GEP NET

annuncio pubblicitario
ONCOLOGY UPDATE
Approccio multidisciplinare
ai tumori neuroendocrini
del tratto gastroenteropancreatico
(GEP NET) in fase avanzata
a cura di Salvatore Tafuto e Chiara de Divitiis (Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale”
di Napoli)
Con la collaborazione del gruppo multidisciplinare per la
gestione dei pazienti con Tumore Neuroendocrino dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di
Napoli coordinato dal Dott. Salvatore Tafuto.
• Introduzione
Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis
• Valutazione multidisciplinare per il trattamento dei
GEP NET
Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis
• Medicina di laboratorio: quali marcatori nei NEN?
Ernesta Cavalcanti
• Il ruolo dell’endoscopia nei GEP NENs
Pietro Marone, Elena di Girolamo
• Inquadramento istopatologico delle neoplasie
neuroendocrine gastro – entero – pancreatiche
(GEP – NET): luci ed ombre
Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti
• Imaging Radiologico morfologico
Elisabetta de Lutio di Castelguidone, Roberto Carbone,
Vincenza Granata, Maria Luisa Barretta
• I trattamenti radiometabolici per la malattia
metastatica: una reale alternativa?
Secondo Lastoria, Luigi Aloj
• Terapia medica e gestione della malattia avanzata
Salvatore Tafuto, Chiara De Divitiis
• Le metastasi epatiche da tumore neuroendocrino:
dal de-bulking al trapianto
Francesco Izzo, Cinzia Granata
• Trattamenti Locoregionali delle metastasi epatiche
da lesioni da tumore neuroendocrino
Francesco Fiore
• Conclusioni
Salvatore Tafuto
I
tumori neuroendocrini (NET), patologie
tradizionalmente considerate come rare,
sono divenute argomento di estremo interesse alla luce delle nuove scoperte nel settore.
Le nuove evidenze nel campo della classificazione
istologica, l’identificazione di criteri nosografici
legati all’aggressività clinica, le nuove conoscenze
di biologia molecolare, gli enormi sviluppi della
strumentazione diagnostica, che talvolta ne permettono addirittura la caratterizzazione biologica
in vivo, hanno reso quest’ambito oggetto di grande fermento sia per la ricerca di base, che per gli
studi clinici.
In particolare, i tumori neuroendocrini del tratto
gastro-enteropancreatico (GEP-NET) costituiscono la componente quantitativamente prevalente rappresentando oggi una sfida importante
che raccoglie l’interesse di biologi, patologi, farmacologi, endocrinologi, oncologi, esperti di diagnostica strumentale e di terapia.
VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE
PER IL TRATTAMENTO DEI GEP NET
I tumori neuroendocrini gastro – entero – pancreatici sono patologie rare ma in costante aumento
anche in Italia, dove si registrano ogni anno circa
1.200 nuovi casi.
Il trattamento dei GEP-NET prevede infatti un
approccio multidisciplinare che coinvolge tutti gli
specialisti attivi nel percorso diagnostico terapeutico: l'oncologo medico, l'endoscopista, il patologo clinico, l'endocrinologo, l'anatomopatologo, il
radiologo, il medico di laboratorio ed il medico
nucleare, L'obiettivo è di raggiungere per ogni
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
21
singolo paziente un'opzione diagnostico-terapeutica ampiamente condivisa da tutti gli specialisti
in base alle linee guida nazionali ed internazionali
e anche in base all'expertise del centro. In molti
casi non si esclude un approccio estremamente
personalizzato al singolo caso clinico.
Oltre ai trattamenti standard, soprattutto nei
"Centri di Eccellenza Italiani per lo Studio e la
Cura dei tumori Neuroendocrini", è sempre più
possibile per ciascun paziente che sia valutata la
possibilità di inserimento in studi clinici sperimentali atti a confermare l’efficacia di nuovi farmaci biologici o chemioterapici, nuove combinazioni di trattamenti terapeutici o trial prettamente
chirurgici osservazionali. Tali studi, approvati dai
Comitati Etici, vengono proposti a tutti i pazienti
arruolabili sulla base delle caratteristiche cliniche
e biologiche.
MEDICINA DI LABORATORIO:
QUALI MARCATORI NEI GEP-NET
A cura della Dott.ssa Ernesta Cavalcanti
Istituto Nazionale Tumori IRCCS
“Fondazione G. Pascale” di Napoli
La medicina di laboratorio è un partner essenziale nella gestione dei pazienti con tumore neuroendocrino anche grazie all’avvento delle nuove
tecnologie che hanno aperto altre frontiere diagnostiche, anche se, a tutt’oggi, risulta ancora indispensabile valutare l’appropriatezza e l’efficienza
diagnostica dei test di laboratorio. (Figura 1)
I “marcatori tumorali” vengono infatti attualmente classificati sulla base della loro utilità clinica e
pertanto dovrebbero essere utilizzati solo quelli
ritenuti “efficaci” ed “utili”. Sono noti infatti i
loro limiti di scarsa specificità nonchè la relazione
diretta con la quantità di tessuto neoplastico che
ne compromette anche la sensibilità. A tali limiti
si aggiungono le problematiche legate all’interpretazione dei dati, alla scelta del cut-off, nonché
alla valutazione delle variazioni tra prelievi seriati
(follow up) a causa della variabilità analitica, sia
nell'ambito dello stesso laboratorio, sia tra laboratori diversi, che utilizzano differenti kit commerciali con diversi livelli di sensibilità ed affidabilità
analitica.
I markers di tumori neuroendocrini possono essere
classificati in: Marcatori generali di differenziazione neuroendocrina, specifici del tessuto neuroendocrino, generali e specifici di secrezione neuroendocrina (legati alla capacità di secernere peptidi
o amine biogene) e genetici che assumeranno un
22
Figura 1
General and Tumor Specific Markers
GENERAL MARKERS
TUMOR SPECIFIC
MARKERS
1. Cromogranins
1. Carcinoid tumors
Cg A
24 h Urine
5-hidroxyindole acetic
acid
Cg B
24 h Urine
5-hidroxyi-tryptophan
Secretogranin II
Plasma Serotonin
Secretogranin III
2. Insulinoma
Secretogranin IV
Fasting insulin
Secretogranin V
Fasting pro-insulin
Secretogranin VI
3. Gastrinoma
2. Neuron Specific Enolase
Fasting/stimulated
gastrin
3. Pancreatic Polypeptide
3. Glucagonoma
4. Chorionic gonadotrophin Fasting glucagon
3. VIP-oma
Fasting vasoactive
intestinal peptide
4. Somatostatinoma
Fasting somatostatin
Best Oractice & Reserch Clinical Gastroenterology 26:791-802.2012
ruolo importante come fattori predittivi o per la
valutazione dell'efficacia terapeutica. (1-4)
Appartiene ai marcatori di differenziazione neuroendocrina la famiglia delle Cromogranine/Secretogranine, di cui la più importante è la Cromogranina A (CgA), contenuta nei granuli cromaffini da cui viene poi rilasciata in circolo. La sua
struttura primaria è caratterizzata da una serie di
siti di clivaggio dai quali, in seguito ad azione proteolitica, originano diversi peptidi biologicamente
attivi, che esercitano la loro funzione a vari livelli.
Il tratto gastroenterico rappresenta una delle principali fonti di CgA, il suo valore viene correlato
alla massa neoplastica ed i suoi limiti sono in relazione a condizioni di acloridia, quali la gastrite
atrofica o l'utilizzo di inibitori di pompa protonica che, provocando un cronico incremento dei
livelli di gastrina, determinano ipersecrezione di
CgA, nonché una ridotta funzionalità renale ed
epatica per riduzione della clearance. Falsi negati-
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
Bibliografia
1. Modlin IM, Oberg K, Taylor A et al. Neuroendocrine tumor biomarkers: current status and
perspectives. Neuroendocrinology 2014 100: 265277.
2. Oberg K, Modlin IM, De Herder W et al.
Consensus on biomarkers for neuroendocrine tumour disease. Lancet Oncology 2015 16: 435-446.
3. Massironi S, Rossi RE, Casazza G et al. Chromogranin A in diagnosing and monitoring patients with gastroenteropancreatic neuroendocrine
neoplasms: a large series from a single institution.
Neuroendocrinology 2014 100: 240-249.
oncology update
vi si possono avere invece nei tumori scarsamente
differenziati a causa della perdita della capacità
secretoria. (4).
A causa dei fenomeni di proteolisi della molecola
di CgA, inoltre, i diversi peptidi generati potrebbero non essere riconosciuti dagli anticorpi utilizzati da differenti kit del commercio, il che si
traduce in risultati diversi, non confrontabili tra
loro. Alla variabilità analitica si aggiunge anche
l'alta individualità biologica del marcatore, il che
rende inadeguato l'uso dei valori di riferimento
per l'interpretazione dei risultati ottenuti. (3)
Per la diagnosi di gastrinoma il marcatore considerato specifico è la Gastrina. Nell'ambito della
famiglia delle gastrine, la più conosciuta e la più
rappresentata è la Gastrina 17, che è stata la prima
ad essere isolata, sebbene la muscosa antrale gastrica ne produca almeno altri sei diversi tipi che
potrebbero non essere ugualmente riconosciuti
dai differenti kit commerciali sottostimando il risultato ottenuto.
I NET che originano dall'intestino medio presentano sintomi funzionali dovuti alla secrezione
di peptidi quali la Serotonina, il cui metabolita
urinario è il 5 Idrossi-Indolacetico (5HIIA), che
devono essere dosati con il metodo di riferimento che è la Cromatografia ad alta prestazione
(HPLC), metodica molto delicata e molto sensibile. La determinazione di questo metabolita, su
raccolta delle urine delle 24 ore, richiede però delle norme dietetiche particolari, in quanto il valore
può essere influenzato da alcune sostanze introdotte con la dieta (contenenti triptofano).
Per la diagnosi ed il follow up del feocromocitoma/paraganglioma, il dosaggio delle Catecolamine urinarie rappresenta il gold standard ed, anche in questo caso, in alternativa possono essere
dosati i metaboliti quali le Metanefrine, l’Acido
Vanil Mandelico o l’acido Omovanillico, sempre con metodica HPLC ed i metaboliti metilati
sembrerebbero dimostrare una migliore efficienza
diagnostica.
Nei tumori neuroendocrini l’utilizzo dei marcatori tumorali “classici” presenta ancora numerose
necessità insoddisfatte, che dovrebbero spingere
ad utilizzarli in modo appropriato nella pratica
clinica. Pertanto va considerato con cautela l’inserimento di nuovi marcatori, quali le cellule tumorali circolanti ed i miRNAs che, una volta validati
ed inseriti nella pratica clinica, potrebbero migliorare la probabilità di predire la progressione della
malattia e migliorare le opportunità terapeutiche.
