Capitolo 6 parte I - Libero Community Siti Personali

Appunti di Misure Elettriche
Capitolo 6
Oscilloscopio analogico (parte I)
Introduzione ............................................................................................... 1
Concetti generali ........................................................................................ 2
Sezioni verticali .................................................................................... 4
Sezione orizzontale ............................................................................... 7
Sezione di trigger.................................................................................. 9
Collegamenti dell’oscilloscopio al circuito sotto misura .................... 12
Sonde compensate ............................................................................... 13
Misure fondamentali con l’oscilloscopio .................................................. 15
Componenti di base di un oscilloscopio.................................................... 16
Osservazione: connettori BNC ...................................................... 18
INTRODUZIONE
L’oscilloscopio a raggi catodici (CRO, Cathode-Ray Oscilloscope), o semplicemente
oscilloscopio, è attualmente il più versatile ed utile strumento di misura. La sua larga diffusione è
dovuta alla possibilità da esso offerta non solo di visualizzare l’andamento temporale di grandezze di
natura elettrica e non elettrica (tramite l’uso di opportuni sensori), ma anche di misurare tensioni e
correnti in corrente continua o alternata, tempi, frequenze, sfasamenti, sovraoscillazioni e tante altre
caratteristiche statiche e dinamiche.
Si tratta di uno strumento impiegato prevalentemente per misure qualitative di grandezze
elettriche; le sue applicazioni sono numerose:
•
•
•
•
•
•
analisi di qualsiasi tipo di corrente alternata;
studio di oscillazioni e vibrazioni;
verifica della funzionalità di circuiti elettronici;
controllo dei diagrammi dei motori a scoppio;
visualizzazione delle immagini di Radar e Sonar;
monitoraggio delle correnti cerebrali e della funzionalità di cuore e polmoni.
La differenza sostanziale tra un normale sistema di registrazione
ed un oscilloscopio sta nella maggiore ampiezza di banda di
quest’ultimo. Questa è dovuta al fatto di visualizzare il segnale sotto misura tramite l’uso
di un sottile fascio luminoso incidente su uno schermo fluorescente: la sensibilità nella
regolazione della posizione di questo fascio luminoso proporzionalmente al segnale in ingresso è tale
da poter seguire variazioni temporali del suddetto segnale anche nell’arco dei nanosecondi (almeno
nei migliori oscilloscopi).
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Il campo di frequenza di un oscilloscopio varia da modello a modello: si va dai 20 MHz per gli
apparecchi più economici ai 100 MHz per gli apparecchi tipicamente usati in laboratorio fino ai 500
MHz degli apparecchi migliori (e quindi più costosi).
Un’altra caratteristica di grande pregio, peraltro comune ad altri
strumenti elettronici, è l’elevata impedenza di ingresso, che è
dell’ordine di qualche MΩ. Essa garantisce, nella maggior parte delle applicazioni di
misura, un basso effetto di carico sul circuito di misura e quindi un basso errore di consumo (che
ricordiamo essere un errore di tipo sistematico).
I maggiori svantaggi degli oscilloscopi sono i seguenti:
• alto costo;
• fragilità, essenzialmente legata alla presenza del tubo a raggi catodici (CRT, Cathode-Ray
Tube), che ha la funzione basilare di convertire il segnale in una immagine su uno schermo;
• ingombro e peso elevati, anch’essi legati alla presenza del CRT;
• ridotta accuratezza (si va dal 90% degli strumenti più economici a non oltre il 99% per quelli
migliori).
CONCETTI GENERALI
L’oscilloscopio è uno strumento atto a visualizzare la tensione (costante o variabile) ai capi di un
bipolo; questo bipolo può essere sia un elemento di un circuito sia anche un sensore. Ad esempio,
nella figura seguente è riportato l’uso di un oscilloscopio insieme ad un sensore di luce:
La luce, emessa da una certa sorgente (naturale o artificiale) è captata dal sensore (tipicamente
una fotocellula); il sensore genera ai propri capi una tensione proporzionale all’intensità della luce
captata; questa tensione, tramite un apposito cavo di interconnessione, viene portata all’ingresso
dell’oscilloscopio al fine di visualizzarne l’andamento temporale sullo schermo.
Essendo un misuratore di tensione, sappiamo bene che l’impedenza d’ingresso di un oscilloscopio
deve essere alta ed in effetti lo è: come anticipato nel precedente paragrafo, un valore tipico
(normalmente indicato sul pannello frontale) è 1 MΩ
Ω . In realtà, tale impedenza non è puramente
resistiva, ma presenta in parallelo una capacità di circa 10 pF. Come è ben noto, la rilevanza di
questa capacità è tanto maggiore quanto maggiore è la frequenza del segnale applicato in ingresso
allo strumento.
