Intervista a Peter Bradeck, presidente Nestlé, su riscaldamento

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PUNTI DI VISTA
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RISCALDAMENTO GLOBALE
Il presidente Nestlé, il clima, Dio...
di Chiara Mandelli
Hanno creato scalpore in tutto il
mondo ecologista e non le
dichiarazioni di Peter Brabeck,
presidente del gruppo Nestlé,
sul tema del global warming (il
fenomeno del riscaldamento
globale). Brabeck ha sostenuto
che non sono gli esseri umani e
le emissioni di anidride carbonica le reali cause del problema,
che è semplicemente, secondo
lui, un fenomeno naturale.
Appare perlomeno singolare che
il leader di un’azienda che produce, tra l’altro, cioccolato si
esprima in questo modo. Proprio quella del cacao, infatti, è
una delle piante più delicate e
sensibili al calore. Si calcola
infatti che a causa del global
warming entro il 2050 si rischia
di dimezzare la quantità del
cacao prodotto. E non solo il
cacao, ma anche le coltivazioni
di uva, mele e caffè rischiano
grosso per il crescere delle temperature. Danni con i quali
l’agricoltura ha gà iniziato a
fare i conti da tempo.
Approfondimenti:
http://tinyurl.com/Ambiente
Ecologia
l cambiamento climatico fa parte
intrinsecamente
dello sviluppo del
mondo. Poiché da quando
esiste il mondo abbiamo avuto cambiamenti climatici e
avremo cambiamenti climatici finché esisterà il mondo. È
più interessante pensare a
quello che possiamo fare al
fine di adattarci ai cambiamenti climatici. Siamo Dio
per dire come deve essere
l’oggi, e come dovrà essere
il domani? È questo il modo
di andare avanti? Noi non
siamo Dio. Quel che dobbiamo garantire è che il cambiamento climatico avvenga
entro un lasso di tempo
entro il quale l’umanità possa adattarsi», ha dichiarato il
«I
presidente Brabeck a Davos,
dopo avere partecipato al
summit del World economic
forum, intervistato da Jo
Corfino del Guardian.
«Le emissioni di carbonio
sono un fattore, ma stanno
semplicemente accelerando
quel che è già un evento
naturale. Se troppe emissioni
di CO2 stanno accelerando il
cambiamento climatico in un
modo che ci toglie la possibilità di adattarci, allora abbiamo un problema, ma quello
che penso è che è sbagliato
dire che oggi dobbiamo fermare il cambiamento climatico. Non è un approccio
naturale. Quello che dobbiamo fare è fare i conti con la
velocità con cui il cambiamento climatico sta avvenendo e avere la stessa velocità
nell’adattarci».
In pratica, secondo l’opinione del presidente Nestlé,
non esiste teoricamente una
soglia non oltrepassabile del
riscaldamento globale proprio perché non sono le attività umane a provocarlo.
Quello che
possiamo fare
Ma se davvero siamo nelle
mani di Dio, che cosa possono fare le multinazionali come Nestlé e che senso ha il
loro impegno in materia ambientale? Le dichiarazioni di
I DATI FINANZIARI DI NESTLÉ:
2014-2012 (mld chf e var. %)
2014
Ricavi I° trimestre (mld chf)
20,8
Var. % su I° trim. 2013
–5,1
2013
Fatturato (mld chf)
92,2
Var. % sul 2012
+4,6
Utile netto (mld chf)
10,0
2012
Utile netto (mld chf)
10,2
Fonte: dati ufficiali Largo Consumo
Brabeck hanno in effetti
messo in imbarazzo Nestlé,
che da anni punta a presentarsi, tra mille polemiche, come una company attenta all’impatto ambientale dei
prodotti che commercializza
e impegnata direttamente in
politiche di riduzione delle
emissioni di anidride carbonica. Proprio quest’anno, insieme a Coca-Cola e Unilever, Nestlé si è guadagnata
il podio tra le aziende più
virtuose dal punto di vista
dell’impatto ambientale e
sociale secondo Oxfam
(Oxford Commitee for Famine Relief), confederazione di 17 organizzazioni non
governative che lavorano
con 3.000 partner in più di
100 Paesi nel mondo per
contrastare la povertà e l’ingiustizia.
In questo modo, inoltre,
Brabeck contraddice tutti gli
scienziati internazionali che
insistono sul massimo
aumento di due gradi della
temperatura terrestre, soglia
ritenuta il massimo sostenibile per il pianeta, e sulle
cause umane del fenomeno.
Proprio nelle scorse settimane, a Berlino, il Gruppo
intergovernativo di esperti
sul cambiamento climatico (Ipcc) ha puntato l’indice
sulle emissioni di gas serra,
che ogni anno aumentano di
un miliardo di tonnellate.
Vista questa crescita esponenziale, secondo gli scienziati, le emissioni dovrebbero essere ridotte da qui al
2050 almeno del 40%
(ancora meglio se del
70%). L’obiettivo appare
davvero arduo e sarebbe
ottenibile soltanto riducendo radicalmente l’uso dei
combustibili fossili come
petrolio, carbone e gas, per
sostituirli con le rinnovabili
nei prossimi 15-20 anni.
Sono proprio petrolio e affini,
LARGO CONSUMO n. 5/2014
secondo gli esperti, ad avere
contribuito per il 78% all’incremento totale di emissioni
dal 1970 al 2010.
A Davos, Brabeck era
ospite come presidente del
meeting Water Resources
Group (Wrg) che si svolgerà nel 2030. Proprio sul
tema del’acqua, nell’intervista riportata dal Guardian,
ha espresso serie preoccupazioni. «Non è più solo un
problema del futuro, dato
che molti Paesi stanno già
lottando per soddisfare le
esigenze di una popolazione
in crescita e di una economia in espansione.
Non ho mai visto così
tanti presidenti e ministri
interessati a parlare di
acqua, perché devono
costantemente confrontarsi
con la questione nelle loro
decisioni quotidiane. La
questione dell’acqua è così
complessa che, francamente, nessuno può gestirla da
sola. Il cibo e la sicurezza
energetica di un Paese, così
come il benessere della sua
popolazione, dipendono
dall’acqua.
Nella maggior parte dei
casi, in un governo, la
responsabilità per l’acqua è
suddivisa tra 20 e 28 diversi ministri e agenzie. Quindi si deve avere un approccio coordinato e il modo in
cui nel 2030 Water Resources Group può aiutare è
quello di stabilire un partenariato pubblico/privato
locale che coordini tutti gli
sforzi per trovare e per elaborare una strategia dell’acqua sostenibile.
Questa non è una cosa
facile, dato che così tante
organizzazioni hanno in corso loro singole iniziative e
che c’è una risposta umana
naturale nel preferire di
essere la testa di un topo che
la coda di un elefante».
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