RIFLETTOMETRIA NEL DOMINIO DEL TEMPO

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RIFLETTOMETRIA NEL DOMINIO DEL TEMPO (TDR)
Scopo dell’esercitazione
La riflettometria nel dominio del tempo è una tecnica frequentemente utilizzata,
impiegando i principi dell’eco, per caratterizzare linee di comunicazione, localizzare
guasti sia nelle linee di trasmissione di segnali che nelle linee di trasmissione
dell’energia elettrica, per rilevare in modo semplice discontinuità lungo linee, etc.,.
Lo scopo di questa esercitazione è utilizzare tecniche riflettometriche nel dominio del
tempo per la caratterizzazione di cavi coassiali tipo RG 58 (lunghezza, velocità di
propagazione delle onde elettromagnetiche, costante dielettrica);
Attrezzatura necessaria
 Generatore di funzioni Agilent 33120A (o apparecchio con prestazioni equivalenti);
 oscilloscopio digitale Agilent 54603B (oppure oscilloscopio digitale con prestazioni
equivalenti);
 cavo coassiale RG 58 (Z0 = 50 ) assemblato, connettori maschi BNC-BNC,
lunghezza  2 m ;
 cavo coassiale RG 58 (Z0 = 50 ) assemblato, connettori maschi BNC-BNC,
lunghezza  0,3 m
 cavo coassiale RG 58 (Z0 = 50 ) assemblato, connettori maschi BNC-BNC,
lunghezza 10 m ;
 matassa di cavo coassiale RG 58 (Z0 = 50 ) assemblato, connettori maschi BNCBNC, lunghezza incognita ;
 n. 2 adattatori BNC a T, impedenza 50  ;
 n. 2 terminazioni BNC, impedenza 50  ;
 Calcolatrice scientifica.
Bibliografia
 Time Domain Reflectometry Theory, Application Note 1304-2, Agilent
Technologies, August 29, 2002 ref. 5966-4855E, www.agilent.com
 Granite Island Group, Technical Surveillance Counter Measures: TDR Tutorial –
Introdution to Time Domain Reflectometry
 N. Faletti: “Trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica”, vol II, cap. I:
“Propagazione delle sovratensioni sulle linee”, Patron, Bologna, 1975
 A. Macchioni: “Linee di trasmissione”, Enciclopedia dell’ingegneria, vol. V, cap.
29.3. ISEDI, Milano, 1975
 Gian Carlo Migani: “I cavi elettrici le terminazioni ed i loro guasti”, Pitagora
Editrice, Bologna, 1984
Generalità.
Trasmissione di segnali ed energia elettrica su conduttore
La trasmissione dell’informazione a distanza su filo si realizza impiegando due
conduttori opportunamente isolati tra loro; questi conduttori costituiscono una linea
lungo la quale si propaga il campo elettromagnetico generato dalle correnti di
trasmissione.
La struttura fisica nonché i limiti d’impiego delle linee di trasmissione sono
condizionati dalla necessità di provvedere alla trasmissione dell’informazione con il
maggior rendimento, la più alta qualità possibile ed il minimo costo.
pag. 1
Il più semplice tipo di linea è costituito da un conduttore isolato da terra; in tal caso la
terra stessa è utilizzata quale conduttore di ritorno delle correnti di trasmissione.
In queste condizioni, a causa dell’estensione della maglia costituita dal circuito filoterra, gli scambi di energia con l’esterno dovuti ai fenomeni induttivi sconsigliano l’uso
di dette linee per la trasmissione di segnali a frequenze superiori a quelle della
trasmissione telegrafica (150 Hz). Per la trasmissione telefonica (300  3 400 Hz) è
necessario utilizzare due fili isolati, sufficientemente vicini tra loro e simmetricamente
disposti rispetto alla terra, in modo da minimizzare gli effetti degli accoppiamenti
induttivi. Si ha così una coppia simmetrica.
L’esigenza di una migliore qualità e l’impiego di bande di frequenze trasmesse sempre
più estese impongono una modifica della costituzione della linea di trasmissione. Si
realizza in tal maniera la coppia costituita da due conduttori cilindrici coassiali isolati
tra loro.
Una tale coppia, pur essendo asimmetrica rispetto alla terra, gode della proprietà che il
campo elettromagnetico trasmesso è limitato nello spazio compreso tra i due conduttori
stessi e che lo schermo rappresentato dal conduttore esterno rende praticamente
trascurabili gli scambi d’energia elettromagnetica con l’esterno.
Questa coppia è detta coppia coassiale.
Caratteristiche di una linea di trasmissione. Una linea di trasmissione può essere
schematizzata come indicato nella fig. 1 nella quale a e b sono i due conduttori.
Una differenza di potenziale sinusoidale di frequenza f e ampiezza Vi applicata
all’ingresso della linea genera un’onda di tensione e un’onda di corrente le cui
caratteristiche dipendono dalle costanti primarie della linea riferite all’unità di
lunghezza: resistenza R (Ω/km), induttanza L (H/km), capacità C (F/km), conduttanza G
(S/km).
a
b
fig. 1
La resistenza è quella offerta dai conduttori al passaggio delle correnti di trasmissione.
L’induttanza è il rapporto fra il flusso magnetico che attraversa lo spazio fra i conduttori
e la corrente che li percorre.
La capacità è quella del condensatore che si può ritenere equivalente (capacità mutua) a
tutte le capacità presenti tra i due conduttori tra loro isolati.
La conduttanza è determinata dall’assorbimento trasversale di corrente tra i due
conduttori.
R e G, sono in realtà funzioni sia della frequenza sia della temperatura. Tali grandezze
pag. 2
sono uniformemente ripartite lungo la linea e, pertanto, lo studio della propagazione
viene effettuato suddividendo la linea in un numero molto grande di tronchi per
ciascuno dei quali, di lunghezza dx, sia lecito supporre le suddette costanti concentrate
secondo lo schema quadripolare della fig. 1 relativo a un tronco generico; per detto
tronco si può scrivere:
 z  R  jL
 dVx  ( R  jL) I x dx
posto 
risulta:

