Archivio IDEE & OPINIONI IL DUBBIO Individui reali e ideologi dell' egoismo «In prima battuta ci dovremmo chiedere se la nuova democrazia possa risolversi nella ricerca del self-interest della vulgata smithiana. Temo che, dopo due secoli e mezzo di esperienza e due millenni e mezzo di filosofia, la risposta sia negativa: le società stanno assieme se il provvido egoismo coesiste con la solidarietà» (Massimo Mucchetti: «Democrazia nel mercato globale-La politica riprenda il suo ruolo», Corriere della Sera , mercoledì 24 agosto). Mi pare la favola del lupo e dell' agnello - superior stabat lupus - e che il mio amico Massimo faccia torto non tanto ad Adam Smith quanto al senso comune. Egli assimila, infatti, l' empirismo scozzese - come teoria della conoscenza - al razionalismo proprio di ogni teoria del dover essere; ciò che Karl Marx - che aveva il gran pregio, rispetto ai marxisti immaginari, di tenere i piedi ben piantati per terra - chiamava «sovrastruttura», «falsa coscienza», l' ideologia con la quale gli uomini giustificano e legittimano i propri comportamenti politici. Ma il self-interest smithiano, caro Massimo, non è una ideologia, non è costruttivismo, un tentativo di trasformare l' uomo e il mondo, bensì è la «descrizione» dell' uomo e del mondo come sono. Il fornaio, il macellaio e il birraio della Ricchezza delle nazioni , che ci forniscono il desinare perché hanno il proprio tornaconto, sono la vita reale, la realtà effettuale, lo spontaneismo sociale, non ubbidiscono a un programma politico razionale, a una sovrastruttura ideologica, ma al proprio istinto naturale. Trattare, dunque, Smith come un progettista politico dell' egoismo individuale, contrapposto alla collaborazione fra gli uomini e alla solidarietà, è un errore di metodo e un falso ideologico; quel che Einaudi chiamava un «fantoccio polemico». Adam Smith «non prescrive» agli uomini di essere egoisti; si limita a «constatare» che lo sono. Se mai, l' improbabile accusa di costruttivismo liberale - una contraddizione in termini a fini polemici - che gli rivolgono è proprio l' errore che commettono, invece, i costruttivisti dell' egualitarismo; che prescrivono, autoritariamente, un' impossibile eguaglianza economica e sociale, finendo col coartare, per imporla, le libertà e la volontà dei singoli individui. Un caso esemplare - tipico della cultura progressista - di attribuzione agli altri dei propri errori e della conseguente eterogenesi dei fini. Le diseguaglianze, in una «società aperta» - dove a ciascuno è data l' opportunità di migliorare il proprio status sociale - sono variabili e mobili. Smith - nella T eoria dei sentimenti morali - prefigura la (spontanea) collaborazione fra gli uomini grazie a quel sentimento che li accomuna e che lui chiama «simpatia», al desiderio di piacere agli altri, e a se stessi, e all' adeguamento dei comportamenti di ciascuno al giudizio che ne dà il prossimo. A temperare, poi, il fatto che gli uomini, oltre che inconsapevolmente egoisti, tendano ad essere, spesso consapevolmente, anche un po' carogne provvede, sotto il profilo istituzionale, il costituzionalismo; che è un' invenzione liberale. Lo spirito di collaborazione, e persino l' esigenza di una certa solidarietà, sono il filo rosso che percorre tutta la storia del pensiero liberale, da Locke, Hume, Smith, Stuart Mill, Mises, Hayek, fino al nostro Luigi Einaudi delle Lezioni di politica sociale . Chiedersi se «la nuova democrazia possa risolversi nel self-interest della vulgata smithiana» è una ben singolare domanda. È l' illuministica illusione che, «dopo due secoli e mezzo di esperienza e due millenni e mezzo di filosofia», gli uomini non siano più quelli descritti da Smith, bensì siano diventati un' altra cosa, più congeniale alla «nuova democrazia»; salvo constatare che non sono cambiati affatto e che la nuova democrazia rischia essere tirannica. Insegna Kant che l' uomo è «un legno storto» e non si può pretendere di «fare qualcosa di diritto da ciò che è storto». Prendiamolo, dunque, per quello che è, una realtà complessa e sfaccettata; come fa saggiamente il liberalismo, limitandosi a evitare, costituzionalmente, che si trasformi in homo homini lupus (lo Stato liberale è «Stato giuridico») e a riparare, con l' organizzazione sociale, alle ingiustizie troppo forti. Il resto è la presunzione di sapere «che cosa tiene unita la società» - che i liberali, saggiamente, non credono di conoscere - e di avere la capacità, che i liberali, altrettanto saggiamente, non pretendono di possedere, di tenerla unita. La strada che porta all' inferno della tirannia è la convinzione di conoscere la Verità, di sapere ciò che è Bene e ciò che è Male; è il costruttivismo ideologico e politico, che vuole cambiare il mondo, creare «l' uomo nuovo», ma finisce con essere generatore di tutti gli autoritarismi e i totalitarismi che hanno ridotto in schiavitù gli uomini. [email protected] RIPRODUZIONE RISERVAT A Ostellino Piero Pagina 57 (2 7 agosto 2 01 1 ) - Corriere della Sera Ogni diritto di legge sulle informazioni fornite da RCS attraverso la sezione archivi, spetta in via esclusiva a RCS e sono pertanto vietate la rivendita e la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi modalitá e forma, dei dati reperibili attraverso questo Servizio. 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