ONCOLOGY UPDATE Approccio multidisciplinare ai tumori neuroendocrini del tratto gastroenteropancreatico (GEP NET) in fase avanzata a cura di Salvatore Tafuto e Chiara de Divitiis (Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli) Con la collaborazione del gruppo multidisciplinare per la gestione dei pazienti con Tumore Neuroendocrino dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli coordinato dal Dott. Salvatore Tafuto. • Introduzione Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis • Valutazione multidisciplinare per il trattamento dei GEP NET Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis • Medicina di laboratorio: quali marcatori nei NEN? Ernesta Cavalcanti • Il ruolo dell’endoscopia nei GEP NENs Pietro Marone, Elena di Girolamo • Inquadramento istopatologico delle neoplasie neuroendocrine gastro – entero – pancreatiche (GEP – NET): luci ed ombre Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti • Imaging Radiologico morfologico Elisabetta de Lutio di Castelguidone, Roberto Carbone, Vincenza Granata, Maria Luisa Barretta • I trattamenti radiometabolici per la malattia metastatica: una reale alternativa? Secondo Lastoria, Luigi Aloj • Terapia medica e gestione della malattia avanzata Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis • Le metastasi epatiche da tumore neuroendocrino: dal de-bulking al trapianto Francesco Izzo, Cinzia Granata • Trattamenti Locoregionali delle metastasi epatiche da lesioni da tumore neuroendocrino Francesco Fiore • Conclusioni Salvatore Tafuto I tumori neuroendocrini (NET), patologie tradizionalmente considerate come rare, sono divenute argomento di estremo interesse alla luce delle nuove scoperte nel settore. Le nuove evidenze nel campo della classificazione istologica, l’identificazione di criteri nosografici legati all’aggressività clinica, le nuove conoscenze di biologia molecolare, gli enormi sviluppi della strumentazione diagnostica, che talvolta ne permettono addirittura la caratterizzazione biologica in vivo, hanno reso quest’ambito oggetto di grande fermento sia per la ricerca di base, che per gli studi clinici. In particolare, i tumori neuroendocrini del tratto gastro-enteropancreatico (GEP-NET) costituiscono la componente quantitativamente prevalente rappresentando oggi una sfida importante che raccoglie l’interesse di biologi, patologi, farmacologi, endocrinologi, oncologi, esperti di diagnostica strumentale e di terapia. VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER IL TRATTAMENTO DEI GEP NET I tumori neuroendocrini gastro – entero – pancreatici sono patologie rare ma in costante aumento anche in Italia, dove si registrano ogni anno circa 1.200 nuovi casi. Il trattamento dei GEP-NET prevede infatti un approccio multidisciplinare che coinvolge tutti gli specialisti attivi nel percorso diagnostico terapeutico: l'oncologo medico, l'endoscopista, il patologo clinico, l'endocrinologo, l'anatomopatologo, il radiologo, il medico di laboratorio ed il medico nucleare, L'obiettivo è di raggiungere per ogni GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 21 singolo paziente un'opzione diagnostico-terapeutica ampiamente condivisa da tutti gli specialisti in base alle linee guida nazionali ed internazionali e anche in base all'expertise del centro. In molti casi non si esclude un approccio estremamente personalizzato al singolo caso clinico. Oltre ai trattamenti standard, soprattutto nei "Centri di Eccellenza Italiani per lo Studio e la Cura dei tumori Neuroendocrini", è sempre più possibile per ciascun paziente che sia valutata la possibilità di inserimento in studi clinici sperimentali atti a confermare l’efficacia di nuovi farmaci biologici o chemioterapici, nuove combinazioni di trattamenti terapeutici o trial prettamente chirurgici osservazionali. Tali studi, approvati dai Comitati Etici, vengono proposti a tutti i pazienti arruolabili sulla base delle caratteristiche cliniche e biologiche. MEDICINA DI LABORATORIO: QUALI MARCATORI NEI GEP-NET A cura della Dott.ssa Ernesta Cavalcanti Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli La medicina di laboratorio è un partner essenziale nella gestione dei pazienti con tumore neuroendocrino anche grazie all’avvento delle nuove tecnologie che hanno aperto altre frontiere diagnostiche, anche se, a tutt’oggi, risulta ancora indispensabile valutare l’appropriatezza e l’efficienza diagnostica dei test di laboratorio. (Figura 1) I “marcatori tumorali” vengono infatti attualmente classificati sulla base della loro utilità clinica e pertanto dovrebbero essere utilizzati solo quelli ritenuti “efficaci” ed “utili”. Sono noti infatti i loro limiti di scarsa specificità nonchè la relazione diretta con la quantità di tessuto neoplastico che ne compromette anche la sensibilità. A tali limiti si aggiungono le problematiche legate all’interpretazione dei dati, alla scelta del cut-off, nonché alla valutazione delle variazioni tra prelievi seriati (follow up) a causa della variabilità analitica, sia nell'ambito dello stesso laboratorio, sia tra laboratori diversi, che utilizzano differenti kit commerciali con diversi livelli di sensibilità ed affidabilità analitica. I markers di tumori neuroendocrini possono essere classificati in: Marcatori generali di differenziazione neuroendocrina, specifici del tessuto neuroendocrino, generali e specifici di secrezione neuroendocrina (legati alla capacità di secernere peptidi o amine biogene) e genetici che assumeranno un 22 Figura 1 General and Tumor Specific Markers GENERAL MARKERS TUMOR SPECIFIC MARKERS 1. Cromogranins 1. Carcinoid tumors Cg A 24 h Urine 5-hidroxyindole acetic acid Cg B 24 h Urine 5-hidroxyi-tryptophan Secretogranin II Plasma Serotonin Secretogranin III 2. Insulinoma Secretogranin IV Fasting insulin Secretogranin V Fasting pro-insulin Secretogranin VI 3. Gastrinoma 2. Neuron Specific Enolase Fasting/stimulated gastrin 3. Pancreatic Polypeptide 3. Glucagonoma 4. Chorionic gonadotrophin Fasting glucagon 3. VIP-oma Fasting vasoactive intestinal peptide 4. Somatostatinoma Fasting somatostatin Best Oractice & Reserch Clinical Gastroenterology 26:791-802.2012 ruolo importante come fattori predittivi o per la valutazione dell'efficacia terapeutica. (1-4) Appartiene ai marcatori di differenziazione neuroendocrina la famiglia delle Cromogranine/Secretogranine, di cui la più importante è la Cromogranina A (CgA), contenuta nei granuli cromaffini da cui viene poi rilasciata in circolo. La sua struttura primaria è caratterizzata da una serie di siti di clivaggio dai quali, in seguito ad azione proteolitica, originano diversi peptidi biologicamente attivi, che esercitano la loro funzione a vari livelli. Il tratto gastroenterico rappresenta una delle principali fonti di CgA, il suo valore viene correlato alla massa neoplastica ed i suoi limiti sono in relazione a condizioni di acloridia, quali la gastrite atrofica o l'utilizzo di inibitori di pompa protonica che, provocando un cronico incremento dei livelli di gastrina, determinano ipersecrezione di CgA, nonché una ridotta funzionalità renale ed epatica per riduzione della clearance. Falsi negati- GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 Bibliografia 1. Modlin IM, Oberg K, Taylor A et al. Neuroendocrine tumor biomarkers: current status and perspectives. Neuroendocrinology 2014 100: 265277. 2. Oberg K, Modlin IM, De Herder W et al. Consensus on biomarkers for neuroendocrine tumour disease. Lancet Oncology 2015 16: 435-446. 3. Massironi S, Rossi RE, Casazza G et al. Chromogranin A in diagnosing and monitoring patients with gastroenteropancreatic neuroendocrine neoplasms: a large series from a single institution. Neuroendocrinology 2014 100: 240-249. oncology update vi si possono avere invece nei tumori scarsamente differenziati a causa della perdita della capacità secretoria. (4). A causa dei fenomeni di proteolisi della molecola di CgA, inoltre, i diversi peptidi generati potrebbero non essere riconosciuti dagli anticorpi utilizzati da differenti kit del commercio, il che si traduce in risultati diversi, non confrontabili tra loro. Alla variabilità analitica si aggiunge anche l'alta individualità biologica del marcatore, il che rende inadeguato l'uso dei valori di riferimento per l'interpretazione dei risultati ottenuti. (3) Per la diagnosi di gastrinoma il marcatore considerato specifico è la Gastrina. Nell'ambito della famiglia delle gastrine, la più conosciuta e la più rappresentata è la Gastrina 17, che è stata la prima ad essere isolata, sebbene la muscosa antrale gastrica ne produca almeno altri sei diversi tipi che potrebbero non essere ugualmente riconosciuti dai differenti kit commerciali sottostimando il risultato ottenuto. I NET che originano dall'intestino medio presentano sintomi funzionali dovuti alla secrezione di peptidi quali la Serotonina, il cui metabolita urinario è il 5 Idrossi-Indolacetico (5HIIA), che devono essere dosati con il metodo di riferimento che è la Cromatografia ad alta prestazione (HPLC), metodica molto delicata e molto sensibile. La determinazione di questo metabolita, su raccolta delle urine delle 24 ore, richiede però delle norme dietetiche particolari, in quanto il valore può essere influenzato da alcune sostanze introdotte con la dieta (contenenti triptofano). Per la diagnosi ed il follow up del feocromocitoma/paraganglioma, il dosaggio delle Catecolamine urinarie rappresenta il gold standard ed, anche in questo caso, in alternativa possono essere dosati i metaboliti quali le Metanefrine, l’Acido Vanil Mandelico o l’acido Omovanillico, sempre con metodica HPLC ed i metaboliti metilati sembrerebbero dimostrare una migliore efficienza diagnostica. Nei tumori neuroendocrini l’utilizzo dei marcatori tumorali “classici” presenta ancora numerose necessità insoddisfatte, che dovrebbero spingere ad utilizzarli in modo appropriato nella pratica clinica. Pertanto va considerato con cautela l’inserimento di nuovi marcatori, quali le cellule tumorali circolanti ed i miRNAs che, una volta validati ed inseriti nella pratica clinica, potrebbero migliorare la probabilità di predire la progressione della malattia e migliorare le opportunità terapeutiche. (1,4). 