Un oscilloscopio può essere analogico oppure digitale. La differenza sostanziale è
schematizzata nella figura seguente:
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
Nell’oscilloscopio analogico, la tensione da misurare comanda direttamente la deflessione del
fascio d’elettroni in un tubo a raggi catodici; questo comporta che sullo schermo fluorescente sia
visualizzata una traccia continua corrispondente a tale tensione. Al contrario, nell’oscilloscopio
digitale la tensione di misura è prima convertita in valori numerici e poi tali valori vengono
rappresentati su uno schermo simile al monitor di un PC; su tale monitor si ottiene dunque una
traccia formata da punti discreti (eventualmente interpolati).
In aggiunta a ciò, proprio per la disponibilità dei campioni del segnali l’oscilloscopio digitale
permette l’elaborazione numerica del segnale, cosa che invece non è possibile nell’oscilloscopio
analogico.
Lo schermo dell’oscilloscopio è evidentemente usato per visualizzare la forma d’onda (o le
forme d’onda, se ci sono più ingressi allo strumento) sotto misura. Per facilitare le misure, lo
schermo è dotato di una griglia, formata (sempre) da 10 divisioni orizzontali e 8 divisioni
verticali:
Sempre al fine di ottimizzare la visualizzazione delle forme d’onda, lo schermo dispone di un
certo numero di controlli, che generalmente sono delle manopoline poste sulla parte inferiore dello
schermo stesso (come indicato in figura). I controlli più comuni sono i seguenti:
• intensity: regolazione dell’intensità della traccia;
• focus: messa a fuoco della traccia;
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Autore: Sandro Petrizzelli
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• scale illumination: illuminazione della griglia;
• trace rotation: regolazione per rendere perfettamente orizzontale la traccia
Nel seguito vedremo in dettaglio come questi comandi intervengono fisicamente sul dispositivo e,
in particolare, sul tubo a raggi catodici.
Sul pannello frontale dell’oscilloscopio sono presenti, oltre allo schermo ed ai relativi controlli,
svariate altre sezioni:
Abbiamo
- una o più sezioni verticali (tante quanti sono i canali in ingresso);
- una sezione orizzontale;
- una sezione di trigger.
Sezioni verticali
Ci sono tante sezioni verticali quanti sono i canali dell’oscilloscopio (di solito almeno due).
Schematicamente, una sezione appare verticale è del tipo seguente:
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
I primi due controlli della sezione verticale sono:
• position: serve a regolare la posizione verticale della traccia sullo schermo;
• volt/div: serva a regolare il guadagno verticale (sensitivity).
Supponiamo ad esempio che la tensione sotto misura sia una tensione costante di 2V. Se la
manopola position è nella posizione intermedia (0), la linea orizzontale della griglia dello schermo
corrisponde a 0V (livello di riferimento), per cui sullo schermo vedremo una traccia orizzontale
posta al di sopra di tale linea:
traccia
(tensione positiva)
0V
livello di
riferimento
Se invece ruotiamo in senso orario la manopola position, in pratica alziamo il livello di
riferimento a 0V rispetto al centro dello schermo, per cui si alza anche la traccia; viceversa, ruotando
la manopola in senso antiorario, la traccia si abbassa in quanto abbiamo abbassato il livello di
riferimento:
0V
0V
La posizione della traccia non dipende però solo dalla manopola position, ma anche dal
guadagno verticale che stiamo adottando. Supponiamo ad esempio che il livello di riferimento a
0V sia al centro dello schermo (manopola position in posizione intermedia). Se fissiamo un
guadagno verticale di 1 volt/div, vedremo la traccia orizzontale in corrispondenza della seconda linea
della griglia al di sopra della linea centrale (corrispondente a 0V). Se invece fissiamo un guadagno
verticale di 2 volt/div, allora la traccia sarà in corrispondenza della prima linea al di sopra di quella
centrale:
2V
2V
0V
0V
2 volt/div
1 volt/div
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Come vedremo nel dettaglio più avanti, la regolazione della manopola VOLT/div consiste nella
regolazione dell’attenuazione che viene imposta al segnale sotto misura in modo che l’ampiezza
risultante sia adeguata a pilotare la deflessione del fascio di elettroni che incide sullo schermo.
