PLATONE (427 -347) La filosofia Di Platone ha la caratteristica dell'apertura; non ha forma sistematica ma dialogica. Ha caratteristiche precipue: A. Koyrè: "Leggere Platone è un vero piacere, direi senz'altro una gioia intensa" (Introduzione alla lettura di Platone, Firenze, 1956) Anzitutto per la forma del dialogo. E’una forma artistica (Platone si pensava inizialmente come poeta tragico): vengono descritte situazioni ES: Nel Simposio (dialogo sull’amore): Aristofane non parla perchè ha il singhiozzo "Allorchè Pausania ebbe fatto pausa avrebbe dovuto parlare Aristofane. Senonchè costui, o per aver mangiato troppo o per altro motivo, era stato colto dal singhiozzo e non era in grado di discorrere" XI 185/186. Ancora, nel Simposio, Alcibiade che irrompe ubriaco fradicio al banchetto) Ci sono personaggi Anito (conformista, fautore dell'educazione tradizionale ed anche caratteri le problematiche teoriche si mescolano a stati psicologici ed emotivi, come rabbia, ES: La sfuriata di Polo nel Gorgia: quando Socrate afferma che gli ingiusti sono i più infelici tra tutti: "Ma che dici? Un uomo, per esempio, che ingiustamente e insidiosamente tenti di farsi tiranno, e, scoperto, sia arrestato, messo alla tortura, fatto a brani, abbacinato, e dopo essere stato tormentato egli medesimo con ogni sorta di tormenti, e di aver visto moglie e figli tormentati del pari, venga in fine crocifisso o bruciato in un sacco di pece, costui sarà più felice che se, sfuggito al castigo, divenga tiranno, e, impadronitosi del potere, viva facendo ciò che vuole, invidiato e ritenuto felice da tutti, concittadini e forestieri? E questo è, secondo te, verità inconfutabile?" XXVIII 473/474 Vi è l'ingiuria, il pudore ES: Quando nel Gorgia interviene Callicle - il sofista - subentrando a Polo nell'affermare che è meglio commettere ingiustizia che patirla, afferma: Socrate, mi pare che tu ti lasci trasportare dalla foga della tua eloquenza, come un vero oratore da comizi; ed ora parli così, perchè Polo è caduto in quello stesso errore, nel quale egli accusava Gorgia di essere caduto di fronte a te. Egli infatti diceva che Gorgia, richiesto da te se chi va da lui per apprendere la retorica senza avere un'idea della giustizia, l'avrebbe imparata da lui; si è lasciato vincere da un falso pudore, e aveva detto che gliel'avrebbe insegnata lui, per il pregiudizio comune degli uomini, che si scandalizzerebbero se si rispondesse in maniera diversa" XXXVIII 482/483 Vi è anche la violenza, la minaccia. Callicle: Paragona il filosofo a un "adulto che balbetti". La filosofia va bene per I giovinetti, "per un giovinetto non è brutto filosofare". Ma per un uomo anziano "la cosa diventa ridicola" "Udire un adulto che balbetti e vederlo trastullarsi come un bimbo, questo è ridicolo, indegno d'un uomo e meritevole di sculacciate" XL 484/485. E'un uomo che non è in grado di difendersi nel foro, e che dunque "si può impunemente prendere a schiaffi XLI 486/487. Vi sono insofferenza ed entusiasmo. Gioca un posto privilegiato l'ironia, strumento socratico per eccellenza Si contrappone al riso come modo di ridicolizzare l'avversario ES: Socrate: Che c'è Polo, tu ridi?...E'forse una confutazione questa? Mettersi a ridere quando l'avversario parla, e non dimostrargli che ha torto? Gorgia XXIX 473/474 Si trovano l'allusione, la meraviglia, la stigmatizzazione di atteggiamenti. TUTTI QUESTI ELEMENTI SONO SOSTANZIALI PER L'INTERPRETAZIONE DEI DIALOGHI. La sostanza è che vengono portate a fondo argomentazioni e alla fine il dialogo ha un carattere di sospensione: "La discussione termina in maniera molto elusiva con una professione di ignoranza" (Koyrè, cit., p. 24) Ed è all'interno del dialogo che possiamo cogliere il senso che Platone ascrive alla filosofia. Definizioni di filosofia: 1. Gorgia (482a 5) “la filosofia insegna a ragionare, a porre giuste premesse”. 2. Teeteto (174b) la filosofia è propria di chi non fa affrettati ragionamenti. "Filosofare = saper pensare, non accettare niente per dato, non accordare premesse di un qualsiasi ragionamento perché ammesse dai più, perchè si trovano nella corrente situazione culturale. 3. Si delineano le caratteristiche di un discorso vero. Quello che si fonda su premesse non più confutabili razionalmente, e sulle conseguenze che da esse discendono. 4. Filosofia è altrimenti definita “amore per il sapere” (Simposio 201d), amore che è definito con un mito: al banchetto di Afrodite, Penia giace con Poros. Penia è la povertà e Poros è l’espediente. Approfittando di un momento di ubricahezza di Poros, Penia si congiunge a lui e nasce Eros. Da qui le caratteristiche di Eros (amore9: è sempre povero perché tende verso l’amato. E usa tutti gli espedienti per raggiungere il suo amato. L’amore è espresso dall’amante più che non dall’amato (l’amato non necessariamente ama….) Descrive questa natura mediana. FILOSOFARE=SAPER PENSARE. La condizione che consente il formarsi di un unico sapere, valido per tutti. Questo è inscindibilmente connesso alla forma del dialogo. (Filosofia implica il dialogo e viceversa). Prima accezione del termine dialegestai = dialettica e dialogo. E'UNA RAPPRESENTAZIONE DI COME IL PENSIERO SI MUOVE (Nel Rinascimento i dialoghi venivano rappresentati) Si contrappone alla retorica: Pensiero basato sull'opinione. Ha come caratteristica l'epidissi, il discorso lungo, il fare uso di leve psicologiche (psicagogiche), si basa su premesse accettate dall'opinione. In cui si può trovare affermazione personale. Callicle: datti allo studio che ti può dare fama di saggezza (XLI 486/487) E'strumento. Cfr. Teeteto: "Quegli altri (I retori) parlano sempre come a gente a cui manchi il tempo, e la parte avversa non li lascia ragionare di quello che desiderano, ma sta a loro addosso, brandendo la legge inflessibile e l'atto di accusa di cui si dà lettura, che segnano I confine da I quali non è lecito uscire. I loro discorsi, concernenti sempre qualche compagno di servitù, si indirizzano a un padrone che se ne sta lì seduto con in mano la pena; e le gare non si svolgono mai per questa o quella via indifferentemente, ma sempre intorno ad una meta determinate." Teeteto XXIII 172/173.) Pensiero filosofico: discorso breve (brachilogico); metodo dialettico (IIa accezione) basato su premesse non accolte nell'ambito dell'opinione (doxa), ma della scienza. La scienza del discorso esatto dove ci