PREMESSO CHE Con atto di citazione notificato il 4.7.2012 al PM in Sede ed a MILANO RISTORAZIONE SPA (MI.RI), il CODACONS - in forza di procura rilasciata dai sigg.ri Alessandro Vittore Caramellino e Maria de los Dolores Villarubia Guisa, nella loro qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sulle figlie minorenni Chiara e Sofia Caramellino (rispettivamente di anni 10 e 8) - ha domandato che venisse accertata la violazione e/o inadempimento da parte della società MILANO RISTORAZIONE S.P.A. (MI.RI) al contratto prodotto sub doc. 5 (stipulato fra la società convenuta ed il Comune di Milano), avente ad oggetto l’affidamento della “gestione, con diritto di esclusiva, del Servizio di Refezione Scolastica per le scuole pubbliche materne, elementari, medie e asili nido siti nel territorio del comune di Milano” (art.1 contratto), lì dove il servizio “ha ad oggetto la fornitura, comprensiva delle varie fasi dell’acquisto, produzione diretta, confezionamento, distribuzione (ad eccezione delle scuole materne e degli asili nido) dei pasti necessari per il Servizio Mensa scolastica” e comprende “il riassetto, la pulizia e la sanificazione dei refettori” . CODACONS ha precisato che nel contratto COMUNE-MI.RI è previsto che la Società si impegni a gestire il Servizio nel rispetto delle leggi e regolamenti vigenti e nel rispetto della CARTA dei SERVIZI (ALL.A) e degli allegati al contratto stesso (art.1). L’attore ha lamentato: A) la vessatorietà della clausola contrattuale che contiene la previsione in forza della quale gli utenti devono corrispondere, all’inizio di ogni anno, una quota di contribuzione annuale forfetariamente prestabilita pari ad un importo predeterminato in ragione della tipologia di scuola frequentata dall’alunno e della fascia I.S.E.E. di appartenenza del nucleo familiare del medesimo (contenuta nel modulo prestampato esplicativo delle modalità di iscrizione al servizio di refezione predisposto dalla convenuta, prodotto da CODACONS per l’anno scolastico 2012/2013 sub doc. n. 6 e denominato "modulo" di iscrizione -reperibile in internet-, iscrizione che i genitori richiedono contestualmente all'ingresso del figlio alla scuola primaria e che rimane valida sino alla scuola secondaria di 2° grado). Per effetto di tale previsione negoziale, il numero di assenze scolastiche nel corso dell’anno non inciderebbe nella determinazione della detta quota e pertanto, nell'ipotesi di mancata fruizione di uno o più pasti giornalieri (assenze dello scolaro, scioperi, assemblee, nevicate, et cetera) non vi sarebbe la previsione di alcun rimborso in favore dell’utente, stante la sopra riferita predeterminazione della somma annuale a carico dell’alunno. Parte attrice, richiamata la clausola presente nel contratto COMUNE-MI.RI (erroneamente indicata nella clausola n.11, essendo in realtà la n.12, cfr.doc.5) rappresenta che vi sarebbe “un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” in particolare perché, mentre l’utente è obbligato a pagare la retta mensile fissa, il costo del servizio sopportato da MI.RI è invece effettivo in quanto la società riceve ogni mattina via fax dalle scuole di Milano il numero esatto dei pasti da servire agli utenti presenti: un tale “risparmio” di costi non è consentito agli utenti (sotto forma di pagamento dei soli pasti consumati). 1 L’attore ha concluso sul punto chiedendo: 1) l’accertamento e dichiarazione della natura vessatoria della clausola n.11 del contratto COMUNE-MI.RI e la condanna della convenuta al risarcimento del danno patrimoniale sofferto dagli utenti, pari alla “somma corrisposta dai genitori per un servizio di somministrazione non goduto”. B) l’inesatto adempimento da parte della convenuta nell’espletamento del servizio commissionatole dal Comune, ciò anche in violazione della Carta dei Servizi allegata al contratto stesso, deducendo in particolare: > l’assenza delle condizioni igieniche degli “spazi” gestiti dalla convenuta per la fornitura del servizio mensa (in ragione, per esempio, della presenza di insetti); > la mancanza di qualità dei prodotti, nonché le cattive condizioni di conservazione degli alimenti stessi e le cattive condizioni igienico-sanitarie e di temperatura delle pietanze servite (l’attore riferisce che in alcune occasioni sarebbero stati rinvenuti cibi contaminati o cibi avariati –p. 19 e ss citazione); > il mancato rispetto, quanto ai prodotti somministrati, degli standards qualitativi e delle prescrizioni previsti sia nel contratto che nell’allegata “Tabella Prodotti” (doc.9) che nella Carta dei Servizi all.A al contratto, nonché la violazione delle linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica -sub doc.21- e così a mero titolo esemplificativo: prodotti non certificati come OGM free; provenienza extra UE dei prodotti utilizzati per i pasti; assenza di prodotti bio; somministrazione di cibi non previsti in menù o difformi quali per esempio carni macinate, con conservanti o surgelate, pesce macinato e ricomposto, pizza, formaggio non identificabile; arbitraria sostituzione di alcune tipologie di alimenti –gelato al posto del budino-; > non conforme grammatura delle porzioni servite agli alunni; > utilizzo di contenitori di plastica, anche ad elevate temperature, con emanazione di gas e fumi e dunque effetti nocivi per la salute. Singoli episodi (elencati alle pagg.47-48 della citazione) riferiti da CODACONS sarebbero tutti dimostrati dalle “schede di valutazione delle commissioni mensa” (tutte riferite al periodo compreso tra ottobre 2008:doc.12- e giugno 2010:doc.16-) ed avrebbero avuto eco giornalistica, come da articoli di stampa prodotti (docc.7 e 8). Esposti i motivi in diritto per potersi ravvisare legittimazione attiva, omogeneità delle posizioni giuridiche soggettive degli appartenenti alla classe degli utenti del servizio mensa, ammissibilità e manifesta fondatezza dell’azione di classe ex art.140 bis lett.a) Cod.Cons., avanzata quale unica richiesta istruttoria istanza ex art.210 cpc (avente ad oggetto