(1,4).
4. Singh S, Law C. Chromogranin A. A sensitive
biomarker for the detection and post-treatment
monitoring of gastroenteropancreatic neuroendocrine tumors. Expert Rev. Gastroenterol. Hepatol.
2012 6: 313-334.
IL RUOLO DELL’ENDOSCOPIA
NEI GEP NET
A cura di Pietro Marone ed Elena Di Girolamo
Istituto Nazionale Tumori IRCCS
“Fondazione G. Pascale” di Napoli
L’endoscopia del tratto digestivo superiore ed inferiore ha un ruolo importante nella gestione del
paziente con GEP-NET, sia nella localizzazione e
nella diagnosi di malattia sia nel follow up. In casi
selezionati le tecniche di resezione endoscopica
consentono inoltre il trattamento di tali neoplasie
in fase precoce.
La duodenoscopia per la visualizzazione della papilla di Vater dovrebbe essere effettuata sempre in
caso di gastroscopia negativa. La colonscopia dovrebbe esser sempre completata dalla esplorazione
dell’ultima ansa ileale.
La videoendoscopia capsulare e l'enteroscopia con
doppio pallone ci permettono di studiare il piccolo intestino e trovano indicazione nella ricerca
del tumore primitivo nei casi di NEN metastatica
con primitivo occulto, mostrando, entrambe le
procedure, una buona resa diagnostica con possibilità di campionamento istologico in corso di
enteroscopia.
I tumori neuroendocrini gastrici (gNENs) rappresentano all’incirca il 25% di tutti i tumori
GEP- NET; originano dalle cellule simil-enterocromaffini (ECL) e si distinguono in tre tipi: i tipi
1 e 2 sono associati ad ipergastrinemia, mentre il
terzo, sporadico, è indipendente da essa.
Le gNENs tipo I sono associate a gastrite cronica
atrofica; all’esame endoscopico appaiono spesso
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
23
come multiple lesioni polipoidi del corpo-fondo
gastrico, di dimensioni inferiori a 1 cm. Sono in
genere limitate alla mucosa ed alla sottomucosa,
non mostrano angioinvasione ed hanno un basso
Ki67 (istologicamente NET G1); le lesioni con
dimensioni superiori a 1 cm possono associarsi a
secondarismi linfonodali e/o a metastasi distanza.
Le gNENs tipo II (associate alla sindrome di
Zollinger-Ellison, nell’ambito della Neoplasia
Endocrina Multipla di tipo 1 [ZES-MEN1]), presentano come multiple lesioni polipoidi del diametro di 1-2cm; possono interessare più spesso i
linfonodi regionali e metastatizzare a distanza nel
3-12% dei casi.
Le gNENs tipo III si presentano come lesioni
singole dell’antro gastrico, con diametro variabile
tra 2 e 5 cm; presentano generalmente un comportamento aggressivo con metastasi distanza nel
50-100% dei casi.
La diagnosi della maggior parte delle gNENs avviene accidentalmente in corso di gastroscopia; le
biopsie dell’antro (almeno 2 biopsie) e del fondo gastrico (almeno 4 biopsie), in associazione al
campionamento bioptico dei polipi più grandi o
preferibilmente all'asportazione del polipo per intero, sono fondamentali ai fini diagnostici.
La terapia endoscopica delle lesioni precoci è indicata dalle più recenti linee guida ENETS (1) che
raccomandano, nei pazienti con gNENs tipo1,
la rimozione endoscopica di tutte le lesioni polipoidi quando possibile; la chirurgia è limitata ai
casi di infiltrazione oltre la sottomucosa o in caso
di lesioni scarsamente differenziate o con metastasi linfonodali. Resta ancora dibattuto il ruolo
dell’antrectomia per il controllo della gastrinemia.
Nei pazienti con G-NENs tipo 2 è sufficiente la
sola resezione endoscopica la cui fattibilità, così
come nel tipo 1, richiede una valutazione ecoendoscopica per le lesioni di dimensioni superiori
ad 1-2cm. Nei G-NENs tipo 3 è indicato il trattamento chirurgico.
I tumori neuroendocrini duodenali (D-NENs)
rappresentano circa il 2% di tutti i tumori neuroendocrini ed il gastrinoma è tra essi senz'altro il
più frequente.
La gastroscopia con biopsie è la tecnica più sensibile, in associazione alla ecoendoscopia (EUS),
per la diagnosi e la stadiazione loco-regionale
nei D-NENs, spesso piccoli (1.2-1.5 cm) e difficilmente visibili alla diagnostica per immagini
convenzionale. Trattasi in genere di NETs ben
differenziati, mentre solo l’1-3% di essi sono carcinomi neuroendocrini G3 (NEC G3).
La resezione endoscopica rappresenta l’approccio
24
terapeutico più indicato per i D-NENs con diametro inferiore a 1 cm, non periampullari (1). Per
quanto riguarda invece le NENs del grosso intestino spesso la loro diagnosi è accidentale. Anche
in questo caso la resezione endoscopica rappresenta l’approccio terapeutico standard soprattutto
per le lesioni rettali di dimensioni al di sotto di
1cm e per le lesioni coliche con diametro inferiore
a 2 cm in assenza di invasione locale (2).
Bibliografia
1. Delle Fave G. Kwekkedoom DJ; Custesem EV.
et al; ENETS Consensus guidelines for the management of patients with Gastroduodenal Neoplasms Neuroendocrinology 2012; 95:74-87.
2. Caplin M; Sundin A; Nillson O. et al; ENETS
Consensus guidelines for the management of patients with Digestive Neuroendocrine Neoplasms:
Colorectal Neuroendocrine Neoplasms. Neuroendocrinology 2012; 95:88-97.
INQUADRAMENTO
ISTOPATOLOGICO NELLE
NEOPLASIE NEUROENDOCRINE
GASTROENTEROPANCREATICHE
(GEP–NET): LUCI ED OMBRE
A cura di Fabiana Tatangelo e Gerardo Botti
IRCCS Fondazione Pascale Napoli
Le neoplasie del sistema neuroendocrino rappresentano una vera sfida per il patologo. Il loro
inquadramento, infatti, appare particolarmente
complesso a causa della loro estrema eterogeneità e, pur essendo considerate neoplasie a rara incidenza, tuttavia, nel corso degli ultimi anni, la
loro frequenza appare in netto aumento. Sebbene
questa classe di neoplasie venga considerata generalmente ad andamento clinico indolente, in
realtà l'evoluzione delle stesse non è facilmente
prevedibile e, talvolta, assume caratteri di notevole aggressività. Si comprende facilmente, quindi,
l'importanza di un corretto esame istopatologico
in grado di fornire indicazioni di tipo prognostico e predittivo. La complessità e l'eterogeneità dei
NET è ulteriormente evidenziata dai numerosi
tentativi fatti, nel corso degli anni, di inquadrarli
in base a caratteristiche embriologiche, morfologiche, biochimiche o funzionali.
Nel 2010, la World Health Organization (WHO),
nell’ambito della riclassificazione dei tumori
dell’apparato digerente, ha ridefinito i parametri
classificativi dei GEP-NET evidenziandone alcu-
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
una diagnosi precoce di malattia.
L'esame anatomo-patologico rappresenta un importante indicatore dell'andamento clinico e può
anche contenere informazioni di tipo predittivo.
Ai fini della diagnosi di certezza della natura neuroendocrina della lesione in esame, è indispensabile l'ausilio di markers specifici che, mediante
tecniche di colorazione immunoistochimica, sono
in grado di accertarla definitivamente, almeno
nella maggior parte dei casi.
La Consensus Conference ENETs del 2009 ha
dato luogo ad una check – list di riferimento nella
quale vengono indicati, quali punti salienti nella
diagnosi delle NEN (1):
-l’utilizzo dei marcatori sinaptofisina e cromogranina per il riconoscimento della natura neuroendocrina della lesione.
- la colorazione immunoistochimica con anticorpi anti MIB1 per la valutazione del Ki 67 index
score.
Nel caso di NET metastatici a sede primitiva
ignota, è possibile ricorrere all'utilizzo di markers
sito-specifici quali CDX2, (piccolo intestino e
pancreas), Islet-1 e Pax 8 (retto), PDX-1, Islet-1 e
Pax 6/8 (pancreas), Xenin (duodeno), TTF1 (polmone).
Da quanto detto finora si evincono due fattori
fondamentali:
-la necessità della massima standardizzazione
possibile del referto anatomo-patologico, finalizzata a fornire dati riguardanti le caratteristiche intrinseche alla neoplasia, sia morfologiche
sia biologiche.
- l’indispensabile utilizzo di strumenti, quali il
Grading e lo Staging, allo scopo di fornire al clinico indicatori prognostici attendibili.
Proprio a causa della loro importanza, questi stessi
fattori rappresentano fonte di acceso dibattito e, a
pochi anni dalla pubblicazione della nuova classificazione WHO 2010 per le neoplasie neuroendocrine, la letteratura ha fornito numerose revisioni critiche della stessa. Il principale imputato,
in quest'opera di revisione, è costituito dalla inevitabile soggettività del patologo che può rappresentare un problema reale. Infatti, uno degli argomenti considerati più “scottanti” è rappresentato
dalla scelta della modalità di valutazione del Ki 67
index score sul preparato istologico. A tutt'oggi
il metodo più consigliato è quello di considerare
le cosiddette aree “hot - spots”, cioè quelle in cui
si riscontra la maggiore incidenza di cellule proliferanti, per poter fornire al clinico la valutazione
più corretta possibile.
Tale parametro ha assunto un'importanza anco-
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
oncology update
ne caratteristiche fondamentali ed introducendo
nuovi parametri di valore prognostico-predittivo.
Dopo anni di confusione terminologica, si è raggiunta la convinzione che fosse giusto reintrodurre l'aggettivo “neuroendocrino”, per indicare tali
neoplasie. Si è deciso, inoltre, di evitare il termine
“tumori” adottando quello di “neoplasie” comprendendo, in tal modo, tutta l'ampia gamma
differenziativa di queste entità (dunque subentra
l'acronimo “NEN - Neoplasie Neuroendocrine”).
Altre novità sostanziali sono rappresentate dall'introduzione del termine “NET-Tumore Neuroendocrino” in sostituzione del termine “carcinoide”,
riferito esclusivamente alle forme bene e moderatamente differenziate, e quella del termine “NECCarcinoma Neuroendocrino” riservato alle forme
scarsamente differenziate.