deve essere accordo, homologia "date queste premesse si debbono accordare le conclusioni, ciò che consegue da esse, CHE IL PROCESSO DEL RAGIONAMENTO NON PUÓ CHE ESSERE UNO E UGUALE PER TUTTI (HOMOLOGIA). Il discorso (logos) non può essere che uguale (homos: homologia) il processo ragionativo non può essere che uno soltanto, e dunque vero. Datazione dei dialoghi. Il problema è complesso. Ci sono analisi stilistiche, ma I dialoghi sono stati rimaneggiati, anche successivamente. Vi sono, inoltre due correnti interpretative: 1. Schleiermacher (1804) che ordina I dialoghi secondo un processo evolutivo inerente al pensiero stesso di P. 2. La scuola di Tubinga, che sostiene una sostanziale coerenza, appunata su un nucleo del pensiero platonico veramente dialogico, ovvero relative alle "dottrine non scritte", a cui Platone nei dialoghi costantemente alluderebbe, senza mai affrontarle in termini diretti. I Dialoghi vengono divisi in gruppi: 1. Dialoghi negativi "s'imposta, sul piano umano, etico-politico, la questione dei vari livelli del sapere, nel rintracciare mediante la dialettica vome esercizio a saper ragionare, le condizioni che permettono il sapere scientifico. (Eutifrone, Jone, Ippia Minore, Ippia Maggiore, Alcibiade I e II, Critone, Lachete, Liside, Carmide, Protagora, Gorgia, Menesseno, I Repubblica Clitofonte. Periodo tra il 395-386. Periodo posteriore alla morte di Socrate (399) Platone fugge a Megara e compie un lungo viaggio 2. Dialoghi dialettici positivi (si determinano attraverso la dialettica le condizioni che permettono il sapere, sia il sapere scientifico, sia quello scientifico politico, sia quello scientifico retorico. (Menone, Fedone, Convito, Fedro, tutta la Repubblica Periodo tra il 386 e 370) Dal 388 al 387 Platone è a Siracusa presso il tiranno Dionigi I, ove si lega di amicizia con Dione cognato, torna ad Atene e fonda nel 386 l' Accademia. 3.Periodo critico-dialettico: Imposta il problema del rapporto tra il mondo e le idée, tra sensibilità e razionalità, anche sul piano politico dove contrappone I "politici privati" (sofisti) e I politici scienziati (filosofi) (Eutidemo Cratilo, Teeteto, Parmenide, Sofista, Politico, Filebo. Periodo tra il 370 al 353. Occorre notare che P. torna a Siracusa presso Dionigi II tra il 361 e il 360) del 353-351 dovrebbero essere la VII e l'VIII lettera. 4. Ultimo periodo quello del Timeo, Crizia, Leggi che non furono finite per la morte nel 347. Ogni dialogo è appuntato su un personaggio caratterizzante, su una problematica che viene seguita selettivamente. (Giovanni Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Milano 1997) Così P. si confronta con tutta la storia della filosofia precedente, e soprattutto con Parmenide/Zenone ed Eraclito, affronta il tema centrale della paideia, vale a dire l’educazione (Gorgia), e, naturalmente la figura di Socrate: -il filosofo che cerca di ricondurre alla consapevolezza critica (conosci te stesso) -che insegna il metodo di ragionare =giuste premesse e giuste definizioni: ti esti (che cos’è ) -che è mosso verso la ricerca della "giusta vita", che non si risolve in opinioni correnti ma nella ricerca della verità e nella verità del SAPERE DI NON SAPERE. In questo senso ha un'immensa portata politica. Il sapere è anche sapere del bene. Chi sa il bene non può non farlo (razionalismo etico) - che si oppone alla politica fondata sulla opinione corrente, del "lungo discorso"e che tenta di fondarla sul sapere. Apologia di Socrate è un testo cardinale. (condanna to a morte nel 399, esegue la sentenza bevendo la cicuta) Socrate è accusato: "….di fare ciò che non dovrebbe, indagando le cose di sotterra e le celesti, rendendo più forti le ragioni più deboli e insagnando agli altri a fare lo stesso" (Apologia III 19/20) . Inoltre "E' colpevole di corrompere I giovani e di non venerare e non ammettere gli dei che la città venera, bensì altri esseri demoniaci nuovi" (Apologia XI) In realtà S. esamina coloro che si ritengono sapienti: Colui che ha la fama di sapiente:"mi ingegnai di dimostrargli come egli credesse di essere sapiente ma non lo fosse, e la conseguenza fu che venni in uggia a lui e a tutti gli astanti"VI I poeti e I vati: "Anche dei poeti conobbi questo: che non per sapienza poetavano come poetavano, ma per certa natura e ispirazione divina, come I profei e I vati, giacchè questi pure dicono tante belle cose, ma poi non sanno nulla di quello che dicono" VII 21/22 Lo stesso vale per gli artefici: "ognuno di loro presumeva di essere sapientissimo in tutte le alter cose (oltre che alla prorpia arte), anche le più gravi, e questa illusione gettava un ombra sul loro sapere…."(Apologia VIII) IL DISCORSO FILOSOFICO "DISTURBA" LA POLITICA. Mileto (retore) afferma un certo ideale di paideia, tutto "interno" alla città: "I giovani migliori sono quelli che obbediscono alle leggi", e le leggi le conoscono I giudici (Apologia XIII). Nella risposta di Socrate si vede l'uso dell'ironia socratica e del discorso "breve" di cui egli è sostenitore: Cfr Apologia XII 24/25. In questo senso S. non si occupa delle cose celesti, ma solo di indagare ed esaminare le cose umane, con procedimento critico. Questo atteggiamento viene definito "demonico". Afferma Socrate: "In me si verifica qualcosa di divino e di demonico" ancora: "E questo, che si è manifestato in me fin da fanciullo, è una cotal voce, la quale, allorquando ha luogo, mi dissuade sempre da ciò che sto per fare, ma non mai mi spinge ad agire. Ed è questo che si oppone alla mia partecipazione alla vita politica." (Apologia XIX) EPPURE É ALTAMENTE POLITICO PERCHÈ SI OPPONE ALL'OPINIONE COMUNE ED É ALLA RICERCA DI UN CRITERIO SCIENTIFICO DI FONDAZIONE DELLA POLITICA. Il discorso Socratico è dunque il discorso sul sapere e, allo stesso tempo, è discorso etico, sul giusto e sulla virtù. COS'É UN CRITERIO "SCIENTIFICO"? Gli assunti teoretici sono indispensabili per affrontare la tematica politica, perchè questa deriva da quelli. Altresì non ci troviamo di fronte ad un sistema. Possiamo analizzare il procedere dei dialoghi e del significato della dialettica. E` un procedimento che va in due sensi: procedimento generalizzante: consiste nel cogliere in funzione di una visione sinottica molteplici Idee particolari e disperse, nell'ambito di un idea più ampia ed unificatrice. SINOSSI procedimento della distinzione e della articolazione, che seguono