Cesare Aresi Canzoni per il mio popolo Brignano Gera d’Adda, gennaio 2004 “Canzoni per il mio popolo” è un titolo che ho in testa già da tempo, da quando ho cominciato a immaginare uno spettacolo con le mie canzoni, da fare in un teatro. Spettacolo mai realizzato. Ma il titolo mi è tornato in mente oggi, quando, mentre stavo rivedendo per l’ennesima volta il file con i testi delle canzoni, mi sono ricordato della richiesta di Andrea, che da tempo chiede ai miei figli che le stampi ‘ste canzoni, magari con gli accordi per l’accompagnamento. E allora mi son deciso ad impaginarle per una eventuale stampa, facendole precedere da una copertina, così ne nasce una raccolta, e ho scritto questo titolo: “Canzoni per il mio popolo”. Mi sono soffermato un po’, dopo averlo scritto: “dal” mio popolo forse direbbe meglio che quello che io canto nasce dall’esperienza che vivo in mezzo alla mia gente, che ha lì le sue radici. “Con” il mio popolo potrebbe invece dire che è insieme a loro, grazie a loro…darebbe il senso della coralità. Oppure il titolo potrebbe essere qualcosa di più poetico, come il nome di un fiore, di un albero, o un neologismo pseudo-dialettale. O qualcosa di discografico, tipo “Morettina ed altre canzoni”. Ma il motivo del “per” è molto più semplice. E’ che quando le scrivo, o le ho scritte, queste mie canzoni, ho sempre in mente qualcuno per cui dirle, le cose che dico. E quando le ho cantate, o le canto, è sempre per qualcuno, perché mi viene chiesto. Sono canzoni d’occasione. E ” il mio popolo” non è una cosa strana. Quella è la mia vita. Io un popolo ce l’ho, mi è stato dato. Anche quando mi sembra sia sparito, e dico: non c’è più. Un piccolo popolo che canta queste povere canzoni c’è. Siamo in due o tre, e tutto è in proporzione con il valore che ha quello che mi capita di fare. Il problema vero, come spesso capita a chi scrive, sta nella lingua. Finché si tratta di italiano, essendo una lingua inventata proprio da quelli che scrivevano, messa per iscritto non fa proprio una piega. Ma il dramma è che più spesso io penso e canto in dialetto. E questo che, da vera lingua, centra solo col parlato, a metterla giù su un foglio si fa proprio un po’ fatica. Lo so, ci sono stati fior di letterati che han fatto del vernacolo una vera disciplina. Ma io sono un po’ indisciplinato, e ho scritto le parole dialettali senza tenere molto conto dei vocabolari, anche quelli in bergamasco. Non amo i puristi, i filologi e gli altri specialisti. Della mia rozzezza io ne faccio un vanto. La parola scritta, in questo caso, non è nulla se non è ascoltata. E lo scritto è solo una traccia per seguire, per fermare e ricordare quel che si è ascoltato. Fin che si tratta di vocali “alla lombarda” il segno grafico è abbastanza chiaro: la ü e la ö, ancorché difficili da pronunciare anche per i miei figli, sono facili da interpretare. I casini nascono con le e, che hanno diverse sfumature, difficili anche solo da percepire, per cui mi sono limitato a specificare solo le é chiuse e le è aperte alla francese (come in élève). La doppia cc ha il suono dolce tipo facce (detto però senza la e). La z, che nel dialetto delle mie parti non c’è, si legge come la esse dura di quando noi del nord diciamo casa. Chiedo ai bergamaschi di città e a quelli delle valli, ma anche a tutti quelli che stanno giù in pianura ma al di là del fosso bergamasco, di non avere la puzza sotto il naso se la mia lingua non è pura come la loro. La mia è della Gera d’Adda, anzi, di Brignano. Quella terra di cui pochi a Bergamo sanno l’esistenza, nascosta dalle nebbie che stanno fra Treviglio e Caravaggio, da sempre terra di confine, che stette per più tempo con Milano, quando Bergamo era un entroterra veneziano. Che ha preti cremonesi e pertiche milanesi per misurare i suoi terreni, ma il ceppo, non c’è dubbio, è quello orobico, anche se un po’ bastardato. Circa l’ordine di presentazione ci ho pensato sopra parecchio, e alla fine le opzioni più convincenti erano due: l’ordine cronologico o quello alfabetico. Siccome i testi io raramente li avevo scritti, era difficile ricostruirne un ordine cronologico, confidando solamente nella mia memoria. E poi, se la mossa che mi ha spinto a stampare è dare la possibilità ad Andrea di avere sotto mano i testi quando se li vuol cantare, l’ordine alfabetico è quello più congeniale allo scopo, come in un canzoniere. Le canzoni sono tutte quelle che ho scritto fino ad ora. Tutte tutte, anche quelle più cretine. Quasi tutte, perché di alcune proprio non mi ricordo più tutte le parole. E allora vuol dire che non era importante quel che avevo da dire. Un grazie a GianFranco, Sergio, Gabriele e tutti quelli che hanno dato importanza al mio lavoro più di quanto abbia fatto io stesso. A Aléghèr so (N’ò biit) ‘N’o biit des calès, ‘i o biicc del bù. ‘N’o biit des calès, ‘n o biit ase. Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé ‘N o biit tri liter, ‘i o biicc del bù. ‘N o biit tri liter, ‘n o biit ase. Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé ‘N o biit de nigher, ‘n o biit de bianc ‘n o biit de bù, ‘n o biit de gram. Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Cara la me spusina, dai! Fa mia isé Anse, tò ö bèl calès, bif ‘npo poo te! Alura dai Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Aleghèr so, aleghèr se E cante prope bé Alzarsi la mattina con la voglia di cantare, ma la gente è ancora a letto, cantare non si può. Cantare in bicicletta mentre vado a lavorare, ma possa fuori uno che mi guarda un po’ così. Cantare verso sera con gli amici all’osteria, ma poi dicono che bevi, che ti piace troppo il vino. Trovare la maniera di cantare io e te… Trovato! Basta farlo e sai com’è! Ne ho bevuti dieci calici, ne ho bevuto abbastanza, ne ho bevuti dieci calici, li ho bevuti davvero. Allegro sono, allegro si, e canto proprio bene. Ne ho bevuti dieci litri, ne ho bevuti abbastanza, ne ho bevuti dieci litri, li ho bevuti davvero. Ne ho bevuto di buono, ne ho bevuto di gramo, ne ho bevuto di nero, ne ho bevuto di bianco. Cara la mia sposina, dai non fare così! Anzi, toh un bel bicchiere, bevi un po’ anche tu! Almeno potersene andare Almeno potersene andare E fare la libera fame E dire di no ad un mondo