La vera novità è rappresentata dal fatto che tale
inquadramento classificativo è reso possibile
dall'introduzione di un sistema di Grading, comprendente tre gradi - G1, G2, G3 - basato sulla
valutazione della conta mitotica (numero di mitosi/10 HPF) e sulla valutazione dell'indice di
proliferazione cellulare (espresso come Ki67 index
score e valutato su tessuto mediante colorazione
immunoistochimica ).
Per convenzione, i NEN G1 hanno un indice mitotico molto basso, < o =1/10 HPF; i G2 hanno un indice mitotico da 2 a 20/10 HPF; i G3
> 20/10 HPF. La valutazione deve essere fatta su
almeno 50 campi microscopici perché la conta sia
considerata valida.
Per quanto riguarda l'indice di proliferazione cellulare espresso in percentuale come Ki 67 index
score, nei G1 è inferiore o uguale a 2%, nei G2
è compreso tra 3 e 20%, ne i G3 è superiore al
20%.
La classificazione WHO del 2010 introduce un
concetto di Staging “sito-specifico” basato sul sistema TNM (valutato in base alla sede di insorgenza della neoplasia neuroendocrina) ed una nuova
categoria di forme miste di carcinomi neuroendocrini ed adenocarcinomi e definita “"MANEC”,
forme miste di carcinomi neuroendocrini ed adenocarcinoma, riferita a quelle neoplasie precedentemente inquadrate esclusivamente come “miste”,
nelle quali, secondo i nuovi parametri classificativi, la componente neuroendocrina deve essere almeno del 30% mentre la rimanente componente
neoplastica può essere a fenotipo esocrino o squamoso. Viene, inoltre, evidenziata l'importanza di
identificare le cosiddette “lesioni precursore” ovvero quei precursori morfologici quali iperplasia e
displasia neuroendocrina, molto rilevanti ai fini di
25
ra più cruciale dopo che la stratificazione delle
categorie neoplastiche inquadrate alla luce del
Grading ha messo in evidenza una fascia di neoplasie catalogate come G3, con Ki 67 index score
inferiore al 55%, dal comportamento biologico
peculiare e decisamente meno aggressivo rispetto
a quello di neoplasie G3 con un ki 67 index score superiore a questa quota. Tale gruppo di NEN
potrebbe infatti rappresentare una sorta di “zona
grigia” da definire in maniera più adeguata anche
e soprattutto per le ripercussioni da un punto di
vista clinico in relazione alla differente sensibilità
al trattamento chemioterapico.
Per quanto concerne le caratteristiche molecolari
delle neoplasie neuroendocrine, sebbene la mole
di studi che le riguarda sia davvero imponente,
esse rappresentano ancora un “territorio” tutto
da esplorare. A parte il test genetico per l’individuazione delle mutazioni del gene RET, in grado di scoprire soggetti a rischio di sviluppare un
carcinoma midollare della tiroide, non esistono
allo stato attuale test molecolari di valore clinico
nell’ambito delle NEN.
Una maggiore comprensione dei meccanismi molecolari implicati nella genesi e nello sviluppo di
tali neoplasie potrà fornire un ulteriore importante supporto al loro inquadramento e, di conseguenza, al loro trattamento ottimale.
Bibliografia
1. Rindi et al., Gruppo Italiano Patologi Apparato
Digerente (GIPAD); Società Italiana di Anatomia
Patologica e Citopatologia Diagnostica/International Academy of Pathology, Italian division (SIAPEC/IAP), “Gastroenteropancreatic (neuro)endocrine neoplasms: the histology report.” Dig Liver
Dis. 2011 Mar;43 Suppl 4:S356-60.
IMAGING RADIOLOGICO
MORFOLOGICO
A cura di: Elisabetta de Lutio di Castelguidone,
Roberto Carbone, Vincenza Granata,
Maria Luisa Barretta - Istituto Nazionale Tumori
IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli
Nell’ambito delle patologie neuroendocrine, l’imaging gioca un ruolo fondamentale nell’identificazione della lesione e della sua sede, così come
nella caratterizzazione e nell’identificazione di
metastasi a distanza. Tuttavia rimane controversa
la scelta della modalità più appropriata che consenta non solo una adeguata stratificazione dei
pazienti, indirizzando al corretto trattamento, ma
nel contempo permetta anche di monitorare gli
26
effetti del trattamento stesso (1).
Gli strumenti a disposizione del radiologo sono
molteplici e, spesso, si integrano gli uni con gli altri: l�ecografia (US), che può essere eseguita anche
con mdc ev (CEUS), la tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RMN).
Come avviene per altre patologie oncologiche,
anche per le neoplasie neuroendocrine l’ecografia tradizionale ha un ruolo limitato nella identificazione/caratterizzazione della lesione primitiva, con una bassa sensibilità (circa il 44%), che
può arrivare all�83% con l�ausilio del contrasto
per via endovenosa. Il campo di applicazione più
interessante per la CEUS è il monitoraggio del
trattamento delle metastasi epatiche. Infatti, è
nell’ambito delle NENs che l’indagine ecografica
consente di valutare alterazioni del microcircolo e
quindi di identificare modificazioni a livello strutturale, peraltro molto precoci, prima ancora che si
evidenzino le alterazioni dimensionali, legate agli
effetti citotossici delle terapie, in genere, comunque, tardive (2).
La TAC multistrato è lo strumento diagnostico
principale nella identificazione e stadiazione dei
GEP-NET. Ciò è principalmente legato ad una
serie di caratteristiche di questa procedura diagnostica, che sono soprattutto la disponibilità sul
territorio e l’evoluzione tecnologica con l’acquisizione di ampi volumi a strati sottili ed in tempi
rapidi, con l’utilizzo di algoritmi di ricostruzione
che consentono una notevole riduzione della dose
radiante e con l’evoluzione delle tecniche di postprocessing.
La RM integra e completa la TAC e, ad oggi, è
utilizzata come ‘problem solving’, soprattutto per
lesioni di natura neuroendocrina di piccole dimensioni e lesioni di pertinenza pancreatica. La
RM è una tecnica multiparametrica, consentendo in un unico momento di esame, l’acquisizione
sia di dati morfologici che funzionali. Infatti, le
sequenze basali, T2-W e T1-W con e senza soppressione del grasso, dotate di una elevata risoluzione di contrasto intrinseca, permettono, anche
in assenza del mdc ev, l’identificazione della lesione e spesso la caratterizzazione. L’integrazione
con sequenze funzionali, come la spettroscopia, la
diffusione e le sequenze post contrasto, dinamiche e non, consente la corretta caratterizzazione e
stadiazione della lesione. La possibilità, inoltre, di
acquisire i dati in dinamica, dopo mdc ev, con la
DCE-MRI, e le rielaborazioni semiquantitative e
quantitative nonché semplicemente ispettive, valutando le curve di Intensità/Tempo, rappresenta
uno strumento straordinario soprattutto nel mo-
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
Figura 2
oncology update
nitorare la risposta al trattamento.
Recenti lavori riportano sensibilità analoghe tra
TAC e RM (69%–94% per la TC vs. 74%-94%
per la RM).
La RM è superiore alla TAC con mezzo di contrasto nello studio di lesioni di piccole dimensioni e
nella definizione delle NEN pancreatiche (3-5).
Alla TAC, i NET funzionanti si presentano generalmente come lesioni nodulari ipervascolari di
piccole dimensioni (1-2 cm), mentre quelle non
funzionanti sono di solito più grandi (circa 4 cm)
e appaiono come masse ben definite, capsulate e
con eterogeneo enhancement dopo somministrazione di mezzo di contrasto (m.d.c.); talvolta appaiono completamente cistiche (6).
Affinché la performance diagnostica nella identificazione della lesione sia elevata è indispensabile,
qualunque sia la tecnica utilizzata, eseguire una
metodica corretta indirizzata dalla sospetta localizzazione del GEP-NET:
- a livello gastrico, è richiesta una distensione
del viscere, l’idro-TAC o idro-RM, ovvero la
distensione dello stomaco con polveri effervescenti ed acqua e successiva somministrazione
di mezzo di contrasto endovena. Tale metodica
“esalta” l’enhancement parietale, consentendo
la visualizzazione anche delle lesioni più piccole,
siano esse intraparietali o aggettanti endolume;
- a livello del tenue, le metodica dovrà essere di
entero – TAC (Figura 2) e/o – RM, che prevede la distensione delle anse intestinali, con
l’ausilio o meno di un sondino naso-digiunale,
con m.d.c. negativi o neutri in TAC e bifasici
in RM, costituiti da soluzioni non assorbibili
iso-osmolari come il polietilenglicole (PEG) o
da soluzioni iperosmolari (mannitolo, sorbitolo). Le metodiche enterografiche consentono
non solo di identificare NET “multipli”, ma
anche di cogliere segni patognomonici, come
il ‘segno dell’indice’, e la reazione desmoplasica
mesenterica (aspetto “a raggi di sole”) (Figura
3). TAC e RM hanno simile accuratezza diagnostica. Diversi lavori in cui è stato valutato
il ruolo dell’enterografia-TAC e dell’enteroclisiRM nelle neoplasie del piccolo intestino (inclusi i NET) hanno dimostrato elevata sensibilità
(100% e 86%-84%, rispettivamente) e specificità (96.2% e 95%-98%, rispettivamente)
nell’individuazione della neoplasia. Rispetto
alla TAC, la RM offre un contrasto intrinseco
superiore e, grazie all’assenza di radiazioni ionizzanti, può essere utilizzata nello studio di pazienti giovani a rischio per lo sviluppo di NEN.
Tuttavia la RM richiede tempi più lunghi ed è
più suscettibile di artefatti da movimento.
- a livello del colon è consigliabile la Colonscopia Virtuale o colongrafia TC (CTC), tecnica di
imaging non invasiva, accurata e ben tollerata
dai pazienti. Data la sua alta sensibilità, incrementata dall’eventuale utilizzo del m.d.c. ev., la
CTC può essere considerata l’esame di scelta in
caso di Colonscopia Ottica (CO) incompleta,
ed è una valida alternativa a quest’ultima nello
studio dei pazienti anziani ed in coloro che rifiutano di sottoporsi a CO.
Figura 3
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
27
Lo studio TAC è particolarmente importante nel
follow-up in corso di terapia per la valutazione
della risposta al trattamento, sia per la lesione
primitiva che per le metastasi. Con il crescente
sviluppo ed interesse per le” terapie target”, che
determinano alterazioni a livello strutturale e perfusive, appaiono ben evidenti i limiti dei criteri
Recist 1.1 he considerano le sole modificazioni
dimensionali delle lesioni target.