in particolare i contratti tra Mi.RI ed i suoi fornitori, a pag.63 citaz.), l’attore ha concluso domandando: 1) accertarsi e dichiararsi l’inadempimento di MI.RI al contratto intercorso con COMUNE MILANO; 2 2) 3) ordinarsi a MI.RI di porre rimedio alle violazioni contrattuali e di adeguare il servizio di refezione scolastica affidatole da COMUNE MILANO ai dettami della normativa di settore, attraverso eliminazione di alcune tipologie di prodotti, introduzione di alcuni prodotti bio, somministrazione con maggior frequenza di altri, utilizzo di sola plastica per microonde nonché, in generale, ordinarsi alla convenuta di cessare dalle condotte lamentate e di ottemperare alle prescrizioni assunte in forza del contratto de quo; condannarsi la convenuta al risarcimento “anche in via equitativa” dei danni non patrimoniali subiti dai bambini che hanno usufruito del servizio mensa gestito dalla convenuta. Quanto ai presupposti di ammissibilità della prospettata azione di classe privata (diffusamente indicati da pag. 55 ss. citazione), l’attore ha in particolare dedotto che i “diritti individuali omogenei” richiesti di cui all’art. 140 bis Codice del Consumo sarebbero da individuare in capo alla "pluralità di genitori di figli che frequentano scuole il cui servizio di ristorazione è gestito dalla Milano RISTORAZIONE spa" (pag.56 citaz.). La causa, iscritta a ruolo al n.51404/2012 RG, è stata inizialmente assegnata a sezioni civili di questo Tribunale che –di volta in volta- hanno ravvisato il rispettivo difetto di competenza tabellare; è poi pervenuta in questa Settima Sezione civile in data 18.3.2013 ovvero già trascorsa la data di udienza di prima comparizione (indicata sul fascicolo d’ufficio al 10.12.2012 ma non in atto di citazione “uso iscrizione”). Alla prima udienza fissata del 16.5.2013 (nessuno presente per la convenuta) il giudice, richiesti chiarimenti in ordine al danno patrimoniale, ha rinviato al 14.6.2013 per la trattazione collegiale della causa, invitando altresì l’attore a fornire documentazione in ordine alla azione collettiva pubblica già introdotta dinanzi al TAR LOMBARDIA. Nella memoria autorizzata (depositata il 14.6.2013), CODACONS ha precisato che il TAR Lombardia aveva sospeso il procedimento dinanzi a sé pendente, ex art.2 co.2 d.Lgs.198/2009, norma che prevede la sospensione della class action pubblica dovendo invece proseguire quella privata (doc.24) ed ha precisato che, nel caso odierno, si versa chiaramente nel campo di diritti contrattuali dunque tutelabili con l’art.140 bis lett.a) Cod.Cons. o, in subordine, nell’ipotesi di cui alla lett.b) (a pag.6 memoria) e che il petitum della presente domanda è costituito dalla domanda di ristoro dei danni subiti e di restituzioni e non da una finalità meramente inibitoria come è quella dell’azione collettiva pubblica. ****** Nella medesima udienza del 14.06.2013 si è costituita la convenuta MI.RI, con comparsa di costituzione depositata in pari data, eccependo preliminarmente la nullità dell’atto di citazione per omessa indicazione della data di udienza nell’atto notificato. La convenuta MI.RI ha poi eccepito: la carenza di potere di rappresentanza in capo a CODACONS, cui i genitori avrebbero conferito i poteri di rappresentanza iure proprio 3 e non in esercizio della potestà genitoriale sulle figlie minorenni; la carenza di legittimazione attiva “delle piccole attrici” le quali non hanno stipulato alcun contratto né potrebbero aver subito alcun danno patrimoniale (neanche chiesto dagli attori in proprio) e/o non patrimoniale (non adeguatamente dedotto); la carenza di legittimazione passiva di MILANO RISTORAZIONE che è solo –da circa due anni- una mera delegata alla riscossione del pagamento del servizio da parte dei genitori e comunque soggetto del tutto estraneo ai rapporti contrattuali con gli utenti in generale e con le piccole attrici nello specifico; l’inammissibilità della domanda ex art. 140 bis C.d.C. per carenza dei relativi presupposti ed infine, nel merito, l’insussistenza degli inadempimenti lamentati nell’esecuzione del servizio mensa. La convenuta ha poi precisato che tra il nuovo gruppo dirigente di MI.RI e la attuale Giunta Comunale è stato raggiunto un nuovo accordo consensuale che ha dato luogo ad un nuovo contratto di servizio con allegati (prodotto sub lett.E, datato 23.5.2012) sostanzialmente modificativo del contratto azionato e prodotto da CODACONS (doc.5 attore, datato 29.12.2000). Più in particolare, la convenuta ha esposto: 1) insussistenza di rapporto contrattuale diretto tra la convenuta e gli utenti e carenza di legittimazione passiva atteso che: > il contratto su cui si fonda la domanda avversaria è stato stipulato direttamente tra COMUNE di MILANO e MI.RI; >il COMUNE provvede a versare direttamente a MILANO RISTORAZIONE il corrispettivo per la fornitura dei pasti serviti nelle scuole e quest’ultima emette le relative fatture in favore del COMUNE stesso (produce sul punto sentenza G.d.P di Milano doc. K parte convenuta); > il COMUNE è il soggetto che percepisce il contributo forfettario annuale previsto a carico degli utenti, mentre MILANO RISTORAZIONE è una mera delegata alla riscossione dei pagamenti da parte degli utenti; > l’importo versato dagli alunni non costituisce il “prezzo” di una prestazione ma la quota di contribuzione al servizio pubblico di refezione fornito e gestito dal Comune e da quest’ultimo erogato, per il tramite della società convenuta, in regime di “in house”. Da ciò consegue che MI.RI è mero strumento mediante il quale il COMUNE svolge il servizio di refezione scolastica, per cui vi è carenza di legittimazione passiva di MI.RI rispetto alle richieste delle attrici e di CODACONS; 2) 3) difetto di legittimazione attiva delle scolare, in quanto sono i genitori che aderiscono al servizio di refezione scolastica per le figlie ed in quanto non graverebbe sulle piccole il (denegato) danno patrimoniale dedotto dagli attori (i quali, peraltro, nulla specificano quanto al danno non