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Lettere e interventi - QT n. 4, 21 febbraio 2004
Nestlè: perché il boicottaggio
di Duccio Dogheria
Sabato 7 febbraio, a pagina 11 de L’Adige, la multinazionale svizzera Nestlé fa pubblicare una pubblicità che a tutta pagina
proclama il proprio buon operato, non solo difendendosi dalle infamanti accuse che la vogliono una delle principali
responsabili delle morti nel mondo per malnutrizione, ma contrattaccando a queste accuse esordendo con queste parole: "Più
di 130 anni fa, Henri Nestlé sviluppò la farina lattea per salvare la vita di un bambino che non poteva essere nutrito con il
latte materno", per poi continuare in questi termini: "Siamo stati i primi ad applicare spontaneamente il Codice dell’OMS
che raccomanda la promozione dell’allattamento materno... La nostra politica nei Paesi in via di sviluppo non prevede
campagne pubblicitarie, promozioni nei negozi o distribuzione di campioni gratuiti... Anche noi vogliamo contribuire alla
crescita economica e civile dei paesi in via di sviluppo dove impieghiamo 122.000 collaboratori con condizioni di lavoro tra
le migliori".
La pubblicità, che non reclama un prodotto ma l’immagine dell’azienda, si conclude ribadendo che nonostante la buona
condotta etica della multinazionale c’è chi ancora sostiene che essa violi le direttive dell’OMS, offendendo innanzitutto
migliaia di lavoratori.
A riprova della propria bontà, la Nestlé affianca al testo una citazione, datata 1869, tratta dal "Trattato sull’alimentazione
dell’infanzia", scritto per l’appunto da Henri Nestlé: "Durante i primi mesi, il latte materno rimane sempre il nutrimento più
naturale, ed ogni madre in grado di farlo dovrebbe lei stessa allattare i suoi bimbi".
Nulla da eccepire, dunque? Al contrario. La strategia di chi per giustificare la realtà attuale invoca la moralità del fondatore,
raramente funziona nel campo delle multinazionali.
Così come sir Thomas Lipton, fondatore nell’Ottocento dell’omonimo tè, non ha molto a che fare con il marchio attuale di
proprietà della multinazionale alimentare e chimica Unilever, così come i fratelli McDonald, che nella California degli anni
Cinquanta vendevano hamburger e patatine in un modesto drive-in, hanno in comune con l’attuale multinazionale soltanto il
nome, così il fondatore della Nestlé è sostanzialmente altro rispetto alla multinazionale svizzera.
La Nestlé, presente in 81 paesi, è il principale produttore di latte in polvere e leader mondiale anche nel settore delle acque
minerali e del caffè. Ma fin qui nulla da eccepire in merito all’eticità aziendale. I problemi sorgono quando si sfogliano
pubblicazioni come la "Guida al consumo critico. Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo
consapevole" (edizioni EMI, 2000, reperibile nelle botteghe del commercio equo). Quanto segue è una sintesi di quanto si
può leggere alla voce Nestlé: un’immagine ben diversa da quella della pubblicità…
Potere. La Nestlè fa parte di ERT, un’associazione europea creata per rappresentare gli interessi delle multinazionali in sede
europea e fa parte pure di EuropaBio, associazione che raggruppa le industrie con interessi nel settore delle biotecnologie, il
cui scopo è d’intervenire a tutti i livelli per legittimarne l’impiego.
Terzo mondo. La Nestlè è uno dei massimi responsabili delle gravi condizioni in cui versano milioni di contadini del Sud
del mondo, perché i suoi metodi commerciali non garantiscono guadagni dignitosi. I sindacati brasiliani hanno sottolineato
che la società opprime gli attivisti sindacali e subappalta il lavoro ad aziende meno rispettose dei diritti sindacali, in modo da
indebolire l’organizzazione sindacale interna ai suoi stabilimenti.
Vendite irresponsabili. IGBM segnala che Nestlé trasgredisce sotto molti aspetti il codice OMS sul latte in polvere,
promuovendone l’uso attraverso distorte informazioni alle madri ed al personale infermieristico, attraverso la distribuzione
gratuita alle strutture sanitarie e alle madri; l’Autorità Garante italiana ha messo in evidenza che anche in Italia Nestlé ha
l’abitudine di distribuire gratuitamente latte in polvere agli ospedali, il che pone seri dubbi sul rispetto dell’articolo del codice
OMS che regolamenta le forniture agli ospedali. Nel libro "Milking profits", Syed Aamar Raza, ex dipendente della Nestlé,
racconta come l’azienda violi il codice OMS in Pakistan. Nel 1999 Nestlé è stata ammonita dall’Antitrust inglese per una
pubblicità in cui si affermava che l’impresa aveva sempre rispettato il codice OMS.
Organismi geneticamente modificati. Nel 1996 Uniliver e Nestlé hanno respinto la richiesta di tenere separata la soia
ordinaria da quella manipolata geneticamente. Nel 2000 Legambiente ha scoperto che il prodotto Nestlé Alsoy, un alimento
in polvere per l’infanzia, contiene proteine isolate di soia OGM.
Ecco i motivi del boicottaggio internazionale alla Nestlè, coordinato da Baby Milk Action, per indurre l’azienda a sospendere
la violazione del Codice OMS per la commercializzazione dei sostituti del latte materno.
Per chi volesse avere maggiori informazioni, rimandiamo alla guida dell’EMI o ad Internet.