Nella valutazione del trattamento dei GIST sono
stati introdotti criteri densitometrici che per alcuni aspetti possono essere estesi anche nell’ambito
delle patologie neuroendocrine. Infatti, il meccanismo d’azione delle terapie target fa sì che le
alterazioni perfusive e citotossiche determinano
un’alterazione di tipo necrotico-colliquativo che
in TAC si traduce in una riduzione della densità
delle lesioni stesse. In questi casi, sebbene le dimensioni delle lesioni possano apparire stabili o
incrementate, si parla di risposta “paradossa”, ossia di risposta al trattamento e quindi di buona
controllo della malattia da parte del farmaco.
L’insorgenza di resistenza al trattamento farmacologico e/o di ripresa di malattia può manifestarsi
con la comparsa nel contesto di un nodulo ipodenso ‘quiescente’ di un’area nodulare iperdensa
(‘nodulo nel nodulo’) (Figura 4).
Anche per i GEP-NET come per altri tipi di
neoplasie, la RM affianca la TAC nel follow-up
in corso di terapia. Sebbene già le sole sequenze morfologiche, ed in particolar modo le T2-W,
possano evidenziare una degenerazione cistica
della lesione (equivalenza della ridotta densità in
TAC), tali modificazioni, espressione dell’efficacia
del trattamento, sono comunque manifestazioni
di variazioni macroscopiche della lesione stessa,
Figura 4
Figura 5
relativamente tardive. Contrariamente, le sequenze di DCE-MRI e DWI valutano le alterazioni
strutturali microscopiche prima ancora, quindi,
che esse si traducono in modificazioni macroscopiche; dunque, in definitiva, la RM potrebbe
precocemente indirizzare verso una terapia alternativa qualora il paziente manifesti resistenza al
farmaco (Figura 5).
La DCE-MRI valuta anche la perfusione della
lesione: la rielaborazione dei dati in termini semiquantitativi e quantitativi rende la metodica
riproducibile sia intra-paziente che inter-pazienti
ed inoltre l’identificazione di dati numerici di
‘cut-off’ può differenziare i pazienti in ‘responder’
ed in ‘non-responder’.
Dalla DWI è possibile, inoltre con un modello
biesponenziale estrapolare dei parametri quantitativi di perfusione (fp e D*) e di diffusione (dt),
meglio correlabili con gli studi funzionali metabolici.
Bibliografia
1. Heller MT, Shah AB Imaginig of neuroendocrine tumors. Radiol Clin North Am 2011;
49(3):529-48.
2. Fan Z, Li Y, Yan K, et al. Application of contrastenhanced ultrasound in the diagnosis of solid pancreatic lesions-A comparison of conventional ultrasound
and contrast-enhanced CT. Eur J Radiol. 2013.
3. Rappeport ED, Hansen CP, Kjaer A et al. Multidetector computed tomography and neuroendocrine pancreaticoduodenal tumors. Acta Radiol.
2006;47(3):248-56.
28
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
5.Lawrence B, Gustafsson BI, Chan A et al. The
epidemiology of gastroenteropancreatic neuroendocrine tumors. Endocrinol Metab Clin North
Am. 2011;40(1):1-18.
6. Wang SC, Parekh JR, Zuraek MB, et al. Identification of unknown primary tumors in patients
with neuroendocrine liver metastases. Arch Surg.
2010;145(3):276-80.
I TRATTAMENTI
RADIOMETABOLICI
PER LA MALATTIA METASTATICA:
UNA REALE ALTERNATIVA?
A cura di Secondo Lastoria e Luigi Aloj
IRCCS Fondazione Pascale Napoli
La medicina nucleare ha impiegato gli analoghi
della somatostatina, radiomarcati sia nell’ambito
diagnostico sia nell’ambito terapeutico dei tumori
neuroendocrini. Il capostipite di questi composti
è stato l’octreotide, utilizzato sin dagli anni �80,
coniugato poi con il DTPA per formare il DTPA
- octreotide, utilizzato, marcato con l’Indio-111
[111In-DTPA-octreotide] con il nome commerciale di octreoscan per l’imaging. Successivamente
sono stati sviluppati dei derivati, con piccole modifiche, come la [Tyr3] il Tyr - octreotide, che è
quello che viene definito “TOC”, che coniugato
con il “DOTA” ha dato il “DOTA - TOC”, utilizzato sia nell’imaging PET, marcato con Gallio-68
[68Ga-DOTATOC] nella PET a partire dai primi
anni 2000, sia con l’Ittrio -90 e poi con il Lutezio-177 per la terapia radiorecettoriale [90Y/177Lu-DOTATOC]. Più recentemente, con una
piccola modifica sulla porzione carbossilica terminale del peptide, si è ottenuto il Tyr-ocretotate,
che coniugato con il DOTA ha reso disponibile
il DOTATATE, utilizzato anch’esso sia in diagnostica sia come terapia recettoriale (Peptide Receptor Radionuclide Therapy - PRRT). La disponibilità di tali radioligandi ed i risultati ottenuti
hanno fatto si che il ruolo della medicina nucleare divenisse sempre più importante nell’ambito
della gestione multidisciplinare del paziente con
tumore neuroendocrino. Infatti, l’imaging e la terapia usando lo stesso ligando rappresentano un
esempio di medicina personalizzata e di teranostica come pochissimi altri in oncologia (Figura 6)
Nella figura 6 viene riportato il caso di un paziente
con un grosso tumore neuroendocrino della coda
del pancreas, inoperabile per interessamento dei
grossi vasi adiacenti, che viene dapprima studiato
grazie al test diagnostico con 68Ga-DOTATATE,
e poi trattato con tre cicli di radiometabolica con
90Y-DOTATATE dimostrando a fine trattamento
sempre con PET un notevole tumor shrinkage.
Nel corso degli anni sono stati effettuati tanti studi,
che purtroppo non essendo né numericamente significativi né randomizzati, non hanno consentito
di chiarire dove collocare la terapia radiometabolica
nell’algoritmo terapeutico di tali pazienti (1).
I vari tipi di PRRT effettuati sia con alte dosi di
111In-octreoscan, sia successivamente con 90Y–
DOTATOC e/o con 177Lu–DOTATATE, hanno
prodotto un range di risposte parziali e complete
nell’ordine del 20 – 30% (2). Quindi quesiti del
tipo: quando e come utilizzare la PRRT, o definire
quali siano i vantaggi ed i limiti, rappresenta un
punto cardine per poter considerare compiutamente tale trattamento.
I vantaggi sono sicuramente legati:
-all’utilizzo teranostico di questi radiofarmaci,
che agiscono su un target noto;
- all’efficacia dimostrabile (è possibile utilizzare lo
stesso test utilizzato in diagnostica per valutare
le risposte, ovvero quanto questo trattamento
sia stato efficace nel controllo della malattia);
oncology update
4. Thoeni RF, Mueller-Lisse UG, Chan R et al.
Detection of small, functional islet cell tumors in
the pancreas: selection of MR imaging sequences for
optimal sensitivity. Radiology. 2000;214(2):483-90.
Figura 6
Paziente con un grosso tumore neuroendocrino
della coda del pancreas, inoperabile per interesamento dei grossi vasi adiacenti, che viene dapprima studiato ed evidenziato grazie al test diagnostico con 68Ga-DOTATATE, e poi trattato con tre
cicli di radiometabolica con 90YDOTATATE (Nov
08 3.1 GBq, Dec 08 3.2 GBq, Feb 09 2.8 GBq), e poi
a fine trattamento rivalutata sempre con PET con
68Ga-DOTATATE, che evidenzia un notevole tumor shrinkage.
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
29
- agli outcome migliorati, compresa una migliore
qualità di vita, nei pazienti che rispondono.
I limiti della terapia radiorecettoriale sono legati,
come si è detto, all’assenza di grossi trial randomizzati, alla potenziale tossicità midollare e renale, ed all’assenza di marker molecolari che possano
consentire di predire l’efficacia e la tossicità.
È stato riconosciuto un potenziale ruolo della PRRT sia nelle linee guida dell’ENETs che
dell’European Society of Medical Oncology
(ESMO), dove è posta tra i trattamenti validi per i
tumori neuroendocrini, ed in particolare in quelle situazioni cliniche in cui non c’è possibilità di
trattamento locale, ed è suggerita nelle neoplasie
neuroendocrine G1 e G2.
Il NETTER - 1 è il primo studio randomizzato
di fase 3, in cui sono stati arruolati 230 pazienti
metastatici, inoperabili, affetti da NET del midgut G1 - G2, in progressione dopo trattamento
con Octreotide LAR, e con malattia misurabile
secondo i criteri RECIST, e randomizzati 1:1 a
ricevere un trattamento con Lutathera (4 somministrazioni di 200 mCi di 177Lu-DOTATATE,
intervallate da 8 settimane), comparato con analoghi della somatostatina LAR. Il reclutamento
è stato completato nel febbraio 2015. Un�analisi
intermedia del settembre 2015 ha mostrato che
23 pazienti nel gruppo di studio sono andati in
progressione, rispetto a 67 pazienti del gruppo di
controllo. La PFS mediana non è stata raggiunta
nel gruppo di studio, mentre nel braccio di controllo è risultata di 8.4 mesi (p < 0.001). I risultati
di questo trial, confermando ciò che era noto nelle esperienze effettuate un po� dovunque ma non
incardinate in trial clinici, indicano chiaramente
che la PRRT con 177Lu-DOTATATE migliora
significativamente il tasso di sopravvivenza libera da progressione nei pazienti affetti da tumori neuroendocrini dell’intestino medio anche se
sull�overall survival è ancora presto per poter dare
delle risposte certe. Questo primo trial concluso
rappresenta una conferma per l’utilizzo in clinica, e non solo in protocolli di studio, della PRRT
con la registrazione del DOTATATE almeno per
le neoplasie neuroendocrine del piccolo intestino.
In alcuni lavori (3 -4) è stato dimostrato come
peptidi antagonisti recettoriali della somatostatina, ossia peptidi che sono in grado di riconoscere il recettore senza indurne l�attivazione, sono
in grado di riconoscere un numero superiore di
recettori sulle membrane cellulari dei tumori
neuroendocrini rispetto agli analoghi della somatostatina. Nella pratica clinica questo effetto si
tradurrebbe in un migliore imaging ed in termini
30
di efficacia terapeutica in una dose maggiore di
radiazioni alla lesione. Tra i radionuclidi utilizzabili per la PET appare estremamente interessante
il Rame-64 (64Cu), per le caratteristiche di decadimento e perché ha nel 67Cu un radionuclide
similare da poter utilizzare in PRRT (5).