Ancora riguardo i pulsanti posti nella generica sezione verticale, sono molto importanti quelli per
il controllo di accoppiamento (coupling) del bipolo sotto misura con lo strumento. Abbiamo le
seguenti possibilità:
• DC: con il commutatore in questa posizione, si ha un accoppiamento in continua, il che
significa che il bipolo è collegato direttamente all’oscilloscopio;
• AC: con il commutatore in questa posizione, viene inserito un condensatore in serie tra bipolo
e strumento, al fine di rimuovere l’eventuale componente continua presente nel segnale da
misurare; è chiaro che la presenza di questo condensatore altera l’impedenza d’ingresso e la
risposta dinamica dello strumento;
• GND: in questo caso, il bipolo è scollegato dall’oscilloscopio, a cui è applicata invece una
tensione nulla; portare il commutatore su questa posizione serve semplicemente a verificare la
posizione sullo schermo del livello di riferimento a 0V;
• Bandwidth Limit: in quest’ultimo caso, l’ingresso è filtrato passabasso, in modo da ridurre il
rumore in alta frequenza; abbiamo ancora una volta una alterazione dell’impedenza di ingresso
e della risposta dinamica. E’ ovvio che non andrà fatta questa scelta quando il segnale è di tipo
passa banda, in quanto verrebbe filtrato anche il segnale oltre il rumore.
Un modo banale per comprendere le posizioni DC e AC è rappresentato nella figura seguente:
La tensione di misura è sinusoidale con sovrapposta una componente continua (pensiamo ad
esempio alla tensione di uscita di un amplificatore elettronico, in cui la componente continua è
dovuta alla polarizzazione degli elementi attivi come i transistor). Con l’accoppiamento in DC, viene
visualizzata la forma d’onda nella sua completezza, cioè con inclusa la componente continua, che
comporta semplicemente una traslazione del valor medio (in questo caso a +2V). Con
l’accoppiamento in AC, invece, la continua viene soppressa, per cui risulta visualizzata la classica
forma d’onda sinusoidale a valor medio nullo.
Nella sezione verticale troviamo anche il controllo per visualizzare più canali simultaneamente. In
particolare, oltre a poter scegliere quali canali visualizzare (canale 1, canale 2, canali 1 e 2, ecc.),
possiamo scegliere tra due modalità di visualizzazione simultanea:
• alternate: in questo caso, viene riportato prima l’andamento di un segnale e poi quello
dell’altro e la cosa si ripete per ciascun periodo;
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
• chop: in quest’altro caso, i due segnali vengono diagrammati alternativamente, riservando cioè
al primo una prima frazione di tempo, poi al secondo la frazione successiva, poi ancora al
primo e così via fino alla completa scansione dello schermo.
La figura seguente chiarisce il concetto:
Infine, è spesso possibile (anche sugli oscilloscopi analogici) qualche semplice elaborazione tra i
segnali dei diversi canali. Per esempio, è possibile visualizzare la forma d’onda ottenuta come
somma o differenza di due canali:
Al contrario degli oscilloscopi analogici, gli oscilloscopi digitali permettono invece di
visualizzare manipolazioni matematiche del segnale anche molto più complesse (moltiplicazione,
divisione, integrazione, derivazione, FFT, ecc.)
Sezione orizzontale
Come detto in precedenza, mentre ci sono tante sezioni verticali quanti sono i canali, la sezione
orizzontale è unica ed è del tipo seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Si distinguono qui due controlli principali:
• x position: serve a regolare la posizione orizzontale della traccia sullo schermo;
• time/div: serve a regolare la velocità della base dei tempi o tempo di spazzolamento
(timebase, sweep time).
Sulla questione della regolazione della base dei tempi torneremo approfonditamente in seguito.
Per il momento, ci limitiamo a dire che spesso, se sullo schermo vediamo una forma d’onda
inaspettata o irriconoscibile, la causa è una regolazione grossolanamente errata proprio del valore di
time/div.
Un altro importante controllo della sezione orizzontale è quello che permette di scegliere il tipo
di visualizzazione. Anche se ne parleremo in dettaglio più avanti, anticipiamo che la traccia dei
segnali sullo schermo fluorescente del CRT è ottenuta spostando, su tale schermo, un fascio sottile di
elettroni; in ciascun istante di tempo, lo spostamento verticale di tale fascio è proporzionale al
segnale y applicato in ingresso, mentre invece la deflessione orizzontale dipende dal tipo di
visualizzazione che si vuole:
• la visualizzazione cosiddetta in modo normale è tale da visualizzare la curva di equazione
y(t); questo lo si ottiene usando, come segnale di comando per la deflessione orizzontale, un
dente di sega generato internamente al dispositivo;
• al contrario, la visualizzazione in modo XY serve a diagrammare la curva di equazione
x = x ( t )

 y = y( t )
dove x è un segnale applicato all’altro ingresso dell’oscilloscopio.
Un facile esempio per comprendere quanto appena detto è illustrato nella figura seguente:
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
Si suppone che i due segnali x ed y in ingresso siano due sinusoidi isofrequenziali ed in
quadratura di fase:
• nella visualizzazione in modo normale, i due segnali vengono diagrammati nella loro classica
forma, proprio perché il segnale che comanda la deflessione orizzontale consente di seguire
l’andamento temporale di tali segnali;
• nella visualizzazione in modo XY, invece, non c’è nessun dente di sega, per cui, in ciascun
istante t, il fascio elettronico illumina il punto di coordinate (x(t),y(t)).
