La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi dell

La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi dell’infertilità maschile
La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi
dell’infertilità maschile: rivalutazione di risultati e letteratura
Percutaneous vesiculodeferentography in the diagnosis of
male infertility: A review of our results and the data reported
in the literature
F.M. Solivetti *, A. Drusco, G. Pizzi, F. Elia, C. de Mutiis, M. Teoli, D. Bacaro
Struttura di Radiologia e Diagnostica per immagini, IRCCS S. Maria e S. Gallicano, IFO Roma
* Corresponding author. F.M. Solivetti, Via Città della Pieve 19, Roma 00191, Fax 06.52666733
E-mail address: [email protected]
Sommario La Vesciculodeferentografia, esame utilizzato in passato nei casi di sospette
ostruzioni delle vie seminali, è stato negli anni oggetto di numerosi studi allo scopo di migliorarne
la tecnica di esecuzione e renderla meno invasiva. Attualmente è indicata solo in casi selezionati, in
associazione a un’indagine funzionale quale il Seminal Tract Washout e prevedendo un
contemporaneo - o in via subordinata, successivo - atto terapeutico.
Ovviamente, peraltro, la procedura - ipso facto - prevede il prelievo di materiale dalla seminale e
ciò può consentire una successiva procedura di fecondazione assistita in vitro.
Parole chiave: Vesciculodeferentografia, Ecografia transerettale; Infertilità.
Abstract Vesiculodeferentography was used in the past to evaluate suspected cases of
obstruction of the seminal ducts. Over the years, numerous attempts have been made to improve
the technique used to perform this examination and to render it less invasive. Its use is currently
indicated in selected cases, where it is combined with functional studies like seminal tract washout
and followed by immediate interventions to correct the alterations revealed.
Vesiculodeferentography includes collection of the contents of the seminal vesicles, which can later
be used in in vitro assisted fertilization procedures.
Key words: Vesiculodeferentography; Transrectal sonography; Infertility
La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi dell’infertilità maschile
Introduzione
Storicamente, l’infertilità ha rappresentato da sempre un problema sentito in tutte le società: i primi
riferimenti risalgono ad alcuni papiri egiziani del 2200 a.C. e numerosi sono i passi biblici
sull’importanza della procreazione (“…prolificate, moltiplicatevi e riempite il mondo…” – Genesi,
1:28) e sulla concezione di maledizione divina sull’infertile (“…registrate questo uomo con la
dicitura senza figli…”- Geremia, 22:30) [1]. Ad Ippocrate (460-370 a.C.) si deve il primo trattato
sul seme, mentre sarà la medicina romana a riconoscere, come causa del declino della fertilità,
l’avvelenamento da piombo, la promiscuità dei rapporti sessuali ed il ricorso a bagni caldi; inutile
dire che almeno parte di tali condizioni sono ancora oggi considerate significative in tal senso.
I dati italiani dimostrano che, su 240.000 nuovi matrimoni/anno, a 2 anni ben 48.000 coppie
scoprono di avere difficoltà a concepire, per cui oltre 20.000 di esse all’anno chiedono consulenza
medica per infertilità e circa la metà si sottopongono a trattamenti di fecondazione assistita [2].
Nella Tab. 1 sono riportati i dati di prevalenza di coppie senza figli, segnalati in varie casistiche,
rilevate nella letteratura internazionale [3]. Studi epidemiologici sulla popolazione generale
riportano una percentuale di concepimento dell’80-85% entro 12 mesi di rapporti liberi [4]. Le
restanti coppie, che non ottengono gravidanze entro due anni, hanno destini diversi: la metà di esse,
senza anomalie andrologiche e ginecologiche, otterrà comunque una gravidanza entro i successivi
sei anni [5], mentre, in presenza di oligo-asteno-teratospermia medio-severa, solo il 22-35% delle
coppie avrà una gravidanza spontanea in un periodo di dodici anni successivi [6].