La PRRT rappresenta una valida opzione terapeutica nei tumori neuroendocrini, soprattutto in quelle
situazioni in cui c�è malattia non più suscettibile di
trattamento locale, ma chiaramente va a competere
con farmaci (everolimus, sunitinib) che hanno le
stesse indicazioni. In generale, è possibile affermare
che c�è stato uno scarso interesse industriale per lo
sviluppo di questo trattamento ed inoltre non bisogna sottovalutare che esistono pochi centri in cui
può essere praticata, e questo probabilmente ne ha
limitato e ne limita molto lo sviluppo.
Bibliografia
1. Kwekkeboom Dik J., Mueller-Brand Jan,
MD2; Paganelli G., et al, “Overview of Results
of Peptide Receptor Radionuclide Therapy with 3
Radiolabeled Somatostatin Analogs”, J Nucl Med
2005; 46:62S– 66S.
2. Kwekkeboom Dik J., de Herder WW, Kam B.
et al, “Treatment with the radiolabeled somatostatin analog [177 Lu-DOTA 0,Tyr3]octreotate: toxicity, efficacy, and survival.”, J Clin Oncol 2008;
26:2124-2130.
3. Ginj M., Zhang H, Waser B. et al, “Radiolabeled somatostatin receptor antagonists are preferable to agonists for in vivo peptide receptor targeting of tumors.”, Proc Natl Acad Sci U S A. 2006
Oct 31;103(44):16436-41.)
4. Wild D., Fani M., Fischer R. et al, “Comparison of somatostatin receptor agonist and antagonist for peptide receptor radionuclide therapy: a pilot study.”, J Nucl Med. 2014 Aug;55(8):1248-52.
5. Pfeifer A., Knigge U., Mortensen J. et al,
“Clinical PET of neuroendocrine tumors using
64Cu-DOTATATE: first-in-humans study.”, J
Nucl Med. 2012 Aug;53(8):1207-15
TERAPIA MEDICA E GESTIONE
DELLA MALATTIA AVANZATA
A cura di Salvatore Tafuto e Chiara De Divitiis,
IRCCS Fondazione Pascale Napoli
Fino a pochi anni fa, il trattamento medico dei
tumori neuroendocrini in fase avanzata era abbastanza povero di risorse. Attualmente, grazie
a numerosi studi di fase III, che hanno portato
alla registrazione di nuovi farmaci che si sono
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
così a modificare le indicazioni delle linee guida,
estendendole anche ai pazienti affetti da NET
non funzionante.
Più recentemente, lo studio CLARINET, studio
prospettico, randomizzato, di fase III, in doppio
cieco, controllato con placebo, in cui sono stati
inclusi non soltanto pazienti con NET del midgut, ma anche pazienti con NET intestinali non
midgut e pancreatici avanzati, stratificati per progressione al basale vs non progressione al basale,
con un Ki 67 inferiore al 10%, ha confrontato
Lanreotide autogel 120 mg ogni 4 settimane versus placebo in una popolazione di 204 pazienti.
101 pazienti sono stati randomizzati a ricevere
Lanreotide e 103 placebo. Questo studio ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo a favore della Lanreotide in termini di PFS
mediana (18 mesi nel braccio con placebo e non
raggiunta nel braccio con l’analogo, p < 0.001,
HR = 0.47, 95% CI, 0.30, 0.73). L’overall survival non ha mostrato significative differenze fra i
due bracci di trattamento. Oggi possiamo dire che,
anche grazie a tali studi, che sicuramente presentano delle criticità e dei limiti, abbiamo assistito ad
un viraggio in termini di percezione dei due farmaci, che da farmaci di pura palliazione e di cura del
sintomo vanno intesi ora come farmaci ad attività
antiproliferativa ed in grado di impattare positivamente sulla PFS dei pazienti affetti da NET.
Per quanto riguarda le novità riguardanti il trattamento della sindrome da carcinoide ricordiamo
che essa è una sindrome paraneoplastica indotta
dal rilascio di amine vasoattive (serotonina, istamina ecc.), responsabili delle manifestazioni cliniche che caratterizzano la stessa sindrome (flushing,
manifestazioni cutanee, dolori crampiformi intestinali con diarrea, dispnea e tachicardia). Per il
trattamento di questa sindrome disponiamo degli SSA, dell’interferone 2alfa b, tutt’oggi ancora
utilizzato in alternativa agli analoghi, nei pazienti
con sintomatologia resistente.
In passato si utilizzavano farmaci inibitori della
sintesi della serotonina come la clorofenilalanina,
la metasergide, inibitori non selettivi, ma sistemici, con conseguenti effetti collaterali notevoli
come sindromi depressive, depressione acuta ecc.
Il telotristat, è un inibitore selettivo della triptofano idrossilasi. Essendo selettivo non attraversa la
barriera ematoencefalica e quindi non è gravato
da tutti quegli effetti collaterali legati ai su citati
farmaci più obsoleti.
Lo studio TELESTAR, studio di fase III, presentato recentemente all�European Society of Mediacal
Oncology (ESMO) è uno studio randomizzato e
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
oncology update
dimostrati efficaci per il trattamento dei tumori
neuroendocrini, tale panorama si è notevolmente
ampliato.
Quando parliamo di “terapia medica” dei tumori neuroendocrini in fase avanzata ci riferiamo a
possibilità terapeutiche che si estrinsecano nei seguenti ambiti:
- Bioterapia
- Terapia della sindrome da carcinoide
- Target therapy
- Chemioterapia
Per quanto riguarda la bioterapia si riferisce alla
terapia medica con gli analoghi della somatostatina
ed all’uso dell’interferone alfa 2b. Gli analoghi della somatostatina (SSA) sono analoghi della somatostatina nativa. Più dell�80% dei GEP NET esprime
sulla superficie della propria membrana cellulare i
recettori sstr, in particolare le forme a basso grado.
Come sappiamo, gli SSA rappresentano non soltanto la terapia elettiva della sindrome da carcinoide, ma vengono utilizzati anche nei GEP NET
non funzionanti. Dati preclinici indicano che gli
SSA hanno, oltre ad un effetto palliativo agendo
sulla sintomatologia della malattia, anche un effetto antiproliferativo.
Quest�ultimo si esprime in maniera diretta, attraverso il coinvolgimento dei recettori specifici di
superficie, ed in maniera indiretta, indipendente
dal recettore che può estrinsecarsi in vario modo
(inibizione di alcuni fattori di crescita come IGF1
ed EGF, effetto di inibizione dell�angiogenesi, effetto sul sistema immunitario).
Gli SSA approvati ed utilizzati nel nostro paese
sono l’ocreotide e la lanreotide. Essi sono in grado
di produrre un miglioramento della sintomatologia clinica in oltre il 60% dei casi, una stabilizzazione della crescita tumorale nel 30 – 50% dei
casi. L�attività antiproliferativa degli SSA è stata
valutata di recente con due studi clinici di pari
importanza, lo studio PROMID (1) e lo studio
CLARINET (2). Entrambi sono studi prospettici randomizzati che hanno dimostrato in vivo
l�attività antiproliferativa di queste molecole.
Lo studio PROMID è il primo studio prospettico, randomizzato, in doppio cieco, di fase III,
che ha confrontato l�utilizzo di Octreotide LAR
30 mg ogni 4 settimane versus placebo in pazienti
affetti da NET del midgut (ovvero NET del piccolo intestino e colon prossimale), non pretrattati
e che ha effettivamente dimostrato la superiorità
dell�analogo rispetto al placebo nel trattamento
dei GEP NET. In questo studio l’octreotide ha
più che raddoppiato il tempo alla progressione
(da 6.0 a 14.3 mesi) rispetto al placebo, riuscendo
31
in doppio cieco, al quale hanno preso parte 135
pazienti con sindrome da carcinoide non adeguatamente controllata con analoghi della somatostatina (SSA), i quali hanno continuato la terapia in
atto con un SSA e sono stati assegnati al trattamento con telotristat etiprato (250 mg o 500 mg
per via orale, tre volte al giorno) oppure un placebo per un periodo di 12 settimane. L’endpoint
primario dello studio era la riduzione rispetto al
basale del numero medio giornaliero di episodi di
diarrea. L�obiettivo è stato centrato. Infatti, in confronto ai controlli, i pazienti trattati con telotristat
etiprato, in aggiunta alla terapia standard, hanno
ottenuto, con una buona tollerabilità del farmaco,
una riduzione rispetto al basale statisticamente significativa del numero medio di episodi di diarrea
nelle 12 settimane dello studio (P < 0,001).
Per quanto riguarda l�approccio terapeutico alle
GEP NET, esso è stato certamente rivoluzionato
dall’impiego di farmaci a bersaglio molecolare
quali everolimus, inibitore di m – TOR e sunitinib, inibitore dell’angiogenesi, in particolare un
inibitore multitarget della tirosin-chinasi che agisce sul recettore del VEGF (vascular endothelial
growth factordelle tirosin kinasi).
Everolimus è un inibitore selettivo di mTOR
(mammalian target of rapamycin), una serin-treonin chinasi chiave la cui attività è nota per essere
coinvolta in diversi tumori nell’uomo, ed è un potente inibitore della crescita e della proliferazione
delle cellule tumorali, delle cellule endoteliali, dei
fibroblasti e delle cellule muscolari lisce associate ai vasi sanguigni. Everolimus è indicato per il
trattamento di tumori neuroendocrini di origine
pancreatica, bene o moderatamente differenziati,
non operabili o metastatici, in progressione di
malattia, al dosaggio di 10 mg die. Lo studio RADIANT-3 (3), di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, ha confrontato l�utilizzo
di Everolimus più la migliore terapia di suppor-
to (best supportive care, BSC) verso placebo più
BSC in pazienti con pNET in stadio avanzato
(Tabella 1); tale studio ha dimostrato un beneficio clinico statisticamente significativo derivante
dall’utilizzo di Everolimus rispetto a placebo con
un prolungamento di 2,4 volte della sopravvivenza libera da progressione (progression free survival, PFS) mediana (11,04 mesi verso 4,6 mesi),
(HR 0,35; 95% IC: 0,27, 0,45; p<0,0001).
Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio RADIANT 4 (4), (RAD001 In Advanced Neuroendocrine Tumors), studio prospettico
multicentrico di Fase III, in doppio cieco, randomizzato che ha esaminato l�efficacia e la sicurezza
di everolimus più la migliore terapia di supporto
(BSC, best supportive care) rispetto al placebo
più BSC in 302 pazienti con NET di origine gastrointestinale o polmonare in progressione, ben
differenziati, non funzionanti e in fase avanzata.