articolazioni presenti per natura. DIAIRESI ES: dal Fedro: Socrate: - A me sembra che in tutte le altre cose noi abbiamo fatto solamente dei giochi; ma tra alcune di queste cose dette a caso, riguardo a due forme di procedimenti non sarebbe spiacevole che qualcuno fosse in grado di cogliere ad arte la loro potenza. Fedro - Quali sono? Socrate : -La prima forma di procedimento consiste nel ridurre ad un unica idea, cogliendo con uno sguardo d'insieme le cose disperse e molteplici allo scopo di chiarire, definendola, ciascuna cosa, intorno alla quale di volta in volta si voglia insegnare Fedro: - E l'altra forma di procedimento, cosa dici o Sorate? Socrate: Consiste in senso opposto nel saper dividere secondo le idée, secondo le articolazioni che hanno per natura, e cercare di non spezzare nessun parte, come invece suole fare un cattivo scalco. Fedro, 265 C 8 -266 B 7 Il procedimento risale dal particolare al sempre più generale. Es: schema nell’immagine allegata. La base è del materiale empirico. Come viene risolto il problema dell'errore…: "E'chiaro che sia il genere che le specie e sottospecie debbono essere già conosciuti per mezzo del procedimento induttivo intuitivo […] sicchè la divisione non funziona in astratto, ma si serve di materiale empirico che costituisce la condizione dell'intuizione di ogni forma o idea, e che la stessa cosa si deve ripetere per la distinzione delle specie entro un genere, ossia per la partecipazione di quelle a questo; e inoltre si richiede un atto intuitivo per riconoscere all'inizio che la specie ultima da definire appartiene ad un certo genere, ossia ne partecipa" Insomma: É UN PROCEDIMENTO CHE SUDDIVIDE E RIPORTA ALL'UNITÁ. Afferma Giovanni Reale (opera citata) : “Una convinzione basilare che innerve tutta la filosofia precedente a Platone, consiste nella convinzione secondo cui spiegare significa unificare" (p. 214). La domanda "ti esti" implica la "riduzione sistematica di ciò che era oggetto di discussione ad una unità." (p. 215). UNIFICARE SIGNIFICA DEFINIRE E DETERMINARE: "CIASCUNA COSA É UNA IN QUANTO É FINITA E DETERMINATA." (Alessandro di Afrodisia) Le idée che costituiscono il modo attraverso cui è possibile comprendere la realtà. Sono il criterio di ordine che unifica e gerarchizza la realtà stessa. Qui c'è un passaggio di fondamentale importanza. Lo Si trova nel Fedone 96 A -102 A. Esso rappresenta LA MAGNA CHARTA DELLA METAFISICA OCCIDENTALE. E' la "mappa metafisica della filosofia di Platone." Qui "Platone vuole mostrare quale sia il tragitto che la mente umana deve compiere quando ricerca la verità" (Reale, cit., p. 138) La spiegazione più avanzata, dal punto di vista dei naturalisti (sono filosofi che hanno preceduto Platone e che cercavano la spiegazione dei fenomeni in principi di tipo naturale), è quella di Anassagora. Egli afferma che l'intelligenza è causa di tutto, ma non riesce, secondo Platone, a dare fondamento a questa sua affermazione, perchè il metodo dei naturalisti non lo consente. Anassagora non riesce a spiegare I fenomeni naturali in funzione del meglio. Ovvero rimane sul piano delle pure cause fisiche. Es: “Anassagora afferma che Socrate fa tutto ciò che fa con l'Intelligenza, ma se poi si spinge a cercare la causa per cui, ad esempio, è rimasto in carcere, afferma che è per via dei suoi organi locomotori, I suoi nervi, e così di seguito,e non guarda alla vera causa CHE É STATA LA SCELTA DEL GIUSTO E DEL MEGLIO FATTA CON L'INTELLIGENZA." LA VERA CAUSA É L'INTELLIGENZA CHE OPERA IN FUNZIONE DEL MEGLIO. Questa dimensione del sensibile si può guadagnare solo con un metodo diverso. Si tratta della "seconda navigazione" ( si chiama seconda navigazione quella che uno intraprende quando, rimasto senza venti, naviga con I remi") Cicerone contrapponeva il metodo di "pandere vela orationis" con quello consistente in "dialecticorum remis" cioè del metodo dialettico, che dà accesso al soprasensibile. DAI SENSI E LE SENSAZIONI AI RAGIONAMENTI E I POSTULATI. Il nuovo tipo di conoscenza si deve fondare sui logoi, con cui cercare la verità delle cose. QUESTO TIPO DI CONOSCENZA CONDUCE PLATONE A RICONOSCERE DUE PIANI DELL'ESSERE; UNO FENOMENICO E VISIBILE E L'ALTRO METAFENOMENI E INVISIBILE, che si può cogliere solo con l'intelleggibile. CORPOREO/INCORPOREO; EMPIRICO/METAEMPIRICO; FISICO E SOPRAFISICO. Il volgersi verso le realtà metafisiche implica una “periagogé” ovvero un volgere lo sguardo girandosi. Ciò è espresso nel mito della caverna. Con la “periagogè” abbandoniamo il rengo delle ombre e ci volgiamo prima al fuoco davanti a cui passano le forme che producono le ombre sul fondo della caverna e poi alla luce del sole. E’un processo spirituale. Non vi è conoscenza senza questo processo. La FILOSOFIA HA GUADAGNATO IL MONDO INTELLEGGIBILE LA SFERA DELLE REALTÁ CHE NON SONO SENSIBILI MA SOLAMENTE PENSABILI. Queste sono le "vere cause". La realtà sensibile è solo il mezzo attraverso cui si realizza la "vera causa". Quindi, ad esempio, si spiegeranno le cose belle non con gli elementi fisici, ma in funzione della bellezza in sé; si spiegeranno le cose grandi e quelle piccole per la grandezza in sé e per la piccolezza in sé. Caratteristiche metafisiche delle idée. 1. Idee come realtà intelleggibili ed incorporee. Il metodo di Platone si fonda su ragionamenti, quindi sulla realtà che si coglie solo con I ragionamenti = la realtà delle idée. Fedone -e se mai c'è un mezzo attraverso cui qualcuno degli esseri si manifesta all'anima, questo non è forse il ragionamento? -si -allora, l'anima ragiona nel modo migliore, quando nessuno di questi sensi la turbi, né la vista, né l'udito, né il piacere, né il dolore, ma quando si raccolga in se stessa lasciando il corpo, e rompendo il contatto e la comunanza col corpo nella misura in cui ciò è possible, miri con ogni sua forza all'essere! - E'così - E allora, anche inquesto caso, l'anima del filosofo non ha forse disprezzo del corpo e non rifugge da esso e non cerca di rimanere sola per se stessa? - E'chiaro -E che cosa diremo. o Simmia, di quest'altra questione? Diciamo noi che il giusto è qualcosa per se stesso, oppure no? - Sì, lo diciamo, per Zeus! -E similmente anche il bello e il buono? - E come no? -E hai mai visto qualcosa di queste cose con gli occhi? -No affatto, rispose. -E le hai mai colte, forse, con altro senso del corpo? Non parlo delle cose nominate