UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI SCIENZE MM.FF.NN. Corso di Laurea in Scienza dei Materiali TESI DI LAUREA MORFOLOGIA DI FILM DI NIOBIO DEPOSITATI PER SPUTTERING A DIFFERENTI ANGOLI TARGET – SUBSTRATO Relatore: Prof. V. Palmieri Correlatore: Dott. M. Musiani Candidato: N° matr.: Diego Tonini 422383/MT Anno Accademico 2002/03 III IV INTRODUZIONE CAPITOLO 1 VII 3 PROCESSO DI SPUTTERING 3 1.1 Scarica a bagliore 4 1.2 Configurazioni di sputtering 7 1.3 Magnetron sputtering 8 1.4 Caratteristiche tensione corrente 11 1.5 Degassamento delle superfici 11 CAPITOLO 2 15 APPARATI DI DEPOSIZIONE 15 2.1 15 Portacampioni 2.2 Magnetron 2.2.1 Magnetron planare 2 pollici 2.2.2 Magnetron planare 10 pollici 2.2.3 Magnetron cilindrico 17 18 19 21 2.3 Condizioni di deposizione 2.3.1 Magnetron 2 pollici 2.3.2 Magnetron 10 pollici 2.3.3 Magnetron cilindrico 24 24 25 26 2.4 Misura delle caratteristiche tensione – corrente 27 2.5 Sistema di baking 31 CAPITOLO 3 37 SPESSORE DEI FILM E VELOCITÀ DI DEPOSIZIONE 37 3.1 37 Determinazione degli spessori CAPITOLO 4 41 MISURA DELLE PROPRIETÀ SUPERCONDUTTIVE 41 4.1 41 Generalità III 4.2 Apparato di misura 42 4.3 Testa di misura e montaggio del campione 44 4.4 Procedura 46 4.5 Risultati 4.5.1 Film depositati in corrente continua 4.5.2 Film depositati in corrente pulsata 4.5.3 Deposizione con riscaldamento del substrato CAPITOLO 5 48 48 50 52 55 DIFFRATTOMETRIA A RAGGI X 55 5.1 Scansione goniometrica 5.1.1 Generalità 5.1.2 Risultati ottenuti 55 55 56 5.2 Tessiture 5.2.1 Generalità 5.2.2 Risultati ottenuti 60 60 63 CAPITOLO 6 71 MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA 71 6.1 71 Generalità 6.2 Risultati 6.2.1 Film depositati in corrente continua 6.2.2 Film depositati in corrente pulsata CAPITOLO 7 73 73 77 81 SPETTROSCOPIA ELETTROCHIMICA DI IMPEDENZA 81 7.1 Generalità 81 7.2 Apparato sperimentale 84 7.3 Preparazione dei campioni 85 7.4 Risultati delle misure 7.4.1 Film depositati in corrente continua 7.4.2 Film depositati in corrente pulsata CAPITOLO 8 IV 86 86 90 95 ANALISI MAGNETO-OTTICA 95 8.1 Superconduttori di tipo I e tipo II 95 8.2 Generalità sull’analisi magneto-ottica 97 8.3 Apparato sperimentale 98 8.4 Preparazione dei campioni e risultati 99 CAPITOLO 9 103 SIMULAZIONE DI CRESCITA DI UN FILM SOTTILE 103 9.1 103 Introduzione 9.2 Struttura del programma 9.2.1 Condizioni iniziali 9.2.2 Deposizione sul substrato 103 104 106 9.3 107 Risultati ottenuti CAPITOLO 10 111 CONCLUSIONI 111 Ringraziamenti 115 INDICE DELLE FIGURE 117 APPENDICE 121 Listato del programma di simulazione 121 Bibliografia 125 V INTRODUZIONE L’utilizzo di materiali superconduttori per la costruzione di cavità per acceleratori di particelle consente di produrre campi elettrici estremamente elevati con consumi elettrici contenuti. Il guadagno in termini di potenza dissipata a parità di campo generato rispetto ad una cavità non superconduttiva è di un fattore 105, che compensa ampiamente il dispendio di energia aggiuntivo necessario per portare e mantenere la cavità alla temperatura dell’elio liquido1. La realizzazione e l’utilizzo di cavità acceleratrici in niobio depositato per sputtering su rame anziché in niobio massiccio rappresentano un grande vantaggio sia in termini di costi del materiale che di prestazioni, con questa tecnologia è infatti possibile aumentare notevolmente il fattore di qualità Q della cavità, definito come il rapporto tra l’energia immagazzinata e la potenza dissipata in ogni ciclo di radiofrequenza immesso all’interno della cavità stessa.2 Q U P Equazione 0.1 Le cavità in niobio depositato su rame in più possiedono una maggiore stabilità meccanica e hanno una migliore dissipazione del calore grazie all’elevata conducibilità termica della struttura di rame. Sfortunatamente questo tipo di cavità possiede un grande limite, cioè la diminuzione di Q in funzione del campo accelerante che causa forti dissipazioni di potenza all’aumentare del gradiente di campo. Da studi effettuati al CERN sulle cavità a medio ( = v/c) realizzate in niobio depositato per sputtering su rame, sembra che l’angolo di arrivo degli atomi di niobio sulla superficie della cavità sia un parametro fondamentale per la qualità del film. In particolare è stato calcolato che l’angolo formato dalla direzione di arrivo degli atomi di niobio con la superficie del substrato deve essere maggiore di 28° per ottenere rivestimenti dalla proprietà superconduttive soddisfacenti3,4. VII Figura 0.1 diminuzione del fattore di qualità in funzione del campo accelerante quando si aumenta l’angolo di deposizione È ben noto in letteratura che l’incidenza obliqua degli atomi che si depositano su di un substrato causa l’originarsi di una morfologia particolare del film in crescita, a causa soprattutto di effetti di ombra generati dalle rugosità del substrato, oppure da nuclei di crescita di atomi del film (auto ombreggiatura)5. L’ombreggiatura genera un aumento di rugosità della superficie del film in base a due meccanismi: 1. le depressioni sul substrato ricevono un minor flusso di atomi quando questi arrivano ad angoli di incidenza radenti, 2. la bassa mobilità impedisce agli atomi già depositati di diffondere sulla superficie e ricoprire gli avvallamenti. Ci si aspetta quindi un aumento di rugosità di un film depositato quanto più la direzione di arrivo degli atomi si allontana dalla normale alla superficie del substrato6. La morfologia del film influisce anche su altre proprietà, in particolare si è osservato che la resistenza residua di un film superconduttore aumenta con la sua rugosità7; data la forma complessa di una cavità acceleratrice ci si aspetta quindi una forte differenza nella rugosità dello strato di niobio depositato, e quindi una dipendenza delle proprietà superconduttive dalla posizione sulla superficie interna della cavità stessa. Le cavità esistenti nei moderni acceleratori hanno forme varie e complesse e tipicamente presentano regioni in cui l’angolo di deposizione molto elevato, fino a 90°, perciò la deposizione di un film di niobio dalla morfologia uniforme al loro interno è un problema scientifico e tecnologico di grande rilevanza. VIII Figura 0.2 modelli di cavità con la stessa frequenza di risonanza ma a diverso Beta. La Figura 0.2 mostra tre modelli di cavità con diverso , si nota come la superficie presenti un’elevata curvatura, con angoli limite che raggiungono i 90° rispetto alla verticale. La curvatura della cavità si riflette inevitabilmente sull’angolo di arrivo degli atomi emessi dal catodo (inserito lungo l’asse della cavità stessa) durante il processo di sputtering. Figura 0.3 sezione di tre differenti cavità a quarto d’onda (QWR), la diversa curvatura della superficie modifica gli angoli limite di arrivo degli atomi depositati. In viola è evidenziata la posizione del catodo di niobio utilizzato per lo sputtering. Il problema dell’angolo è fortemente sentito in molti tipi di cavità diverse, come ad esempio nei Quarter Wave Resonator (QWR) dove il raggio di curvatura della parte superiore (mostrato in Figura 0.3) modifica la distribuzione angolare degli atomi che collidono con la superficie, originando film di morfologia variabile. analogamente i Quadrupoli a RadioFrerquenza(RFQ) avendo una forma complessa, presentano lo stesso IX problema, con angoli di incidenza degli atomi da depositare che variano in modo continuo da 0° a 90° in funzione della posizione sulla superficie interna (Figura 0.4). Figura 0.4 interno di un quadrupolo a radiofrequenza (RFQ). Si nota la forma complessa che causa una variazione continua dell’angolo di deposizione. Per realizzare un film dalle proprietà uniformi su tutta la superficie da depositare è perciò necessaria una profonda comprensione dei meccanismi che si instaurano durante lo sputtering; la realizzazione di un rivestimento che soddisfi i requisiti richiesti dagli utilizzatori degli acceleratori è quindi una sfida scientifica – prima ancora che tecnologica – di importanza fondamentale per la fisica degli acceleratori. Scopo di questa tesi è analizzare l’effetto che l’angolo di deposizione – qui definito come l’angolo che sottendono due rette parallele alla superficie del target e del substrato – ha sulla morfologia e sulle proprietà superconduttive di un film di niobio depositato per magnetron sputtering. Lo studio è stato condotto in maniera sistematica, depositando serie di 7 campioni simultaneamente a differenti angoli. In questo modo tutte le condizioni di processo sono mantenute costanti e l’unico effetto morfologico sui film è dovuto alla diversa inclinazione rispetto alla direzione di incidenza degli atomi. I film ottenuti sono stati analizzati dal punto di vista delle proprietà superconduttive (temperatura critica, rapporto di resistività residua, analisi magneto-ottica), strutturali (diffrazione di raggi X) e morfologiche (microscopio a forza atomica, spettroscopia di impedenza). Ogni tecnica utilizzata è stata trattata prima dal punto di vista generale con una breve introduzione sui processi fisici analizzati e sulla teoria alla base dei sistemi di misura. Successivamente si è descritto sommariamente l’apparato strumentale impiegato per ciascuna analisi e infine si sono presentati i dati ottenuti dal candidato e la loro interpretazione. Lo studio ha comportato la deposizione di un numero elevato di campioni (38 serie per un totale di circa 150 substrati) e la messa a punto delle tecniche di analisi per X soddisfare le nostre esigenze. Si è cercato cioè di riunire competenze e tecnologie afferenti ad ambiti diversi fra loro e di adattarle ad uno scopo unico, quale l’analisi morfologica dei film di niobio depositati per sputtering, al fine di raggiungere una comprensione il quanto più possibile profonda delle relazioni che intercorrono tra il processo di deposizione per sputtering, la morfologia dei film accresciuti e le loro proprietà superconduttive. In questo modo si potrà fornire alla comunità dei fisici degli acceleratori uno strumento il quanto più possibile utile per lo sviluppo di nuove macchine dalle migliori prestazioni. Questo lavoro si distingue da altri studi simili già effettuati per la sua sistematicità e per la caratteristica di analizzare l’influenza dell’angolo di deposizione mantenendo rigorosamente costanti tutti gli altri parametri. L’analisi della morfologia su film depositati all’interno di cavità di prova, già studiata da altri3,4 non permette infatti un controllo di tutte le condizioni di processo in quanto ad esempio la distanza tra il target ed il substrato non può essere mantenuta costante ad ogni angolo di deposizione, ma segue la forma della cavità (Figura 0.5). Per contro il lavoro svolto dal candidato si basa appunto sulla sistematicità delle analisi e sulla eliminazione di tutti i parametri variabili ad esclusione dell’angolo target – substrato. Figura 0.5 angolo di arrivo degli atomi di niobio emessi dal target in diverse posizioni della superficie interna di una cavità acceleratrice3. Oltre all’angolo c’è una variazione della distanza target – substrato. Struttura della tesi Data la diversità delle tecniche di caratterizzazione utilizzate in questo lavoro si è preferito dedicare un capitolo separato ad ogni tipo di misura anziché raggrupparli assieme. La struttura di questa tesi è quindi la seguente: XI il capitolo 1 fornisce una breve introduzione teorica sul processo di sputtering e sulla sua applicazione alla deposizione di film sottili; vengono quindi persentate alcune configurazioni possibili, con particolare riferimento al magnetron sputtering ed alla teoria del confinamento magnetico. Nel capitolo 2 vengono descritti gli apparati di deposizione impiegati, soffermandosi sui portacampioni realizzati, sui tipi di magnetron utilizzati per lo sputtering e sui sistemi da vuoto in cui sono stati montati. I capitoli 3,4,5,6,7,8 descrivono le tecniche di caratterizzazione dei campioni, prima attraverso una breve introduzione teorica, poi con uno schema dell’apparato di misura ed infine presentato i risultati delle misure sui campioni. Il capitolo 9 tratta la realizzazione di un semplice programma di simulazione di crescita di film sottili, descrivendone prima la struttura e mostrando poi i risultati ottenuti eseguendo la simulazione. XII In appendice è riportato il listato MatLab™ del programma. Capitolo 1 PROCESSO DI SPUTTERING Viene qui descritto lo sputtering nei suoi processi fisici di base e la sua applicazione alla deposizione di film sottili. Si evidenziano inoltre le differenze fra diverse possibili configurazioni di sputtering. Lo sputtering è un processo in cui atomi di un materiale sono emessi dalla superficie di un solido (o di un liquido) attraverso il trasferimento di momento causato dal bombardamento di particelle energetiche, solitamente ioni positivi di un gas inerte8. I fenomeni che avvengono sulla superficie di un materiale soggetto a bombardamento dipendono largamente dall’energia cinetica delle particelle incidenti e quando questa supera l’energia di legame degli atomi del solido hanno luogo processi di riarrangiamento delle posizioni reticolari e di danneggiamento della superficie. Ad energie più elevate di 4H – con H = calore di sublimazione del materiale bersaglio – si assiste ad un forte aumento degli atomi espulsi dalla superficie del solido, cioè ad un processo di sputtering. L’emissione di un atomo per sputtering è il risultato di una catena di urti binari che trasferiscono momento dalla particella bombardante all’atomo emesso. Il materiale passa in fase gassosa attraverso un processo meccanico invece che termico o chimico come in altre tecniche di deposizione di film sottili. Ciò rende possibile depositare per sputtering virtualmente qualsiasi tipo di materiale con rese molto simili fra loro9. Figura 1.1 visione schematica del processo di sputtering Come si può vedere dalla Tabella 1.1, lo sputtering è un processo che coinvolge energie relativamente alte rispetto ad altri fenomeni superficiali. Tabella 1.1 energie coinvolte in alcuni processi superficiali8 PROCESSO FISICO ENERGIE COINVOLTE Bombardamento ionico 100 – 1000 eV Energia di sublimazione degli atomi del target 2 – 10 eV Energia cinetica degli atomi emessi per sputtering Energia cinetica degli atomi evaporati 10 – 40 eV 0.2 – 0.3 eV Energia di legame di atomi chemisorbiti Energia di legame di atomi fisisorbiti 1 – 10 eV 0.1 – 0.5 eV Il bombardamento di ioni sulla superficie causa anche emissione di elettroni secondari, attraverso due meccanismi: Gli ioni una volta giunti in prossimità della superficie vengono neutralizzati da elettroni emessi per effetto di campo; l’energia rilasciata può essere trasferita agli elettroni reticolari attraverso processi non radiativi di tipo Auger e causare l’emissione di elettroni secondari. Quando gli ioni incidenti raggiungono una certa velocità possono causare emissione cinetica di elettroni secondari che si sovrappone a quella di tipo Auger. L’emissione di elettroni secondari è fondamentale per il sostentamento della scarica nel caso gli ioni energetici per lo sputtering siano generati attraverso un plasma. 1.1 Scarica a bagliore Il problema fondamentale nell’implementare un sistema da sputtering è la disponibilità di una sorgente di ioni uniforme ed abbondante al di sopra della superficie del target, e una scarica a bagliore in bassa pressione è essenzialmente uno dei sistemi più efficaci per fare questo. Un’ampia gamma di geometrie è stata sviluppata nel tentativo di: 1. aumentare il numero di ioni e quindi la velocità di deposizione 2. aumentare l’area utilizzabile del target 3. ridurre il riscaldamento del substrato da parte del target 4. abbassare la pressione di lavoro 4 5. facilitare la deposizione su substrati dalle forme particolari (ad esempio l’interno di una cavità). Il meccanismo ala base della formazione della scarica rimane comunque lo stesso. In generale se si applica un potenziale DC tra due elettrodi posti ad una distanza d in un gas a bassa pressione, la corrente che fluisce è trascurabile finché non si supera una tensione di soglia detta potenziale di scarica; se però il catodo emette elettroni, la corrente tra gli elettrodi assume un valore finito. Si osserva che tale corrente aumenta con la distanza fra i due elettrodi se il potenziale applicato supera il valore necessario per la ionizzazione del gas a causa del fatto che gli elettroni, muovendosi dal catodo all’anodo, effettuano un numero fissato di collisioni ionizzanti per unità di lunghezza, e quindi il numero totale di ioni prodotti aumenta con la distanza percorsa dagli elettroni stessi. Gli ioni risultanti da questi urti vengono a loro volta accelerati verso il catodo dal campo elettrico e, quando il potenziale è sufficientemente elevato, possono produrre elettroni secondari collidendo con la superficie dell’elettrodo positivo. I due processi di ionizzazione ed emissione di elettroni secondari controllano la corrente totale che fluisce nel sistema secondo l’equazione10: I I 0 exp(d ) 1 exp(d ) 1 Equazione 1.1 dove I0 è la corrente elettronica primaria prodotta dalla sorgente esterna, è il numero di ioni per unità di lunghezza prodotti dagli elettroni, d è la distanza tra gli elettrodi, è il coefficiente di emissione di elettroni secondari. Questa formula, detta equazione di Townsend descrive il comportamento della corrente attraverso un gas per tensioni al di sotto del potenziale di scarica; quando la tensione aumenta, sia che crescono rapidamente, annullando il denominatore e facendo tendere ad infinito la corrente totale; a questo punto l’equazione non ha più validità e si è raggiunto il potenziale di scarica. Una volta avvenuta la scarica, il numero di elettroni secondari prodotti al catodo è sufficiente a generare abbastanza ioni da bilanciare quelli perduti e la scarica si auto sostiene; il potenziale a cui questo avviene dipende dal prodotto fra la pressione del gas e la distanza tra gli elettrodi. 5 La distribuzione del potenziale e delle cariche in una scarica di questo tipo si riflette visivamente in un alternarsi di regioni luminose e spazi bui lungo la sezione trasversale della scarica stessa. Figura 1.2 visione in sezione della struttura di una scarica a bagliore11 Di particolare importanza è la zona chiamata spazio oscuro catodico dove gli ioni positivi si accumulano per formare una distribuzione di carica spaziale; la sua ampiezza è approssimativamente la distanza media percorsa da un elettrone prima di effettuare una collisione ionizzante e vale all’incirca 5-10 volte il libero cammino medio elettronico . A causa dell’elevato campo elettrico presente in questa regione gli elettroni la attraversano velocemente senza effettuare collisioni e quindi non viene emessa luce. Una volta raggiunto il limite di questa zona gli elettroni iniziano a produrre collisioni ionizzanti generando una regione globalmente neutra in cui il numero di ioni e di elettroni si bilancia, cioè un plasma; questa zona (negative glow) è luminosa a causa dell’energia rilasciata sotto forma di radiazione durante gli urti. Una volta perduta la loro energia nelle collisioni, gli elettroni percorrono la regione successiva senza causare ionizzazione o eccitazione degli atomi, perciò non viene emessa luce visibile (spazio oscuro di Faraday); in questa zona non sono prodotti ioni negativi e quindi si forma una carica spaziale negativa. Gli elettroni che oltrepassano per diffusione lo spazio oscuro di Faraday vengono accelerati verso l’anodo ed hanno sufficiente energia per effettuare altre collisioni ionizzanti originando una regione luminosa detta colonna positiva. Nei processi di sputtering solitamente la separazione tra gli elettrodi è piccola ed l’anodo si trova all’interno di negative glow, perciò la colonna positiva e lo spazio oscuro di Faraday non esistono, scarica anormale. 