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21 novembre 2008
GALASSIAMENTE
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Adolescenti a rischio depressione
La depressione è un problema poco
riconosciuto negli adolescenti poiché i
repentini cambiamenti d'umore e del
comportamento sono per lo più
considerati manifestazioni normali
dell'adolescenza. Tuttavia spesso l’esordio depressivo
avviene proprio in questa fase delicata della vita ed è
legato ad una combinazione di fattori. Uno studio
recentissimo, con un approccio psicobiologico,
effettuato da ricercatori dell’IRCCS Eugenio Medea di
Bosisio Parini e dell’Università Vita-Salute San Raffaele
di Milano, su un campione di preadolescenti italiani,
ha indiv...
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21 novembre 2008
GALASSIAMENTE
21/11/2008
Adolescenti a rischio depressione
ROSALBA MICELI
La depressione è un problema poco riconosciuto negli
adolescenti poiché i repentini cambiamenti d'umore e del
comportamento
sono
per
lo
più
considerati
manifestazioni normali dell'adolescenza. Tuttavia spesso
l’esordio depressivo avviene proprio in questa fase
delicata della vita ed è legato ad una combinazione di
fattori. Uno studio recentissimo, con un approccio
psicobiologico, effettuato da ricercatori dell’IRCCS
Eugenio Medea di Bosisio Parini e dell’Università VitaSalute San Raffaele di Milano, su un campione di
preadolescenti italiani, ha individuato alcune variabili genetiche e psicosociali - che giocano in sinergia un ruolo
chiave nell’insorgenza del quadro depressivo. L’ipotesi idi ricerca prende le mosse da una serie di quesiti:
perché certi adolescenti sono più vulnerabili di altri? Come riconoscere le situazioni a rischio?
Studi precedenti hanno già evidenziato il ruolo di fattori genetici per sintomi depressivi nei bambini e
adolescenti. Ad esempio, è noto che sia nell’uomo che nei primati, gli esemplari che possiedono un allele 5HTT corto, “i piccoli trasportatori di serotonina”, reagiscono dolorosamente alle perdite affettive, hanno
difficoltà a recuperare l’equilibrio dopo una separazione, in quanto vivono ogni piccolo avvenimento come un
intenso stimolo. Anche alcune variazioni nel gene TPH2 sono state associate a disordini emozionali.
Allo stesso tempo vi è una ragionevole prova che un clima familiare sereno influisca sullo sviluppo emotivo
del bambino e dell’adolescente, soprattutto nella capacità di regolare le emozioni con valenza negativa
(paura, rabbia, tristezza, angoscia, esaltazione) e che l’esposizione ad ambienti familiari particolarmente
stressanti, soprattutto nelle fasi più precoci dello sviluppo, costituisca l’humus dove si possa sviluppare una
sindrome depressiva.
La ricerca attuale ha considerato per la prima volta congiuntamente la componente genetica (due
polimorfismi presenti in due geni del sistema serotoninergico, TPH2 G-703T e 5-HTTLPR, che regolano
rispettivamente la sintesi e il re-uptake di serotonina) e ambientale (struttura familiare monoparentale). Lo
studio, finanziato dal Ministero della Salute italiano, ha preso in esame un campione di 607 preadolescenti
italiani di età compresa tra i 10 e i 14 anni. I genitori hanno compilato la Child Behavior Checklist (CBCL) 618, un questionario che indaga diversi sintomi emotivi e comportamentali presenti dall'infanzia
all'adolescenza, mentre le analisi genetiche sono state condotte sul DNA estratto dalla saliva dei ragazzi,
raccolta dietro consenso dei genitori.
collegato alla “Association for Children and Adolescent Mental Health”, indicano che varianti genetiche
specifiche e contesti familiari caratterizzati dalla presenza di un solo genitore (a causa di separazione,
divorzio o morte di un coniuge), sono dei fattori di rischio indipendenti l’uno dall’altro, e che l'interazione tra
le due componenti incrementa sensibilmente la possibilità di insorgenza di disturbi psicologici nei giovani.
Approfondiamo l’argomento con il dr. Massimo Molteni, Direttore sanitario e responsabile della ricerca in
Psicopatologia all' IRCCS “E. Medea - Ass. La Nostra Famiglia” di Bosisio Parini - struttura dedicata alla
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ricerca e la riabilitazione nello specifico ambito dell’età evolutiva.
La famiglia monoparentale è stata spesso associata ad un maggior rischio di aggressività dei
ragazzi, spesso nei confronti dell'unico genitore convivente. Questa ricerca analizza l'aspetto
depressione. C'è una relazione tra i due fenomeni?