sopra, ma anche della grandezza, della forza, della salute, in una parola, di tutte le alter cose nella loro essenza, ossia di ciò che ciascuna di quelle cose è veramente. Ebbene: forse che si conosce ciò che in esse c'è di più vero mediante il corpo, o viceversa, solamente chi di noi non è preparato a considerare con la sola mente ciascuna cosa di cui fa ricerca, solamente costui può avvicinarsi maggiormente alla conoscenza di ciascuna di queste cose? -Certamente. -E non è forse vero che potrà fare questi nella maniera più pura colui il quale, per quanto è possible, si accosta a ciascuna realtà con la ragione stessa senza appoggiarsi nel suo ragionare alla vista e, senza prendere a compagno del pensiero alcun altro senso del corpo e valendosi della pura ragione in sè e per sè, cerca di raggiungere ciascuno degli esseri nella sua purezza in sè e per sè, separandosi il più possible dagli occhi e dagli orecchi, e, in una parolam da tutto il corpo, in quanto esso turbi l'anima e non le lascia acquistare veritá e sapienza, quando ha comunione con essa? Non è forse costui che, più di chiunqzue altro, potrà attingere all'essere? Fedone 65 C 2. L'intelleggibile, in quanto trascende la realtà sensibile, è per sua natura incorporeo: "[…]infatti le cose incorporee, che sono le più belle e le più grandi, si manifestano chiaramente solo con il ragionamento e in nessun altro modo" (Politico, 286 A 5-7) 2. Idee come puro essere Nel Fedone le idée vengono qualificate come vero essere, essere stabile ed eterno, che si pone su un piano totalmente diverso dal sensibile. Le idée sono quella realtà che non nasce né perisce, né cresce né diminuisce, né muta né diviene in alcuna maniera, ed ha un rapporto essenziale con I due caratteri di cui sopra. Fonti: a. Simposio: "[…] chi sia stato educato fino a questo punto rispetto alle cose d'amore, contemplando una dopo l'altra e nel modo giusto le cose belle, costui, giunto ormai al termine delle cose d'amore, scorgerà immediatamente qualcosa di bello, per sua natura meraviglioso, proprio quello, o Socrate, in vista del quale sono state sostenute tutte le fatiche di prima: un qualcosa, in primo luogo, che sempre è, e che non nasce né perisce, non cresce né diminuisce, e inoltre che non é in parte bello e in parte brutto, né talora bello e talora no, né bello in relazione ad una cosa e brutto in relazione ad un'altra, né bello in una parte e brutto in unaltra parte, in quanto sia bello per alcuni e brutto per altri. Nè il bello si mostrerà a lui come un volto, o come delle mani […] ma si manifesterá in se stesso, per se stesso, con se stesso, come unica forma ed essere eterno; invece tutte le alter cose belle partecipano di quello in modo tale che, mentre esse nascono e periscono, quello in nulla diventa maggiore o minore, né patisce nulla" Simposio 210 E 2 - 211 B 5 b. Fedone = particolarmente interessante l'esistenza di due piani dell'essere. (fisico e sopra fisico) c. Nella Repubblica si dice che il vero essere è veramente conoscibile. Il mondo sensibile, misto di essere e di non essere, è solamente opinabile. Il filosofo viene definto come colui che ha "brama di essere", che tenta l'"ascesa all'essere". 3. Idee come realtà immutabili ed in sé e per sé. Platone si oppone alla impostazione di Eraclito, per cui tutto muta, cioè l'essere è in un flusso perenne. Tutto viene ridotto a molteplicità ed a stati relative (non ci si bagna mai nello stesso fiume). Platone attribuisce questa mobilità alla sfera sensibile: un oggetto puó essere più o meno bello, può anche diventare brutto o bello. Ma se anche l'idea della bellezza - quella in base alla quale riteniamo una cosa bella o brutta - MUTA (diviene non bella) ciò IMPLICHEREBBE LA DISTRUZIONE DI OGNI BELLEZZA PARTECIPATA, e, dunque, lo scomparire di ogni bellezza empirica, perché, compromessa la causa, rimane compromesso anche il causato. LA VERA CAUSA, CHE SPIEGA CIÓ CHE MUTA, NON PUÓ A SUA VOLTA MUTARE. Si legge nel Cratilo: Socrate: - come potrebbe essere qualcosa ciò che non sta allo stesso modo? Infatti, se per un momento resta fermo nello stesso modo, almeno in quell tempo è evidente che non passa via; e se resta sempre allo stesso modo, ed è in "se stesso", come potrebbe mutarsi e muoversi non allontanandosi affatto dalla sua propria idea? Cratilo: - In nessun modo. Socrate: _ Ma neppure potrebbe essere conosciuto da nessuno. Infatti nello stesso momento in cui chi sta per conoscerlo si avvicina, esso diventerebbe altro e di altra specie; cosicchè non si potrebbe più conoscere né che cosa sia né come sia. E certamente nessuna conoscenza conosce ciò che conosce se questo in nessun modo sta fermo. (Cratilo 439 B 10 - 440 A 5) 4. Idee come unità. Ciascuna idea è un'unità, e, come tale, spiega le cose sensibili che di essa partecipano, costituendo in questo modo una molteplicità unificata. LA VERA CONOSCENZA CONSISTE NEL SAPER UNIFICARE LA MOLTEPLICITÁ IN UNA VISIONE SINOTTICA; RAGGRUPPANTE LA MOLTEPLICITÁ SENSORIALE IN UN IDEA DA CUI ESSA DIPENDE. La natura del filosofo si manifesta nel saper cogliere questa unità. Il filosofo sa vedere l'insieme e cogliere la molteplicitá abbracciandola nell'unità: Repubblica VII 537: "Chi sa vedere l'insieme è dialettico, chi no, no." Questa caratteristica di riduzione all'unità non si riferisce solo al rapporto tra le idée e le cose sensibili, ma anche alle idée tra di loro. Anche loro sono sottoposte ad un principio unitario. LA TEORIA DELLE IDEE TROVA ESPRESSIONE NEL MITO, che è espressione simbolica, un "parlare per immagini". Si tratta del mito dell'Iperuranio. (p. 195-196) "Iperuranio" significa luogo sopra il cielo, un'immagine che indica un luogo che non é luogo in senso fisico, ma luogo in senso metafisico, ovvero la dimensione sopra-sensibile. PROBLEMATICA DELL'UNO E MOLTI RIFERITA ALLE IDEE. Il problema della molteplicità si pone anche in rapporto alle stesse idee. Sono molte. C'è un principio dal quale esse dipendono? Esistono dei rapporti di connessione e di esclusione. ES: l'idea del 3. Implica l'idea del dispari, che è causa del tre, perchè è strutturalmente implicate ad esso. L'idea del dispari esclude l'idea del pari, perché è contraria. Ma la escludono anche il 3 ed ogni numero dispari. Ecco che il tre esclude l'idea del pari. CERTE IDEE NE ESCLUDONO CERTE ALTRE; OPPURE NE IMPLICANO CERTE ALTRE. I rapporti di esclusione non si limitano