patrimoniale); insussistenza dei presupposti di cui all’art.140 bis Cod.Cons., poiché : > manca il primo requisito di cui alla lettera a) ossia la ricorrenza di un rapporto contrattuale, essendovi semmai un rapporto giuridico tra i genitori ed il COMUNE, con 4 obbligo a carico dei primi di versare un mero contributo annuale commisurato al reddito famigliare; > manca la situazione contrattuale omogenea prevista dalla stessa lett.a) per le situazioni in cui dovrebbero versare i consumatori, posto che l’omogeneità non può riferirsi solo al fatto di usufruire della mensa (come si sarebbe limitato ad indicare l'attore, a pag.56 citaz.), ma essa dovrebbe poter essere riferita a diritti contrattuali ed agli effetti del lamentato inadempimento, mentre nel caso di specie la condotta di MI.RI è suscettibile di essere percepita in termini di gradimento differenti da ciascun consumatore. La convenuta ha difatti contestato che dalle deduzioni e conclusioni avversarie siano desumibili i requisiti per l’individuazione di una classe e della omogeneità della sottostante situazione fattuale e giuridica che legittimerebbe l’azione in via collettiva. Secondo la convenuta, infatti, la categoria dei partecipanti alla classe non potrebbe essere genericamente individuata nella sola appartenenza degli oltre 80.000 utenti che fruiscono dei pasti scolastici, bensì per ogni potenziale interveniente dovrebbe essere accertato e dichiarato ciascun singolo (denegato) inadempimento, esaminandosi per ogni differente posizione soggettiva l’an debeatur e così vanificando la ratio dell’azione collettiva, che presuppone l’esistenza di diritti individuali affini ed uniformi tali da determinare la semplificazione del contenzioso seriale. 4) infondatezza delle doglianze ed assenza di prova in ordine ad esse, poiché MI.RI, sotto la vigilanza di ASL MILANO, ha sempre osservato i criteri di selezione dei prodotti alimentari (di provenienza dal mercato comunitario, a cd.”Km0”, di provenienza biologica, non OGM) ed inoltre perché le lamentele oggi avanzate si riferiscono ad aspetti ormai superati almeno dal 2010 (così per esempio sono stati da allora eliminati i succhi di frutta, le crocchette di totano, le carni macinate e le lasagne) e comunque dal più recente contratto del 2012; 5) infondatezza delle lamentele su grammatura ed equilibrio della dieta, poiché il menù, la quantità e la qualità del cibo sono imposti e controllati dalla ASL; 6) infondatezza e genericità delle contestazioni sull’utilizzo di contenitori di plastica, in quanto contenitori -quando usati- omologati secondo le norme di sicurezza alimentare e muniti di dichiarazione di conformità; 7) manifesta infondatezza dell’azione, essendo prodotte solo schede di valutazione delle Commissioni Mensa, non aventi valore probatorio, in ogni caso ininfluenti perché per lo più relative ad anni 2008/2009 (anteriori all’entrata in vigore dell’art.140 bis Cod.Cons), comunque irrilevanti e non significative le uniche tre del 2010, poichè recanti un giudizio conclusivo in termini quanto meno di accettabilità del servizio mensa; 8) infine, non vessatorietà della clausola contrattuale censurata, ponendo questa una previsione di pagamento a forfait di una quota agevolata, sicuramente più conveniente del pagamento parametrato per ogni consumatore sul numero effettivo dei pasti consumati e dunque sul costo effettivo degli stessi. 5 La convenuta ha dunque concluso chiedendo accertarsi il difetto di rappresentanza processuale di CODACONS, il difetto di legittimazione attiva delle attrici minorenni, il difetto di legittimazione passiva di MI.RI, l’inammissibilità della domanda per insussistenza dei presupposti di cui all’art.140 bis cpc e l’infondatezza nel merito. ****** Autorizzato il deposito di memorie difensive, le parti hanno depositato i rispettivi atti in data 18.9.2013. Parte attrice ha replicato alle deduzioni ed eccezioni avversarie ed in particolare all’eccezione di difetto di legittimazione passiva, in quanto era stata indicata anche la lett.b) dell’art.140 bis a fondamento della domanda (“…diritti identici spettanti ai consumatori finali…anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale…”) ed ha insistito dunque per l’ammissibilità della class action. Parte convenuta ha depositato note difensive nella quali, ribadite le ragioni già illustrate nella memoria costituiva, ha eccepito la tardività della qualificazione attorea effettuata in memoria difensiva, mediante richiamo (non solo all’art. 140 bis co. 2 lett a) Cod.Cons. ma) anche alla lettera b) del citato articolo, ossia all’ipotesi che prescinde “da un diretto rapporto contrattuale” fra le parti in causa. OSSERVATO CHE Prima di esaminare le eccezioni della convenuta e l'ammissibilità dell'azione, è opportuno ricostruite la vicenda che ci occupa, al fine di meglio inquadrarne i contorni, chiarire se possa o meno ravvisarsi un contratto e tra quali parti intercorrente. Nella prospettazione attorea, "quando il genitore, in nome e per conto del figlio, stipula l'apposita modulistica presentata da MI.RI (doc.6) si può ben affermare che il medesimo aderisca, sempre in nome e per conto del figlio, al contratto stipulato tra COMUNE e MI.RI" (pag.16 citazione). La ricostruzione è pienamente condivisibile, senza necessità di ricorrere ad altri istituti (quali quello del contatto sociale o del contratto con effetti protettivi dei terzi) per potersi ravvisare in capo alle minorenni la titolarità di posizioni soggettive rinvenienti dall’adesione al cd. “servizio mensa”. Difatti, chiedendo l'iscrizione al servizio di refezione scolastica sulla scorta del prospetto informativo di cui allo stampato esplicativo (cd. modulo di adesione al servizio, doc.6), il genitore sottoscrittore legittimamente agisce in evidente rappresentanza sostanziale ex lege delle figlie minorenni (art.2 e 320 cc., senza necessità della sottoscrizione della firma congiunta dei due esercenti la potestà genitoriale, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione in quanto non modificativo della struttura e consistenza del patrimonio delle minorenni: cfr. per es. Cass. 7546/2003). Il potere di rappresentanza comporta il potere di assumere tutte le decisioni inerenti la persona del minore (esclusi i diritti personalissimi) come per esempio per la cura e la protezione della persona, per lo sviluppo e tutela della personalità, per l'instaurazione e la gestione di rapporti giuridici patrimoniali facenti capo alla persona del minore. Il potere decisionale andrà attuato, sotto il profilo operativo, mediante legittimazione alla concreta operazione di tutti gli atti materiali, giuridici, negoziali per ed in rappresentanza del minore, ponendo in essere in suo nome atti immediatamente produttivi di effetti nella sua sfera giuridica. La rappresentanza è legale, necessaria e 6 diretta e si estende a tutti gli atti civili del minore; al potere di rappresentare il minore si affianca anche il potere di amministrare il suo patrimonio (art.320 cc). I poteri del rappresentante sono stabiliti direttamente dalla legge ed il titolo per il quale il rappresentante spende e deve spendere il nome del rappresentato sta nella stessa legge, onde appare inutile la spendita espressa del nome del figlio minorenne rappresentato; è, cioè, sufficiente che si sappia che chi agisce è il rappresentante legale del minore e basta che egli intenda, anche tacitamente ma inequivocamente, agire in rappresentanza del figlio. Nel caso concreto, attraverso la "richiesta di iscrizione al servizio di refezione scolastica", il genitore chiede che la scolara usufruisca dell’intero complesso dei servizi forniti da MI.RI (ed il cui oggetto è specificato e dettagliato nel contratto di concessione e di gestione del servizio ed allegati, ripassato tra COMUNE e MI.RI ed al quale occorre far riferimento) e, al contempo, accetta di pagare direttamente (dove l'assunzione dell'impegno economico diretto discende evidentemente dai poteri/doveri insiti nella potestà genitoriale) il costo del servizio alla società concessionaria nonchè affidataria dell'attività di riscossione delle rette (come si apprezza chiaramente dal doc.6 e, soprattutto, dall'integrazione al contratto - doc.5- che richiama la delibera di Giunta Comunale del 24.9.2002 con cui è stata affidata a Milano Ristorazione spa "l'attività di gestione e riscossione delle rette"). Così inquadrata la vicenda, e ravvisata in capo ai genitori la rappresentanza ex lege sostanziale e processuale delle figlie minorenni, sia in occasione della conclusione di accordi negoziali sia nel momento patologico del rapporto (e, dunque, in relazione ai diritti risarcitori e restitutori generati dall’inosservanza al contratto), va sottolineato altresì che la prestazione del serviziomensa in favore dell'UTENTE si fonda su una vera e propria scelta negoziale della parte interessata (potendo i genitori scegliere se aderire o meno alla refezione scolastica), sicchè può senz'altro ravvisarsi la conclusione di un contratto UTENTE-MI.RI, a prescindere dalle modalità della stessa. Il servizio di refezione discende cioè da una scelta volontaria dell'utente (per esso, il genitore) di usufruirne dietro versamento di una retta: il rapporto ha natura contrattuale. Non è dunque corretto ricorrere [come suggerito da parte convenuta con riguardo al contratto COMUNE-MI.RI] alla figura del contratto “a favore di terzo” (ex.art. 1411 cc: contratto rispetto al quale il soggetto beneficiario rimane del tutto estraneo, come dedotto da MI.RI. Semmai, il contratto COMUNEMIRI avrebbe "effetti protettivi verso terzi". Tale figura contrattuale è configurabile ogni qual volta dal contratto sia deducibile l'attribuzione ad un soggetto terzo di un vero e proprio diritto non al conseguimento della prestazione principale, ma alla sua esecuzione con diligenza, tale da evitargli danni. Qui, l'obbligo di comportamento diligente da parte del debitore viene esteso anche al terzo, il quale potrebbe agire per il risarcimento in qualità di creditore della pretesa (in giurisprudenza, per es.Cass. 14488/2004). Infine, se anche la richiesta di iscrizione al servizio di refezione scolastica non costituisse dichiarazione negoziale e dunque incontro di volontà tra due contraenti (e dunque momento perfezionativo di una struttura bilaterale contrattuale diretta tra genitori e MI.RI), la detta iscrizione (pacificamente avvenuta) al servizio mensa rappresenterebbe comunque un contegno negoziale da parte di contraente non professionista, idonea a fondare un vincolo giuridico sorto dal cd. contatto sociale, contatto che ha l'effetto di rendere i soggetti coinvolti non più soggetti qualunque, 7 sciolti da qualsiasi legame. Si consacra cioè un obbligo di prestare il servizio-mensa conformemente ai parametri richiesti dall’Ente concedente, rivolto anche a tutela dell’utente che fa affidamento sulla corretta esecuzione della prestazione: ciò costituisce obbligazione di natura contrattuale. Tutta la disciplina contrattuale tra il COMUNE di MILANO e la società MI.RI SPA, operativa in cd. regime in house, appositamente costituita dal Comune ed interamente controllata dall'Ente nel capitale sociale, è informata a garantire (oltre alla prestazione principale della preparazione e distribuzione dei pasti) che soggetti terzi e minorenni non risultino danneggiati ma anzi tutelati nella specifica e prioritaria esigenza di una alimentazione che sia sana e corretta per la crescita, a tutela del diritto inviolabile alla salute. Il contratto COMUNE-MI.RI viene cioè ad essere integrato da obblighi di protezione versi i terzi, i quali possono agire sulla base del detto contratto facendo valere una responsabilità di tipo contrattuale qualora vedessero pregiudicata la posizione che quel contratto mira a tutelare (così per es.Cass.5067/2010; Cass.Ss.Uu.9346/2002, in riferimento agli obblighi di protezione assunti rispetto allo scolaro sia dall’Istituto scolastico che dall’insegnante). A ciò aggiungasi che, quando il servizio di rilevanza per la