CONTRATTI Arbitrato secondo diritto- Lettera di intenti- Contratto di comodato- Contratto di locazione – Inadempimento – Risoluzione del contratto. Una società, la quale offriva prestazioni sanitarie aveva concluso con un’altra società una serie di accordi, poi tramutati in un contratto di comodato e in uno di locazione, relativi all’utilizzo di un immobile. Successivamente sorgevano dei conflitti: in primo luogo relativi all’esecuzione dei due contratti e, in secondo luogo, in seguito al rifiuto da parte della società che offriva l’immobile a sottoscrivere domanda di inizio attività per l’ampliamento di un servizio da inoltrare all’amministrazione comunale. Il rifiuto era motivato dalla cattiva situazione in cui si trovava la società fornitrice delle prestazioni. In seguito a ciò essa depositava ricorso ex art. 700 c.p.c. ritenendo immotivato il rifiuto di sottoscrivere la denuncia di inizio attività. Il giudice accoglieva la sua richiesta. Successivamente a tali fatti, la società fornitrice di prestazioni sanitarie proponeva domanda di arbitrato. L’attrice chiedeva che venisse dichiarata inadempiente la società convenuta per quanto pattuito nei contratti tra di loro stipulati. Inoltre, richiedeva che venisse rilevata la violazione da parte della resistente dell’obbligo di autorizzare la società attrice le opere funzionali volte ad accrescere le sue potenzialità e la sua efficienza, e, in particolare, la violazione del precedente indicato DIA; infine di obbligare la società convenuta a sottoscrivere nel futuro tutti i documenti necessari a tal fine e a condannare la suddetta società a rifondere la società attrice i danni patiti e che saranno patiti dalla stessa in ragione della suddetta violazione. La società convenuta, invece, chiedeva, in primo luogo, di dichiarare risolto di diritto il contratto di comodato, in quanto l’attrice non aveva provveduto, nei termini indicati nel contratto, a dare corso al contratto di locazione e, in secondo luogo, di ordinare alla società attrice di rilasciare immediatamente l’immobile. Il collegio, per quanto riguarda la prima domanda della ricorrente, metteva in evidenza che, al momento del deposito della domanda, l’inadempimento consisteva esclusivamente in due DIA, che avrebbero dovuto essere depositate all’ufficio tecnico del comune. Denunce che poi, la parte convenuta aveva sottoscritto a seguito dell’ordinanza emessa dal tribunale. Gli arbitri ritenevano di non discostarsi dalla posizione del giudice ordinario e ritenevano che tale inadempimento non aveva prodotto nessun danno alla parte attrice. Per quanto riguarda, invece, la domanda relativa all’obbligo per la resistente di sottoscrivere tutti i futuri contratti, per gli arbitri non poteva essere accolta, in quanto oggetto del quesito è un’obbligazione futura e indeterminata. Di conseguenza viene respinta anche la domanda di risarcimento, in quanto si basava su un danno puramente ipotetico. Proprio in riferimento a quest’ultimo punto, il collegio precisava che neppure poteva essere richiesto il risarcimento per lucro cessante, in quanto, come mettevano in evidenza gli arbitri riprendendo la posizione della Cassazione (Cass. 7647/1994), “presuppone almeno la prova, sia pure indiziaria, della utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta e deve essere escluso per quei mancati guadagni che sono meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, quali quelle legate a un improbabile fatto di terzi”. Invece, in riferimento alla prima domanda riconvenzionale della società convenuta, il collegio arbitrale riteneva di non poter dichiarare risolto di diritto il contratto di comodato, in quanto la società attrice non aveva esercitato la facoltà di recesso, ma la facoltà di passaggio dal regime di “comodato” a quello di “locazione”. Spiegava, infatti, il collegio che le parti avevano sottoscritto un contratto di locazione la cui efficacia o i cui effetti, erano differiti a una data certa (tre anni) o incerto evento (accreditamento). E poiché l’accreditamento non si è verificato, il contratto di locazione aveva acquistato piena efficacia alla scadenza dei tre anni. Conseguentemente non vi era nessuna ragione per la restituzione dell’immobile.