REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LUCCA Il Tribunale di Lucca in persona del G.I. dott. Francesco Terrusi in funzione di Giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado di giurisdizione, iscritta al n. 2210/98, promossa da M.R. e I.F., sia in proprio che quali genitori esercenti la patria potestà sulla figlia minore M.C., elettivamente domiciliati in Lucca, presso e nello studio dell'avv. Gian Felice Cesaretti, dal quale sono rappresentati e difesi come da delega in calce all'atto di citazione. ATTORI contro V.L.E., elettivamente domiciliata in Lucca, presso e nello studio dell'avv. Carlo Sbragia, dal quale è rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente all'avv. Ugo Ruffolo come da delega a margine della comparsa di costituzione e risposta. CONVENUTA Con la chiamata in causa di SOCIETA' R. ASSICURAZIONI in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Lucca, presso lo studio dell'Avv. Ernesto Rinaldi, dal quale è rappresentata e difesa per delega in calce alla copia notificata dell'atto di citazione per chiamata in causa. INTERVENUTA IN CAUSA Conclusioni per gli attori: "Piaccia al Tribunale contrariis reiectis, condannare V.L.E., previa declaratoria di responsabilità contrattuale ed extra contrattuale della stessa, all'integrale risarcimento, in favore degli attori, di tutti i danni dai medesimi subiti, sia in proprio, che quali genitori esercenti la patria potestà sulla figlia minore M.C., danni loro derivanti dal mancato esercizio del diritto alla scelta, che si quantificano in Euro 600.000,00 per l'attore M.R., in Euro 600.00,00 per l'attrice I.F. ed in Euro 400.000,00 per la minore M.C., e così nella complessiva somma di Euro 1.600.000,00 od in quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa". Conclusioni per la convenuta: "Voglia il Tribunale adito, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione respinta, in via principale: rigettare le domande tutte ex adverso formulale in quanto inammissibili, improponibili, e, comunque, infondate in fatto e in diritto, ed in ogni caso non provate; IN VIA SUBORDINATA: dichiarare tenuta e condannare la Società R. Assicurazioni, in persona del l.r.p.t., a tenere indenne la Dott.ssa V.L.E. per qualsivoglia statuizione e condanna dovesse essere formulata a carico della convenuta in esito al presente procedimento. IN VIA ISTRUTTORIA: - ordinare agli attori ex art. 210 c.p.c., di esibire in giudizio la cartella rilasciata dalla Regione Toscana alla Sig.ra I. e contenente le annotazioni effettuate ad ogni visita dalla Dott.ssa V., e al Sig. P.P. la prima polizza di cui trattasi stipulata dalla Dott.ssa V. con la R. Ass.ni nel mese di aprile dell'anno 1992; - ammettere prova per testi e per interrogatorio formale degli attori (questi ultimi limitatamente ai capitoli 1-2-3-4-5-6 e 8) sui seguenti capitoli di prova: 1) Vero che, in data 14.02.1996, la Sig.ra I.F. entrata nella dodicesima (XII) settimana di gravidanza calcolata dall'ultima mestruazione (27.11.1995), si presentò presso lo studio professionale della Dott.ssa V. che l'aveva già assistita in occasione della precedente, gravidanza, richiedendo di essere da lei seguita nelle successive settimane di gestazione? 2) Vero che la prima gravidanza si era svolta con modalità assolutamente regolari e conclusasi nel novembre del 1993 con la nascita della prima figlia C.? 3) Vero che alla prima visita (XII settimana) la Sig.ra I.F. fu sottoposta ad esame ecografico, che rilevò un feto di normali dimensioni per l'epoca gestazionale e con attività cardiaca "presente"? 4) Vero che le successive ecografie vennero effettuate dalla Dott.ssa V. alla ventiduesima settimana (XXII) e alla trentesima (XXX) settimana, rispettivamente il 24.04.96 e il 20.06.96? 5) Vero che la Dott.ssa V. rivide la gestante per l'ultima volta il 14.08.96, quando la cliente rientrò dalla villeggiatura? 