collettività è disciplinato dalla specifica Carta dei Servizi emanata dal gestore concessionario (nel caso di specie è rinvenibile in internet quella emanata da MI.RI nel settembre 2006), la detta Carta configura, alla stregua di vere e proprie condizioni generali, autentici diritti contrattuali (indennizzabili secondo casi e modalità individuate) di cui sono titolari gli utenti nei confronti della pubblica amministrazione e del concessionario (si afferma, in dottrina, che il rapporto di utenza assume oggi il carattere della trilateralità, con il nuovo assetto conferito dall'art.101 cod.cons.). Effettuate tali considerazioni, può ora procedersi nell'esame delle eccezioni sollevate dalla convenuta nonché dei presupposti di ammissibilità dell'azione. LE ECCEZIONI A)--Quanto all’omessa indicazione della data fissata per la prima udienza (invero presente solo sull'originale ma non nella copia notificata alla convenuta, che prevale sull'originale a tutela dell'affidamento del destinatario sull'atto ricevuto), si richiamano sul punto i motivi già indicati nell’ordinanza resa all’udienza del 14.6.2012 e si osserva ulteriormente che tale omissione non ha comportato un concreto pregiudizio alle garanzie di difesa e del contraddittorio. La costituzione di parte convenuta ha comportato la sanatoria della nullità, ex comb.disp. artt.163 n.7 e 164 co.1 e 3 cpc ed il contraddittorio è stato tutelato anche mediante deposito successivo di memorie autorizzate. B)--Non ricorre difetto di procura in favore di CODACONS, risultando in modo chiaro ed inequivoco, alla lettura di quella conferita in causa in forma notarile e prodotta (doc.1), che i genitori delle due scolare minorenni l’abbiano rilasciata per intraprendere un giudizio non in proprio, ma in rappresentanza delle figlie minorenni, e dunque proprio in esercizio del potere di rappresentanza ex lege attribuito ai genitori esercenti la potestà e nell’ambito di tali poteri. 8 C)--Non sussiste il difetto di legittimazione attiva delle parti attrici, eccepito da MIRI sotto il profilo dell’estraneità delle scolare al contratto azionato. Innanzitutto, carenza di legittimazione attiva sussiste allorquando taluno, al di fuori dai casi di sostituzione processuale espressamente previsti dalla legge, faccia valere in nome proprio un diritto altrui, ma non anche quando agisca a tutela di un diritto altrui prospettandolo come proprio, il che non ricorre nel caso di specie in cui gli attori, come detto, non agiscono in nome proprio ma "in qualità di esercenti la patria potestà" delle figlie minorenni. La eccezione è dunque infondata, poiché i genitori (come anche ha chiarito l’ente rappresentante CODACONS nella memoria dep. il 18.9.2013) agiscono in giudizio non in nome proprio, bensì in rappresentanza delle figlie minorenni, al fine di far valere e tutelare posizioni soggettive dalle stesse acquisite in forza di contratto di adesione al servizio mensa, parimenti sottoscritto dai genitori in nome e nell’interesse delle figlie. Le scolare minorenni estrinsecano cioè la loro capacità giuridica per il tramite dei genitori legali rappresentanti, sia in occasione della stipula di contratti sia in occasione dell’esercizio dell’azione in giudizio (rappresentanza processuale). Inoltre, per quanto già sopra osservato, non è corretto, secondo la configurazione giuridica operata, affermare che le scolare siano estranee al rapporto giuridico di natura contrattuale instaurato mediante adesione al servizio-mensa. D)-- MI.RI eccepisce il difetto di legittimazione passiva, sotto il profilo della sua estraneità totale a rapporti contrattuali diretti con i genitori o con i figli (p.12 comparsa) essendo mera delegata alla riscossione. Anche in tal caso occorre muovere dalla prospettazione attorea: "La "legitimatio ad causam", attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d'ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata. Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione all'azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l'attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso (Cass.14468/2008). Nel caso di specie, CODACONS afferma l'intervenuta adesione delle piccole utenti finali del servizio-mensa (rappresentate dai genitori) al contratto tra COMUNE e MILANO RISTORAZIONE e, lamentati inadempimenti da parte della convenuta - tenuta all'osservanza degli obblighi in essere con il Comune, degli standards qualitativi del servizio e delle prescrizioni di cui alla Carta dei Servizi-, ne chiede la condanna al risarcimento dei danni patiti dalle stesse utenti. Coerente è dunque la prospettazione offerta da CODACONS quanto alla legitimatio ad causam, sulla quale peraltro non vi sono dubbi nenanche operando valutazioni sostanziali, per quanto prima 9 detto in ordine alla ricorrenza di un rapporto contrattuale. Infine, si considera che MIRI non è mera delegata a riscuotere i pagamenti, ma è affidataria della gestione di un servizio complesso, in tutte le sue fasi. L'AMMISSIBILITA' DELLA CLASS ACTION L'ammissibilità dell'azione svolta prevede una delibazione allo stato degli atti (Cass.9772/2012) dei presupposti richiesti dall’art.140 bis cod.cons. e tra questi, per quanto maggiormente qui rileva, di quelli della omogeneità e della non manifesta infondatezza. A)-- La prima considerazione muove dall’esame delle conclusioni rassegnate da parte attrice. Tali conclusioni sono relative sia ad una richiesta risarcitoria (per danni patrimoniali e non patrimoniali), sia ad una richiesta inibitoria-ripristinatoria avente ad oggetto l’emissione di ordini per l’adozione di misure idonee ad eliminare o correggere le conseguenze dannose delle violazioni lamentate. CODACONS espressamente qualifica (sin dall’intestazione dell’atto) l’azione promossa con riferimento all’art.140 bis cod.cons. dunque come azione risarcitoria collettiva. In relazione ad essa, le conclusioni rassegnate e volte all’emissione di “ordini di fare” a carico di MI.RI (adeguamento del servizio a livelli