4. Singh S, Law C. Chromogranin A. A sensitive biomarker for the detection and post-treatment monitoring of gastroenteropancreatic neuroendocrine tumors. Expert Rev. Gastroenterol. Hepatol. 2012 6: 313-334. IL RUOLO DELL’ENDOSCOPIA NEI GEP NET A cura di Pietro Marone ed Elena Di Girolamo Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli L’endoscopia del tratto digestivo superiore ed inferiore ha un ruolo importante nella gestione del paziente con GEP-NET, sia nella localizzazione e nella diagnosi di malattia sia nel follow up. In casi selezionati le tecniche di resezione endoscopica consentono inoltre il trattamento di tali neoplasie in fase precoce. La duodenoscopia per la visualizzazione della papilla di Vater dovrebbe essere effettuata sempre in caso di gastroscopia negativa. La colonscopia dovrebbe esser sempre completata dalla esplorazione dell’ultima ansa ileale. La videoendoscopia capsulare e l'enteroscopia con doppio pallone ci permettono di studiare il piccolo intestino e trovano indicazione nella ricerca del tumore primitivo nei casi di NEN metastatica con primitivo occulto, mostrando, entrambe le procedure, una buona resa diagnostica con possibilità di campionamento istologico in corso di enteroscopia. I tumori neuroendocrini gastrici (gNENs) rappresentano all’incirca il 25% di tutti i tumori GEP- NET; originano dalle cellule simil-enterocromaffini (ECL) e si distinguono in tre tipi: i tipi 1 e 2 sono associati ad ipergastrinemia, mentre il terzo, sporadico, è indipendente da essa. Le gNENs tipo I sono associate a gastrite cronica atrofica; all’esame endoscopico appaiono spesso GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 23 come multiple lesioni polipoidi del corpo-fondo gastrico, di dimensioni inferiori a 1 cm. Sono in genere limitate alla mucosa ed alla sottomucosa, non mostrano angioinvasione ed hanno un basso Ki67 (istologicamente NET G1); le lesioni con dimensioni superiori a 1 cm possono associarsi a secondarismi linfonodali e/o a metastasi distanza. Le gNENs tipo II (associate alla sindrome di Zollinger-Ellison, nell’ambito della Neoplasia Endocrina Multipla di tipo 1 [ZES-MEN1]), presentano come multiple lesioni polipoidi del diametro di 1-2cm; possono interessare più spesso i linfonodi regionali e metastatizzare a distanza nel 3-12% dei casi. Le gNENs tipo III si presentano come lesioni singole dell’antro gastrico, con diametro variabile tra 2 e 5 cm; presentano generalmente un comportamento aggressivo con metastasi distanza nel 50-100% dei casi. La diagnosi della maggior parte delle gNENs avviene accidentalmente in corso di gastroscopia; le biopsie dell’antro (almeno 2 biopsie) e del fondo gastrico (almeno 4 biopsie), in associazione al campionamento bioptico dei polipi più grandi o preferibilmente all'asportazione del polipo per intero, sono fondamentali ai fini diagnostici. La terapia endoscopica delle lesioni precoci è indicata dalle più recenti linee guida ENETS (1) che raccomandano, nei pazienti con gNENs tipo1, la rimozione endoscopica di tutte le lesioni polipoidi quando possibile; la chirurgia è limitata ai casi di infiltrazione oltre la sottomucosa o in caso di lesioni scarsamente differenziate o con metastasi linfonodali. Resta ancora dibattuto il ruolo dell’antrectomia per il controllo della gastrinemia. Nei pazienti con G-NENs tipo 2 è sufficiente la sola resezione endoscopica la cui fattibilità, così come nel tipo 1, richiede una valutazione ecoendoscopica per le lesioni di dimensioni superiori ad 1-2cm. Nei G-NENs tipo 3 è indicato il trattamento chirurgico. I tumori neuroendocrini duodenali (D-NENs) rappresentano circa il 2% di tutti i tumori neuroendocrini ed il gastrinoma è tra essi senz'altro il più frequente. La gastroscopia con biopsie è la tecnica più sensibile, in associazione alla ecoendoscopia (EUS), per la diagnosi e la stadiazione loco-regionale nei D-NENs, spesso piccoli (1.2-1.5 cm) e difficilmente visibili alla diagnostica per immagini convenzionale. Trattasi in genere di NETs ben differenziati, mentre solo l’1-3% di essi sono carcinomi neuroendocrini G3 (NEC G3). La resezione endoscopica rappresenta l’approccio 24 terapeutico più indicato per i D-NENs con diametro inferiore a 1 cm, non periampullari (1). Per quanto riguarda invece le NENs del grosso intestino spesso la loro diagnosi è accidentale. Anche in questo caso la resezione endoscopica rappresenta l’approccio terapeutico standard soprattutto per le lesioni rettali di dimensioni al di sotto di 1cm e per le lesioni coliche con diametro inferiore a 2 cm in assenza di invasione locale (2). Bibliografia 1. Delle Fave G. Kwekkedoom DJ; Custesem EV. et al; ENETS Consensus guidelines for the management of patients with Gastroduodenal Neoplasms Neuroendocrinology 2012; 95:74-87. 2. Caplin M; Sundin A; Nillson O. et al; ENETS Consensus guidelines for the management of patients with Digestive Neuroendocrine Neoplasms: Colorectal Neuroendocrine Neoplasms. Neuroendocrinology 2012; 95:88-97. INQUADRAMENTO ISTOPATOLOGICO NELLE NEOPLASIE NEUROENDOCRINE GASTROENTEROPANCREATICHE (GEP–NET): LUCI ED OMBRE A cura di Fabiana Tatangelo e Gerardo Botti IRCCS Fondazione Pascale Napoli Le neoplasie del sistema neuroendocrino rappresentano una vera sfida per il patologo. Il loro inquadramento, infatti, appare particolarmente complesso a causa della loro estrema eterogeneità e, pur essendo considerate neoplasie a rara incidenza, tuttavia, nel corso degli ultimi anni, la loro frequenza appare in netto aumento. Sebbene questa classe di neoplasie venga considerata generalmente ad andamento clinico indolente, in realtà l'evoluzione delle stesse non è facilmente prevedibile e, talvolta, assume caratteri di notevole aggressività. Si comprende facilmente, quindi, l'importanza di un corretto esame istopatologico in grado di fornire indicazioni di tipo prognostico e predittivo. La complessità e l'eterogeneità dei NET è ulteriormente evidenziata dai numerosi tentativi fatti, nel corso degli anni, di inquadrarli in base a caratteristiche embriologiche, morfologiche, biochimiche o funzionali. Nel 2010, la World Health Organization (WHO), nell’ambito della riclassificazione dei tumori dell’apparato digerente, ha ridefinito i parametri classificativi dei GEP-NET evidenziandone alcu- GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 una diagnosi precoce di malattia. L'esame anatomo-patologico rappresenta un importante indicatore dell'andamento clinico e può anche contenere informazioni di tipo predittivo. Ai fini della diagnosi di certezza della natura neuroendocrina della lesione in esame, è indispensabile l'ausilio di markers specifici che, mediante tecniche di colorazione immunoistochimica, sono in grado di accertarla definitivamente, almeno nella maggior parte dei casi. La Consensus Conference ENETs del 2009 ha dato luogo ad una check – list di riferimento nella quale vengono indicati, quali punti salienti nella diagnosi delle NEN (1): -l’utilizzo dei marcatori sinaptofisina e cromogranina per il riconoscimento della natura neuroendocrina della lesione. - la colorazione immunoistochimica con anticorpi anti MIB1 per la valutazione del Ki 67 index score. Nel caso di NET metastatici a sede primitiva ignota, è possibile ricorrere all'utilizzo di markers sito-specifici quali CDX2, (piccolo intestino e pancreas), Islet-1 e Pax 8 (retto), PDX-1, Islet-1 e Pax 6/8 (pancreas), Xenin (duodeno), TTF1 (polmone). Da quanto detto finora si evincono due fattori fondamentali: -la necessità della massima standardizzazione possibile del referto anatomo-patologico, finalizzata a fornire dati riguardanti le caratteristiche intrinseche alla neoplasia, sia morfologiche sia biologiche. - l’indispensabile utilizzo di strumenti, quali il Grading e lo Staging, allo scopo di fornire al clinico indicatori prognostici attendibili. Proprio a causa della loro importanza, questi stessi fattori rappresentano fonte di acceso dibattito e, a pochi anni dalla pubblicazione della nuova classificazione WHO 2010 per le neoplasie neuroendocrine, la letteratura ha fornito numerose revisioni critiche della stessa. Il principale imputato, in quest'opera di revisione, è costituito dalla inevitabile soggettività del patologo che può rappresentare un problema reale. Infatti, uno degli argomenti considerati più “scottanti” è rappresentato dalla scelta della modalità di valutazione del Ki 67 index score sul preparato istologico. A tutt'oggi il metodo più consigliato è quello di considerare le cosiddette aree “hot - spots”, cioè quelle in cui si riscontra la maggiore incidenza di cellule proliferanti, per poter fornire al clinico la valutazione più corretta possibile. Tale parametro ha assunto un'importanza anco- GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 oncology update ne caratteristiche fondamentali ed introducendo nuovi parametri di valore prognostico-predittivo. Dopo anni di confusione