6) Vero che la Dott.ssa V., dopo ogni visita, ha rilasciato alla Sig.ra I. la relativa fattura per il pagamento effettuato? 7) Vero che ogni, sera, la segretaria della Dott.ssa V., Sig.ra D.V., "spuntando" le visite effettuate, esaminava le fatture emesse per ricontrollare la regolarità formale e l'esattezza dei dati delle pazienti? 8) Vero che la Sig.ra I. ad ogni visita come di prassi, consegnava alla Dott.ssa V. la "cartella" predisposta dalla Regione Toscana nella quale la dottoressa registrava l'anamnesi, le date degli esami e delle viste effettuate? 9) Vero che, la Dott.ssa V., nel mese di novembre 1993, si recò presso la R. Assicurazioni, con la quale aveva stipulato una polizza di responsabilità civile professioni sanitarie, richiedendo l'innalzamento del massimale di garanzia e l'inserimento della clausola riportata sotto la voce "Rischi Accessori" 10) Vero che il Sig. P.P., agente della predetta compagnia di assicurazioni, venendo incontro alle richieste ed alle necessità assicurative della cliente, dopo essersi consultato anche con la direzione generale, inserì sotto la voce "rischi accessori" quanto evidenziato in polizza assicurando più volte la Dott.ssa V. che con la stessa, così come integrata, sarebbero stati assicurati e coperti anche i danni a persone e a nascituri derivanti dalla effettuazione di erronee o inesatte diagnosi ecografiche? 11) Vero che la Dott.ssa V., il 23.11.93, si determinò a rinnovare il contratto di assicurazione (sub doc. 5 memoria istruttoria dd. 10.01.2001), esclusivamente in ragione delle rassicurazioni del Sig. P.P., meglio specificate sub capitolo 9? In via subordinata Istruttoria - nella denegata ipotesi in cui l'Ill.mo Giudice adito Volesse ammettere il capitolo di prova di cui al punto C n. 2) della memoria autorizzata di parte attrice dd. 15.01.01, si chiede di essere ammessi a controprova e, comunque, a prova indiretta su tali capitoli, e, quindi che l'Ill.mo Giudice Voglia ammettere prova par testi e per interrogatorio formale dell'attrice sui seguenti capitoli di prova: 12) Vero che la Dott.ssa V. era solita, già in occasione del primo appuntamento, sottoporre la paziente ad esame ecografico? 13) Vero che la Sig.ra I., durante la prima visita effettuata presso l'ambulatorio della Dott.ssa V., era sola? Si indicano i seguenti testi; 1) La Sig.ra D.V., residente in via xxx Lucca, per i capitoli sub 6), 7), 8), 12) e 13); 2) Dott. A.B., residente in via xxx, Lucca, per i capitoli sub 9), 10) e 11); 3) A.P., presso la sede della R. Ass.ni in Lucca, piazza xxx sui capitoli 9), 10) e 11); 4) F.G., presso la sede della R. Ass.ni in Capannori, (Lu); via xxx sui capitoli sub, 9), 10) e 11). Con vittoria di spese, competenze ed accessori, oltre I.V.A. e C.N.P.A. come per legge. Conclusioni per la terza chiamata: "Per il rigetto della domanda attrice perché inammissibile improponibile e comunque non provata. In caso di condanna della convenuta conclude per il rigetto della domanda di manleva in quanto non operativa la polizza intercorsa tra la V. e la società esponente per i motivi di cui alla comparsa di costituzione e risposta o, in subordine accoglimento nei limiti di polizza". Svolgimento del processo Con citazione notificata il 7.7.1998 R.M. e F.I., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sulla minore C.M., convenivano in giudizio L.E.V., medico ginecologo, e proponevano domande di risarcimento dei danni conseguenti alla nascita di un bambino malformato (F.M.); nascita imputabile ad errore professionale della convenuta. Esponevano, in sintesi, che la V. aveva eseguito esami ecografici in XI e in XXI settimana di gestazione, senza rilevare che il feto era portatore delle gravi malformazioni poi evidenziatesi alla nascita: una di tipo scheletrico (emimelia dell'arto superiore destro) e una di tipo cardiaco (atresia della valvola tricuspide con difetto del setto interventricolare). Sostenevano che le indicate malformazioni erano state facilmente evincibili dagli esami