ai contrari, ma investono tutto ciò che ha rapporto con I contrari. Così I rapporti di connessione. Se un'idea è connessa con un'altra, anche sul piano sensibile saranno connesse. SI ALLUDE QUI AL PROCEDIMENTO DIALETTICO DI RACCOLTA E DIVISIONE. Più in generale, il procedimento dialettico porta ad affrontare il problema dell'uno e dei molti, in senso astratto. SI ACCEDE QUI ALLA PROTOLOGIA PLATONICA. Il pluralismo delle idée è molto cospicuo. Per questo la teoria delle idée non può essere accettata come teoria ultimativa. La scuola di Tubinga vede la necessità di un secondo livello di fondazione metafisica. I dialoghi si fermano solo al primo livello; se si vuole capire il secondo bisogna vedere: 1. fonti secondarie (quelli che hanno parlato delle dottrine non scritte) 2. Le allusioni interne ai dialoghi stessi. E'un nuovo principio ermeneutico. HP: COME LA SFERA DEL MOLTEPLICE SENSIBILE DIPENDE DALLA SFERA DELLE IDEE COSÍ LA SFERA DELLA MOLTEPLICITÁ DELLE IDEE DIPENDE DA UN ULTERIORE SFERA DI REALTÁ DA CUI DERIVANO LE IDEE MEDESIME E QUESTA É LA SFERA SUPREMA IN SENSO ASSOLUTO. Da un punto di vista storico-filosofico il problema prende rilievo con gli Eleati, che negavano l'esistenza del non essere (il non essere non è) e interpretavano l'essere in senso henologico, ovvero unitario. Al contrario, I pluralisti, assumevano come originaria l'esistenza di un "certo molteplice" (Quattro radici di Empedocle, Atomi di Democrito etc., ) La novità di Platone è quella di giustificare la realtà ultimativa della molteplicità in funzione dei Principi dell'Uno e della Diade infinita, secondo uno schema metafisico bi-polare. UNO = principio meta-matematico. ha struttura metafisica. Principio radice della molteplicità degli esseri. DUALITÁ = dualità del "grande e del piccolo". Infinita grandezza ed infinita piccolezza. E'infinita e indefinita. Es: cubo infinitamente suddivisibile. NB: l'infinito e l'indefinito ha carattere negativo: è l'informe, la mancanza di misura (proprio per il suo carattere indeterminato e indefinite). Invece l'uno dà forma. E'il principio "materiale", nel senso di una "materia intelleggibile" Def: "E'una molteplicità in-determinata, la quale, fungendo come sostrato all'azione dell'uno, produce la molteplicità delle cose in tutte le sue forme. E'PRINCIPIO DI PLURALITÀ ORIZZONTALE MA ANCHE DELLA GRADAZIONE GERARCHICA DEL REALE. L'uno non avrebbe efficacia produttiva senza la diade, anche se genericamente è superiore alla diade. Reale lo definisce un "bipolarismo" U1 D1 idée=U2 D2 enti matematici=U3……………………..D3 realtà sensibili La conclusione è che l'essere è prodotto da due principi originari, e quindi è una sintesi, un misto di unità e molteplicità, di determinante e indeterminate, di limitane e illimitato. E'un carattere essenziale al pensiero Greco in generale. Paula Philippson: "la forma polare è la struttura di base della teogonia greca e del modo greco di pensare in generale. Essa vede, concepisce, modella e visualizza il mondo come coppie di contrari. Esse sono la forma in cui il mondo si presenta allo spirito Greco[…]. Queste coppie di contrari sono fondamentalmente diversi dalla forma di pensiero monistica o dualistica, nell'ambito delle queli esse si escludono, oppure, combattendosi, a vicenda, si distruggono, o infine, conciliandosi, cessano di esistere come contrari. Nella forma di pensiero polare, invece I contrari di una coppia non sono soltanto tra loro indissolubilmente collegati, come I poli dell'asse di una sfera, ma essi nella più intima essenza logica, precisamente cioè polare, sono condizionati alla loro opposizione: perdendo il polo opposto perderebbero il loro stesso senso." Citato in Reale p. 275. Da questo schema risulta che esistano delle idée generalissime (meta idée) che sono messe in rapporto ai numeri ideali. Perchè: IL PROCEDIMENTO DIAIRETICO SI PUÒ ESPRIMERE NUMERICAMENTE, appunto attraverso un rapporto numerico. QUESTO COMPORTA CHE LE IDEE GENERALI CORRISPONDANO A DEI NUMERI INTERI DA CUI DERIVANO I SUCCESSIVI RAPPORTI NUMERICI. Il numero è posto anche a mediare tra le idée generalissime e le idée. Struttura gerarchica della realtà e nessi che collegano I suoi vari piani: piano dei principi piano delle idée uno - dualità ideterminata numeri e figure ideali IDEE generalissime o meta idée ……………… idée generali e particolari piano degli enti matematici oggetti della matematica oggetti della geometrua piana …………………………… oggetti della stereometria oggetti della astronomia pura oggetti della musicologia. "Platone possedeva l'occhio plastico dell'elleno…" è l'occhio che permette di vedere l'invisibile, la capacità di pensare con l'intelletto e cogliere l'essenza. Oltre la vista sensibile, la forma numerica e matematica. FORMA = IDEA = proporzione perfetta esprimibile in numeri. Esempi son oil canone di Policleto, il tempio I PRINCIPI Triplice valenza ontologica, gnoseologica e assiologica dei principi. L'UNO è fondativo: 1. dell'essere. L'uno, agendo sul molteplice e l'illimitato, lo de-termina, lo de-limita, lo ordina e lo unifica, producendo gli enti a vari livelli. E'principio formale. 2. della verità: ciò che è de-limitato, de-terminato e ordinate è strutturalmente conoscibile. Pertanto unità, limite e ordine sono il fondamento della conoscibilità delle cose. 3. del bene. L'uno se produce ordine e stabilità produce anche valore. Ciò che è ordinate e armonioso è anche buono e bello. IL BENE É L'ORDINE PRODOTTO DALL'UNO. In tutte le accezioni il bene puó essere considerato come misura esattissima. IN QUESTO SENSO HA UNA VALENZA POLITICA. E'portatore di valore il principio unitario, ciò che porta unità nella molteplicità. LA CITTÁ GIUSTA Nella Repubblica. Protagonisti: -Cefalo; - Trasimaco; -Polemarco; -Glaucone; -Adimanto. Il problema è quello della costruzione della città giusta. Di cosa sia. 1. Cefalo: impersona il punto di vista della tradizione: la giustizia è "dire la verità e rendere a ciascuno il debito (ciò che si è ricevuto). Questa semplice definizione viene "confutata" da Socrate in base alla problematicità insita nell'idea stessa di debito (se devo restituire le armi ad un pazzo faccio una cosa giusta?). Si tratta di rendere il giusto. Cefalo adduce anche una motivazione "religiosa": la vecchiaia, la vicinanza alla morte, lo fanno temere della giustizia degli dei. Con la ricchezza si possono fare sacrifici ed andare "senza paura colà" (V 331) 2. Trasimaco: la giustizia è l'utile del più forte. "Orbene, ciascun governo si fa le leggi che meglio giovano a sé: la democrazia se le fa democratiche, la tirannia tiranniche e gli altri del pari; e fattele, I governanti dichiarano giusto per I sudditi ciò che giova a se stessi, e puniscono chi trasgredisce I loro ordini come violatori delle leggi e colpevole di ingiustizia" XI 338/339 Queste "grandi ingiustizie" - tra tutte la tirannide - non vengono mai punite; mentre sono punite "le piccole": "[…] guarda a costui (quello che avendo un grande potere può avvantaggiarsi di molto) se vuoi renderti conto quanto a lui in privato giovi più l'ingiustizia che la giustizia. E lo intenderai tanto più facilmente….” La tesi viene rafforzata ed estremizzata: anche nella vita l'ingiusto ha successo, mentre il giusto ha sempre la peggio: "Anche nei contratti privati, quando un uomo giusto si associ con uno ingiusto, non troverai mai che allo sciogliersi della società il giusto abbia guadagnato più dell'ingiusto, ma meno" XVI 343 D'altra parte esiste la neccessità di una qualche forma di giustizia (dikaion ti) perchè altrimenti nessuna forma di convivenza civile potrebbe esistere: "gli ingiusti sono inetti a far alcuna cosa insieme; [..] se fossero stati in tutto e per tutto ingiusti, non si sarebbero risparmiati a vicenda; ma che evidentemente c'era in loro una certa dose di giustizia che li tratteneva dall'agire ingiustamente gli uni con gli altri e con coloro ci cui danni muovevano - giustizia per la quale fecero ciò che fecero e si spinsero negli atti ingiusti, malati soltanto a metà di ingiustizia ….- XXIII 352. La tesi viene spinta fino alle sue estreme conseguenze. Chi fa professione di giustizia la fa 1. Perchè è peggio patire l'ingiustizia che fare l'ingiustizia. Allora, seguendo il proprio interesse, ci si attiene alla giustizia. 2. Se si potesse commettere ingiustizia impunemente, tutti lo farebbero. Mito dell'anello di Gige: Repubblica II 359. (Gige era un pastore che, per caso, aveva trovato un anello che, girato verso l’interno del dito, faceve diventare invisibili. Recatosi alla reggia, sedusse la regina ed uccise il re, diventando re al posto suo) 3. L'ingiustizia porta felicità, la giustizia infelicità. L'ingiusto perfetto deve sembrare giusto: "il colmo dell'ingiustizia è sembrare giusto senza esserlo" (II, IV 361); mentre il giusto, poichè non si cura della sua fama, "abbia la maggiore riputazione di ingiustizia, affinchè sia provato in giustizia col non lasciarsi commuovere dalla cattiva fama e dalle sue conseguenze, ma vada imperturbato sino alla morte, sembrando ingiusto durante tutta la vita, ma essendo giusto….." Così, alla fine, è più felice l'ingiusto: "Dagli dei e dagli uomini si apparecchia all'ingiusto vita migliore che al giusto" II V NB: l'ottica con cui si guarda alla giustizia è quella del vantaggio personale. Non vi è altro punto di vista: Se esistono gli Dei, o non se ne curano, oppure basta propiziarseli - e dunque si può commettere ingiustizia. Socrate deve spiegare "quale effetto ha sia la giustizia che l’ingiustizia su chi le possiede, così da dimostrare che l'una sia bene e l'altra male." IX COME SI DIFENDE LA GIUSTIZIA. Ci sono due vie: la giustizia dell'singolo individuo e quella della città. "l'individuo è "scritto in lettere minuscole", la città in lettere maiuscole. X 369: "si ha un vero guadagno a leggere prima quelle maggiori". Dunque: "esamineremo dapprima nelle città quale e che cosa essa sia; poi la studieremo anche in ciascun individuo, scrutando la somiglianza della più grande nei tratti caratteristici della più piccola" II X = da notare la corrispondenza individuo-città che viene ripresa nel libro ottavo) Genesi della città: Non si tratta di genesi storica: "Il metodo platonico è quello costruttico, imitato e consapevolmente dedotto dall'analisi geometrica" (Kojré p. 140). La genesi fa comprendere la natura. "Una città sorge perchè ciascuno di noi non è sufficiente a se stesso ma ha bisogno di molte cose". Si prospetta una sempre maggiore articolazione dei bisogni e delle necessità (agricoltura, pastorizia, commercio) Resta una città semplice, Rousseauiana, "sana" ove: "(gli abitanti) menando la vita in pace e in buona salute, com'è naturale morendo vecchi, trasmetteranno questo medesimo tenore di vita ai loro nipoti" II, XIII = questa è, per Glaucone, la "città dei maiali" Si hanno ulteriori specializzazioni, nascono i lussi e bisogni sempre più complessi si ha la divisione del lavoro, e la funzione, fondamentale, dei "custodi" che segue al principio "secondo il quale abbiamo fondato la città…: è impossibile che uno solo attenda bene a più cose". I custodi devono fare la guerra. LA FORZA Ci sono 2 possibilità: -difesa della città - attacco "interno" usurpazione del potere. "il custode è l'armatura dello stato. Ne é l'anima e la difesa, ma ne è anche l'amministratore. DI QUESTA FIGURA SI OCCUPANO I SEGUENTI LIBRI. I custodi devono ricevere un'educazione adatta. Ritorna il problema della "formazione" (paideia) che già era emerso nell'Apologia. Polemica Platonica contro le "favole dei poeti":. E'una critica violenta all'educazione ateniese: - Storie degli dei: menzogna, frode, crudeltà. (Esiodo, Omero) esempi di ingiustizia e parzialità. -storie inverosimili di eroi (letteratura greca). GINNASTICA E MUSICA. musikè = arte delle Muse, cioè le scienze e le arti. La cultura, in generale. (uomo musicale = uomo colto). Ma anche la musica in senso stretto: i modi: vengono banditi il modo lidio (lamento e piagnisteo). Si adottano le armonie doriche e frigie (III, X, 398/399). Lira, cetra e zampogna. I ritmi devono esprimere una vita ordinata e coraggiosa. "-Orbene Glaucone, dissi, non sarebbe forse per questo di somma importanza l'educazione musicale, non solo perchè il ritmo e l'armonia penetrano addentro nell'anima e le si attaccano fortissimamente, portandovi la convenienza e creando un contegno conveniente in chi sia rettamente allevato…" III, XII 401/402 Ginnastica: dieta adatta, resistenza fisica, fierezza d'animo, armonia ed equilibrio. (kalos kagathos) Esercizio dell'arte militare e della filosofia: istruzione scientifica (matematica) e dialettica. Deve essere fatta in età opportuna: I fanciulli si divertono a confutare e a discutere.."In conseguenza, quando hanno confutato l'opinione di molti; quando