terminologica, si è raggiunta la convinzione che fosse giusto reintrodurre l'aggettivo “neuroendocrino”, per indicare tali neoplasie. Si è deciso, inoltre, di evitare il termine “tumori” adottando quello di “neoplasie” comprendendo, in tal modo, tutta l'ampia gamma differenziativa di queste entità (dunque subentra l'acronimo “NEN - Neoplasie Neuroendocrine”). Altre novità sostanziali sono rappresentate dall'introduzione del termine “NET-Tumore Neuroendocrino” in sostituzione del termine “carcinoide”, riferito esclusivamente alle forme bene e moderatamente differenziate, e quella del termine “NECCarcinoma Neuroendocrino” riservato alle forme scarsamente differenziate. La vera novità è rappresentata dal fatto che tale inquadramento classificativo è reso possibile dall'introduzione di un sistema di Grading, comprendente tre gradi - G1, G2, G3 - basato sulla valutazione della conta mitotica (numero di mitosi/10 HPF) e sulla valutazione dell'indice di proliferazione cellulare (espresso come Ki67 index score e valutato su tessuto mediante colorazione immunoistochimica ). Per convenzione, i NEN G1 hanno un indice mitotico molto basso, < o =1/10 HPF; i G2 hanno un indice mitotico da 2 a 20/10 HPF; i G3 > 20/10 HPF. La valutazione deve essere fatta su almeno 50 campi microscopici perché la conta sia considerata valida. Per quanto riguarda l'indice di proliferazione cellulare espresso in percentuale come Ki 67 index score, nei G1 è inferiore o uguale a 2%, nei G2 è compreso tra 3 e 20%, ne i G3 è superiore al 20%. La classificazione WHO del 2010 introduce un concetto di Staging “sito-specifico” basato sul sistema TNM (valutato in base alla sede di insorgenza della neoplasia neuroendocrina) ed una nuova categoria di forme miste di carcinomi neuroendocrini ed adenocarcinomi e definita “"MANEC”, forme miste di carcinomi neuroendocrini ed adenocarcinoma, riferita a quelle neoplasie precedentemente inquadrate esclusivamente come “miste”, nelle quali, secondo i nuovi parametri classificativi, la componente neuroendocrina deve essere almeno del 30% mentre la rimanente componente neoplastica può essere a fenotipo esocrino o squamoso. Viene, inoltre, evidenziata l'importanza di identificare le cosiddette “lesioni precursore” ovvero quei precursori morfologici quali iperplasia e displasia neuroendocrina, molto rilevanti ai fini di 25 ra più cruciale dopo che la stratificazione delle categorie neoplastiche inquadrate alla luce del Grading ha messo in evidenza una fascia di neoplasie catalogate come G3, con Ki 67 index score inferiore al 55%, dal comportamento biologico peculiare e decisamente meno aggressivo rispetto a quello di neoplasie G3 con un ki 67 index score superiore a questa quota. Tale gruppo di NEN potrebbe infatti rappresentare una sorta di “zona grigia” da definire in maniera più adeguata anche e soprattutto per le ripercussioni da un punto di vista clinico in relazione alla differente sensibilità al trattamento chemioterapico. Per quanto concerne le caratteristiche molecolari delle neoplasie neuroendocrine, sebbene la mole di studi che le riguarda sia davvero imponente, esse rappresentano ancora un “territorio” tutto da esplorare. A parte il test genetico per l’individuazione delle mutazioni del gene RET, in grado di scoprire soggetti a rischio di sviluppare un carcinoma midollare della tiroide, non esistono allo stato attuale test molecolari di valore clinico nell’ambito delle NEN. Una maggiore comprensione dei meccanismi molecolari implicati nella genesi e nello sviluppo di tali neoplasie potrà fornire un ulteriore importante supporto al loro inquadramento e, di conseguenza, al loro trattamento ottimale. Bibliografia 1. Rindi et al., Gruppo Italiano Patologi Apparato Digerente (GIPAD); Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica/International Academy of Pathology, Italian division (SIAPEC/IAP), “Gastroenteropancreatic (neuro)endocrine neoplasms: the histology report.” Dig Liver Dis. 2011 Mar;43 Suppl 4:S356-60. IMAGING RADIOLOGICO MORFOLOGICO A cura di: Elisabetta de Lutio di Castelguidone, Roberto Carbone, Vincenza Granata, Maria Luisa Barretta - Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli Nell’ambito delle patologie neuroendocrine, l’imaging gioca un ruolo fondamentale nell’identificazione della lesione e della sua sede, così come nella caratterizzazione e nell’identificazione di metastasi a distanza. Tuttavia rimane controversa la scelta della modalità più appropriata che consenta non solo una adeguata stratificazione dei pazienti, indirizzando al corretto trattamento, ma nel contempo permetta anche di monitorare gli 26 effetti del trattamento stesso (1). Gli strumenti a disposizione del radiologo sono molteplici e, spesso, si integrano gli uni con gli altri: l�ecografia (US), che può essere eseguita anche con mdc ev (CEUS), la tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RMN). Come avviene per altre patologie oncologiche, anche per le neoplasie neuroendocrine l’ecografia tradizionale ha un ruolo limitato nella identificazione/caratterizzazione della lesione primitiva, con una bassa sensibilità (circa il 44%), che può arrivare all�83% con l�ausilio del contrasto per via endovenosa. Il campo di applicazione più interessante per la CEUS è il monitoraggio del trattamento delle metastasi epatiche. Infatti, è nell’ambito delle NENs che l’indagine ecografica consente di valutare alterazioni del microcircolo e quindi di identificare modificazioni a livello strutturale, peraltro molto precoci, prima ancora che si evidenzino le alterazioni dimensionali, legate agli effetti citotossici delle terapie, in genere, comunque, tardive (2). La TAC multistrato è lo strumento diagnostico principale nella identificazione e stadiazione dei GEP-NET. Ciò è principalmente legato ad una serie di caratteristiche di questa procedura diagnostica, che sono soprattutto la disponibilità sul territorio e l’evoluzione tecnologica con l’acquisizione di ampi volumi a strati sottili ed in tempi rapidi, con l’utilizzo di algoritmi di ricostruzione che consentono una notevole riduzione della dose radiante e con l’evoluzione delle tecniche di postprocessing. La RM integra e completa la TAC e, ad oggi, è utilizzata come ‘problem solving’, soprattutto per lesioni di natura neuroendocrina di piccole dimensioni e lesioni di pertinenza pancreatica. La RM è una tecnica multiparametrica, consentendo in un unico momento di esame, l’acquisizione sia di dati morfologici che funzionali. Infatti, le sequenze basali, T2-W e T1-W con e senza soppressione del grasso, dotate di una elevata risoluzione di contrasto intrinseca, permettono, anche in assenza del mdc ev, l’identificazione della lesione e spesso la caratterizzazione. L’integrazione con sequenze funzionali, come la spettroscopia, la diffusione e le sequenze post contrasto, dinamiche e non, consente la corretta caratterizzazione e stadiazione della lesione. La possibilità, inoltre, di acquisire i dati in dinamica, dopo mdc ev, con la DCE-MRI, e le rielaborazioni semiquantitative e quantitative nonché semplicemente ispettive, valutando le curve di Intensità/Tempo, rappresenta uno strumento straordinario soprattutto nel mo- GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 Figura 2 oncology update nitorare la risposta al trattamento. Recenti lavori riportano sensibilità analoghe tra TAC e RM (69%–94% per la TC vs. 74%-94% per la RM). La RM è superiore alla TAC con mezzo di contrasto nello studio di lesioni di piccole dimensioni e nella definizione delle NEN pancreatiche (3-5). Alla TAC, i NET funzionanti si presentano generalmente come lesioni nodulari ipervascolari di piccole dimensioni (1-2 cm), mentre quelle non funzionanti sono di solito più grandi (circa 4 cm) e appaiono come masse ben definite, capsulate e con eterogeneo enhancement dopo somministrazione di mezzo di contrasto (m.d.c.); talvolta appaiono completamente cistiche (6). Affinché la performance diagnostica nella identificazione della lesione sia elevata è indispensabile, qualunque sia la tecnica utilizzata, eseguire una metodica corretta indirizzata dalla sospetta localizzazione del GEP-NET: - a livello gastrico, è richiesta una distensione del viscere, l’idro-TAC o idro-RM, ovvero la distensione dello stomaco con polveri effervescenti ed acqua e successiva somministrazione di mezzo di contrasto endovena. Tale metodica “esalta” l’enhancement parietale, consentendo la visualizzazione anche delle lesioni più piccole, siano esse intraparietali o aggettanti endolume; - a livello del tenue, le metodica dovrà essere di entero – TAC (Figura 2) e/o – RM, che prevede la distensione delle anse intestinali, con l’ausilio o meno di un sondino naso-digiunale, con m.d.c. negativi o neutri in TAC e bifasici in RM, costituiti da soluzioni non assorbibili iso-osmolari come il polietilenglicole (PEG) o da soluzioni iperosmolari (mannitolo, sorbitolo). Le metodiche enterografiche consentono non solo di identificare NET “multipli”, ma anche di cogliere segni patognomonici, come il ‘segno dell’indice’, e la reazione desmoplasica mesenterica (aspetto “a raggi di sole”) (Figura 3). TAC e RM hanno simile accuratezza diagnostica. Diversi lavori in cui è stato valutato il ruolo dell’enterografia-TAC e dell’enteroclisiRM nelle neoplasie del piccolo intestino (inclusi i NET) hanno dimostrato elevata sensibilità (100% e 86%-84%, rispettivamente) e specificità (96.2% e 95%-98%, rispettivamente) nell’individuazione della neoplasia. Rispetto alla TAC, la RM offre un contrasto intrinseco superiore e, grazie all’assenza