ecografici e che l'errore aveva leso il diritto di scelta della madre circa il fatto se interrompere la gravidanza. Allegavano danni patrimoniali, da lucro cessante per le necessità della madre di limitare l'attività lavorativa in funzione delle esigenze di assistenza del figlio e per spese - anche future - per assistenza; nonché danni non patrimoniali correlati al turbamento subito e alle consequenziali limitazioni della propria qualità della vita; danni patiti anche dalla sorellina di F., per i sacrifici connessi alla necessità dei genitori di riversare maggiori attenzioni e cure nei confronti del fratello handicappato. Radicatosi il contraddittorio, la V. contestava la pretesa sul rilievo che gli esami ecografici, da essa eseguiti sulla luglio in XI, XXI e XXIX settimana, e gli esami di laboratorio non avevano evidenziato neppure il sospetto di eventuali anomalie del feto. Negava pertanto di essere in colpa, anche in relazione al disposto ex art. 2236 c.c., e contestava, ad ogni modo, la sussistenza delle condizioni per l'interruzione della gravidanza, vuoi in rapporto allo stato della gravidanza medesima in XI settimana, ex art. 4 della legge n. 194/78, vuoi in relazione ai limiti evidenziati nel disposto ex art. 6 della legge cit. La convenuta provvedeva, comunque, alla chiamata in causa della R. assicurazioni S.p.A., a scopo di garanzia per l'ipotesi di accoglimento della domanda principale. L'ente assicuratore, costituendosi a sua volta, negava l'operatività della garanzia, essendo la polizza contratta dalla V. limitata alle lesioni corporali causate dal medico (per fatto proprio o delle persone delle quali egli dovesse rispondere ai sensi di legge). La causa veniva istruita con prove orali e produzione di documenti. Era disposta ed espletata una c.t.u. medico-legale. Indi, precisate le conclusioni, la causa passava in decisione all'udienza del 6.10.2006. Motivi della decisione I. - La pretesa risarcitoria di cui è causa trova presidio nel disposto ex art. 6, lett. (b), della legge n. 194/78, ai sensi del quale l'interruzione della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Consegue che non possiedono rilevanza, nel caso di specie, le primarie obiezioni di parte convenuta modulate sulla carenza delle condizioni di cui all'art. 4 della legge n. 194/78. II. - Rispetto al disposto ex art. 6, lett. (b), cit., devesi dar seguito all'orientamento giurisprudenziale oggi prevalente, sintetizzato nella considerazione che, in caso di gravi malformazioni fetali, si assume come normale - id est, corrispondente a regolarità causale - che la gestante, se informata correttamente sulla gravità delle patologie del nascituro, interrompa la gravidanza (Cass. 29.7.2004, n. 14488; Cass. 21.6.2004, n. 11488). Cosicché, ove vi sia difetto di informazione da parte del medico, per omessa diagnosi prenatale impeditiva del diritto della madre di scegliere l'aborto, il medico risponde dei danni, patrimoniali e non, conseguenza immediata e diretta del suo inadempimento. Poiché trattasi di responsabilità di stampo contrattuale, non compete alla gestante, in ossequio al disposto ex art. 1218 c.c., l'onere della prova della gravità della colpa del medico, sebbene a quest'ultimo l'onere della prova dell'impossibilità della prestazione diagnostica e della derivazione di tale impossibilità da causa a lui non imputabile (Cass. 21.6.2004, n. 11488; Cass. 4.3.2004, n. 4400; Cass. 10.5.2002, n. 6735). In base alle coordinate del citato complessivo orientamento - cui in questa sede si presta convinta adesione - è possibile argomentare come segue. III. - La gravità delle malformazioni da cui il piccolo F. è risultato affetto alla nascita è indiscussa. La c.t.u. invero ha consentito di verificare che F.M. è nato (il xxx) con (a) "focomelia" (anomalia congenita degli arti per incompleta formazione), specificamente discendente da agenesia dell'omero associata ad agenesia del radio e delle prime tre dita