La sostanziale differenza tra i due casi è nel fatto che, mentre il dente di sega sposta
progressivamente il fascio elettronico orizzontalmente da sinistra verso destra dello schermo, nella
visualizzazione XY tale spostamento orizzontale dipende dal segnale x, per cui non necessariamente
è progressivo; per esempio, nel caso riportato in figura, in cui x(t) è sinusoidale, la posizione
orizzontale oscilla sullo schermo.
Sezione di trigger
Anche la sezione di trigger è unica (come quella orizzontale) ed se il suo uso è meno intuitivo
delle precedenti. Una corretta impostazione del trigger è indispensabile sia per ottenere un’immagine
stabile sullo schermo sia per visualizzare il segnale nel modo voluto e più utile. Nella figura
seguente sono riportate due tipiche situazioni, con riferimento ad un segnale in ingresso puramente
sinusoidale:
Nella figura di sinistra è mostrato quello che si vede quando il trigger è mal regolato: vediamo sul
display più curve, che appaiono anche in continuo movimento. Al contrario, nella figura di sinistra è
mostrato ciò che si vede nel caso di una corretta regolazione del trigger: una curva unica e ferma,
corrispondente alla successione di fotografie del segnale applicato.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Questo concetto della “successione di fotografie del segnale” è alla base del funzionamento
dell’oscilloscopio. Per ottenere una traccia stabile sullo schermo sono necessarie due condizioni
fondamentali:
• in primo luogo, il segnale in ingresso deve essere periodico;
• in secondo luogo, esso deve essere tracciato partendo sempre dalla
stessa “fase”, ossia dallo stesso istante rispetto all’inizio di un periodo.
Il concetto da tenere presente è che il pennello elettronico, dopo aver scandito l’intero schermo
(orizzontalmente da sinistra verso destra), impiega un certo tempo (molto breve, come si vedrà) per
tornare nuovamente a sinistra dello schermo e quindi riprendere la propria scansione. Quindi, ogni
scansione rappresenta di fatto una fotografia del segnale in ingresso, ossia una osservazione di tale
segnale per un tempo (detto tempo di spazzolamento) pari a quello necessario per la scansione
completa dello schermo. Allora, se il segnale non fosse periodico, cioè cambiasse continuamente ed
in modo casuale, ciascuna fotografia sarebbe diversa dalla precedente, per cui vedremmo sullo
schermo una successione di tracce tutte diverse tra loro, il che servirebbe a ben poco. Se invece il
segnale è periodico, allora potremo ottenerne una rappresentazione stabile, ma solo alla condizione
che le fotografie siano fatte nello stesso modo, cioè partendo dallo stesso punto e finendo nello
stesso punto1.
Per spiegarci ancora meglio, consideriamo una sinusoide: supponiamo di effettuare la prima
fotografia partendo da un istante in cui essa ha fase π/2 (se si tratta di un Seno, siamo perciò al
valore massimo, +1, del segnale); se la successiva fotografia non viene fatta nuovamente partendo da
un istante in cui la fase è π/2, otterremo un andamento diverso dal precedente, cadendo nello stesso
problema di prima, cioè con un segnale apparentemente in movimento e quindi inutilizzabile per le
misure:
Chiarito questo, è evidente che otteniamo una traccia stabile sullo schermo quando sia il tempo di
spazzolamento sia il tempo di ritorno del pennello sono dei multipli interi del periodo del segnale da
visualizzare: in questo caso, infatti, possiamo star certi che la scansione comincia nei punti in cui il
segnale ha sempre la stessa fase. Il problema, invece, è che lo spazzolamento non necessariamente
dura un numero intero di periodi: la durata del tempo di spazzolamento è stabilita dalla manopola
time/div presente nella sezione orizzontale. In aggiunta a questo, bisogna anche tener conto che il
segnale non è visualizzato senza interruzioni, ma sono “saltati” pezzi anche molto lunghi rispetto
allo spazzolamento.
La figura seguente aiuta a comprendere il concetto:
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In realtà, deve essere verificata una ulteriore condizioni, relativa però al funzionamento dell’oscilloscopio e non al segnale sotto
misura: la frequenza di ripetizione (cioè la frequenza con cui la traccia viene ridisegnata) deve essere superiore a quella di
persistenza dell’immagine sulla retina
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
Il cosiddetto istante di trigger è l’istante (ricavato direttamente dal segnale in ingresso) in cui il
pennello elettronica comincia la propria scansione. Il già citato tempo di spazzolamento è invece
la durata della scansione.
