LA STAMPA – Galassiamente
9 dicembre 2011
SCIENZA
GALASSIAMENTE
09/12/2011 -
La salute mentale in adolescenza
+ IRCCS Eugenio Medea
ROSALBA MICELI
Chi è impegnato nella ricerca biomedica e clinica in neuropsichiatria infantile si misura ogni
giorno con la straordinaria complessità della mente umana che si sviluppa lungo le traiettorie
disegnate dall’architettura delle reti neurali, plasmata dalla continua forza modellatrice
dell’ambiente, sia esso fisico che psicosociale. L’adolescenza, in particolare, si configura come fase
che può essere vissuta come una occasione di crescita o rivelarsi luogo mentale di occasioni
perdute. In un ambito ancora relativamente povero di conoscenze scientifiche diventa
fondamentale individuare quei fattori biologici, ambientali e relazionali che possono determinare
l’insorgenza di malattia mentale in età evolutiva, allo scopo di mettere a punto modelli condivisi di
prevenzione ed intervento e di alleviare il carico di sofferenza che tali disturbi esercitano sulle
famiglie.
Nel 2008 ha preso avvio - tra i programmi di ricerca biomedica del Ministero della Salute - il
primo Programma Nazionale di Ricerca Strategica in Età Evolutiva, guidato dall’IRCCS Medea - La
Nostra Famiglia, che ha coinvolto la Regione Lombardia, l’IRCCS Stella Maris, l’Agenzia Sanitaria
Regionale - Regione Emilia Romagna e l’Istituto Superiore di Sanità. I primi risultati del lavoro del
network sono stati presentati recentemente durante l’incontro “Promuovere la salute mentale
nell’età evolutiva”, organizzato dall’IRCCS Medea - La Nostra Famiglia presso l’Università degli
Studi di Milano.
Una linea di ricerca si è focalizzata sui fattori di rischio biologico e psicosociale nell’insorgenza di
disturbi psicopatologici esternalizzanti (aggressività, bullismo, iperattività) ed internalizzanti
(ansia, depressione). In continuità con il precedente progetto di ricerca epidemiologico PRISMA,
l’IRCCS Medea ha sviluppato uno studio di follow-up epidemiologico attraverso diverse fasi
dell’adolescenza su circa 300 ragazzi, per determinare l’eventuale persistenza nei tratti patologici
valutati nella fascia di età tra i 12/14 anni, anche in adolescenza (16/18 anni) e analizzare i fattori
che possono influenzare la permanenza o la nuova insorgenza di disturbi. Sono stati ricontattati
Si parla di IRCCS “E. Medea” - Ass. La Nostra Famiglia
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470 ragazzi di età compresa fra i 16 e i 18 anni che avevano partecipato sia alla fase di valutazione
clinica che biologica dello studio precedente (PRISMA). Alla seconda fase dello studio hanno
aderito 287 ragazzi (141 ragazze e 146 ragazzi) con un tasso di adesione del 61%, simile a quello
di analoghe ricerche internazionali.
Il primo dato che emerge è la conferma di continuità tra le due fasi di vita prese in esame: la
presenza di un disturbo psicologico nella pre-adolescenza è l’indicatore di rischio più elevato per
soffrire di un problema psicopatologico in adolescenza. Tale continuità si manifesta però con
modalità sintomatiche anche molto diverse, ovvero alcuni disturbi si mantengono invariati nel
tempo, mentre altri cambiano la loro espressività clinica. In particolare, il disturbo oppositivo
provocatorio in pre-adolescenza è un fattore di rischio per la comparsa di numerose patologie in
adolescenza, anche molto diverse tra loro come l’ansia, la depressione il disturbo della condotta. Si
è dimostrato particolarmente stabile invece il “disturbo della condotta”, che può dare notevoli
ricadute a livello sociale.
Un altro elemento interessante è la minore significatività - quale fattore di rischio - dell’ambiente
familiare in tarda adolescenza, fattore che, al contrario, nella fase pre-adolescenziale riveste un
ruolo molto importante. C’è anche da considerare l’impatto di eventi di vita considerati avversi
(cruciale il concetto di perdita: perdita ineluttabile e incontrollabile come la perdita di un genitore,
la perdita della salute, o perdita controllabile in altri casi) anche se la modalità con cui alcuni
eventi di vita interagiscono sia con quadri sintomatici già presenti nel pre-adolescente sia con una
predisposizione a sviluppare sintomi psicopatologici appare tutt’altro che lineare.
Tra i meccanismi che sembrano essere alla base del processo di continuità/discontinuità
riscontrato giocano un ruolo significativo anche i fattori genetici, ma solo mediante una complessa
interazione con diversi fattori ambientali: i risultati della ricerca confermano l’idea che non esiste
un “determinismo” genetico per le forme psicopatologiche analizzate, ma anche che non esiste
neppure un ambiente “ideale” in grado di eliminare in maniera assoluta tutti i rischi. La
promozione della salute mentale deve mirare dunque ad interventi competenti che favoriscano
l’acquisizione di abilità utili a far fronte alla complessa interazione ambientale, riducano l’impatto
negativo delle anomalie biologiche e strutturali, facilitino quelle modificazioni del contesto
ambientale che lo rendono più rispettoso delle insopprimibili diversità umane.
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