della mano destra; (b) "atresia della tricuspide", vale a dire mancanza di ogni comunicazione tra atrio e ventricolo di destra per l'assenza della valvola tricuspide. Il profilo della "rilevante anomalia o malformazione del nascituro", previsto dall'art. 6, lett. (b), legge n. 194/78, devesi quindi compiutamente apprezzare come sussistente. IV. - E' un dato di fatto che le ridette rilevanti anomalie non sono state diagnosticate dalla convenuta durante gli esami ecografici compiuti in XI, XXI e XXIX settimana. Parte convenuta assume che ciò sia avvenuto senza sua colpa, anche in relazione al limite segnato dal disposto ex art. 2236 c.c. Trattasi di affermazione puramente assertoria, non riscontrata da alcun sostanziale elemento. Il contrario invero risulta dalla c.t.u., la quale, redatta con esaustiva indagine e congrua metodologia, ha precisato che "la visualizzazione dei quattro arti è, nello studio dell'anatomia fetale, la fase che richiede più tempo agli operatori esperti e che risulta di più difficile apprendimento. Tuttavia si tratta di un accertamento di routine (...) che ordinariamente non implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, ma piuttosto l'esercizio, oltre che della perizia che si può legittimamente pretendere da un ecografista ostetrico, di speciale prudenza e diligenza". Giustamente ha sottolineato il c.t.u. che "qualora la posizione del feto non consenta nel corso dell'esame di apprezzare con sicurezza la presenza dei quattro arti, prudenza vuole che la gestante sia invitata a ripresentarsi nuovamente lo stesso giorno, o nei giorni successivi, per un ulteriore accertamento in condizioni più favorevoli. In altri termini, la visualizzazione dei quattro arti rappresenta l'id quod plerumque accidit dell'esame ecografico: pertanto la mancata diagnosi di una condizione di focomelia rimanda a una difettosa prestazione professionale". Rispetto a consimile, limpido ragionamento a nulla vale opporre la limitazione di responsabilità prevista dal disposto ex art. 2236 c.c. E questo per almeno due concorrenti motivi. In primo luogo perché la limitazione prevista dalla citata norma rileva nei soli casi di colpa per imperizia, laddove dalla c.t.u. emergono chiari elementi nel senso di una colpa per difetto di prudenza e di diligenza. In secondo luogo perché l'onere della prova, in ordine alla contingente speciale difficoltà della prestazione diagnostica, tale da comportare una deviazione dalla serie argomentativa incentrata sul carattere routinario dell'accertamento, incombeva al medico; il quale, invece, si è limitato a tessere meri asserti privi di specifico riscontro. V. - Poiché, in presenza di gravi anomalie o malformazioni del nascituro, si presume che la donna, se correttamente informata, interrompa la gravidanza per l'insorgenza di un grave pericolo quanto meno per la sua salute psichica (ipotesi che, nella specie, il c.t.u. ha oltre tutto evidenziato come assai verosimile in concreto, sulla base dei disturbi dell'adattamento riscontrati nella I. post partum), devesi concludere - essendo mancata qualsivoglia concreta indicazione di segno contrario a onere della convenuta - nel senso dell'indubbio apprezzamento dell'an respondeatur. E difatti le istanze istruttorie reiterate dalla V. in sede di precisate conclusioni si rivelano ininfluenti agli specifici fini. VI. - Devesi pertanto stabilire se, rispetto all'inadempimento, sussistano conseguenze dannose risarcibili per equivalente. Parte attrice allega innanzi tutto danni non patrimoniali a tipo danno esistenziale, sostenendo, praticamente, che la vita di entrambi i genitori (è stata e) sarà costantemente condizionata dal negativo stato di salute del figlio, con sacrificio del tempo libero e delle prospettive di realizzazione al di fuori dell'ambito domestico per la necessità di sopperire alla precaria condizione del bambino. Di una simile complessa situazione - ancora si afferma - risentirà anche