E’ riportato in letteratura [7] che la fertilità di una coppia correla con la frequenza coitale e con l’età
della donna, in misura maggiore rispetto all’età dell’uomo, che risulta meno significativa; tuttavia,
uomini in età avanzata hanno un eiaculato peggiore, sia in termini qualitativi che quantitativi. Il
numero degli spermatozoi è minore, sono meno mobili e sono più frequenti le anomalie
cromosomiche, che poi talora conducono anche ad aborti spontanei [8].
Numerosissimi sono gli studi volti ad analizzare i fattori influenzanti la fertilità; le cause
sicuramente riconosciute sono :
1. il fumo di sigaretta [9],
2. l’esercizio fisico, la dieta e le variazioni del peso corporeo [10], peraltro meno evidente per
il maschio [11],
3. fattori psico-emozionali [12],
4. patologie mediche e chirurgiche, tra le quali, per quanto concerne il maschio, sono
primariamente chiamati in causa il varicocele, il criptorchidismo e le orchialgie acute (sia da
torsioni funicolari che dalle meno conosciute “spermatorragie”, microrotture del tubulo
epididimario, descritte da Schoysman sin dal 1981),
5. farmaci (chemioterapici, antiblastici ma anche antibiobici, metoclopramide, cimetidina,
fenotiazine, ecc.), agenti chimici (stupefacenti, prodotti dell’industria della plastica) e fisici
(ipertermia, radiazioni),
6. infezioni pelviche e malattie sessualmente trasmesse.
E’ ben noto che il problema infertilità, coinvolgente circa il 15-20% delle coppie, riconosce come
causa dominante [13]:
• per il 30-40% una patologia maschile,
• per il 30-40% una patologia femminile,
• per il 20% una patologia di entrambi,
• per il restante 10-20% una causa idiopatica.
Nella Tab. 2 sono riportate le percentuali di incidenza delle varie patologie, responsabili
dell’infertilità maschile, in varie casistiche tratte dalla letteratura.
La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi dell’infertilità maschile
Tabella 1 Coppie senza figli in alcune nazioni sviluppate (Strickler, 1997)
Paese
Anni
Prevalenza (%)
Canada
1886
–
1901 14,6
1911
–
1916 14
1926
–
1931 8,4
1951
–
1956 15,4
1961
13,5
1971
16,3
1981
21,5
Danimarca
1984 – 1987
13
Scozia
1945 – 1988
14
Svezia
1810 – 1870
13,6
Stati Uniti
1965
13,3
1982
13,9
1988
8,4
Tabella 2 Eziopatogenesi dell’infertilità maschile
Patologia associata
Dubin e Amelar, 1971 Van Zyl, 1975 WHO, 1966
Behre, 1994
(%, su 1294 pz)
(%, su 596 pz) (%, su 7057 pz) (%, su 7802 pz)
Infezioni
-
26
6,6
9,0
Varicocele
39
24
12,3
16,6
Anomalie cromosomiche 3
12
2,1
-
Criptorchidismo
4
3
-
8,5
Endocrinopatie
9
2
0,6
8,9
Ostruzioni
7
3
-
1,5
Idiomatica
38
30
48,5
31,7
Sessuale
-
-
1,7
5,7
K. testicolo
-
-
-
2,3
Malattie sistemiche
-
-
-
5,0
La Vesciculodeferentografia percutanea nella diagnosi dell’infertilità maschile
L’incidenza dell’infertilità di coppia (ed in particolare di quella secondaria a fattori maschili) è
ovviamente destinata ad aumentare, a causa dei fattori sociali - che innalzano sempre più l’età
media della prima ricerca di gravidanza - e delle modificazioni ambientali [14].
Una parte relativamente modesta delle cause maschili di infertilità, dal 30 al 67% degli azospermici
( Dubin 1971, Hendry 1983, Jequier 1985, Micic 1987, Jarow 1989, Pryor 1992 ), è sostenuta da
occlusione-stenosi delle vie seminali, tipo di patologia di particolare interesse, poiché
potenzialmente curabile chirurgicamente.
L’ostruzione del dotto eiaculatore è evidenziata clinicamente dalla comparsa di sintomi, quali
eiaculazione dolorosa, dolore penieno, emospermia e infertilità [15,16].
Le cause di tali disordini possono essere congenite o acquisite. Tra le prime vi sono l’atresia o
stenosi del dotto eiaculatore, l’uretere ectopico, le cisti utricolari, mulleriane o dei dotti di Wolff,
che possono comprimere i dotti eiaculatori [17]; tra le cause acquisite, sono da ricordare le
procedure con cateteri o endoscopi a livello uretrale, le infezioni o infiammazioni, l’ostruzione da
calcoli [18].
In molti casi, tuttavia, tali ostruzioni sono da considerarsi di tipo idiopatico.
Sebbene la diagnosi di infertilità ostruttiva non necessiti di diagnostica per immagini, è evidente che
il successivo tentativo di correzione della stessa è possibile solo se si conoscono sede e
caratteristiche dell’ostruzione ed è proprio su questo punto che abbiamo focalizzato la nostra
attenzione e in particolare sull’uso della vesciculodeferentografia (VDG).
Materiali e Metodi
Partendo dalla nostra esperienza di VDG non chirurgica, iniziata negli anni ‘80, abbiamo effettuato
una ricerca bibliografica - tramite Pub Med e la valutazione di testi specifici, reperiti in varie
biblioteche universitarie e di IRCCS - usando, nel primo caso, come parole chiave,
vesciculodeferentografia, ostruzione dei dotti eiaculatori, infertilità maschile, imaging delle vie
seminali e prendendo in considerazione studi effettuati dal 1979 ad oggi; sono stati inoltre rivalutati
tutti i libri di urologia e di radiologia urologica pubblicati negli ultimi 5 anni e che siamo stati in
grado di reperire. Tutto ciò allo scopo di valutare il giudizio degli altri Autori sul ruolo e la funzione
della VDG nell’iter diagnostico e terapeutico dell’infertilità maschile.
La VDG è, per definizione, la metodica diagnostica radiologica che valuta la morfologia e la
pervietà delle vie seminali distali.
Ideata da Belfield (1913), che sin dal 1903 descriveva una farmacoterapia iniettiva
intradeferenziale, si deve a Boreau la realizzazione di un’opera (1935) in lingua francese, riedita nel
1974 in inglese, sull’imaging radiografico delle vie seminali, che è servita a diffondere la tecnica
[19,20].
Effettuata per esposizione chirurgica del deferente, la sua diffusione ha fatto nascere le tendenze
“endoscopiche”, che nel 1949 trovavano in Merricks il suo propugnatore; nonostante l’evoluzione
della tecnologia delle attrezzature urologiche, tuttavia, la cateterizzazione endoscopica dei dotti
eiaculatori è rimasta poco diffusa, per la difficoltà di esecuzione - legata alla sede dello sbocco degli
orifizi, in posizione postero-laterale sul veru montanum - la fragilità dei dotti ed i rischi di
infezione ascendente [21,22].
Didatticamente, la VDG può essere classificata in: anterograda o retrograda, per cateterizzazione
diretta dei dotti eiaculatori o per puntura diretta, transrettale o transperineale.
L’approccio tradizionale chirurgico, prevede che, in anestesia locale, si esteriorizzino i deferenti su
pinza di Allis, delicatamente denudati delle loro tuniche per circa 1 cm e messi in tensione tra due
loops vascolari [23,24].
Si procede poi ad incannulamento del lume referenziale, con ago Butterfly 25 G corto (9,5 mm),
tecnica che, in mano esperte, non provoca danno locale [25], rendendo la manovra teoricamente
ripetibile più volte sullo stesso paziente; alcuni Autori, peraltro, paventando stenosi secondarie,
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prediligono tecniche di incannulamento previa deferentotomia [26,27].
Si inietta poi un mezzo di contrasto non ionico nelle vie seminali, riprendendo radiogrammi (e
visualizzando la progressione in tempo reale, su catena televisiva) in proiezione antero-posteriore e
“a bacino aperto”, secondo Chevassu; progressivamente si opacizzano il deferente, le ampolle
deferenziali, le vescicole seminali, i dotti eiaculatori, e, alla fine, si avrà reflusso del contrasto in
vescica.
Le complicanze comprendono la stenosi deferenziale (da incannulamento o da reazione flogistica al
mezzo di contrasto), l’ischemia (da trazione, lesione o spasmo dei vasi deferenziali), gli ematomi ed
il granuloma spermatico.
La VDG è peraltro, intuitivamente, una metodica discretamente invasiva, che necessita di anestesia
e che può essa stessa essere causa di ostruzione della via seminale, oltre ai potenziali danni indotti
dalle radiazioni ionizzanti.
Nel tentativo di ovviare al danno derivante dalla preparazione chirurgica dei vasi deferenti,
considerate le difficoltà di approccio endoscopico, Meyer, nel 1979, propose un accesso, alla cieca,
attraverso l’ampolla rettale, direttamente alle vescichette seminali, per tramite di ago [28].
Ovviamente, tale procedura risultava abbastanza traumatizzante e la sterilità non era certamente
garantita dal tipo di approccio.
Esattamente 20 anni or sono pubblicammo un breve articolo dal titolo: ”Vesciculodeferentografia
transperineale sotto guida ecografica: prime esperienze” [29], nel quale codificavamo l’accesso, per
via transperineale, attraverso il cosidetto “triangolo di sicurezza”, sotto controllo ecografico, con
sonda endorettale biplana, direttamente alle vescichette seminali.
In altre parole, utilizzavamo, adattato alle seminali, il sistema di prelievo, ben noto e codificato
dalla letteratura, impiegato per le biopsie prostatiche e raffinato da anni di attività multicentrica
(Fig.1,2).
Nello specifico, veniva impiegato un ago da 18G e, previa anestesia locale, dopo aver cercato di
aspirare materiale dalla vescichetta, allo scopo di studiare morfologia e numero degli spermatozoi,
nonché a fine biochimico, si provvedeva ad iniettare mdc, direttamente sotto scopia radiologica.
Si otteneva pertanto, in una serie di circa 70 casi, nell’80% di essi, una corretta documentazione
della via seminale, prima da un lato e poi eventualmente dall’altro, dai tubuli dell’epididimo sino, in
assenza di ostruzione, allo sbocco in vescica.
A
Fig. 1. Il vesciculogramma seminale
transrettale nella norma.
Il mezzo di contrasto viene iniettatto attraverso
l’ago (teste di frecce) per opacizzare la
vescicola seminale di sinistra, l’ampolla del
vaso deferente (freccia piccola) ed il dotto
eiaculatore (freccia grande).
Il mezzo di contrasto si spande in vescica (A),
un segno che indica la pervietà del dotto
eiaculatore.
Nel 50% circa dei casi di ostruzione abbiamo osservato stravaso di mdc nei tessuti molli adiacenti
alle vescichette seminali od intorno all’ago, provocato dalla elevata pressione del mdc in vie
seminali ostruite e non ulteriormente dilatabili; siamo personalmente convinti che la metodica abbia
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provocato la disostruzione di numerose vie seminali suboccluse, grazie alla pressione esercitata dal
contrasto, e ciò appare confermato da un significativo miglioramento del seminale, dopo la manovra
diagnostica, in circa il 20% dei Pazienti.
Questo nostro lavoro ottenne una brillante serie di rifiuti alla pubblicazione, sulle più importanti
riviste internazionali dell’epoca, per lo più giustificati da una riferita impossibilità di esecuzione o
dall’eccessiva difficoltà tecnica.
In realtà, l’intera procedura durava meno di 20’, era facile da eseguire, a patto che le vescichette
seminali, controllate ecograficamente prima di organizzare l’atto, fossero ben distese, con adeguata
astinenza, e non avemmo mai alcuna complicanza infiammatoria, grazie anche ad una successiva ed
adeguata copertura antibiotica, protratta per 5-7 gg.
Successivamente, Abe, nel 1989 [30], ed Asch, nel 1991 [31], ripresero ed adattarono,
probabilmente senza esserne a conoscenza, la nostra metodica, approcciando però le vescichette
seminali per via transrettale, utilizzando una sonda ecografica end-fire.
Questo tipo di accesso è ovviamente più agevole e richiede una curva di apprendimento certamente
più corta ed ha il vantaggio di essere meno doloroso, con peraltro l’ovvio potenziale rischio di
fenomeni infiammatori, particolarmente importanti e pericolosi, visto il contesto.
Con questa tecnica, Jones pubblicò un elegante articolo su Radiology, nel 1997 [32], utilizzando
aghi da 17G x 30cm, ottenendo buoni risultati iconografici e recuperando significativa quantità di
materiale seminale dalle vescichette in numerosi casi.
In particolare, il gruppo di Jones applicò tale tecnica su 12 pazienti, senza utilizzare anestetici,
tranne nei casi in cui l’esame era completato con una procedura invasiva di ricanalizzazione del
dotto eiaculatore.
Gli autori ponevano in rilievo l’importanza dell’utilizzo della via transrettale, soprattutto per il
ridotto numero di complicanze, la migliore interpretazione delle immagini della via riproduttiva nel
suo tratto più distale, la possibilità di pungere o aspirare cisti prostatiche o periprostatiche e di
effettuare la disostruzione - nel corso dell’indagine stessa - dei dotti eiaculatori risultati non pervi.
Procedure similari sono state effettuate da Killi, nel 1999 [33], e da Apaydin nel 2004 [34].
Nel secondo studio, in particolare, sviluppato su 10 pazienti, veniva utilizzato mezzo di contrasto
ecografico (Levovist®, Schering, utilizzato in soluzione con blu di metilene), e ciò chiaramente
consentiva di valutare il passaggio del contrasto attraverso le ampolle, fino in vescica, ma non, vista
la metodica di imaging, di valutare i vasi deferenti propriamente detti.
Inoltre, tale studio testava l’efficacia di tale tecnica, associata alla resezione per via transuretrale dei
dotti eiaculatori, nella disostruzione delle stenosi distali, e anch’esso dimostrava la maggiore
efficacia di tale metodica, rispetto a quelle usate precedentemente, ed il minore numero di
complicanze, oltre che, come già riportato negli studi precedenti, una facile esecuzione tecnica. Più
recentemente Lawler, nel 2006, ha proposto una plastica endoluminale delle vie seminifere occluse,
utilizzando un catetere a palloncino, previa vesciculo-deferentografia per via transrettale; anche
questo lavoro riporta risultati diagnostico-terapeutici molto interessanti [35]. La VDG, peraltro,
riesce a visualizzare con chiarezza solo anomalie relativamente eclatanti e si è dimostrato, inoltre,
che eventuali alterazioni radiologiche delle vie seminali non escludono pervietà funzionali delle
stesse e, soprattutto, che VDG normali possono nascondere ostruzioni su base funzionale [36]. Da
questi dati, pertanto, deriva la necessità di associare, nella stessa sede e momento, alla VDG una
tecnica di studio funzionale, in particolare il Seminal Tract Washout - STW – [37,38].
Il STW consiste nel lavaggio anterogrado delle vie seminali, a partire dal tratto più prossimale del
dotto deferente.
Questa indagine, e la conseguente conta degli spermatozoi recuperati in vescica (Sp-STW),
consentono di accertare se a valle dell’epididimo transitino spermatozoi (un Sp-STW = 0 e una
gametogenesi più o meno conservata alla biopsia testicolare provano una ostruzione totale della via
prossimale a livello dell’epididimo o intratesticolare). Quando l’Sp-STW è migliore dell’esame del
seminale è provato un disturbo di svuotamento eiaculatorio delle vie seminali distali, con stasi
spermatica nelle stesse. Il STW si effettua infondendo (dopo aver incannulato i deferenti come per
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la VDG) 25-30 ml per parte di soluzione di fisiologica, con 0,5 ml di blu di metilene al 10%,
valutando grossolanamente la resistenza offerta dalle vie seminali al passaggio del liquido di
lavaggio (si apprezza generalmente una progressiva riduzione della resistenza, per rimozione del
denso materiale delle vie seminali). Il liquido recuperato in vescica, tramite cateterismo o con le
prime due minzioni, viene centrifugato ed utilizzato per la conta spermatozoaria (Sp-STW). In
soggetti selezionati, con ipoposia, oligoazoospermia, riduzione dei markers biochimici vescicolari e
vescicole seminali dilatate in ecografia, Colpi [36] ha recuperato un elevatissimo numero di
spermatozoi nella vescica, al termine del STW eseguito in corso di VDG. L’assenza di ostruzioni a
livello dei dotti eiaculatori confermava in questi pazienti la presenza di un disturbo funzionale dello
svuotamento delle vie seminali distali [39]. Successivamente il STW è stato applicato in corso di
VDG a soggetti con subostruzioni anatomiche, congenite ed acquisite, delle vie seminali distali, ed
infine, con opportune modifiche, è stato utilizzato per recuperare spermatozoi, per una successiva
fecondazione assistita, nelle aneiaculazioni neurologiche e nelle subostruzioni postflogistiche dei
dotti eiaculatori [40] divenendo così un STW terapeutico. Nulla vieta, teoricamente, pur non
esistendo letteratura in tal senso, di effettuare un STW nel corso di una VDG con puntura diretta,
con qualsivoglia approccio, delle vescichette seminali.
Fig. 2. Puntura delle vescicole seminali tramite
guida TRUS; una scansione trasversa mostra
l’iperecogenicità della punta dell’ago nella vescicola
seminale di destra.
Conclusioni
Considerato che la RM delle vie seminali ha significativi limiti, legati al basso potere di risoluzione
spaziale e che i tentativi di studio delle vie seminali con TC multistrato non sono concettualmente
facilmente accettabili, vista la dose raggi alle gonadi ed al paziente in genere che essi comportano,
possiamo affermare che la VDG, nelle infertilità ostruttive, ha un suo ben preciso e limitato spazio,
soprattutto come studio di sede di patologia, quale fase preliminare di trattamento, chirurgico o,
molto meglio, mini-invasivo.
Un ruolo relativamente significativo, inoltre, può essere ancora svolto dalla metodica in ambito
oncologico, ove può occasionalmente essere importante dimostrare l’invasione della vescichetta
seminale da parte di una neoplasia - prostatica o di altra origine - con maggior sicurezza e dettaglio
rispetto alla RM.
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Comunque, risulta intuitivo che la “diagnostica chirurgica invasiva”, letteralmente considerata, non
ha più indicazione, in quanto un atto del genere non può oggi essere effettuato solo a scopo
diagnostico: esso deve infatti prevedere un contemporaneo atto terapeutico, inteso sia come
riparazione - micro- o endo- chirurgica - di alterazioni delle vie seminali eventualmente
diagnosticate, sia come recupero di spermatozoi, per una successiva fecondazione assistita.
Bisogna, tuttavia, ricordare che nella diagnostica per immagini attuale, deve essere valorizzato il
ruolo dell’ecografia di base, che può, di per se stessa, in casi clinicamente ben inquadrati, essere
suggestiva di una patologia ostruttiva, specie con le sofisticatissime attrezzature di ultima
generazione ed eventualmente sfruttando, come indicatori di funzione, le variazioni delle stesse,
prima e dopo eiaculazione, utilizzando, se possibile, la tecnologia in 3D, molto più sensibile alle
variazioni volumetriche.
Conflict of interest statement: None declared
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