Tutti i pazienti hanno ricevuto la BSC durante il
trattamento, la quale escludeva agenti antitumorali come gli analoghi della somatostatina (SSA,
somatostatin analogue). Everolimus ha dimostrato un�efficacia simile, indipendentemente dal fatto che il paziente avesse ricevuto una precedente
terapia con SSA o meno. I pazienti sono stati randomizzati 2:1 a ricevere quotidianamente per via
orale everolimus 10 mg o placebo.
Per quanto riguarda la PFS, i pazienti trattati
con everolimus hanno mostrato una prolungata
sopravvivenza libera da progressione mediana, rispetto a quelli trattati con il placebo (11,0 vs 3,9
mesi, HR 0.48; 95% CI 0,35-0,67; p <0,00001).
Questo beneficio in PFS è stato coerente in tutti i
sottogruppo analizzati.
Anche Sunitinib (5), farmaco biologico che in paricolare inibisce le tirosin kinasi dei recettori del
fattore di crescita di derivazione piastrinica (PDGFRa e PDGFRß), dei recettori del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGFR1, VEGFR2 e
Tabella 1 - Risultati di efficacia dello studio RADIANT 3
32
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
vato imidazotetrazine della dacarbazina, un agente
alchilante, che presenta una buona distribuzione
del sistema nervoso centrale. TMZ è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA)
per il glioblastoma multiforme, in combinazione
con la radioterapia e poi come terapia di mantenimento. L’attività di TMZ in pazienti con tumori
neuroendocrini metastatici è stata valutata in diversi studi (7 -9) che hanno mostrato un’attività
interessante dal punto di vista ORR, che vanno
dal 25% al 70%. TMZ ha mostrato una buona
attività nei pazienti con NET sia in monoterapia
sia in associazione con altri farmaci anti-cancro
come capecitabina, bevacizumab o talidomide.
Il primo studio randomizzato di Fase III che prevedeva l�utilizzo di chemioterapia nei tumori neuroendocrini pancreatici (pNETs) è stato eseguita
da Moertel nel 1980. 84 pazienti con pNETs sono
stati randomizzati a ricevere la combinazione di
streptozocina (STZ) e 5-fluorouracile (5-FU) o
STZ come singolo agente. Il braccio di combinazione ha dimostrato risultati superiori a quelli
del braccio trattato con la monoterapia in termini
di tasso di risposta globale (ORR) (63% vs 36%,
rispettivamente) e di sopravvivenza globale mediana (MOS) (26 vs 16,5 mesi), anche se la differenza di OS non era statisticamente significativa.
Allo scopo di chiarire la collocazione più opportuna nella pianificazione terapeutica dell�utilizzo
della Streptozotocina associata al 5 Fluoruracile
nel trattamento dei pNET in fase avanzata è in
corso uno studio internazionale multicentrico
randomizzato di fase III (lo studio SEQTOR),
che è attualmente attivo presso il nostro Istituto,
e che confronta l�efficacia e la sicurezza di everolimus seguito da chemioterapia con Streptozotocina e 5 Fluoruracile fino a progressione con
la sequenza inversa. Nel panorama della terapia
anti-tumorali, di recente l’immunoterapia ha
trovato un nuovo campo di applicazione. Gli anticorpi rivolti contro i checkpoint PD-1 / PD-L1
hanno dimostrato regressioni tumorali dinamiche
e durevoli, suggerendo un riequilibrio delle interazioni ospite-tumore.
Pembrolizumab ha mostrato una promettente attività antitumorale anche nel trattamento del carcinoma a cellule di Merkel (MCC), che è un carcinoma neuroendocrino aggressivo della pelle (che
può essere distinto da altri tumori maligni per la
sua espressione di citocheratina 20) (10 - 14).
Questi risultati preliminari lasciano ipotizzare
uno ipotetico e futuro ruolo dell’immunoterapia
anche nel trattamento dei restanti tumori neuroendocrini.
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
oncology update
VEGFR3), del recettore del fattore della cellula
staminale (KIT), è indicato per il trattamento
di tumori neuroendocrini pancreatici (pNET)
ben differenziati, non operabili o metastatici, in
progressione di malattia. Uno studio di fase II
multicentrico, in aperto ha valutato l�efficacia e
la sicurezza di sunitinib in monoterapia a dosaggi
giornalieri di 50 mg con uno schema 4/2 [4 settimane di trattamento, 2 settimane di sospensione]
in pazienti con pNET non operabile. È stato condotto uno studio pivotal di fase 3, multicentrico,
internazionale, randomizzato, in doppio cieco
controllato con placebo di sunitinib in monoterapia in pazienti con pNET non operabile. I pazienti, che dovevano avere avuto progressione di
malattia documentata, basata sul RECIST, nei 12
mesi precedenti, sono stati randomizzati (1:1) a
ricevere 37,5 mg di sunitinib una volta al giorno
senza un periodo programmato di sospensione
(n = 86) o placebo (n = 85). L�obiettivo primario era la valutazione della sopravvivenza libera da
progressione (PFS) nei pazienti che assumevano
sunitinib rispetto a quelli che ricevevano placebo.
La PFS mediana è stata di 11,4 mesi nel braccio
sunitinib rispetto a 5,5 mesi nel braccio trattato
con placebo [hazard ratio: 0,418 (IC 95% 0,263,
0,662), valore-p =0,0001].
La chemioterapia è stata per anni, l’unica opzione terapeutica per il trattamento dei pNET metastatici, con risultati molto contraddittori. Considerando che i carcinomi neuroendocrini (NEC)
hanno origine embriologica comune e morfologia
simile al carcinoma polmonare a piccole cellule
e al carcinoma a cellule di Merkel, la doppietta a
base di cisplatino ed etoposide è di solito lo schema di trattamento preferito per il trattamento dei
tumori neuroendocrini scarsamente differenziati. Anche se tale schema di trattamento a base di
platino ha storicamente mostrato risultati interessanti in termini di tasso di risposta sulle forme
indifferenziate (6), l’impatto sulla sopravvivenza
globale risulta minimo, per cui questi risultati rimangono controversi e la questione su quale sia
il miglior schema di trattamento da utilizzare per
queste forme risulta ancora dibattuta. Pertanto,
lo schema a base di cis-platino più etoposide rimane uno standard virtuale. L’uso tradizionale di
questo schema deriva da vecchi studi, con piccole
evidenze statistiche a causa del piccolo numero di
pazienti arruolati nei trials clinici. Inoltre altri farmaci, come gemcitabina, oxaliplatino, streptozotocina o temozolamide possono essere valutati nel
trattamento di NEC.
La Temozolomide (TMZ), ad esempio, è un deri-
33
Bibliografia
1. Anja Rinke, Hans-Helge Mu¨ller, Carmen
Schade-Brittinger, et al. “Placebo-Controlled,
Double-Blind, Prospective, Randomized Study on
the Effect of Octreotide LAR in the Control of
Tumor Growth in Patients With Metastatic Neuroendocrine Midgut Tumors: A Report From the
PROMID Study Group”, JCO, volume 27, number 28,october 2009.
2. Martyn E. Caplin, D.M., Marianne Pavel,
M.D., Jarosław B. Ć wikła et al. “Lanreotide
in Metastatic Enteropancreatic Neuroendocrine
Tumors”, 224 n engl j med 371;3 nejm.org july
17, 2014
3. J.C. Yao, Z. Tsuchihashi, A. Panneerselvam et
al., “Effect of everolimus treatment on markers
angiogenesis in patients with advanced pancreatic
neuroendocrine tumours (pNET) results from the
phase III RADIANT-3 study”, Eur. J. Cancer 47
(Suppl. 1) (2011)
4. Yao JC, Fazio N, Singh S et al., “Everolimus
for the treatment of advanced, non-functional
neuroendocrine tumours of the lung or gastrointestinal tract (RADIANT-4): a randomised,
placebo-controlled, phase 3 study.”, Fourth Trial
(RADIANT-4) Study Group, Lancet. 2016 Mar
5;387(10022):968-77. doi: 10.1016/S01406736(15)00817-X. Epub 2015 Dec 17.
5. Lahner H, Rinke A, Unger N et al., “Sunitinib
Efficacy in Patients with Advanced pNET in Clinical Practice.”, Horm Metab Res. 2016 Apr 21.
6. Moertel CG, Kvols LK, O’Connell MJ, et al.
Treatment of neuro-endocrine carcinomas with
combined etoposide and cisplatin. Evidence of
major therapeutic activity in the anaplastic variants of these neoplasms. Abstr US Endocr Soc
1991;68:227–32.
7. Kulke MH, Stuart K, Enzinger PC, Ryan DP,
Clark JW, Muzikansky A, et al. Phase II study
of temozolomide and thalidomide in patients with
metastatic neuroendocrine tumors. J Clin Oncol
2006;24:401–6.
8. Ekeblad S, Sundin A, Janson ET et al., Welin
S, “Temozolomide as monotherapy is effective in
treatment of advanced malignant neuroendocrine
tumors”. Clin Cancer Res 2007;15:2986–91.
9. Kulke M, Blaszkowsky LS, Zhu AX et al.,
“Phase I/ II study of everolimus (RAD001) in
combination with temozolomide (TMZ) in patients (pts) with advanced pancreatic neuroendocrine tumors (NET)”, 2010 ASCO Gastrointestinal Cancers Symposium. Abstract No. 223.
10.Strosberg JR, Fine RL, Choi J et al., “First-line
chemotherapy with capecitabine and temozolomide in patients with metastatic pancreatic endocrine carcinomas”. Cancer 2011; 117(2):268-75
34
11.Fjallskog ML, Janson ET, Falkmer UG et al.,
“Treatment with combined streptozotocin and
liposomal doxorubicin in metastatic endocrine
pancreatic tumors”. Neuroendocrinology 2008;
88:53-8.
12.Moertel CG, Lefkopoulo M, Lipsitz S et al.,
“Streptozocin-doxorubicin,
streptozocin-fluorouracil or chlorozotocin in the treatment of advanced islet-cell carcinoma”. N Engl J Med 1992;
326:519-23.
13.Pembrolizumab (MK-3475) in patients (pts) with
extensive-stage small cell lung cancer (SCLC):
Preliminary safety and efficacy results from KEYNOTE-02. (Abstract Number:7502, 2015 ASCO
Annual Meeting)
14.Nghiem PT, Bhatia S, Lipson EJ et al., “PD-1
Blockade with Pembrolizumab in Advanced MerkelCell Carcinoma.” N Engl J Med. 2016 Apr 19.