 dI x  (G  jC )V x dx
 y  G  jC
 dV x
 dx  z  I x
(1)
derivando la prima equazione rispetto ad

 dI x  y  V x
x e sostituendo la seconda relazione:
 dx
d 2Vx
dI x
d 2Vx

 z 

 z  y  Vx
dx 2
dx
dx 2
(2)
posto   z  y  ( R  jL)(G  jC )    j
(  è una quantità complessa, adimensionale detta costante di propagazione);
d 2Vx
  2  Vx  0 (3) (equazione differenziale lineare omogenea del 2° ordine)
dx 2
l’equazione algebrica caratteristica risulta: 2   2  0  1, 2  
risulta:
L’equazione differenziale (3) ha quindi come soluzione:
Vx  A  e   x  B  e  x
(4)
a
sostituendo la (4) nella 2 equazione del sistema (1) si ottiene:
dI
 x  y  A  e x  y  B  ex integrando rispetto ad x:
dx
 y  A   x y  B   x
y
y
e

e 
 A  e   x 
 B  e  x
Ix 




z  y
z  y
A  e x  B  ex
z
zo 
dove
è l’impedenza caratteristica della linea. In
y
zo
definitiva:
Vx  A  e  x  B  e x

(5)

A  e  x  B  e x
I

 x
zo

 e zo si definiscono costanti secondarie. Entrambe sono rappresentate da numeri complessi.
Un segnale di tensione applicato alla linea impiegherà un tempo finito t per giungere ad un
punto P della linea, durante la trasmissione subirà una attenuazione per unità di lunghezza α
(detta costante di attenuazione ed espressa in nepers per unità di lunghezza) ed uno
sfasamento per unità di lunghezza β (detto costante di fase ed espresso in radianti per unità di
lunghezza) definite dalla costante di propagazione:     j ,  è legata l’ampiezza dei
vettori tensione e corrente, mentre lo sfasamento β è legato alla potenza lungo la linea degli
stessi vettori.
La velocità di propagazione   dell’onda sulla linea è data da:     /  ; dette  c e  r
Ix 
pag. 3
rispettivamente la velocità della luce nel vuoto e la costante dielettrica risulta:     c /  r .
Nelle (5) A e B sono costanti d’integrazione dipendenti dalle condizioni terminali. Dalle (5) si
deduce che sulle linee sono presenti, in generale, due onde, incidente o diretta la prima e
riflessa la seconda. Essendo:

e   x  e   x




x


sinh

2
essendo inoltre per x=0: Vx  Vi e I x  I i , sostituendo nelle (5):

  x
  x
cosh   x   e  e

2
V  z0  I i

Vi  Vx (0)  A  B
A i

Vi  A  B


2
 
A B  

 z0  I i  A  B
 B  Vi  z0  I i
 I i  I i (0)  z
0


2
e quindi:
V e   x z 0 I i e   x V ie   x z 0 I i e   x
e   x  e   x
e   x  e   x
Vx  i



V i
 z 0 I i 
2
2
2
2
2
2
V x V i cosh(  x)  z 0 I i  sinh(  x)
(6)
V i e   x  e   x
e   x  e   x
1 Vi  z 0  I i   x Vi  z 0  I i   x
Ix  (
e

e ) 

