sculture ornavano e abbellivano i margini
della scalinata posta al centro del colonnato e la parte laterale dello zoccolo. Il
complesso di queste sculture raffiguravano delle scene di gigantomachia. Il vero e
proprio fregio dell’ altare raggiungeva una lunghezza di circa centodieci metri e
traduceva in forma scultorea diversi episodi. Durante le invasioni barbariche fu distrutto
l’ altare, ma degli archeologi tedeschi tentarono di ricostruirlo ed attualmente è possibile
ammirarlo al Museo di Pergamo, a Berlino.
Pergamo, dettaglio del plastico dell’acropoli. Berlino, Pergamonmuseum
Il fregio con Gigantomachia
Fu scolpito su lastre alte 2,28 m e larghe 0,70/1,00 m. Si svolge per circa 113 m. Esposto
alla luce ha un aggetto notevole: le figure emergono dal contrasto luce ombra. Il
principio della composizione del fregio richiama la simultaneità dell’azione: i
protagonisti delle battaglie compaiono una sola volta.
Sul campo le iscrizioni, in parte perdute, aiutano a riconoscere i protagonisti del
racconto: quelle degli dei sono incise nella cornice in alto, sullo zoccolo sono quelle dei
giganti, solo il nome di Ghe è inciso sul campo. Altre iscrizioni ricordano i nomi di
alcuni scultori: Dionysiades, Menekrates, Melanippos, Orestes, Theorrhetos, Tauriskos
di Tralles, quest’ ultimo autore di un settore dei rilievi (se non forse architetto ed
ideatore della struttura stessa dell’altare secondo un’ipotesi di von Salis discussa).
Secondo l’ipotesi di Bernard Andreae i fregi e l’altare dovrebbero essere attribuiti allo
scultore Firomaco.
Il mito
I Giganti sono figli di Ge e di Urano. Benchè di origine divina sono mortali o possono
essere uccisi, a condizione di esserlo contemporaneamente da un dio e da un mortale. La
leggenda dei Giganti è dominata dalla storia del loro combattimento contro gli dei e
dalla loro disfatta. Sono nati da Ge, la Terra, per vendicare i Titani che Zeus aveva
chiuso nel Tartaro. Sono esseri enormi, di forza invincibile e di aspetto terribile, con
folta capigliatura, barba irsuta, gambe serpentiformi. Appena nati, minacciarono
l’Olimpo scagliando contro esso alberi infuocati. Davanti a questa minaccia, gli Olimpici
si preparavano al combattimento. Accanto a Zeus ed Atena, protagonisti del
combattimento, c’è l’eroe Eracle, fondamentale in quanto mortale per soddisfare la
condizione imposta dai Destini alla morte dei Giganti.
Atena e Alcioneo. La dea è incoronata da Nike
alla presenza di Ge, in basso, supplice.
Atena
Nella mitologia greca, Atena, figlia di Zeus e della sua prima moglie Metide, era la dea
della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e,
presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra, mentre la violenza e la crudeltà
rientravano nel dominio di Ares. La sapienza rappresentata da Atena comprende le
conoscenze tecniche usate nella tessitura e nell'arte di lavorare i metalli. I suoi simboli
sacri erano la civetta e l'ulivo. In tempo di pace gli uomini la veneravano poiché a lei
erano dovute le invenzioni di tecnologie agricole, navali e tessili, mentre in tempo di
guerra, fra coloro che la invocavano, aiutava solo chi combatteva con l'astuzia (Metis)
propria di personaggi come Odisseo. Atena ha sempre con sé la sua civetta, o nottola,
indossa una corazza, realizzata con la pelle della capra Amaltea, chiamata Egida (per
alcuni storici l'Egida è in realtà uno scudo) donatale dal padre Zeus, ed è spesso
accompagnata dalla dea della vittoria Nike. Quasi sempre viene rappresentata mentre
porta un elmo ed uno scudo cui è appesa la testa della Gorgone Medusa, dono votivo di
Perseo. Atena è una dea guerriera e armata: nella mitologia greca appare come
protettrice di eroi quali Eracle, Giasone e Odisseo. Non ebbe mai alcun marito o amante,
e per questo era conosciuta come Athena Parthenos (la vergine Atena); da questo
appellativo deriva il nome del più famoso tempio a lei dedicato, il Partenone
sull'acropoli di Atene. Dato il suo ruolo di protettrice di questa città, è stata venerata in
tutto il mondo greco anche come Athena Polis (Atena della città). Il suo rapporto con
Atene era davvero speciale, come dimostra chiaramente la somiglianza tra il suo nome e
quello della città. Il culto della dea Atena nell'area Egea risale probabilmente ad epoche
preistoriche. Si sono trovate prove del fatto che nell'antichità Atena fosse vista essa
stessa come una civetta, o comunque si trattasse di una Dea-uccello: nel terzo libro
dell'Odissea assume la forma di un'aquila di mare. La sua egida decorata potrebbe
rappresentare ciò che rimane delle ali di cui era dotata, dal momento che sulle
decorazioni di antichi vasi in quel modo viene ritratta.
Alcioneo
Alcioneo fu il capo dei Giganti che mossero guerra a Zeus. Egli sostenne la parte
principale nella lotta fra i Giganti e gli dei, che si svolse nei Campi Flegrei. Alcioneo
non poteva essere ucciso finché avesse combattuto sulla terra dove era nato. Infatti,
colpito da una freccia scagliata da Eracle, cadde al suolo e subito si rialzò, redivivo,
poiché quella era la sua terra natale di Flegra in Tracia. "Presto, nobile Eracle!" gridò
Atena, "portalo in un'altra regione!" Eracle si caricò Alcioneo sulle spalle e lo portò oltre
il confine della Tracia. Alcioneo che si era impossessato dell'istmo di Corinto, fece
rotolare un pezzo di roccia sull'esercito di nuovo riunitosi al seguito di Eracle, sfasciando
dodici cocchi e uccidendo un numero doppio di uomini. Scagliata la prima roccia ne
afferrò un'altra e la scagliò contro Eracle che la rimandò indietro con un colpo della sua
clava e uccise il Gigante; quella roccia ancora si vede sull'istmo. Le figlie di Alcioneo, le
Alcionidi, addolorate per la morte del loro padre, si gettarono in mare e furono mutate in
uccelli (gli alcioni).
Nike
Nike o Nice è un personaggio della mitologia greca, personificazione della vittoria, che è
per l'appunto la traduzione del termine greco νίκη: viene raffigurata come una donna con
le ali, fatto da cui le derivano gli appellativi di Vittoria Alata e di Dea Alata della
Vittoria. È figlia del titano Pallante e della ninfa Stige e sorella di Cratos (Potenza), Bia
(Forza) e Zelos (Ardore). Secondo la mitologia classica, Stige portò i suoi quattro figli
da Zeus quando quest'ultimo stava raggruppando gli alleati per la Guerra contro i Titani:
Zeus nominò Nike condottiera del suo carro divino, ruolo in cui viene spesso ritratta
nell'arte classica greca e nominò tutti e quattro sentinelle del suo trono. La maggior parte
delle altre divinità alate aveva perso le ali prima di giungere al periodo classico greco. È
strettamente connessa ad Atena ed è una delle figure più ricorrenti sulle antiche monete
greche.
Gea
Gea o Gaia era la dea che personificava la Terra, madre di tutti gli esseri, una delle
identità della Grande Madre. Esiodo la indica come sorta dal Caos, dando vita alle forze
naturali del mondo: mari, montagne e cielo (Urano). Unendosi a Urano generò sei Titani
e sei Titanidi, seguiti dai Ciclopi e dagli Ecatonchiri. Con il fratello, Tartaro, diede vita
all'orrenda figura di Tifone. Crono si rivoltò contro il padre e si alleò con Gea,
infliggendogli la mutilazione dei genitali. Dal sangue che ne sgorgò, nacque una nuova
generazione di mostri: nacquero i Giganti, le Erinni e Afrodite (nata dalla spuma del
mare dove erano precipitati gli organi maschili di Urano). Gea e i suoi figli non si
opposero solo ad Urano, ma anche agli Dei, simboleggiando l'ira della Terra per le
offese compiute contro di essa. L'antica Grecia traeva il suo sostentamento
dall'agricoltura, ogni appezzamento di terra coltivata e resa fertile si vedeva attribuire un
potere magico, da cui derivava il culto per la Madre Terra. Per questo motivo, Gea fu la
prima dispensatrice di oracoli. Quando Apollo volle costituire il proprio oracolo a Delfi,
fu costretto ad uccidere l'emblema di Gea, il serpente, che egli voleva soppiantare. Nelle
opere omeriche, Gea viene presa a testimone dei giuramenti: a lei non può sfuggire nulla
di quanto accada sulla terra.
La Madre Terra fu divinità iniziale per moltissime culture. Per rappresentare il ciclo
stagionale la dea, rigorosamente vergine, partoriva una figlia o un figlio simboli della
vegetazione (v. Cerere e Core, Demetra e Persefone, Cibele e Attis, Ishtar e Tammuz...).
Alla morte del figlio la dea scendeva nell'Ade a recuperarlo per riportarlo in superficie.
Quando la dea era negli inferi la natura, uomini e animali compresi, non dava più frutto,
per rinnovarsi poi in primavera con il ritorno della dea e la sua prole. Il mito
simboleggiava il ciclo della natura ma anche le fasi lunari, nonché quella discesa nel
buio del mondo interiore che fu alla base dei Sacri Misteri
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