6 1.2 Configurazioni di sputtering Il più semplice sistema da sputtering consiste in due elettrodi posti in una camera da vuoto ai quali viene applicata una differenza di potenziale tale da creare una scarica anormale tra i due. Il substrato da ricoprire viene posto sull’anodo, mentre il materiale da depositare rappresenta il catodo, cioè l’elettrodo negativo sul quale collidono gli ioni positivi del plasma causando l’emissione di atomi da depositare. Le qualità del film ottenuto dipendono fortemente dalla pulizia della camera da sputtering, perciò, soprattutto per il niobio, le cui proprietà superconduttive decadono drammaticamente in presenza di impurità, è necessario eliminare il più possibile i gas contaminanti dalla camera da vuoto pompando fino a raggiungere pressioni molto basse (UHV, P 10-8 mbar); una volta fatto ciò, lo sputtering viene condotto in atmosfera controllata, riempiendo la camera con la pressione voluta di gas inerte (solitamente Argon). Il numero di atomi emessi dal target per ione incidente è detto sputtering yield e dipende da vari fattori: energia cinetica degli ioni incidenti la resa di sputtering aumenta con l’energia degli ioni fino a raggiungere un valore di saturazione attorno a 10 KeV, poi un ulteriore incremento di energia diminuisce lo yield a causa della comparsa di fenomeni di impianto ionico. È da notare inoltre che esiste un valore di soglia al di sotto del quale non è possibile effettuare sputtering. Massa atomica degli atomi interessati Il trasferimento di energia tra ioni e atomi del materiale bersaglio è dato da: E 4mM (m M ) 2 Equazione 1.2 con M massa degli ioni del plasma e m massa degli atomi del target. Si vede quindi che la massima resa si ha quando le due masse sono all’incirca le stesse. Gas nobili I gas inerti non hanno la tendenza a catturare elettroni liberi per completare la shell più esterna, quindi non li sottraggono ai processi di ionizzazione per urto. Angolo di incidenza degli ioni 7 La resa aumenta quando è necessario un piccolo cambiamento di direzione del momento per scalzare un atomo dalla superficie del target, cioè per incidenze ad angolo radente. È possibile applicare un potenziale negativo minore di quello applicato al target anche al substrato (biased sputtering) in modo da causare un bombardamento ionico sulla superficie del film in crescita e modificarne così la morfologia. Figura 1.3 schema del processo di biased sputtering 1.3 Magnetron sputtering Lo sputtering a diodo non è un processo molto efficiente perché gli elettroni riescono ad effettuare un numero limitato di collisioni ionizzanti prima di venire persi sul catodo, perciò per ottenere velocità di deposizione ragionevoli è necessario impiegare molta potenza oppure innalzare di molto la pressione di argon in camera. È possibile ottenere una resa migliore aumentando il numero di ioni prodotti da un singolo elettrone, cioè aumentando la lunghezza del percorso che questo compie prima di collidere con l’elettrodo positivo del sistema; un metodo per realizzare questo è applicare un campo magnetico di confinamento parallelo alla superficie del catodo. Un sistema magnetron sputtering consiste essenzialmente in un sistema a diodo in cui un campo magnetico esterno opportunamente sagomato agisce in modo da aumentare l’efficienza di ionizzazione degli elettroni. Il campo applicato causa due effetti: 8 1. induce gli elettroni ad un movimento ad elica attorno alle linee di forza aumentando drasticamente la lunghezza del loro percorso e quindi il numero di collisioni ionizzanti; 2. impedisce la diffusione degli elettroni al di fuori del plasma riducendo fortemente le perdite (bottiglia magnetica). Quando un elettrone è immerso in un campo magnetico uniforme, orbita attorno alle linee di B con la sua frequenza di ciclotrone c eB me Equazione 1.3 se possiede anche una componente del moto lungo la direzione delle linee di campo, il suo percorso sarà un’elica attorno alle linee stesse. In tal caso l’elettrone è intrappolato su una linea del campo magnetico applicato e per spostarsi da una linea all’altra deve necessariamente subire un urto come mostrato in Figura 1.4. In presenza di campo elettrico l’elettrone si muove anche lungo una direzione perpendicolare alle direzioni dei due campi (deriva ExB ); il moto risultante sarà quindi una cicloide . Figura 1.4 traiettorie degli elettroni in un campo magnetico7 L’effetto netto dell’applicazione di un campo magnetico è quello di effettuare lo sputtering a pressioni più basse o, analogamente, di ottenere correnti più elevate (e quindi deposition rate maggiori) a parità di pressione rispetto ad un sistema a diodo. Per contro questo causa un forte riscaldamento del target che deve essere scrupolosamente 9 raffreddato, anche nell’ottica di un possibile superamento della temperatura di Curie che renderebbe inefficaci i magneti. È possibile disegnare sistemi di magnetron sputtering virtualmente di qualsiasi geometria, ma i più utilizzati sono magnetron planari di forma circolare oppure magnetron cilindrici; per il lavoro di questa tesi sono stai impiegati due magnetron planari di diverso diametro (2 e 10 pollici) e sono state effettuate delle prove con un post-magnetron cilindrico. Figura 1.5 schema del processo di magnetron sputtering Post-magnetron cilindrico La configurazione chiamata post-magnetron cilindrico è costituita da un catodo centrale di materiale da depositare e da un arrangiamento di magneti permanenti tale da produrre un intenso campo in direzione assiale. In tal modo il moto degli elettroni è confinato lungo il catodo centrale dove si forma un plasma che si estende in direzione radiale per una distanza W. Per evitare che gli elettroni – liberi di muoversi lungo le linee di campo, cioè parallelamente al catodo – vengano persi agli estremi del sistema, il catodo possiede due alette in corrispondenza delle basi che, essendo a potenziale negativo, 10 fungono da schermo elettrostatico riflettendo gli elettroni avanti e indietro lungo l’estensione del catodo e quindi aumentando ulteriormente l’efficienza di ionizzazione. Un’equazione empirica permette di calcolare le dimensioni delle alette W in funzione del campo magnetico e della tensione operativa7: W 10 V B Equazione 1.4 1.4 Caratteristiche tensione corrente La caratteristica tensione corrente di un magnetron rivela abbondanti informazioni sui processi di ionizzazione in una scarica in plasma; maggiore è l’efficienza della ionizzazione e minore è la tensione necessaria per raggiungere una data densità di corrente catodica, cioè è necessario impiegare minore potenza elettrica per ottenere una fissata velocità di deposizione. Esistono due possibili modelli che tentano di descrivere la dipendenza della corrente in funzione della tensione imposta: il primo – dovuto a Thornton7 – prevede un andamento del tipo: I aV n Equazione 1.5 dove l’esponente n (compreso tra 5 e 10) è tanto maggiore quanto più efficace è il confinamento da parte del campo magnetico. Un secondo modello prevede invece una curva caratteristica del tipo: I a (V V0 ) 2 Equazione 1.6 dove V0 rappresenta il potenziale di innesco del plasma. 1.5 Degassamento delle superfici Ogni superficie a contatto con il vuoto mostra un’emissione di gas che è dovuta essenzialmente a quattro fattori12: Permeazione, cioè passaggio di gas attraverso la parete di separazione tra un ambiente a pressione maggiore ed uno a pressione più bassa, Diffusione dalla massa interna del solido, che può essere di tipo interstiziale o attraverso le vacanze, Desorbimento di molecole precedentemente adsorbite Tensione di vapore del materiale componente la superficie stessa. 11 L’effetto combinato di tali fenomeni prende il nome di degassamento, e rappresenta (assieme ad eventuali fughe) il principale limite alla minima pressione raggiungibile in un sistema per Ultra Alto Vuoto. La velocità specifica di degassamento di un sistema viene espressa in termini di quantità di gas emesso per unità di tempo e di superficie, cioè in (Pam3)/(sm2) o in (mbarl)/(scm2) e dipende dal tipo di materiale considerato oltre che dalla sua storia; le caratteristiche principali del fenomeno possono essere riassunte nei seguenti punti: 1. il degassamento dipende dalle caratteristiche del materiale, dal trattamento subito e dall’atmosfera con cui è stato a contatto prima di essere posto in vuoto 2. è proporzionale all’area della superficie degassante 3. cresce fortemente con la temperatura e diminuisce con il tempo (quando non determinato dalla permeazione di gas attraverso le pareti) 4. dipende dalla forma delle superfici degassanti e dal loro stato di pulizia. Nel caso di gas adsorbiti sulle superfici di un sistema da vuoto, il bombardamento da parte di particelle cariche ne stimola il desorbimento; questo fenomeno può essere volutamente provocato per effettuare un trattamento di pulizia (sputter cleaning) delle superfici sulle quali si vuole depositare un rivestimento oppure per eliminare la contaminazione da un target prima di usarlo come sorgente di atomi da depositare, ma può anche costituire una fonte di impurezze durante lo sputtering, quando le superfici interne della camera da vuoto possono venire in contatto con il plasma. È da notare inoltre che durante le deposizioni il bombardamento ionico provoca anche un riscaldamento del sistema stimolando il degassamento delle pareti. Per evitare di incorrere in questo problema è quindi prassi comune aumentare di proposito la velocità di degassamento della camera da vuoto prima di effettuare la deposizione, attraverso un opportuno trattamento termico, indicato con il termine baking; in tal modo si stimola l’emissione di gas che poi viene pompato via dal sistema. Analisi in spettrometria di massa della composizione del gas residuo in camera dopo il baking mostrano una netta riduzione dei contaminanti, in particolare viene abbassato notevolmente il flusso parziale di vapor d’acqua. In Tabella 1.2 sono evidenziati a titolo di esempio flussi parziali di gas presenti in una camera da vuoto dopo alcuni trattamenti termici. Si nota la riduzione del flusso di vapore acqueo dopo riscaldamento ad elevata temperatura. 12 Tabella 1.2 degassamento di camere da vuoto dopo alcuni tipi di trattamento termico (le unità di misura sono mbarl/(cm2s)11 Trattamento Flusso H2 H2O CO CO2 1.610-10 8910-12 57.310-12 8.710-12 1.310-12 Baking a 150 °C per 50 4.010-11 3810-12 210-12 0.610-12 0.0410-12 0.210-12 0.0110-12 totale Pompaggio per 75 ore ore Baking a 300 °C per 40 8.510-12 8.210-12 0.0710-12 ore 13 Capitolo 2 APPARATI DI DEPOSIZIONE Si dà una descrizione dei sistemi utilizzati per la deposizione: portacampioni, tipi di magnetron, sistemi da vuoto, sistemi di baking. Successivamente vengono descritte le condizioni di deposizioni utilizzate per realizzare i film da analizzare. 2.1 Portacampioni Lo studio morfologico in funzione dell’angolo di deposizione – definito come l’angolo tra la superficie del target e la superficie del campione – richiede che le condizioni di processo vengano mantenute il più possibile uniformi in ogni serie di campioni, in modo da ricondurre qualsiasi differenza nelle proprietà del film all’effetto dell’angolo e minimizzare di conseguenza le differenze dovute ad altri parametri non mantenuti costanti. In particolare è necessario depositare un’intera serie a diversi angoli mantenendo costanti: Il livello di contaminazione del sistema da vuoto, cioè la pressione residua in camera prima dello sputtering La velocità di deposizione La dinamica con cui gli atomi di niobio giungono sulla superficie del substrato, che dipende prevalentemente dalla pressione di argon utilizzata per la deposizione e dalla distanza fra target e substrato. Il metodo più semplice per mantenere costanti tutti i parametri eccetto l’angolo target – substrato è quello di depositare l’intera serie di film in un unico run; allo scopo si è proceduto a disegnare e realizzare un portacampioni che potesse sostenere più substrati contemporaneamente posizionandoli a differenti angoli rispetto al target. Data la simmetria cilindrica del magnetron utilizzato è sufficiente campionare gli angoli da 0 (superficie del substrato parallela a quella del target) fino a 90 gradi (substrato perpendicolare al target), si è perciò scelto di costruire un portacampione di forma tronco-piramidale irregolare con sei facce laterali orientate a 15°, 30°, 45°, 60°, 75°, 90° rispetto al piano del target e con la base superiore parallela al target stesso (campione a 0°). In tal modo è possibile depositare contemporaneamente su sette substrati disposti in modo da coprire uniformemente l’intero range angolare. Figura 2.1 portacampione multi-angolo nella versione per quarzi 5x10 mm (sinistra) e per quarzi di dimensioni maggiori (destra). Sono indicate le inclinazioni di ciascuna faccia. Data la necessità di depositare su substrati di dimensioni differenti si sono realizzate tre versioni del portacampioni: La prima, costruita in acciaio inox, possiede degli incavi per alloggiare quarzi 5x10 mm che vengono fissati con delle viti la cui posizione è studiata per evitare ombreggiature (Figura 2.1). Una seconda versione con gli stessi ingombri e costruita in rame è stata usata direttamente come substrato per il film di niobio. L’ultima versione ha invece dimensioni doppie rispetto alle altre due, non possiede incavi ed è stata utilizzata per substrati di dimensioni maggiori che venivano fissati con una piccola quantità di sospensione di argento in acetone. Utilizzando questo portacampioni si sono potuti depositare i quarzi 25x70 mm con cui è stata fatta l’analisi in spettroscopia di impedenza. In tutti i casi la deposizione avveniva sospendendo il portacampioni sopra il magnetron mediante un’asta di acciaio fissata alla flangia superiore della camera. Nella Figura 2.2 si vede il portacampione multi-angolo di dimensioni maggiori estratto dal sistema da vuoto dopo la deposizione. I campioni sono stati fissati con silver paint, mentre il portacampioni è agganciato alla flangia CF 100 attraverso un asta filettata opprtunamente limata per permettere il pompaggio dei fori ed impedire fughe virtuali che possano rovinare il vuoto di base. 16 Figura 2.2 portacampioni multi-angolo con quarzi depositati incollati con silver paint. La flangia è del tipo CF 100 2.2 Magnetron Le deposizioni sono state effettuate utilizzando 3 diversi magnetron: 1. magnetron planare con diametro di 2 pollici (5.08 cm) 2. magnetron planare con diametro di 10 pollici (25.4 cm) 3. post-magnetron cilindrico. Il magnetron planare da 2 pollici è stato utilizzato con i portacampioni multi-angolo per studiare le variazioni morfologiche e delle proprietà superconduttive dei film depositati, il magnetron da 10 pollici è stato utilizzato per uno studio di fattibilità sulla deposizione di film ad elevato spessore mentre il post-magnetron cilindrico è stato utilizzato come sistema di prova per deposizioni su substrati di forma particolare e come confronto rispetto al magnetron planare da 2 pollici. 17 2.2.1 Magnetron planare 2 pollici Figura 2.3 magnetron planare 2” sviluppato ed utilizzato per le deposizioni ad angolo target – substrato variabile. La Figura 2.3 mostra il magnetron planare da 2 pollici di diametro utilizzato per le deposizioni; la parte sinistra costituisce il magnetron vero e proprio che va inserito all’interno della camera da vuoto e fissato ad essa tramite la flangia CF 100 che si vede al centro e che garantisce anche la tenuta da vuoto. Il campo magnetico viene generato da un magnete permanente ad anello che viene raffreddato da un sistema a liquido. Il target viene appoggiato su un backing plate di rame e bloccato a contatto con esso da un coperchio di acciaio fissato lateralmente con quattro viti; il contato termico è assicurato da una piccola quantità di eutettico indio-gallio interposto tra il backing plate e il target. La parte a destra della foto è di alluminio e contiene all’interno i contatti elettrici necessari per porre il target a potenziale catodico ed i collegamenti per l’acqua di raffreddamento. Il magnetron è stato inserito nella parte inferiore di una camera da vuoto cilindrica progettata appositamente, il portacampioni invece è stato posizionato superiormente, collegandolo attraverso un’asta filettata alla parte interna della flangia CF 100 superiore. L’altezza totale della camera da vuoto è di circa 30 cm. Il sistema è composto da quattro camere identiche disposte a croce e collegate ad un raccordo centrale da dei tombak con all’estremità una valvola tutto metallo che può isolare settori diversi del sistema. Sulla croce sono innestati il sensore di vuoto di tipo full range (a doppia modalità, Pirani per basso vuoto e Bayard-Alpert per alti vuoti) e le valvole leak per l’introduzione di argon per lo sputtering e di azoto per il rientro. Il sistema è collegato 18 attraverso la croce ad un unico gruppo di pompaggio costituito da una pompa turbomolecolare e da una rotativa. Figura 2.4 sistema per sputtering equipaggiato con magnetron planare 2” 2.2.2 Magnetron planare 10 pollici Il magnetron da 10 pollici è stato realizzato dal candidato con una serie di magneti in Nd-Fe-B di forma trapezoidale disposti in una configurazione a “cuore” e ricoperti da una resina trasparente anticorrosione. Il sistema durante la deposizione viene posto in rotazione da un motore elettrico, la configurazione dei magneti è studiata per garantire la massima uniformità di erosione del target di niobio. Il magnetron è raffreddato ad acqua, che funge anche da lubrificante durante la rotazione del piatto contenente i magneti. Il target a forma di disco viene fissato al piatto di metallo sul quale sono posti i magneti attraverso delle viti in niobio realizzate su misura, che durante lo sputtering vengono erose assieme al disco. Per favorire il contatto termico e quindi assicurare il raffreddamento del target viene interposto un eutettico di gallio – indio tra il target stesso e il piatto del magnetron. 19 Figura 2.5 arrangiamento dei magneti nel magnetron rotante 10” Nella Figura 2.5 si vede la disposizione dei magneti per realizzare il magnetron da 10 pollici, i due cilindri visibili nella parte bassa servono da contrappeso per bilanciare il magnetron e garantire una rotazione uniforme; il perno rotante collegato al motore elettrico viene inserito nel foro pentagonale al centro. Il magnetron è posto nella parte superiore di una camera da vuoto cilindrica alla quale è collegato mediante una flangia progettata e realizzata su misura le cui tenute da vuoto sono garantite da degli o-ring in viton. La camera è alta circa 50 cm ed ha un diametro di 40 cm, è collegata inferiormente al gruppo di pompaggio costituito da una pompa turbomolecolare e da una rotativa che garantiscono un vuoto limite di 10-8 mbar (Figura 2.18). La pressione nel sistema viene misurata attraverso un vacuometro a ionizzazione del tipo Bayard-Alpert e da un vacuometro Pirani posti in camera, da un vacuometro Penning posizionato immediatamente a prima della pompa turbomolecolare e da un vacuometro Pirani tra le due pompe. Durante lo sputtering la valvola gate principale del sistema viene chiusa in modo da evitare l’ingresso di flakes direttamente nella turbomolecolare ed il pompaggio viene effettuato attraverso un bypass comandato da un’elettrovalvola. L’introduzione di gas in camera viene effettuata attraverso apposite valvole leak collegate direttamente alla camera stessa. 20 2.2.3 Magnetron cilindrico Figura 2.6 schema del magnetron cilindrico con valori del campo magnetico in differenti posizioni (sinistra) e magnetron cilindrico durante lo sputtering (destra) Nella Figura 2.7 si può vedere uno schema del magnetron (alto circa 10 cm) con la posizione dei magneti e la mappatura delle intensità di campo in varie posizioni del catodo. Gli schermi metallici superiori ed inferiori servono per proteggere i magneti dall’elevato calore sviluppato dal catodo durante il processo di sputtering (fino ad 800 °C). si può vedere che il magnetron non è simmetrico e che le alette superiore ed inferiore hanno dimensioni diverse. Nella figura di destra si vede il magnetron durante lo sputtering, con il plasma che si estende radialmente partendo dal catodo. Questo magnetron è stato utilizzato per una prova di deposizione di niobio solo sullo spessore di un vetrino 10x10x1 mm senza ricoprire le facce. Si è scelto un postmagnetron perché l’elevato confinamento del plasma permette di lavorare a basse pressioni (1.810-3 mbar), in tal modo gli atomi emessi dal target non subiscono sostanziale scattering da parte degli atomi di argon e viaggiano in linea retta dal target al substrato, depositandosi solo sulle superfici che si affacciano direttamente al magnetron (line of sight deposition). Per la prova è stato realizzato appositamente un portacampioni “a scaletta” in allumino capace di alloggiare 10 quarzi esponendone verso il catodo lo spessore, ma 21 lasciando scoperte le facce in modo da verificare se la deposizione avviene solo in linea retta o anche su superfici orientate diversamente. La distanza scelta è stata la massima possibile permessa dalle dimensioni della camera da vuoto, cioè 175 mm, così da permettere l’arrivo sui substrati solo degli atomi che non hanno subito collisioni in fase gassosa tali da variarne di molto la direzione; in questo modo ci si garantisce una deposizione quanto più possibile in linea retta ma si riduce di molto la velocità di deposizione calcolata, misurando lo spessore del film, in 0.4 Å/s. i quarzi sono stati posizionati con lo spessore parallelo all’asse del catodo cilindrico con il portacampioni in corrispondenza del punto medio del catodo, dove la velocità di deposizione è maggiore. Figura 2.7 schema del portacampioni realizzato per la deposizione sugli spigoli di quarzi 10x10x1 mm Il magnetron utilizzato non prevede un sistema di raffreddamento, perciò durante lo sputtering raggiunge temperature molto elevate a causa dell’intenso bombardamento da parte degli ioni di argon, tanto da diventare incandescente. La temperatura del catodo è stata misurata durante il processo di deposizione attraverso un pirometro a raggi infrarossi e si è osservato che ha raggiunto i 734°C di valore massimo dopo 30 min. di deposizione. Un calore così elevato ha effetti macroscopici sulla struttura cristallina del catodo, che ricristallizza formando grani dal diametro di circa 5 mm chiaramente visibili in Figura 2.8. 22 Figura 2.8 catodo del post-magnetron cilindrico. È visibile la ricristallizzazione del niobio dovuta alle alte temperature raggiunte durante lo sputtering Gli schermi metallici funzionano da scudo termico che evita un eccessivo riscaldamento dei magneti posizionati in corrispondenza delle basi del catodo, ma è comunque opportuno interrompere la deposizione quando vengono raggiunte temperature così elevate e permettere il raffreddamento del sistema. Lo scopo di questa prova è dimostrare l’importanza dell’angolo target – substrato nella deposizione all’interno delle cavità. Dall’esperimento si nota come ad un angolo di 90° (superficie del substrato perpendicolare al target) non ci sia crescita del film e quindi questo tipo di processo non sia adatto per rivestire superfici interne di cavità come le RFQ (Radio Frequency Quadrupole) in cui sono presenti angoli di 90°. Ultimamente questo studio si è dimostrato di particolare interesse per l’industria del packaging che sta sperimentando la realizzazione di ologrammi attraverso la deposizione di oro e allumino da due magnetron posizionati perpendicolarmente fra loro. Le deposizioni effettuate hanno mostrato come sia possibile depositare un rivestimento solo sulle superfici direttamente affacciate al plasma inibendo il ricoprimento su zone diversamente orientate, semplicemente regolando la pressione di processo e la distanza del portacampioni, senza dover utilizzare delle opportune maschere. 23 2.3 Condizioni di deposizione 2.3.1 Magnetron 2 pollici I film sono stati depositati in corrente continua ed in corrente impulsata, a diverse condizioni di pressione, potenza erogata al magnetron e a due differenti distanze del portacampioni dal target, 70 e 180 mm. Si è osservato che la distanza maggiore conduce ad una deposizione prevalentemente in linea di vista, con film ad alti angoli molto sottili o addirittura assenti; l’aumento della pressione diminuisce questo effetto portando a depositi più consistenti anche ad angoli elevati, ma in ogni caso i rivestimenti realizzati mantenendo il portacampioni a 180 mm dal target mostrano proprietà superconduttive piuttosto scadenti. Si è allora avvicinato il substrato fino a 70 mm dal target, ottenendo film dalle migliori proprietà superconduttive. La pressione è stata mantenuta il più bassa possibile in modo da evidenziare gli effetti dell’angolo di deposizione e realizzare film più compatti. Tabella 2.1 condizioni di deposizione con magnetron planare 2” N° Pressione Pressione Distanza Tensione Corrente Potenza base (mbar) argon (mbar) (mm) RRR massima Nb19 1.610-8 2.210-3 180 416 V 1.04 A 415 W 5.86 Nb20 2.010-8 2.210-3 70 407 V 1.04 A 408 W 16.5 Nb37 3.210-9 2.210-3 70 490 V 1.04 A 510 W 23.5 4.310-9 2.210-3 70 403 V 1.04 A 403 W 12.1 pulsed Nb39 La tabella mostra alcune serie di deposizione effettuate variando i parametri di deposizione; si osserva chiaramente che la distanza di 180 mm dal target non è adatta per ottenere film dalle buone proprietà superconduttive. Non è chiaro il motivo per cui il valore di RRR massimo della serie Nb39, depositata ad una pressione di base un ordine di grandezza minore, sia così basso. Per confronto è stata inserita la serie depositata in corrente pulsata. Le deposizioni in corrente pulsata sono state condotte con un alimentatore Advanced Energy® MDXII collegato ad un impulsatore Advanced Energy® MDX SparcLE® V che ha generato impulsi alla frequenza di 70 KHz. Il controllo dell’alimentatore era in corrente costante I=1.04 A e ci si è posti in condizioni tali da riprodurre la stessa 24 quantità di erosione del target delle deposizioni effettuate in corrente continua. La tensione di uscita dell’impulsatore è stata calcolata attraverso la formula: Vops Vo T ton (1 a )T Equazione 2.1 dove Vo è la tensione di uscita dall’impulsatore, Vops è la tensione erogata dall’alimentare, a il valore di tensione di segno opposto all’impulso principale (reverse voltage), T il periodo in ms dell’impulsatore, ton il tempo in ms durante il quale l’impulsatore eroga una tensione positiva. Nelle condizioni in cui ci si è posti si ottiene una tensione in uscita dall’impulsatore di 490 V quando l’alimentatore eroga 476 V, il reverse voltage è stato impostato al 20% della tensione di impulso. 2.3.2 Magnetron 10 pollici Lo scopo di questa deposizione era ottenere un film spesso 1 mm su due lamine di niobio accostate ed effettuare delle prove di trazione per verificare se la deposizione di un film spesso possa sostituire la saldatura Electron Beam sul niobio. Allo scopo sono state effettuate tre prove ponendosi a differente distanza dal target e calcolando la velocità di deposizione e l’uniformità di spessore in lungo una direzione radiale al magnetron. La potenza erogata dal sistema è stata fissata a 3.5 KW che corrisponde ad una corrente di 8.5 A a 412V, il vuoto iniziale era di 10-7 mbar e la pressione di argon introdotta era 9.310-3 mbar. Tabella 2.2 taratura della velocità di deposizione a diverse distanze target – substrato per magnetron planare 10” Distanza Tempo di deposizione Spessore medio al centro Spessore medio a R=70 mm 40 mm 20 min 2.89 0.02 m 2.40 0.02 m 50 mm 20 min 2.70 0.06 m 2.62 0.04 m 70 mm 20 min 2.17 0.01 m 1.71 0.02 m La distanza target – substrato in cui c’è il miglior compromesso tra velocità di deposizione e uniformità di spessore lungo il raggio è 50 mm, per cui ci si è posti a questo valore per effettuare la deposizione. Si è calcolato che la deposizione di 2.70 m richiede 1 KWh, perciò un film spesso 1mm necessita che vengano erogati: 25 1000m 370.4 2.70m 370.4 1KWh 370.4 KWh Equazione 2.2 che con una potenza erogata di 3.5 KW corrispondono a 105 ore di sputtering. Che con 10 ore di deposizione al giorno corrispondono a circa 11 giorni lavorativi. A prima vista questa tecnica può sembrare impraticabile dato il tempo necessario per la deposizione, ma può rivelarsi estremamente interessante per la realizzazione di nuove strutture quali le cavità a banda fotonica Figura 2.9 dove è necessario fare un alto numero di saldature tutte uguali e sulla stessa faccia. La deposizione di film spessi può saldare in un solo ciclo. Figura 2.9 schema di cavità a banda fotonica (pianta) 2.3.3 Magnetron cilindrico La prima deposizione è servita di taratura, si è quindi utilizzato un vetrino con la faccia rivolta verso il catodo e parzialmente coperta in modo da poter misurare lo spessore del film. Si è scelto di mantenere la pressione di processo bassa così da evitare il più possibile lo scattering in fase gassosa degli atomi emessi dal target. L’alimentatore del magnetron era controllato in corrente, mantenuta fissa a 0.38 A. Tabella 2.3 taratura della velocità di deposizione per magnetron cilindrico Pressione Pressione base argon 4.210-5 1.810-3 26 tensione corrente potenza Tempo di Spessore deposizione 370 V 0.38 A 130 W 30 min 70 nm La Tabella 2.3 indica i parametri di deposizione per il campione di taratura, il vuoto di base non è molto alto perché in questo caso non interessavano le proprietà superconduttive del film e quindi non era necessario controllare in modo accurato il livello di impurezze presenti. Con questi parametri si è ottenuta una velocità di deposizione di 0.4 Å/s, pari a 2.4 nm/min. La deposizione sugli spigoli dei quarzi è stata effettuata nelle stesse condizioni del campione di taratura per un tempo di 13 min. 2.4 Misura delle caratteristiche tensione – corrente La verifica di quale di questi due modelli fosse verificato per i magnetron utilizzati in questa tesi ha portato a misurarne le curve caratteristiche, in particolare per il magnetron planare da 2 pollici e per il post-magnetron cilindrico; si è quindi realizzato un apposito programma in LabVIEW™ per controllare un alimentatore Advanced Energy MDXII e per acquisire automaticamente il valore di tensione applicando una rampa predefinita di corrente (e viceversa). I dati ottenuti sono stati poi immagazzinati in un file .DAT e poi elaborati con un programma di analisi per calcolare le curve di interpolazione dei dati. Figura 2.10 esempi di caratteristiche tensione – corrente7 27 Figura 2.11 caratteristiche tensione – corrente di magnetron planare 2” a varie pressioni base Figura 2.12 caratteristiche tensione – corrente di post magnetron cilindrico a varie pressioni base Sia le curve per il magnetron planare che quelle per il magnetron cilindrico indicano un aumento della pendenza all’aumentare della pressione di lavoro, si vede cioè che una pressione più elevata contribuisce ad aumentare l’efficienza di ionizzazione, mantenendo la stessa corrente e spostando la tensione verso valori più bassi. 28 Si è tentato di interpolare i dati con entrambi i tipi di curva, verificando quale fosse migliore caso per caso. I risultati ottenuti sono diversi a seconda del tipo di magnetron. Magnetron planare Nel caso planare, il fitting migliore sembra essere del tipo I aV n : Tabella 2.4 risultati del fitting delle caratteristiche per il magnetron planare 2”. L’ultima colonna stima la bontà dell’interpolazione Pressione (mbar) Valore dell’esponente n Sum of square due to error 2.210-3 4.81 0.11 2.510-3 4.90 0.04 3.010-3 4.92 0.19 4.010-3 7.03 0.04 5.010-3 10.50 0.08 8.010-3 6.51 0.03 L’ultima colonna della tabella dà una stima della bontà del fit, minore è il valore più alta è la corrispondenza dei dati interpolati. Si osserva che una pressione maggiore genera un esponente più alto e quindi un confinamento più efficiente, il dato alla massima pressione però si discosta dall’andamento, forse a causa di un problema nel programma di interpolazione. Figura 2.13 andamento dell’esponente della curva I = aVn in funzione della pressione 29 l’andamento dell’esponente in funzione della pressione di lavoro segue una legge di tipo esponenziale. le caratteristiche misurate a basse pressioni sembrano essere interpolabili anche con una curva del tipo I a (V V0 ) 2 : Tabella 2.5 risultati del fitting quadratico delle caratteristiche per il magnetron planare 2” Pressione (mbar) Potenziale di innesco V0 Sum of square due to error 2.210-3 193.1 0.002 2.510-3 236.6 0.041 3.010-3 220.9 0.077 Dato lo scarso numero di dati non è stato possibile in questo caso determinare un andamento del potenziale di innesco in funzione della pressione di lavoro. Magnetron cilindrico Per quanto riguarda il magnetron cilindrico invece l’unica interpolazione riuscita è stata quella con una curva I a (V V0 ) 2 : Tabella 2.6 risultati del fitting quadratico delle caratteristiche per il post-magnetron cilindrico Pressione (mbar) Potenziale di innesco V0 Sum of square due to error 9.010-4 320.5 0.045 1.010-3 318.7 0.011 1.510-3 341.7 0.107 2.010-3 317.4 0.270 Confrontando le caratteristiche per il magnetron planare e per quello cilindrico si può vedere come il fitting con esponente n variabile sia più adatto per le curve a pressione più alta, mentre quello di tipo quadratico interpoli meglio i dati a basse pressioni. Una possibile spiegazione avanzata era che l’andamento quadratico valesse nel caso di un raffreddamento del sistema efficiente, mentre quello a potenza per un cattivo raffreddamento. Se questo può essere ritrovato nel caso del magnetron planare per cui le curve a bassa pressione seguono un andamento quadratico mentre le curve ad alta 30 pressione – quando cioè il bombardamento ionico elevato causa un maggior riscaldamento – seguono l’andamento a potenza, non sembra valere nel caso cilindrico, visto che questo tipo di magnetron non è raffreddato. Un’alternativa può essere che il tipo di curva interpolante dipenda dalla pressione di processo e che ci sia una pressione di soglia alla quale la caratteristica passa da una dipendenza quadratica ad una di tipo a potenza, sono necessarie comunque ulteriori misure per verificare questa ipotesi. 2.5 Sistema di baking Il trattamento di baking in un sistema da vuoto viene solitamente eseguito applicandovi all’esterno delle fasce riscaldanti o degli anelli riscaldanti da stringere attorno alle flangie, alimentati a 220V e controllati in temperatura attraverso termocoppie o termoresistenze. Il baking delle camere da sputtering utilizzate in questa tesi è stato effettuato accoppiando gli elementi riscaldanti ad una scatola di controllo realizzata appositamente in serie, dotata anche di un cronometro per programmare i tempi di trattamento termico. Figura 2.14 visione frontale della scatola di baking Come si può vedere dalla Figura 2.14 è possibile utilizzare il sistema di riscaldamento in modalità manuale oppure automatica, regolando il timer sul tempo di baking desiderato; gli elementi riscaldanti possono essere suddivisi in tre gruppi (zone) e controllati indipendentemente in temperatura attraverso gli appositi pannelli, così da rendere possibili differenti trattamenti termici in diverse zone del sistema. La temperatura viene controllata attraverso sensori a termoresistenza collegati alla scatola di controllo da posizionare in 31 corrispondenza dei riscaldatori. La scatola è poi dotata di allarmi che disattivano il riscaldamento in caso di superamento della temperatura impostata, in tal modo è stato possibile effettuare trattamenti di baking notturni o comunque in momenti di assenza dell’operatore senza il timore di danni al sistema dovuti a guasti negli elementi riscaldanti. Figura 2.15 interno della scatola di baking (sinistra) e scatola di baking montata sul sistema da sputtering Il baking nel sistema del magnetron da due pollici è stato eseguito suddividendo le fasce riscaldanti nella seguente modalità: zona 1: camera da sputtering in uso zona 2: tombak di collegamento tra le quattro camere di processo e la croce centrale, e rispettive valvole zona 3: croce centrale che collega le camere con il gruppo di pompaggio. Figura 2.16 sistema di baking con fasce riscaldanti in fibra di vetro sul sistema per il magnetron planare 2”. I numeri indicano le tre zone in cui sono divisi i gli elementi riscaldanti 32 Essendo il sistema costituito interamente in metallo la temperatura di baking impostata può essere abbastanza elevata, in questo caso 200 °C usualmente per 14 ore. La pompa turbomolecolare è dotata di un sistema di riscaldamento autonomo azionabile dal controller della pompa stessa. Data la presenza dei magneti permanenti è assolutamente necessario accendere il raffreddamento ad acqua del magnetron durante il baking. La pressione minima raggiunta, dopo una settimana di pompaggio e più di 60 ore di baking a 200 °C (non continuate) è stata di 6.610-10 mbar. Figura 2.17 pressione limite ottenuta nel sistema per il magnetron 2“ dopo trattamento di baking prolungato Nel caso del sistema per il magnetron planare a 10 pollici la suddivisione ha seguito questo schema: zona 1: coperchio inferiore della camera e relative flangie zona 2: parte sinistra della camera da sputtering zona 3: parte destra della camera da sputtering. La temperatura in questo caso è stata impostata a 100 °C a causa della presenza di tenute attraverso guarnizioni polimeriche che potrebbero danneggiarsi con riscaldamenti elevati; in considerazione di questo sono necessari tempi di baking più lunghi per raggiungere pressioni di base comparabili con quelle del sistema da due pollici che subisce un riscaldamento più elevato. Anche in questo caso è comunque preferibile accendere il raffreddamento del magnetron durante il baking. 33 Figura 2.18 sistema di baking con fasce riscaldanti in metallo per il sistema del magnetron a 10”. I numeri indicano la suddivisione delle zone. Nella parte superiore si può vedere il magnetron parte del sistema di raffreddamento 34 Figura 2.19 curve di degassamento della camera per magnetron 10” La Figura 2.19 mostra il tasso di degassamento della camera del magnetron a 10 pollici senza nessun trattamento termico e dopo qualche ora di baking a 100°C. il sistema era molto sporco e quindi il degassamento rimane elevato anche dopo il baking, ma se ne osserva comunque una netta riduzione. Velocità di degassamento prima del baking 6.810-11 mbarl/(scm2) Velocità di degassamento dopo il baking 2.610-11 mbarl/(scm2) Trattamenti di pulizia della camera e successivi cicli di baking hanno diminuito ulteriormente il degassamento delle pareti. 35 Capitolo 3 SPESSORE DEI FILM E VELOCITÀ DI DEPOSIZIONE La prima caratterizzazione sui campioni è stata la determinazione dello spessore. In questo capitolo viene prima descritto l’apparato sperimentale utilizzato e poi vengono presentati i risultati delle misure effettuate dal candidato. 3.1 Determinazione degli spessori A causa della particolare forma del portacampioni e della necessità di avere quarzi completamente ricoperti di niobio per le analisi da effettuare, non è stato possibile misurare lo spessore dei campioni dopo ogni deposizione; si è perciò effettuata una misura su campioni di taratura in modo da poter poi calcolare gli spessori di film depositati nelle stesse condizioni. La misura dello spessore è stata fatta su quarzi parzialmente mascherati utilizzando un profilometro Tencor Instruments Alpha-step 200. Lo strumento è costituito da una punta di diamante che scorre sul campione da misurare premendo su di esso con una forza costante (7 mg), le asperità della superficie si riflettono in un movimento verticale della punta, che viene misurato e mostrato su un grafico. Il campione da misurare deve essere piano e sufficientemente duro da non venire scalfito dalla punta, inoltre deve avere una zona non depositata i modo tale da poter misurare la differenza di altezza tra questa e la zona rivestita dal film. La scansione va sempre effettuata passando dalla zona depositata a quella senza film perché nella direzione opposta la punta può incidere il ricoprimento danneggiandolo e falsando la misura. Una volta misurati gli spessori in funzione dell’angolo si è calcolata la velocità di deposizione dividendo per il tempo di sputtering. La taratura è stata effettuata per due serie di campioni, realizzati nelle seguenti condizioni sperimentali: prima serie Seconda serie Pressione di Ar 2.210-3 mbar 2.210-3 mbar Corrente di sputtering 0.5 A 1.04 A Distanza target - substrato 180 mm 70 mm Figura 3.1 profilometro Alpha Step 200 Figura 3.2 spessore del film in funzione dell’angolo di deposizione nelle due differenti condizioni di processo 38 Figura 3.3 velocità di deposizione in funzione dell’angolo target – substrato calcolata in base agli spessori misurati Questi parametri sono stati scelti in modo da avere spessori bassi nel primo caso e elevati nel secondo. Come ci si aspettava, lo spessore del film – e quindi la velocità di deposizione – decrescono all’aumentare dell’angolo di deposizione. Si nota però che il film a zero gradi ha uno spessore molto più basso di tutti gli altri, sia nella prima che nella seconda serie di campioni; ciò è probabilmente dovuto a re-sputtering causato dal bombardamento da parte di ioni o atomi neutri energetici. Questo substrato è infatti posto direttamente sopra il centro del magnetron e quindi viene investito direttamente dagli atomi di niobio emessi dal target ma anche dalle particelle cariche sfuggite al confinamento magnetico; a testimonianza di questo si è visto che alcuni film depositati a 0° presentavano sulla superficie in corrispondenza del centro del magnetron una zona opaca e fortemente rugosa di film danneggiato, possibile indizio di una perdita di confinamento in quella zona (cioè di un leggero sbilanciamento del magnetron) che causa il bombardamento del substrato da parte degli ioni del plasma. 39 Tralasciando il dato a 0°, influenzato dal re-sputtering, la variazione dello spessore con l’angolo di orientazione dipende da cos(), anche se ovviamente non si annulla per i campioni posti perpendicolarmente alla superficie del target5. Figura 3.4 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 180 mm dal target Figura 3.5 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 70 mm dal target 40 Capitolo 4 MISURA DELLE PROPRIETÀ SUPERCONDUTTIVE Vengono prima presentati i fondamenti teorici delle proprietà analizzate, poi viene descritto l’apparato sperimentale e la sua messa a punto. Si descrive il protocollo di misurazione impiegato. Infine vengono presentati i risultati delle misurazioni effettuate sui campioni realizzati. 4.1 Generalità Il comportamento superconduttore di un materiale viene caratterizzato essenzialmente attraverso due parametri fondamentali: La temperatura critica (Tc) Il Rapporto di Resistività Residua (RRR) La temperatura critica è la temperatura alla quale il campione effettua la transizione superconduttiva, cioè il punto al di sotto del quale la resistenza elettrica DC scende, idealmente, ad un valore inferiore ai limiti di sensibilità strumentali e quindi può essere assunta come nulla. La resistenza elettrica al di sopra della temperatura di transizione è composta dalla somma di due termini13: R (T ) R ph (T ) Rres Equazione 4.1 dove Rph(T) è causata dalle collisioni elettrone – fonone e decresce con la temperatura in quanto le vibrazioni reticolari vengono progressivamente inibite; Rres è la resistenza residua indipendente dalla temperatura. Il rapporto di resistività residua è definito come: RRR 1 R(300 K ) R ph (300 K ) Rres R ph (300 K ) Rres R(10 K ) R ph (10 K ) Rres Rres R ph (300 K ) Rres ph (300 K ) 1 res Equazione 4.2 dove il terzo passaggio è giustificato dal fatto che a 10K la resistività fononica è trascurabile. ph(300K) è una costante che vale 15 cm. Siccome la resistenza residua è essenzialmente determinata dalla quantità di impurezze presenti nel campione, RRR fornisce una stima immediata della qualità del materiale: più è elevato e più il campione è puro, cioè si comporta da “buon” superconduttore. 4.2 Apparato di misura Sia Tc che RRR vengono misurate con l’apparato mostrato in Figura 4.1. In Figura 4.2 è rappresentato invece uno schema dei collegamenti fra la strumentazione e la sonda id misura. Figura 4.1 foto del sistema per la misura delle proprietà superconduttive. 1: voltmetro per la misura della tensione ai capi del campione, 2: generatore di corrente per il campione, 3: nanovoltmetro per la misura della tensione sul termometro, 4: sonda di misura, 5: personal computer per l’acquisizione dei dati, 6: contattiera per trasferire il segnale dal rack alla sonda di misura. 42 Figura 4.2 schema dell’apparato di misura di RRR La misura di resistenza viene effettuata con il metodo voltamperometrico a quattro punte: su campione vengono fissati quattro contatti, i due esterni iniettano una corrente costante prodotta dal generatore Keithley 220, la caduta di potenziale viene misurata attraverso i contatti interni che sono collegati ad un nanovoltmetro Keithley 181. Applicando la legge di Ohm R = V/I si ottiene la resistenza del campione. La misura della temperatura è di tipo resistivo, un generatore di corrente inietta 10 A in un termometro a resistenza al germanio e la tensione corrispondente viene misurata da un voltmetro digitale Keithley 182. L’elaboratore a cui è collegata la strumentazione provvede a calcolare la 43 resistenza e a convertire questo dato in temperatura, a schermo compare la curva della resistenza del campione in funzione di T. per evitare errori sistematici dovuti alle resistenze di contatto (le punte non sono saldate sul campione ma solo premute su di esso, le boccole dei fili che collegano la strumentazione possono essere ossidate, la testa portacampione può non essere collegata ai misuratori in modo ottimale) il sistema provvede automaticamente ad invertire il segno della corrente iniettata al campione in modo da ottenere la tensione come media di due valori ed eliminare l’errore sistematico. Se è presente una tensione di offset V0 costante, la tensione misurata Vm, sarà composta dalla tensione vera V ai capi dei contatti più il valore dell’offset e di conseguenza il calcolo della resistenza del campione sarà errato. L’inversione del segno della corrente ha effetto solo sulla tensione misurata dai contatti e non sulla tensione di offset, perciò mediando la misura sui due valori V1, V2 ottenuti con corrente di segno opposto si dovrebbe eliminare o almeno limitare l’offset: Vm (V1 V0 ) (V0 V2 ) V1 V2 V 2 2 Equazione 4.3 Dove V è il valore vero della tensione ai capi delle punte. 4.3 Testa di misura e montaggio del campione La misura della temperatura di transizione richiede che il campione raggiunga una temperatura inferiore a 9.25K (Tc del niobio Bulk), per fare ciò il campione deve essere immerso in un dewar di elio liquido attraverso una apposita sonda di misura costituita da un’asta di metallo che può scorrere attraverso un foro praticato in una flangia KF da collegare all’apertura del dewar stesso. L’estremità immersa della sonda è formata da un cilindro di rame all’interno del quale viene posto il campione a contatto con le quattro punte che premono su di esso grazie ad un sistema di serraggio a vite; il termometro è annegato in un foro praticato nel cilindro di rame il più vicino possibile al campione e spalmato di grasso per criogenia Apiezon così da migliorare il contatto termico. Otto cavi (quattro per i contatti ohmici e quattro per il termometro) sono avvolti numerose volte attorno alla base del cilindretto e fissati con resina per criogenia in modo da garantire l’ancoraggio termico; poi scorrono all’interno dell’asta fino alla boccola di collegamento con il rack della strumentazione. È importante che i cavi vengano ritorti su loro stessi il più 44 possibile così da impedire che si formino spire che concatenano eventuali campi magnetici esterni, dando origine a correnti induttive parassite. Originariamente i cavi di collegamento all’interno dell’asta erano fili di rame smaltato da 0.2 mm di diametro, si è però osservato che la loro resistenza meccanica era insufficiente e tendevano a spezzarsi. Per ovviare al problema, prima di effettuare le misure il candidato ha provveduto a ricablare la sonda sostituendo i cavi originari con fili di rame argentato più spessi e ricoperti da una guaina polimerica, lasciando quelli di rame smaltato solo nell’avvolgimento di ancoraggio termico perché la loro conducibilità termica è nettamente più alta. Figura 4.3 testa di misura (sinistra) e posizionamento del campione al suo interno (destra) Si è poi provveduto ad eliminare lo strato di ossido che nel tempo si era formato su contatti e a migliorare il sistema di serraggio a vite delle punte. Anche i contatti presenti sulla scatola di giunzione fissata al rack (di tipo a “coccodrillo”) sono stati sostituiti con nuove boccole del tipo a “banana”, più affidabili e robuste. Si è poi controllato che il termometro seguisse l’andamento della curva di taratura fornita dal costruttore e infine si è verificato che la corrente reale fornita dai due generatori corrispondesse a quella effettivamente indicata. Il controllo dell’apparecchiatura è stato molto accurato in modo da raggiungere un elevato grado di sicurezza sull’affidabilità delle misure e sull’assenza di fonti di errore incontrollabili. 45 Figura 4.4 visione di insieme della sonda di misura. 1: parte collegata al rack, 2: parte da inserire nel dewar 4.4 Procedura Il sistema è interfacciato ad un Personal Computer equipaggiato con un programma in Instrument Basic, che genera in automatico le curve Resistenza su Temperatura e da queste calcola il Rapporto di Resistività Residua. La Tc viene determinata successivamente in fase di elaborazione dei dati raccolti. La temperatura viene variata manualmente, immergendo progressivamente la sonda nel dewar in modo che la testa si trovi a contatto con vapori di elio a temperatura via via più bassa ed infine raggiunga eventualmente l’elio liquido. La procedura da seguire è la seguente: 1. montare il campione sulla testa della sonda, stringendo la vite finché il contatto delle punte è buono, attendere poi che la lettura di resistenza sia stabile. 2. far partire il programma e fermarlo immediatamente, in modo che venga registrata la resistenza del campione a temperatura ambiente. 3. collegare la sonda di misura all’imboccatura del dewar di elio stringendo la flangia KF con l’apposita cravatta. Ogni volta che la sonda viene posizionata o rimossa e il dewar si trova per breve tempo aperto all’atmosfera, la valvola che collega il circuito di recupero dei vapori di elio deve essere chiusa in modo da evitare che l’aria venga aspirata nel sistema e possa inquinarlo oppure congelare formando dei tappi. 4. una volta inserita la sonda, assicurarsi che la valvola che collega il dewar al circuito di recupero dei vapori di elio sia aperta: questo passo è fondamentale per evitare che il recipiente dell’elio vada in pressione, cosa che oltre ad impedire l’abbassamento di temperatura comporta un severo rischio di rottura delle valvole di sicurezza o addirittura esplosione del dewar. 5. iniziare ad immergere la sonda. Il termometro misura a temperature più basse di 70K e la Tc del niobio è 9.25K quindi si può inizialmente procedere velocemente per poi rallentare una volta raggiunti i 10K. 6. raggiunta una temperatura leggermente superiore alla Tc prevista del campione, far partire il programma di misurazione e continuare ad abbassare 46 lentamente la sonda, sullo schermo del computer verrà visualizzato il grafico Resistenza vs. Temperatura e il valore di RRR. 7. dopo che il campione è transito, arrestare il programma ed estrarre la sonda. Figura 4.5 esempi di curve resistenza vs. temperatura per campioni depositati a basso (sopra) ed alto (sotto) angolo target – substrato Il Rapporto di Resistività Residua è calcolato automaticamente dal programma dividendo la resistenza del campione misurata a temperatura ambiente per quella alla temperatura di 10K, cioè appena al di sopra della transizione. 47 La temperatura di transizione viene invece calcolata successivamente, dopo aver ottenuto tutta la curva di resistenza, attraverso la formula: Tc Tc : Tc T( 90%) T(10%) 2 Tc Equazione 4.4 T( 90%) T(10%) 2 definendo T(90%) come la temperatura alla quale la resistenza ha un valore pari al 90% di quella prima dell’inizio della transizione, T(10%) come la temperatura alla qual la resistenza è il 10% di quella sopra la transizione. Tc rappresenta l’incertezza sulla stima della temperatura critica. 4.5 Risultati 4.5.1 Film depositati in corrente continua Le proprietà superconduttive sono state misurate su diverse serie di campioni, con gradi di impurezze variabili. Sia la temperatura critica che RRR dipendono fortemente dal grado di contaminazione, cioè dalla pressione residua nella camera da vuoto prima dello sputtering. La frazione di contaminanti fi della specie i intrappolata durante la crescita del film è data da8 fi i Ni i Ni R Equazione 4.5 dove Ni è il numero di atomi della specie i che colpiscono il film nell’unità di area e di tempo; i è lo sticking coefficient e R la velocità di deposizione. Di conseguenza ci sono tre strategie per ridurre il grado di contaminazione: ridurre la pressione residua in camera, cioè diminuire Ni aumentare la temperatura del substrato durante la deposizione, cioè abbassare i incrementare la quantità di atomi di niobio che colpiscono il target rispetto agli ioni di impurezze presenti, cioè aumentare la velocità di deposizione R. 48 I film sono stati depositati a diversi valori di pressione residua in modo da variare il grado di contaminazione e poter così investigare la dipendenza angolare delle proprietà superconduttive anche nelle regioni a basso RRR della curva di Testardi. Come mostrato in Figura 4.6 il rapporto di resistività residua decresce in maniera monotona all’aumentare dell’angolo target – substrato; come ci si attendeva, elevati livelli di impurezze intrappolate conducono ad RRR più bassi, ma l’andamento delle curve non viene modificato. Anche la temperatura critica diminuisce all’aumentare dell’angolo, passando da valori prossimi a quelli del Niobio massivo per campioni depositati a 0° fino a valori molto bassi per film realizzati con un angolo di 90°, addirittura per alcune serie non è stato possibile effettuare la misura perché a 4.2K (cioè con la sonda completamente immersa nell’elio liquido) la transizione non si era ancora verificata . 49 Figura 4.6 TC ed RRR in funzione dell’angolo target – substrato per campioni a vari livelli di contaminazione 4.5.2 Film depositati in corrente pulsata L’utilizzo come sorgente di un magnetron impulsato anziché in corrente continua dovrebbe portare al deposito di film a struttura più compatta, senza caratteristiche formazioni colonnari, e quindi le proprietà superconduttive dovrebbero risentirne positivamente. Partendo da questo assunto si sono realizzate nuove serie di campioni analizzandole sia dal profilo della superconduttività che della morfologia in modo da determinare il reale effetto della pulsazione sulle caratteristiche del rivestimento di niobio. 50 Figura 4.7 confronto fra RRR di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 410-9 mbar Figura 4.8 confronto fra Tc di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 410-9mbar 51 La deposizione pulsata ha portato a film migliori dal punto di vista di RRR e temperatura critica rispetto a campioni preparati nelle stesse condizioni di pressione e potenza del magnetron (3.910-9 mbar, 177 kWh) ma in corrente continua. 4.5.3 Deposizione con riscaldamento del substrato Lo sviluppo di morfologie superficiali differenti in funzione dell’angolo di arrivo degli atomi sul substrato è probabilmente favorito dalla scarsa mobilità degli atomi stessi una volta che hanno raggiunto la superficie dei quarzi. Si è perciò tentato di verificare se un’elevata mobilità degli atomi sulla superficie del film in crescita, cioè un elevata temperatura del substrato, avesse un effetto positivo sulle proprietà superconduttive, riducendone il degradamento ad alti angoli di deposizione. Il sistema per lo sputtering con magnetron 2 pollici è stato equipaggiato con un fornetto sul quale è stato fissato il portacampioni multi-angolo. Il fornetto è stato alimentato controllandolo in corrente e la temperatura è stata misurata attraverso due termocoppie, una posizionata sull’elemento riscaldante, la seconda inserita nel portacampioni. La deposizione è stata condotta con gli usuali parametri (controllo in corrente 1.04 A, pressione di argon 2.210-3mbar, tempo di sputtering 20 min.) mantenendo la temperatura dei substrati attorno a 600 °C per tutta la deposizione. L’aumento della temperatura dei substrati ha certamente un effetto di miglioramento delle proprietà (RRR =24.5 è il massimo valore ottenuto in questo lavoro) e provoca una riduzione della dipendenza dall’angolo facendo ottenere film piuttosto buoni anche ad angoli di deposizione elevati, ai quali non si aveva un RRR soddisfacente senza riscaldamento del substrato (Figura 4.9, Figura 4.10). L’elevata temperatura contribuisce quindi a ridurre tutti gli effetti morfologici causati dall’angolo di incidenza degli atomi di niobio, come per esempio la formazione di strutture colonnari inclinate verso la direzione di arrivo oppure la presenza di forti orientazioni nei piani cristallini,ed inoltre favorisce l’accrescimento di cristalliti di maggiori dimensioni. 52 Figura 4.9 temperatura di transizione in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C Figura 4.10 RRR in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C 53 Capitolo 5 DIFFRATTOMETRIA A RAGGI X In questo capitolo viene descritta l’analisi dei campioni con tecniche di diffrazione ai raggi X. Prima viene fornita una descrizione teorica generale dei metodi di analisi impiegati, con riferimenti particolari alla strumentazione utilizzata, poi vengono presentati i risultati ottenuti dal candidato. 5.1 Scansione goniometrica 5.1.1 Generalità L’identificazione della struttura cristallina dei film realizzati è stata effettuata attraverso la diffrazione di raggi X condotta con uno strumento Philips X’Pert Pro. Si è utilizzata una sorgente di raggi X Cu K con lunghezza d’onda = 1.5418 Å, mantenuta ad un angolo costante rispetto al campione e si è variata la posizione del rivelatore; la scansione ha coperto l’intervallo 35° <2 < 125° in cui cadono i picchi del niobio. Si sono mantenute le stesse condizioni di misurazione per i campioni ottenuti a diverso angolo di deposizione e per ogni film le altezze dei picchi sono poi state normalizzate rispetto al riflesso più intenso, che in tutti i casi è quello corrispondente al piano cristallografico (110) rivelato a 2 = 38.5° (per il niobio massivo). Figura 5.1 Diffrattometro Philips X’Pert Pro utilizzato per le analisi Attraverso la diffrazione dei raggi X ci si è proposti di studiare le modificazioni che la deposizione di film a diversi angoli target – substrato attua sulla struttura cristallina del niobio. Nello specifico si è voluto verificare la variazione di dimensione dei grani cristallini (indice della tendenza più o meno marcata verso l’amorfizzazione) e la presenza di stress residui nel film, determinata calcolando la variazione della distanza interplanare attraverso la legge di Bragg. 2d ( hkl ) sin n Equazione 5.1 La Tabella 5.1 elenca i picchi di diffrazione e la loro intensità relativa per un campione standard di polveri di niobio, per confronto con i risultati ottenuti dalla misurazioni sui film. Tabella 5.1 picchi di diffrazione delle polveri per il Niobio. (Fonte: JCPDS-International Centre for Diffraction Data) 2 (gradi) Intensità relativa Indici di Miller (hkl) 38.507 100 110 55.591 16 200 69.651 20 211 82.534 5 220 95.004 4 310 107.728 1 222 121.451 4 321 137.685 <1 400 5.1.2 Risultati ottenuti Si è osservata una notevole variazione delle intensità relative dei picchi a diversi angoli di deposizione, in particolare si vede come il campione depositato con un angolo di 0° presenti quasi esclusivamente il picco (110), indice di un’orientazione preferenziale dei grani, e come questa orientazione tenda ad essere modificata quando l’angolo fra target e substrato cambia. L’intensità dei picchi tende a diminuire drasticamente per campioni depositati ad angoli maggiori di 60° ad indicazione della tendenza verso la formazione di film con un alto grado di amorfizzazione. Per fornire una stima delle dimensioni dei grani cristallini si è utilizzata la formula di Debye – Sherrer, applicandola sul picco più intenso degli spettri di diffrazione, cioè (110), situato attorno a 2 = 38.5°: 56 0.9 cos( ) ( 2 ) D Equazione 5.2 dove è la lunghezza d’onda della radiazione x incidente (1.5418 Å ), è l’angolo di diffrazione e 2 l’ampiezza a mezza altezza (FWHM) del picco di diffrazione considerato. L’errore su queste misure è stato calcolato propagando l’errore sulla determinazione dell’ampiezza dei picchi, a sua volta ottenuto misurando più volte uno stesso campione e calcolando o scarto quadratico medio dei risultati. 110 100 Relative Intensity 80 75 degrees 60 60 degrees 200 40 211 45 degrees 220 310 20 321 222 30 degrees 15 degrees 0 20 40 60 80 100 120 140 2 Theta (degrees) crystallite dimension (Angstrom) Figura 5.2 spettri di diffrazione a diversi angoli target - substrato 140 120 100 80 60 15 30 45 60 75 deposition angle (degrees) Figura 5.3 dimensione dei grani cristallini determinata con la formula di Debye-Sherrer in funzione dell’angolo di deposizione. 57 Si nota dalla Figura 5.3 che c’è una brusca diminuzione della dimensioni dei cristalliti passando da un angolo target – substrato di 45° ad uno di 60°, variazione che si può notare anche nel grafico dell’intensità degli spettri (Figura 5.2). i film depositati ad alto angolo tendono infatti verso una sempre maggiore amorfizzazione, probabilmente perché la percentuale di atomi che si depositano dopo aver subito collisioni anelastiche in fase gassosa aumenta e quindi l’energia media di arrivo degli atomi di niobio è troppo bassa per superare i salti energetici diffusivi necessari all’accrescimento dei grani cristallini. Di conseguenza si assiste alla nucleazione di un elevato numero di grani che però non riescono ad accrescersi. Si osserva inoltre uno spostamento nella posizione dei picchi di diffrazione al variare dell’angolo fra target e substrato, che è riportato in Tabella 5.2 assieme alla distanza interplanare calcolata attraverso la legge di Bragg. La variazione della distanza interplanare in funzione dell’angolo di deposizione testimonia la comparsa di stress all’interno del film in crescita e assume un’andamento molto simile a quello della rugosità dei film. Tabella 5.2 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo di deposizione. Lo spostamento è calcolato rispetto al picco di (110) di diffrazione delle polveri posto a 2 = 38.507 Angolo target-substrato Posizione del picco (110) (2) spostamento d110 (Å) 15° 38.366° 0.141° 1.245 30° 38.497° 0.010° 1.076 45° 38.386° 0.122° 1.216 60° 37.386° 1.121° 2.502 75° 38.164° 0.342° 1.716 La Figura 5.4 rappresenta la posizione del picco (110) in funzione dell’angolo target – substrato, si nota immediatamente l’andamento a minimo piccato attorno a 60°. Il calcolo della distanza interplanare mostra ugualmente un andamento piccato attorno allo stesso angolo, si osserva in particolare che per i film ottenuti a basso angolo d110 è minore di quella misurata in letteratura per polveri di niobio (1.75Å), a testimonianza di una situazione di stress compressivo, mentre per alti angoli si ha un passaggio a stress di tipo tensile che raggiunge un massimo per poi ritornare compressivo. L’andamento è molto simile a quello della rugosità misurata con AFM e spettroscopia di impedenza (capitoli 6,7) e fa quindi pensare che esista un valore dell’angolo di deposizione in corrispondenza del quale l’aspetto morfologico-strutturale del film cambia radicalmente. 58 38,6 position of peak (110) (2 ) 38,4 38,2 38,0 37,8 37,6 37,4 37,2 15 30 45 60 75 deposition angle (degrees) Figura 5.4 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo target – substrato 3,0 2,8 2,6 d110 (Angstrom) 2,4 2,2 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 15 30 45 60 75 deposition angle (degrees) Figura 5.5 variazione della distanza interplanare per il picco (110) in funzione dell’angolo di deposizione. La linea orizzontale rappresenta il valore di d110 per niobio non stressato. 59 In conclusione le analisi diffrattografiche hanno mostrato che: 1. esiste una variazione dei rapporti di intensità tra i picchi di diffrazione al variare dell’angolo target – substrato; 2. le dimensioni dei cristalliti tendono ad essere costanti a bassi angoli target – substrato per poi diminuire bruscamente attorno ai 60°, cioè il film depositato ad angoli target – substrato elevati tende verso un elevato grado di amorfizzazione; 3. la posizione del picco (110) varia con l’angolo target – substrato, a testimonianza di uno stato di stress all’interno del film che passa da compressivo a tensile per poi tornare compressivo. La notevole differenza nei rapporti delle altezze dei picchi al variare dell’angolo e il fatto che nessun campione presenti altezze relative riconducibili a quelle tipiche del niobio bulk, ha fatto ritenere che la crescita dei film avvenga secondo orientazioni cristallografiche preferenziali tali da modificare il comportamento superconduttivo dei campioni. Per questa ragione si è proceduto ad ulteriori analisi diffrattometriche volte a evidenziare la presenza di tessiture. 5.2 Tessiture 5.2.1 Generalità Le sostanze solide, e quindi anche i film di niobio depositati per sputtering, sono generalmente costituite da un elevato numero di cristalliti. L’ipotesi che i cristalli che compongono un materiale siano orientati con distribuzione casuale è un approssimazione troppo restringente, in quanto numerose cause fisiche contribuiscono ad impartire orientazioni preferenziali dei piani cristallini, che comunemente vengono indicate con il termine tessiture14. Le analisi diffrattometriche sui campioni mostrano chiaramente una variazione dell’orientamento dei piani cristallini in funzione dell’angolo fra target e substrato, infatti le altezze relative dei diversi picchi in rapporto al picco più intenso (110) cambiano variando l’angolo di deposizione. Per verificare l’esistenza di tali orientamenti preferenziali e determinare la loro dipendenza dall’inclinazione del substrato si è quindi 60 proceduto con l’analisi delle tessiture utilizzando il diffrattometro con una culla portacampioni che possa esplorare lo spazio di Eulero15. Figura 5.6 culla di Eulero utilizzata per l’analisi tessiturale Dato un sistema di riferimento cartesiano solidale con il campione OXYZ, ed una terna di assi Oxyz solidale con un singolo grano cristallino, la relazione che intercorre tra i due sistemi è data da una rotazione prodotto di tre rotazioni parziali fra loro indipendenti definite nel seguente modo: una rotazione attorno all’asse OZ una rotazione attorno al nuovo asse OY1 definito dalla prima rotazione una rotazione attorno al all’asse OZ2 definito dalle due rotazioni precedenti. Gli angoli , , sono detti angoli di Eulero16. Figura 7 definizione degli angoli di Eulero in un cristallo rispetto alla terna di assi di riferimento solidali con il campione 61 Se si pone un campione costituito da un solo cristallo al centro della sfera di proiezione stereografica e si considerano solo i poli di un certo tipo {hkl}, si ottiene la figura polare diretta del grano relativa alla famiglia di piani {hkl}, rappresentata come dei punti in precise posizioni del cerchio della proiezione. Se il campione, come nel caso dei film realizzati, è costituito da un materiale policristallino, occorre sostituire ai punti che corrispondono ai poli una funzione normalizzata della densità dei poli, ottenendo così la figura polare diretta del materiale policristallino, che rappresenta l’informazione sperimentale ottenuta dal diffrattometro per la determinazione degli orientamenti preferenziali. In una geometria di tipo -2 la perpendicolare alla superficie del campione in esame deve giacere nel piano definito dai fasci incidenti e diffratti. Per l’analisi delle tessiture sono invece necessari altri due gradi di libertà in modo che la normale al campione possa assumere tutte le posizioni nello spazio e di conseguenza ogni cristallite si trovi in condizione di riflettere la radiazione X incidente; l’intensità della radiazione diffratta sarà proporzionale al numero di cristalli con un particolare piano in posizione di riflessione. Questa configurazione geometrica è ottenuta montando sul normale cerchio 2 la culla di Eulero che supporta altri due cerchi: uno per la rotazione di un angolo attorno alla normale alla superficie del campione e un secondo per la rotazione attorno ad un asse parallelo alla superficie del campione (tilting); nello specifico varia da 0° a 360° mentre va da 0° a 90°. La misura viene condotta in riflessione (sorgente e rivelatore si trovano dallo stesso lato rispetto alla superficie del campione) secondo lo schema seguente: 1. Con una breve scansione di tipo -2 si identifica l’esatta posizione del picco (110) del niobio per il campione in esame che nel materiale massivo e privo di stress è a 2 = 38.503° mentre nei film può essere leggermente spostato a causa di fenomeni di stress o errori indotti dalla non perfetta planarità del campione o dal montaggio non esattamente orizzontale sul portacampioni. 2. Si posizionano sorgente e rivelatore in modo che il campione sia in condizione di riflessione per il picco (110), da ora in poi l’angolo 2 non verrà più variato per tutta la durata della misura. 3. Inizia la scansione per esaminare le tessiture: l’angolo viene variato in modo continuo da 0° a 360°. 62 4. Dopo una rotazione completa di , il campione viene inclinato di = 5° e si effettua una nuova scansione completa di . 5. La misura procede in questo modo finché non vale 90°, a questo punto l’analisi è completa. Il sistema memorizza i conteggi del rivelatore per ogni coppia di coordinate (,) e le restituisce rappresentati in una figura polare in cui è definito come la lunghezza di un vettore con l’origine nel cerchio di proiezione, è l’angolo che tale vettore fa con l’asse orizzontale e l’intensità è riportata come curve di diversi colori che collegano fra loro i punti corrispondenti ad un ugual numero di conteggi. 5.2.2 Risultati ottenuti L’analisi tessiturale fornisce uno strumento di indagine molto potente sulla dinamica di crescita di un film sottile, in quanto può rivelare le orientazioni preferenziali dei grani causate dalle condizioni di deposizione. Nella figura polare i punti corrispondenti ad uno stesso numero di conteggi, cioè alla stessa quantità di piani cristallini che sono in posizione di riflessione, sono collegati fra loro da curve di livello; in un film cresciuto senza orientazioni preferenziali le linee a intensità costante sono rappresentate come cerchi concentrici perché non sono presenti direzioni parallele alla superficie del campione in cui si osserva un incremento del numero di piani posti in riflessione. L’inclinazione preferenziale dei piani cristallini rispetto alla superficie del campione è invece descritta dalla posizione del massimo di conteggi sul raggio del cerchio di proiezione, cioè sulla coordinata : se il massimo è posto nel centro della figura, la maggior parte dei grani è orientata parallelamente alla superficie, uno spostamento lungo il raggio indica che la crescita dei grani procede con una certa inclinazione rispetto alla superficie. Film depositati in corrente continua Osservando le tessiture dei campioni depositati, si osserva una chiara dipendenza dell’orientazione preferenziale dall’angolo fra target e substrato: nel caso del film depositato a 0° non si notano orientazioni dipendenti da e il massimo di conteggi è posto a = 0, come ci si aspetta per un incidenza degli atomi di niobio 63 prevalentemente normale alla superficie che dà origine a strutture con i cristalli orientati parallelamente alla superficie stessa. Aumentando l’angolo di deposizione, il massimo dei conteggi si sposta lungo il raggio della figura polare di un valore all’incirca uguale all’inclinazione del campione rispetto alla superficie del target; questa è una chiara indicazione che l’angolo fra target e substrato influenza la struttura del film in crescita ed in particolare impartisce una orientazione preferenziale ai grani cristallini tale che il piano (110) tenda ad essere sempre perpendicolare alla direzione di arrivo degli atomi di niobio. L’effetto è marcato fino a 45°, angolo in cui cominciano a verificarsi tessiture anche lungo che deformano i cerchi delle curve di livello; ad inclinazioni maggiori il film tende ad amorfizzarsi e quindi l’inclinazione preferenziale dei piani cristallini, seppur ancora riconoscibile, tende ad essere mascherata dal rumore di fondo. A 90 gradi il film è troppo sottile per essere analizzato con la diffrazione dei raggi X. La struttura cristallina influenza le proprietà superconduttive del film, in particolare la presenza di bordi di grano aumenta la resistività residua diminuendo di conseguenza RRR. La crescita così fortemente orientata evidenziata dalla misura delle tessiture può spiegare il decadimento delle proprietà superconduttive all’aumentare dell’angolo di deposizione: alti angoli target – substrato causano forti orientazioni dei grani e di conseguenza un’elevata anisotropia nella struttura del film, anisotropia che necessariamente si riflette sulle proprietà elettriche. Osservando i grafici RRR in funzione dell’angolo di deposizione e l’andamento delle tessiture, è ragionevole ipotizzare che la direzione favorita per il trasporto di cariche – cioè quella con minore resistenza elettrica – sia la parallela ai piani cristallografici (110); di conseguenza RRR assumerà il valore massimo quando verrà misurata lungo tale direzione e decrescerà progressivamente mano a mano che l’allineamento dei piani (110) si allontanerà da questa condizione ideale. Assumendo la validità di questa ipotesi, il peggioramento delle proprietà superconduttive del film all’aumentare dell’angolo di deposizione è determinato dal fatto che la direzione di più facile trasporto di cariche cambia con l’orientazione preferenziale dei grani e si allontana sempre più dalla parallela alla superficie del campione e quindi dalla direzione di misura di RRR. Oltre un certo angolo – che può essere stimato attorno ai 60 gradi – va comunque considerato anche il grado di amorfizzazione del film che comincia ad essere piuttosto elevato e domina il comportamento elettrico del film, mascherando l’effetto di tipo tessiturale osservato ad angoli più bassi. 64 0°0° 15° 30° 65 45° 60° 45° 75° Figura 5.8 figure polari che mostrano le tessiture a diversi angoli di deposizione per film depositati in corrente continua 66 Film depositati in corrente pulsata il primo effetto strutturale osservato nei film depositati in corrente pulsata è una minore tendenza dei film ad alto angolo verso l’amorfizzazione, è stato infatti possibile analizzare le tessiture anche nel campione ad angolo di 90°, cosa molto difficoltosa nel caso continuo in cui il campione corrispondente era quasi completamente amorfo. Per quanto riguarda le tessiture si nota una sostanziale differenza di comportamento tra i film depositati a basso angolo (0°, 15°, 45°) e quelli ad angolo maggiore, infatti i primi mostrano figure polari molto simili fra loro con le linee di livello dei conteggi di forma pressoché circolare che tendono a deformarsi aumentando l’angolo di deposizione, mentre nei film successivi le figure delle tessiture sono molto più complesse e non evidenziano un’orientazione preferenziale molto forte lungo la direzione di arrivo degli atomi di niobio come nel caso dei campioni realizzati in corrente continua. In tutta la serie di campioni si osserva una più lieve tendenza alla crescita del piano (110) in modo orientato rispetto alla direzione di deposizione, soprattutto per i campioni a basso angolo che come già accennato hanno un’orientazione preferenziale poco evidente, mentre nei campioni ad angolo elevato è evidente una tessitura molto pronunciata che però segue direzioni che sembrano non essere dipendenti dall’angolo di deposizione in modo così semplice come nel caso continuo. Si può quindi ragionevolmente affermare che la pulsazione della corrente favorisce la cristallinità del film depositato, anche ad angoli di deposizione elevati e tende a diminuire l’effetto orientante i grani cristallini dell’angolo target – substrato, rendendo la struttura del film meno dipendente dalla sua orientazione rispetto alla sorgente di atomi che si depositano. 67 0° 15° 30° 68 45° 60° 75° 69 90° Figura 5.9 figure polari che mostrano le tessiture in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente pulsata 70 Capitolo 6 MICROSCOPIA A FORZA ATOMICA Il capitolo descrive il principio di funzionamento dei microscopi SPM, con particolare riferimento al microscopio a forza atomica. Vengono poi presentati i risultati delle analisi morfologiche effettuate dal candidato con questa tecnica. 6.1 Generalità Un microscopio con sonda a scansione (Scanning Probe Microscope – SPM) è uno strumento capace di fornire informazioni fedeli sulla topografia tridimensionale del campione, cioè sul rilievo altimetrico della superficie, espresso come deviazione punto per punto da una superficie piana ideale17. Tutti i tipi di SPM hanno in comune il fatto che utilizzano un dispositivo piezoelettrico per variare la posizione (x,y) di un sensore a punta sulla superficie del campione da analizzare e la distanza (z) tra la punta e la superficie; il segnale generato dal sensore viene poi utilizzato per costruire un’immagine tridimensionale attraverso un computer interfacciato al microscopio. In un Microscopio a Forza Atomica (AFM) il segnale che genera l’immagine del campione è prodotto dalla forza di interazione tra gli atomi superficiali del campione stesso e della punta. Comunemente, il sensore utilizzato consiste in una microleva estremamente flessibile, detta cantilever, su cui viene fissata ad un’estremità una punta molto sottile e in un raggio laser che colpisce una superficie riflettente posta sul retro del cantilever stesso; durante la scansione, la punta viene mossa sopra la superficie del campione e, se esiste una forza di interazione, la leva si flette facendo deviare il raggio laser riflesso. Il sensore di forza è costituito da un fotodiodo a due o quattro quadranti, quando la punta si muove sopra le asperità del campione il punto di incidenza del raggio riflesso. Sul sensore cambia posizione generando un segnale di sbilanciamento tra un quadrante e l’altro che sarà una funzione della forza con cui la punta interagisce con il campione. In Figura 6.1 è mostrato uno schema del funzionamento del microscopio a forza atomica: la punta scorrendo sul campione si flette e il movimento si ripercuote sul raggio riflesso dallo specchio posto sul retro del cantilever. Figura 6.1 principio di funzionamento di un microscopio a forza atomica (modalità in contatto)18 L’acquisizione dell’immagine può avvenire misurando semplicemente la tensione del fotodiodo senza intervenire sulla coordinata z (modo ad altezza costante) oppure utilizzando il segnale stesso come retroazione per controllare l’altezza della punta rispetto al campione in modo da mantenere sempre costante la forza di deflessione sulla leva (modo a forza costante). Questa seconda modalità è preferibile perché si ottiene una migliore linearità del segnale. Approssimando il potenziale di interazione fra due atomi nella usuale forma di LennardJones19: 12 6 U ( R ) 4 R R Equazione 6.1 si nota che esiste una zona a bassa distanza R in cui il potenziale è repulsivo, mentre una zona a distanze maggiori in cui questo è attrattivo, di conseguenza è possibile utilizzare il microscopio a forza atomica in due diverse modalità: contatto, quando si sfrutta il potenziale repulsivo tra atomi della punta e del campione e quindi la leva tende a flettersi allontanandosi dalla superficie; non contatto nella situazione opposta. Nell’acquisizione in non contatto le forze in gioco sono diversi ordini di grandezza minori rispetto a quella in contatto, perciò anche la sensibilità dello strumento è molto più bassa, di conseguenza la modalità in contatto è preferibile a meno che non si misurino campioni molto delicati che rischiano di danneggiarsi nei contatti con la punta. Nel caso dei film di niobio le immagini sono state ottenute con il microscopio che lavorava in contatto e a forza costante, in quanto la superficie è abbastanza resistente da non venire rigata dalla punta. 72 Figura 6.2 posizioni sulla curva del potenziale di Lennard-Jones nelle modalità di analisi in contatto ed in non contatto 6.2 Risultati 6.2.1 Film depositati in corrente continua I primi campioni analizzati sono stati depositati in un unico run, quindi avevano spessori diversi in quanto la velocità di deposizione decresce all’aumentare dell’angolo target – substrato. La scansione è stata effettuata due volte per ogni vetrino, prima su un area di 20x20 m, poi restringendo la zona di analisi ad un quadrato di 2x2 m, posizionandosi sempre al centro del campione; dalla scansione ad ingrandimento maggiore, dove erano più evidenti le caratteristiche morfologiche superficiali, sono state ottenute delle immagini tridimensionali della topografia. La rugosità è stata calcolata con il programma di elaborazione dei dati del microscopio, utilizzando la funzione “analisi di linea” che permette di misurare le caratteristiche del campione lungo una linea orizzontale o verticale posizionabile a piacimento. L’analisi dei campioni è stata fatta lungo quattro rette orizzontali equispaziate e su altrettante verticali ed i risultati forniti dal programma sono poi stati mediati in modo da ottenere un dato di rugosità che fosse il meno influenzato possibile dalla scelta di una particolare posizione sull’area di analisi. I dati ottenuti mostrano un andamento a massimo della rugosità in funzione dell’angolo di deposizione, con il picco posto a 75 gradi ed un valore a 90° basso. 73 Figura 6.3 andamento della rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente continua Oltre che l’aumento di rugosità si nota dalle immagini anche un incremento di dimensione laterale delle strutture in crescita sul film, che è particolarmente marcato nell’intervallo 45° - 75° dove si possono osservare picchi ed avvallamenti molto pronunciati in altezza ma anche in larghezza (nel piano xy). Tale effetto non è presente nel film a 90° che invece possiede una morfologia più simile a quelli a basso angolo con formazioni colonnari di bassa estensione laterale. La morfologia dei film a 45°, 60°, 75° è chiaramente influenzata dagli effetti di ombreggiatura, come è logico aspettarsi dalle condizioni di deposizione che favoriscono la deposizione in “linea di vista” inibendo lo scattering in fase gassosa (bassa pressione di argon) e limitano la diffusione superficiale degli atomi (bassa temperatura del substrato). La struttura maggiormente compatta dei film a basso angolo è dovuta alla deposizione di atomi che giungono sul substrato prevalentemente senza aver subito collisioni in fase gassosa e quindi mantengono un’elevata energia cinetica spostando la struttura verso la zona T del noto diagramma di Thornton20. 74 Figura 6.4 topografia 3D di film depositati in corrente continua a diversi angoli target – substrato siccome lo spessore del film può influenzarne la morfologia, si è proceduto ad una nuova serie di deposizioni, variando il tempo di sputtering in funzione delle differenti deposition rate in modo da ottenere film dello stesso spessore ad ogni angolo; in tal modo si è voluto verificare se l’andamento a picco della rugosità fosse un effetto dello spessore o del meccanismo di arrivo degli atomi di niobio sul substrato. Gli stessi campioni (spessi 500 nm) dopo essere stati analizzati con AFM sono stati sottoposti anche a spettroscopia elettrochimica di impedenza (EIS) (capitolo 7). 75 Sui nuovi campioni a spessore uniforme sono state effettuate le stesse misure dei film precedenti, con l’unica differenza che in questo caso l’area di scansione più grande era 5x5 m e non 20x20; la rugosità è stata calcolata a tutti e due gli ingrandimenti secondo il procedimento precedentemente descritto così da poter verificare la variazione dei dati ottenuti in funzione dell’area campionata. La serie di campioni a spessore uniforme si presenta mediamente più rugosa di quella a spessore variabile (Figura 6.6), ma la dipendenza dall’angolo di deposizione non varia e si ritrova lo stesso andamento a massimo piccato sui 75 gradi, ad ulteriore riprova che la morfologia del film è essenzialmente determinata dall’angolo di deposizione; è interessante notare poi che il film a 15° sembra essere meno rugoso di quello a zero gradi, fatto testimoniato anche dalle misure in spettroscopia di impedenza riportate nel capitolo 7. Figura 6.5 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per due diversi livelli di ingrandimento (campioni a spessore uniforme) La Figura 6.5 mostra l’andamento della rugosità in funzione dell’angolo ai due diversi ingrandimenti, si nota che per l’area più grande (ingrandimento minore) la rugosità è sistematicamente più alta, ma comunque l’andamento a massimo è verificato per entrambi i casi. 76 Figura 6.6 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore variabile o costante Il grafico comparativo mostra che l’andamento della rugosità è lo stesso indipendentemente dal fatto che lo spessore dei film vari o si mantenga costante in funzione dell’angolo. Sembra però che film più spessi (pallini rossi) abbiano una rugosità in valore assoluto maggiore, certamente a causa di un maggiore sviluppo in altezza delle strutture colonnari che si formano durante la crescita del film, dovuto ad un maggior apporto di materiale. 6.2.2 Film depositati in corrente pulsata Le condizioni di analisi per i film depositati in corrente pulsata sono analoghe a quelle per i film in corrente continua, l’area di misura è la stessa ed i campioni sono stati realizzati tutti in un unico run, quindi lo spessore non è costante ma varia in funzione dell’angolo fra target e substrato. 77 Figura 6.7 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente pulsata (area della scansione 2x2 m) Anche in questo caso si osserva un andamento a massimo della rugosità, con il picco però spostato verso angoli più bassi; inoltre sembra che il film depositato a 90° non presenti una riduzione così drastica di rugosità come nelle deposizioni in corrente continua, ma si mantenga piuttosto rugoso, anche se comunque in maniera minore dei film a 60 e 75 gradi. Confrontando la morfologia dei film depositati in continua e in corrente pulsata, si nota che la pulsazione non ha un effetto positivo, anzi la superficie è sistematicamente più rugosa: 78 Figura 6.8 confronto fra le rugosità di film depositati in corrente continua oppure pulsata calcolando la variazione percentuale di rugosità tra i corrispondenti film in corrente continua e pulsata, l’effetto sistematico è quantificabile più chiaramente: R R cont R pulsed 100 R cont Equazione 6.2 79 Figura 6.9 variazione relativa di rugosità per deposizioni in corrente pulsata o continua La figura mostra che la pulsazione aumenta la rugosità a qualsiasi angolo di deposizione, senza un particolare andamento; si nota la grossa variazione a 60 gradi, tale da spostare il picco di rugosità rispetto a quello misurato per i film in corrente continua. Resta da capire quale sia il meccanismo che determina tale aumento di rugosità sistematico e come interagisca con l’angolo target – substrato. In conclusione sembra comunque che la pulsazione non contribuisca a migliorare la morfologia dei film depositati e che le variazioni di rugosità rispetto ai film cresciuti in corrente continua non abbiano una dipendenza dall’angolo di deposizione riconoscibile facilmente. 80 Capitolo 7 SPETTROSCOPIA ELETTROCHIMICA DI IMPEDENZA La prima parte del capitolo descrive i fenomeni elettrochimici alla base della spettroscopia di impedenza e la teoria di base di questo tipo di analisi. Viene poi descritto l’apparato sperimentale impiegato per la caratterizzazione dei film. Infine vengono presentati i risultati delle misure effettuate sui diversi campioni 7.1 Generalità L’impedenza è una misura della tendenza che un circuito elettrico ha di opporsi al passaggio di corrente. L’impedenza elettrochimica viene misurata applicando un potenziale alternato ad una cella e misurando il passaggio di corrente attraverso la cella stessa; la risposta al potenziale è un segnale in corrente contenente la frequenza di eccitazione e le armoniche superiori (caso generale). Solitamente le misure vengono condotte con un segnale di eccitazione piccolo (dell’ordine di 10 milliVolt) in modo da ottenere una risposta lineare in corrente (o approssimabile come tale), in tale regime la risposta al potenziale applicato avrà la stessa frequenza ma una fase diversa. Supponendo di utilizzare un potenziale di tipo sinusoidale21: V (t ) V0 cos(t ) Equazione 7.1 la risposta in corrente sarà del tipo: I (t ) I 0 cos(t ) Equazione 7.2 e di conseguenza l’impedenza sarà definita come: Z V0 cos(t ) cos(t ) V (t ) Z0 cos(t ) I (t ) I 0 cos(t ) Equazione 7.3 l’impedenza è perciò espressa da un modulo Z0 e da una fase . Passando alle quantità complesse si ottiene: Z Z 0 e j Equazione 7.4 Disegnando su un grafico cartesiano la parte reale dell’impedenza sull’asse X e quella immaginaria sull’asse Y si ottiene il cosiddetto diagramma di Nyquist in cui ogni punto rappresenta l’impedenza del sistema ad una fissata frequenza. Le curve in coordinate logaritmiche del modulo e della fase dell’impedenza complessa in funzione della frequenza sono invece dette diagrammi di Bode22,23. Parametri elettrochimici di una cella tipica Resistenza dell’elettrolita La resistenza della soluzione elettrolitica dipende dalla concentrazione ionica, dal tipo di ioni, dalla temperatura e dalla geometria del sistema. Capacità del doppio strato Un doppio strato elettrico si forma all’interfaccia tra l’elettrodo e la soluzione che lo bagna, le cariche sull’elettrodo sono separate dalle cariche in soluzione e quindi si forma un condensatore. Il valore di questa capacità dipende dalla natura dell’elettrodo e dalla composizione della soluzione ed è influenzato dalla vera area elettrodica, cioè dalla rugosità. Resistenza al trasferimento di carica Rappresenta la resistenza per processi di trasferimento di carica tra la superficie dell’elettrodo e la soluzione. Impedenza di diffusione La diffusione origina un’impedenza chiamata impedenza di Warburg, che dipende dalla frequenza del segnale di eccitazione; ad alte frequenze l’impedenza di Warburg è piccola perché le specie che diffondono hanno troppa inerzia per seguire il potenziale applicato, diminuendo f il movimento degli ioni si fa più ampio e l’impedenza aumenta. L’impedenza di diffusione compare solo a correnti elevate, quando il trasporto di carica ionica è rilevante, nelle condizioni a cui sono state effettuate le nostre misure, cioè a circuito aperto o comunque a correnti molto basse, la diffusione è trascurabile. La spettroscopia di impedenza è un metodo molto potente per indagare le proprietà di sistemi elettrochimici e per separare contribuiti originati da diverse sorgenti, come la formazione del doppio strato, il trasferimento elettronico ed il trasporto di massa. Un interfaccia elettrochimica è comunemente schematizzata con un circuito equivalente formato da capacitori e resistenze: la capacità dovuta al doppio strato (Cdl) è posta in parallelo con la resistenza al trasferimento di carica del campione (Rct) e con l’impedenza 82 causata dai fenomeni diffusivi (ZW); questo circuito è poi in serie con la resistenza della soluzione (Rs). Figura 7.1 circuito equivalente per un elettrodo poroso Una corrente continua può fluire solo attraverso il ramo resistivo del circuito, mentre una corrente alternata può passare anche attraverso il condensatore che contribuisce all’impedenza totale del circuito con il termine 1/(2πfCdl), dove f è la frequenza del segnale applicato. Nelle condizioni di prova la resistenza al trasferimento di carica è molto elevata, quindi la corrente tende a passare solo attraverso il ramo capacitivo ed il circuito precedente si riduce ad una combinazione in serie di Rs e Cdl. Figura 7.2 circuito equivalente quando la resistenza al trasferimento di carica è molto elevata In questo circuito semplificato la parte reale dell’impedenza rappresenta Rs a qualsiasi frequenza, mentre la parte immaginaria varia con la frequenza; di conseguenza il diagramma di Nyquist corrispondente è una retta verticale che intercetta l’asse reale a Rs. Nel caso di elettrodi porosi o rugosi – come ci si aspetta siano i film di niobio realizzati – la capacità apparente Cdl dipende dalla frequenza del segnale imposto perché la lunghezza di penetrazione del campo nei pori aumenta al diminuire della frequenza. A frequenze sufficientemente basse viene campionata tutta l’interfaccia elettrodo/soluzione elettrolitica all’interno dei pori ed la capacità del doppio strato misurata è pari a quella di un elettrodo idealmente piano con un’area complessiva uguale alla superficie del sistema poroso, quindi la rugosità superficiale dei film di niobio depositati ad angoli differenti può essere stimata come il rapporto tra Cdl misurata a basa frequenza e la capacità di un elettrodo ideale perfettamente piano che possieda la stessa area geometrica24,25,26. 83 Im(Z) /arbitrary units 6 ideally flat electrode porous electrode 4 2 0 0 2 4 6 Re(Z) / arbitrary units Figura 7.3 diagrammi di Nyquist per un elettrodo idealmente piano e per un elettrodo poroso (calcolo teorico) 7.2 Apparato sperimentale Le misure sono state condotte utilizzando una cella elettrolitica in vetro contenente una soluzione 0.2 M di Na2SO4; al suo interno sono stati immersi il controelettrodo a filo di platino ed un elettrodo di riferimento standard al calomelano (SCE). Il film da misurare fa da elettrodo di lavoro ed è posto in contatto con la soluzione attraverso una guarnizione forata sul fondo della cella. Il sistema è alimentato da un potenziostato che fornisce una tensione alternata ed il segnale di corrente viene analizzato da un analizzatore di frequenza ed acquisito tramite un elaboratore. 84 Figura 7.4 schema della cella di misura utilizzata per le analisi EIS 7.3 Preparazione dei campioni I primi film misurati erano stati depositati su quarzi da microscopio di dimensioni 25x70 mm; questa dimensione è stata scelta per permettere un agevole contatto sulla superficie dei campioni e per fornire la maggior area di interfaccia tra la soluzione ed il rivestimento. La deposizione è stata condotta con gli stessi tempi per ogni angolo, quindi gli spessori erano inevitabilmente diversi per ogni campione. In aggiunta un substrato così grande rispetto al diametro del target ed alla distanza del portacampioni da esso, conduce inevitabilmente a disuniformità di spessore nel film stesso. Per ovviare a ciò si è proceduto con un secondo run di deposizioni su substrati più piccoli (10x10 mm) variando il tempo di sputtering in funzione dell’angolo in modo da ottenere film di spessore uniforme pari a 500 nm. Date le ridotte dimensioni dei campioni è stato necessario adattare la cella a campioni di dimensioni minori e studiare un diverso sistema per il contatto elettrico, visto che era impossibile garantire la tenuta della cella saldando il filo sulla superficie del film perché l’indio di riporto impediva il contatto fra elettrodo e guarnizione. Si è perciò realizzato un deposito metallico sullo spessore del vetrino e su parte del film e poi si è saldato il contatto lateralmente. Il portacampioni utilizzato solitamente per lo sputtering di Niobio non permetteva di realizzare il nuovo deposito agevolmente, inoltre si sarebbe dovuto pompare il sistema fino a 10-8 mbar per evitare l’inquinamento del target; si 85 è perciò utilizzato un sistema per magnetron sputtering da target d’oro che lavora in basso vuoto ed utilizza aria come gas di processo. L’apparato consiste in un magnetron planare del tutto analogo a quello usato per il niobio, posizionato superiormente ad un portacampioni, la camera è di vetro e la deposizione avviene a tensione costante di 450V. si è effettuato sputtering in 4 sequenze da tre minuti per evitare di surriscaldare il magnetron, mantenendo una pressione di processo di circa 10-2 mbar. Essendo l’oro un metallo nobile l’utilizzo dell’aria come gas di sputtering non provoca la formazione di ossidi, ma è possibile che il film non aderisca al substrato; si è però osservato che lo strato di niobio sulla superficie e la forte rugosità dello spessore del vetrino hanno garantito un’adesione sufficiente per lo scopo che ci si era prefisso. Si è poi proceduto a realizzare i contatti elettrici incollando con una dispersione di argento in acetone dei fili di rame da 0.2 mm sullo spessore dei campione. Per assicurare una tenuta migliore tra il foro della guarnizione ed il film è stato posto un o-ring in viton da 6 mm di diametro. 7.4 Risultati delle misure 7.4.1 Film depositati in corrente continua Figura 7.5 confronto fra i diagrammi di Nyquist per film depositati a basso ed alto angolo 86 Figura 7.6 variazione nei valori di resistenza per film depositati a 45° e 75° La figura 7.5 confronta i diagrammi di Nyquist ottenuti da campioni depositati con un angolo di 0 e di 45 gradi; entrambi mostrano una risposta di tipo capacitivo, ma solo quello ad angolo più alto mostra nella zona ad alta frequenza una linea inclinata di 45° rispetto all’asse reale, tipico di un elettrodo ad alta rugosità superficiale (poroso). Inoltre il film ad angolo maggiore ha una capacità maggiore – testimoniata da una frequenza più bassa per lo stesso valore di Im(Z) – e di conseguenza una rugosità più alta. Nella figura 7.6 si vede invece il raffronto fra le resistenze ad alta frequenza (intercette della curva con l’asse reale) fra il campione depositato a 45° e quello a 75°. La conduzione sull’elettrodo avviene lungo la direzione parallela alla superficie, quindi un film più sottile rappresenta un conduttore di sezione minore, cioè di resistenza più elevata; il valore di resistenza nettamente più alto per un angolo maggiore testimonia quindi il minore spessore dei film ottenuti ad alto angolo mantenendo costante il tempo di processo. La Figura 7.8 mostra l’andamento della capacità misurata a 23.7 Hz – e quindi della rugosità del campione – in funzione dell’angolo target – substrato per campioni con spessori variabili e con spessore costante = 500 nm. Si nota immediatamente l’andamento a massimo della rugosità, con un picco centrato tra i 60 e i 75 gradi. Il fenomeno peculiare è la bassa capacità del film a 90 gradi, che testimonia una rugosità superficiale molto simile a quella del film depositato a 0°. Una prima giustificazione per questo comportamento era che per questo campione il rivestimento fosse così sottile da impedire la formazione di una 87 superficie molto rugosa; questa ipotesi era suffragata anche dall’andamento della resistenza ad alta frequenza (Figura 7.7) che cresce monotonamente con l’angolo testimoniando una progressiva diminuzione dello spessore. Figura 7.7 andamento della resistività in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore uniforme oppure variabile con l’angolo. Figura 7.8 capacità misurata a 23.7 Hz in funzione dell’angolo di deposizione per film a spessore uniforme o variabile 88 La seconda serie di deposizioni volta a realizzare film di spessore uniforme ha però invalidato il ragionamento in quanto anche in questo caso si ritrova lo stesso andamento a massimo della capacità, mentre la resistenza ad alta frequenza tende a mantenere un valore costante. Si può quindi concludere che la formazione di film di rugosità paragonabile a 0 e 90 gradi è un effetto determinato dalla particolare dinamica di crescita in funzione dell’angolo e non dipende dallo spessore del film, almeno fino a 500 nm. La serie di campioni a spessore uniforme è stata ulteriormente analizzata con una tensione applicata di 4V. Un potenziale anodico imposto causa l’ossidazione del film formando uno strato superficiale di Nb2O5 isolante; lo spessore dell’ossido dipende solamente dal potenziale perché si instaura un equilibrio dinamico tra le due reazioni competitive di dissoluzione e di formazione dello strato. A 4V si stima uno spessore di equilibrio pari a 810 nm. Se la crescita di questo film segue la morfologia della superficie di Nb sottostante, la capacità misurata seguirà l’andamento in funzione dell’angolo già osservato a potenziale di circuito aperto, anche se con valori diversi in quanto ora si sta misurando la capacità dielettrica dell’ossido e non più quella del doppio strato. Confrontando la curva a circuito aperto con quella a 4V si vede come l’andamento sia lo stesso, a testimonianza che la crescita dello strato di Nb2O5 segue la morfologia superficiale del film sottostante, la capacità a 4V è però nettamente inferiore a causa della minore quantità di carica che si accumula sulle due facce dell’ossido dielettrico rispetto a quella che si accumula all’interfaccia metallo elettrolita. Figura 7.9 andamento della capacità in funzione dell’angolo per gli stessi film misurati a potenziale di circuito aperto o con un potenziale imposto di +4V (condizioni di passivazione) 89 La similitudine nei due comportamenti è più evidente normalizzando le rugosità rispetto al film depositato a 0 gradi che viene assunto di rugosità unitaria; in questo modo si osserva una corrispondenza quasi perfetta fra le curve ottenute per potenziali diversi (è da notare che per questa serie di campioni il film a 90° sembra essere meno rugoso di quello 0°) Figura 7.10 rugosità normalizzate rispetto alla rugosità del film depositato a 0° nel caso di circuito aperto o di potenziale imposto a 4V 7.4.2 Film depositati in corrente pulsata Dopo aver ottenuto le immagini AFM i film in corrente pulsata sono stati analizzati anche con la spettroscopia elettrochimica di impedenza, i risultati delle due misure sono sostanzialmente in accordo e confermano un aumento di rugosità rispetto ai film di spessore uniforme realizzati in corrente continua. In Figura 7.11 sono mostrate le tre serie di misure effettuate, si osserva chiaramente il già menzionato aumento di rugosità dei film pulsati rispetto ai film depositati in continua a spessore uniforme, mentre c’è una quasi coincidenza con la curva dei film realizzati in continua ma a spessori differenti. Questo fa dedurre che l’effetto morfologico della pulsazione è sostanzialmente nullo oppure peggiorativo, almeno nelle condizioni sperimentali scelte, tale ipotesi è suffragata anche dai risultati della microscopia a forza atomica. 90 Figura 7.11 confronto delle capacità misurate per 3 diverse serie di campioni Calcolando anche in questo caso una differenza percentuale di rugosità secondo la formula: C accont C acpulsed R 100 C acpulsed Equazione 7.5 si può vedere meglio la variazione di rugosità fra le serie di campioni. Confrontando la serie di campioni depositati in corrente pulsata con i film realizzati in corrente continua e spessori non uniformi si osserva che la pulsazione diminuisce la rugosità a basso angolo target – substrato, mentre la aumenta ad alto angolo di deposizione. In corrispondenza degli angoli di massima rugosità (60° – 75°) la pulsazione non ha sostanzialmente effetto (Figura 7.12). Il confronto con i film di spessore uniforme invece mostra un aumento sistematico della rugosità – osservato anche con AFM – in particolare per i film depositati ad alto angolo target – substrato. 91 Figura 7.12 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore variabile o pulsata 0 -500 R % -1000 -1500 -2000 -2500 -3000 0 15 30 45 60 75 90 deposition angle (degrees) Figura 7.13 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore costante o pulsata 92 200 0 -200 -400 0 15 30 45 60 75 Figura 7.14 ingrandimento del grafico precedente La resistenza in serie misurata ad alta frequenza nei campioni depositati in corrente pulsata è largamente indipendente dall’angolo: essa varia fra 30.24 e 31.92 Ohm cm2, senza un trend ben definito,indicando una maggiore uniformità di spessore rispetto ai campioni depositati in continua, cioè una velocità di deposizione che dipende in maniera più limitata dall’angolo target – substrato. 93 Capitolo 8 ANALISI MAGNETO-OTTICA Il capitolo descrive le diverse caratteristiche dei superconduttori di tipo I e II in modo da fornire una base teorica per valutare le grandezze misurate con l’analisi magneto-ottica. vengono poi presentate la teoria di base per questo tipo di misurazione e l’apparato utilizzato per le misure. Infine sono mostrati i risultati ottenuti da queste analisi su campioni preparati dal candidato. 8.1 Superconduttori di tipo I e tipo II Una delle manifestazioni peculiari della superconduttività è il comportamento da diamagnete perfetto di un materiale raffreddato al di sotto della sua temperatura critica13,18: il vettore di induzione magnetica B è nullo in qualsiasi punto all’interno del superconduttore (eccetto che per una sottile regione superficiale di spessore , dove sono indotte le correnti di schermo). L’effetto di espulsione del campo magnetico dall’interno di un campione superconduttivo è noto come effetto Meissner. Lo stato superconduttivo di un materiale può essere distrutta non solo aumentando la temperatura al di sopra della temperatura critica, ma anche incrementando la corrente che fluisce al suo interno sopra ad un valore critico Ic. Tale limite è legato all’esistenza di un campo critico Hc sopra il quale la superconduttività non può manifestarsi. In natura esistono due classi di superconduttori: Tipo I solitamente metalli puri, in cui il campo critico è di solito piuttosto basso e l’effetto Meissner si manifesta in modo completo al di sotto di Hc Tipo II, solitamente leghe o composti, che si distinguono fenomenologicamente per il loro comportamento magnetico peculiare: esistono infatti due campi critici, Hc1 sotto il quale il campione è completamente superconduttivo e Hc2 sopra il quale il campione è interamente normal conduttivo. Lo stato intermedio ha un comportamento particolare che è detto stato misto. Figura 8.1 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo I Figura 8.2 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo II Nello stato misto il campione mostra un effetto Meissner incompleto caratterizzato da una parziale penetrazione del flusso magnetico sotto forma di una complicata struttura microscopica costituita da sottili filamenti normal conduttivi circondati da regioni superconduttive. Questi filamenti sono denominati vortici13. Ognuno di essi è costituito da un nucleo non superconduttivo contenente un quanto di flusso magnetico 0 circondato da correnti che ruotano attorno all’asse del vortice; minore è la distanza dall’asse a cui la corrente circola, maggiore è il suo valore, finché non viene raggiunta una certa distanza 96 alla quale la corrente è superiore alla corrente critica: questo spiega perché il nucleo del vortice è normal conduttivo. Aumentando il campo magnetico il numero di vortici aumenta sempre più, fino ad occupare tutta la superficie del campione, quando ciò accade il campo assume il valore Hc2. una corrente che attraversa un superconduttore nello stato misto agisce sui vortici con la forza di Lorentz: F j 0 Equazione 8.1 causandone lo spostamento; il flusso dei vortici causa una dissipazione dell’energia trasportata dalle correnti e quindi introduce una resistenza elettrica nel campione, la presenza di difetti che bloccano il movimento dei vortici (pinning sites) impedisce questa dissipazione fino al momento in cui la corrente non raggiunge un valore tale da strappare i vortici dalla posizione in cui sono bloccati (depinning). La corrente critica assume quindi significati diversi in relazione alla classe di superconduttori considerata: Per i superconduttori di tipo I rappresenta la corrente alla quale il campo magnetico indotto eguagli il campo critico del materiale Per i superconduttori di tipo II non è una proprietà intrinseca del materiale, ma dipende dalla sua storia e dalla sua purezza e rappresenta la corrente necessaria per il depinning dei vortici. 8.2 Generalità sull’analisi magneto-ottica L’analisi magneto-ottica è uno strumento che permette di esaminare la distribuzione locale del campo magnetico sulla superficie di un campione superconduttore, misurando in contemporanea ogni punto della superficie di interesse in modo da fornire una valutazione precisa e locale delle quantità elettrodinamiche B, J, E27,28,29. il risultato del processo di misura consiste in una serie di immagini che rappresentano la superficie di un indicatore ferromagnetico posto sopra il campione. La misura sfrutta l’effetto Faraday di rotazione del piano della luce polarizzata in presenza di un campo magnetico esterno che altera la distribuzione dei momenti magnetici interni all’indicatore. L’intensità della luce dei pixel nelle immagini in magneto-ottica fornisce informazioni sul campo magnetico locale sul piano dell’indicatore. L’energia di interazione dell’indicatore con il campo magnetico B può essere valutata attraverso l’equazione: 97 E int E A (1 cos ) BM s [1 cos( )] Equazione 8.2 con EA energia di anisotropia, Ms magnetizzazione spontanea e angolo tra il vettore di induzione magnetica e il piano xy. Dall’equazione precedente si ricava la posizione di equilibrio: arctan Bz B xy B A Equazione 8.3 con Bz = Bsin, Bxy=Bcos. Il piano di polarizzazione della luce incidente è ruotato per effetto Faraday e il grado di rotazione è proporzionale al valore della magnetizzazione lungo la direzione di incidenza dei raggi luminosi: F CM S sin Equazione 8.4 dove C è un parametro che dipende dallo spessore dell’indicatore. La rotazione Faraday è rilevata dall’indicatore, che è fissato ad un angolo rispetto alla direzione di polarizzazione, come una variazione di intensità espressa in funzione del campo magnetico: I I 0 I MAX cos 2 ( F ) I I 0 I MAX CM s B z cos ( B A B xy ) 2 B z2 2 Equazione 8.5 una volta ottenuta la distribuzione del campo magnetico si può applicare l’inversione della legge di Biot-Savart ber calcolare la distribuzione delle correnti all’interno del superconduttore. 8.3 Apparato sperimentale Il sistema di misura utilizzato per queste misure è situato al Politecnico di Torino ed è cosi costituito26: la luce originata da una lampada a vapori di mercurio viene focalizzata da un sistema di lenti, passa attraverso un filtro centrato a 530 nm e viene polarizzata da un primo polarizzatore. Il raggio incide poi su uno specchio semiriflettente e viene focalizzato da una lente obiettivo sulla superficie dell’analizzatore, posto al di sopra del campione all’interno di un criostato. Il film indicatore è trasparente quindi la luce colpisce il campione di niobio e viene riflessa indietro verso lo specchio semiriflettente; il raggio 98 trasmesso passa attraverso un secondo polarizzatore e viene focalizzato sul sensore CCD di una videocamera che registra l’immagine ottenuta. Il campo magnetico perpendicolare alla superficie del campione viene generato da un magnete esterno raffreddato ad acqua. Figura 8.3 schema dell’apparato sperimentale per l’analisi magneto-ottica27 1: lampada a Hg, 2: lente biconvessa, 3: polarizzatore, 4: beam splitter, 5: lente obiettivo, 6:indicatore, 7: criostato, 8: magnete, 9: analizzatore, 10: lente della videocamera, 11: CCD, 12: Personal Computer per l’elaborazione dei dati. 8.4 Preparazione dei campioni e risultati La prima serie di campioni preparati per queste analisi consisteva negli usuali substrati di quarzo ricoperti da un film sottile di niobio; il set-up sperimentale utilizzato però non consentiva di raffreddare i campioni immergendoli direttamente nell’elio liquido, ma solamente di appoggiarli su un supporto raffreddato internamente da un flusso di elio, tale configurazione, adatta per superconduttori ad alta temperatura, non riusciva a garantire un buon contatto termico tra il supporto refrigerato ed il campione e quindi non permetteva di far raggiungere al niobio una temperatura minore di 9.2 K necessaria per la transizione. Supponendo che il problema fosse dovuto al substrato isolante su cui è stato depositato il film, si è allora proceduto con delle deposizioni su substrato di rame e si è riusciti ad effettuare le misurazioni. 99 Figura 8.4 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo target – substrato di 0° La figura mostra l’immagine magneto-ottica di un campione di niobio depositato su ramo OFHC con un angolo target – substrato di zero gradi. I vortici sono mostrati come zone chiare, mentre le zone di campo magnetico dirette verso l’osservatore sono mostrate in colore scuro. Il film ha una buona connettività nella parte centrale e l’effetto del substrato è scarsamente riconoscibile. Figura 8.5 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo target – substrato di 45° 100 Il campione depositato sullo stesso substrato ma con un angolo di 45° fa vedere come ad alto angolo la morfologia del substrato giochi un ruolo fondamentale, infatti i difetti macroscopici del film rappresentati come linee scure seguono le tracce lasciate sul rame dal trattamento di pulizia meccanica. I campi magnetici intrappolati sono chiusi attorno ai difetti e il film ha una bassa connettività, i vortici penetrano cioè nel niobio lungo i bordi di grano e le discontinuità del substrato. L’effetto del substrato si manifesta in modo più evidente nelle deposizioni ad alto angolo a causa di tre effetti combinati: 1. l’ombreggiatura dovuta alla rugosità del substrato ha maggiore importanza quando gli atomi da depositare arrivano a basso angolo rispetto alla superficie, di conseguenza il niobio si deposita prevalentemente sulle asperità del substrato generando una morfologia del film che segue quella del materiale sottostante. 2. la deposizione a bassi angoli avviene prevalentemente in linea di vista, in quanto alle pressioni di processo fissate per questi esperimenti il cammino libero medio degli atomi di niobio è abbastanza lungo da permettere che una percentuale significativa degli atomi di niobio colpisca il substrato senza aver subito sostanziali urti in fase gassosa. Quando l’angolo target – substrato aumenta una frazione maggiore degli atomi depositati deve arrivare sul substrato con una direzione diversa da quella con cui hanno lasciato il target e quindi dopo una serie di collisioni che hanno alterato la direzione iniziale del loro momento. Di conseguenza l’energia cinetica media degli atomi che si depositano è più bassa rispetto ai bassi angoli e non è sufficiente a permettere un’elevata diffusione superficiale degli adatomi, che quindi si fissano preferenzialmente sui siti energeticamente favoriti, cioè sui difetti. 3. la velocità di deposizione diminuisce con l’angolo seguendo un andamento del tipo cos (dove è l’angolo target – substrato) perciò i film ad alto angolo sono più sottili. L’influenza della morfologia del substrato è ovviamente maggiore quando lo spessore del film depositato si assottiglia. 101 Capitolo 9 SIMULAZIONE DI CRESCITA DI UN FILM SOTTILE Questo capitolo descrive la struttura di un programma di simulazione di crescita di film sottili realizzato dal candidato. Sono poi presentati i risultati ottenuti eseguendo la simulazione. 9.1 Introduzione Grossa parte del lavoro di questa tesi è stata la realizzazione di una simulazione computerizzata della crescita di un film30,31 allo scopo di correlare le misure ottenute con l’ ipotesi iniziale dell’influenza dell’angolo di deposizione sulla morfologia del film depositato. Rispetto alle applicazioni commerciali o disponibili liberamente, solitamente molto complesse e dispendiose in termini di potenza di calcolo necessaria, si è scelto di semplificare al massimo il problema da modellizzare e di realizzare appositamente un breve programma in Matlab™, prevedendone l’ampliamento in vista di lavori successivi. La simulazione è stata realizzata in Matlab™ 6.5 Release 13 ed eseguita su un computer portatile Pentium™ III 1GHz equipaggiato con 256 MB di memoria RAM. 9.2 Struttura del programma La filosofia di base del lavoro è stata la minimizzazione dei tempi di esecuzione del codice, così da poterne verificare immediatamente la funzionalità ed eseguire di conseguenza il maggior numero di simulazioni possibile; più che all’ottenimento di risultati e al loro confronto con le situazioni reali, si è mirato alla realizzazione dell’interfaccia di base di un programma che poi possa essere ampliato in tempi successivi aggiungendo controlli su parametri fisici addizionali e ottimizzando il codice. Il programma è composto essenzialmente da tre parti: 1. la scelta delle condizioni iniziali 2. la generazione degli atomi alla sorgente 3. la deposizione degli atomi sul substrato. La geometria è bidimensionale, quindi ogni immagine ottenuta rappresenta una sezione della struttura di un film reale in crescita lungo un piano perpendicolare alla superficie. Gli assi cartesiani del sistema sono orientati in modo che la distanza tra sorgente e substrato rappresenti l’asse x e la dimensione della sorgente e del substrato siano espresse lungo y; l’origine degli assi è posta sulla sorgente se questa è puntiforme oppure nel punto medio delle sorgenti estese. 9.2.1 Condizioni iniziali Il programma richiede per prima cosa il numero di atomi che deve generare, ovviamente un numero elevato avvicina la simulazione maggiormente ad un sistema reale ma richiede tempi di calcolo molto lunghi. Figura 9.1 tempi di calcolo in funzione del numero di atomi depositati In Figura 9.1 è mostrato a titolo d’esempio un grafico dei tempi necessari per portare a termine la simulazione di crescita da sorgente puntiforme in funzione del numero di atomo. Si vede che l’andamento è di tipo parabolico. Il secondo parametro da inserire è la distanza tra la sorgente di atomi ed il substrato, in unità arbitrarie. La simulazione considera gli atomi come oggetti rigidi che si propagano in modo “balistico”, cioè seguendo una retta; aumentando la distanza di propagazione si avrà di conseguenza una maggiore ampiezza della zona in cui gli atomi possono depositarsi. Per ovviare all’inconveniente di atomi depositati in una regione troppo ampia, si è aggiunto un controllo sulle dimensioni del substrato, in modo tale che tutti gli atomi che cadono al 104 di fuori di questo intervallo vengano trascurati nella visualizzazione. In questo modo ovviamente il numero di atomi depositati sarà minore di quelli generati dalla sorgente. L’ultimo valore richiesto è il raggio degli atomi. Sorgenti Sono state previste 3 diverse modalità di generazione degli atomi: 1. sorgente puntiforme: tutti gli atomi originano nell’origine degli assi e si propagano in linea retta verso il substrato. L’angolo che la retta di propagazione di ogni atomo fa con l’asse orizzontale è determinato da un generatore di numeri casuali con distribuzione uniforme nell’intervallo [-/2,/2]. Utilizzando questo tipo di generatore ogni direzione di uscita degli atomi dalla sorgente è equiprobabile, è comunque possibile generare gli angoli con una distribuzione gaussiana centrata attorno ad un valore definito, in modo da privilegiare la propagazione degli atomi con angoli nell’intorno di un valore medio. 2. sorgente lineare: lo schema di generazione e propagazione degli atomi è lo stesso che nel caso precedente, ma la coordinata y di origine di un atomo varia lungo un segmento di lunghezza definita in input e con il punto medio posto sull’origine degli assi. In tal modo è possibile simulare una sorgente estesa con una simmetria assiale, come può essere per esempio il magnetron planare utilizzato per effettuare le deposizioni di film di niobio. Questo tipo di sorgente in combinazione con la variazione delle dimensioni del substrato può schematizzare situazioni spesso incontrate negli esperimenti reali, come la deposizione da target più grandi del substrato (per esempio la realizzazione di campioni per analisi su quarzi 5x10 mm) oppure il caso opposto di un target piccolo e di un substrato molto più esteso (per esempio l’interno di una cavità accelerante). 3. sorgente lineare inclinata rispetto al substrato: è un’elaborazione successiva della sorgente lineare con in aggiunta un grado di libertà in più: è possibile infatti definire in ingresso un angolo di inclinazione della sorgente rispetto all’asse orizzontale; gli atomi vengono originati con angoli di propagazione casuali ma con la distribuzione centrata attorno all’angolo di inclinazione della sorgente e non più attorno allo zero. Questa soluzione permette di ricreare le condizioni di deposizione reali dei campioni che sono stati utilizzati e 105 verificare l’andamento della morfologia in funzione dell’angolo anche al calcolatore. Figura 9.2 schema dei tipi di sorgenti simulati nel programma 9.2.2 Deposizione sul substrato Una volta arrivati sul substrato gli atomi si fermano nella posizione che hanno raggiunto. Attualmente la simulazione non prevede la possibilità di meccanismi diffusivi che possano riarrangiare la morfologia del film in crescita, quindi è possibile ricreare solo le condizioni di deposizione su substrati “freddi”, in cui cioè il fattore determinante la morfologia del film è l’angolo di arrivo degli atomi e non la diffusione. Dalla letteratura sullo sputtering di niobio è verificata l’ipotesi che gli atomi hanno bassa mobilità dopo aver raggiunto il substrato. Per ogni atomo generato il programma calcola il punto di collisione con il substrato e controlla che abbia una distanza dagli atomi già depositati maggiore del diametro atomico; in caso affermativo l’atomo colpisce il substrato, altrimenti viene calcolata una nuova posizione lungo la traiettoria tale da porre l’atomo in arrivo impilato (tangente) su quello che occupa il sito di arrivo. Come già accennato, la dimensione e la distanza del substrato sono parametri definiti dall’utente, ed è inoltre presente un controllo che scarta gli atomi che hanno traiettorie tali da collidere su punti esterni al substrato stesso, disabilitandolo è possibile simulare un substrato infinitamente esteso lungo la coordinata y. È previsto un futuro miglioramento con l’introduzione di meccanismi diffusivi sul substrato: si assegna ad ogni tipo di salto diffusivo (diffusione superficiale, di bulk, 106 intergranulare, intergranulare…) una probabilità di avvenire che dipende dalla sua energia di attivazione secondo l’espressione di Arrhenius Ae Eatt K BT e si confronta l’output di un generatore di numeri casuali con questo valore: se è maggiore l’atomo effettua il salto diffusivo, altrimenti l’energia di attivazione è troppo elevata ed il salto non può avvenire. Inoltre si prevede di modificare la distribuzione angolare degli atomi emessi introducendone una di tipo cos. 9.3 Risultati ottenuti Per prima cosa si è provveduto ad un test del programma utilizzando la sorgente puntiforme prima con distribuzione angolare uniforme, poi con distribuzione gaussiana, in modo da evidenziare possibili differenze nei risultati ed identificare l’eventuale generazione di film dalle caratteristiche impossibili fisicamente. Si è osservato che per un numero sufficientemente elevato di atomi l’effetto del tipo di distribuzione, perlomeno con questo tipo di sorgente, è irrilevante. I film ottenuti mostrano in entrambi i casi le strutture colonnari tipiche di un sistema in cui la diffusione è fortemente inibita e perciò gli effetti di ombra sono molto forti; si nota inoltre una direzione preferenziale di accrescimento lungo le traiettorie che collegano le sommità delle colonne con il punto di origine degli atomi, effetto tipico di una sorgente molto meno estesa del substrato. Figura 9.3 simulazione di crescita da sorgente puntiforme con distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto) 107 la Figura 9.3 mostra la crescita di un film da sorgente puntiforme, utilizzando una distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto). In entrambi i casi si è fissato il numero di atomi a 2000. Le condizioni di deposizione simulate in questi due test non erano adeguate per ricreare la situazione fisica dello sputtering da magnetron planare sui quarzi 5x10 posizionati a diversi angoli, perciò si è proceduto con una serie di simulazioni da sorgente estesa con angolo variabile. 0° 15° 30° 45° 60° 75° 85° Figura 9.4 simulazione di deposizione da sorgente lineare con angoli target – substrato di 0°,15°,30°,45°,60°,75°,85° (dall’alto verso il basso) 108 Fissati i parametri iniziali, si è ottenuta una serie di immagini variando l’angolo tra sorgente e substrato nello stesso modo che per le deposizioni reali (0°, 15°, 30°, 45°, 60°, 75°, 90°), generando gli atomi sia con distribuzione angolare uniforme che gaussiana. In tutti i casi il numero di atomi è fissato a 2000 in modo da avere una simulazione piuttosto accurata pur mantenendo relativamente brevi i tempi di elaborazione. La Figura 9.4 mostra le immagini del film ottenuto ad angoli tra sorgente e substrato crescenti, con una distribuzione delle traiettorie uniforme (l’ultima immagine è ottenuta per un angolo di 85° anziché di 90° perché 2000 atomi sono troppo pochi per ottenere una crescita ad angoli molto vicini alla perpendicolare). Si osserva chiaramente la formazione di strutture colonnari con inclinazione prossima all’angolo di deposizione scelto, e si vede inoltre che il film tende ad essere molto più sottile per angoli elevati. È interessante notare inoltre come il film ad 85° non presenti una struttura ricca di vuoti e formazioni di tipo dendritico, ma sia molto compatto ed abbia una superficie molto poco rugosa, addirittura meno del film simulato a zero gradi; la struttura maggiormente ricca di vuoti sembra situarsi tra i 45 ed i 60 gradi, mentre a 75° già si vede una riduzione degli spazi vuoti tra gli atomi. Questi risultati sono molto interessanti perché ricalcano quelli ottenuti dalle misure AFM e di spettroscopia di impedenza, a testimonianza che la simulazione, pur nella sua semplicità, riesce a descrivere in modo abbastanza accurato la morfologia dei film. Una volta ottenute le immagini del film si è calcolata la porosità relativa in funzione dell’angolo tra target e substrato facendo il rapporto fra l’area occupata dalle sferette che rappresentano gli atomi e l’area lasciata vuota. I risultati sono in notevole accordo con quanto visto dalle analisi morfologiche, infatti è presente un picco di rugosità fissato sull’angolo di deposizione pari a 75°. Gli errori sulla determinazione della porosità sono stati determinati ripetendo 5 volte la simulazione e calcolando la media e lo scarto quadratico medio dei risultati ottenuti (Figura 9.5). Oltre che sulla morfologia superficiale, l’angolo tra sorgente e substrato influisce anche sulla formazione di orientazioni preferenziali durante la crescita del film. Questo effetto è stato chiaramente evidenziato dalle analisi tessiturali a raggi X e costituisce un’importante conferma della profonda influenza che l’angolo di deposizione ha sulla morfologia dei rivestimenti depositati per sputtering. Le orientazioni simulate sono essenzialmente allineate con l’angolo sorgente – substrato, a differenza di quelle osservate ai raggi X che 109 seguono quasi esattamente l’angolo target – substrato se questo è basso, per poi deviare da esso a valori più alti, quando la percentuale di atomi che arrivano sul substrato dopo aver subito urti in fase gassosa diventa più alta e la struttura del film tende ad amorfizzarsi. La simulazione invece non prevede lo scattering in fase gassosa, quindi la morfologia del film è determinata esclusivamente dall’angolo di deposizione. Figura 9.5 andamento della porosità in funzione dell’angolo target substrato per film simulati con sorgente lineare e distribuzione angolare uniforme. Successivi cicli hanno ripetuto le stesse condizioni utilizzate per ottenere le immagini di figura 9.4, sostituendo alla distribuzione uniforme degli angoli una distribuzione gaussiana. Si è però visto che questa scelta non portava modifiche di rilievo nei film a basso angolo, mentre peggiorava l’aderenza con la situazione reale nei film ad alto angolo, in quanto, venendo privilegiata l’emissione di atomi con angolo vicino alla perpendicolare al target, gran parte degli atomi generati veniva perduta prima di depositarsi sul substrato. Si può quindi affermare che la distribuzione uniforme delle traiettorie, pur non rispecchiando la situazione reale di atomi emessi a causa del bombardamento di ioni su un substrato policristallino, riesce comunque a ricrearla adeguatamente; la spiegazione probabilmente sta nel fatto che nello sputtering gli atomi prima di depositarsi subiscono collisioni in fase gassosa con gli ioni del plasma tali da far tendere le direzioni di arrivo sul substrato verso una distribuzione angolare uniforme. 