Concentriamoci proprio sull’istante di trigger: è l’istante in cui il segnale raggiunge un certo
valore (detto trigger level) con pendenza di segno fissato (trigger slope). La figura seguente
chiarisce questo aspetto:
A sinistra è indicato l’andamento (periodico) del segnale da diagrammare (input signal). Il
trigger level è impostato sul valore 3V, il che significa che la scansione deve cominciare quando il
segnale è a 3V. Questo, però, non basta, in quanto il segnale attraversa i 3V sia in aumento sia in
diminuzione. E’ possibile allora settare il trigger slope, sul valore positivo (il trigger scatta quando il
segnale raggiunge i 3V in fase di aumento) o sul valore negativo (il trigger scatta quando il segnale
raggiunge i 3V in fase di diminuzione).
Entrambi questi valori (livello e segno) del trigger possono essere impostati manualmente tramite
gli appositi comandi.
In alcuni casi, è molto importante disporre di un ulteriore controllo della sezione trigger, che
prende il nome di holdoff (trattenimento) del trigger. Consideriamo per esempio un segnale del tipo
riportato nella figura seguente:
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Autore: Sandro Petrizzelli
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Se il livello di trigger è quello indicato dalla linea orizzontale tratteggiata, avremmo tre scatti
molto ravvicinati del trigger, il che non ci andrebbe bene perché la natura periodica del segnale non
verrebbe tenuta in conto: vedremmo prima un impulso, poi l’altro, poi un altro ancora, poi una
traccia nulla e poi di nuovo un impulso e così via.
Allora, il comando di holdoff permette di risolvere il problema, in quanto permette di fissare un
tempo, successivo allo spazzolamento, in cui il verificarsi della condizione di trigger viene ignorato.
Con riferimento al caso preso in esame, grazie alla regolazione opportuna dell’holdoff lo
spazzolamento viene eseguito sempre sul solo primo impulso di ogni sequenza di tre, ottenendo così
una immagine stabile.
Collegamenti dell’oscilloscopio al circuito sotto misura
Dal punto di vista elettrico, gli ingressi dell’oscilloscopio sono normalmente di tipo grounded
single-ended, vale a dire con filo di ritorno del segnale in comune e messo a terra.
Ci sono però altre configurazioni possibili:
• floating single-ended (filo di ritorno isolato)
• differential (fili di ritorno separati)
Le abbiamo citate in ordine decrescente di vantaggio e di costo.
Si deve sempre tenere presente che nel connettere l’oscilloscopio a un circuito si collegano
insieme e si mettono a terra determinati punti.
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
Sonde compensate
Un accessorio importante per la connessione dell’oscilloscopio è la sonda compensata
(compensated probe), di cui abbiamo già parlato in precedenza:
Una sonda compensata non è altro che il parallelo tra una resistenza ed una capacità variabili.
La figura seguente mostra lo schema circuitale di una connessione dell’oscilloscopio alla sorgente
di misura (VS) tramite un connettore BNC2 (posto sul pannello dell’oscilloscopio), un cavo
coassiale ed una sonda compensata:
Il tipo più semplice di sonda compensata è provvisto di un commutatore a slitta a due
posizioni: nella posizione 1X non si ha compensazione, mentre nella posizione 10 X il segnale è
attenuato di 10 volte e ma si ha compensazione.
In posizione 10X, la sonda è sostanzialmente una resistenza elevata con in parallelo una capacità
variabile. Abbiamo perciò la seguente schematizzazione:
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Parleremo più avanti di questo tipo di connettore
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
A sinistra abbiamo il generatore di segnali che vogliamo connettere all’oscilloscopio, mentre a
destra abbiamo l’oscilloscopio stesso, del quale viene visualizzata solo l’impedenza di ingresso (il
noto parallelo tra una resistenza da 1MΩ ed una capacità da circa 20 pF). I comuni dell’oscilloscopio
e del generatore sono messi entrambi a terra (grounded), per cui il collegamento viene fatto tramite
un unico cavo (ad esempio un coassiale), che termina con la sonda compensata, in posizione 10X: si
tratta, come evidenziato in figura, in un parallelo tra una resistenza da circa 9MΩ ed una capacità
variabile.
Ruotando una apposita vite predisposta esternamente alla sonda, è possibile regolare questa
capacità, fin quando non viene annullato l’effetto passabasso della capacità equivalente
dell’oscilloscopio: si tratta in pratica di abbassare la costante di tempo con cui l’oscilloscopio
risponde all’eccitazione in ingresso, in modo da aumentare la velocità di risposta dello strumento,
cioè da ridurne l’effetto passa-basso.
Data l’attenuazione introdotta sul segnale, con la sonda si ottiene di caricare 10 volte di meno il
circuito e di annullare quindi l’effetto della capacità.
Un procedimento di questo tipo andrebbe sempre usato per segnali a frequenza superiore a 5 kHz
e di entità sufficientemente alta rispetto al rumore.