di radiazioni ionizzanti, può essere utilizzata nello studio di pazienti giovani a rischio per lo sviluppo di NEN. Tuttavia la RM richiede tempi più lunghi ed è più suscettibile di artefatti da movimento. - a livello del colon è consigliabile la Colonscopia Virtuale o colongrafia TC (CTC), tecnica di imaging non invasiva, accurata e ben tollerata dai pazienti. Data la sua alta sensibilità, incrementata dall’eventuale utilizzo del m.d.c. ev., la CTC può essere considerata l’esame di scelta in caso di Colonscopia Ottica (CO) incompleta, ed è una valida alternativa a quest’ultima nello studio dei pazienti anziani ed in coloro che rifiutano di sottoporsi a CO. Figura 3 GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 27 Lo studio TAC è particolarmente importante nel follow-up in corso di terapia per la valutazione della risposta al trattamento, sia per la lesione primitiva che per le metastasi. Con il crescente sviluppo ed interesse per le” terapie target”, che determinano alterazioni a livello strutturale e perfusive, appaiono ben evidenti i limiti dei criteri Recist 1.1 he considerano le sole modificazioni dimensionali delle lesioni target. Nella valutazione del trattamento dei GIST sono stati introdotti criteri densitometrici che per alcuni aspetti possono essere estesi anche nell’ambito delle patologie neuroendocrine. Infatti, il meccanismo d’azione delle terapie target fa sì che le alterazioni perfusive e citotossiche determinano un’alterazione di tipo necrotico-colliquativo che in TAC si traduce in una riduzione della densità delle lesioni stesse. In questi casi, sebbene le dimensioni delle lesioni possano apparire stabili o incrementate, si parla di risposta “paradossa”, ossia di risposta al trattamento e quindi di buona controllo della malattia da parte del farmaco. L’insorgenza di resistenza al trattamento farmacologico e/o di ripresa di malattia può manifestarsi con la comparsa nel contesto di un nodulo ipodenso ‘quiescente’ di un’area nodulare iperdensa (‘nodulo nel nodulo’) (Figura 4). Anche per i GEP-NET come per altri tipi di neoplasie, la RM affianca la TAC nel follow-up in corso di terapia. Sebbene già le sole sequenze morfologiche, ed in particolar modo le T2-W, possano evidenziare una degenerazione cistica della lesione (equivalenza della ridotta densità in TAC), tali modificazioni, espressione dell’efficacia del trattamento, sono comunque manifestazioni di variazioni macroscopiche della lesione stessa, Figura 4 Figura 5 relativamente tardive. Contrariamente, le sequenze di DCE-MRI e DWI valutano le alterazioni strutturali microscopiche prima ancora, quindi, che esse si traducono in modificazioni macroscopiche; dunque, in definitiva, la RM potrebbe precocemente indirizzare verso una terapia alternativa qualora il paziente manifesti resistenza al farmaco (Figura 5). La DCE-MRI valuta anche la perfusione della lesione: la rielaborazione dei dati in termini semiquantitativi e quantitativi rende la metodica riproducibile sia intra-paziente che inter-pazienti ed inoltre l’identificazione di dati numerici di ‘cut-off’ può differenziare i pazienti in ‘responder’ ed in ‘non-responder’. Dalla DWI è possibile, inoltre con un modello biesponenziale estrapolare dei parametri quantitativi di perfusione (fp e D*) e di diffusione (dt), meglio correlabili con gli studi funzionali metabolici. Bibliografia 1. Heller MT, Shah AB Imaginig of neuroendocrine tumors. Radiol Clin North Am 2011; 49(3):529-48. 2. Fan Z, Li Y, Yan K, et al. Application of contrastenhanced ultrasound in the diagnosis of solid pancreatic lesions-A comparison of conventional ultrasound and contrast-enhanced CT. Eur J Radiol. 2013. 3. Rappeport ED, Hansen CP, Kjaer A et al. Multidetector computed tomography and neuroendocrine pancreaticoduodenal tumors. Acta Radiol. 2006;47(3):248-56. 28 GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 5.Lawrence B, Gustafsson BI, Chan A et al. The epidemiology of gastroenteropancreatic neuroendocrine tumors. Endocrinol Metab Clin North Am. 2011;40(1):1-18. 6. Wang SC, Parekh JR, Zuraek MB, et al. Identification of unknown primary tumors in patients with neuroendocrine liver metastases. Arch Surg. 2010;145(3):276-80. I TRATTAMENTI RADIOMETABOLICI PER LA MALATTIA METASTATICA: UNA REALE ALTERNATIVA? A cura di Secondo Lastoria e Luigi Aloj IRCCS Fondazione Pascale Napoli La medicina nucleare ha impiegato gli analoghi della somatostatina, radiomarcati sia nell’ambito diagnostico sia nell’ambito terapeutico dei tumori neuroendocrini. Il capostipite di questi composti è stato l’octreotide, utilizzato sin dagli anni �80, coniugato poi con il DTPA per formare il DTPA - octreotide, utilizzato, marcato con l’Indio-111 [111In-DTPA-octreotide] con il nome commerciale di octreoscan per l’imaging. Successivamente sono stati sviluppati dei derivati, con piccole modifiche, come la [Tyr3] il Tyr - octreotide, che è quello che viene definito “TOC”, che coniugato con il “DOTA” ha dato il “DOTA - TOC”, utilizzato sia nell’imaging PET, marcato con Gallio-68 [68Ga-DOTATOC] nella PET a partire dai primi anni 2000, sia con l’Ittrio -90 e poi con il Lutezio-177 per la terapia radiorecettoriale [90Y/177Lu-DOTATOC]. Più recentemente, con una piccola modifica sulla porzione carbossilica terminale del peptide, si è ottenuto il Tyr-ocretotate, che coniugato con il DOTA ha reso disponibile il DOTATATE, utilizzato anch’esso sia in diagnostica sia come terapia recettoriale (Peptide Receptor Radionuclide Therapy - PRRT). La disponibilità di tali radioligandi ed i risultati ottenuti hanno fatto si che il ruolo della medicina nucleare divenisse sempre più importante nell’ambito della gestione multidisciplinare del paziente con tumore neuroendocrino. Infatti, l’imaging e la terapia usando lo stesso ligando rappresentano un esempio di medicina personalizzata e di teranostica come pochissimi altri in oncologia (Figura 6) Nella figura 6 viene riportato il caso di un paziente con un grosso tumore neuroendocrino della coda del pancreas, inoperabile per interessamento dei grossi vasi adiacenti, che viene dapprima studiato grazie al test diagnostico con 68Ga-DOTATATE, e poi trattato con tre cicli di radiometabolica con 90Y-DOTATATE dimostrando a fine trattamento sempre con PET un notevole tumor shrinkage. Nel corso degli anni sono stati effettuati tanti studi, che purtroppo non essendo né numericamente significativi né randomizzati, non hanno consentito di chiarire dove collocare la terapia radiometabolica nell’algoritmo terapeutico di tali pazienti (1). I vari tipi di PRRT effettuati sia con alte dosi di 111In-octreoscan, sia successivamente con 90Y– DOTATOC e/o con 177Lu–DOTATATE, hanno prodotto un range di risposte parziali e complete nell’ordine del 20 – 30% (2). Quindi quesiti del tipo: quando e come utilizzare la PRRT, o definire quali siano i vantaggi ed i limiti, rappresenta un punto cardine per poter considerare compiutamente tale trattamento. I vantaggi sono sicuramente legati: -all’utilizzo teranostico di questi radiofarmaci, che agiscono su un target noto; - all’efficacia dimostrabile (è possibile utilizzare lo stesso test utilizzato in diagnostica per valutare le risposte, ovvero quanto questo trattamento sia stato efficace nel controllo della malattia); oncology update 4. Thoeni RF, Mueller-Lisse UG, Chan R et al. Detection of small, functional islet cell tumors in the pancreas: selection of MR imaging sequences for optimal sensitivity. Radiology. 2000;214(2):483-90. Figura 6 Paziente con un grosso tumore neuroendocrino della coda del pancreas, inoperabile per interesamento dei grossi vasi adiacenti, che viene dapprima studiato ed evidenziato grazie al test diagnostico con 68Ga-DOTATATE, e poi trattato con tre cicli di radiometabolica con 90YDOTATATE (Nov 08 3.1 GBq, Dec 08 3.2 GBq, Feb 09 2.8 GBq), e poi a fine trattamento rivalutata sempre con PET con 68Ga-DOTATATE, che evidenzia un notevole tumor shrinkage. GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 29 - agli outcome migliorati, compresa una migliore qualità di vita, nei pazienti che rispondono. I limiti della terapia radiorecettoriale sono legati, come si è detto, all’assenza di grossi trial randomizzati, alla potenziale tossicità midollare e renale, ed all’assenza di marker molecolari che possano consentire di predire l’efficacia e la tossicità. È stato riconosciuto un potenziale ruolo della PRRT sia nelle linee guida dell’ENETs che dell’European Society of Medical Oncology (ESMO), dove è posta tra i trattamenti validi per i tumori neuroendocrini, ed in particolare in quelle situazioni cliniche in cui non c’è possibilità di trattamento locale, ed è suggerita nelle neoplasie neuroendocrine G1 e G2. Il NETTER - 1 è il primo studio randomizzato di fase 3, in cui sono stati arruolati 230 pazienti metastatici, inoperabili, affetti da NET del midgut G1 - G2, in progressione dopo trattamento con Octreotide LAR, e con malattia misurabile secondo i criteri RECIST, e randomizzati 1:1 a ricevere un trattamento con Lutathera (4 somministrazioni di 200 mCi di 177Lu-DOTATATE, intervallate da 8 settimane), comparato con analoghi della somatostatina LAR. Il reclutamento è stato completato nel febbraio 2015. Un�analisi intermedia del settembre 2015 ha mostrato che 23 pazienti nel gruppo di studio sono andati in progressione, rispetto a 67 pazienti del gruppo di controllo. La PFS mediana non è stata raggiunta nel gruppo di studio, mentre nel braccio di controllo è risultata di 8.4 mesi (p < 0.001). I risultati di questo trial, confermando ciò che