Che usa la casa, la chiesa e il pezzetto di terra Per tenerti le mani legate. Almeno potersene andare E fare la libera fame, e non dover più restare a guardare la madre che grida ed il padre Almeno potersene andare, almeno potersi…liberare Alura dai, fem sò ‘sta cantadina cantém de nocc, infina a la matina e po’ del dé, là ‘de l’uficina e a la sira, ‘nsèma la moer Ma non è mica questo il sistema di cantare, del canta che ti passa, passa cosa? Passa niente. Cantare come bere, bere per dimenticare, e intanto andiamo avanti, andiamo avanti a stare male. C’ho voglia di cantare, si, ma niente amore,amore e neanche quei tamburi che ti fanno rintronare. Trovare un modo sano di cantare, io e te… Trovato! Basta farlo e sai com’è! Alura dai, fem sò ‘sta cantadina cantém de nocc, infina a la matina e po’ del dé, là ‘de l’uficina e a la sira, ‘nsèma la moer Poi capita la sera che c’hai voglia di cantare, trovarsi con gli amici: una polenta e tre costine. Andare giù in cantina, porta su anche quello buono Portare qui la roba e farla andare sul camino E mentre che ti guardo che mi bevi tutto il vino ti dico di passarmi quel pessetto di stracchino che poi trviamo il modo di cantare, io e te, c’ho qui anche il mandolino, sai com’è! Alura dai, fem sò ‘sta cantadina cantém de nocc, infina a la matina e po’ del dé, là ‘de l’uficina e a la sira, ‘nsèma la moer Allora dai, facciamo questa cantatina, cantiamo di notte, fino alla mattina, e anche di giorno, là nell’officina, e alla sera insieme alla moglie. Non posso venire, che il diavolo mi tenta a me. Spicca un volo! Non ho le ali! Vieni a 'ca lo stesso! Angelo belangelo, vieni da me! Non posso venire, che il diavolo mi tenta a me. Spicca un volo! Non ho le ali! Vieni a 'ca lo stesso! Angelo belangelo, vieni da me! Ma il diavolo mi tenta! E tu lascialo tentare, tanto non ci può arrivare, perché l'ho già vinto anch'io con mio figlio, che era un Dio! Angelo belangelo, vieni da me! Ma non ho le ali! E questo lo so anch'io, non ce le ho neanche io Angelo, belangelo, vieni da me, sensa se, sensa ma e sensa perchè Arda che bèl Angelo belangelo. Arda che bel ol ciel de stasira, a l'è talment vira che 'l par pitùrat. Arda che bel ol ciel de stasira Coi nigoi che a ròss i se fa' 'nvers al sol Angelo belangelo, vieni da me! I se fa 'nvers al sol e i ga roba 'l culur, po i la traà 'n töt ol ciel che 'l va 'dre a fas i scùr, e la lùs culurada la culura i penser, e i penser i va sö, infina ai ma del Signur. Arda che bel, arda che bel. Arda che bel: in del ciel che sa snigra a salta fo i stele, come tace lùmì. Arda la löna, che pel delicada, e meza scundida, la par dre a giögà. La par dre a giögà con chi nigoi le scùr Ch' i ga scont vià la facia, i ga tö 'n vià la lùs. La par 'dre a giögà coi so tance murus che po i se fa' 'n banda e le la turna a sberlùs Arda che bel, arda che bel. Arda che bel, a 'n sé che poo stasira, coi pè sö la tera e i penser chi va al volt. I ma iè 'n sacocia (gh'è l'aria freschina), ol nas l'è per aria e i öcc in del ciel Co i öcc in del ciel e col cör in gola, col cör che domanda sensa dì öna parola: al domanda l'amur, de ès contet sö la tera. La domanda l'è lé…e sa 'mpia öna stela. Arda che bel, arda che bel. Guarda che bello il cielo questa sera, è talmente vero che sembra dipinto. Guarda che bello il cielo questa sera, con le nuvole che a gruppi si avvicinano al sole Si avvicinano al sole e gli rubano il colore, poi lo spandono per tutto il cielo, che si va facendo scuro. E la luce colorata colora i pensieri, e i pensieri salgono, fino alle mani del Signore Guarda che bello: nel cielo che si annerisce Si accendono le stelle come tanti lumini. Guarda la luna ( che pelle delicata!) mezza nascosta, sembra che stia giocando. Sembra che stia giocando con quei nuvoloni scuri che le nascondono il volto, le rubano la luce. Sembra che stia giocando con i suoi molti amanti, che poi si fanno da parte e lei ritorna a risplendere. Guarda che bello, siamo qui anche stasera, con i piedi sulla terra e i pensieri che salgono. Le mani in tasca, l'aria è fresca, il naso in aria e gli occhi nel cielo. Con gli occhi nel cielo e il cuore in gola, il cuore che domanda senza dire una parola: domanda l'amore, di essere contento sulla terra. La domanda è lì…e si accende una stella. B Se gh’è nisù a Malibù Gh’è ‘n quai vù però in Perù Se gh’è mia San Salvador Gh’èm di amìs in Ecuador . Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche cheèl che ‘nco ‘s vet mia l’è mia decc ga saghe mia Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘nco ‘l gh’è mia on indomani chi lo sa! C Chè l che l’è Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche cheèl che ‘nco ‘s vet mia l’è mia decc ga saghe mia Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘nco ‘l gh’è mia on indomani chi lo sa! Se gh’è mia ‘l Sud Africa Gh’è sarà l’America, se gh’è mia l’Afganistan ghe sarà l Kazachistan. Se gh’èmia ol Mercedes Benz Ghe sarà la Fiat ses-cent, se gh’è mia la ca’ ‘n Sardegna per i feria, a là, ‘sa ‘nsegna. Se gh’è mia tat de gregnà Proa a fa ‘n salto zo a Brignà Se gh’è mia tat de diertis Telefuniga a i amis Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche cheèl che ‘nco ‘s vet mia l’è mia decc ga saghe mia Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘nco ‘l gh’è mia on indomani chi lo sa! Se gh’è mia la libertà, l’è ‘l moment de das de fa’, se gh’è mia tanta salute pensa ai grasie ricevute. Se gh’è mia o cor de leù Proa a metiga pio passiù Se gh’è pio nigot de fa’, Beh, sa pol poo domandà! Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche cheèl che ‘nco ‘s vet mia l’è mia decc ga saghe mia Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e anche chèl che ‘nco ‘l gh’è mia on indomani chi lo sa! Epilogo: Se, l’è mia tat bel ol nas, però arda che bel cul. Forse ‘l cul a l’è ‘mpo bass Ma arda lè che du bei brass! Chèl che l’è, chèl che l’è, mè partì de chèl che gh’è e per mia restà a pè te…partes de chèl che gh’è! Quel che è, quel che è, bisogna partire da quello che c’è e anche quello che oggi non si vede, non è detto che non ci sia. E anche quello che oggi non c’è, domani chi lo sa! Che ure èle? Che ure éle, Che ure éle, Che ure éle, Che ure éle, Per piasè! A A A A l’è l’è l’è l’è ura ura ura ura Mangià Mangià Mangià Mangià de de de de ‘n ‘n ‘n ‘n per per per per ‘ndà ‘ndà ‘ndà ‘ndà bucù bucù bucù bucù a a a a de de de de de pa’ e giambù de pa’ e giambù de pa’ e giambù. De pa’ e giambù De pa’ e giambù de pa’ e giambù de pa’ e giambù. De pa’ e giambù Mmmmm, L’è bu. Mmmmm, del bù. Mmmmm… piasè? piasè? piasè? piasè? mangià mangià mangià mangià pa’ pa’ pa’ pa’ e e e e ‘nbucù, ‘nbucù. ‘nbucù, ‘nbucù. giambù, giambù: giambù, giambù Che ure éle? Che ure éle, per piasè? Per piasè! Che ore sono, per piacere? E’ ora di andare a mangiare un boccone di pane e prosciutto, che è davvero buono. Chi doveva venire, è venuto di già. Chi doveva venire è venuto di già, chi doveva pagare ha pagato di già. Ma com’è che il mio cuore è ancora diviso a metà, e se guardo i miei occhi non vedono più la realtà? Ma porca puttana, ma che vita grama, la vita di un uomo diviso a metà. Ma porca di qua…e porca di là… (vedi, sono diviso anche in del bestemmià?) In paradiso ci voglio andare, con tutti i miei santi, riconoscerli tutti quanti, e domandargli come la và. Con un occhio, senza occhio, con la macina al collo, tu tira che io mollo ma in paradiso… …..ma, il paradiso è già qua! Contet con te Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet. Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet . Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet . La, la, la, la, la, la, la, la, la ,la… la vita di un uomo spaccato, diviso, col cuore a metà. Mama la me pura l’è de mia riaga A fa rent la eta perché so puarì. Mama la me pura lìè pura de töt, del me pecat, de l’amur, de la zet. La, la, la, la, la, la, la, la, la ,la… con le scarpe o senza scarpe, pitturato sul muro, di straforo, di culo, ma in paradiso ci voglio andar. A so malcontet e g’ho pura de töt, a so malcontet e ma pias piö nigott: Lassa sta’ la pura, lassa stà ‘l puerì, issè se sta’ i facc, isse set piasìt: Lassa stà la pura, lassa stà ‘l pecat, ol Signur sö la crus l’ha zemò scancelat. Con töcc i penser che 'l gà Al to cör malcontet cala sempre vergot, calerà sempre Lu, lu per vess contet. Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet. Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet . Contet con te, con te contet, contet con te, con te contet . Con questa mania della povertà Con questa mania della povertà Ho fatto fuori tutto Ed ora eccomi qua Senza soldi, senza sigarette Per fortuna che non fumo. Mi è restata giusto questa bicicletta Per andare a Treviglio E po’ turnàa a ca’ Mi è restata giusto questa bicicletta Per andare a Treviglio E po’ turnàa a ca’ Anche la chitarra si è rotta il mi cantino E i soldi non ce li ho Non ho i soldi per comprare il mi cantino Come farò? Gh'è chi che penserà come 'l farà a cantà con töcc i penser che 'l gà ön om de la so età Come s'farà a sunà sensa desmentegà i debecc de pagà i cröze del laorà. Sarala stüpidera, sarala matochera… con töcc i penser che 'l gà ön om de la so età. Forse l'è 'n po ö terù se, 'nsoma, ö lasarù per metis 'dre a cantà cön töt chel ghel che gh'è de fa Sarà colpa de l'amur Sarà ö meret del Signur, la forsa de la pasiù, o forse l'è vucasiù. Sarala stüpidera Sarala matochera… con töcc i penser che 'l gà ön om de la so età. L'è prope 'n bel de fa a sbates per campà; per chei de la nosta età l'è forse piö malfà. Ma quando turne a ca', co' la chitara 'n ma', ma 'e prope de cantà, pota, so mia se fa! Sarala stüpidera Sarala matochera Ma l'è prope bel cantà Specie a la nosta età L'è prope bel campà Specie a la nosta età. D La vita è sempre qua Dentro, dentro le cose Mai dire nonostante Dentro, dentro l’istante E la banalità Il male che sto facendo Il bene che sto vedendo La fatica che sto vivendo La quotidianità La donna che sto abbracciando Il figlio che sto crescendo Il lavoro lavorando Tutta la realtà Dentro le cose Dentro, dentro le cose Mai dire nonostante Dentro, dentro l’istante E la banalità Dentro, dentro le cose Mai dire nonostante Dentro, dentro l’istante E la banalità Come una cattedrale È tutto il nostro fare Dentro un particolare Tutta la verità In questo preciso istante Cristo si fa presente Che cosa sconvolgente Ma è la normalità Non per intelligenza Non per la coerenza Solo per l’ obbedienza Della tua libertà In questo preciso istante Ma che attimo fuggente Non fugge proprio niente Dezà che 'ngà mia tat in 'sta pianüra Dezà che 'ngà mia tat in 'sta pianüra Tirem in vià la nèbia, ma resta piö nigot La nèbia che i penser le i a cutura i a 'ntorcia det, i a tè semper süspis e quando l' ve 'l culdì de primaera i böta fo ‘l so fiur de nuità La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca', la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'. Di donne ho amato gli occhi Di donne i neri capelli Di donne ho amato il viso La schiena, i fianchi snelli Di te, ho amato te Il tuo destino La, la, la….. Cos'ela po' sta' nèbia berechina, che la scont i cà, la smorza so i rumùr che bagna i oss, la barba e poo ‘l cervèl la mes-cia ‘nsema i strade, la fa pert l’orientament, ma se ghè la löna ‘ciel a s’ pöl vardala, e se gh’è mia ‘l sol, la gh’è gnà le Di notte ho sognato il sole Di giorno ho pensato al mare La sera col suo profumo A volte mi fa viaggiare La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca', la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'. La, la, la….. A me che sò nasìt in dela nebbia, A èdela piö ma fa ‘mpò dispiasè Perchè se gh’è la nebbia al me pais Me ‘l so che ‘Sità Olta gh’è fo ‘l sol. E quando rie a Stezà, pasàt Verdèl, In pieno inverno, a me ma par d’estat. La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca', la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'. Di donne Con te, io vivo te Presente a me Dal mondo ho avuto molto Al mondo ho dato poco A molti un dispiacere A te un sacco di dolore Da te, ho avuto te Il tuo perdono La, la, la….. Don’ love me baby Don’ love me baby, don’ love me baby Don’ love me baby, don’ love me baby Don’ love me baby Oh baby, baby, baby don’ love me Sotto la cappa del camino c’era un vecchio contadino Che suonava la chitarra, zim ,zum, zarra Ambarabà cicci coccò tre civette sul comò Che facevano l’amore con la figlia del dottore Il dottore si svegliò ambara