“La questione è complessa, perché il comportamento aggressivo può essere, in alcuni casi, espressione
sintomatica all’interno di un episodio depressivo, ma anche la manifestazione di un Disturbo della Condotta
o di un Disturbo Oppositivo-Provocatorio; e i due disturbi, per quanto ne sappiamo, sono molto diversi nella
loro origine patogenetica”.
Come agisce la vulnerabilità biologica?
“La vulnerabilità biologica è un fenomeno complesso legato a numerosi fattori genetici. Le ricerche più
recenti indirizzate allo studio della interazione gene-ambiente, e anche la nostra si colloca in questo filone di
ricerca, evidenziano come la vulnerabilità biologica diventa significativa solo quando interagisce con i fattori
di rischio psicosociale e viceversa. Sia il disturbo della condotta che la depressione trovano nelle difficili
condizioni sociali e familiari un oggettivo fattore di rischio, e la famiglia monoparentale è certamente un
indicatore di rischio psicosociale e relazionale. In un nostro precedente lavoro uscito l’anno scorso su
“Developmental Psychopatology” abbiamo evidenziato la presenza di una frequenza di comportamenti
“esternalizzanti” (tra cui i comportamenti aggressivi) significativamente più elevata nei preadolescenti che
presentavano la simultanea presenza di più varianti genetiche specifiche - delle quali una è proprio quella
legata al trasportatore della serotonina, coinvolta in questa ricerca - solo se interagenti con condizioni sociofamiliari di rischio”.
I risultati della ricerca suggeriscono delle ipotesi?
“Facciamo una ipotesi suggestiva: solo i preadolescenti con fattori di rischio biologico, sia per la depressione
che per il comportamento impulsivo, manifestano comportamenti aggressivi nel corso di episodi depressivi,
in presenza di fattori ambientali “tossici” come il vivere in famiglie disgregate. In questi casi la depressione
potrebbe accentuare la tendenza impulsiva con i conseguenti comportamenti aggressivi e/o trasgressivi,
ulteriormente facilitati dalla fragilità del contesto ambientale del ragazzo, in cui il genitore convivente è reso
“debole”, sia sul piano educativo che relazionale, dalla crisi coniugale”.
In ultima analisi, la famiglia monoparentale risulta particolarmente “tossica” per la salute
mentale?
“Ci sono numerosi lavori che evidenziano come la famiglia disgregata è un importante fattore di rischio. Del
resto la disgregazione familiare è il punto di arrivo di una situazione di relazioni familiari molto difficili che
spesso durano nel tempo e che agiscono da stress cronico, su cui poi si scarica l’evento traumatico della
separazione, che, non dimentichiamolo, è sempre un trauma per il bambino. In aggiunta, gli equilibri
relazionali e gli schemi educativi che si determinano dopo la separazione sono spesso precari e lontani
dall’essere adeguati alle esigenze dei bambini e degli adolescenti. Non quindi la famiglia monoparentale, ma
la disgregazione famigliare causata da conflitti relazionali, è uno dei fattori di rischio più importanti per la
salute mentale del bambino”.
Quali possibili interventi di prevenzione sono fattibili a livello sociale?
A mio avviso ci sono tre tipi di intervento possibili: uno di tipo culturale che rimetta al centro l’importanza
della famiglia per la salute mentale dei bambini: e questo passa pure attraverso un ripensamento dei modelli
di comunicazione sociale che vengono proposti anche dai media; un altro di tipo sociale, di sostegno alla
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formazione del rapporto di coppia: si arriva ad essere coppia e a generare figli senza una adeguata
conoscenza e preparazione sulle abilità necessarie a vivere in una relazione di coppia in un contesto così
rapidamente modificato rispetto alle tradizioni del passato; un terzo intervento di tipo professionale, diretto
su tutte le famiglie che subiscono un processo di disgregazione, così da poter individuare fin da subito
elementi di sofferenza nei bambini ed intervenire precocemente, prima che si manifesti il quadro patologico
conclamato”.
La ricerca ha evidenziato differenze nella suscettibilità alla depressione tra preadolescenti
maschi e femmine?
“Nel nostro campione c’è una lieve prevalenza di suscettibilità nel sesso maschile, ma non è statisticamente
significativo: è verosimile che in un campione più vasto questa lieve differenza scompaia. Il rapporto di
prevalenza per la depressione tra maschi e femmine è di 1:1 in età scolare e vira verso una prevalenza nel
sesso femminile in adolescenza. Il nostro campione fotografa proprio l’età di transizione tra età scolare e
adolescenza, verosimili le oscillazioni legate al campionamento”.
+ Istituto Scientifico Eugenio Medea
+ The Association for Child and Adolescent Mental Health
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