Area tematica: Beni culturali demoetnoantropologici e musei etnografici in Italia. Paesaggio e comunità locale. Costumi. Moda. Il costituendo gruppo di ricerca comprende oltre alla docente-coordinatrice, studenti, laureandi, dottorandi, ricercatori, designer, artisti, artigiani, stilisti, direttori di musei e operatori museali attivi, per ora, principalmente in Lombardia. Riconosciuto in Francia alla fine della presidenza di Giscard d'Estaing, che affidò l'incarico di formalizzarlo a Lévi-Strauss, incarico poi mandato avanti da Isac Chiva, consulente Unesco e specialista dell'antropologia delle comunità locali, il Patrimoine Ethnologique, “Patrimonio Etnologico”, venne istituito nei primi anni del 1980. Il modello francese ha influenzato, circa due decenni dopo, l'istituzionalizzazione in Italia dei beni culturali etnoantropologici, avvenuta in un primo tempo nel 1998 e in secondo tempo grazie al decreto legislativo del 22 gennaio 2004, meglio conosciuto come Codice Urbani. Tuttavia l’istituzione italiana presenta una configurazione interessante e connota un’eccezione che merita di essere meglio conosciuta a livello europeo/internazionale. A partire dal 1998, la Direzione Generale del ministero dei Beni Culturali e le soprintendenze hanno adottato la dicitura "Beni architettonici, storico-artistici ed etnoantropologici". Anche se i decreti governativi hanno perso la "D" di demoetnoantropologici - peraltro ancora rivendicata da alcuni -, beni culturali etnografici si sono affermati e fatti conoscere in Italia con la sigla DEA – i demoetnoantropologici appunto. A partire dagli anni 1970, il fenomeno della nascita, in gran parte su spinta di associazioni o collezionisti locali, di circa 1000 musei e raccolte che con le loro diverse denominazioni rientrano nel settore DEA, è considerato come un fenomeno epocale della storia e dell'antropologia dell’Unità d'Italia. La mappatura del patrimonio museale antropologico nazionale presenta itinerari territoriali contrastanti che denotano politiche culturali regionali molto diverse. Rientrata in Italia da poco, la docente-coordinatrice ha acquisito esperienza di ricerca museologica e museografica presso il Musée de l'Homme e il Musée National des Arts et Traditions Populaires di Parigi. Considerati, fino a prima delle drastiche trasformazioni che li hanno stravolti, i più importanti musei di antropologia a livello nazionale. Il Musée de l'Homme ha ceduto le sue collezioni a quello che è diventato, su volere del presidente della repubblica Chirac, il nuovo Musée du quai Branly a Parigi; mentre il Musée des Arts et Traditions Populaires, ha chiuso battenti nel 2005, in attesa dell'apertura del nuovo MUCEM (Musée des Civilisations de l'Europe et de la Méditerranée) a Marsiglia. Le attività dell'area tematica si articolano intorno a due pacchetti di progetti: i progetti in corso (quelli portati in valigia da Parigi) e i progetti nuovi (quelli che guardano al futuro a partire da Milano). Fra i progetti di ricerca portati in valigia da Parigi: Christian Dior, Vestito da sera ricamato, Collezione Autunno–Inverno 1951-1952 © Musée de la Mode et du Costume, Parigi Ragazze mòchene con i costumi delle loro nonne. Primi anni 2000. © Istituto Culturale Mòcheno/Bersntoler Kulturinstitut, Palù del Fersina (TN) ° Artigianato di lusso a Parigi: i ricamatori dell'alta moda Progetto di lungo corso di cui una parte dei risultati sono già stati utilizzati in francese per la mostra e il catalogo Artisans de l'élégance (éditions de la Réunion des Musées Nationaux, Parigi). I materiali usati per i ricami sono stati identificati grazie alla collaborazione dei tecnici della Rhône Poulenc. Adesso è in corso la versione rimaneggiata e notevolmente ampliata italiana in previsione di un volume illustrato. L'elaborazione è a metà percorso. E' stata già effettuata una prima parte della campagna fotografica, la seconda rimane da fare. Vista l'esigenza di foto tecnologiche che siano contemporaneamente scientifiche ed estetiche, il