ELABORAZIONE
OTTICA DELLE
IMMAGINI
INTRODUZIONE
Il termine “elaborazione ottica” sta ad indicare una scienza relativamente nuova, resa possibile,
almeno per la maggior parte del suo attuale sviluppo, dalla scoperta del laser.
Un primo scopo dell'elaborazione ottica propriamente detta consiste nell’effettuare operazioni
matematiche su immagini, intese come funzioni di due variabili spaziali (il termine spaziale sta ad
evidenziare l’analogia con il termine temporale usato nel caso di segnali monodimensionali funzioni
del tempo), al fine di migliorarne la qualità o estrarne alcune caratteristiche.
Un secondo scopo è il riconoscimento di configurazioni (pattern recognition), in cui il risultato
dell’elaborazione non conserva alcuna rassomiglianza con l’immagine elaborata, ma fornisce solo
un’indicazione della presenza o meno in essa di sub-immagini cercate (ad esempio la presenza o
meno di una lettera in una pagina). Alcune applicazioni sono il riconoscimento di impronte digitali,
firme, conteggio di forme biologiche.
Le premesse di questa scienza possono essere individuate nell’ottica, ma anche nella teoria dei
sistemi e nella fotografia. L’approccio analitico all’elaborazione ottica non è dei più agevoli; è
tuttavia possibile, riducendo al minimo i formalismi matematici, dare i concetti di base in modo
intuitivo, collegandoli a nozioni già note, come quelle dell’ottica elementare. Si cercherà di
spiegare, nella maniera più semplice possibile, come una lente sia in grado di compiere la
trasformata di Fourier di una immagine; di rendere intuitiva la percezione di alcune delle
caratteristiche di un’immagine a partire dalla sua trasformata. Si illustreranno diversi tipi di sistemi
ottici in grado di operare la trasformazione e la ricostruzione di un’immagine e si accennerà al
filtraggio nel dominio della frequenza, cioè sul piano della trasformata ottica di Fourier.
Si potrebbe pensare a un'elaborazione ottica in cui un’immagine viene convertita in forma numerica
mediante la scansione della stessa con un raggio laser.
Nel tipo di elaborazione che tratteremo un raggio laser espanso (onda piana uniforme) illumina
completamente un’immagine caratterizzata da una funzione bidimensionale del tipo f(x,y). Una
lente di distanza focale f produce nel suo piano focale posteriore una funzione F(u,v) che è la
trasformata di Fourier bidimensionale di f(x,y). L’elaborazione avviene quindi su questo piano
(piano della trasformata PT) con l’introduzione di opportuni filtri. L’antitrasformata può essere
ottenuta mediante una seconda lente.
Questo modo di procedere viene indicato talvolta come analog optical computing; nel caso sia
impiegato anche un calcolatore tradizionale, si parla di hybrid computing.
Dato che l’elaborazione ottica può essere considerata come un metodo per trattare segnali
bidimensionali, è naturale considerarla come la controparte dell'elaborazione numerica. Un
confronto fra le due tecniche non ha oggi molto senso: ci si limita a delle considerazioni puramente
qualitative sulle loro caratteristiche ed indicazioni di utilizzo.
Per prima cosa si può notare che l’elaborazione ottica è praticamente istantanea per qualsiasi tipo di
immagine elaborata, mentre quella numerica può risultare lenta, in particolar modo se si utilizzano
immagini di elevate dimensioni e ad alta definizione.
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Per questo motivo uno dei campi in cui l'elaborazione ottica si è sviluppata è quello militare, in cui
la velocità può costituire una priorità assoluta. D'altra parte l'elaborazione ottica è essenzialmente
analogica, ha un certo grado di imprecisione intrinseca, è rigida. L'elaborazione avviene quasi
completamente nel dominio della frequenza; certi tipi di filtraggi non sono possibili. Inoltre
nell’elaborazione numerica i filtri sono simulati su calcolatore, mentre nell’elaborazione ottica sono
oggetti che devono essere progettati e realizzati prima di poter essere inseriti nel sistema di
elaborazione. Per elaborare immagini di diverse categorie può essere necessario cambiare sistema
ottico con dispendio di tempo ed utilizzo di elementi ottici diversi.