bà ciccì coccò La mamma non l’aveva, Pirulì ,Pirulì piangeva A mezza notte in punto passò un areoplano E sotto c’era scritto: Pirulì, Pirulì sta’ zitto Te Te Te Te Te Mignulì va’ a tö ‘l vì Gaetà va’ a tö ‘l pa’ Ernesta fa la minestra Maria portela via Mignulù marsh in presù Sotto il ponte di Verona c’è una vecchia scoresona Che cuciva le mutande per non fare il buco grande Buco grande si allargò e la vecchia scorerò Ügì bel, so frédèl Uregina bela, so sorèla Buchina de fra’, campanèl de sunà, din, don Sotto il ponte di Baracca c’è Mimì che fa la cacca La fa dura, dura ,dura il dottore la misura La misura trentatré, uno, due, tre Non amarmi, bambina. Oh bambina, non amarmi! Sotto il ponte c’è tre bombe passa il lupo e non le rompe Passa il re e la regina e ne rompe una dozzina Pan vì, pan fresc induina ‘ndo che l’è: in quest! Pirulì Pirulì piangeva, voleva l’insalata Cervèl, canèl, butù, mitraglia, canù Dura l’è dura Ieri ho visto due operai, due operai che giocava a pallone, era anni che non si vedeva, e son rimasto lì a guardar: due operai che in pausa pranzo, dopo aver mangiato un boccone, sull’asfalto del capannone, si son messi dietro a giocar. E tirando, correndo e sudando, lavoro e compagni son più come prima, tirando correndo e sudando lavoro e compagni è qualcosa di più E giocando, cantando e sperando, la vita e la morte son più come prima, giocando, cantando e sperando, la vita e la morte è qualcosa di più. Düra l’è düra, ma nüm gh’em minga püra, Düra l’è düra, ma nüm em giamò venciù. Ieri andavo per la strada, e ho sentito una donna cantare, era anni che non si sentiva, son rimasto lì ad ascoltar: una donna faceva i mestieri, nella stanza che da sulla strada, ed intanto che spolverava, canticchiava una vecchia canzon. E stirando, stendendo e cantando, il lavoro e la casa son più come prima E stirando, stendendo e cantando, il lavoro e la casa è qualcosa di più. Io non so se domani vedrò, della gente che gioca e che canta, della gente che è ancora contenta, ma di fare il lavoro che fa. Io non so se domani vedrò, ma spero davvero che accada di sentire cantare la strada, e vedere dei grandi a giocar. E E gh’è la löna E gh’è la löna, ma Dio che löna! L’è löna piena, ma Dio che löna! E la sberlüss, se la sberlüss, ma Dio che lüs de löna. E la mia donna sotto ‘sta luna è tutta bianca e misteriosa, e la sberlüss, se la sberlüss, ma Dio che müs de löna. E io son qua, sotto ‘sta luna, mentre mi guardi e non dici niente: io sto di qua, tu stai di là sotto sta bella luna. E tu che guardi da oltre la luna Dammi una mano a volerle bene, e Te arda zò, che me so piö ‘se fà ‘nsèma ‘sta dona. E c’è la luna, ma Dio che luna! E’ luna piena, ma Dio che luna! E riluce, si riluce, ma Dio che luce di luna. E la mia donna sotto questa luna È tutta bianca e misteriosa, e riluce, si riluce, ma Dio che viso di luna! …….. ……… ……… E Tu guarda giù, perché io non so più cosa fare con questa donna. Söbet o pör piö tarde, a gh’è mia gnè grasia gnè cül Söbet o pör piö tarde, l’è questiù apena de tep F L’è bröta la fadiga se ta se mia ‘l perché L’è bröta la fadiga se ta se gna’ ol per chi Forse per i palanche, ma ‘ndome chèle i ta fa pert la resù Forse per la famiglia, ma la fameglia l’è mia sèmpèr assé Faticammo tutto il giorno L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l compens Söbet o pör piö tarde, l’è questiù de grasia e de cül Söbet o pör piö tarde l’è questiù de grasia e de tep Faticammo tutto il giorno Senza prender mezzo pesce Ma se Tu dici che riesce Noi le reti buttiam giù L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l castic Faticammo tutto il giorno Senza prender mezzo pesce Ma se Tu dici che riesce Noi le reti buttiam giù Faticammo tutto il giorno Senza prender mezzo pesce Ma se Tu dici che riesce Noi le reti buttiam giù L’è bèla la fadiga se ta ga se ol perché L’è bèla la fadiga se ta ga se ‘a ‘l per Chi E söbet o pör piö tarde ma l’è sigür che ta ria ‘l compens Söbet o pör piö tarde, l’è questù de grasia e tep Faticammo tutto il giorno Senza prender mezzo pesce Ma se Tu dici che riesce Noi le reti buttiam giù Festa popolare Arda Maria che bel vestit che la gh'à sö pe' 'ndà a balà pe' 'nda a balà 'nsema 'l so pupà a la festa popolar E alla festa popolare con quanta gente c'è da parlare c'è da incontrare, da salutare alla festa popolare (bis) Arda Pepino 'mè l'è contet che l'à 'ncuntrat isè tanta zet tanta zet che ga pias campà vivendo in comunità E alla festa popolare con quanta gente c'è da parlare c'è da incontrare, da salutare alla festa popolare (bis) Fiori appassiti Fiori, fiori di campo Raccolti lungo la strada. Raccolti in un prato verde Davanti a una mia scultura. Se tu non avessi Quei tuoi grandi occhi Ti potrai guardare, ti potrei amare. Fiori, fiori di campo I tuoi occhi che se ne vanno, raccolti nei miei pensieri di un amore già nato ieri. Se tu non avessi quel vestito viola Ti potrei amare, ti potrei toccare. Fiori, fiori appassiti In un vaso Con troppi sogni. La, La, La, La, la, la, la, la,la la ,la ,la ,la ,la la, la, la, la,la la, la ,la ,la. G Generati da un popolo allegro Generati da un popolo allegro che ha smarrito nel tempo il cammino, ci troviamo di nuovo compagni, ricreati dal braccio divino. Generati da un popolo allegro, riprendiamo gli antichi strumenti e cantando le nuove canzoni ritroviamo fratelli perduti. E cantando le nuove canzoni riprendiamo gli antichi strumenti, ritroviamo fratelli perduti, rigenerati da un popolo allegro. ed ora sono sostegno e preghiera, ed ora sono le stelle del viaggio. Giovane dalle belle speranze Con lo sguardo rivolto al mattino, percorriamo le vie dolorose, sulle quali ci porta la vita, sulle quali ci porta la croce. Con lo sguardo rivolto al mattino, con un nuovo mattino nel cuore, ritorniamo più certi al lavoro, la speranza ora c’è nel dolore. Con un nuovo mattino nel cuore, si ritorna più certi al lavoro la speranza ora c’è nel dolore se lo sguardo è rivolto al mattino. Già ci seguono i nostri bambini, con lo sguardo stupito e sicuro, di chi ha un padre che guido il cammino, di una madre che tiene il tuo passo. Giovane dalle belle speranze andava a piedi in tutte le circostanze andava a piedi e tornava in bicicletta soltanto