SENTENZE IN SANITÀ – CORTE D’APPELLO DI ROMA
CORTE D’APPELLO DI ROMA – Sezione Lavoro - sentenza del 14 giugno 2005
In applicazione del generale principio di cui all’articolo 2697 cc, grava su colui che agisce per far valere
i diritti nascenti da un rapporto di lavoro subordinato, fornire la prova della sussistenza dello stesso, ove
sul punto vi sia contestazione, posto che qualsiasi prestazione, economicamente rilevante, può essere resa sia sotto forma di lavoro autonomo, che di lavoro subordinato. Al fine di assolvere l’onere relativo,
occorre specifica prova dell’elemento costitutivo essenziale della subordinazione, la cd eterodirezione
della prestazione lavorativa, ovvero la soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.C. ha proposto appello avverso la sentenza in oggetto, con la quale era stato dichiarato nullo il
ricorso avente ad oggetto la condanna dell'Istituto Chirurgico Ortopedico S. srl, nella qualità di
datrice di lavoro, al pagamento della somma di Euro 276.088,87 per differenze retributive, straordinario, tfr relative al rapporto di lavoro decorso dal 1.11.93 al 4.12.01, quando era stato licenziato verbalmente, con mansioni di medico di reparto. Ha evidenziato l'erroneità della pronuncia. La controparte ha resistito al ricorso.
All'odierna udienza la causa è stata decisa mediante pubblica lettura del dispositivo.
Motivi della decisione
L'appellante, con unico motivo, articolato su più punti, ha censurato la decisione, per aver dichiarato nullo il ricorso, laddove l'atto era conforme alle previsioni di legge. Ha insistito per
l'ammissione della prova, volta a far emergere la natura subordinata del rapporto e la conferma
dei fatti dedotti.
Il motivo è infondato nei termini che seguono.
Dalla lettura del ricorso al primo giudice risulta che il ricorrente ha indicato la data di assunzione di cessazione del rapporto, le mansioni disimpegnate, l'orario di lavoro, gli istituti in ordine
ai quali era creditore per differenze retributive, l'inquadramento spettante, il contratto collettivo
invocato, ed ha concluso per la condanna del datore di lavoro al pagamento della somma già richiamata, specificando i relativi titoli ed allegando al ricorso analitici conteggi.
E' evidente che l'atto, così strutturato, non è nullo. Invero, "nel rito del lavoro per aversi la nullità del ricorso introduttivo del giudizio è necessario che siano del tutto omessi, oppure risultino
assolutamente incerti, sulla base dell'esame complessivo dell'atto, il petitum sotto il profilo sostanziale e procedurale (bene della vita richiesto e provvedimento giudiziale) nonché le ragioni
poste a fondamento della domanda; la suddetta nullità deve essere, pertanto, esclusa - nell'ipotesi in cui la domanda abbia ad oggetto spettanze retributive - allorché l'attore abbia indicato il periodo di attività lavorativa, l'orario di lavoro, l'inquadramento ricevuto, ed abbia altresì specifi-
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Sentenza del 14 giugno 2005
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cato la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali vengono richieste le varie
spettanze - rimanendo irrilevante la mancata notifica di conteggi analitici - atteso che in tali ipotesi il convenuto è posto in condizione di formulare immediatamente ed esaurientemente le proprie difese" (Cass. 30.12.94, n. 11318; Cass. 22.1.99, n. 817; vedasi, sull'irrilevanza della mancanza di un'originaria quantificazione monetaria delle pretese, ove siano precisati i titoli delle
spettanze rivendicate, Cass. 7.4.98, n. 3594).
Senonché, nel costituirsi in giudizio in primo grado, la società ha contestato che tra le parti sia
mai intercorso un rapporto di lavoro subordinato.
E' noto che, in applicazione del generale principio di cui all'art. 2697 c.c., grava su colui che agisce per far valere i diritti nascenti da un rapporto di lavoro subordinato fornire la prova della
sussistenza dello stesso, ove sul punto vi sia contestazione, posto che qualsiasi prestazione, economicamente rilevante, può essere resa sia sotto forma di lavoro autonomo, che di lavoro subordinato. Ed al fine di assolvere l'onere relativo occorre specifica prova dell'elemento costitutivo essenziale della subordinazione, la c.d. eterodirezione della prestazione lavorativa, ovvero la
soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro,
concretizzantesi nella facoltà di quest'ultimo di emanare, in qualsiasi momento, disposizioni
specifiche circa l'esecuzione della prestazione secondo le mutevoli esigenze dell'organizzazione
imprenditoriale, nonché nella facoltà di vigilanza e controllo sulle prestazioni stesse (in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ., 28 luglio 1999, n. 8187). Quando, poi, a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, non possa agevolmente apprezzarsi l'eterodirezione della prestazione, l'esistenza della subordinazione può inferirsi dai c.d. indici sussidiari o indiziari (quali, ad es., l'inserimento stabile nell'organizzazione d'impresa, la continuità della prestazione, la vincolatività
dell'orario, l'obbligo di giustificare le assenze, l'esclusività del rapporto, l'inerenza della prestazione al ciclo produttivo, retribuzione fissa a tempo senza rischio di impresa, l'inesistenza, in
capo al lavoratore, di un'organizzazione imprenditoriale); tuttavia, detti elementi rilevano solo
se siano concorrenti ed assumano i caratteri delle presunzioni gravi, precise e concordanti.
Nel caso di specie, i capitoli di prova articolati in ricorso, quand'anche confermati dai testi escussi, sarebbero inidonei a provare il vincolo della subordinazione sopra richiamato, riferendosi alle mansioni di medico di reparto, disimpegnate in piena autonomia nell'ambito delle disposizioni impartite dal primario, alla durata della collaborazione, al luogo della prestazione, al carattere continuativo, alla durata della prestazione giornaliera. Trattasi di circostanze compatibili
anche con il rapporto di lavoro autonomo, che non provano in alcun modo l'assoggettamento al
potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, e, quindi, la sussistenza della
subordinazione. Va aggiunto che, palesata la contestazione di controparte, il ricorrente avrebbe
potuto, ai sensi dell'art. 420, comma 5, c.p.c., articolare i mezzi di prova resi necessari dalla situazione processuale delineatasi, ma non si è avvalso del meccanismo prefigurato dal codice di
rito, finalizzato proprio a consentire l'adeguamento delle deduzioni all'effettivo tema del contendere, come emergente una volta perfezionatosi il contraddittorio. La necessità di rigorosi riscontri istruttori vieppiù sussisteva nel caso di specie, nel quale nel corso del rapporto l'appellante aveva in più occasioni sottoscritto dichiarazioni escludenti la natura subordinata della prestazione resa, non disconosciute ai sensi di legge; nello stesso senso deponevano la titolarità, ri-
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sultante per tabulas, di altro lavoro dipendente sino al 22.9.95, e la prestazione di attività saltuaria di guardia medica in Benevento per gli anni dal 1995 al 1998 (cfr. libero interrogatorio),
nonché la qualità delle parti e la previsione collettiva della possibilità di rendere l'attività dedotta in contratto anche con rapporto libero-professionale.
Si impone, pertanto, il rigetto dell'appello.
Spese compensate per giusti motivi.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta l'appello. Compensa le spese.
Così deciso in Roma l'11 maggio 2005.
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2005.
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