Che cos’è la pedagogia Significato etimologico Etimologicamente il termine Pedagogia deriva dal greco Paidagoghia, che è una parola costituita dal suffisso pais-paidos, che significa “bambino” e ago che significa “guidare, condurre, accompagnare”: nell'antica Grecia il pedagogo era uno schiavo che accompagnava il bambino a scuola o in palestra. La pedagogia come disciplina che studia il processo formativo Oggi con pedagogia si intende la disciplina che studia il processo formativo, anche progettandolo a livello teorico e pratico. Il processo formativo è l’insieme delle attività e delle situazioni grazie alle quali un individuo riceve da altri individui della comunità quanto gli è necessario per 1) sviluppare efficacemente le sue capacità individuali e 2) inserirsi pienamente nella società a cui appartiene. Il processo formativo è costituito da due differenti tipologie di attività: 1) l’istruzione, che è volta alla trasmissione e alla conservazione di nozioni e comportamenti (per es. una lezione scolastica di matematica o una esercitazione di guida); 2) l’educazione, che è volta alla formazione globale della personalità (per es. un genitore che educa il figlio ad essere altruista). (leggere Testo 2 a pag. 7). La pedagogia è quindi un insieme di pensieri e discorsi su ciò che è importante insegnare, sui modi in cui è meglio farlo, sui fini e sui metodi della formazione. Lo sviluppo della pedagogia attraverso i secoli costituisce l’oggetto di un settore di ricerca chiamato storia della pedagogia. La pedagogia, benché sia una disciplina autonoma, si serve dei contributi delle altre scienze sociali, come la psicologia, la sociologia, l’antropologia, la storia, ecc. Perché l’uomo ha bisogno di essere educato L’uomo, a differenza di altri animali, vive immerso in un ambiente culturale, che egli stesso ha costruito e organizzato (e continuamente accresce) e che gli permette di controllare e modificare la natura secondo i suoi bisogni. Costruire un ambiente culturale significa: costruire e usare strumenti; impiegare un linguaggio simbolico-verbale per comunicare; organizzarsi in società; elaborare valori, norme e modelli di comportamento. Attraverso la cultura l’uomo non solo “piega” la natura alle sue esigenze, ma anche risponde al suo bisogno di spiegare e interpretare la realtà. La cultura dunque è importante sia per l’individuo, in quanto gli permette di sviluppare a pieno le sue potenzialità, sia per la società, perché attraverso la cultura può sopravvivere e continuare a crescere. Tuttavia, la cultura non si “eredita” al momento della nascita, non è iscritta nel codice genetico degli individui: perché ogni nuovo membro possa farla propria, rielaborarla e utilizzarla, deve essere trasmessa. Secondo lo psicologo statunitense Jerome Bruner, il bisogno di educazione distingue l’uomo dagli altri animali e questo bisogno è favorito da precisi fattori biologico-evolutivi, in particolare dal fatto che gli uomini hanno un’infanzia (cioè una condizione di dipendenza dagli adulti) molto più lunga rispetto ad altre specie animali, durante la quale la trasmissione culturale può avvenire in modo accurato, con una lento ed efficace assorbimento da parte dei nuovi individui (si chiama tendenza alla “neotenia” la selezione evolutiva di forme immature, cioè il fatto che la natura ha favorito le specie i cui membri - che vengono al mondo attraverso una lunga gestazione - alla nascita sono immaturi e raggiungono la maturità attraverso un processo di lungo periodo. Leggere il Testo 1 pag. 6). L’educazione informale nelle società senza scrittura Il processo formativo consente di conservare il patrimonio culturale sviluppato da un determinato gruppo umano e di trasmetterlo ai suoi nuovi componenti. Nelle società senza scrittura questa trasmissione avviene prevalentemente in modo spontaneo o non programmato (educazione informale), mediante: 1) l’osservazione diretta e l’imitazione, attraverso le quali i giovani si preparano alle mansioni che dovranno svolgere quando saranno adulti; 2) i riti di iniziazione, con cui un individuo entra ufficialmente a far parte della comunità