quando lui c’aveva fretta. Un giorno che passava per la via dove abitava colei che l’ammaliò passava fuori in bicicletta perché quel giorno lui c’aveva fretta E lei lo guardava dal balcone e lui, lui la guardava con commozione… …è andato a sbattere contro un lampione e gli è venuta una commozione ma una commozione di quelle cerebrali che si guariscono negli ospedali Gota dopo gota Ci precedono i figli più grandi, che han trovato coraggio e vigore, e ora balzano avanti cantando, le canzoni da poco imparate. E dal cielo ci guardano lieti tutti gli amici che ci hanno lasciato che ci furono padri e fratelli, Gota dopo gota l’acqua la e zò acqua dopo acqua l’è ‘npo che ‘nvet mia ‘l sol. L’è ‘npo che ‘vet mia ‘l sol e pör al rierà e l’i starà fo per semper denacc de la to ca’ E quando me e te mi starà ‘ne stessa ca’ ol sol al ghe sarà de nocc e poo del de E gota dopo gota m’an fregherà nigot ol sol del nost amur al sügherà sö töt Gota dopo gota l’acqua la e zò acqua dopo acqua ol sol al venzerà. H Ho una ragazza Ho una ragazza carina ed educata, non è bellissima, ma è molto raffinata. Dice la gente ma che bene le vuoi, non le regali neanche quel che piace a lei. La gente non sa come è grande il mio amore, oppure non sa che di soldi non ho. Tutto questo perché In questa società I soldi contano tutto Anche per chi non ce gli ha. I soldi contano tutto, si, anche per chi non ce li ha. I soldi, l’argent, monney. Solcc, palanche, ghei! Ho una ragazza carina ed educata, non è bellissima ma è molto raffinata. Dice la gente ma che bene le vuoi, non le regali neanche quel che piace a lei. Di certo non le compro borsette di Guccini Non ho neanche i soldi per comprarle i calzini… (….Non è Guccini, quello delle borsette, è Gucci…) Di certo non le compro borsette di quel tale, non ho neanche i soldi per comprarle da fumare. Le ho comprato un anello una volta, era largo anche quello. Le ho comprato un anello una volta, era largo anche quello, sì! La moda, i soldi, siamo sempre lì! L’amore che le voglio non si può misurare Con quello che io posso o non posso regalare. Per noi cristiani poi il fatto è un po’ particolare, l’amor non si misura neanche a parole. L’augurio più grande che io le possa fare è che cammini sempre nella Chiesa del Signore Che viva nel suo popolo non farglielo scordare è il bene più grande che io le possa fare Dentro questa unità, il nostro amor crescerà. Nel mio popolo in cammino, nel suo popolo in cammino, in questo popolo in cammino verso la santità, in questo popolo in cammino il nostro amor crescerà. ma cresce solamente se ci affidiamo a Lui A Lui che ce l’ha dato lo dobbiamo consacrare, perché cresca come Lui lo vuole. E’ una strada difficile, piena di amarezze, se ci affidiamo a Lui, Lui ce l’appianerà. E’ un cielo imprevedibile che ogni tanto manda grandine, ma nelle sue mani è sicuro come l’oro. L La doménica matina I Il nostro amore Il nostro è un amore difficile, nato dopo un lungo parto. E’ un amore travagliato, anche se è già cresciuto. Esisteva già prima che nascessimo, è un amore che sa che sa di eternità. E’ un amore che vive non per la nostra forza, La domenica matina a ‘nsa troa fo’ de la messa, tre parole sö la piassa, po’ ‘nva a bif l’aperitif ö ö ö ö cales de chel bianc, cales de chel bianc, bel cales de chel bù, bel cales de chel bù. Domenica dopo ‘l mesdé, an sa troa amò töcc insema, e ‘nfa ‘l gir de töte i cèse, töte i cése del pais : e e a a zo ‘n bicer bel tis, zo ‘n bicer bel tis, ogne césa del pais, ogne césa del pais. La domenica de sira öna partida a scua, e söl banc, insema ai carte, ö bel pér de butigliù: e a forsa de stafù, e a forsa de stafù, an fa fò i du butigliù, an fa fò i du butigliù. Ma che dona che ò catàt fo Eravamo in sessantuno söla coriéra che ‘à a Treì Ti ho chiesto di darmi un bacio, te tecàt a gregnà, ta finiet piö Ma che modi, ma che finèsa Ma che dona che mai g’ò che Ma che modi, ma che finèsa Insieme a te non ci stò più. La grü La dòna fina Mé ürie apena domandat: “Come ta stét?” Con fare de arogansa ‘me rispundit: “Va ‘dà via i pé” Ma Ma Ma Ma che che che che modi, ma che finèsa dona che mai g’ò che modi, ma che finèsa dona che ò catàt fo Io ti ho invitata per questa sera al cinema Mi hai detto: “Spèta un minuto, ma scapa bé, prima ‘ndò al cess” Ma che modi, ma che finèsa Ma che dona che mai g’ò che Ma che modi, ma che finèsa Puoi essere al mare, puoi essere in montagna, magari sei al lago, oppure anche in campagna: se guardi bene in alto, con occhio ben attento, c’è sempre lì una gru che mastica cemento. Una gru che stretta alta tira su la malta, tira su le case e tira su le chiese, ne tira su di cose, squadrate o fantasiose, cose a volte belle, ma più spesso mostruose… La gru… la gru, la gru. La gru. La grü l’è strécia e olta e la maja sö la molta. La grü, la grü, la grü. La grü l’è strécia e olta e la maja sö la molta. La grü, la grü, la grü. La grü, la grü, la grü la güida lü, La grü, la grü, la grü la güida lü. La grü, la grü, la grü la güida lü, La grü, la grü, la grü la güida lü. La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü, La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü, La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü, La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü. Una gru c’è sempre stata, una gru ci sarà sempre, per dar forma a qualche sogno e far felice un po’ di gente. Una gru che stretta e alta ne ha tirata su di malta, ne ha tirate su di case, ne ha tirate su di chiese. Una gru fatta di legno, una gru fatta di canne, una gru fatta di ferro, una gru fatta di sangue. Una gru fatta di gente per strapparci al nostro niente, una gru fatta d’ingegno, una gru che c’ha un disegno. La gru… la gru, la gru. La gru. La linda mariposa ( Laggiù nell’Arisona) Laggiù nell’Arisona fa ‘n colt de la madona E ‘nvece ‘n Venesuela l’acqua del mar la pèla Ed ecco un caballero che lindo e fiero por la ciudad Se ponde ad un balcone e una canssione cantando và: La linda mariposa ahora dormiendo està y el suegno de una rosa le da serenidad Ahora mañana y siempre por siempre junto a ti mañana ne la iglesia yo te dirò que si. Asì canta el caballero, y desda el mundo entero y en vece de una rosa se busca un bocàl de pisa. Ritorna