era noto nelle esperienze effettuate un po� dovunque ma non incardinate in trial clinici, indicano chiaramente che la PRRT con 177Lu-DOTATATE migliora significativamente il tasso di sopravvivenza libera da progressione nei pazienti affetti da tumori neuroendocrini dell’intestino medio anche se sull�overall survival è ancora presto per poter dare delle risposte certe. Questo primo trial concluso rappresenta una conferma per l’utilizzo in clinica, e non solo in protocolli di studio, della PRRT con la registrazione del DOTATATE almeno per le neoplasie neuroendocrine del piccolo intestino. In alcuni lavori (3 -4) è stato dimostrato come peptidi antagonisti recettoriali della somatostatina, ossia peptidi che sono in grado di riconoscere il recettore senza indurne l�attivazione, sono in grado di riconoscere un numero superiore di recettori sulle membrane cellulari dei tumori neuroendocrini rispetto agli analoghi della somatostatina. Nella pratica clinica questo effetto si tradurrebbe in un migliore imaging ed in termini 30 di efficacia terapeutica in una dose maggiore di radiazioni alla lesione. Tra i radionuclidi utilizzabili per la PET appare estremamente interessante il Rame-64 (64Cu), per le caratteristiche di decadimento e perché ha nel 67Cu un radionuclide similare da poter utilizzare in PRRT (5). La PRRT rappresenta una valida opzione terapeutica nei tumori neuroendocrini, soprattutto in quelle situazioni in cui c�è malattia non più suscettibile di trattamento locale, ma chiaramente va a competere con farmaci (everolimus, sunitinib) che hanno le stesse indicazioni. In generale, è possibile affermare che c�è stato uno scarso interesse industriale per lo sviluppo di questo trattamento ed inoltre non bisogna sottovalutare che esistono pochi centri in cui può essere praticata, e questo probabilmente ne ha limitato e ne limita molto lo sviluppo. Bibliografia 1. Kwekkeboom Dik J., Mueller-Brand Jan, MD2; Paganelli G., et al, “Overview of Results of Peptide Receptor Radionuclide Therapy with 3 Radiolabeled Somatostatin Analogs”, J Nucl Med 2005; 46:62S– 66S. 2. Kwekkeboom Dik J., de Herder WW, Kam B. et al, “Treatment with the radiolabeled somatostatin analog [177 Lu-DOTA 0,Tyr3]octreotate: toxicity, efficacy, and survival.”, J Clin Oncol 2008; 26:2124-2130. 3. Ginj M., Zhang H, Waser B. et al, “Radiolabeled somatostatin receptor antagonists are preferable to agonists for in vivo peptide receptor targeting of tumors.”, Proc Natl Acad Sci U S A. 2006 Oct 31;103(44):16436-41.) 4. Wild D., Fani M., Fischer R. et al, “Comparison of somatostatin receptor agonist and antagonist for peptide receptor radionuclide therapy: a pilot study.”, J Nucl Med. 2014 Aug;55(8):1248-52. 5. Pfeifer A., Knigge U., Mortensen J. et al, “Clinical PET of neuroendocrine tumors using 64Cu-DOTATATE: first-in-humans study.”, J Nucl Med. 2012 Aug;53(8):1207-15 TERAPIA MEDICA E GESTIONE DELLA MALATTIA AVANZATA A cura di Salvatore Tafuto e Chiara De Divitiis, IRCCS Fondazione Pascale Napoli Fino a pochi anni fa, il trattamento medico dei tumori neuroendocrini in fase avanzata era abbastanza povero di risorse. Attualmente, grazie a numerosi studi di fase III, che hanno portato alla registrazione di nuovi farmaci che si sono GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 così a modificare le indicazioni delle linee guida, estendendole anche ai pazienti affetti da NET non funzionante. Più recentemente, lo studio CLARINET, studio prospettico, randomizzato, di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo, in cui sono stati inclusi non soltanto pazienti con NET del midgut, ma anche pazienti con NET intestinali non midgut e pancreatici avanzati, stratificati per progressione al basale vs non progressione al basale, con un Ki 67 inferiore al 10%, ha confrontato Lanreotide autogel 120 mg ogni 4 settimane versus placebo in una popolazione di 204 pazienti. 101 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Lanreotide e 103 placebo. Questo studio ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo a favore della Lanreotide in termini di PFS mediana (18 mesi nel braccio con placebo e non raggiunta nel braccio con l’analogo, p < 0.001, HR = 0.47, 95% CI, 0.30, 0.73). L’overall survival non ha mostrato significative differenze fra i due bracci di trattamento. Oggi possiamo dire che, anche grazie a tali studi, che sicuramente presentano delle criticità e dei limiti, abbiamo assistito ad un viraggio in termini di percezione dei due farmaci, che da farmaci di pura palliazione e di cura del sintomo vanno intesi ora come farmaci ad attività antiproliferativa ed in grado di impattare positivamente sulla PFS dei pazienti affetti da NET. Per quanto riguarda le novità riguardanti il trattamento della sindrome da carcinoide ricordiamo che essa è una sindrome paraneoplastica indotta dal rilascio di amine vasoattive (serotonina, istamina ecc.), responsabili delle manifestazioni cliniche che caratterizzano la stessa sindrome (flushing, manifestazioni cutanee, dolori crampiformi intestinali con diarrea, dispnea e tachicardia). Per il trattamento di questa sindrome disponiamo degli SSA, dell’interferone 2alfa b, tutt’oggi ancora utilizzato in alternativa agli analoghi, nei pazienti con sintomatologia resistente. In passato si utilizzavano farmaci inibitori della sintesi della serotonina come la clorofenilalanina, la metasergide, inibitori non selettivi, ma sistemici, con conseguenti effetti collaterali notevoli come sindromi depressive, depressione acuta ecc. Il telotristat, è un inibitore selettivo della triptofano idrossilasi. Essendo selettivo non attraversa la barriera ematoencefalica e quindi non è gravato da tutti quegli effetti collaterali legati ai su citati farmaci più obsoleti. Lo studio TELESTAR, studio di fase III, presentato recentemente all�European Society of Mediacal Oncology (ESMO) è uno studio randomizzato e GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 oncology update dimostrati efficaci per il trattamento dei tumori neuroendocrini, tale panorama si è notevolmente ampliato. Quando parliamo di “terapia medica” dei tumori neuroendocrini in fase avanzata ci riferiamo a possibilità terapeutiche che si estrinsecano nei seguenti ambiti: - Bioterapia - Terapia della sindrome da carcinoide - Target therapy - Chemioterapia Per quanto riguarda la bioterapia si riferisce alla terapia medica con gli analoghi della somatostatina ed all’uso dell’interferone alfa 2b. Gli analoghi della somatostatina (SSA) sono analoghi della somatostatina nativa. Più dell�80% dei GEP NET esprime sulla superficie della propria membrana cellulare i recettori sstr, in particolare le forme a basso grado. Come sappiamo, gli SSA rappresentano non soltanto la terapia elettiva della sindrome da carcinoide, ma vengono utilizzati anche nei GEP NET non funzionanti. Dati preclinici indicano che gli SSA hanno, oltre ad un effetto palliativo agendo sulla sintomatologia della malattia, anche un effetto antiproliferativo. Quest�ultimo si esprime in maniera diretta, attraverso il coinvolgimento dei recettori specifici di superficie, ed in maniera indiretta, indipendente dal recettore che può estrinsecarsi in vario modo (inibizione di alcuni fattori di crescita come IGF1 ed EGF, effetto di inibizione dell�angiogenesi, effetto sul sistema immunitario). Gli SSA approvati ed utilizzati nel nostro paese sono l’ocreotide e la lanreotide. Essi sono in grado di produrre un miglioramento della sintomatologia clinica in oltre il 60% dei casi, una stabilizzazione della crescita tumorale nel 30 – 50% dei casi. L�attività antiproliferativa degli SSA è stata valutata di recente con due studi clinici di pari importanza, lo studio PROMID (1) e lo studio CLARINET (2). Entrambi sono studi prospettici randomizzati che hanno dimostrato in vivo l�attività antiproliferativa di queste molecole. Lo studio PROMID è il primo studio prospettico, randomizzato, in doppio cieco, di fase III, che ha confrontato l�utilizzo di Octreotide LAR 30 mg ogni 4 settimane versus placebo in pazienti affetti da NET del midgut (ovvero NET del piccolo intestino e colon prossimale), non pretrattati e che ha effettivamente dimostrato la superiorità dell�analogo rispetto al placebo nel trattamento dei GEP NET. In questo studio l’octreotide ha più che raddoppiato il tempo alla progressione (da 6.0 a 14.3 mesi) rispetto al placebo, riuscendo 31 in doppio cieco, al quale hanno preso parte 135 pazienti con sindrome da carcinoide non adeguatamente controllata con analoghi della somatostatina (SSA), i quali hanno continuato la terapia in atto con un SSA e sono stati assegnati al trattamento con telotristat etiprato (250 mg o 500 mg per via orale, tre volte al giorno) oppure un placebo per un periodo di 12 settimane. L’endpoint primario dello studio era la riduzione rispetto al basale del numero medio giornaliero di episodi di diarrea. L�obiettivo è stato centrato. Infatti, in confronto ai controlli, i pazienti trattati con telotristat etiprato, in aggiunta alla terapia standard, hanno ottenuto, con una buona tollerabilità del farmaco, una riduzione rispetto al basale statisticamente significativa del numero medio di episodi di diarrea nelle 12 settimane dello studio (P < 0,001). Per quanto riguarda l�approccio terapeutico alle GEP NET, esso è stato certamente rivoluzionato dall’impiego di farmaci a bersaglio molecolare quali everolimus, inibitore di m – TOR e sunitinib, inibitore dell’angiogenesi, in particolare un inibitore multitarget della tirosin-chinasi che agisce sul recettore del VEGF (vascular endothelial growth factordelle tirosin kinasi). Everolimus è un inibitore selettivo di mTOR (mammalian target of rapamycin), una serin-treonin chinasi chiave la cui attività è nota per essere coinvolta in diversi tumori nell’uomo, ed è un potente inibitore della crescita e della proliferazione delle cellule tumorali, delle cellule endoteliali, dei fibroblasti e delle cellule muscolari lisce associate ai vasi sanguigni. Everolimus è indicato per il trattamento di tumori neuroendocrini di origine pancreatica, bene o moderatamente differenziati, non operabili o metastatici, in progressione di malattia, al dosaggio di 10 mg die. Lo studio RADIANT-3 (3), di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, ha confrontato l�utilizzo di Everolimus più la migliore terapia di suppor- to (best supportive care, BSC) verso placebo più BSC in pazienti con pNET in stadio avanzato (Tabella 1); tale studio ha dimostrato un beneficio clinico statisticamente significativo derivante dall’utilizzo di Everolimus rispetto a placebo con un prolungamento di 2,4 volte della sopravvivenza libera da progressione (progression free survival, PFS) mediana (11,04 mesi verso 4,6 mesi), (HR 0,35; 95% IC: 0,27, 0,45; p<0,0001). Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio RADIANT 4 (4), (RAD001 In Advanced Neuroendocrine Tumors), studio prospettico multicentrico di Fase III, in doppio cieco, randomizzato che ha esaminato l�efficacia e la sicurezza di everolimus più la migliore terapia di supporto (BSC, best supportive care) rispetto al placebo più BSC in 302 pazienti con NET di origine gastrointestinale o polmonare in progressione, ben differenziati, non funzionanti e in fase avanzata. Tutti i pazienti hanno ricevuto la BSC durante il trattamento, la quale escludeva agenti antitumorali come gli analoghi della somatostatina (SSA, somatostatin analogue). Everolimus ha dimostrato un�efficacia simile, indipendentemente dal fatto che il paziente avesse ricevuto una precedente terapia con SSA o meno. I pazienti sono stati randomizzati 2:1 a ricevere quotidianamente per via orale everolimus 10 mg o placebo. Per quanto riguarda la PFS, i pazienti trattati con everolimus hanno mostrato una prolungata sopravvivenza libera da progressione mediana, rispetto a quelli trattati con il placebo (11,0 vs 3,9 mesi, HR 0.48; 95% CI 0,35-0,67; p <0,00001). Questo beneficio in PFS è stato coerente in tutti i sottogruppo analizzati. Anche Sunitinib (5), farmaco biologico che in paricolare inibisce le tirosin kinasi dei recettori del fattore di crescita di derivazione piastrinica (PDGFRa e PDGFRß), dei recettori del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGFR1, VEGFR2 e Tabella 1 - Risultati di efficacia dello studio RADIANT 3 32 GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 vato imidazotetrazine della dacarbazina, un agente alchilante, che presenta una buona distribuzione del sistema nervoso centrale. TMZ è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il glioblastoma multiforme, in combinazione con la radioterapia e poi come terapia di mantenimento. L’attività di TMZ in pazienti con tumori neuroendocrini metastatici è stata valutata in diversi studi (7 -9) che hanno mostrato un’attività interessante dal punto di vista ORR, che vanno dal 25% al 70%. TMZ ha mostrato una buona attività nei pazienti con NET sia in monoterapia sia in associazione con altri farmaci anti-cancro come capecitabina, bevacizumab o talidomide. Il primo studio randomizzato di Fase III che prevedeva l�utilizzo di chemioterapia nei tumori neuroendocrini pancreatici (pNETs) è stato eseguita da Moertel nel 1980. 84 pazienti con pNETs sono stati randomizzati a ricevere la combinazione di streptozocina (STZ) e 5-fluorouracile (5-FU) o STZ come singolo agente. Il braccio di combinazione ha dimostrato risultati superiori a quelli del braccio trattato con la monoterapia in termini di tasso di risposta globale (ORR) (63% vs 36%, rispettivamente) e di sopravvivenza globale mediana (MOS) (26 vs 16,5 mesi), anche se la differenza di OS non era statisticamente significativa. Allo scopo di chiarire la collocazione più opportuna nella pianificazione terapeutica dell�utilizzo della Streptozotocina associata al 5 Fluoruracile nel trattamento dei pNET in fase avanzata è in corso uno studio internazionale multicentrico randomizzato di fase III (lo studio SEQTOR), che è attualmente attivo presso il nostro Istituto, e che confronta l�efficacia e la sicurezza di everolimus seguito da chemioterapia con Streptozotocina e 5 Fluoruracile fino a progressione con la sequenza inversa. Nel panorama della terapia anti-tumorali, di recente l’immunoterapia ha trovato un nuovo campo di applicazione. Gli anticorpi rivolti contro i checkpoint PD-1 / PD-L1 hanno dimostrato regressioni tumorali dinamiche e durevoli, suggerendo un riequilibrio delle interazioni ospite-tumore. Pembrolizumab ha mostrato una promettente attività antitumorale anche nel trattamento del carcinoma a cellule di Merkel (MCC), che è un carcinoma neuroendocrino aggressivo della pelle (che può essere distinto da altri tumori maligni per la sua espressione di citocheratina 20) (10 - 14). Questi risultati preliminari lasciano ipotizzare uno ipotetico e futuro ruolo dell’immunoterapia anche nel trattamento dei restanti tumori neuroendocrini. GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 oncology update VEGFR3), del recettore del fattore della cellula staminale (KIT), è indicato per il trattamento di tumori neuroendocrini pancreatici (pNET) ben differenziati, non operabili o metastatici, in progressione di malattia. Uno studio di fase II multicentrico, in aperto ha valutato l�efficacia e la sicurezza di sunitinib in monoterapia a dosaggi giornalieri di 50 mg con uno schema 4/2 [4 settimane di trattamento, 2 settimane di sospensione] in pazienti con pNET non operabile. È stato condotto uno studio pivotal di fase 3, multicentrico, internazionale, randomizzato, in doppio cieco controllato con placebo di sunitinib in monoterapia in pazienti con pNET non operabile. I pazienti, che dovevano avere avuto progressione di malattia documentata, basata sul RECIST, nei 12 mesi precedenti, sono stati randomizzati (1:1) a ricevere 37,5 mg di sunitinib una volta al giorno senza un periodo programmato di sospensione (n = 86) o placebo (n = 85). L�obiettivo primario era la valutazione della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti che assumevano sunitinib rispetto a quelli che ricevevano placebo. La PFS mediana è stata di 11,4 mesi nel braccio sunitinib rispetto a 5,5 mesi nel braccio trattato con placebo [hazard ratio: 0,418 (IC 95% 0,263, 0,662), valore-p =0,0001]. La chemioterapia è stata per anni, l’unica opzione terapeutica per il trattamento dei pNET metastatici, con risultati molto contraddittori. Considerando che i carcinomi neuroendocrini (NEC) hanno origine embriologica comune e morfologia simile al carcinoma polmonare a piccole cellule e al carcinoma a cellule di Merkel, la doppietta a base di cisplatino ed etoposide è di solito lo schema di trattamento preferito per il trattamento dei tumori neuroendocrini scarsamente differenziati. Anche se tale schema di trattamento a base di platino ha storicamente mostrato risultati interessanti in termini di tasso di risposta sulle forme indifferenziate (6), l’impatto sulla sopravvivenza globale risulta minimo, per cui questi risultati rimangono controversi e la questione su quale sia il miglior schema di trattamento da utilizzare per queste forme risulta ancora dibattuta. Pertanto, lo schema a base di cis-platino più etoposide rimane uno standard virtuale. L’uso tradizionale di questo schema deriva da vecchi studi, con piccole evidenze statistiche a causa del piccolo numero di pazienti arruolati nei trials clinici. Inoltre altri farmaci, come gemcitabina, oxaliplatino, streptozotocina o temozolamide possono essere valutati nel trattamento di NEC. La Temozolomide (TMZ), ad esempio, è un deri- 33 Bibliografia 1. 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Ekeblad S, Sundin A, Janson ET et al., Welin S, “Temozolomide as monotherapy is effective in treatment of advanced malignant neuroendocrine tumors”. Clin Cancer Res 2007;15:2986–91. 9. Kulke M, Blaszkowsky LS, Zhu AX et al., “Phase I/ II study of everolimus (RAD001) in combination with temozolomide (TMZ) in patients (pts) with advanced pancreatic neuroendocrine tumors (NET)”, 2010 ASCO Gastrointestinal Cancers Symposium. Abstract No. 223. 10.Strosberg JR, Fine RL, Choi J et al., “First-line chemotherapy with capecitabine and temozolomide in patients with metastatic pancreatic endocrine carcinomas”. Cancer 2011; 117(2):268-75 34 11.Fjallskog ML, Janson ET, Falkmer UG et al., “Treatment with combined streptozotocin and liposomal doxorubicin in metastatic endocrine pancreatic tumors”. Neuroendocrinology 2008; 88:53-8. 12.Moertel CG, Lefkopoulo M, Lipsitz S et al., “Streptozocin-doxorubicin, streptozocin-fluorouracil or chlorozotocin in the treatment of advanced islet-cell carcinoma”. 