degli adulti, oppure viene a conoscenza dei misteri religiosi; 3) racconti, miti e canti, 1 attraverso i quali il singolo assimila l’universo simbolico della sua comunità. Si tratta quindi di una trasmissione che avviene tramite l’esperienza diretta e concreta, o mediante l’ascolto delle narrazioni e degli insegnamenti degli adulti. L’educazione informale si caratterizza per la mancanza di specifici “progetti” formativi e non presuppone luoghi o momenti specificamente programmati, ma si svolge in modo spontaneo nel corso dei diversi momenti della vita quotidiana. Secondo l’antropologo Bernardi, anche la nostra società si avvale di momenti di educazione informale (per es. l’educazione dei bambini da parte dei genitori. Leggere il Testo 5 pag. 25). Educazione e scrittura tra Mediterraneo e Oriente Egitto e Mesopotamia: l’educazione dei sacerdoti e degli scribi Nelle prime società dell’area del Mediterraneo che hanno sviluppato la scrittura, cioè quella egizia e quella mesopotamica, il sapere formale è appannaggio di chi possiede la scrittura, cioè i sacerdoti e gli scribi. Per questo la prima educazione degli appartenenti a queste due caste è mirata all’apprendimento delle tecniche della scrittura, della lettura e del calcolo. Per favorire lo studio di tali tecniche sorgono luoghi separati e appositamente predisposti: vere e proprie strutture scolastiche, in cui si elaborano metodi didattici come la copiatura, e si impara a usare strumenti e materiali economici quali l’argilla, i cocci e le tavolette rivestite di gesso. L’educazione dei sacerdoti e degli scribi era concepita su diversi livelli: 1) il primo grado è quello dell’istruzione alla lettura, alla scrittura e al calcolo; 2) il secondo è quello della formazione etico-religiosa; 3) il terzo è infine la professionalizzazione rispetto al settore specifico in cui ci si inserirà. Nella città mesopotamica di Mari è stata rinvenuta la prima struttura scolastica di cui si ha testimonianza, risalente a circa due millenni prima di Cristo. Tale struttura era dedicata alla formazione degli scribi. Il fatto che si trovasse in un luogo lontano dal tempio dimostra che le scuole degli scribi erano ormai autonome rispetto al centro religioso. Negli scavi sono emersi banchi di pietra disposti a file, bacinelle per mantenere umide le tavolette di argilla utilizzate per la scrittura, conchiglie probabilmente impiegate per le operazioni di calcolo. Per quanto ci è dato sapere, nelle scuole di istruzione primaria, chiamate “Casa del Libro” in Egitto e “Casa delle Tavolette” in Mesopotamia, operava personale specializzato. Queste prime scuole avevano già un’organizzazione simile alle nostre: 1) ambienti appositamente attrezzati; 2) materiali specifici; 3) insegnanti di professione; 4) discipline e metodi ben definiti; 5) libri di testo. Solo per alcuni giovani più dotati lo sviluppo delle conoscenze di base e il loro approfondimento continuava in istituti di istruzione superiore quali la “Casa della Sapienza” in Mesopotamia e la “Casa della Vita” in Egitto. L’India Nella società indiana, l’educazione è caratterizzata dall’immobilismo e dal tradizionalismo. Le fonti dell’educazione sono rappresentate dai testi sacri dei Veda, e successivamente, dalla predicazione del Buddha, il quale traccia un itinerario di “purificazione” attraverso il quale l’individuo, imparando a svincolarsi sempre più dai bisogni materiali, giunge a uno stato di liberazione dal dolore e dal desiderio chiamato nirvana. La Cina Nella società cinese, si impongono due posizioni principali: 1) quella sostenuta nel Libro del Tao (attribuito a Lao Tzu), secondo la quale il sapere e la cultura non possono mutare ciò che l’uomo è, e non conducono a una sapienza autentica, che può derivare solo da un’esistenza condotta in armonia con la natura (vedi brano pag. 46); 2) quella sostenuta da Confucio, che è invece convinto del valore dell’educazione per la vita dello Stato: lo studio degli antichi, della letteratura e delle arti è fonte di crescita morale per le nuove generazioni, e un buon funzionario è anche un funzionario colto (vedi Testo 10 pag. 42). 2