LE METASTASI EPATICHE
DA TUMORE NEUROENDOCRINO:
DAL DE-BULKING AL TRAPIANTO
A cura di Francesco Izzo e Vincenza Granata
IRCCS Fondazione Pascale Napoli
Le neoplasie neuroendocrine gastroenteropancreatiche nel corso del tempo anche se ben o moderatamente differenziate mostrano una particolare
propensione allo sviluppo di metastasi a distanza;
le sedi più spesso coinvolte sono i linfonodi ed il
fegato.
Pertanto, per un corretto management del paziente risulta fondamentale la stratificazione dei pazienti, identificando quel gruppo con lesioni ripetitive epatiche ab inizio e controllando nel corso
della loro vita quelli che, data l�aggressività della
malattia, hanno una elevata possibilità di sviluppare metastasi.
L�approccio multidisciplinare è fondamentale
per identificare non solo il trattamento più opportuno delle lesioni ripetitive epatiche, ma anche quando e come intervenire. Bisogna ricordare
che l�obiettivo sia della chirurgia classica, sia delle
tecniche ablative, rimane la radicalizzazione della
malattia. Obiettivo non sempre perseguibile in un
sol tempo soprattutto laddove ci si trovi di fonte a quadri di impegno metastatico plurimo, in
un organo, la cui riserva funzionale è spesso insufficiente, per i regimi chemioterapici continui.
Tuttavia l�affinamento delle tecniche chirurgiche
ed i progressi tecnologici hanno consentito di
superare quelli che erano i limiti della chirurgia
legati al numero e alle dimensioni delle lesioni ed
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
la rigenerazione del fegato residuo (6), potendo
essere una seconda opzione dopo fallimento della
PVE (6). L’attuale metodo di ALLPS produce un
guadagno volumetrico di circa 77-192%, di gran
lunga superiore a quello ottenibile con le tecniche
tradizionali (PVE o PVP) (6). Se mancano controindicazioni, la terapia di scelta è la resezione
epatica, con margini negativi (R0), sebbene più
spesso sono necessarie resezioni epatiche che impegnano estesi volumi parenchimali, come emiepatectomia o resezioni che coinvolgono più di 5
segmenti (oltre il 70%). Tuttavia questi approcci
possono essere più rischiosi poiché è stato dimostrato che la resezione epatica estesa è un fattore di
rischio indipendente per gravi complicanze postoperatorie (OR, 6,2; 95% CI, 2.11- 19,62) (7,8).
Le terapie locoregionali epatiche quali, l’infusione
arteriosa epatica (HAI), la embolizzazione epatica TAE, la chemioembolizzazione transarteriosa
(TACE o DEB-TACE), la radioembolizzazione
con ittrio (Y-90), sono opzioni terapeutiche che
aumentato la sopravvivenza dei pazienti non eleggibili alla resezione o come coadiuvanti per il raggiungimento dell’R0.
Il trapianto epatico in pazienti con metastasi epatiche da NET è una valida opzione terapeutica,
considerando anche il fatto che si tratta di pazienti
giovani. Tuttavia, la mancanza di organi, e, quindi, i lunghi tempi di attesa fanno sì che spesso i
pazienti affetti da NET, sebbene con un ottimo
performance status, non vengano mai messi tra i
primi in lista. Il tasso di sopravvivenza globale a 5
anni è pari al 69%, la mediana di sopravvivenza
libera da malattia di circa 48 mesi.
Le indicazioni al trapianto epatico nei pazienti affetti da NET sono:
- Età inferiore a 55 anni;
-Tumore primitivo localizzato nel tratto gastroenterico (drenaggio portale);
- Coinvolgimento epatico inferiore al 50%;
-La resezione del tumore primitivo deve essere
avvenuta da almeno sei mesi;
-Deve esserci un buon controllo delle eventuali
sindromi paraneoplastiche della malattia con i
trattamenti sistemici (analoghi della somatostatina, chemioterapia);
- Basso grado di malignità.
oncology update
all�impegno dei linfonodi (3 lesioni non più grandi di 3 cm e linfonodi negativi all�ilo epatico e
margini di almeno 1 cm in tessuto sano).
Esistono sicuramente dei quesiti ancora aperti e
dibattuti. Il primo punto è l�eleggibilità di un paziente ad un intervento di resezione; vanno pertanto considerate mortalità e morbilità e quindi,
se la performance status sia tale da consentirgli di
affrontare una chirurgia, considerata, comunque,
aggressiva. Altro aspetto fondamentale è la mancanza di una malattia extraepatica che non possa
essere radicalizzata in corso di intervento di metastasectomia epatica.
Le indicazioni al trattamento sono quindi le seguenti:
- Possibilità di radicalizzazione (> o uguale al 90%)
- Assenza di malattia extra addominale
- Ki 67 inferiore al 20% e, quindi, malattia ben o
moderatamente differenziata
- Presenza di recettori della somatostatina
- Assenza di comorbidità rilevanti
Elemento fondamentale nel management preoperatorio del paziente è la quantificazione del
volume funzionale epatico residuo, per prevenire l�insorgenza di un�insufficienza epatica postoperatoria. Un inadeguato volume residuo
(FLR) è, infatti, una controindicazione assoluta
all�intervento (1,2). Lo screening preoperatorio
prevede, infatti, test funzionali biochimici e studi
volumetrici di imaging: se la FLR risulta essere
inferiore al 20% rispetto al volume epatico totale
(TLV), le complicazioni sono frequenti anche nei
pazienti sani. Quando il FLR è inferiore al 30%
del TLV, nei pazienti con patologie moderate, è
indicata la Portal Vein Embolization (PVE). La
PVE è anche consigliata nei pazienti con FLR
inferiore al 40% con cirrosi ben compensate (3).
Un parenchima epatico, come risposta alla PVE
diviene ipertrofico, ed il grado di ipertrofia rappresenta un importante fattore prognostico: un
incremento maggiore del 5% riduce il rischio di
complicanze post epatectomia. La PVE, in genere, determina un incremento del 8–20% in 2–6
settimane (4,5). Un�alternativa alla PVE è la legatura chirurgica della vena porta (PVL) (4). Sebbene la PVL non sia una procedura scevra da rischi,
è indicata nei pazienti che devono essere sottoposti alla two-stage hepatectomy (5). In particolare,
in un primo tempo chirurgico è eseguita la PVL e
la resezione parziale, in un secondo tempo, circa
nove giorni dopo, la resezione definitiva. La procedura associa alla resezione epatica la PVL è nota
come advanced laparoscopic liver and pancreatic
surgery (ALPPS) e mira a migliorare ed accelerare
Bibliografia
1. Vyas S, Markar S, Partelli S, et al (2014). Portal vein embolization and ligation for extended
hepatectomy. Indian Journal of Surgical Oncology;5:30–42.
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
35
2. Pulitano C, Crawford M, Joseph D,et al.
(2014). Preoperative assessment of postoperative
liver function: the importance of residual liver volume. Journal of Surgical Oncology;110:445–50.
3. Yokoyama Y, Nagino M, Nimura Y (2007).
Mechanism of impaired hepatic regeneration in
cholestatic liver. Journal of Hepato-Biliary-Pancreatic Surgery;14:159–66.
4. Anaya DA, Blazer DG, Abdalla EK (2008).
Strategies for resection using portal vein embolization: hepatocellular carcinoma and hilar cholangiocarcinoma. Seminars in Interventional Radiology; 25:110–22.
5. BroeringDC, HillertC, KrupskiG, et al.
(2002). Portalveinembolization vs. portalvein ligation for induction of hypertrophy of the future
liver remnant. Journal of Gastrointestinal Surgery;6:905–13.
6. Jaeck D, Oussoultzoglou E, Rosso E, et
al.(2004). A two-stage hepatectomy procedure
combined with portal vein embolization to achieve
curative resection for initially unresectable multiple and bilobar colorectal liver metastases. Annals
of Surgery;240:1037–49
7. Schnitzbauer AA, Lang SA, Goessmann H, et
al. (2012). Right portal vein ligation combined
with in situ splitting induces rapid left lateral liver
lobe hypertrophy enabling 2-staged extended right
hepatic resection in small-for-size settings. Annals
of Surgery;255:405–14. 8. De Santibanes E, Alvarez FA, Ardiles V (2012).
How to avoid postoperative liver failure: a novel
method. World Journal of Surgery;36:125–8. TRATTAMENTI LOCOREGIONALI
DELLE METASTASI EPATICHE
DA NET
Francesco Fiore e Roberto D’Angelo IRCCS
Fondazione Pascale Napoli
Il fegato è il principale organo bersaglio dei secondarismi da GEP-NET.
Infatti, oltre il 40% di pazienti che muoiono di
cancro presentano metastasi epatiche.
È noto che la terapia delle metastasi epatiche varia
in base al:
- Tipo di tumore primitivo;
- Numero di metastasi;
- Localizzazione all’interno del fegato delle metastasi;
- Condizioni generali del paziente.
Nella maggior parte dei pazienti affetti da malattia metastatica del fegato, l’insufficienza epatica
rappresenta la principale causa di morte.
36
Ad oggi, è universalmente accettato che per le metastasi epatiche da NET la chirurgia rappresenta
l�opzione terapeutica di scelta, anche se le cause
di non resecabilità delle metastasi legate alle dimensioni ed al numero delle lesioni, all’estensione
ad entrambi i lobi, al volume del fegato residuo
dopo resezione, alla sede delle localizzazioni, oltre
che, naturalmente, alla presenza di comorbidità,
ne limitano l’approccio in una buona parte dei
pazienti NET metastatici.
Nell’ambito dei NET, le terapie locoregionali
trovano spazio soprattutto laddove è richiesto un
approccio con terapie mini-invasive, e pertanto,
il ricorso a tali procedure sta diventando sempre
più frequente. In linea generale, si tratta di procedure intese alla rimozione delle metastasi epatiche
mediante la loro distruzione, ottenuta con l’inserimento di aghi o sonde nel fegato attraverso la
parete addominale, sotto guida ecografica o TC o
mediante metodiche intravascolari come la TAE,
TACE e la TARE (radioembolizzazione con microsfere di resina legate all’Y90 ).
Le procedure di interventistica radiologica in campo oncologico sono prevalentemente rappresentate
dalle metodiche percutanee extravascolari, come
la termoablazione (’ablazione con radiofrequenza
- RFA, con microonde (MW), CRIOABLAZIONE) che si usa prevalentemente per il trattamento
di metastasi epatiche fino a tre lesioni e non superiori a cm 3 di diametro e le metodiche intravascolari come l’embolizzazione (trans arterial embolization - TAE, trans arterial chemoembolization
– TACE) con cui vengono trattate anche multiple
lesioni epatiche su entrambi i lobi. Altrettanto
importante è la cosiddetta SIRTEX o SIRT 90 Y,
con cui lesioni epatiche multiple non operabili e
non responders agli altri trattamenti locoregionali
vengono trattate con “microbiglie” radiattive (Y90)
definite SIR-Spheres microspheres.