standard, reintegrazione di alcuni alimenti, eliminazione di altri…) e di “adeguare” il servizio di refezione scolastica ai dettami della specifica normativa (a pag.67 citazione) non sono compatibili con l’azione svolta e sono, dunque, inammissibili. L’azione prevista dall’art.140 bis, invero, è precipuamente finalizzata al ristoro/risarcimento della lesione subita dal diritto del singolo consumatore/utente che agisce e dalla schiera delle situazioni soggettive omogenee facenti capo a destinatari del medesimo illecito (azione individuale proposta collettivamente). Il rimedio dell’inibitoria di atti e comportamenti dannosi, anche contrattuali, appartiene invece alla disciplina di cui agli artt.37-140 Cod.cons. (azioni volte a perseguire interessi collettivi) che assegnano ad un ente rappresentativo (iscritto in apposito elenco ministeriale ex art.139) l’iniziativa per la tutela di un interesse superindividuale e per prevenire comportamenti lesivi a carico di soggetti deboli. Le fondamentali distinzioni tra le due ipotesi (diversità di parti, in quanto nell’azione 140 bis parte sostanziale e processuale è il singolo consumatore, nella azione collettiva inibitoria è invece un’associazione che agisce in nome e per conto proprio a tutela di interessi diffusi di cui è portatrice; nel primo caso il rito è peculiare con riserva di collegialità e prevede una verifica preliminare di ammissibilità, nel secondo è ordinario monocratico; nel primo caso si ha tutela risarcitoria di massa, cioè con deduzione in via aggregata di pretese restitutorie facenti capo a singoli consumatori/utenti, nel secondo si ha tutela inibitoria collettiva a fronte di condotte anticonsumeristiche lesive della classe) va qui sottolineata per affermare in questa sede, di conseguenza, l’inammissibilità di un cumulo ab initio dei due differenti rimedi all’interno dello stesso processo e con lo stesso atto. Il petitum immediato dell’azione collettiva potrebbe essere solo il rimedio inibitorio (o gli altri previsti dall’art.140), ma non la tutela risarcitoria di diritti individuali omogenei; d’altra parte, il singolo consumatore è escluso dall’area dei legittimati ad agire verso gli illeciti collettivi e può avvalersi solo della tutela 10 risarcitoria. Non è dunque consentito al Tribunale procedere congiuntamente all’accertamento dell’illecito plurioffensivo con relativa condanna risarcitoria nonché ordine giudiziale di inibitoria, di rimozione o di porre in essere misure idonee ad eliminare o correggere le conseguenze dannose delle violazioni. Ciò è tanto più vero dopo l’introduzione dell’art.140 bis cod.cons (inserito dalla L.244/2007 e sostituito con L.99/2009) norma che, prevedendo e disciplinando espressamente una forma di tutela collettiva risarcitoria, la esclude senz’altro dal perimetro operativo del precedente art.140, accentuandone la non sovrapponibilità. Non ritiene il Collegio che l’art.6 d.l. 1/2012 (decreto Fare, conv.con L.24.3.2012 n.27), che ha inserito nell’art.140 bis l’inciso “nonché gli interessi collettivi”, possa costituire una modificazione della natura dell’azione in esame ed una trasformazione della stessa in azione di salvaguardia di interessi superindividuali. Difatti, l’introduzione di una tale modificazione risponde all’esigenza, evidenziata da autorevole dottrina, che la classe dei diritti aggregati abbia una sua certa consistenza numerica ed estensione anziché essere riferita ad un gruppo ristretto di consumatori. In sostanza, l’intervento legislativo ha avuto il proposito di garantire che l’azione venga esperita al fine di tutelare un interesse che è sì individuale, ma che debba contestualmente essere realmente ed apprezzabilmente diffuso tra consumatori ed utenti: l'azione di classe è azione rappresentativa, pur sempre rimanendo azione preposta alla tutela dei soli diritti individuali omogenei spettante ad una pluralità di soggetti lesi da un illecito seriale. Il nuovo inciso va dunque inteso alla luce di una interpretazione sistematica che tenga conto del fatto che esso è stato inserito senza ulteriori modificazioni d'altri elementi della norma, in particolare senza modifiche alla disciplina della legittimazione attiva (sicchè risulterebbe interpretazione “creativa” quella che consentisse di ravvisare una legittimazione delle associazioni dei consumatori ad agire iure proprio, quale soggetto esponenziale), delle modalità procedurali, dell’ambito materiale di applicazione della disciplina (così, per esempio, non sarebbe conformabile il requisito dell’ "omogeneità" all’interesse superindividuale collettivo, che è invece ontologicamente unitario). Da quanto detto, discende che le conclusioni rassegnate da CODACONS aventi ad oggetto ordini inibitori o riparatori non siano ammissibili nell’ambito dell’odierna class action (come chiaramente va qualificata la domanda, sia per espressa allegazione dell’attore, sia sotto il profilo del soggetto che agisce). B)-- Quanto al rito dell’azione oggi svolta, si deve sottolineare che (contrariamente a quanto eccepito dalla convenuta) le parti hanno il potere di precisare, in sede di udienza di ammissibilità, le domande già formulate (cfr. ord.Trib.Milano 20.12.2010 in F.It. 2011, I,617), tenendosi conto che la fase di verifica di ammissibilità potrebbe anche articolarsi in più udienze. Ciò è, appunto, accaduto nella presente controversia, in cui CODACONS ha espressamente richiamato anche la lett.b) dell’art.140 bis nella prima memoria autorizzata (a pag.6) e nella seconda memoria (pag.7). Va altresì precisato che l’azione risarcitoria collettiva, in forza delle numerose disposizioni succedutesi nel tempo, può essere esercitata a far data dall’1.1.2010 e trova applicazione soltanto per gli illeciti compiuti dopo il 15.8.2009, cioè per eventi verificatisi a partire dalla data di entrata in vigore della legge. Si deve dunque escludere che possa attribuirsi rilevanza 11 nel presente giudizio (come anche eccepito dalla convenuta) alle allegazioni ed alle emergenze documentali inerenti