fotografo scelto è Bruno Le Hir de Fallois (ha fotografato la collezione privata di tessili asiatici Riboud poi donata al Musée des Arts Asiatiques Guimet di Parigi). Da questo progetto ne sta nascendo uno nuovo sulle vie di commercio delle perle europee e il loro uso come oggetti di scambio con culture di altri continenti. ° Costumi delle Alpi italiane. Saggio critico. Progetto in fase iniziale avviato nel 2004 a seguito di un Laboratorio istituzionale su etnografia e museografia di due collezioni di costumi del Trentino, coordinato presso il Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali dell'Università di Verona. E' prevista una pubblicazione con illustrazioni. Il progetto di pubblicazione si presta a diventare una mostra online che si potrebbe concepire in collaborazione con il Disco. ° Patrimonializzazione degli alberi. Comparazioni mediterranee. Avviato nell'ambito dell'afferenza alla cattedra Antropologia della natura di Philippe Descola al Collège de France (Parigi), il progetto è giunto ad una fase intermedia di elaborazione in francese. Si iscrive in problematiche legate ai cambiamenti in corso del concetto stesso di "patrimonio" forestale, inteso sia in senso familiare che ambientale-paesaggistico, che alla questione dalla creazione politica di Parchi di diverso tipo (locali, regionali, nazionali, Unesco). Castagno secolare, 2007. Desulo. (NU) © Eugenio Zanda I progetti nuovi guardano al futuro a partire da Milano, si articolano principalmente sul territorio regionale e tengono conto delle varie difficoltà che stanno attraversando i musei e i beni culturali etnografici della Lombardia emerse nel corso del convegno "Dal campo al museo", svolto nel novembre 2008 a Galbiate (LC). Convegno che si è concluso con un invito al dialogo fra università e musei. Tale conclusione è stata colta al volo e fatta sua dalla nostra area tematica. I progetti che si stanno sviluppando sono parecchi tutti confluiscono in un programma federativo articolato sulla linea direttrice che prevede la creazione di una Lavorazione del lino. Primi anni 1960. © Museo del lino, Pescarolo e Uniti (CR). ° Vetrina dei musei etnografici lombardi a Milano. Il territorio della Lombardia in città. Un progetto museografico che richiede un grosso lavoro di ricerca scientifica come risulta dal pre-progetto di massima già presentato qualche anno fa all'attenzione dei funzionari regionali. Per ora accantonato, l'installazione era stata prevista presso un'ala dell'ex Manifattura Tabacchi in Viale Fulvio Testi. Una vicinanza che l'università di Milano-Bicocca dovrebbe, tramite il CREAM e il CResM fare sua e iscrivere nelle politiche culturali da sostenere ed appoggiare presso le autorità competenti. Preparazione delle reti nel canòt, 2003. Ossuccio (LC). © Massimo Pirovano-Museo Etnografico dell'Alta Brianza. Logo REBEL. All'interno del CREAM, il programma di ricerca sul progetto vetrina REBEL a Milano prende spunto da ciò che è emerso dall'insegnamento sperimentale "Cultura materiale e museologia" (avviato per la prima volta nell'anno accademico 2008-2009 presso il Corso di Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Ethnologiche, Facoltà Scienze della Formazione): cioè che i musei etnografici si stanno trasformando da "dispensatori di informazioni a generatori di esperienze". Esso si sta articolando intorno ad una convenzione con REBEL, acronimo di RETE dei MUSEI e dei BENI ETNOGRAFICI LOMBARDI, le cui competenze esterne afferenti al CREAM, saranno inserite fra quelle del CResM in quanto suscettibili di coinvolgere altri suoi aderenti. In effetti fra i principali obiettivi di REBEL che potrebbero interagire con le competenze del CResM figurano: attivazione di un sito, catalogazione digitale online fra i musei aderenti alla rete, creazione di un laboratorio collettivo di bonifica e restauro (sull’esempio di quello del Centro di dialettologia e museografia di Bellinzona). Prof.ssa Marinella Carosso, coordinatrice dell'area tematica Milano 29 settembre 2009