 I i
z 0
z 0
2
2
2
2
I x  I i  cosh(  x) 
Vi
 sinh(  x)
z 0
(7)
Per x = L (lunghezza della linea): V L  VU e I L  I U ed essendo il rapporto tra tensione e
corrente al terminale ricevente pari all’impedenza di chiusura della linea: zU  VU / I U , si
ricava l’espressione dell’impedenza in ingresso in funzione di zU , , z 0 :
Zi  Z0
Z u  Z 0 tanh L
(8)
Z 0  Z u tanh L
Questa espressione mostra che l’impedenza d’ingresso coincide con l’impedenza caratteristica
(Zt = Z0) quando la linea ha lunghezza infinita (tanh γL = 1), oppure quando essa è chiusa su
un’impedenza caratteristica (Zu=Z0). In pratica una linea può essere considerata di lunghezza
infinita anche per valori di L non eccessivamente elevati; infatti, per γL > 2, tanh γL > 0,96.
Per le linee ad attenuazione unitaria elevata, la condizione precedente si verifica per valori di
L sufficientemente bassi.
pag. 4
Andamento delle funzioni seno, coseno e tangente iperbolici
Quando la linea è chiusa sull’impedenza caratteristica (linea adattata in uscita) le (6) e (7) si
semplificano nelle V x  Vi e x ; I x  I i e x (soltanto onda incidente); alle stesse conclusioni si
arriva nell’ipotesi di lunghezza infinita. L’attenuazione di una linea varia con la temperatura,
poiché le quattro costanti primarie, dalle quali essa dipende, variano anch’esse con la
temperatura. Il problema si presenta anche per l’impedenza caratteristica e per la costante di
fase, le variazioni di queste grandezze, per la causa suddetta, però sono in pratica
d’importanza minore. Assunta quindi una temperatura di riferimento θ0 (generalmente 10 °C)
e individuata in α0 l’attenuazione della linea alla temperatura θ0, l’espressione
 t   0 1  K  0    0  permette di determinare l’attenuazione alla temperatura θ. Kθo, è il
coefficiente di temperatura dipendente dai coefficienti di temperatura delle quattro costanti
primarie ed espresso in °C-1. L’ordine di grandezza è di qualche millesimo ed è generalmente
variabile con la frequenza. Quando il coefficiente di temperatura si può considerare costante
in un ampio intervallo di frequenze, come nelle coppie coassiali (2*10-3°C-1), la variazione di
attenuazione dovuta a variazioni di temperatura equivale in pratica a una variazione di
lunghezza della linea. Per esempio, un aumento di temperatura di 20 °C su un cavo coassiale
lungo 10 km si traduce in un aumento di lunghezza del cavo di 400 m. Risulta anche evidente
che le variazioni di attenuazione con la temperatura dipendono dal tipo di linea e quindi esse
debbono essere ben note se si vuole effettuare la loro compensazione mediante opportune
variazioni del guadagno degli amplificatori.
L’espressione (8) si semplifica notevolmente nei due casi particolari nei quali l’impedenza di
chiusura è nulla (linea in corto circuito) o infinita (linea aperta). Si ha allora, indicando con
Zc e Za l’impedenza d’ingresso, rispettivamente nei due casi:
Zu  
Za 
Z0
tanh L
pag. 5
Z c  Z 0 tanh L
Zu  0
Tali espressioni permettono di determinare in pratica le costanti secondarie della linea
mediante misure delle impedenze con la linea aperta o in corto circuito. Si ha infatti
Z 0  Z a Z c e tanh L  Z c / Z a .
Il modulo di Z0 è facilmente ricavabile, mentre per ricavare α e β conoscendo tanhγL è
necessario applicare le:
tanh 2L 
tan L 
2M
cos  ,
1 M 2
2M
sin  ,
1 M 2
dove M e φ sono rispettivamente modulo e fase del numero complesso
Z c / Z a . Il
rapporto tra la pulsazione e la costante di fase fornisce la velocità di propagazione (u=ω/β)
espressa in km/s.
La lunghezza d’onda è la minima distanza intercorrente tra due punti di una linea nei quali i
vettori V o I oscillano in fase, cioè   2 /  , oppure   u / f , espressa in km.
Nelle formule precedenti l’attenuazione è stata espressa in neper, perché la (2) proviene da
funzioni esponenziali, ma attualmente è più usato il decibel (dB) e in tale unità sarà espressa
l’attenuazione nelle tabelle e nei diagrammi. Si ricorda che 1 neper = 8,68 dB.
Una linea d’impedenza caratteristica Z0 che al terminale lontano sia chiusa su un’impedenza
diversa da questa genera, come abbiamo accennato, la riflessione dell’onda incidente in
misura tanto maggiore quanto più Zu è diversa da Z0. Il rapporto tra l’ampiezza dell’onda
riflessa e quella dell’onda incidente prende il nome di coefficiente di riflessione e dipende
soltanto dalle impedenze Zu e Z0. In telefonia è comunemente usata la espressione che