epoca precedente: al riguardo, si deve rilevare che di dieci schede di valutazione prodotte da CODACONS (ai docc. 12-20) solo cinque (docc.12A, 15,16,18 e 20) si riferiscono ad epoca successiva all’agosto 2009, mentre le altre cinque riguardano fatti ed episodi anteriori alla data detta, sicchè non assumono rilievo alcuno neanche in tale fase di giudizio di ammissibilità. Da parte sua, la convenuta, producendo documenti riepilogativi delle segnalazioni inoltrate dalle commissioni mensa -docc.B,C e D- ne afferma a p.9 della comparsa l'esigua incidenza percentuale sul complessivo servizio-mensa nel Comune di Milano. Omogeneità dei diritti e situazioni omogenee C)-- Fatte tali premesse e precisazioni, si viene all’esame della questione centrale, ossia quella dell’ammissibilità o meno dell’azione, la quale va nella specie esclusa, per carenza di situazione di omogeneità dei diritti individuali tutelabili e, per altro verso, per manifesta infondatezza della stessa. La versione attualmente vigente dell'art.140 bis, a seguito delle modifiche apportate dall'art.6 d.l.1/2012 (convertito in l.27/2012, entrato in vigore il 25.3.2012 e quindi prima dell'introduzione della presente lite), prevede che l'azione di classe sia esercitabile allorchè vi sia una condotta plurioffensiva che danneggi una delle quattro tipologie di situazioni soggettive individuali elencate al secondo comma, purchè i consumatori/utenti versino in situazione omogenea e i diritti lesi siano omogenei. L'omogeneità è il criterio prescelto dal legislatore per l'aggregazione della classe nel processo collettivo e va esaminato quando si facciano valere diritti individuali (e non con riguardo all'inciso interessi collettivi, menzionato nel comma 1, introdotto dall'art.6 citato). Premesso che è sicuramente superata la posizione secondo cui la omogeneità dovrebbe consistere nell'equivalenza del petitum immediato o nell'uguaglianza degli importi richiesti, si osserva che, essendo l'omogeneità un attributo dei diritti individuali azionati, la verifica di essa non si attesta sugli elementi dell'azione, bensì sulle posizioni soggettive. In generale, si può dire che il requisito dell'omogeneità si identifica nella dipendenza del diritto dall'altrui unica condotta commissiva o omissiva (o dal comportamento abituale del medesimo convenuto): la medesima azione o omissione provoca omogenea situazione delle vittime, dunque la pretesa risarcitoria o restitutoria si fonderebbe sul medesimo titolo. Più in particolare, l'omogeneità va rintracciata non solo nella comunanza delle questioni di fatto, ma anche di diritto, ed in cui le questioni personali risultino del tutto inesistenti o marginali, sicchè sono omogenee quelle situazioni soggettive che esprimono questioni comuni prevalenti su quelle individuali (perché altrimenti se ne imporrebbe la trattazione in ciascun procedimento), con la precisazione che l'omogeneità non implica una valutazione comparativa o relazionale tra diritti già dedotti, bensì la ricerca di un ambito analogo che si aggreghi intorno alla posizione dedotta dall'attore proponente l'azione di classe e che abbracci anche pretese altrui (diritto del proponente quale diritto rappresentativo della classe e aggregativo di pretese degli appartenenti ad essa). Ebbene, è evidente che nel caso di specie, in cui si chiede il risarcimento di danni non patrimoniali e di danni morali allegando in modo esplicito il solo profilo della lesione del diritto alla salute (Il danno non patrimoniale è una categoria 12 unitaria, non suscettibile di divisioni in ulteriori sottocategorie. Pertanto, in presenza di una lesione di diritti inviolabili, come quello alla salute, il risarcimento dovrà essere commisurato al peggioramento della qualità della vita effettivamente dimostrato dalla vittima- Cass.11514/2013), la fissazione da parte del giudice dei caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio e dei criteri di adesione (cd. opt-in, comma 9 art.140bis) risulta irrealizzabile, sussistendo questioni personali individuali da accertare che non sono affatto marginali, ma forse superiori alle eventuali questioni comuni agli utenti del servizio reso da MI.RI. Così, per esempio, potrebbe non essere trascurabile la condizione personale (età, sesso, condizioni di salute, allergie, intolleranze alimentari…) quando non anche la caratterizzazione soggettiva (diversi stili di alimentazione, apprezzamento del gusto delle pietanze…) di ciascun utente nella valutazione della insorgenza o meno di un danno alla salute o morale (la cui esistenza ed entità discende da profili individuali molto specifici). Gli aspetti delle condizioni fisiche di partenza, delle situazioni soggettive, psicologiche, comportamentali di ciascun utente comportano una eterogeneità di posizioni che, prima ancora che sulla entità del danno alla salute e morale, si riverbera nella verifica del nesso di causalità tra la condotta del convenuto ed il danno stesso (in particolare, del danno alla salute). Vi può essere cioè una pluralità di fattori causali, di cui solo alcuni astrattamente imputabili al convenuto. In sostanza, l'odierna azione di classe è volta al risarcimento di danni non patrimoniali (alla salute, morali) decisamente individualizzati e non emergenti in via oggettiva. La disomogeneità attiene proprio all'an del danno, non alla sua quantificazione. Come sarebbe possibile affermare che, servendo pasti talvolta freddi o porzioni talvolta scarse o carni macinate e pizza, anziché gli alimenti previsti dalle direttive INRAN (Istituto di ricerca su alimentazione e nutrizione) o dalle Linee Guida per la ristorazione scolastica della Regione Lombardia, o ancora secondo le indicazioni dei livelli di assunzione raccomandati dei nutrizionisti [e sempre che tutto ciò sia dimostrato essere avvenuto in percentuale superiore al 10% dei pasti serviti o con ritardi superiori a 10 minuti: margini previsti nella Carta Servizi], la società MIRI abbia causato oggettivamente e per ciò solo una lesione alla