la sorella di F., nel corso della sua crescita. Non è dubbio che l'allegazione così sommariamente esposta rientra in pieno nell'alveo concettuale del danno esistenziale propriamente inteso. Un danno che - dopo molte incertezze - ha trovato nella più recente evoluzione giurisprudenziale una sua specifica collocazione a mezzo del rilievo che è tale quel pregiudizio che incide "sul fare aredittuale del soggetto", mediante alterazione delle abitudini di vita e degli assetti relazionali che gli erano propri, "sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno" (Cass. sez. un. 24.3.2006, n. 6572). Un danno, soprattutto, che ove allegato e dimostrato nelle circostanze comprovanti l'alterazione, per effetto dell'illecito, delle pregresse abitudini di vita, va liquidato senza una previa determinazione su base tabellare, sebbene secondo prudente apprezzamento caso per caso. Tanto considerato, non è dubbio che un danno di tipo esistenziale debba considerarsi, nella specie, conseguenza ontologicamente certa dell'inadempimento della V. E questo perché è assolutamente ovvio - senza necessità di ricorrere ad artifici verbali - che la nascita di un bambino polimalformato, con rilevanti anomalie di tipo scheletrico e di tipo cardiaco, determina per sua natura, nei genitori, uno sconvolgimento delle future prospettive di vita e una correlativa necessità di adeguamento alle necessità del figlio di tutte le più disparate forme di realizzazione personale. In questo senso appare evidente la differenza che, ai fini dell'apprezzamento della prova in ordine alla ontologica esistenza di un danno esistenziale, distingue lo specifico ambito nel quale la presente vicenda si inserisce. Giacché qui, rispetto - ad esempio - alle fattispecie di danno esistenziale da demansionamento (su cui si è espressa Cass. sez. un. 24.3.2006, n. 6572), la inferenza in ordine alla effettività di un'alterazione delle abitudini di vita dei genitori e di una compromissione dei rispettivi assetti relazionali può ritenersi ragionevolmente presunta in base al mero dato della nascita del figlio gravemente malformato e bisognoso di continua assistenza. La riparazione di un simile danno sfugge a una precisa determinazione, al pari di ciò che accade con riferimento all'altra tipologia di danno non patrimoniale - qual è il danno da turbamento transeunte che esso pure certamente va apprezzato con riguardo alla posizione degli attori, e che, peraltro, va ritenuto un minus della proiezione futura delle conseguenze non patrimoniali sull'intera vita dei danneggiati. In via equitativa, si reputa conforme a giustizia liquidare, a ciascuno dei genitori, il complessivo importo, in moneta attuale, di Euro 300.000,00. Il riflesso della predetta condizione sugli assetti di vita dell'altra figlia configura - esso pure - un pregiudizio di tipo esistenziale ontologicamente certo, che si aggiunge alla mera sofferenza, acuta ma contingente, dovuta alla nascita del fratellino handicappato. In chiave risarcitoria, sembra possibile liquidare, a siffatto titolo, l'importo di Euro 100.000,00. VII. - La domanda non può invece trovare accoglimento con riguardo ai costi di assistenza e alle perdite derivate dalla necessità della madre di limitare la propria vita lavorativa in funzione delle esigenze del figlio. Il primo profilo è dedotto alla stregua di danno emergente, ma in modo generico. Nulla invero è evidenziato al fine di minimamente apprezzare se e quali esborsi, non a carico del servizio sanitario nazionale, potranno incidere in futuro sul patrimonio familiare, sì da rappresentarne una sicura perdita. Il secondo profilo risente di eguale lacunosità, essendo dedotto alla stregua di lucro cessante un fatto - la limitazione dell'attività di lavoro - che non risulta provato nel presupposto. I documenti prodotti sub lett. D della memoria I. ex art. 184 c.p.c. rappresentano reiterate (e sempre respinte) domande di concessione di part-time, senza