fornisce l’attenuazione di riflessione αr, cioè il logaritmo neperiano dell’inverso del modulo
del coefficiente di riflessione:
 r  ln
Z u  Z0
Zu  Z0
(Np)
e, volendo l’espressione formulata in dB, si ha:
 r  20 lg
Zu  Z0
.
Zu  Z0
Il fenomeno della riflessione è di notevole importanza in telefonia in quanto sia lungo le linee
di trasmissione sia nel collegamento tra i vari elementi che costituiscono una catena di
trasmissione le riflessioni sono sempre presenti.
pag. 6
Propagazione delle sovratensioni sulle linee
Il fenomeno della propagazione della sovratensioni si manifesta come una brusca
trasformazione in energia elettrostatica dell’energia elettromagnetica resa disponibile dalla
perturbazione. Questa energia, messa in giuoco bruscamente in un punto della linea, si
propaga lungo la linea per la conduttanza del circuito, e la propagazione, per effetto
dell’induttanza e della capacità del circuito, avviene sotto forma oscillatoria con onde di
tensione e di corrente.
L’induttanza e la capacità del sistema elettrico determinano successive e periodiche
trasformazioni di energia elettrostatica (del campo elettrico) in energia elettromagnetica (del
campo magnetico) e viceversa, allo stesso modo che in un sistema meccanico oscillante si ha
periodica trasformazione dell’energia cinetica delle masse in moto in energia potenziale
immagazzinata nell’elasticità della molla e viceversa.
La forma delle onde di tensione e di corrente e la loro propagazione lungo la linea sono assai
complesse. Si può ritenere che, grosso modo, tali onde possono scomporsi in impulsi
smorzati, risultanti dalla trasformazione dell’energia in calore nella resistenza del circuito
percorso da queste onde, e in onde periodiche smorzate anch’esse. Lo smorzamento è dovuto
alle perdite di energia di ogni specie che si verificano nel circuito: perdite per effetto Joule
nella resistenza dei conduttori, perdite per isteresi e correnti di Foucault nel ferro, perdite per
effetto pellicolare, per la conduttanza fra conduttori e terra, per effetto corona e per radiazione
di energia nello spazio circostante ai conduttori, ecc..
La considerazione delle linee senza perdite permette di semplificare l’esame del fenomeno. In
tale ipotesi la propagazione della sovratensione risulta dalla sovrapposizione di due sole onde,
una diretta e una inversa, e la velocità di propagazione è v 
1
lc
che, per linee aeree, coincide
con la velocità della luce.
Le successive periodiche trasformazioni di energia elettrostatica in energia elettromagnetica, e
viceversa, continuerebbero all’infinito e l’ampiezza delle onde di tensione e di corrente non si
attenuerebbe mai. L’ampiezza di ciascuna onda di corrente è poi legata a quella della
corrispondente onda di tensione della relazione I 
V
dove Z 0 
Z0
l
è l’impedenza d’onda
c
della linea. Per ciascuna onda semplice (la diretta o l’inversa) la corrente è dunque in fase con
la tensione (Z0 è un numero reale): ma ciò non è più vero naturalmente se si considera la
tensione e la corrente risultanti dalla sovrapposizione delle due onde propagatisi in senso
inverso.
pag. 7
Quando non vi è scambio di energia con l’esterno, il fenomeno oscillatorio assume il carattere
di una oscillazione libera, con periodo di oscillazione coincidente con quello proprio del
sistema (linee e macchine collegate), come nel caso, ad esempio, dell’interruzione di un
circuito percorso da corrente (apertura di una linea). Quando vi sia apporto di energia
dall’esterno del sistema, allora si hanno oscillazioni impresse o forzate che si propagano
lungo il sistema (linea) subendo attenuazioni e deformazioni in relazione alle caratteristiche
del sistema stesso.
Riflessione di onde mobili. - Si suppone per semplicità la linea senza perdite, cosicché il
rapporto fra le ampiezze delle onde di tensione e di corrente è uguale all’impedenza d’onda.
Cambiamento dì caratteristiche. - Si considerano due tronchi di linea dotati di diversa
impedenza d’onda Z1 e Z2; collegati in serie nel punto O (fig.1a). Quando un’onda di
ampiezza V1 giunge in O essa viene in parte trasmessa con ampiezza V2 ed in parte riflessa
con ampiezza V1r. Analogamente per l’onda di corrente.
Fig 1a. Riflessioni di onde per cambiamento di caratteristiche
Poiché nel punto O non vi può essere discontinuità, la tensione e la corrente che si
stabiliscono in due sezioni immediatamente a monte ed a valle di O sono uguali. Si ha quindi
(in valori numerici)
V1  V1r  V2
I 1  I 1r  I 2
V1  V1r  V2
Ed anche
V1 V1r V2