Nella maggior parte dei pazienti con metastasi di
fegato, approcci minimamente invasivi, quali TAE
e TACE sono adottati al posto della chirurgia.
La TAE consiste nella infusione selettiva di particelle nell’arteria epatica propria e sue diramazioni
(segmentale e subsegmentale) che vascolarizzano
le lesioni tumorali.
Con la TAE si occludono i piccoli vasi tumorali causando per questo, ischemia e necrosi. La
TACE differisce dalla TAE per l’aggiunta di un
agente chemioterapico (antracicline come Doxorubicina o Epirubicina) miscelata al Lipiodol
(contrasto-mezzo liposolubile con concentrazione
alta di Iodio; Lipiodol R), selettivamente nelle arterie afferenti alle lesioni seguita dall’infusione di
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
-Non è controindicata dopo terapia chirurgica,
medica o radiometabolica
La Radioembolizzazione interstiziale con microsfere di resina legate all’Y90 (SIRT) rappresenta
una nuova e promettente terapia delle metastasi
epatiche eseguibile anche con una singola procedura.
Il razionale del trattamento con le microsfere Y90
(SIRSpheres; SirtexMedical, Sydney,Australia) è
legato alla presenza di una elevata microvascolarizzazione arteriosa delle metastasi che consente
una elevata concentrazione di microsfere nelle lesioni bersaglio; inoltre l�isotopo radioattivo Y90
ha un�emivita di circa 64 ore ed è un B emittente puro la cui energia si dissipa mediamente in 6
mm di tessuto.
Tale caratteristica consente la liberazione di una
dose terapeutica nella lesione tumorale per circa
14 giorni, mentre l’esposizione radiante al fegato
sano rimane entro livelli tollerabili.
oncology update
particelle embolizzanti (di diametro 75-150 um).
Il trattamento di TAE, prevede l’uso di sole particelle embolizzanti (75-150 um) senza la somministrazione di agenti chemioterapici. Inoltre
negli ultimi anni si esegue prevalentemente il
trattamento TAELE che consiste nell’uso di embolizzante liquido (miscela di 50% di etanolo con
50% di Lipiodol) seguito poi dall’iniezione di
particelle fino al raggiungimento del reflusso nel
vaso afferente.
L’embolizzazione dell’arteria epatica viene eseguita con tecnica di Seldinger percutanea sotto controllo radiologico.
Le indicazioni alla TAE includono la non resecabilità con sintomi riferiti alla massa tumorale, la
produzione di ormone eccessiva, e la rapida progressione epatica.
È stato dimostrato che la TAE perlomeno riduce
i sintomi nelle forme funzionanti e riduce significativamente la vascolarizzazione e le dimensioni
delle lesioni tumorali. (1)
Il razionale è legato al fatto che le metastasi da tumore neuroendocrino generalmente sono molto
vascolarizzate dall�arteria epatica (90%) rispetto al
parenchima epatico normale che riceve invece la
vascolarizzazione per il 75-80% dalla vena porta.
La TAE e la TACE determinano una risposta radiologica nel 50% dei pazienti, con una sopravvivenza (OS) a 5 anni di circa il 60% ed una risposta sintomatica nel 90% dei pazienti.(2)
Si fa riferimento ad una esperienza personale del
gruppo di Fiore et al. in cui 30 pazienti affetti da
GEP NET G1 – G2 con metastasi epatiche sono
stati sottoposti a trattamento locoregionale con
TAE (17 pazienti trattati con 5 cc di Lipiodol e
PVA(75-150 um) o TACE (13 pazienti, trattati
con 5 cc di Lipiodol +50 mg Epirubicin+ PVA
(75-150 um).
I risultati di questo studio hanno dimostrato che,
nel trattamento delle metastasi epatiche da GEP
NET TAE e TACE sono entrambe efficaci.
Per quanto riguarda la tollerabilità, la TAE sarebbe da preferire in considerazione della tossicità
maggiore della TACE per l�aggiunta del chemioterapico, che determina maggiori problematiche
nel post trattamento (3, 4).
Le risposte radiologiche con RECIST sono rispettivamente di Risposta Parziale (66%), Risposta Minima (15%) e malattia stabile (19%), (Figure 7, 8).
Per quanto riguarda le indicazioni della TAE/
TACE:
-In combinazione con chirurgia ed altre terapie
ablative
- Nei casi di progressione durante terapia medica
Figura 7 e 8
Figura 7
MSCT: Metastasi epatiche da GIP NET
Origine corpo–coda pancreas;
tumore funzionante
Figura 8
MSCT dopo tre anni dal trattamento con TAE
Miglioramento clinico radiologico
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
37
Dopo l�iniezione di microsfere legate con Y90 per
controllare se si è ottenuta una corretta distribuzione delle microsfere Y90 nel fegato vengono
eseguiti sia una SPECT attraverso la rilevazione
delle radiazioni X di frenamento sia anche una
PET Y90 (grazie all’emissione di positroni dell’Y90), (Figura 9).
In considerazione delle scarse complicanze e del
rapporto costo/beneficio, tali terapie possono essere ripetute più volte nello stesso paziente per il trattamento di più metastasi ed associate a protocolli
di terapia medica allo stesso modo della chirurgia.
In conclusione:
- La terapia dei NET nelle varie forme di differenziazione necessita della integrazione di terapie
multimodali.
-Le procedure locoregionali sono attualmente
considerate, per l�assenza di dati clinici randomizzati, solo terapie palliative nonostante ci sia
un chiaro miglioramento della qualità della vita.
- La nostra esperienza segnala anche un miglioramento della sopravvivenza anche se non dimostrato statisticamente.
- Le terapie locoregionali possono essere utilizzate
Figura 9
A.
B.
C.
A.
La PET FDG mostra multiple lesioni su entrambi lobi epatici.
B.
PET Y-90 dello stesso caso che dimostra la corretta distribuzione delle microsfere nelle lesioni metastatiche.
C.
SPECT dello stesso caso eseguita dopo iniezione di microsfere di Y 90.
Rilevazione delle radiazioni X di frenamento.
38
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
Take home message
• Tra i marcatori di differenziazione neuroendocrina, la più importante è la Cromogranina A,
che presenta tuttavia numerosi limiti, legati alla
variabilità analitica ed all’alta individualità biologica del marcatore.
• L’endoscopia del tratto digestivo superiore ed
inferiore ha un ruolo importante nella gestione
del paziente con GEP-NET, sia nella localizzazione, nella diagnosi di malattia e nel follow-up.
• Da un punto di vista anatomo- patologico, l’inquadramento classificativo non può prescindere dall’introduzione di un sistema di Grading,
sulla valutazione dell’indice di proliferazione
cellulare (espresso come Ki67 index score e valutato su tessuto mediante colorazione immunoistochimica).
• L'imaging gioca un ruolo fondamentale nell’identificazione della lesione e della sua sede,
così come nella caratterizzazione e nell'identificazione di metastasi a distanza.
• L’imaging funzionale e la terapia usando lo stesso ligando rappresentano un esempio di medicina personalizzata e di teranostica.
• Si sono dimostrati efficaci per il trattamento dei
tumori neuroendocrini in fase avanzata gli analoghi della somatostatina), l'everolimus, il sunitinib. Promettente scenario terapeutico è offerto dall’immunoterapia. Per quanto riguarda
la Chemioterapia, sono in corso studi clinici di
fase III che si propongono di rivalutare l’utilizzo
di farmaci “storici” (come la streptozotocina ed
il 5 Fluoruracile) e studiarne l’ottimale sequenza
di utilizzo.
• L’obiettivo sia della chirurgia classica sia delle
tecniche ablative rimane la radicalizzazione
della malattia.
• L’approccio chirurgico e l’utilizzo di terapie locoregionali per il trattamento delle lesioni ripetitive epatiche da NET vanno valutati attentamente in ambito multidisciplinare per pianificare se,
come e quando e intervenire.
Bibliografia
1 Fiore F, Del Prete M, Franco R et al., Transarterial embolization (TAE) is equally effective and
slightly safer than transarterial chemoembolization
(TACE) to manage liver metastases in neuroendocrine tumors. Endocrine 2014 47 177-182.
2. Del Prete M., Fiore F., Modica R. et al., Hepatic arterial embolization in patients with neuroendocrine tumors. Journal of Experimental &
Clinical Cancer Research 2014 33:43
3. Somma F, D’Angelo R, Serra N et al., Use of
Ethanol in the Trans-Arterial Lipiodol Embolization (TAELE) of Intermediated-Stage HCC: Is
This Safer than Conventional Trans-Arterial Chemo-Embolization (c-TACE)? PLoS One. 2015 Jun
25;10(6)
oncology update
in diverse fasi della malattia associate tra loro,
a terapia medica, terapia metabolica e a terapia
chirurgica.
4. Cosimelli M, Golfieri R, Cagol PP et al.,
Multi-center phase II clinical trial of Yttrium-90
resin microspheres alone in unresectable, chemitherapy refractory colorectal liver metastase. Br J
Cancer 2010; 103: 324-331
CONCLUSIONI
Il trattamento delle neoplasie neuroendocrine è
complesso e prevede l�integrazione multidisciplinare in tutte le fasi, diagnostica, terapeutica e di
follow-up. Tale concetto andrebbe promulgato sia
nella comunità medica, facilitando il riferimento
del paziente a centri di provata esperienza e con
certificata attività multispecialistica, sia nella popolazione generale. L�innovazione tecnologica, lo
sviluppo e la disponibilità di nuovi farmaci ed approcci terapeutici, hanno permesso di migliorare
i risultati in termini di sopravvivenza e di qualità
di vita. Multidisciplinarietà e nuovi farmaci. Sono
queste le parole chiave che racchiudono il senso
della strategia diagnostico - terapeutica da mettere
in atto per il trattamento dei tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici in fase avanzata.
CORRISPONDENZA
Dr. SALVATORE TAFUTO
UOS Oncologia Addominale IRCCS
Fondazione Pascale 80131, Napoli
Tel. 081 5903680
E-mail: [email protected]
Dott.ssa CHIARA DE DIVITIIS
UOS Oncologia Addominale IRCCS
Fondazione Pascale 80131, Napoli
Tel. 081 5903680
E-mail: [email protected]
GIORNALE ITALIANO DI ENDOSCOPIA DIGESTIVA ∙ GIUGNO 2016
39
Scarica