salute dei piccoli utenti (diritto di cui si chiede tutela) determinando dunque un loro diritto risarcitorio non patrimoniale? E' evidente una disomogeneità della situazione tutelanda, non potendo affermarsi che tutti i bambini abbiano subito una lesione (né tantomeno una sofferenza interiore) e, ove questa vi sia stata, potendo il danno o la sofferenza dipendere da altri fattori (per es. soggettivi). Di episodi specifici aventi una chiara, lineare e documentabile efficacia causale (per es., cibi avariati) l'attore ne indica in realtà uno soltanto (aprile 2010, scuola di via Rasori, pag.20 citaz.), ma esso non assume qui valenza alcuna, sia perché l'attore stesso ravvisa la causa dell'episodio collettivo -che avrebbe interessato dieci bambininella generica "assenza di normali requisiti di igiene" (pag.20 citaz.), e così sfumando l'evidenza di una causa efficiente, sia e soprattutto perché non deduce e neanche dimostra che tale episodio (eventualmente lesivo) abbia attinto le odierne parti in causa. E' da dirsi, difatti, che, pur nella caratteristica di complex litigation assunta dall'azione di classe, occorre in primo luogo che il diritto (rappresentativo della classe) sia individuabile in capo al proponente e poi che sia accertabile secondo le regole ordinarie (nel caso di specie, neanche è dedotto che le due sorelline frequentino la scuola di via Rasori). Infine, non giova all'ammissibilità dell'azione che la richiesta di 13 risarcimento dei danni non patrimoniali sia avanzata dall'attore in via equitativa (il che peraltro è metodo normale di liquidazione previsto dalla norma): è' vero infatti, quanto ai danni non patrimoniali, che la durata nel tempo e l'intensità della sofferenza non assumono rilevanza ai fini dell'esistenza del danno ma solo per la quantificazione del risarcimento, ma l'adozione del criterio equitativo puro attiene alla liquidazione del danno e non alla verifica dello stesso, considerato che condizioni di corretta applicazione del criterio medesimo sono quelle del suo collegamento al danno specifico e della sua personalizzazione, comunque ineludibile. Infine, nel caso di specie, neanche soccorre a fini liquidatori la Carta dei Servizi (come sarebbe consentito dal co.12 dell'art.140 bis), poiché quella attualmente in uso nulla prevede circa i casi e le modalità di "indennizzo". La manifesta infondatezza D)-- In relazione alla domanda risarcitoria per danno patrimoniale pari alla somma corrisposta dai genitori per un servizio di somministrazione non goduto previa dichiarazione del carattere vessatorio del criterio di determinazione una tantum del costo della prestazione, se ne deve rilevare la manifesta infondatezza. Innanzitutto si precisa che il detto giudizio riguarda una prognosi in iure, e non una delibazione fattuale. La richiesta di danni patrimoniali appare ictu oculi inaccoglibile, in applicazione dei principi generali in materia di clausole vessatorie a tutela del consumatore (artt.33 e 34 II co), per la iniziale considerazione che pur sempre l'utente, nella sua autonomia, può scegliere se iscrivere o meno il figlio al servizio di mensa scolastica (nella qual scelta, tuttavia, concorrono in genere motivi non unicamente dipendenti dall'entità patrimoniale della retta da versare, bensì da esigenze organizzative domestiche). Inoltre, per la considerazione che il corrispettivo (trattasi in realtà di "quota di contribuzione") risulta individuato, in modo chiaro e comprensibile, sulla scorta di parametri determinati, e cioè in base al livello di reddito familiare (tanto da essere prevista anche la gratuità del servizio, doc.6), con considerazione già stimata di assenze, sospensioni o riduzioni del servizio per ipotesi eccezionali (scioperi, assemblee, elezioni..) nonché con previsione di "rimborso parziale" per assenze dell'utente per almeno 30 giorni consecutivi. L'entità della quota contributiva annuale, peraltro, è di molto inferiore a quella che sarebbe sviluppata dall'assegnazione -al singolo pasto dell'utente- del valore economico per esso previsto nel contratto COMUNE-MIRI e nel relativo business plan (cfr. contratto di servizio indicato dall’attore e prodotto sub doc.5, del 29.12.2000, nonché quello prodotto dalla convenuta sub doc.E, del 23.5.2012), il che significa proprio che trattasi non di prezzo corrispettivo del valore del pasto, ma di quota contributiva, la cui adeguatezza sfugge alla censura di vessatorietà. Per quanto tutto esposto, dunque, l'azione risarcitoria proposta non va ammessa, per mancanza di omogeneità e per manifesta infondatezza. Quanto alle spese di lite, tenuto conto del totale rigetto delle eccezioni preliminari al merito sollevate dalla convenuta e della delicatezza dei diritti di cui alla richiesta di tutela, si reputa equo compensarle integralmente tra le parti. 14 Ai sensi dell'art.140 bis cod.cons. co.8 va disposto che CODACONS dia pubblicità alla presente ordinanza, mediante pubblicazione del dispositivo nel proprio sito internet ufficiale, per il periodo di 30 giorni consecutivi a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione della presente ordinanza, e nel quotidiano Corriere della SeraInformazione locale Milano- nel secondo giorno successivo a tale comunicazione. PQM Il Tribunale di MILANO in composizione collegiale, visto l'art.140 bis D.Lgs.206/2005, così provvede: dichiara inammissibile l'azione proposta da CODACONS nei confronti di MILANO RISTORAZIONE SPA; compensa integralmente le spese del giudizio tra le parti; dispone che l'attrice dia pubblicità della presente ordinanza, mediante pubblicazione del suo dispositivo nel proprio sito internet ufficiale, per il periodo di 30 giorni consecutivi a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione della presente ordinanza, e nel quotidiano Corriere della Sera - Informazione locale Milano- nel secondo giorno successivo a tale comunicazione. Si comunichi. Milano, 26 settembre-9 dicembre 2013 Il giudice relatore dott. Luisa Vasile Il Presidente dott. Domenico Piombo 15