Anche la regolazione della sonda (tramite la suddetta vite) è stata già descritta in precedenza, per
cui facciamo un riepilogo rapido:
• si connette al suo ingresso un generatore di onda quadra (di solito a 1 kHz con picco di 5V);
• si regola la vite (condensatore variabile) col cacciavite di plastica fornito, fino alla
visualizzazione ottima dell’onda:
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
MISURE FONDAMENTALI CON L’OSCILLOSCOPIO
Prima di passare alla descrizione dettagliata delle singole parti da cui è costituito un oscilloscopio,
accenniamo ad alcune semplici misure eseguibili con l’oscilloscopio.
Una misura molto semplice è quella della ampiezza picco-picco per una tensione sinusoidale:
Se il livello di riferimento a 0V è stato posto al centro dello schermo ed il segnale sinusoidale in
ingresso ha valor medio nullo, otterremo una visualizzazione del tipo riportato in figura, con la
sinusoide perfettamente centrata (verticalmente). Potremo allora semplicemente contare le divisioni
che ci sono tra i picchi positivi e negativi (ampiezza picco-picco) oppure quelle tra il generico
picco ed il valor medio (ampiezza).
Con lo stesso criterio, applicato però in orizzontale, possiamo anche misurare il periodo T della
sinusoide, contando le divisioni tra un picco ed il successivo con la stessa fase, e quindi la frequenza,
che vale 1/T. Ricordiamo, a tal proposito, che, per risalire dal numero di divisioni ad un quantità
espressa in secondi è sufficiente conoscere il valore (impostato manualmente tramite la manopola
time/div) di tempo corrispondente a ciascuna divisione: indicato con tdiv tale valore, avremo che
T = t div ⋅ n div
dove ovviamente n div è il numero di divisioni che abbiamo contato (in orizzontale).
Discorso assolutamente analogo in verticale, cioè per la misura dell’ampiezza: in questo caso, i
volt corrispondenti a ciascuna divisione sono dati dal valore impostato (sempre manualmente) con la
manopola volt/div; indicato con Vdiv tale valore, avremo che
A p − p = Vdiv ⋅ m div
dove m div è il numero di divisioni che abbiamo contato (in verticale).
Altre tipiche misure eseguibili con l’oscilloscopio sono quelle sui parametri temporali di un
impulso:
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
I parametri tipici sono tempo di salita o discesa (tra 10% e 90%) e la durata dell’impulso (detta
anche tempo di emivalore, in quanto corrisponde alla distanza temporale tra i punti al 50%
dell’ampiezza).
Spesso l’oscilloscopio permette la regolazione fine del guadagno verticale, in modo da far
coincidere la base e il tetto dell’impulso con dei marcatori prestampati (marker) sulla griglia.
COMPONENTI DI BASE DI UN OSCILLOSCOPIO
I componenti di base di un oscilloscopio sono i seguenti:
• il tubo a raggi catodici (CRT), comprendente al suo interno il cannone elettronico, gli anodi
di accelerazione e focalizzazione, le placchette di deflessione orizzontale e verticale, lo
schermo fluorescente;
• il sistema relativo all’ingresso Y, comprendente i circuiti di condizionamento,
l’amplificatore verticale, una linea di ritardo ed un amplificatore in controfase;
• il sistema relativo all’ingresso X, comprendente i circuiti di condizionamento,
l’amplificatore orizzontale ed un altro amplificatore in controfase;
• la base dei tempi, il cui cuore è un generatore a dente di sega;
• il sistema di sincronizzazione, il cui cuore è il circuito di scatto (detto comunemente
trigger);
• il sistema di alimentazione dei circuiti e dei dispositivi elettronici interni.
La figura seguente riporta uno schema a blocchi semplificato di un oscilloscopio a singolo
canale3:
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Sui canali di un oscilloscopio si è già detto qualcosa in precedenza e si dirà qualcosa in più in seguito.
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
Schema a blocchi di un oscilloscopio a singolo canale
Il cuore dell’oscilloscopio è senz’altro costituito dal tubo a raggi catodici, del quale possiamo
dare subito una semplice schematizzazione:
All’interno del tubo, un sottile fascio di elettroni, dopo aver subito una accelerazione ad alta
velocità, viene focalizzato tramite l’azione di due lenti elettrostatiche (una collimatrice e l’altra
focalizzatrice, costituite in entrambi i casi da una serie di dischi e cilindri a diverso potenziale
elettrico); il fascio attraversa successivamente due placchette parallele di deflessione verticale e
due di deflessione orizzontale, per giungere poi in un preciso punto dello schermo
fluorescente.
La messa a punto della focalizzazione avviene attraverso la manopola FOCUS posta sul pannello
frontale dello strumento. Sullo stesso pannello c’è anche una manopola INTENSITY che consente di
regolare la luminosità della traccia sullo schermo: essa agisce sostanzialmente sulla velocità di
emissione del fascio di elettroni, in quanto regola la corrente di riscaldamento del catodo che
emette gli elettroni stessi.
L’azione combinata delle placchette deflettrici orizzontali e verticali, alle quali sono applicate
tensioni indipendenti tra loro, permette il movimento del fascio di elettroni sullo schermo e quindi
della traccia.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Come sottolineato, l’ultima figura si riferisce ad un semplice oscilloscopio a singola traccia, che
quindi può essere usato per seguire l’andamento di un unico segnale. In effetti, gli attuali
oscilloscopi hanno invece la possibilità di mostrare due o più segnali contemporaneamente: basta
infatti riprodurre N volte (dove N sono gli ingressi, detti canali) i componenti relativi all’ingresso
Y.
Per il generico canale, gli oscilloscopi più economici hanno un ingresso ad
un solo morsetto, il che significa che consentono la misura di tensioni verso terra, come nella
figura seguente:
Gli oscilloscopi di maggior pregio presentano invece i cosiddetti ingressi differenziali: per
ogni canale sono disponibili 3 distinti morsetti, di cui uno specifico per il collegamento a terra.
Osservazione: connettori BNC
Nella maggior parte degli oscilloscopi, gli ingressi relativi a ciascun canale sono di tipo
BNC, come si vede nell’ultima figura ed ancora meglio nella prossima:
Gli ingressi BNC consentono di misurare la tensione applicata rispetto al comune
dell’oscilloscopio, in genere posto al potenziale di terra (grounded).
Un ingresso BNC si presta particolarmente ad un collegamento con la sorgente di misura
tramite cavo coassiale: quest’ultimo, infatti, è notoriamente composto tra un’anima e
da una calza (quest’ultima generalmente portata al potenziale di riferimento), per cui
l’anima viene connessa al “polo interno” del connettore BNC, mentre la calza viene
connessa al cilindro esterno (sempre collegato a massa, come in figura).
I connettori BNC sono generalmente usati negli oscilloscopi ad ampia banda, mentre non
sono presenti in quelli a bassa frequenza, che invece presentano, per ogni canale, due
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Autore: Sandro Petrizzelli
Oscilloscopio analogico (parte I)
boccole isolate rispetto alla massa dell’oscilloscopio (che è tipicamente ancorata alla terra
dell’alimentazione elettrica). Questo tipo di connessione presenta vantaggi e svantaggi: il
vantaggio è nella possibilità di misurare tensioni aventi componenti anche rilevanti di
modo comune rispetto a terra; lo svantaggio è invece che il collegamento della sorgente
allo strumento non avviene tramite un cavo schermato, ma con una coppia di conduttori
isolati, i cui parametri parassiti (capacità e induttanze) provocano distorsioni del segnale
tanto più rilevanti quanto maggiore è la frequenza del segnale stesso.
Sempre con riferimento allo schema a blocchi generale visto prima, l’unico canale previsto è stato
contrassegnato con Y. Concentriamoci allora sui componenti fondamentali relativi al canale Y:
Come si vede, il canale Y è inizialmente caratterizzato da un sistema di condizionamento:
esso serve appunto a condizionare il segnale di misura in modo da ottenere l’ampiezza di tensione
ottima per l’amplificatore verticale principale, posto immediatamente in cascata
all’attenuatore; l’uscita di tale amplificatore va in ingresso ad una linea di ritardo (la cui
presenza sarà giustificata in seguito) e poi ad un amplificatore in controfase (indicato come
amplificatore deflessione Y), che comanda le placchette deflettrici verticali. Inoltre, il
segnale in uscita dall’amplificatore verticale principale viene portato in ingresso ad un’altra sezione
importante dello strumento, quella di trigger, di cui parleremo in seguito.
La scelta della migliore attenuazione da imporre al segnale, in base alla sua ampiezza, avviene
mediante una manopola sul pannello frontale dell’oscilloscopio, marcata con la scritta VOLT/div.
Come si è già detto in precedenza, tale manopola è presente per ciascun canale dell’oscilloscopio, in
modo da avere regolazioni del tutto indipendenti le une dalle altre.
Mentre le placchette deflettrici verticali sono sempre pilotate dal segnale di misura
(opportunamente condizionato e soprattutto attenuato, in base alle considerazioni fatte prima), le
placchette deflettrici orizzontali possono essere pilotate in vario modo, a seconda di come viene
posizionato un apposito commutatore presente sempre sul pannello frontale dello strumento:
• nel funzionamento in modo XY, il segnale pilota delle placchette orizzontali è prelevato da
uno dei canali (indicato convenzionalmente come canale X), per cui può essere di natura
qualsiasi;
• invece, nel funzionamento in modo normale, il segnale è un classico dente di sega
prelevato da un generatore interno. Questa è la situazione riportata nella figura di prima.
