Incontri educativo-informativi sul tema della fertilita’ Attivita’ sportiva e funzionalita’ gonadica Andrea Fabbri, Matilde Calanchini UOC di Endocrinologia, Polo Ospedaliero S. Eugenio & CTO A. Alesini, Università Tor Vergata, Roma L’infertilità rappresenta un problema di salute sociale dal momento che, secondo l’OMS, circa il 15% delle coppie in età fertile nei Paesi occidentali ne è affetta. In circa il 30% l’infertilità riconosce un fattore maschile, nel 35% dei casi un fattore femminile, nel 20% dei casi entrambi i fattori ed infine nel 15% delle coppie l’eziologia rimane sconosciuta. Dall’osservazione di E. Carlsen nel 1992 in cui si riportava un calo del 50% nella conta spermatica negli ultimi 50 anni, sono stati successivamente approfonditi gli studi sui possibili effetti nocivi dell’ambiente sulla spermatogenesi. E’ stato ipotizzato che alcuni fattori ambientali comuni possano determinare non solo infertilità, ma anche essere causa della crescente incidenza di tumore del testicolo, criptorchidismo e ipospadia, agendo durante la vita fetale e neonatale. L’insieme di queste patologie viene definita come “la sindrome di disgenesia testicolare”, sottintendendo che queste patologie riconoscono fattori di rischio comuni. Tra questi, i fattori ambientali influenzerebbero il numero e la funzionalità delle cellule del Sertoli, del Leydig e degli spermatogoni, e rappresenterebbero un fattore di rischio per successive patologie del tratto riproduttivo. Tra i fattori ambientali maggiormente chiamati in causa vi sono gli interferenti endocrini (IE). Secondo la definizione adottata dalla Unione Europea “un IE è una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione”. Si tratta di sostanze caratterizzate dalla capacità di interferire negativamente nei processi di sintesi, secrezione, trasporto, metabolismo, interazione recettoriale o eliminazione degli ormoni. Gli IE agiscono con diverse modalità: possono imitare l’attività biologica di un ormone legandosi al recettore con effetto agonista o possono legarsi al recettore senza attivarlo (effetto antagonista); possono inoltre combinarsi con le proteine di trasporto nel sangue, modificando i livelli plasmatici ormonali ed interferire con i processi metabolici. Gli effetti dannosi degli IE sulla compromissione della capacità riproduttiva si esplicano soprattutto per effetto del loro legame a recettori nucleari, quali il recettore estrogenico e androgenico. In via generale è possibile raggruppare questi composti in cinque categorie principali: 1) farmaci o estrogeni sintetici (ad es. il dietilstilbestrolo); 2) pesticidi; 3) plastificanti e prodotti derivanti dalla combustione del PVC (ma anche della carta e delle sostanze putrescibili), come le diossine; 4) sostanze di origine industriale, come i bisfenoli; 5) sostanze naturali, come i fitoestrogeni. Si tratta di un ampio gruppo di sostanze che spazia da contaminanti ambientali persistenti, a composti utilizzati come fitosanitari od antiparassitari, a composti utilizzati in prodotti industriali e di consumo ed infine a composti naturali come i fitoestrogeni. Inoltre gli IE costituiscono un problema di bioaccumulo, determinato da un'esposizione costante, ripetuta e prolungata nel tempo. E’ ormai evidente che gli IE possano avere effetti a basse dosi, al di sotto della dose tossica riconosciuta, sottolineando la necessità di verifiche scientifiche più approfondite per la definizione di dose sicura. Prevenzione e fattori di rischio dell'infertilità – 18 giugno 2012 Incontri educativo-informativi sul tema della fertilita’ Altro punto di interesse riguarda le interazioni che i vari IE possono avere tra loro, con possibili effetti additivi o sinergici, e la presenza di suscettibilità individuali. In primis, va considerata l’età in cui avviene l’esposizione agli IE. Esistono, infatti, dei periodi definiti “finestre critiche” in cui lo sviluppo del sistema riproduttivo è maggiormente vulnerabile ad eventuali influssi di agenti esterni. Tali periodi corrispondono a intervalli di tempo limitati, caratterizzati da una serie di eventi particolarmente significativi per lo sviluppo morfologico e funzionale, come il periodo cruciale per lo sviluppo della gonade maschile tra la VIII e la X settimana di gestazione. Accanto all’età va considerata la suscettibilità individuale su base genetica e quella associata all’alimentazione ed agli stili di vita. Numerosi sono gli studi che hanno indagato il ruolo degli IE sulla fertilità maschile. In particolare: vari studi epidemiologici mostrano un’associazione inversa tra i livelli sierici di policlorobifenili, sostanze ad elevata stabilità chimica, e i parametri seminali quali una ridotta motilità spermatica; l’esposizione al noto insetticida DDT promuove l’insorgenza di criptorchidismo e ipoplasia testicolare; alti livelli urinari di bisfenolo A, additivo delle plastiche in policarbonato e considerato un IE adazione simil-estrogenica, sono associati a significativi effetti avversi sulla qualità del seme, quali una ridotta concentrazione spermatica; nel 1976 a Seveso un grave incidente provocò la fuoriuscita di una nube di diossina. Sono stati studiati 135 maschi esposti, dopo 22 anni. I maschi esposti in età prepuberale mostravano una associazione inversa tra i livelli di diossina e i parametri seminali, in particolare concentrazione e motilità spermatica. Inoltre i maschi esposti nel range di età di 1-17 anni avevano livelli plasmatici ridotti di E2 e FSH. Gli studi sulla fertilità femminile sono fortemente limitati dalla complessità anatomo-funzionale dell’apparato riproduttivo femminile e dal fatto che alcuni dei possibili esiti negativi della riproduzione sono difficili da rilevare, poichè possono realizzarsi senza che la donna ne sia consapevole (es. aborto spontaneo precoce). I meccanismi di interferenza degli IE con la funzionalità riproduttiva femminile ipotizzati sono molteplici: alterazione del sistema ormonale, danno diretto ai gameti, interferenze con la fertilizzazione e l’impianto, anomalie nello sviluppo/funzione del tratto genitale. Complessivamente, questi dati indicano la necessità di ulteriori studi sugli IE che prendano in considerazione i meccanismi d’azione, in particolare a dosi basse (sotto i limiti definiti sicuri) e prolungate nel tempo e le interazioni tra vari IE e la suscettibilità individuale agli IE. Nel contempo, gli studi suggeriscono l'utilità, ai fini della riduzione del rischio di infertilità, di un approccio precauzionale indirizzato a quegli utilizzi di IE cui va attribuito il maggiore ruolo nella esposizione della popolazione generale e in particolari periodi della vita, come durante la gravidanza. Prevenzione e fattori di rischio dell'infertilità – 18 giugno 2012