Z1 Z1 Z 2
2Z 2


V
V1
2

Z1  Z 2

Da cui 
V  Z 2  Z 1 V
 1r Z 1  Z 2 1
pag. 8
I2 
2Z1
I1
Z1  Z 2
Z  Z1
I 1r  2
I1
Z1  Z 2
(9)
Per Z2 > Z1, (cavo seguito da linea aerea, oppure linea aerea seguita da trasformatore, oppure
cavo seguito da trasformatore), si ha VZ > Vi; si genera cioè nel punto di raccordo una
sovratensione.
Per Z2 < Z1 si ha V2 < Vi e I2 > Il. Volendo fare un paragone idraulico, un improvviso
aumento dell’induttanza lungo una linea corrisponde ad una strozzatura del canale per cui il
livello si innalza. Una capacità inserita sulla linea ha invece l’effetto di abbassare il valore
della tensione, così come un brusco allargamento del canale fa abbassare il livello.
Riflessione all’estremità di una linea aperta L’onda di tensione continua d’ampiezza V1,
impressa alla linea al suo inizio, e la corrispondente onda di corrente d’ampiezza I 1 
V1
,
Z1
arrivate all’estremità della linea trovano un brusco cambiamento di caratteristiche perché
l’impedenza Z 2   . Dalle formule su citate si ricava
V2  2V1 ,
V1r  V1 ,
I 1r  I 1 ,
I2  0 .
All’estremità della linea la corrente si annulla e la tensione si raddoppia; l’onda riflessa di
tensione è di valore uguale all’onda incidente e si sovrappone e si somma a questa; l’onda
riflessa di corrente è pure di valore uguale all’onda incidente, ma si sottrae a quest’ultima. Sul
percorso dell’onda riflessa da. B verso A (fig. 2a) la tensione va raddoppiando, mentre la
corrente si annulla; il che si spiega fisicamente pensando che le cariche elettriche trasportate
dalla corrente si fermano per accumularsi sui fili raddoppiando il potenziale.
Giunta l’onda riflessa in A, la tensione di linea è doppia di quella del generatore e si inizia la
scarica della linea sul generatore
pag. 9
Fig. 2a. Riflessione di onde all’estremità di una linea aperta.
Riflessione d’onde per linea in corto circuito
Se la linea è chiusa in corto circuito
all’estremità B (fig. 3a) si ha Z2 = 0; per cui dalle formule (9) si ricava
V2  0 ,
I 2  2I 1 ,
V1r  V1 ,
I 1r   I 1
Fig. 3a. Riflessione di onde all’estremità di una linea in c.to c.to
pag. 10
Arrivata l’onda Vi all’estremo della linea, per essere V2  0 , si annulla l’energia elettrostatica
e si trasforma in elettromagnetica. A ciò corrisponde un raddoppiarsi del valore della corrente
al qual è associata un’onda di tensione negativa che si propaga da B verso A annullando la
tensione precedentemente esistente. Arrivata l’onda riflessa in A la tensione è nulla su tutta la
linea, ma la corrente è doppia; il generatore immette una nuova onda di tensione da A verso
B, accompagnata da un’onda di corrente uguale alle precedenti, cosicché la corrente triplica, e
così via, col risultato che, per l’ipotesi fatta di r =0, la corrente continuerebbe ad aumentare
fino all’infinito (a regime, infatti, per tensione continua è I 
V
che per R  0 tende all’ 
R
Messa in tensione di una linea aperta. - Un’idea un po’ più precisa del fenomeno oscillatorio
della propagazione di’onde di tensione e di corrente lungo una linea si può avere studiando,
ad esempio, quel che avviene alla messa in tensione di una linea, precedentemente scarica,
aperta alla sua estremità e che abbia induttanza e capacità uniformemente distribuite lungo il
suo percorso.
Alla chiusura dell’interruttore (fig. 2a) che colleghi bruscamente la linea ad un generatore di
tensione costante V1, il primo tratto della linea, di lunghezza infinitesima d , si porta alla
tensione Vi del generatore; questo primo condensatore elementare, di capacità cd , richiama
dal generatore una quantità di elettricità dq  cV1 d , che sarà trasportata da una corrente
I1 
V1
,dove Z 0 
Z0
l
. Dopodiché la tensione Vl si propaga al secondo elemento d della
c
linea e analogamente la corrente I1; così di seguito fino all’estremità B
aperta. Si ha cioè sulla linea un’onda di tensione costante V1 che si propaga da A verso B, con
V
la velocità della luce, accompagnata da un’onda di corrente I 1  1 . In questa prima fase del
Z0
1
fenomeno il generatore fornisce alla linea l’energia elettrostatica CV12 che si va ad
2
1 2
accumulare nel campo elettrico e l’energia elettromagnetica LI 1 che si accumula nel campo
2
1
1
1
magnetico. Queste due energie sono uguali tra loro; infatti, si ha CV12  CZ 02 I 12  LI 12 .
2
2
2
Giunta la perturbazione all’estremità aperta della linea, la corrente Il si arresta in quel punto e
il fenomeno dell’arresto della corrente, con conseguente suo annullamento, si propaga a
monte con la stessa velocità della luce. Nell’ultimo elemento della linea, di lunghezza d , la
corrente si annulla nel tempo dt 