Nel funzionamento in modo normale, l’organo denominato base tempi deve creare una tensione
(che appunto pilota le placchette deflettrici orizzontali) che consenta di determinare una relazione di
proporzionalità tra il tempo e la posizione del fascio nella sua escursione tra le placchette deflettrici
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
orizzontali. Affinché sullo schermo si possa vedere una figura stabile, questa tensione, a forma di
rampa, deve essere applicata ripetutamente alle placchette e deve inoltre essere sincronizzata con il
segnale in ingresso al canale Y (almeno nel caso generale in cui questo sia tempo-variante). A
quest’ultimo compito si dedica un circuito di sincronizzazione:
• ogni ciclo della forma d’onda visualizzata sullo schermo è attivato da un impulso di
sincronizzazione, che determina l’innesco della rampa nel generatore della base tempi;
• gli impulsi di sincronizzazione provengono da un apposito generatore di impulsi (detto
circuito di scatto o circuito di trigger), che a sua volta è comandato in ingresso da un
segnale che prende il nome di segnale di scatto o TRIGGER.
Questo segnale di trigger può provenire da tre distinte sorgenti:
• il caso più frequente è quello in cui il segnale di trigger è derivato direttamente dal segnale da
misurare (trigger interno);
• se invece il segnale di trigger proviene dall’esterno, si parla di trigger esterno; questa scelta
è adottata quando il segnale su Y non è sufficiente a pilotare il generatore di impulsi di scatto
oppure quando si vogliono misurare differenze di fase tra due segnali sinusoidali le cui
frequenze siano in rapporto intero e costante (condizione necessaria per avere sullo schermo
una figura stabile);
• infine, se il segnale di trigger è un segnale alla stessa frequenza della linea di alimentazione, si
parla di trigger di linea: tipicamente, questa scelta viene fatta quando anche il segnale di
misura è alla frequenza dell’alimentazione.
La scelta tra queste tre possibilità è effettuata tramite un apposito commutatore sul pannello
dell’oscilloscopio, che pilota un corrispondente commutatore all’interno del dispositivo:
Riepilogando, quindi, il segnale per la deflessione orizzontale può essere prelevato dall’esterno
(modo di funzionamento XY) oppure generato internamente (modo di funzionamento normale); in
questo secondo caso, il circuito di scatto può essere pilotato nei tre modi descritti (trigger interno,
esterno o di linea):
Autore: Sandro Petrizzelli
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Oscilloscopio analogico (parte I)
La figura mette in evidenza le possibilità di commutazione, presenti in corrispondenza sia del blocco
di generazione della base tempi sia del blocco di sincronizzazione (trigger)
E’ importante osservare la funzione della linea di ritardo con cui il segnale viene portato
all’amplificatore verticale ed a quello orizzontale (entrambi in controfase4): infatti, quando si usa il
trigger interno, occorrono alcune frazioni di microsecondo per attivare, mediante il segnale su Y, il
generatore di impulsi di scatto; di conseguenza, la linea di ritardo serve a ritardare l’arrivo della
forma d’onda alle placchette deflettrici sia verticali sia orizzontali, in modo da avere una perfetta
sincronizzazione.
Tornando ancora al trigger, abbiamo già osservato in precedenza che, tramite due manopole
(trigger level e trigger slope) sul pannello, è inoltre possibile definire in corrispondenza di quale
punto del segnale di scatto si deve avere l’innesco dell’impulso di sincronizzazione, come
ampiamente descritto in precedenza:
Caso di trigger interno: il segnale di trigger è proporzionale al segnale sul canale Y; il livello di trigger è
stato fissato a 3V, mentre la pendenza è fissata positiva nella figura superiore e negativa in quella inferiore
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Gli amplificatori in controfase consentono di avere disponibili, sulle placchette sia orizzontali sia verticali, due segnali uguali ma
in opposizione di fase per ciascuna coppia di placchette, il che migliora notevolmente la linearità di deflessione del fascio nel
CRT.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Misure Elettriche” - Capitolo 6
Infine, ricordiamo che il tempo di spazzolamento, cioè il tempo necessario affinché il fascio
elettronico scandisca l’intero schermo (da sinistra verso destra) è controllato mediante la manopola
TIME/div sul pannello.
Per concludere con questa panoramica generale, ricordiamo che l’alimentazione
dell’oscilloscopio è generalmente prelevata dalla linea di potenza a bassa tensione5; la tensione
prelevata dall’esterna viene inviata sia ad un trasformatore elevatore, che fornisce in uscita l’alta
tensione necessaria per il funzionamento del CRT, sia ad uno stadio di raddrizzamento, che
fornisce la bassissima tensione continua per la polarizzazione dei dispositivi attivi.
Autore: SANDRO PETRIZZELLI
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Ad ogni modo, molti oscilloscopio prevedono anche una alimentazione interna in corrente continua, tramite apposite batterie.
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