tuttavia alcuna indicazione in ordine alla retribuzione percepita. La stessa prova della fruizione delle possibilità offerte dalla legge n. 104/92, che pure è stata fornita per documenti, non assume rilevanza in mancanza di dati in ordine al reddito da lavoro dipendente. Donde, ove anche in astratto si convenisse in merito alla perdita di future prospettive di miglioramenti nel lavoro, nessuna conseguenza se ne potrebbe trarre ai fini del mancato guadagno. VIII. Devesi, in ultimo, esaminare la domanda di garanzia della convenuta V. nei confronti dell'ente assicuratore. La domanda è fondata per le ragioni che seguono. Contrariamente a quanto obiettato dalla R., la polizza posta al fondo della domanda ebbe ad assicurare il rischio derivante dall'esercizio di un'attività professionale così specificata: "Attività esercitata: Medico specializzato in ginecologia ed ostetricia che effettua interventi chirurgici svolge la sua attività, in qualità di aiuto ospedaliere, presso l'ospedale di Lucca a tempo pieno nonché presso Istituti di cura ed ambulatori privati". Nondimeno, quanto ai rischi cd. accessori, la stessa polizza risulta aver previsto che "la garanzia è estesa alla responsabilità civile derivante all'assicurato dalla detenzione e/o uso di diatermocoagulatori, coloscopio ed ecografo". Poiché il rischio assicurato comprende la garanzia "per la responsabilità civile a lui (assicurato) derivante (...) dall'esercizio dell'attività professionale sotto specificata"; e poiché detta attività professionale espressamente contempla il rischio accessorio da uso di ecografo, devesi concludere che è arbitrario affermare l'esclusione dalla garanzia delle ipotesi di responsabilità professionale derivate da errata diagnosi ecografica. Tanto è sufficiente per disattendere l'eccezione formulata dall'ente assicuratore. Consegue che la R. va condannata a rilevare indenne la V. dagli oneri economici conseguenti alla di lei responsabilità, secondo la disciplina dettata dall'art. 1917 c.c. IX. Spese processuali alla soccombenza, con carico solidale alla convenuta e all'ente assicuratore. Condividendosi l'impostazione di Cass. sez. un. 24.7.1981, n. 4779, sembra utile osservare che la R., costituendosi in giudizio, aderì innanzi tutto alle difese del chiamante, contrastando il fondamento stesso della pretesa risarcitoria di cui al rapporto processuale tra gli attori e la convenuta. Rileva pertanto il principio di diritto in base al quale "il chiamato in garanzia impropria il quale, oltreché resistere alla domanda del chiamante, contesti anche l'esistenza dell'obbligazione di quest'ultimo verso l'attore, assume la posizione di interventore adesivo dipendente - perciò di parte accessoria - con la conseguenza che se la domanda principale viene accolta, rimane soccombente, insieme all'adiuvato, nei confronti dell'attore, verso il quale è tenuto al pagamento in solido delle spese processuali" (Cass. 22.1.1987, n. 577). Tenuto conto dei principi di causalità e di globalità, che stanno al fondo del disposto ex art. 91 c.p.c., stimasi equo compensare le spese nei rapporti tra la convenuta e la società chiamata in causa. P.Q.M. Il Tribunale di Lucca, definitivamente pronunciando, così decide: - condanna la convenuta al risarcimento dei danni in favore degli attori, in proprio e nella qualità indicata in citazione, danni complessivamente liquidati in Euro 700.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; - condanna la R. a tenere indenne la convenuta dall'esborso di cui sopra; - condanna la convenuta e la compagnia assicuratrice, in via tra loro solidale, alle spese processuali sostenute dagli attori e al ristoro delle spese di c.t.u., liquidando le prime in Euro 4.600,00 per diritti, Euro 9.000,00 per onorari ed Euro 750,00 per spese vive; - compensa le spese nel rapporto tra la convenuta e la società. Così deciso in Lucca il 17 gennaio 2007. Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 2007.