essi stessi per opera di molti hanno subito confutazioni, finiscono ben presto e con piena conseguenza con il credere che nulla sia più vero di quanto prima credevano". LA FILOSOFIA È IMPRESA PERICOLOSA. Bisogna iniziare con le arti del corpo: "Finchè sono giovani e ragazzi si dovrebbe dar loro un'educazione e una cultura propria dell'età e avere una gran cura del corpo, mentre questo germoglia e si approssima alla virilit`q, perché acquistino nel corpo uno strumento atto a secondare lo studio della filosofia. Col passare degli anni, poi, a misura che l'anima si va avvicinando al suo pieno sviluppo, intensificarne via via gli esercizi; e quando infine viene meno il vigore del corpo e non si possa più partecipare nè agli affari politici né alle spedizioni militari, allora lasciarli pascolare liberamente nei campi della filosofia…." VI, XI 498. Dunque: 15 anni di attività pratica; 15 meditazione filosofica; 15 tirocinio "Giunti poi sulla cinquantina, il gruppo che potrà essere salvato e avrá prestato perfetto ogni suo ufficio, nella vita pratica e nella vita speculativa, dovrà finalmente essere addotto all'ultima esperienza. Si tratta di fare in modo che questi uomini, volgendo in alto la pupilla dell'anima, possano guardare l'essere che somministra la luce a tutte le cose" A 50 ANNI I MIGLIORI GOVERNANO =con la vecchiaia essi sono pronti a governare (la saggezza è retaggio dell'età). SENSIBILITÀ PER IL BENE DELLA CITTÁ: qui si configura l'aspetto "comunistico" della città platonica. Per poter adempiere al meglio alle proprie funzioni devono avere tutto in comune: donne, figli, proprietà. Chi devono essere I custodi? Devono essere gli uomini migliori e più competenti e devono curarsi della città. Viene espresso attraverso "una favoletta""una cosa menzognera, ma bella" = Gli abitanti della città sono come "figli della terra", sono tutti fratelli. "Certo, tutti quelli che vivete nella città siete fratelli – diremo loro favoleggiando -; ma il dio, nel formarvi, in quanti tra voi destinò a governare, in questi nel generarli commischiò dell’oro,e perciò sono più preziosi fra tutti; in quanti desinò ad essere degli ausiliari, mescolò dell’argento; e ferro e poi bronzo negli agricoltori e negli altri operai. In quanto dunque siete tutti della stessa prole, per lo più potete generare altri simili a voi stessi; ma può talvolta accadere che dall’oro nasca una prole d’argento; che dall’argento nasca una d’oro e che così lo scambio si verifichi tra tutti i metalli. Perciò il dio ai governanti prescrive innanzi tutto di non essere di nessuna cosa così buoni custodi e di non guardare niente altro con altrettanta cura, quanto i loro figlioli, e vedere cosa mai sia commischiata negli animi loro; e allorché i figlioli siano venuti al mondo con qualche vena di bronzo o di ferro, non si lascino muovere a pietà in nessun modo; ma, assegnando loro il posto che per natura meritino, li releghino tra gli artigiani e gli agricoltori e allorché invece da questi nascano alcuni con vena d’oro o di argento, li onorino e li sollevino gli uni alla classe dei custodi, gli altri a quella degli ausiliari.” - III, XXI 414/415 p. 952" In questo stato ciascuno si deve attenere al compito proprio. Che cos'è la giustizia? Distingue 4 virtù: -saggezza = la virtù dei reggitori -coraggio = la virtù dei guerrieri -temperanza = la virtù dei produttori. (dominio sui piaceri) Vi è una gerarchia. Il principio razionale deve governare quello passionale, e: " I due principi governeranno il principio concupiscibile, che in ciascuno di noi tiene la maggior parte dell'anima ed è per natura insaziabilissimo…" IV XVI Vi è una corrispondenza antropologica: componenti dell’anima: -logistikon; -thumoeides (irascibile) -epithumetikon- anima concupiscibile. Cos' è la giustizia? essa dà alle tre virtù indicate il potere di conserversi e riprodursi. "Giustizia ..non permette che ciascuna delle parti, che sono in lui, faccia quello che non le è prorprio e che I principi esistenti nell'anima invadano l'uno il campo dell'altro." IV, XVII = Si tratta di creare amicizia ed armonizzare questi principi. Il principio di giustizia deve essere ancora meglio fondato: "perchè in cose tanto importanti non può fare difetto neanche una particella di verità" VI, XVI Si tratta di una "lunga via" che è difficile da percorrere. (seconda navigazione) "..il fondamento più alto è l'idea del bene, e, appunto fondandosi su questa , la giustizia e le altre virtù diventano utili e giovevoli" Il bene è lo scopo di tutte le azioni dell'anima. Glaucone - O socrate, in nome di Zeus, non smettere quasi già esaurito l’argomento. A noi basterà se, come hai ragionato della giustizia, della temperanza e delle altre virtù, così vorrai ragionare anche del bene. - Sicuro, dissi, mio caro, ne sarei ben contento pure io! Senonché temo di non esserne capace e che, mostrandomene sollecito, lo farò male e diventerò oggetto di riso. Ma, miei ottimi amici, cosa sia il bene lasciamo indagarlo – giacché mi sembra che per la via intrapresa sarebbe troppo lungo esporvene il mio concetto; - ma quello he mi pare un figliolo del bene e similissimo ad esso voglio dirvelo. - - Ma dillo, riprese, un’altra volta poi pagherai il tuo debito esponendoci la natura del padre. - Per me, dissi, vorrei potervi render subito tutto ciò che vi devo, e che voi non doveste, come ora, portarrvi soltanto i frutti. Ad ogni modo, per ora, portatevi questo frutto e figliolo del bene; ma state però in guardia che io non dovessi ingannarvi mio malgrado presentandovi dei frutti un conto falso. - Staremo, disse, in guardia per quanto potremo; ma tu intanto parla. - Però diss’io, solo dopo che mi abbiate concesso e ch’io vi abbia richiamate a mente le cose dette pocì’anzi e quelle già discorse più volte in altri casi. - E quali sono? chiese - Noi, dissi, affermiamo che ci sono molte cose belle, molte cose buone e tante altre che distinguiamo nel discorrere. - Difatti. - E così pure che c’è un bello in sé e un buono in sé; e allo stesso modo di tutte le cose, che allora ponevamo come multiple, noi, daccapo, riferendoci per ciascuna di esse alla sua unica idea, chiamiamo quest’unica idea l’essenza di quelle. - Precisamente. - E quelle cose affermiamo di vederle, ma non di pensarle, mentre invece delle idee affermiamo di pensarle e non di vederle. - - - Poroprio così. Ebbene, con quale organo dei nostri