110 Capitolo 10 CONCLUSIONI L’analisi delle proprietà superconduttive ha evidenziato un peggioramento in funzione dell’angolo target – substrato in ogni condizione di deposizione, sia per film con un basso tenore di impurezze, depositati cioè con un vuoto residuo dell’ordine di 10-10 mbar, sia per film realizzati ad una pressione base attorno a 10-8 mbar e quindi con un livello di impurezze incorporate maggiore. L’utilizzo di una corrente pulsata anziché continua per alimentare il magnetron sembra innalzare il valore di RRR a tutti gli angoli di deposizione, senza tuttavia eliminare o limitarne il decadimento all’aumentare dell’angolo di deposizione. Efettuando le deposizioni con un sistema di riscaldamento del substrato fino a 600°C si ottiene un netto miglioramento delle proprietà superconduttive ed una riduzione della loro dipendenza dall’angolo di deposizione che comunque non viene mai del tutto eliminata ma permane anche nei film depositati ad alta temperatura. Si è visto poi che il riscaldamento dei substrati ha un effetto moderato sul film depositato a 90° che presenta proprietà superconduttive sempre piuttosto scarse. 25 DC PULSED HEATED 20 RRR 15 10 5 0 0 15 30 45 60 75 90 deposition angle (degrees) Figura 10.1 andamento di RRR in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase = 4.310-9 mbar), pulsata (Pbase =3.210-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase = 5.110-9 mbar) 9.6 DC PULSED HEATED 9.4 9.2 9.0 TC (K) 8.8 8.6 8.4 8.2 8.0 7.8 0 15 30 45 60 75 90 deposition angle (degrees) Figura 10.2 andamento di TC in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase= 4.310-9 mbar), pulsata (Pbase=3.210-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase=5.110-9 mbar) Gli effetti rilevati sono certamente da ricondursi ad una variazione della morfologia del film anche se, come evidenziato dalle differenti misure effettuate, la dipendenza non è semplice, infatti la rugosità dei rivestimenti depositati non cresce monotonamente con l’angolo ma assume un andamento a massimo con un picco tra i 60 ed i 75 gradi (Figura 10.3. Tale angolo di massima rugosità è in buon accordo con quello calcolato da lavori riguardanti prettamente lo studio di deposizione su cavità reali. Una caratteristica peculiare dei film depositati evidenziata attraverso la diffrattometria a raggi X è la presenza di orientamenti preferenziali del picco cristallino (110) del niobio che tende ad allinearsi con l’angolo di deposizione. La presenza di queste tessiture potrebbe spiegare l’andamento in funzione dell’angolo del rapporto di resistività residua, ammettendo che la direzione parallela al piano (110) rappresenti una direzione di facile propagazione della corrente e che quindi una variazione di orientazione dei grani causi un incremento di resistenza nei fenomeni di trasporto paralleli alla superficie; è da notare che la deposizione in corrente pulsata tende a ridurre l’orientazione preferenziale dei grani cristallini, senza influire sulla rugosità del film o addirittura aumentandola. 112 1.4 Impedance spectroscopy AFM simulated normalized intensity 1.2 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 0.0 0 15 30 45 60 75 90 deposition angle Figura 10.3 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato misurata con spettroscopia elettrochimica di impedenza ed AFM e calcolata attraverso la simulazione realizzata dal candidato. Lo sviluppo di una semplice simulazione computerizzata di crescita dei film ha permesso di verificare l’andamento della rugosità anche al calcolatore, confermando sostanzialmente i dati ottenuti degli esperimenti. Infine, attraverso l’acquisizione di immagini della distribuzione di campo magnetico all’interno del film attraverso la tecnica di analisi magneto-ottica, si è posta in evidenza che per film depositati ad angolo target – substrato di 0° c’è buona connettività nello stato superconduttivo rispetto alla penetrazione di vortici, mentre per angoli diversi i vortici penetrano nel film di niobio lungo le discontinuità del substrato.32. Si può quindi concludere affermando che lo studio sistematico della correlazione tra proprietà morfologiche e superconduttive dei film depositati per magnetron sputtering in funzione dell’angolo fra target e substrato, attraverso tecniche afferenti a diversi campi della chimica e della fisica ha contribuito ad una migliore comprensione delle relazioni esistenti tra il meccanismo di deposizione degli atomi e le proprietà dei film così ottenuti aprendo la strada per altre e più approfondite analisi ed indicando possibili percorsi di soluzione al problema del degradamento delle proprietà nelle cavità acceleratrici. Una possibile soluzione per limitare il decadimento di RRR e temperatura critica potrebbe essere quella di incrementare la diffusione superficiale degli atomi appena arrivati sul 113 substrato, in modo da mascherare la dipendenza morfologica dall’angolo di incidenza; ciò si può ottenere attraverso un riscaldamento dei substrati durante lo sputtering. Alternativamente, l’utilizzo di tecniche di deposizione che permettano di ottenere un plasma più denso ed una maggiore efficienza di deposizione – come ad esempio ECR sputtering – potrebbe condurre a dei film con morfologia maggiormente indipendente dall’angolo di deposizione e quindi con un degradamento della proprietà superconduttive più contenuto. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di modificare la forma dei catodi da inserire all’interno della cavità, realizzandoli in modo che la superficie del target sia sempre parallela a quella del substrato e di conseguenza non ci siano zone in cui gli atomi emessi arrivano con un’incidenza radente. 114 Ringraziamenti Prof. Palmieri, dire che è esigente con i sui studenti è solo un eufemismo, ma a lei va tutta la mia stima e la mia gratitudine per avermi dato i mezzi e l’opportunità di condurre questo lavoro. Dott. Musiani, le discussioni – di carattere scientifico e non – fatte con lei durante le misure in impedenza sono state sempre piacevoli e stimolanti. La ringrazio per la sua grandissima disponibilità e per la velocità con cui ha soddisfatto alle mie pressanti richieste, averla come correlatore per questa tesi è un onore e spero che la nostra collaborazione possa continuare ancora in futuro. Prof. Torzo, la sua disponibilità e la sua gentilezza sono incomparabili. La ringrazio infinitamente per l’aiuto con le misure AFM ed i suggerimenti sull’analisi dei dati. Dott. Laviano, grazie per aver contribuito a questo lavoro di tesi spiegandomi la teoria dell’analisi magneto-ottica ed aiutandomi con le analisi. In rigoroso ordine alfabetico: Carlo, Cristiano, Fabrizio, Federico, Giorgio, Giulia, Marco,Vanessa: grazie di tutto, senza il vostro aiuto (soprattutto il tuo, Giorgio) gran parte di questo lavoro non sarebbe stato realizzato. Sono felice di avervi conosciuto, vi siete rivelati dei buoni amici oltre che dei validi collaboratori. Tutto il personale dei Laboratori Nazionali di Legnaro che non ho citato direttamente. Andrea, Roberto, Enrico, Serena e tutti gli amici che non ho nominato, so che sono stato pesante e che mi sono lamentato un po’ troppo, spero di riuscire a ripagare la vostra pazienza e la vostra comprensione in qualche modo… Valentina, grazie per come sai ridimensionarmi quando indulgo un po’ troppo all’autocommiserazione. Papà, mamma, Dario… voi dovete sopportarmi per forza, so che è già difficile nei periodi normali, figuriamoci in momenti di tensione come durante la stesura di questa tesi. Grazie. Tutti gli altri familiari, non posso nominarvi uno per uno, accettate questo grazie globale. Elena, ti avrei voluta vicina in questo periodo, ma non è stato cosi. Ti ringrazio ugualmente per i bellissimi momenti che abbiamo passato assieme, per aver creduto in me e per avermi fatto ritrovare la fiducia in me stesso e la voglia di ridere. Grazie, senza di te adesso non sarei qui. Un ringraziamento alla prima persona che ha creduto in me e che mi ha detto che sarei diventato dottore. Non sei più qui e non so adesso dove sei, comunque spero che tu possa vedermi, ed essere fiero di me. INDICE DELLE FIGURE Figura 0.1 diminuzione del fattore di qualità in funzione del campo accelerante quando si aumenta l’angolo di deposizione VIII Figura 0.2 modelli di cavità con la stessa frequenza di risonanza ma a diverso Beta. IX Figura 0.3 sezione di tre differenti cavità a quarto d’onda (QWR), la diversa curvatura della superficie modifica gli angoli limite di arrivo degli atomi depositati. In viola è evidenziata la posizione del catodo di niobio utilizzato per lo sputtering. IX Figura 0.4 interno di un quadrupolo a radiofrequenza (RFQ). Si nota la forma complessa che causa una variazione continua dell’angolo di deposizione. X Figura 0.5 angolo di arrivo degli atomi di niobio emessi dal target in diverse posizioni della superficie interna di una cavità acceleratrice3. Oltre all’angolo c’è una variazione della distanza target – substrato. XI 3 Figura 1.1 visione schematica del processo di sputtering 6 Figura 1.2 visione in sezione della struttura di una scarica a bagliore 8 Figura 1.3 schema del processo di biased sputtering 9 Figura 1.4 traiettorie degli elettroni in un campo magnetico7 10 Figura 1.5 schema del processo di magnetron sputtering Figura 2.1 portacampione multi-angolo nella versione per quarzi 5x10 mm (sinistra) e per quarzi di dimensioni maggiori (destra). Sono indicate le inclinazioni di ciascuna faccia. 16 Figura 2.2 portacampioni multi-angolo con quarzi depositati incollati con silver paint. La flangia è del tipo CF 100 17 Figura 2.3 magnetron planare 2” sviluppato ed utilizzato per le deposizioni ad angolo target – substrato variabile. 18 19 Figura 2.4 sistema per sputtering equipaggiato con magnetron planare 2” 20 Figura 2.5 arrangiamento dei magneti nel magnetron rotante 10” Figura 2.7 schema del portacampioni realizzato per la deposizione sugli spigoli di 22 quarzi 10x10x1 mm Figura 2.8 catodo del post-magnetron cilindrico. È visibile la ricristallizzazione del niobio dovuta alle alte temperature raggiunte durante lo sputtering 23 26 Figura 2.9 schema di cavità a banda fotonica (pianta) 27 Figura 2.10 esempi di caratteristiche tensione – corrente7 Figura 2.11 caratteristiche tensione – corrente di magnetron planare 2” a varie pressioni base 28 Figura 2.12 caratteristiche tensione – corrente di post magnetron cilindrico a varie pressioni base 28 Figura 2.13 andamento dell’esponente della curva I = aVn in funzione della pressione 29 31 Figura 2.14 visione frontale della scatola di baking Figura 2.16 sistema di baking con fasce riscaldanti in fibra di vetro sul sistema per il magnetron planare 2”. I numeri indicano le tre zone in cui sono divisi i gli elementi riscaldanti 32 Figura 2.17 pressione limite ottenuta nel sistema per il magnetron 2“ dopo trattamento di baking prolungato 33 Figura 2.18 sistema di baking con fasce riscaldanti in metallo per il sistema del magnetron a 10”. I numeri indicano la suddivisione delle zone. Nella parte superiore si può vedere il magnetron parte del sistema di raffreddamento 34 35 Figura 2.19 curve di degassamento della camera per magnetron 10” 38 Figura 3.1 profilometro Alpha Step 200 Figura 3.2 spessore del film in funzione dell’angolo di deposizione nelle due differenti condizioni di processo 38 Figura 3.3 velocità di deposizione in funzione dell’angolo target – substrato calcolata in base agli spessori misurati 39 Figura 3.4 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 180 mm dal target 40 Figura 3.5 interpolazione con una funzione coseno dello spessore in funzione dell’angolo target – substrato per campioni posti a 70 mm dal target 40 Figura 4.1 foto del sistema per la misura delle proprietà superconduttive. 1: voltmetro per la misura della tensione ai capi del campione, 2: generatore di corrente per il campione, 3: nanovoltmetro per la misura della tensione sul termometro, 4: sonda di misura, 5: personal computer per l’acquisizione dei dati, 6: contattiera 42 per trasferire il segnale dal rack alla sonda di misura. 43 Figura 4.2 schema dell’apparato di misura di RRR Figura 4.4 visione di insieme della sonda di misura. 1: parte collegata al rack, 2: parte da inserire nel dewar 46 Figura 4.5 esempi di curve resistenza vs. temperatura per campioni depositati a basso (sopra) ed alto (sotto) angolo target – substrato 47 Figura 4.6 TC ed RRR in funzione dell’angolo target – substrato per campioni a vari 50 livelli di contaminazione Figura 4.7 confronto fra RRR di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 410-9 mbar 51 Figura 4.8 confronto fra Tc di film depositati in corrente continua e pulsata alla stessa pressione base di 410-9mbar 51 Figura 4.9 temperatura di transizione in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C 53 Figura 4.10 RRR in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati su substrati riscaldati a 600°C 53 55 Figura 5.1 Diffrattometro Philips X’Pert Pro utilizzato per le analisi 57 Figura 5.2 spettri di diffrazione a diversi angoli target - substrato Figura 5.3 dimensione dei grani cristallini determinata con la formula di DebyeSherrer in funzione dell’angolo di deposizione. 57 59 Figura 5.4 posizione del picco (110) in funzione dell’angolo target – substrato Figura 5.5 variazione della distanza interplanare per il picco (110) in funzione dell’angolo di deposizione. La linea orizzontale rappresenta il valore di d110 per niobio non stressato. 59 61 Figura 5.6 culla di Eulero utilizzata per l’analisi tessiturale Figura 7 definizione degli angoli di Eulero in un cristallo rispetto alla terna di assi di riferimento solidali con il campione 61 Figura 5.8 figure polari che mostrano le tessiture a diversi angoli di deposizione per film depositati in corrente continua 66 Figura 5.9 figure polari che mostrano le tessiture in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati 70 Figura 6.1 principio di funzionamento di un microscopio a forza atomica (modalità in 72 contatto) Figura 6.2 posizioni sulla curva del potenziale di Lennard-Jones nelle modalità di analisi in contatto ed in non contatto 73 Figura 6.3 andamento della rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente continua 74 118 Figura 6.4 topografia 3D di film depositati in corrente continua a diversi angoli target – substrato 75 Figura 6.5 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per due diversi livelli di ingrandimento (campioni a spessore uniforme) 76 Figura 6.6 confronto fra le rugosità in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore variabile o costante 77 Figura 6.7 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato per film depositati in corrente pulsata 78 Figura 6.8 confronto fra le rugosità di film depositati in corrente continua oppure pulsata 79 Figura 6.9 variazione relativa di rugosità per deposizioni in corrente pulsata o continua 80 83 Figura 7.1 circuito equivalente per un elettrodo poroso Figura 7.2 circuito equivalente quando la resistenza al trasferimento di carica è molto elevata 83 Figura 7.3 diagrammi di Nyquist per un elettrodo idealmente piano e per un elettrodo poroso (calcolo teorico) 84 85 Figura 7.4 schema della cella di misura utilizzata per le analisi EIS Figura 7.5 confronto fra i diagrammi di Nyquist per film depositati a basso ed alto angolo 86 87 Figura 7.6 variazione nei valori di resistenza per film depositati a 45° e 75° Figura 7.7 andamento della resistività in funzione dell’angolo di deposizione per film con spessore uniforme oppure variabile con l’angolo. 88 Figura 7.8 capacità misurata a 23.7 Hz in funzione dell’angolo di deposizione per film a spessore uniforme o variabile 88 Figura 7.9 andamento della capacità in funzione dell’angolo per gli stessi film misurati a potenziale di circuito aperto o con un potenziale imposto di +4V (condizioni di passivazione) 89 Figura 7.10 rugosità normalizzate rispetto alla rugosità del film depositato a 0° nel caso di circuito aperto o di potenziale imposto a 4V 90 91 Figura 7.11 confronto delle capacità misurate per 3 diverse serie di campioni Figura 7.12 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore variabile o pulsata 92 Figura 7.13 variazione relativa di rugosità fra campioni depositati in corrente continua a spessore costante o pulsata 92 93 Figura 7.14 ingrandimento del grafico precedente Figura 8.1 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo I 96 Figura 8.2 magnetizzazione in funzione del campo magnetico per un superconduttore di tipo II 96 Figura 8.3 schema dell’apparato sperimentale per l’analisi magneto-ottica27 1: lampada a Hg, 2: lente biconvessa, 3: polarizzatore, 4: beam splitter, 5: lente obiettivo, 6:indicatore, 7: criostato, 8: magnete, 9: analizzatore, 10: lente della videocamera, 11: CCD, 12: Personal Computer per l’elaborazione dei dati. 99 Figura 8.4 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo 100 Figura 8.5 immagine magneto-ottica di un campione depositato su rame OFHC con un angolo 100 104 Figura 9.1 tempi di calcolo in funzione del numero di atomi depositati 106 Figura 9.2 schema dei tipi di sorgenti simulati nel programma 119 Figura 9.3 simulazione di crescita da sorgente puntiforme con distribuzione angolare uniforme (sopra) e gaussiana (sotto) 107 Figura 9.4 simulazione di deposizione da sorgente lineare con angoli target – substrato di 0°,15°,30°,45°,60°,75°,85° (dall’alto verso il basso) 108 Figura 9.5 andamento della porosità in funzione dell’angolo target substrato per film simulati con sorgente lineare e distribuzione angolare uniforme. 110 Figura 10.1 andamento di RRR in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase = 4.310-9 mbar), pulsata (Pbase =3.210-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase = 5.110-9 mbar) 111 Figura 10.2 andamento di TC in funzione dell’angolo di deposizione per film depositati in corrente continua (Pbase= 4.310-9 mbar), pulsata (Pbase=3.210-9 mbar) e con un riscaldamento a 600° del substrato (Pbase=5.110-9 mbar) 112 Figura 10.3 rugosità in funzione dell’angolo target – substrato misurata con spettroscopia elettrochimica di impedenza ed AFM e calcolata attraverso la simulazione realizzata dal candidato. 113 120 APPENDICE Listato del programma di simulazione clear all global M global YSTART natom = input ('number of atoms: '); distance = input ('distance target - substrate: '); subrad = input ('substrate radius: '); atomrad = input ('atom radius: '); pos = zeros(natom,2); %initialize atoms position vectors 'select source type: ' %the switch select between 3 kind of source stype = input ('0 = point source, 1 = line source, 2 = line source with fixed arrival angle '); switch stype; case 0 %point source 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') time1 = clock; figure; for i = 1:natom %atom generation pointsource(choose); pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance + YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end time = etime(clock, time1) case 1 %line source targetrad = input ('target radius: '); 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') figure; for i = 1:natom linesource (targetrad); line (0,-YSTART) pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance+YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end %axis([0,distance,-subrad, subrad]) %set axis scale axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end case 2 %fixed angle line source targetrad = input ('target radius: '); fangle = input ('angle of atoms arrival (degrees): '); 'select angular distribution: ' choose = input ('0 = uniform, 1 = gaussian ') figure; for i = 1:natom fixedangle (targetrad,fangle,choose); pos(i,1) = distance; pos(i,2) = M*distance+YSTART; sortrows(pos); for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end axis([0,distance,-subrad, subrad]) %set axis scale axis equal %set axis aspect ratio if abs(pos(i,2))<subrad %drop atoms with ypos too large rectangle ('position',[pos(i,1)-atomrad,pos(i,2)atomrad,2*atomrad,2*atomrad],'curvature',[1,1],... 'facecolor','r') else continue end end otherwise 'please select a correct source type' end 122 function [angle] = pointsource(choose); global M global YSTART; if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; end M = tan(angle); YSTART = 0; function linesource(targetrad,choose); global M global YSTART YSTART = (2*targetrad*rand(1)-targetrad); if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; M = tan(angle); function linesource(targetrad,choose); global M global YSTART YSTART = (2*targetrad*rand(1)-targetrad); if choose == 0 angle = (pi*rand(1)-pi/2); else angle = pi*randn; M = tan(angle); function [separation] = calcdistance(x1,x2,y1,y2); separation = sqrt((x1-x2)^2+(y1-y2)^2); global M; global YSTART; function pos = controlpos(i,atomrad,pos) for j = 1:(i-1) %control of atom positioning separation = sqrt((pos(i,1)-pos(j,1))^2+(pos(i,2)pos(j,2))^2); if separation <= 2*atomrad b = ((M*YSTART-pos(j,1)-M*pos(j,2))/(1+M^2)); ac = ((pos(j,1))^2 + (pos(j,2))^2 + YSTART^2 2*YSTART*pos(j,2) - 4*atomrad^2)/(1+M^2); pos(i,1) = min((-b - sqrt(b^2 - ac)), (-b + sqrt(b^2 - ac))); pos(i,2) = M * pos(i,1) + YSTART; end end 123 Bibliografia 1 Anna Maria Porcellato, “Principi Di Funzionamento E Tecnologie Di Costruzione Delle Cavità Di Alpi”, Legnaro (PD) 1997 2 V. 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