el caballero encassado nero por la ciudad y por consolassione una cansone cantando và: La linda mariposa ahora dormiendo està y el suegno de una rosa le da serenidad Ahora mañana y siempre por siempre junto a ti mañana ne la iglesia yo te dirò que si. Esta canssion sinsera vien da la Cordillera Dalle Ande agli Appennini la cantano i bambini Io invece te la canto col cuore affranto ma di passion E spero che tu appaia felice e gaia da quel balcon. La linda mariposa ahora dormiendo està y el suegno de una rosa le da serenidad Ahora mañana y siempre por siempre junto a ti mañana ne la iglesia yo te dirò que si. La mia gente E sono solo come un pirla proprio adesso Che ho più bisogno di sapere cosa fare Con questo figlio che non sa più cosa vuole, gli ho dato tutto, gli ho trovato anche un lavoro. Con questa donna che mi guarda con tristezza, c’ha più neanche la voglia di parlare. Lei fa tutto, come prima, ma per dovere; ma io la vedo, avrebbe voglia di scappare, E la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente l’hanno fatta su: fin che non tocchi il frigor s ne frega, quando gli tocchi il frigor vota Lega. E la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vieni a letto quasi più, perché c’è sempre su qualcosa alla TV Sarà che a me m’hanno insegnato a lavorare, sarà che a lui forse gli insegnano a parlare, sarà che il mondo non è più uguale, sarà che l’uomo invece è sempre tale e quale Sarà che in casa non si guarda altro che tele, sarà che fuori non si guarda altro che tele, sarà che dicono che qui tutto va male, sarà che è vero solo se è scritto sul giornale, Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente l’hanno fatta su: fin che non tocchi il frigor s ne frega, quando gli tocchi il frigor vota Lega. Ma la mia gente, la mia gente non c’è più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vieni a letto quasi più, perché c’è sempre su Costanzo alla TV E neanche il prete vuol più dirmi cosa fare “Tuo figlio è bravo, non ti devi preoccupare, se poi gli capita un rapporto occasionale ormai lo sa come si deve comportare. E la tua donna viene in chiesa, fa del bene Certo è un po’ triste, ma cosa vuoi a questo mondo, non puoi pretendere il dovere coniugale sappiamo tutti che è un bel peso da portare” Ma questo Cristo allora non c’è più? Ma questo Cristo non si vede più? E’ nato, è morto, ma cos’è venuto a fare? E se è risorto allora fammelo incontrare! Ma la mia gente non ci crede più A questo Cristo che non vede più, e chi ci crede crede a un Dio lassù, lassù nei cieli, “il nostro buon Gesù” Ma la mia gente non c’è neanche più, la mia gente ci sei solo tu, tu che non vedi altro che TV, poi vieni a letto, chiudi gli occhi, e mandi giù. L’amis On amis a l’è mia chel, che ‘l ta lea tat de capel. Che ‘l ta trata de fredel. E po’ ‘l ta dis che ta se bel. On amis a l’è mia zà, chi ta set gna ‘ndo l’i sta, chi ta mai prestat ol pa, chi che parla per parlà. On amis per vess amis, Se ta sbagliet lu ta ‘l dis, e ‘l ta pisa col to pis, per te ga prem ol paradis E ‘l ta pisa col to pis, e se ta sbagliet lu ta ‘l dis, on amis per vess amis. E ta ‘l se be ‘ndo li sta, e ‘l ta presta ‘npo de pa, on amis per vess amis. E ‘l ta trata de frédèl, ma sensa dit che ta se bel, on amis per vess amis. La moldava Scorreva nella valle un fiume d'or Le rocce scintillavano del suo splendor I salici d'argento, i sambuchi in fior Offrivano le loro fronde al vento e al sol Ma tu non eri là, quel giorno, insieme con me E non veder le cose belle insieme con te È come guardare ma senza sentire Il mistero vibrar Scorreva nella valle un fiume d'or Le rocce s'inchinavano al suo splendor Ma tu non eri là, quel giorno, insieme con me E non veder le cose belle insieme con te È come guardare ma senza sentire Il mistero vibrar scendeva nella valle il fiume d'or e lento riportava al mare il mio dolor. L’amùr l’è mia polènta Se l’amur l’è mia polenta Come ‘l disia ‘l Giopì A sent chel che ghè ‘ngiro L’è certo ö gran pucì I la dis in de la tele I la canta ‘ndi cansù I la scrif sö ‘ntoc i leber Che sa salva pio nisù I na dis de stupidate I ghe da per tot ol de Però chel che l’è pio grave l’è ch’i è bale grose issè Ma cuate bale sura l’amur (4 volte) “Sei tu la vita mia Sensa di te io morirò” - E te crepa o bröta bestia Tanto non ti seguirò “Io vivo per te sola Tu sei tutto per me, Che sarebbe la mia vita Se non ci fossi te. La luce dei miei occhi Tu sei il respiro mio” - Che se dopo ciape l’asma Te salude caro mio Ma cuate bale sura l’amur (4 volte) L’amur l’è mia polenta Giopì te gh’èt resù Ma a sent chel che gh’è n‘giro Al par ö gran turù I ga na met de socher Ta sa teca tote i ma E cuore cuore amore Ma chi ‘ndaghe a fass ciaà L’è pusibel che l’amùr I la conosce pio nisù Pio nisù che sa ‘ncapela A fass tratà comè ‘n cuiù Ma cuate bale sura l’amur (3 volte) Sensa ‘l dulur La nèbbia La nebbia, la nebbia l’è bianca L’è bianca e l’è fosca L’è nebbia. E ‘nde nebbia nu ‘n camina E ‘nde nebbia nu ‘n camina ‘nfina a quando ‘n rierà al sol. Ol sol, ol sol a l’è gialt A l’è gialt e l’è colt a l’è ‘l sol Sota ‘l sol nu ‘nsa ‘n camina, sota ‘l sol nu ‘n sa ‘n camina ‘nfina a quando ‘n rierà a ca’ La ca’ del me pupà l’è bela La ca’ del me pupà l’è granda La ca’ del me pupà gh’è det i stele L’è lù che ‘l cata fo chele piò bele Gh’è det ol sol gh’ è det la lona Gh’è det ol vent gh’è det la nebbia. La ca’ l’è semper là, basta cercala, e lù ò’è semper la che speta, che spera che ‘lsa cunsula se ria vergù La strada l’è longa La strada l’è longa I gambe iè cörte La strada l’è longa, i gambe iè cörte E pör bisogna ‘ndà E pör bisogna ‘ndà Bisogna mai fermas E pör bisogna ‘ndà, bisogna mai fermas ‘nfina a quando ‘nse riacc Quando ‘n sarà riacc Alüra ‘n poserà Quando ‘n sarà riacc alüra ‘n poserà ‘n de ca’ del nost Pupà Lü ‘l ma darà de bif E anche de mangià Lü ‘l ma darà de bif e anche de mangià E po’ dopo nu ‘n canterà Comè ‘n sa dre a cantà Alüra ‘n canterà Comè ‘n sa dre a cantà alüra ‘n canterà E per sèmper nu ‘n canterà Le stelle E’ notte e nel cielo le stelle avanzano, avanzano sedute Öh, ma come fan le stelle ad avanzar sedute? E poi, se avanzano qualcuno le ha avanzate! Ma chi non mangia stelle in questo mondo cane? Un cane, abbastanza bastardo con un fiocco color peperoncino ed una pila in bocca a illuminar le stelle… E le stelle avanzano sedute, non gliene frega niente del cane minatore! Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! (ma cosa c’entra con la canzone? Niente!) Tutto questo è per dirti che ti amo. E le stelle non c’entrano niente, son solo di contorno a questa bella luna, ed il cane è quello di mio padre che con la pila in bocca mi porta giù le chiavi perché mio padre, eh si, mi ha chiuso fuori mentre io ero qui a cantarti ‘sta canzone. Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! Ma che fame, Dio che fame! M’è venuta tanta fame! Non ho mangiato niente. Non ho neanche bevuto. Il tuo amore mi fa dimagrire. L’è töta nocc che pènse a la me éta L’è töta nocc che pense a la me eta Ga rie mia a durmì Gh’è frecc in dela stansa e me so sota ‘na montagna de penser i debecc de pagà, ol laorà che ‘l manca la ca’ de tirà inacc l’amur che ‘l gh’era, l’gh’è. che ‘l gh’è po’ ‘l manca ma e de pians e poo de usà: chi soi, chi set e poo se gh’è la strada che ‘l saghe mia trasat töt chel che fo chi soi al so, so me ‘sta bröta facia chi set al so, ma po’ forse ‘l so piö L’è ‘na parola “amur” che fo fadiga A dila del de bù. L’è ‘na parola “amur” che a dila s’fa fadiga Sensa dulur. No, no, l’amura no l’è “la poesia”, ‘na sfilsa de basì. No. No. L’amur no l’è “‘a ggelosia” O fa aparì Amur l’è leà sö de nocc quan’ te se straca A desfà so i fagocc pieni di merda Amur l’è diga ‘n facia “te, so mia ‘na serva” E ardaga ‘nfacia quando che ‘l ve i lecc Sa sent cantà i osei, pasà fo’ i moto Al va adrè a dientà ciar L’è mei che lèe so, che tire ‘mpe la schena, e ‘ndaghe a laorà Di olte, a pensà tropp, sa sbaglia apena, E ‘ntat ol mont al va! Ol mont che ‘l gh’era, ‘l gh’è, che ‘l gh’è e po’ ‘l pasa Resta cosè, Signur? Luna mia bella Una canzone dice è già passata la primavera, l’altra canzone dice è già passata però era vera, un’altra canzone ancora dice è passata ma tornerà, ed io che ho colto i fiori canto i colori e li porto a te. Luna mia bella dimmi anche tu ami la primavera? Luna mia bella io ti dirò, il mese più bello è settembre però. Luna mia bella io so che tu ami la primavera, luna mia bella sai che però la primavera più vera è nel cuor. Hai, hai, hai, hai,hai. Una canzone dice non è felice chi si innamora, l’altra canzone dice non è felice però ci spera, un’altra canzone ancora dice è infelice ma passerà, ed io, con te nel cuore, vivo dolore e felicità. Luna lunella dimmi perché sei triste questa sera? Luna lunella dimmi perché sei triste sempre e solo con me? Luna lunella dimmi lassù vedi oltre la sera? Luna lunella dimmi lassù vedi più chiaro di me che son giù? Hai, hai, hai, hai,hai. Una canzone intera non può durare tutta la sera, una canzone spera di dare gusto a questa sera, una canzone intera non può bastare e non basterà, ma io che suono e canto rubo un frammento di eternità. luna mia bella sai anche tu questa mia tiritera? luna mia bella canta con me, sai anche tu che insincera non è. Luna mia bella canta anche tu in questa strana sera: luna mia bella canta con me che la tua voce è un incanto per me. Hai, hai, hai, hai,hai. M Madaléna Te, che ta batet i tac Sòl marciapè de loret E ta sbarbelet fin ach Quando che piòf e fa frecc Te, nigra come ‘l scorbacc Che l’Africa l’è ‘l to pais Bela, ‘me l’è bela la zet La zet che la gh’a di rais Te che ta endet l’amur – l’amur!E chi compra, ‘nsema ‘l so disunùr Al te compra, te, la carne, la pel Ma ‘l to nom I la compra nisù Te, Madalena del bù Slonghet la ma Per tocà ‘l to Signor E Lù, Lù ‘l sa fida de nu E nu an te sbat sòl cantu Te, Madalena del bu, in paradis, insema al Signor, con lader, putane e barbù ta saret denacc de nu Te, Madalena del bu, con lader, putane e barbu, in paradis insema al signor ta saret denacc de nu. Madonna dei Campi Ho messo su la giacchetta e vado fuori in paese. Ho piena la testa di conti e di spese che sono da fare, però non si può. Ho piena la testa di conti e di spese non so come fare né come farò. E mi ritrovo nei campi, in lacrime lungo una strada Che porta a una piccola chiesa, Madonna dei Campi, la chiaman così Che porta a una piccola chiesa, Madonna dei Campi, si chiama così. Salve Madonna dei Campi, Signora del mio paese tu che hai cambiato la storia dicendo il tuo si Salve Madonna dei Campi, madre che guardi dal cielo, fa che io possa seguirti e dire il mio si. Entro, la chiesa è deserta però ci son tante candele che dicono quante persone son venute a trovarti, così come come. Che dicono quante persone ti hanno chiesto una grazia, così come me. Entra una mamma distrutta: suo figlio si sta separando. E un padre che ha il figlio che muore non entra neanche, ma guarda da lì, il figlio che tieni per mano che ride e calpesta la bestia con te. Salve Madonna dei Campi, signora del mio paese tu che hai cambiato la storia dicendo il tuo si Salve Madonna dei Campi, madre che guardi dal cielo, fa che io possa seguirti e dire il mio si. Fuori, attaccato al portone, c'è scritto: domani si sposa Maria con Roberto. Non son del paese, mi dice la donna che mette su i fior. Maria con Roberto non son del paese, ma prega lo stesso per il loro amor. E' ora che vada, Madonna, mi aspettano a casa per cena. Ma tu, che di grazia sei piena, continua a pregare tuo figlio per noi Ma tu, che di grazia sei piena, sostieni la fede che è debole in noi. Ma in primavera E’ già passato un anno che ho piantato la morosa L’ho piantata là, nell’orto un anno fa E’ già passato un anno e non si vede ancora i frutti Aspettare e non venire è una cosa da morire Ma in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi Passato qualche anno che ci siamo fidanzati Tanti anni sono tanti anche per te E tu ti sei stufata e mi hai chiesto di sposarti Ma la casa e poi il lavoro e poi chissà com’è Che in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi E’ già passato un anno, bell’e fatto il militare E’ finita, tutto a posto, eccomi qua Ho messo su famiglia e poi c’è un po’ di lavoro Una volta che c’è il letto e la cucina poi si va Che in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi Passato più di un anno da quando ti ho sposata Siamo un gran contenti ma un po’ tristi quello si Passato più di un anno e non si vedono i bambini Aspettare e non venire è una cosa da morire Ma in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi Però a pensarci bene: non ci fosse da aspettare, non ci fosse da sperare in qualche cosa che poi viene saremmo bel’e morti e senza più la primavera aspettare e poi venire è una gioia da morire Che in primavera le pianta buttano Poi i butti crodano, crodano e crescono i persechi Mé frédèl a’ té Set me fredèl ‘a te che ta ma set nemis ta set ö galantòm, sè, ma ‘n d’ön oter partit Te, quando che me parle te ta fet ‘ndà ‘l co E quando parlet te ‘ma piaset mia gna ‘n po Se, se, se Set me fredèl ‘a te Se, se, se, se Set me fredèl ‘a te Set me fredèl ‘a te che ta se bèl e sciur Té che te facc cariera e che ta fet ol dür Perché ta par de fa’ chèl che ta öret te E ta crèdet de famm rabia, ma t’al crèdet te Se, Set Se, Set se, se me fredèl ‘a te se, se, se me fredèl ‘a te Set me fredèl ‘a te che ta conos nisü E chei che ta conos i ta lassa là ‘n cantù Perché ta set picèn, perché ta set brütì Perchè ta cantet mia e ta tastet mia gna ‘l vì Se, Set Se, Set se, se me fredèl ‘a te se, se, se me fredèl ‘a te Set me fredèl ‘a te perché ta set nasit Perchè ta ghet ö cör che ‘l bat istess de ‘l me Ö cör che ‘l sa contenta mai de chel che ‘l ga Perché l’è sèmper poc rispèt a chel che ‘n sa Se, se, se Set me fredèl ‘a te Se, se, se, se Set me fredèl ‘a te Mi piace di più l’inverno Mi piace di più l’inverno E i tuoi occhi. Mi piace di più l’inverno E i tuoi occhi. Ed i maglioni verdi. Ed i maglioni gialli. Ed i maglioni, d’inverno. Ma se non ci sono I tuoi occhi, tanto vale l’estate, tanto vale la primavera. Se non ci sono i tuoi occhi, tanto vale l’estate. Mi piace di più l’inverno E i tuoi occhi. Mi piace di più l’inverno E i tuoi occhi. Mi piace di più l’inverno E i tuoi occhi Ed i maglioni verdi. Ed i maglioni gialli. Ed i maglioni… d’estate. Morettina Suonata è mezzanotte e tutti sono a letto soltanto un ubriaco è ancora per la strada e canta “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio” Suonate son le sei si alza il muratore e prende la giacchetta e va verso il cantiere e canta “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio” Suonato è mezzogiorno si fermano i lavori il tempo di mangiare il tempo di fumare il tempo di cantare “vieni giù da quel balcone che come ti amo io non ti ama neanche Dio” Suonate son le sei campane suona a morto è morta Morettina lui esce dal cantiere e piange “Morettina vieni giù da quel balcone che come ti amo io forse ti amerà anche Dio che come ti amo io certo ti amerà anche Dio N Ninèta E gh’è ‘na löna che spaca i prede i stele che sberlüs amò e mé so ché sota ‘l balcù co’ la chitara e co ‘l trumbù. E gh’è ‘na löna che spaca i prede i stele che sberlüs amò, Ninèta ‘e so de bas che mé Ta dò ‘n basì söl nas. Ol nas de la Ninèta l’è ‘n gran bèl, a l’è ‘n gran bèl: ‘n po’ al francesina, ‘n po’ a la patitana, al sa mia se ardà sö o se arda so. La boca de Ninèta l’è ‘n gran bèla, a l’è ‘n gran bèla: la gà i barbèle löstre, i parerès ma giostre e ‘nvece l’è la boca de Ninè. E i orege de Ninèta iè ‘n gran bèle, a iè ‘n gran bèle: a iè do meraviglie, i parerès conchiglie e ‘nvece iè i orege de Ninè. Öre spusà Ninèta la spusa perfèta, la cüs i calsète la gà do bèle…. E gh’è ‘na löna che spaca i prede i stele che sberlüs amò e mé so ché sota ‘l balcù co’ la chitara e co ‘l trumbù. E gh’è ‘na löna che spaca i prede i stele che sberlüs amò, Ninèta ‘e so de bas che mé Ta dò ‘n basì söl nas. forse perché l’ha visto in mezzo alle persone, o forse perché è convinto che tutti quanti in fondo non aspettiamo altro che Dio su questo mondo. E allora lui lo grida e a volte sembra scemo, e di quelli più per bene l’amicizia viene meno. Certo che gli dispiace, però peggio per loro, gettar le perle ai porci non è mica il suo lavoro. Non canta morettina Non canta “Morettina” e non va sull’osteria Non canta “Morettina” e beve poco il vino ma quando che ti parla ti lascia lì di merda e tu capisci tutto anche quello che sai già. Non parla come i libri, però ha studiato molto Ma più che sopra i libri ha studiato di capire che cosa c’è che vale la pena di soffrire, di dire, fare, amare e anche di morire. Quando parla di Dio lo fa con convinzione, Lui di mestiere vive, ma non così per dire (ce n’è di gente al mondo che vive per morire!) Lui non si rassegna, non tira là a campare, e poi gli preme anche di fare un finale. E quando mi diranno: “Il tuo socio ci ha lasciato” Certo che piangerò, ma non da disperato. Non canta “Morettina” e non va sull’osteria ma il mio Signore è buono non lo caccia mica via, non canta “Morettina” e beve poco il vino ma il mio Signore è buono , se lo tiene lì vicino. O Ol blus de la grapa Chèsto a l’è ‘l blus de la grapa, La grapa che sa bif a mesdé, E se dopo séna a ta ‘l se gnà te, ol blus co’ la grapa al fa be. Se te ta pias ol blus co’ la grapa, Alura t’an farò fo ‘n bicer, e se ‘l blus co’ la grapa al ta pias del de bù alura t’an farò fo poo du. Du bicer. Medioevo, medioevo, medioevo e poo piö, mediovo, medioevo, medioevo e poo piö. Vandea, Vandea, Vandea e o! Vandea, Vandea, Vandea e o! Ol padrù de la melunera E’ arrivato ma verso sera ol padrù de la melunera, la so facia miga tat sincera, la so ghegna de balabiot. E la gente che lo vedeva un po’ rideva e un po’ piangeva, e la gente quando passava non sapeva che cossa far. E la gente che lo vedeva un po’ sapeva perciò rideva, ma quelli che non lo conosceva ci veniva ma da tremar. Tremar ma di sgomento, l’avvento è un po’ truculento Arriva lì e comanda. Domanda: ma chi l’è chest che? A l’è ‘l padrù de la melunera che verso sera si è palesato, ed è entrato nella balera circondato dai suoi lacchè. Macchè lacchè d’egitto, il coscritto che gli sta in parte, è il re ma delle zucche, e tutte di qualità. E’ arrivato e però s’al sera, ol padrù de la melunera Ed è entrato nella balera che l’orchestra l’è ‘dre a sunà. Che l’orchestra stava suonando un po’ di polka e un po’ di tango, che l’orchestra stava stonando, ma non c’ha orecchio e per lü l’è istess. E non è proprio un gran ballerino, molto grezzo e poco fino, non è proprio un gran ballerino, ol melunista e ