PREMESSO CHE Con atto di citazione notificato il 4.7.2012 al PM in

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PREMESSO CHE
Con atto di citazione notificato il 4.7.2012 al PM in Sede ed a MILANO
RISTORAZIONE SPA (MI.RI), il CODACONS - in forza di procura rilasciata dai
sigg.ri Alessandro Vittore Caramellino e Maria de los Dolores Villarubia Guisa, nella
loro qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sulle figlie minorenni Chiara e
Sofia Caramellino (rispettivamente di anni 10 e 8) - ha domandato che venisse accertata
la violazione e/o inadempimento da parte della società MILANO RISTORAZIONE
S.P.A. (MI.RI) al contratto prodotto sub doc. 5 (stipulato fra la società convenuta ed il
Comune di Milano), avente ad oggetto l’affidamento della “gestione, con diritto di
esclusiva, del Servizio di Refezione Scolastica per le scuole pubbliche materne,
elementari, medie e asili nido siti nel territorio del comune di Milano” (art.1 contratto),
lì dove il servizio “ha ad oggetto la fornitura, comprensiva delle varie fasi
dell’acquisto, produzione diretta, confezionamento, distribuzione (ad eccezione delle
scuole materne e degli asili nido) dei pasti necessari per il Servizio Mensa scolastica”
e comprende “il riassetto, la pulizia e la sanificazione dei refettori” . CODACONS ha
precisato che nel contratto COMUNE-MI.RI è previsto che la Società si impegni a
gestire il Servizio nel rispetto delle leggi e regolamenti vigenti e nel rispetto della
CARTA dei SERVIZI (ALL.A) e degli allegati al contratto stesso (art.1).
L’attore ha lamentato:
A)
la vessatorietà della clausola contrattuale che contiene la previsione in forza
della quale gli utenti devono corrispondere, all’inizio di ogni anno, una quota di
contribuzione annuale forfetariamente prestabilita pari ad un importo predeterminato in
ragione della tipologia di scuola frequentata dall’alunno e della fascia I.S.E.E. di
appartenenza del nucleo familiare del medesimo (contenuta nel modulo prestampato
esplicativo delle modalità di iscrizione al servizio di refezione predisposto dalla
convenuta, prodotto da CODACONS per l’anno scolastico 2012/2013 sub doc. n. 6 e
denominato "modulo" di iscrizione -reperibile in internet-, iscrizione che i genitori
richiedono contestualmente all'ingresso del figlio alla scuola primaria e che rimane
valida sino alla scuola secondaria di 2° grado).
Per effetto di tale previsione negoziale, il numero di assenze scolastiche nel corso
dell’anno non inciderebbe nella determinazione della detta quota e pertanto, nell'ipotesi
di mancata fruizione di uno o più pasti giornalieri (assenze dello scolaro, scioperi,
assemblee, nevicate, et cetera) non vi sarebbe la previsione di alcun rimborso in favore
dell’utente, stante la sopra riferita predeterminazione della somma annuale a carico
dell’alunno. Parte attrice, richiamata la clausola presente nel contratto COMUNE-MI.RI
(erroneamente indicata nella clausola n.11, essendo in realtà la n.12, cfr.doc.5)
rappresenta che vi sarebbe “un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
derivanti dal contratto” in particolare perché, mentre l’utente è obbligato a pagare la
retta mensile fissa, il costo del servizio sopportato da MI.RI è invece effettivo in quanto
la società riceve ogni mattina via fax dalle scuole di Milano il numero esatto dei pasti da
servire agli utenti presenti: un tale “risparmio” di costi non è consentito agli utenti (sotto
forma di pagamento dei soli pasti consumati).
1
L’attore ha concluso sul punto chiedendo:
1) l’accertamento e dichiarazione della natura vessatoria della clausola n.11 del
contratto COMUNE-MI.RI e la condanna della convenuta al risarcimento del danno
patrimoniale sofferto dagli utenti, pari alla “somma corrisposta dai genitori per un
servizio di somministrazione non goduto”.
B)
l’inesatto adempimento da parte della convenuta nell’espletamento del
servizio commissionatole dal Comune, ciò anche in violazione della Carta dei Servizi
allegata al contratto stesso, deducendo in particolare:
> l’assenza delle condizioni igieniche degli “spazi” gestiti dalla convenuta per la
fornitura del servizio mensa (in ragione, per esempio, della presenza di insetti);
> la mancanza di qualità dei prodotti, nonché le cattive condizioni di conservazione
degli alimenti stessi e le cattive condizioni igienico-sanitarie e di temperatura delle
pietanze servite (l’attore riferisce che in alcune occasioni sarebbero stati rinvenuti cibi
contaminati o cibi avariati –p. 19 e ss citazione);
> il mancato rispetto, quanto ai prodotti somministrati, degli standards qualitativi e
delle prescrizioni previsti sia nel contratto che nell’allegata “Tabella Prodotti” (doc.9)
che nella Carta dei Servizi all.A al contratto, nonché la violazione delle linee di
indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica -sub doc.21- e così a mero titolo
esemplificativo: prodotti non certificati come OGM free; provenienza extra UE dei
prodotti utilizzati per i pasti; assenza di prodotti bio; somministrazione di cibi non
previsti in menù o difformi quali per esempio carni macinate, con conservanti o
surgelate, pesce macinato e ricomposto, pizza, formaggio non identificabile; arbitraria
sostituzione di alcune tipologie di alimenti –gelato al posto del budino-;
> non conforme grammatura delle porzioni servite agli alunni;
> utilizzo di contenitori di plastica, anche ad elevate temperature, con emanazione di
gas e fumi e dunque effetti nocivi per la salute.
Singoli episodi (elencati alle pagg.47-48 della citazione) riferiti da CODACONS
sarebbero tutti dimostrati dalle “schede di valutazione delle commissioni mensa” (tutte
riferite al periodo compreso tra ottobre 2008:doc.12- e giugno 2010:doc.16-) ed
avrebbero avuto eco giornalistica, come da articoli di stampa prodotti (docc.7 e 8).
Esposti i motivi in diritto per potersi ravvisare legittimazione attiva, omogeneità delle
posizioni giuridiche soggettive degli appartenenti alla classe degli utenti del servizio
mensa, ammissibilità e manifesta fondatezza dell’azione di classe ex art.140 bis lett.a)
Cod.Cons., avanzata quale unica richiesta istruttoria istanza ex art.210 cpc (avente ad
oggetto in particolare i contratti tra Mi.RI ed i suoi fornitori, a pag.63 citaz.), l’attore ha
concluso domandando:
1)
accertarsi e dichiararsi l’inadempimento di MI.RI al contratto intercorso con
COMUNE MILANO;
2
2)
3)
ordinarsi a MI.RI di porre rimedio alle violazioni contrattuali e di adeguare il
servizio di refezione scolastica affidatole da COMUNE MILANO ai dettami
della normativa di settore, attraverso eliminazione di alcune tipologie di prodotti,
introduzione di alcuni prodotti bio, somministrazione con maggior frequenza di
altri, utilizzo di sola plastica per microonde nonché, in generale, ordinarsi alla
convenuta di cessare dalle condotte lamentate e di ottemperare alle prescrizioni
assunte in forza del contratto de quo;
condannarsi la convenuta al risarcimento “anche in via equitativa” dei danni non
patrimoniali subiti dai bambini che hanno usufruito del servizio mensa gestito
dalla convenuta.
Quanto ai presupposti di ammissibilità della prospettata azione di classe privata
(diffusamente indicati da pag. 55 ss. citazione), l’attore ha in particolare dedotto che i
“diritti individuali omogenei” richiesti di cui all’art. 140 bis Codice del Consumo
sarebbero da individuare in capo alla "pluralità di genitori di figli che frequentano
scuole il cui servizio di ristorazione è gestito dalla Milano RISTORAZIONE spa"
(pag.56 citaz.).
La causa, iscritta a ruolo al n.51404/2012 RG, è stata inizialmente assegnata a sezioni
civili di questo Tribunale che –di volta in volta- hanno ravvisato il rispettivo difetto di
competenza tabellare; è poi pervenuta in questa Settima Sezione civile in data 18.3.2013
ovvero già trascorsa la data di udienza di prima comparizione (indicata sul fascicolo
d’ufficio al 10.12.2012 ma non in atto di citazione “uso iscrizione”).
Alla prima udienza fissata del 16.5.2013 (nessuno presente per la convenuta) il giudice,
richiesti chiarimenti in ordine al danno patrimoniale, ha rinviato al 14.6.2013 per la
trattazione collegiale della causa, invitando altresì l’attore a fornire documentazione in
ordine alla azione collettiva pubblica già introdotta dinanzi al TAR LOMBARDIA.
Nella memoria autorizzata (depositata il 14.6.2013), CODACONS ha precisato che il
TAR Lombardia aveva sospeso il procedimento dinanzi a sé pendente, ex art.2 co.2
d.Lgs.198/2009, norma che prevede la sospensione della class action pubblica dovendo
invece proseguire quella privata (doc.24) ed ha precisato che, nel caso odierno, si versa
chiaramente nel campo di diritti contrattuali dunque tutelabili con l’art.140 bis lett.a)
Cod.Cons. o, in subordine, nell’ipotesi di cui alla lett.b) (a pag.6 memoria) e che il
petitum della presente domanda è costituito dalla domanda di ristoro dei danni subiti e
di restituzioni e non da una finalità meramente inibitoria come è quella dell’azione
collettiva pubblica.
******
Nella medesima udienza del 14.06.2013 si è costituita la convenuta MI.RI, con
comparsa di costituzione depositata in pari data, eccependo preliminarmente la nullità
dell’atto di citazione per omessa indicazione della data di udienza nell’atto notificato.
La convenuta MI.RI ha poi eccepito: la carenza di potere di rappresentanza in capo a
CODACONS, cui i genitori avrebbero conferito i poteri di rappresentanza iure proprio
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e non in esercizio della potestà genitoriale sulle figlie minorenni; la carenza di
legittimazione attiva “delle piccole attrici” le quali non hanno stipulato alcun contratto
né potrebbero aver subito alcun danno patrimoniale (neanche chiesto dagli attori in
proprio) e/o non patrimoniale (non adeguatamente dedotto); la carenza di legittimazione
passiva di MILANO RISTORAZIONE che è solo –da circa due anni- una mera delegata
alla riscossione del pagamento del servizio da parte dei genitori e comunque soggetto
del tutto estraneo ai rapporti contrattuali con gli utenti in generale e con le piccole attrici
nello specifico; l’inammissibilità della domanda ex art. 140 bis C.d.C. per carenza dei
relativi presupposti ed infine, nel merito, l’insussistenza degli inadempimenti lamentati
nell’esecuzione del servizio mensa.
La convenuta ha poi precisato che tra il nuovo gruppo dirigente di MI.RI e la attuale
Giunta Comunale è stato raggiunto un nuovo accordo consensuale che ha dato luogo ad
un nuovo contratto di servizio con allegati (prodotto sub lett.E, datato 23.5.2012)
sostanzialmente modificativo del contratto azionato e prodotto da CODACONS (doc.5
attore, datato 29.12.2000). Più in particolare, la convenuta ha esposto:
1)
insussistenza di rapporto contrattuale diretto tra la convenuta e gli utenti e
carenza di legittimazione passiva atteso che:
> il contratto su cui si fonda la domanda avversaria è stato stipulato direttamente tra
COMUNE di MILANO e MI.RI;
>il COMUNE provvede a versare direttamente a MILANO RISTORAZIONE il
corrispettivo per la fornitura dei pasti serviti nelle scuole e quest’ultima emette le
relative fatture in favore del COMUNE stesso (produce sul punto sentenza G.d.P di
Milano doc. K parte convenuta);
> il COMUNE è il soggetto che percepisce il contributo forfettario annuale previsto a
carico degli utenti, mentre MILANO RISTORAZIONE è una mera delegata alla
riscossione dei pagamenti da parte degli utenti;
> l’importo versato dagli alunni non costituisce il “prezzo” di una prestazione ma la
quota di contribuzione al servizio pubblico di refezione fornito e gestito dal Comune e
da quest’ultimo erogato, per il tramite della società convenuta, in regime di “in house”.
Da ciò consegue che MI.RI è mero strumento mediante il quale il COMUNE svolge il
servizio di refezione scolastica, per cui vi è carenza di legittimazione passiva di MI.RI
rispetto alle richieste delle attrici e di CODACONS;
2)
3)
difetto di legittimazione attiva delle scolare, in quanto sono i genitori che
aderiscono al servizio di refezione scolastica per le figlie ed in quanto non
graverebbe sulle piccole il (denegato) danno patrimoniale dedotto dagli attori (i
quali, peraltro, nulla specificano quanto al danno non patrimoniale);
insussistenza dei presupposti di cui all’art.140 bis Cod.Cons., poiché :
> manca il primo requisito di cui alla lettera a) ossia la ricorrenza di un rapporto
contrattuale, essendovi semmai un rapporto giuridico tra i genitori ed il COMUNE, con
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obbligo a carico dei primi di versare un mero contributo annuale commisurato al reddito
famigliare;
> manca la situazione contrattuale omogenea prevista dalla stessa lett.a) per le situazioni
in cui dovrebbero versare i consumatori, posto che l’omogeneità non può riferirsi solo al
fatto di usufruire della mensa (come si sarebbe limitato ad indicare l'attore, a pag.56
citaz.), ma essa dovrebbe poter essere riferita a diritti contrattuali ed agli effetti del
lamentato inadempimento, mentre nel caso di specie la condotta di MI.RI è suscettibile
di essere percepita in termini di gradimento differenti da ciascun consumatore. La
convenuta ha difatti contestato che dalle deduzioni e conclusioni avversarie siano
desumibili i requisiti per l’individuazione di una classe e della omogeneità della
sottostante situazione fattuale e giuridica che legittimerebbe l’azione in via collettiva.
Secondo la convenuta, infatti, la categoria dei partecipanti alla classe non potrebbe
essere genericamente individuata nella sola appartenenza degli oltre 80.000 utenti che
fruiscono dei pasti scolastici, bensì per ogni potenziale interveniente dovrebbe essere
accertato e dichiarato ciascun singolo (denegato) inadempimento, esaminandosi per
ogni differente posizione soggettiva l’an debeatur e così vanificando la ratio dell’azione
collettiva, che presuppone l’esistenza di diritti individuali affini ed uniformi tali da
determinare la semplificazione del contenzioso seriale.
4)
infondatezza delle doglianze ed assenza di prova in ordine ad esse, poiché
MI.RI, sotto la vigilanza di ASL MILANO, ha sempre osservato i criteri di selezione
dei prodotti alimentari (di provenienza dal mercato comunitario, a cd.”Km0”, di
provenienza biologica, non OGM) ed inoltre perché le lamentele oggi avanzate si
riferiscono ad aspetti ormai superati almeno dal 2010 (così per esempio sono stati da
allora eliminati i succhi di frutta, le crocchette di totano, le carni macinate e le lasagne)
e comunque dal più recente contratto del 2012;
5)
infondatezza delle lamentele su grammatura ed equilibrio della dieta,
poiché il menù, la quantità e la qualità del cibo sono imposti e controllati dalla ASL;
6)
infondatezza e genericità delle contestazioni sull’utilizzo di contenitori di
plastica, in quanto contenitori -quando usati- omologati secondo le norme di sicurezza
alimentare e muniti di dichiarazione di conformità;
7)
manifesta infondatezza dell’azione, essendo prodotte solo schede di
valutazione delle Commissioni Mensa, non aventi valore probatorio, in ogni caso
ininfluenti perché per lo più relative ad anni 2008/2009 (anteriori all’entrata in vigore
dell’art.140 bis Cod.Cons), comunque irrilevanti e non significative le uniche tre del
2010, poichè recanti un giudizio conclusivo in termini quanto meno di accettabilità del
servizio mensa;
8)
infine, non vessatorietà della clausola contrattuale censurata, ponendo
questa una previsione di pagamento a forfait di una quota agevolata, sicuramente più
conveniente del pagamento parametrato per ogni consumatore sul numero effettivo dei
pasti consumati e dunque sul costo effettivo degli stessi.
5
La convenuta ha dunque concluso chiedendo accertarsi il difetto di rappresentanza
processuale di CODACONS, il difetto di legittimazione attiva delle attrici minorenni, il
difetto di legittimazione passiva di MI.RI, l’inammissibilità della domanda per
insussistenza dei presupposti di cui all’art.140 bis cpc e l’infondatezza nel merito.
******
Autorizzato il deposito di memorie difensive, le parti hanno depositato i rispettivi atti in
data 18.9.2013. Parte attrice ha replicato alle deduzioni ed eccezioni avversarie ed in
particolare all’eccezione di difetto di legittimazione passiva, in quanto era stata indicata
anche la lett.b) dell’art.140 bis a fondamento della domanda (“…diritti identici spettanti
ai consumatori finali…anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale…”) ed
ha insistito dunque per l’ammissibilità della class action. Parte convenuta ha depositato
note difensive nella quali, ribadite le ragioni già illustrate nella memoria costituiva, ha
eccepito la tardività della qualificazione attorea effettuata in memoria difensiva,
mediante richiamo (non solo all’art. 140 bis co. 2 lett a) Cod.Cons. ma) anche alla
lettera b) del citato articolo, ossia all’ipotesi che prescinde “da un diretto rapporto
contrattuale” fra le parti in causa.
OSSERVATO CHE
Prima di esaminare le eccezioni della convenuta e l'ammissibilità dell'azione, è
opportuno ricostruite la vicenda che ci occupa, al fine di meglio inquadrarne i contorni,
chiarire se possa o meno ravvisarsi un contratto e tra quali parti intercorrente. Nella
prospettazione attorea, "quando il genitore, in nome e per conto del figlio, stipula
l'apposita modulistica presentata da MI.RI (doc.6) si può ben affermare che il
medesimo aderisca, sempre in nome e per conto del figlio, al contratto stipulato tra
COMUNE e MI.RI" (pag.16 citazione). La ricostruzione è pienamente condivisibile,
senza necessità di ricorrere ad altri istituti (quali quello del contatto sociale o del
contratto con effetti protettivi dei terzi) per potersi ravvisare in capo alle minorenni la
titolarità di posizioni soggettive rinvenienti dall’adesione al cd. “servizio mensa”.
Difatti, chiedendo l'iscrizione al servizio di refezione scolastica sulla scorta del
prospetto informativo di cui allo stampato esplicativo (cd. modulo di adesione al
servizio, doc.6), il genitore sottoscrittore legittimamente agisce in evidente
rappresentanza sostanziale ex lege delle figlie minorenni (art.2 e 320 cc., senza necessità
della sottoscrizione della firma congiunta dei due esercenti la potestà genitoriale,
trattandosi di atto di ordinaria amministrazione in quanto non modificativo della
struttura e consistenza del patrimonio delle minorenni: cfr. per es. Cass. 7546/2003). Il
potere di rappresentanza comporta il potere di assumere tutte le decisioni inerenti la
persona del minore (esclusi i diritti personalissimi) come per esempio per la cura e la
protezione della persona, per lo sviluppo e tutela della personalità, per l'instaurazione e
la gestione di rapporti giuridici patrimoniali facenti capo alla persona del minore. Il
potere decisionale andrà attuato, sotto il profilo operativo, mediante legittimazione alla
concreta operazione di tutti gli atti materiali, giuridici, negoziali per ed in
rappresentanza del minore, ponendo in essere in suo nome atti immediatamente
produttivi di effetti nella sua sfera giuridica. La rappresentanza è legale, necessaria e
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diretta e si estende a tutti gli atti civili del minore; al potere di rappresentare il minore si
affianca anche il potere di amministrare il suo patrimonio (art.320 cc). I poteri del
rappresentante sono stabiliti direttamente dalla legge ed il titolo per il quale il
rappresentante spende e deve spendere il nome del rappresentato sta nella stessa legge,
onde appare inutile la spendita espressa del nome del figlio minorenne rappresentato; è,
cioè, sufficiente che si sappia che chi agisce è il rappresentante legale del minore e basta
che egli intenda, anche tacitamente ma inequivocamente, agire in rappresentanza del
figlio. Nel caso concreto, attraverso la "richiesta di iscrizione al servizio di refezione
scolastica", il genitore chiede che la scolara usufruisca dell’intero complesso dei servizi
forniti da MI.RI (ed il cui oggetto è specificato e dettagliato nel contratto di concessione
e di gestione del servizio ed allegati, ripassato tra COMUNE e MI.RI ed al quale
occorre far riferimento) e, al contempo, accetta di pagare direttamente (dove
l'assunzione dell'impegno economico diretto discende evidentemente dai poteri/doveri
insiti nella potestà genitoriale) il costo del servizio alla società concessionaria nonchè
affidataria dell'attività di riscossione delle rette (come si apprezza chiaramente dal doc.6
e, soprattutto, dall'integrazione al contratto - doc.5- che richiama la delibera di Giunta
Comunale del 24.9.2002 con cui è stata affidata a Milano Ristorazione spa "l'attività di
gestione e riscossione delle rette"). Così inquadrata la vicenda, e ravvisata in capo ai
genitori la rappresentanza ex lege sostanziale e processuale delle figlie minorenni, sia in
occasione della conclusione di accordi negoziali sia nel momento patologico del
rapporto (e, dunque, in relazione ai diritti risarcitori e restitutori generati
dall’inosservanza al contratto), va sottolineato altresì che la prestazione del serviziomensa in favore dell'UTENTE si fonda su una vera e propria scelta negoziale della parte
interessata (potendo i genitori scegliere se aderire o meno alla refezione scolastica),
sicchè può senz'altro ravvisarsi la conclusione di un contratto UTENTE-MI.RI, a
prescindere dalle modalità della stessa. Il servizio di refezione discende cioè da una
scelta volontaria dell'utente (per esso, il genitore) di usufruirne dietro versamento di una
retta: il rapporto ha natura contrattuale. Non è dunque corretto ricorrere [come suggerito
da parte convenuta con riguardo al contratto COMUNE-MI.RI] alla figura del contratto
“a favore di terzo” (ex.art. 1411 cc: contratto rispetto al quale il soggetto beneficiario
rimane del tutto estraneo, come dedotto da MI.RI. Semmai, il contratto COMUNEMIRI avrebbe "effetti protettivi verso terzi". Tale figura contrattuale è configurabile
ogni qual volta dal contratto sia deducibile l'attribuzione ad un soggetto terzo di un vero
e proprio diritto non al conseguimento della prestazione principale, ma alla sua
esecuzione con diligenza, tale da evitargli danni. Qui, l'obbligo di comportamento
diligente da parte del debitore viene esteso anche al terzo, il quale potrebbe agire per il
risarcimento in qualità di creditore della pretesa (in giurisprudenza, per es.Cass.
14488/2004). Infine, se anche la richiesta di iscrizione al servizio di refezione scolastica
non costituisse dichiarazione negoziale e dunque incontro di volontà tra due contraenti
(e dunque momento perfezionativo di una struttura bilaterale contrattuale diretta tra
genitori e MI.RI), la detta iscrizione (pacificamente avvenuta) al servizio mensa
rappresenterebbe comunque un contegno negoziale da parte di contraente non
professionista, idonea a fondare un vincolo giuridico sorto dal cd. contatto sociale,
contatto che ha l'effetto di rendere i soggetti coinvolti non più soggetti qualunque,
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sciolti da qualsiasi legame. Si consacra cioè un obbligo di prestare il servizio-mensa
conformemente ai parametri richiesti dall’Ente concedente, rivolto anche a tutela
dell’utente che fa affidamento sulla corretta esecuzione della prestazione: ciò costituisce
obbligazione di natura contrattuale. Tutta la disciplina contrattuale tra il COMUNE di
MILANO e la società MI.RI SPA, operativa in cd. regime in house, appositamente
costituita dal Comune ed interamente controllata dall'Ente nel capitale sociale, è
informata a garantire (oltre alla prestazione principale della preparazione e distribuzione
dei pasti) che soggetti terzi e minorenni non risultino danneggiati ma anzi tutelati nella
specifica e prioritaria esigenza di una alimentazione che sia sana e corretta per la
crescita, a tutela del diritto inviolabile alla salute. Il contratto COMUNE-MI.RI viene
cioè ad essere integrato da obblighi di protezione versi i terzi, i quali possono agire sulla
base del detto contratto facendo valere una responsabilità di tipo contrattuale qualora
vedessero pregiudicata la posizione che quel contratto mira a tutelare (così per
es.Cass.5067/2010; Cass.Ss.Uu.9346/2002, in riferimento agli obblighi di protezione
assunti rispetto allo scolaro sia dall’Istituto scolastico che dall’insegnante). A ciò
aggiungasi che, quando il servizio di rilevanza per la collettività è disciplinato dalla
specifica Carta dei Servizi emanata dal gestore concessionario (nel caso di specie è
rinvenibile in internet quella emanata da MI.RI nel settembre 2006), la detta Carta
configura, alla stregua di vere e proprie condizioni generali, autentici diritti contrattuali
(indennizzabili secondo casi e modalità individuate) di cui sono titolari gli utenti nei
confronti della pubblica amministrazione e del concessionario (si afferma, in dottrina,
che il rapporto di utenza assume oggi il carattere della trilateralità, con il nuovo assetto
conferito dall'art.101 cod.cons.).
Effettuate tali considerazioni, può ora procedersi nell'esame delle eccezioni sollevate
dalla convenuta nonché dei presupposti di ammissibilità dell'azione.
LE ECCEZIONI
A)--Quanto all’omessa indicazione della data fissata per la prima udienza (invero
presente solo sull'originale ma non nella copia notificata alla convenuta, che prevale
sull'originale a tutela dell'affidamento del destinatario sull'atto ricevuto), si richiamano
sul punto i motivi già indicati nell’ordinanza resa all’udienza del 14.6.2012 e si osserva
ulteriormente che tale omissione non ha comportato un concreto pregiudizio alle
garanzie di difesa e del contraddittorio. La costituzione di parte convenuta ha
comportato la sanatoria della nullità, ex comb.disp. artt.163 n.7 e 164 co.1 e 3 cpc ed il
contraddittorio è stato tutelato anche mediante deposito successivo di memorie
autorizzate.
B)--Non ricorre difetto di procura in favore di CODACONS, risultando in modo chiaro
ed inequivoco, alla lettura di quella conferita in causa in forma notarile e prodotta
(doc.1), che i genitori delle due scolare minorenni l’abbiano rilasciata per intraprendere
un giudizio non in proprio, ma in rappresentanza delle figlie minorenni, e dunque
proprio in esercizio del potere di rappresentanza ex lege attribuito ai genitori esercenti la
potestà e nell’ambito di tali poteri.
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C)--Non sussiste il difetto di legittimazione attiva delle parti attrici, eccepito da MIRI
sotto il profilo dell’estraneità delle scolare al contratto azionato. Innanzitutto, carenza di
legittimazione attiva sussiste allorquando taluno, al di fuori dai casi di sostituzione
processuale espressamente previsti dalla legge, faccia valere in nome proprio un diritto
altrui, ma non anche quando agisca a tutela di un diritto altrui prospettandolo come
proprio, il che non ricorre nel caso di specie in cui gli attori, come detto, non agiscono
in nome proprio ma "in qualità di esercenti la patria potestà" delle figlie minorenni. La
eccezione è dunque infondata, poiché i genitori (come anche ha chiarito l’ente
rappresentante CODACONS nella memoria dep. il 18.9.2013) agiscono in giudizio non
in nome proprio, bensì in rappresentanza delle figlie minorenni, al fine di far valere e
tutelare posizioni soggettive dalle stesse acquisite in forza di contratto di adesione al
servizio mensa, parimenti sottoscritto dai genitori in nome e nell’interesse delle figlie.
Le scolare minorenni estrinsecano cioè la loro capacità giuridica per il tramite dei
genitori legali rappresentanti, sia in occasione della stipula di contratti sia in occasione
dell’esercizio dell’azione in giudizio (rappresentanza processuale). Inoltre, per quanto
già sopra osservato, non è corretto, secondo la configurazione giuridica operata,
affermare che le scolare siano estranee al rapporto giuridico di natura contrattuale
instaurato mediante adesione al servizio-mensa.
D)-- MI.RI eccepisce il difetto di legittimazione passiva, sotto il profilo della sua
estraneità totale a rapporti contrattuali diretti con i genitori o con i figli (p.12 comparsa)
essendo mera delegata alla riscossione. Anche in tal caso occorre muovere dalla
prospettazione attorea: "La "legitimatio ad causam", attiva e passiva, consiste nella
titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al
rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a
fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo
dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del
giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va
tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la
quale non è consentito alcun esame d'ufficio, poichè la contestazione della titolarità del
rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e
rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata.
Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione
all'azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma
questione intorno ad essa si delinea solo quando l'attore faccia valere un diritto altrui,
prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il
convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso
(Cass.14468/2008). Nel caso di specie, CODACONS afferma l'intervenuta adesione
delle piccole utenti finali del servizio-mensa (rappresentate dai genitori) al contratto tra
COMUNE e MILANO RISTORAZIONE e, lamentati inadempimenti da parte della
convenuta - tenuta all'osservanza degli obblighi in essere con il Comune, degli
standards qualitativi del servizio e delle prescrizioni di cui alla Carta dei Servizi-, ne
chiede la condanna al risarcimento dei danni patiti dalle stesse utenti. Coerente è dunque
la prospettazione offerta da CODACONS quanto alla legitimatio ad causam, sulla quale
peraltro non vi sono dubbi nenanche operando valutazioni sostanziali, per quanto prima
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detto in ordine alla ricorrenza di un rapporto contrattuale. Infine, si considera che MIRI
non è mera delegata a riscuotere i pagamenti, ma è affidataria della gestione di un
servizio complesso, in tutte le sue fasi.
L'AMMISSIBILITA' DELLA CLASS ACTION
L'ammissibilità dell'azione svolta prevede una delibazione allo stato degli atti
(Cass.9772/2012) dei presupposti richiesti dall’art.140 bis cod.cons. e tra questi, per
quanto maggiormente qui rileva, di quelli della omogeneità e della non manifesta
infondatezza.
A)-- La prima considerazione muove dall’esame delle conclusioni rassegnate da parte
attrice. Tali conclusioni sono relative sia ad una richiesta risarcitoria (per danni
patrimoniali e non patrimoniali), sia ad una richiesta inibitoria-ripristinatoria avente ad
oggetto l’emissione di ordini per l’adozione di misure idonee ad eliminare o correggere
le conseguenze dannose delle violazioni lamentate. CODACONS espressamente
qualifica (sin dall’intestazione dell’atto) l’azione promossa con riferimento all’art.140
bis cod.cons. dunque come azione risarcitoria collettiva. In relazione ad essa, le
conclusioni rassegnate e volte all’emissione di “ordini di fare” a carico di MI.RI
(adeguamento del servizio a livelli standard, reintegrazione di alcuni alimenti,
eliminazione di altri…) e di “adeguare” il servizio di refezione scolastica ai dettami
della specifica normativa (a pag.67 citazione) non sono compatibili con l’azione svolta e
sono, dunque, inammissibili. L’azione prevista dall’art.140 bis, invero, è precipuamente
finalizzata al ristoro/risarcimento della lesione subita dal diritto del singolo
consumatore/utente che agisce e dalla schiera delle situazioni soggettive omogenee
facenti capo a destinatari del medesimo illecito (azione individuale proposta
collettivamente). Il rimedio dell’inibitoria di atti e comportamenti dannosi, anche
contrattuali, appartiene invece alla disciplina di cui agli artt.37-140 Cod.cons. (azioni
volte a perseguire interessi collettivi) che assegnano ad un ente rappresentativo (iscritto
in apposito elenco ministeriale ex art.139) l’iniziativa per la tutela di un interesse
superindividuale e per prevenire comportamenti lesivi a carico di soggetti deboli. Le
fondamentali distinzioni tra le due ipotesi (diversità di parti, in quanto nell’azione 140
bis parte sostanziale e processuale è il singolo consumatore, nella azione collettiva
inibitoria è invece un’associazione che agisce in nome e per conto proprio a tutela di
interessi diffusi di cui è portatrice; nel primo caso il rito è peculiare con riserva di
collegialità e prevede una verifica preliminare di ammissibilità, nel secondo è ordinario
monocratico; nel primo caso si ha tutela risarcitoria di massa, cioè con deduzione in via
aggregata di pretese restitutorie facenti capo a singoli consumatori/utenti, nel secondo si
ha tutela inibitoria collettiva a fronte di condotte anticonsumeristiche lesive della classe)
va qui sottolineata per affermare in questa sede, di conseguenza, l’inammissibilità di un
cumulo ab initio dei due differenti rimedi all’interno dello stesso processo e con lo
stesso atto. Il petitum immediato dell’azione collettiva potrebbe essere solo il rimedio
inibitorio (o gli altri previsti dall’art.140), ma non la tutela risarcitoria di diritti
individuali omogenei; d’altra parte, il singolo consumatore è escluso dall’area dei
legittimati ad agire verso gli illeciti collettivi e può avvalersi solo della tutela
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risarcitoria. Non è dunque consentito al Tribunale procedere congiuntamente
all’accertamento dell’illecito plurioffensivo con relativa condanna risarcitoria nonché
ordine giudiziale di inibitoria, di rimozione o di porre in essere misure idonee ad
eliminare o correggere le conseguenze dannose delle violazioni. Ciò è tanto più vero
dopo l’introduzione dell’art.140 bis cod.cons (inserito dalla L.244/2007 e sostituito con
L.99/2009) norma che, prevedendo e disciplinando espressamente una forma di tutela
collettiva risarcitoria, la esclude senz’altro dal perimetro operativo del precedente
art.140, accentuandone la non sovrapponibilità. Non ritiene il Collegio che l’art.6 d.l.
1/2012 (decreto Fare, conv.con L.24.3.2012 n.27), che ha inserito nell’art.140 bis
l’inciso “nonché gli interessi collettivi”, possa costituire una modificazione della natura
dell’azione in esame ed una trasformazione della stessa in azione di salvaguardia di
interessi superindividuali. Difatti, l’introduzione di una tale modificazione risponde
all’esigenza, evidenziata da autorevole dottrina, che la classe dei diritti aggregati abbia
una sua certa consistenza numerica ed estensione anziché essere riferita ad un gruppo
ristretto di consumatori. In sostanza, l’intervento legislativo ha avuto il proposito di
garantire che l’azione venga esperita al fine di tutelare un interesse che è sì individuale,
ma che debba contestualmente essere realmente ed apprezzabilmente diffuso tra
consumatori ed utenti: l'azione di classe è azione rappresentativa, pur sempre rimanendo
azione preposta alla tutela dei soli diritti individuali omogenei spettante ad una pluralità
di soggetti lesi da un illecito seriale. Il nuovo inciso va dunque inteso alla luce di una
interpretazione sistematica che tenga conto del fatto che esso è stato inserito senza
ulteriori modificazioni d'altri elementi della norma, in particolare senza modifiche alla
disciplina della legittimazione attiva (sicchè risulterebbe interpretazione “creativa”
quella che consentisse di ravvisare una legittimazione delle associazioni dei
consumatori ad agire iure proprio, quale soggetto esponenziale), delle modalità
procedurali, dell’ambito materiale di applicazione della disciplina (così, per esempio,
non sarebbe conformabile il requisito dell’ "omogeneità" all’interesse superindividuale
collettivo, che è invece ontologicamente unitario).
Da quanto detto, discende che le conclusioni rassegnate da CODACONS aventi ad
oggetto ordini inibitori o riparatori non siano ammissibili nell’ambito dell’odierna class
action (come chiaramente va qualificata la domanda, sia per espressa allegazione
dell’attore, sia sotto il profilo del soggetto che agisce).
B)-- Quanto al rito dell’azione oggi svolta, si deve sottolineare che (contrariamente a
quanto eccepito dalla convenuta) le parti hanno il potere di precisare, in sede di udienza
di ammissibilità, le domande già formulate (cfr. ord.Trib.Milano 20.12.2010 in F.It.
2011, I,617), tenendosi conto che la fase di verifica di ammissibilità potrebbe anche
articolarsi in più udienze. Ciò è, appunto, accaduto nella presente controversia, in cui
CODACONS ha espressamente richiamato anche la lett.b) dell’art.140 bis nella prima
memoria autorizzata (a pag.6) e nella seconda memoria (pag.7). Va altresì precisato che
l’azione risarcitoria collettiva, in forza delle numerose disposizioni succedutesi nel
tempo, può essere esercitata a far data dall’1.1.2010 e trova applicazione soltanto per gli
illeciti compiuti dopo il 15.8.2009, cioè per eventi verificatisi a partire dalla data di
entrata in vigore della legge. Si deve dunque escludere che possa attribuirsi rilevanza
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nel presente giudizio (come anche eccepito dalla convenuta) alle allegazioni ed alle
emergenze documentali inerenti epoca precedente: al riguardo, si deve rilevare che di
dieci schede di valutazione prodotte da CODACONS (ai docc. 12-20) solo cinque
(docc.12A, 15,16,18 e 20) si riferiscono ad epoca successiva all’agosto 2009, mentre le
altre cinque riguardano fatti ed episodi anteriori alla data detta, sicchè non assumono
rilievo alcuno neanche in tale fase di giudizio di ammissibilità. Da parte sua, la
convenuta, producendo documenti riepilogativi delle segnalazioni inoltrate dalle
commissioni mensa -docc.B,C e D- ne afferma a p.9 della comparsa l'esigua incidenza
percentuale sul complessivo servizio-mensa nel Comune di Milano.
Omogeneità dei diritti e situazioni omogenee
C)-- Fatte tali premesse e precisazioni, si viene all’esame della questione centrale, ossia
quella dell’ammissibilità o meno dell’azione, la quale va nella specie esclusa, per
carenza di situazione di omogeneità dei diritti individuali tutelabili e, per altro verso, per
manifesta infondatezza della stessa. La versione attualmente vigente dell'art.140 bis, a
seguito delle modifiche apportate dall'art.6 d.l.1/2012 (convertito in l.27/2012, entrato in
vigore il 25.3.2012 e quindi prima dell'introduzione della presente lite), prevede che
l'azione di classe sia esercitabile allorchè vi sia una condotta plurioffensiva che
danneggi una delle quattro tipologie di situazioni soggettive individuali elencate al
secondo comma, purchè i consumatori/utenti versino in situazione omogenea e i diritti
lesi siano omogenei. L'omogeneità è il criterio prescelto dal legislatore per
l'aggregazione della classe nel processo collettivo e va esaminato quando si facciano
valere diritti individuali (e non con riguardo all'inciso interessi collettivi, menzionato
nel comma 1, introdotto dall'art.6 citato). Premesso che è sicuramente superata la
posizione secondo cui la omogeneità dovrebbe consistere nell'equivalenza del petitum
immediato o nell'uguaglianza degli importi richiesti, si osserva che, essendo
l'omogeneità un attributo dei diritti individuali azionati, la verifica di essa non si attesta
sugli elementi dell'azione, bensì sulle posizioni soggettive. In generale, si può dire che il
requisito dell'omogeneità si identifica nella dipendenza del diritto dall'altrui unica
condotta commissiva o omissiva (o dal comportamento abituale del medesimo
convenuto): la medesima azione o omissione provoca omogenea situazione delle
vittime, dunque la pretesa risarcitoria o restitutoria si fonderebbe sul medesimo titolo.
Più in particolare, l'omogeneità va rintracciata non solo nella comunanza delle questioni
di fatto, ma anche di diritto, ed in cui le questioni personali risultino del tutto
inesistenti o marginali, sicchè sono omogenee quelle situazioni soggettive che
esprimono questioni comuni prevalenti su quelle individuali (perché altrimenti se ne
imporrebbe la trattazione in ciascun procedimento), con la precisazione che
l'omogeneità non implica una valutazione comparativa o relazionale tra diritti già
dedotti, bensì la ricerca di un ambito analogo che si aggreghi intorno alla posizione
dedotta dall'attore proponente l'azione di classe e che abbracci anche pretese altrui
(diritto del proponente quale diritto rappresentativo della classe e aggregativo di pretese
degli appartenenti ad essa). Ebbene, è evidente che nel caso di specie, in cui si chiede il
risarcimento di danni non patrimoniali e di danni morali allegando in modo esplicito il
solo profilo della lesione del diritto alla salute (Il danno non patrimoniale è una categoria
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unitaria, non suscettibile di divisioni in ulteriori sottocategorie. Pertanto, in presenza di una
lesione di diritti inviolabili, come quello alla salute, il risarcimento dovrà essere commisurato
al peggioramento della qualità della vita effettivamente dimostrato dalla vittima-
Cass.11514/2013), la fissazione da parte del giudice dei caratteri dei diritti individuali
oggetto del giudizio e dei criteri di adesione (cd. opt-in, comma 9 art.140bis) risulta
irrealizzabile, sussistendo questioni personali individuali da accertare che non sono
affatto marginali, ma forse superiori alle eventuali questioni comuni agli utenti del
servizio reso da MI.RI. Così, per esempio, potrebbe non essere trascurabile la
condizione personale (età, sesso, condizioni di salute, allergie, intolleranze
alimentari…) quando non anche la caratterizzazione soggettiva (diversi stili di
alimentazione, apprezzamento del gusto delle pietanze…) di ciascun utente nella
valutazione della insorgenza o meno di un danno alla salute o morale (la cui esistenza
ed entità discende da profili individuali molto specifici). Gli aspetti delle condizioni
fisiche di partenza, delle situazioni soggettive, psicologiche, comportamentali di ciascun
utente comportano una eterogeneità di posizioni che, prima ancora che sulla entità del
danno alla salute e morale, si riverbera nella verifica del nesso di causalità tra la
condotta del convenuto ed il danno stesso (in particolare, del danno alla salute). Vi può
essere cioè una pluralità di fattori causali, di cui solo alcuni astrattamente imputabili al
convenuto. In sostanza, l'odierna azione di classe è volta al risarcimento di danni non
patrimoniali (alla salute, morali) decisamente individualizzati e non emergenti in via
oggettiva. La disomogeneità attiene proprio all'an del danno, non alla sua
quantificazione. Come sarebbe possibile affermare che, servendo pasti talvolta freddi o
porzioni talvolta scarse o carni macinate e pizza, anziché gli alimenti previsti dalle
direttive INRAN (Istituto di ricerca su alimentazione e nutrizione) o dalle Linee Guida
per la ristorazione scolastica della Regione Lombardia, o ancora secondo le indicazioni
dei livelli di assunzione raccomandati dei nutrizionisti [e sempre che tutto ciò sia
dimostrato essere avvenuto in percentuale superiore al 10% dei pasti serviti o con ritardi
superiori a 10 minuti: margini previsti nella Carta Servizi], la società MIRI abbia
causato oggettivamente e per ciò solo una lesione alla salute dei piccoli utenti (diritto di
cui si chiede tutela) determinando dunque un loro diritto risarcitorio non patrimoniale?
E' evidente una disomogeneità della situazione tutelanda, non potendo affermarsi che
tutti i bambini abbiano subito una lesione (né tantomeno una sofferenza interiore) e, ove
questa vi sia stata, potendo il danno o la sofferenza dipendere da altri fattori (per es.
soggettivi). Di episodi specifici aventi una chiara, lineare e documentabile efficacia
causale (per es., cibi avariati) l'attore ne indica in realtà uno soltanto (aprile 2010, scuola
di via Rasori, pag.20 citaz.), ma esso non assume qui valenza alcuna, sia perché l'attore
stesso ravvisa la causa dell'episodio collettivo -che avrebbe interessato dieci bambininella generica "assenza di normali requisiti di igiene" (pag.20 citaz.), e così sfumando
l'evidenza di una causa efficiente, sia e soprattutto perché non deduce e neanche
dimostra che tale episodio (eventualmente lesivo) abbia attinto le odierne parti in causa.
E' da dirsi, difatti, che, pur nella caratteristica di complex litigation assunta dall'azione
di classe, occorre in primo luogo che il diritto (rappresentativo della classe) sia
individuabile in capo al proponente e poi che sia accertabile secondo le regole ordinarie
(nel caso di specie, neanche è dedotto che le due sorelline frequentino la scuola di via
Rasori).
Infine, non giova all'ammissibilità dell'azione che la richiesta di
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risarcimento dei danni non patrimoniali sia avanzata dall'attore in via equitativa (il che
peraltro è metodo normale di liquidazione previsto dalla norma): è' vero infatti, quanto
ai danni non patrimoniali, che la durata nel tempo e l'intensità della sofferenza non
assumono rilevanza ai fini dell'esistenza del danno ma solo per la quantificazione del
risarcimento, ma l'adozione del criterio equitativo puro attiene alla liquidazione del
danno e non alla verifica dello stesso, considerato che condizioni di corretta
applicazione del criterio medesimo sono quelle del suo collegamento al danno specifico
e della sua personalizzazione, comunque ineludibile. Infine, nel caso di specie, neanche
soccorre a fini liquidatori la Carta dei Servizi (come sarebbe consentito dal co.12
dell'art.140 bis), poiché quella attualmente in uso nulla prevede circa i casi e le modalità
di "indennizzo".
La manifesta infondatezza
D)-- In relazione alla domanda risarcitoria per danno patrimoniale pari alla somma
corrisposta dai genitori per un servizio di somministrazione non goduto previa
dichiarazione del carattere vessatorio del criterio di determinazione una tantum del
costo della prestazione, se ne deve rilevare la manifesta infondatezza. Innanzitutto si
precisa che il detto giudizio riguarda una prognosi in iure, e non una delibazione
fattuale. La richiesta di danni patrimoniali appare ictu oculi inaccoglibile, in
applicazione dei principi generali in materia di clausole vessatorie a tutela del
consumatore (artt.33 e 34 II co), per la iniziale considerazione che pur sempre l'utente,
nella sua autonomia, può scegliere se iscrivere o meno il figlio al servizio di mensa
scolastica (nella qual scelta, tuttavia, concorrono in genere motivi non unicamente
dipendenti dall'entità patrimoniale della retta da versare, bensì da esigenze organizzative
domestiche). Inoltre, per la considerazione che il corrispettivo (trattasi in realtà di
"quota di contribuzione") risulta individuato, in modo chiaro e comprensibile, sulla
scorta di parametri determinati, e cioè in base al livello di reddito familiare (tanto da
essere prevista anche la gratuità del servizio, doc.6), con considerazione già stimata di
assenze, sospensioni o riduzioni del servizio per ipotesi eccezionali (scioperi,
assemblee, elezioni..) nonché con previsione di "rimborso parziale" per assenze
dell'utente per almeno 30 giorni consecutivi. L'entità della quota contributiva annuale,
peraltro, è di molto inferiore a quella che sarebbe sviluppata dall'assegnazione -al
singolo pasto dell'utente- del valore economico per esso previsto nel contratto
COMUNE-MIRI e nel relativo business plan (cfr. contratto di servizio indicato
dall’attore e prodotto sub doc.5, del 29.12.2000, nonché quello prodotto dalla convenuta
sub doc.E, del 23.5.2012), il che significa proprio che trattasi non di prezzo corrispettivo
del valore del pasto, ma di quota contributiva, la cui adeguatezza sfugge alla censura di
vessatorietà.
Per quanto tutto esposto, dunque, l'azione risarcitoria proposta non va ammessa, per
mancanza di omogeneità e per manifesta infondatezza.
Quanto alle spese di lite, tenuto conto del totale rigetto delle eccezioni preliminari al
merito sollevate dalla convenuta e della delicatezza dei diritti di cui alla richiesta di
tutela, si reputa equo compensarle integralmente tra le parti.
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Ai sensi dell'art.140 bis cod.cons. co.8 va disposto che CODACONS dia pubblicità alla
presente ordinanza, mediante pubblicazione del dispositivo nel proprio sito internet
ufficiale, per il periodo di 30 giorni consecutivi a decorrere dal giorno successivo alla
comunicazione della presente ordinanza, e nel quotidiano Corriere della SeraInformazione locale Milano- nel secondo giorno successivo a tale comunicazione.
PQM
Il Tribunale di MILANO in composizione collegiale, visto l'art.140 bis D.Lgs.206/2005,
così provvede:
 dichiara inammissibile l'azione proposta da CODACONS nei confronti di MILANO
RISTORAZIONE SPA;
 compensa integralmente le spese del giudizio tra le parti;
 dispone che l'attrice dia pubblicità della presente ordinanza, mediante pubblicazione
del suo dispositivo nel proprio sito internet ufficiale, per il periodo di 30 giorni
consecutivi a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione della presente
ordinanza, e nel quotidiano Corriere della Sera - Informazione locale Milano- nel
secondo giorno successivo a tale comunicazione.
Si comunichi.
Milano, 26 settembre-9 dicembre 2013
Il giudice relatore
dott. Luisa Vasile
Il Presidente
dott. Domenico Piombo
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