vediamo ciò che vediamo? Con la vista, disse. E così pure, soggiunsi, con l’udito noi udiamo ciò che udiamo e con gli altri sensi percepiamo tutte le cose sensibili? E come no? Or dunque, diss’io, hai tu riflettuto con quanto maggior cura l’artefice dei sensi abbia elaborato la facoltà del vedere e dell’esser veduto? Non molto, rispose. Ma riflettici a questo modo: .l’udito e la voce hanno forse bisogno di qualche altra cosa di specie differente, l’uno per udire, l’altra per essere udità, di guisa che ove questa manchi, l’uno non udrà e l’altra no sarà udita? Di nient’altro, rispose… Ma il senso della vista non pensi tu che ne abbia bisogno? E come? Giacché, pure essendo negli occhi la facoltà della vista e pure essendo negli oggetti il colore, ove non intervenga una terza specie di cose naturalmente appropriata a questo scopo, sai bene che la vista non vedrà nulla e i colori non saranno visibili. Di quale altra cosa vuoi parlare? Di quella che chiamiamo luce. E’ vero, convenne. = passo con riferimenti alle dottrine non scritte: (allusione all'"oggetto di riso") = platone tenne delle lezioni intorno al bene, dove sostenne che il Bene é l'uno. Ed "alcuni lo disprezzarono, altri lo biasimarono". (Aristosseno, Harm. Elem. allusione al proposito di non indagare il bene in sè. allusione alla figura del "figlio"= non può parlare del "padre", perchè sarebbe riservato all'oralità. Spiegazione: 506- 507 1. Idea della pluralità: "Ci sono tante cose belle, molte cose buone, e molte altre che distinguiamo nel discorrere" [..] " e così pure c'è un buono in sé, un bello in sé" 2. Queste cose si percepiscono con I sensi, quelle con l'intelletto. "E quelle cose affermiamo di vederle, ma non di pensarle, mentre invece delle idee affermiamo di pensarle ma non di vederle." = MOLTEPLICITÁ =SFERA SENSIBILE; UNITÁ=SFERA INTELLEGGIBILE. 3. L'artefice dei sensi ha forgiato nella maniera più preziosa la facoltà del vedere e quella dell'essere visibile , perchè ha introdotto un terzo elemento. "A questo modo l'udito e la voce hanno bisogno di qualche altra cosa di specie differente, l'uno per udire e l'altra per essere udita? […]Per la vista sì: "Giacchè, pur essendo negli occhi la facoltà della vista e apprestandosi chi l'abbia a servirsene, e pur essendo negli oggetti il colore, ove non intervenga una terza specie [..] non si vedrà nulla."= LA LUCE DEL SOLE. la vista non coincide con il sole ma è simile. Riceve dal sole la sua facoltà. 4. Il bene può essere illustrato in analogia con il sole, che sarebbe il "figlio" del bene. a). NELLA SFERA DELL'INTELLEGGIBILE IL BENE STA IN UNA FUNZIONE E PROPORZIONE ANALOGA A QUELLA DEL SOLE PER IL MONDO SENSIBILE. Quando gli occhi guardano al chiarore della notte, non vedono nulla; quando guardano alla luce del sole, allora vedono. "Ciò accade anche all'anima, la quale, se fissa ciò che è mescolato alle tenebre, ciò che nasce e che muore, può solo opinare e congetturare, e sembra che non abbia intelletto, mentre quando contempla il puro intelleggibile, allora assume la sua statura e ruolo adeguato." IL BENE STA IN MEZZO TRA LA CONOSCENZA E LA VERITÁ. b) Il sole non dà alle cose solo la capaicità di essere viste, ma anche la generazione “del sole, credo, tu dirai che agli oggetti visibili non comunica soltanto la facoltà d'essere veduti, ma anche la generazione, l'accrescimento e la nutrizione….Così l'idea del bene dà l'essere: "non derivano dal bene soltanto la conoscibilità, ma anche l'esistenza e l'essenza (ousia), per dignità e potere sta anche al di sopra dell'essenza.." VI XIX , 558. Le città ingiuste. Una la cittá giusta, molte le cittá imperfette (uno - diade del grande e del piccolo). 4 categorie: 1. Città del coragio e dell'onore. Timocrazia. = I custodi invece di preoccuparsi della città pensano solo a se stessi. Perseguitano ambizioni private. Diventano I signori della cittá. Si impadroniscono dei beni dei cittadini, li rendono schiavi. Trascurano la filosofia e la scienza, la cultura dello spirito."solo l'addestramento dei corpi costituiscono gli interessi di questi rozzi signori dello Stato militare" (Kojrè, p. 176) VALORI: coraggio, ambizione, gloria militare. =corrisponde all'uomo timocratico: lo thumos. durezza, crudeltà, insensibilità. E'una città instabile: lo thumos diventa, senza la parte irrazionale, vittima del desiderio, dell'epithumetikon. 2. cittá del denaro. Oligarchia., plutocrazia. Dilaniata dall'ostilità interna. Debole, ma pacifica, non per amore per la pace, ma per paura. Non vogliono pagare tributi di guerra, hanno paura del popolo in armi. l'uomo: "sordido che cerca di trarre guadagno con qualsiasi mezzo; tutto tesaurizza. Non è estremo solo per meschinità e vigliaccheria. AVARIZIA É LA PASSIONE DOMINANTE. Con ciò la città crea le condizioni per la propria distruzione. PRODUCE UNA CLASSE DI GENTE POVERA E IMPOVERITA. Causa la sedizione. "avviene come un corpo non sano. basta una piccola causa esterna per cadere in malattia. Talvolta anzi, senza causa esterna, l'organismo finisce per subire interne crisi, quasi interne rivolte e sedizioni. allo stesso modo lo stato [..] basta una piccola causa: gli uni sollecitano l'aiuto di una cittá democratica e gli altri di una cittá oligarchica.." 3. stato democratico: è l'uomo oligarchico liberato dai freni che imponeva l'avarizia e il timore della rovina L'UOMO DEMOCRATICO SODDISFA TUTTI I DESIDERI: "passa la vita profondendo denaro, sforzi e tempo per soddisfare indistintamente piaceri necessari e non necessari.." "NESSUN SENSO DI ORDINE, NESSUNA COERENZA, E NECESSITÁ IN QUELLA VITA. SOAVE,LIBERALE,BEATA EGLI LA CHIAMA E CERCA DI GODERNE SENZA INTERRUZIONE. Città: instabile, incompetente, debole. 4 Tirannide. Lo stato democratico si inebria della libertà, e degenera nell'indisciplina e nell'anarchia. I cittadini non si danno più pensiero delle leggi, scritte e non scritte: non vogliono che sopra ci sia un padrone. Questo è il terreno della tirannide. Sono soggetti ad adulatori e ad agitatori. Si cercano un capo - che li difenda dai più ricchi tra loro, che rappresentano un pericolo. Questo dichiara di non essere un tiranno. Appena prende Il potere lo diventa. REGIME DI PAURA E DI DELITTO: Ha paura del popolo e delle sue guardie. Anima tirannica: povera, attanagliata dal timore, servile e volgare. E'schiavo delle sue passioni. NON è dunque felice. Il filosofo ha equilibrio.