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Pertanto, per un corretto management del paziente risulta fondamentale la stratificazione dei pazienti, identificando quel gruppo con lesioni ripetitive epatiche ab inizio e controllando nel corso della loro vita quelli che, data l�aggressività della malattia, hanno una elevata possibilità di sviluppare metastasi. L�approccio multidisciplinare è fondamentale per identificare non solo il trattamento più opportuno delle lesioni ripetitive epatiche, ma anche quando e come intervenire. Bisogna ricordare che l�obiettivo sia della chirurgia classica, sia delle tecniche ablative, rimane la radicalizzazione della malattia. Obiettivo non sempre perseguibile in un sol tempo soprattutto laddove ci si trovi di fonte a quadri di impegno metastatico plurimo, in un organo, la cui riserva funzionale è spesso insufficiente, per i regimi chemioterapici continui. Tuttavia l�affinamento delle tecniche chirurgiche ed i progressi tecnologici hanno consentito di superare quelli che erano i limiti della chirurgia legati al numero e alle dimensioni delle lesioni ed GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 la rigenerazione del fegato residuo (6), potendo essere una seconda opzione dopo fallimento della PVE (6). L’attuale metodo di ALLPS produce un guadagno volumetrico di circa 77-192%, di gran lunga superiore a quello ottenibile con le tecniche tradizionali (PVE o PVP) (6). Se mancano controindicazioni, la terapia di scelta è la resezione epatica, con margini negativi (R0), sebbene più spesso sono necessarie resezioni epatiche che impegnano estesi volumi parenchimali, come emiepatectomia o resezioni che coinvolgono più di 5 segmenti (oltre il 70%). Tuttavia questi approcci possono essere più rischiosi poiché è stato dimostrato che la resezione epatica estesa è un fattore di rischio indipendente per gravi complicanze postoperatorie (OR, 6,2; 95% CI, 2.11- 19,62) (7,8). Le terapie locoregionali epatiche quali, l’infusione arteriosa epatica (HAI), la embolizzazione epatica TAE, la chemioembolizzazione transarteriosa (TACE o DEB-TACE), la radioembolizzazione con ittrio (Y-90), sono opzioni terapeutiche che aumentato la sopravvivenza dei pazienti non eleggibili alla resezione o come coadiuvanti per il raggiungimento dell’R0. Il trapianto epatico in pazienti con metastasi epatiche da NET è una valida opzione terapeutica, considerando anche il fatto che si tratta di pazienti giovani. Tuttavia, la mancanza di organi, e, quindi, i lunghi tempi di attesa fanno sì che spesso i pazienti affetti da NET, sebbene con un ottimo performance status, non vengano mai messi tra i primi in lista. Il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni è pari al 69%, la mediana di sopravvivenza libera da malattia di circa 48 mesi. Le indicazioni al trapianto epatico nei pazienti affetti da NET sono: - Età inferiore a 55 anni; -Tumore primitivo localizzato nel tratto gastroenterico (drenaggio portale); - Coinvolgimento epatico inferiore al 50%; -La resezione del tumore primitivo deve essere avvenuta da almeno sei mesi; -Deve esserci un buon controllo delle eventuali sindromi paraneoplastiche della malattia con i trattamenti sistemici (analoghi della somatostatina, chemioterapia); - Basso grado di malignità. oncology update all�impegno dei linfonodi (3 lesioni non più grandi di 3 cm e linfonodi negativi all�ilo epatico e margini di almeno 1 cm in tessuto sano). Esistono sicuramente dei quesiti ancora aperti e dibattuti. Il primo punto è l�eleggibilità di un paziente ad un intervento di resezione; vanno pertanto considerate mortalità e morbilità e quindi, se la performance status sia tale da consentirgli di affrontare una chirurgia, considerata, comunque, aggressiva. Altro aspetto fondamentale è la mancanza di una malattia extraepatica che non possa essere radicalizzata in corso di intervento di metastasectomia epatica. Le indicazioni al trattamento sono quindi le seguenti: - Possibilità di radicalizzazione (> o uguale al 90%) - Assenza di malattia extra addominale - Ki 67 inferiore al 20% e, quindi, malattia ben o moderatamente differenziata - Presenza di recettori della somatostatina - Assenza di comorbidità rilevanti Elemento fondamentale nel management preoperatorio del paziente è la quantificazione del volume funzionale epatico residuo, per prevenire l�insorgenza di un�insufficienza epatica postoperatoria. Un inadeguato volume residuo (FLR) è, infatti, una controindicazione assoluta all�intervento (1,2). Lo screening preoperatorio prevede, infatti, test funzionali biochimici e studi volumetrici di imaging: se la FLR risulta essere inferiore al 20% rispetto al volume epatico totale (TLV), le complicazioni sono frequenti anche nei pazienti sani. Quando il FLR è inferiore al 30% del TLV, nei pazienti con patologie moderate, è indicata la Portal Vein Embolization (PVE). La PVE è anche consigliata nei pazienti con FLR inferiore al 40% con cirrosi ben compensate (3). Un parenchima epatico, come risposta alla PVE diviene ipertrofico, ed il grado di ipertrofia rappresenta un importante fattore prognostico: un incremento maggiore del 5% riduce il rischio di complicanze post epatectomia. La PVE, in genere, determina un incremento del 8–20% in 2–6 settimane (4,5). Un�alternativa alla PVE è la legatura chirurgica della vena porta (PVL) (4). Sebbene la PVL non sia una procedura scevra da rischi, è indicata nei pazienti che devono essere sottoposti alla two-stage hepatectomy (5). In particolare, in un primo tempo chirurgico è eseguita la PVL e la resezione parziale, in un secondo tempo, circa nove giorni dopo, la resezione definitiva. La procedura associa alla resezione epatica la PVL è nota come advanced laparoscopic liver and pancreatic surgery (ALPPS) e mira a migliorare ed accelerare Bibliografia 1. Vyas S, Markar S, Partelli S, et al (2014). Portal vein embolization and ligation for extended hepatectomy. Indian Journal of Surgical Oncology;5:30–42. GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 35 2. Pulitano C, Crawford M, Joseph D,et al. (2014). Preoperative assessment of postoperative liver function: the importance of residual liver volume. Journal of Surgical Oncology;110:445–50. 3. Yokoyama Y, Nagino M, Nimura Y (2007). Mechanism of impaired hepatic regeneration in cholestatic liver. Journal of Hepato-Biliary-Pancreatic Surgery;14:159–66. 4. Anaya DA, Blazer DG, Abdalla EK (2008). Strategies for resection using portal vein embolization: hepatocellular carcinoma and hilar cholangiocarcinoma. Seminars in Interventional Radiology; 25:110–22. 5. BroeringDC, HillertC, KrupskiG, et al. (2002). Portalveinembolization vs. portalvein ligation for induction of hypertrophy of the future liver remnant. Journal of Gastrointestinal Surgery;6:905–13. 6. Jaeck D, Oussoultzoglou E, Rosso E, et al.(2004). A two-stage hepatectomy procedure combined with portal vein embolization to achieve curative resection for initially unresectable multiple and bilobar colorectal liver metastases. Annals of Surgery;240:1037–49 7. Schnitzbauer AA, Lang SA, Goessmann H, et al. (2012). Right portal vein ligation combined with in situ splitting induces rapid left lateral liver lobe hypertrophy enabling 2-staged extended right hepatic resection in small-for-size settings. Annals of Surgery;255:405–14. 8. De Santibanes E, Alvarez FA, Ardiles V (2012). How to avoid postoperative liver failure: a novel method. World Journal of Surgery;36:125–8. TRATTAMENTI LOCOREGIONALI DELLE METASTASI EPATICHE DA NET Francesco Fiore e Roberto D’Angelo IRCCS Fondazione Pascale Napoli Il fegato è il principale organo bersaglio dei secondarismi da GEP-NET. Infatti, oltre il 40% di pazienti che muoiono di cancro presentano metastasi epatiche. È noto che la terapia delle metastasi epatiche varia in base al: - Tipo di tumore primitivo; - Numero di metastasi; - Localizzazione all’interno del fegato delle metastasi; - Condizioni generali del paziente. Nella maggior parte dei pazienti affetti da malattia metastatica del fegato, l’insufficienza epatica rappresenta la principale causa di morte. 36 Ad oggi, è universalmente accettato che per le metastasi epatiche da NET la chirurgia rappresenta l�opzione terapeutica di scelta, anche se le cause di non resecabilità delle metastasi legate alle dimensioni ed al numero delle lesioni, all’estensione ad entrambi i lobi, al volume del fegato residuo dopo resezione, alla sede delle localizzazioni, oltre che, naturalmente, alla presenza di comorbidità, ne limitano l’approccio in una buona parte dei pazienti NET metastatici. Nell’ambito dei NET, le terapie locoregionali trovano spazio soprattutto laddove è richiesto un approccio con terapie mini-invasive, e pertanto, il ricorso a tali procedure sta diventando sempre più frequente. In linea generale, si tratta di procedure intese alla rimozione delle metastasi epatiche mediante la loro distruzione, ottenuta con l’inserimento di aghi o sonde nel fegato attraverso la parete addominale, sotto guida ecografica o TC o mediante metodiche intravascolari come la TAE, TACE e la TARE (radioembolizzazione con microsfere di resina legate all’Y90 ). Le procedure di interventistica radiologica in campo oncologico sono prevalentemente rappresentate dalle metodiche percutanee extravascolari, come la termoablazione (’ablazione con radiofrequenza - RFA, con microonde (MW), CRIOABLAZIONE) che si usa prevalentemente per il trattamento di metastasi epatiche fino a tre lesioni e non superiori a cm 3 di diametro e le metodiche intravascolari come l’embolizzazione (trans arterial embolization - TAE, trans arterial chemoembolization – TACE) con cui vengono trattate anche multiple lesioni epatiche su entrambi i lobi. Altrettanto importante è la cosiddetta SIRTEX o SIRT 90 Y, con cui lesioni epatiche multiple non operabili e non responders agli altri trattamenti locoregionali vengono trattate con “microbiglie” radiattive (Y90) definite SIR-Spheres microspheres. Nella maggior parte dei pazienti con metastasi di fegato, approcci minimamente invasivi, quali TAE e TACE