Nell’elaborazione numerica l’acquisizione dell’immagine avviene tramite telecamera o scanner, a
seconda delle circostanze; nel caso dell’elaborazione ottica immagini effettive come un paesaggio
non possono venire trattate facilmente.
Esistono tuttavia dispositivi detti modulatori spaziali di luce (SLM) che possono tradurre una scena
reale, o anche l’immagine prodotta da un calcolatore, in un’immagine leggibile in un sistema ottico.
Fra gli SLM probabilmente più impiegati sono quelli a cristalli liquidi (LCLV – valvole di luce a
cristalli liquidi). La figura 1 mostra l’esempio di utilizzo di un simile dispositivo (il cui schema è
stato piuttosto semplificato) in un sistema per l’elaborazione ottica di immagini.
fotoconduttore specchio
Cristallo
liquido
F(u,v)
Laser
Fig. 1- Sistema ottico di elaborazione con ingresso in tempo reale su LCLV
Esiste infine una importante classe di immagini che possono essere elaborate solo in modo ottico: si
tratta delle immagini di fase. Le immagini di fase, che tratteremo ampiamente in seguito,
modificano solo la fase e non l'ampiezza di un campo luminoso che le attraversa. Non possono
quindi essere viste, né analizzate, con mezzi tradizionali.
L’elaborazione di immagini, come è già stato accennato, ha due scopi fondamentali:
miglioramento e riconoscimento di immagini.
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MIGLIORAMENTO
Un primo tipo di miglioramento si ottiene con la soppressione di informazione dannosa o non
voluta. Ad esempio certe ecografie sono strutturate in righe di scansione, la cui eliminazione può
portare a una migliore intelleggibilità dell'immagine. Oltre alla soppressione di informazioni
dannose (rumore), può essere di interesse cercare di ripristinare l'informazione perduta: si aggiunge
all’immagine un’informazione derivante da altre sorgenti. Tipico esempio è il miglioramento di
un’immagine sfocata prodotta da una macchina fotografica non a fuoco. Bisogna comunque
supporre che lo sfocamento sia invariante su tutta l’immagine (ipotesi di spazio invarianza). Con lo
stesso sfocamento si può fotografare un punto ed ottenere la risposta impulsiva w(x,y) del sistema di
acquisizione. Si può pensare di rappresentare il processo di acquisizione dell'immagine e quello di
ripristino come in fig. 2, in cui si vede che per ottenere l'immagine corretta Iv basta filtrare la
trasformata Is dell’immagine sfuocata con W-1, essendo W la trasformata di w(x,y).
Iv
MACCHINA
FOTOGRAFICA
SFOCATA
Is
Iv = immagine vera
Is = immagine sfuocata
Is  W u, v   Iv  Iv  W u, v   Is
1
Fig. 2 –
Processo di acquisizione e ripristino
Il processo è definito deconvoluzione e mostra come in linea di principio si sia in grado di
correggere un'immagine elaborata se si posseggono sufficienti nozioni sull'informazione perduta.
RICONOSCIMENTO
Il problema del riconoscimento è simile al problema tipico del radar: scoprire se in un segnale di
ritorno y(t) costituito da un fondo rumoroso n(t) è presente un segnale di eco s(t).
Si può scrivere:
y(t) = s(t) + n(t)
Il filtro generalmente usato per questo scopo è il cosiddetto filtro ottimo classico dato da:
S * ( )
H ( )  2
N ( )
nel caso di rumore additivo non correlato con il segnale, dove S* è lo spettro coniugato di s(t) e N2 è
la densità spettrale del rumore.
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Per illustrare l'applicazione di questi concetti al caso delle immagini supponiamo di voler
controllare quante volte la lettera E è contenuta nella pagina di un libro (fig. 3). S * è allora il
coniugato della lettera E, N2 è tutto ciò che non è segnale.
Mettendo un filtro opportuno sul piano della trasformata, sul piano delle immagini si ottengono dei
picchi di correlazione contrassegnati nella figura con *, che indicano la posizione occupata dal
segnale cercato nell’immagine d’ingresso.
E
L
E
E F
F
*
o
*
* o
o
Fig. 3 – Riconoscimento basato sulla correlazione
Questi metodi sono stati impiegati nell'analisi di ecografie, per classificare l'ecostruttura di un
organo che, in certi casi (esempio fegato), è una firma istologica di determinate patologie.
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