d
e l’energia elettromagnetica accumulata nell’elemento
v
pag. 11
si trasforma in energia elettrostatica. D’altra parte l’elemento d , per tutto il tempo dt,
continua a ricevere dal generatore la stessa energia di prima e perciò l’energia totale
accumulata
2cdV12 
nell’elemento
d
alla
fine
del
tempo
dt
è
raddoppiata
e
vale
1
cd (2V1 ) 2 , ossia nell’elemento d la tensione raddoppia. Dopo di ché il
2
fenomeno dell’arresto della corrente si propaga, con le stesse modalità, all’elemento d a
monte, con raddoppio della tensione e così via. Tutto avviene come se l’onda di tensione
incidente si rifletta con lo stesso segno aggiungendosi alla tensione precedente e propagandosi
da B verso A, e come se l’onda di corrente incidente si rifletta con segno contrario,
sottraendosi alla corrente precedente. Durante questa seconda fase del fenomeno il generatore
continua a fornire energia alla linea in quantità uguale a quella fornita nella prima fase, che va
ad accumularsi nel campo elettrostatico con tensione uguale a 2V1 ; quando la perturbazione
sarà giunta di nuovo in A, su tutta la linea la tensione sarà doppia di V1, la corrente sarà nulla,
e l’energia sarà
1
1
1
C (2V1 ) 2  2CV12  2( CV12  LI 12 ) .
2
2
2
Giunta l’onda riflessa in A, la tensione in linea è doppia di quella del generatore; la linea si
scarica sul generatore, la corrente si inverte e la tensione sulla linea diminuisce. E come se
un’onda negativa di tensione, di valore V1, si propagasse da A verso B, accompagnata da
un’onda pure negativa di corrente di valore Il (terza fase).
Giunta questa onda negativa in B la riflessione si ripete nello stesso modo, come alla fine
della prima fase: si ha cioè un’onda riflessa negativa di tensione e un’onda riflessa positiva di
corrente che annullano con il loro progredire verso A tensione e corrente sulla linea (quarta
fase).
In queste ultime due fasi del fenomeno la linea restituisce integralmente al generatore
l’energia che questa aveva fornito nelle prime due fasi; e al termine della quarta fase si ritorna
alle condizioni di linea completamente scarica. Dopodiché, nell’ipotesi di linea senza perdite,
il fenomeno si ripete periodicamente con periodo T uguale al tempo impiegato dall’onda per
percorrere quattro volte la linea.
Le perdite d’energia modificano nella realtà l’andamento del fenomeno, cosicché dopo una
serie d’oscillazioni smorzate sì raggiunge la condizione di’ regime caratterizzata da corrente
praticamente nulla e tensione praticamente uniforme; ma prima di raggiungere lo stato di
equilibrio nel quale la linea, per tutta la sua lunghezza, è sottoposta a una tensione uniforme,
di valore uguale alla tensione impressa, si verificano innalzamenti di potenziale che, come
abbiamo visto, raggiungono un valore doppio della tensione impressa.
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SISTEMA DELL’ECO A MODULAZIONE DI FREQUENZA
Il metodo aggiunge ai vantaggi del tipo ad impulso, quello di avere un migliore rapporto
segnale/rumore, permettendo la rivelazione di guasti a distanze maggiori. In esso il
trasmettitore (fig 4a) invia un’onda continua, modulata in frequenza da un elemento di
controllo non lineare, alla linea d’energia attraverso un opportuno sistema di accoppiamento.
In caso di guasto (o altra discontinuità) ad una distanza “dx” dall’estremità di partenza, al
ricevitore giungerà un segnale riflesso, dopo un tempo proporzionale a “dx”.
Fig 4a. Sistema dell’eco a modulazione di frequenza.
Sistema delle onde stazionarie. Il sistema è usato per rilevamento di interruzioni del circuito
di guasti a bassa impedenza in derivazione (cortocircuito o guasto a terra). Se un generatore
invia in un cavo una tensione sinusoidale ad alta frequenza, si ha una propagazione d’onde
fino al punto di discontinuità, dove una parte dell’energia è riflessa (una parte prosegue).
L’onda riflessa sarà in opposizione di fase se ZD = 0, mentre sarà in concordanza di fase se ZD
= ∞ con l’onda incidente. La configurazione totale della distribuzione delle tensioni lungo il
cavo consiste alla fine in una somma d’onde elementari costituite ciascuna da due onde che si
muovono in senso opposto. Per certe frequenze si arriva ad una concordanza di fase delle
onde elementari all’entrata del cavo e la curva d’inviluppo si stabilizza. Si ha allora la fig. 5a,
con una cresta di tensione all’uscita del generatore e si stabilisce tra il generatore ed il punto
di discontinuità, un numero pari (ZD = ∞) o dispari (ZD = 0) di quarti d’onda.
Perciò si ha in generale:
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X  (2n  k )

4
o
f  ( 2n  k )
v
4x
Con k = 0 per ZD = ∞; k = 1 per ZD = 0; v = velocità di propagazione nel cavo.
Differenziando si ha:
f  2  n
v
4x
Per due frequenze (f e f’ separate di ∆f) consecutive (∆n = 1) originanti una cresta di tensione
all’uscita del generatore, si ha allora:
x
v
2  f
Fig. 5a. Sistema delle onde stazionarie.
Fig.5b. Caratteristica tensione/frequenza di armonica
Si misurano le frequenze cui avviene la risonanza nel conduttore. Mentre il generatore è un
oscillatore a lunga banda variabile, il rivelatore è un voltmetro avente una corrispondente
risposta alla frequenza. Dall’equazione si nota che la differenza di frequenza è inversamente
proporzionale alla distanza del guasto.
Quando la velocità di propagazione non è nota, essa può essere ottenuta dal fabbricante del
cavo o può essere trovata con la stessa equazione dopo misure su un campione integro della
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stessa frequenza del cavo, normalmente fra i terminali.
La distanza x può anche essere calcolata con le seguenti equazioni (10) e (11), eliminando v
per confronto.
x
f 2  L
f 1
(10)
dove ∆f2 = differenziale per il campione di cavo integro della stessa lunghezza L
∆f
1
=
differenziale per il cavo guasto.
Normalmente il campione è un cavo integro nel cavo guasto o in un altro cavo nello stesso
percorso, nel qual caso entrambe le prove possono essere effettuate dallo stesso terminale.
Quando il cavo ha un solo conduttore disponibile, o quando tutti i conduttori sono guasti, ma
è nota la distanza originale fra i terminali, si può usare l’equazione (11).
x
f 2  L
f 1  f 2
(11)
dove ∆f2 = differenziale relativo al terminale opposto (lunghezza L – x). Il vantaggio di
questo sistema è che può essere applicato a qualsiasi genere di guasto.
In ogni modo, la discriminazione dei picchi di risonanza è molto dipendente dal valore dello
scostamento della resistenza di guasto dall’impedenza caratteristica. Nei circuiti aperti (aventi
resistenza infinita), o nei cortocircuiti e guasti a terra (aventi resistenza di guasto nulla), i
picchi sono relativamente distinti. Sfortunatamente, questi picchi diventano meno pronunciati
in proporzione alla presenza di qualsiasi resistenza, e scompaiono quando la resistenza
attraverso il guasto o nella terminazione si avvicina all’impedenza caratteristica del cavo.
Anche la presenza di discontinuità, come giunzioni, derivazioni o guasti serie genera
riflessioni d’interferenza. Per evitare queste riflessioni dall’estremità lontana del cavo, si
collega questa ad una resistenza non induttiva di valore uguale all’impedenza caratteristica del
cavo stesso, naturalmente l’estremità deve essere raggiungibile e nota. La precisione del
sistema dipende dalla soluzione del generatore di segnale e dalla sensibilità del rivelatore di
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picco. Questo sistema può essere applicato a qualsiasi installazione di cavo avente una
distanza uniforme fra il conduttore ed il percorso di ritorno. Questo avviene con i conduttori
schermati coassiali, quelli paralleli distanziati, quelli spiralizzati. L’applicazione non è
possibile per qualsiasi variazione nella struttura del cavo, sempre che non si faccia una
conversione per la diversa velocità di propagazione. Il sistema non è molto usato, perché
richiede molto tempo ed e invalidato facilmente da valori tipici di resistenze di guasto relative
a normali cortocircuiti o guasto a terra.
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ESERCITAZIONE
Circuito di misura
Il circuito di misura è riportato in figura.
Ei
Generatore di
funzioni
(onda quadra)
Er
DUT (ZL)
Oscilloscopio
digitale
Consiste essenzialmente nel generatore di forme d’onda collegato tramite un adattatore BNC
a T di impedenza 50Ω (che è uguale a quella del cavo) da una parte all’oscilloscopio e
dall’altra al circuito in prova; è importante sottolineare l’importanza del collegamento
oscilloscopio – generatore che deve essere realizzato con un cavo sempre del tipo RG58 in
buone condizioni e di lunghezza il più possibile limitata infatti, questo tragitto comporterà
ritardi indi errori nella misura.
L’onda prodotta dal generatore di forme d’onda viaggerà sul circuito in prova alla velocità di
propagazione è rilevata dall’oscilloscopio.
Impostare il generatore di forme d’onda: forma d’onda quadra, frequenza f=100kHz,
tensione picco-picco Vpp=5V e l’impedenza di uscita a 50  (si veda in appendice A).
Impostare l’oscilloscopio in modo da visualizzare un solo canale e settare i vari parametri
(scala orizzontale, verticale e trigger) di volta in volta.
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Prova senza cavo
Procediamo senza applicare nulla all’adattatore BNC e visualizziamo l’onda
sull’oscilloscopio
Come possiamo notare la tensione sull’oscilloscopio è doppia di quella generata dal
generatore, perché somma dell’onda incidente e l’onda riflessa.
Ora eseguiamo la prova cortocircuitando l’adattatore BNC
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Onda visualizzata con c.to c.to c.to e spira aperta
L’onda riflessa in questo caso si sottrae all’onda incidente e non visualizziamo nulla se non
alcuni “picchi” evidenziati in figura, proviamo pertanto, a ridurre la spira del corto
intrecciandola.
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Otteniamo il seguente risultato:
Onda visualizzata con c.to c.to c.to e spira chiusa
Notiamo un miglioramento nel senso che i “picchi” sono d’ampiezza inferiore, vedi
particolari nelle figure successive:
Particolare “picchi” con c.to c.to spira aperta
Spiegare il perché di tali risultati.
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Particolare “picchi” con c.to c.to spira chiusa
Prova con terminatore
Applichiamo all’adattatore BNC collegato all’oscilloscopio un terminatore con impedenza
ZL= 50Ω ottenendo i seguenti risultati:
Onda visualizzata con terminatore senza cavo
Visualizzo esattamente l’onda generata senza alterazioni infatti se l’impedenza di carico ZL è
uguale alla impedenza caratteristica della linea Z0 non si avranno riflessioni e,
sull’oscilloscopio, osserveremo solo l’onda incidente così come viene generata.
Ripetiamo la stessa misurazione utilizzando cavo più terminatore ottenendo i seguenti
risultati:
Onda visualizzata con cavo e terminatore
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L’onda visualizzata è ancora quella generata se non per dei picchi evidenziati in figura; ciò
dimostra che in tali condizioni il cavo non influenza la forma d’onda, se non per l’aggiunta di
una capacità fornita dal cavo che spiega i picchi, nel nostro caso si è utilizzato un cavo di 10m
provare con un cavo più lungo e commentare.
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Misurazione della velocità di propagazione v dell’onda sul cavo RG58
Eseguiamo la seguente misurazione misurando il Δt fra l’onda V1 (onda incidente) e Vr1 (onda
riflessa) (ved. Figura), di un cavo RG58 di lunghezza nota (nel nostro caso 5m); Tale misura
rappresenta il tempo impiegato dall’onda di tensione V1 per percorrere il cavo e ritornare
all’oscilloscopio; pertanto la velocità di propagazione sarà data da:
v
10m
spazio( S )

 198400km / s
tempo(t ) 50,4 *10 9 s
Tale valore è facilmente deducibile dai data sheet del cavo (ved. Allegato B)
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Prova con matassa di cavo RG 58 di lunghezza incognita
La riflettometria è utile per determinare il punto di guasto del cavo infatti, conoscendo la
velocità di propagazione dell’onda nel cavo in esame ed il tempo che l’onda impiega per
riflettersi è facile determinare lo spazio percorso dall’onda.
Utilizziamo il circuito precedente collegando all’adattatore BNC a T un cavo RG 58 di
lunghezza incognita con terminazione prima aperta e successivamente in c.to c.to, ottenendo i
seguenti risultati:
Onda visualizzata con cavo da 40m e terminazione aperta
Onda visualizzata con cavo da 40m e terminazione in c.to c.to
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Misuriamo il Δt fra l’onda incidente e l’onda riflessa (nel nostro caso Δt=396e-9s), che nelle
due prove dovrebbero essere uguali escludendo incertezze.
Tale valore conoscendo la velocità di propagazione ci permette di determinare la distanza dal
guasto che sarà data:
t * v 396 * 10 9 * 198400
S

 0,3928km
2
2
Tale valore corrisponde con la misura fisica del cavo.
Nell’ultima figura è evidenziata il fronte di discesa dell’onda non molto ripido, provare a
spiegare il perché; provare altresì la stessa prova con un cavo RG58 di minore lunghezza
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Prova con impedenza ZL=Z0/2
La riflettometria ci permette di determinare oltre alla distanza dei guasti anche la loro natura
infatti nella precedente prova, dalla forma dell’onda potevamo dire si trattava di una rottura
del cavo o di un c.to c.to.
E anche possibile riconoscere altre condizioni di guasto ad esempio impedenza di guasto metà
di quella caratteristica, in tale condizione l’onda riflessa sarà 1/3 dell’onda incidente e si
sottrarrà ad essa.
Quindi utilizziamo un adattatore BNC a T con ai suoi estremi due terminatori da 50Ω (infatti
il parallelo delle due sarà pari a 25Ω) e colleghiamolo prima direttamente all’adattatore a T
dell’oscilloscopio e successivamente tramite un cavo RG58 da 4m, visualizzano le seguenti
onde:
Forma d’onda con carico ZL=Zo/2 senza cavo
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Forma d’onda con cavo e carico ZL=Zo/2
Come si può verificare nella prima immagine l’onda è Vpp=3,43V perché si è sottratta l’onda
riflessa senza ritardi che invece sono presenti nella seconda figura.
SISTEMA DELL’ECO A MODULAZIONE DI FREQUENZA
Impostare il generatore di forme d’onda: forma d’onda sinusoidale, frequenza f=4,5MHz,
tensione picco-picco Vpp=10V e l’impedenza di uscita a 50  (si veda in appendice A).
Collegare il cavo RG58 di circa 40m come negli esercizi precedenti.
Impostare l’oscilloscopio in modo da visualizzare su un solo canale e più periodi.
Aumentare la frequenza sino a raggiungere un massimo relativo dell’ampiezza (in
corrispondenza di circa 4,9MHz)
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Aumentando ulteriormente la frequenza si osserva prima una riduzione della ampiezza
Un minimo relativo
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e poi un aumento sino a raggiungere in corrispondenza di circa 7,5MHz un nuovo massimo
relativo.
Possiamo calcolare la lunghezza del cavo:
x
198,4  10 6 m / s
v

 38m
2  f 2(7,519  4,902)  10 6 Hz
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Ripetiamo la procedura sopra descritta sino a raggiungere un nuovo massimo relativo alla
frequenza di circa f=9,804MHz
Possiamo pertanto calcolare:
198,4  10 6 m / s
v
x

 43m
2  f 2(9,804  7,519)  10 6 Hz
Ripetiamo ancora sino al muovo massimo relativo alla frequenza di circa f=12,46MHz
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Possiamo pertanto calcolare:
x
198,4  10 6 m / s
v

 37m
2  f 2(12,46  9,804)  10 6 Hz
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Forme d’onda con alcune impedenze di carico caratteristiche
Forme d’onda con alcune impedenze di carico tipiche
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Appendice A
pag. 33
Appendice B
pag. 34
pag. 35
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