sono adottati al posto della chirurgia. La TAE consiste nella infusione selettiva di particelle nell’arteria epatica propria e sue diramazioni (segmentale e subsegmentale) che vascolarizzano le lesioni tumorali. Con la TAE si occludono i piccoli vasi tumorali causando per questo, ischemia e necrosi. La TACE differisce dalla TAE per l’aggiunta di un agente chemioterapico (antracicline come Doxorubicina o Epirubicina) miscelata al Lipiodol (contrasto-mezzo liposolubile con concentrazione alta di Iodio; Lipiodol R), selettivamente nelle arterie afferenti alle lesioni seguita dall’infusione di GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 -Non è controindicata dopo terapia chirurgica, medica o radiometabolica La Radioembolizzazione interstiziale con microsfere di resina legate all’Y90 (SIRT) rappresenta una nuova e promettente terapia delle metastasi epatiche eseguibile anche con una singola procedura. Il razionale del trattamento con le microsfere Y90 (SIRSpheres; SirtexMedical, Sydney,Australia) è legato alla presenza di una elevata microvascolarizzazione arteriosa delle metastasi che consente una elevata concentrazione di microsfere nelle lesioni bersaglio; inoltre l�isotopo radioattivo Y90 ha un�emivita di circa 64 ore ed è un B emittente puro la cui energia si dissipa mediamente in 6 mm di tessuto. Tale caratteristica consente la liberazione di una dose terapeutica nella lesione tumorale per circa 14 giorni, mentre l’esposizione radiante al fegato sano rimane entro livelli tollerabili. oncology update particelle embolizzanti (di diametro 75-150 um). Il trattamento di TAE, prevede l’uso di sole particelle embolizzanti (75-150 um) senza la somministrazione di agenti chemioterapici. Inoltre negli ultimi anni si esegue prevalentemente il trattamento TAELE che consiste nell’uso di embolizzante liquido (miscela di 50% di etanolo con 50% di Lipiodol) seguito poi dall’iniezione di particelle fino al raggiungimento del reflusso nel vaso afferente. L’embolizzazione dell’arteria epatica viene eseguita con tecnica di Seldinger percutanea sotto controllo radiologico. Le indicazioni alla TAE includono la non resecabilità con sintomi riferiti alla massa tumorale, la produzione di ormone eccessiva, e la rapida progressione epatica. È stato dimostrato che la TAE perlomeno riduce i sintomi nelle forme funzionanti e riduce significativamente la vascolarizzazione e le dimensioni delle lesioni tumorali. (1) Il razionale è legato al fatto che le metastasi da tumore neuroendocrino generalmente sono molto vascolarizzate dall�arteria epatica (90%) rispetto al parenchima epatico normale che riceve invece la vascolarizzazione per il 75-80% dalla vena porta. La TAE e la TACE determinano una risposta radiologica nel 50% dei pazienti, con una sopravvivenza (OS) a 5 anni di circa il 60% ed una risposta sintomatica nel 90% dei pazienti.(2) Si fa riferimento ad una esperienza personale del gruppo di Fiore et al. in cui 30 pazienti affetti da GEP NET G1 – G2 con metastasi epatiche sono stati sottoposti a trattamento locoregionale con TAE (17 pazienti trattati con 5 cc di Lipiodol e PVA(75-150 um) o TACE (13 pazienti, trattati con 5 cc di Lipiodol +50 mg Epirubicin+ PVA (75-150 um). I risultati di questo studio hanno dimostrato che, nel trattamento delle metastasi epatiche da GEP NET TAE e TACE sono entrambe efficaci. Per quanto riguarda la tollerabilità, la TAE sarebbe da preferire in considerazione della tossicità maggiore della TACE per l�aggiunta del chemioterapico, che determina maggiori problematiche nel post trattamento (3, 4). Le risposte radiologiche con RECIST sono rispettivamente di Risposta Parziale (66%), Risposta Minima (15%) e malattia stabile (19%), (Figure 7, 8). Per quanto riguarda le indicazioni della TAE/ TACE: -In combinazione con chirurgia ed altre terapie ablative - Nei casi di progressione durante terapia medica Figura 7 e 8 Figura 7 MSCT: Metastasi epatiche da GIP NET Origine corpo–coda pancreas; tumore funzionante Figura 8 MSCT dopo tre anni dal trattamento con TAE Miglioramento clinico radiologico GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 37 Dopo l�iniezione di microsfere legate con Y90 per controllare se si è ottenuta una corretta distribuzione delle microsfere Y90 nel fegato vengono eseguiti sia una SPECT attraverso la rilevazione delle radiazioni X di frenamento sia anche una PET Y90 (grazie all’emissione di positroni dell’Y90), (Figura 9). In considerazione delle scarse complicanze e del rapporto costo/beneficio, tali terapie possono essere ripetute più volte nello stesso paziente per il trattamento di più metastasi ed associate a protocolli di terapia medica allo stesso modo della chirurgia. In conclusione: - La terapia dei NET nelle varie forme di differenziazione necessita della integrazione di terapie multimodali. -Le procedure locoregionali sono attualmente considerate, per l�assenza di dati clinici randomizzati, solo terapie palliative nonostante ci sia un chiaro miglioramento della qualità della vita. - La nostra esperienza segnala anche un miglioramento della sopravvivenza anche se non dimostrato statisticamente. - Le terapie locoregionali possono essere utilizzate Figura 9 A. B. C. A. La PET FDG mostra multiple lesioni su entrambi lobi epatici. B. PET Y-90 dello stesso caso che dimostra la corretta distribuzione delle microsfere nelle lesioni metastatiche. C. SPECT dello stesso caso eseguita dopo iniezione di microsfere di Y 90. Rilevazione delle radiazioni X di frenamento. 38 GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 Take home message • Tra i marcatori di differenziazione neuroendocrina, la più importante è la Cromogranina A, che presenta tuttavia numerosi limiti, legati alla variabilità analitica ed all’alta individualità biologica del marcatore. • L’endoscopia del tratto digestivo superiore ed inferiore ha un ruolo importante nella gestione del paziente con GEP-NET, sia nella localizzazione, nella diagnosi di malattia e nel follow-up. • Da un punto di vista anatomo- patologico, l’inquadramento classificativo non può prescindere dall’introduzione di un sistema di Grading, sulla valutazione dell’indice di proliferazione cellulare (espresso come Ki67 index score e valutato su tessuto mediante colorazione immunoistochimica). • L'imaging gioca un ruolo fondamentale nell’identificazione della lesione e della sua sede, così come nella caratterizzazione e nell'identificazione di metastasi a distanza. • L’imaging funzionale e la terapia usando lo stesso ligando rappresentano un esempio di medicina personalizzata e di teranostica. • Si sono dimostrati efficaci per il trattamento dei tumori neuroendocrini in fase avanzata gli analoghi della somatostatina), l'everolimus, il sunitinib. Promettente scenario terapeutico è offerto dall’immunoterapia. Per quanto riguarda la Chemioterapia, sono in corso studi clinici di fase III che si propongono di rivalutare l’utilizzo di farmaci “storici” (come la streptozotocina ed il 5 Fluoruracile) e studiarne l’ottimale sequenza di utilizzo. • L’obiettivo sia della chirurgia classica sia delle tecniche ablative rimane la radicalizzazione della malattia. • L’approccio chirurgico e l’utilizzo di terapie locoregionali per il trattamento delle lesioni ripetitive epatiche da NET vanno valutati attentamente in ambito multidisciplinare per pianificare se, come e quando e intervenire. Bibliografia 1 Fiore F, Del Prete M, Franco R et al., Transarterial embolization (TAE) is equally effective and slightly safer than transarterial chemoembolization (TACE) to manage liver metastases in neuroendocrine tumors. Endocrine 2014 47 177-182. 2. Del Prete M., Fiore F., Modica R. et al., Hepatic arterial embolization in patients with neuroendocrine tumors. Journal of Experimental & Clinical Cancer Research 2014 33:43 3. Somma F, D’Angelo R, Serra N et al., Use of Ethanol in the Trans-Arterial Lipiodol Embolization (TAELE) of Intermediated-Stage HCC: Is This Safer than Conventional Trans-Arterial Chemo-Embolization (c-TACE)? PLoS One. 2015 Jun 25;10(6) oncology update in diverse fasi della malattia associate tra loro, a terapia medica, terapia metabolica e a terapia chirurgica. 4. Cosimelli M, Golfieri R, Cagol PP et al., Multi-center phase II clinical trial of Yttrium-90 resin microspheres alone in unresectable, chemitherapy refractory colorectal liver metastase. Br J Cancer 2010; 103: 324-331 CONCLUSIONI Il trattamento delle neoplasie neuroendocrine è complesso e prevede l�integrazione multidisciplinare in tutte le fasi, diagnostica, terapeutica e di follow-up. Tale concetto andrebbe promulgato sia nella comunità medica, facilitando il riferimento del paziente a centri di provata esperienza e con certificata attività multispecialistica, sia nella popolazione generale. L�innovazione tecnologica, lo sviluppo e la disponibilità di nuovi farmaci ed approcci terapeutici, hanno permesso di migliorare i risultati in termini di sopravvivenza e di qualità di vita. Multidisciplinarietà e nuovi farmaci. Sono queste le parole chiave che racchiudono il senso della strategia diagnostico - terapeutica da mettere in atto per il trattamento dei tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici in fase avanzata. CORRISPONDENZA Dr. SALVATORE TAFUTO UOS Oncologia Addominale IRCCS Fondazione Pascale 80131, Napoli Tel. 081 5903680 E-mail: [email protected] Dott.ssa CHIARA DE DIVITIIS UOS Oncologia Addominale IRCCS Fondazione Pascale 80131, Napoli Tel. 081 5903680 E-mail: [email protected] GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016 39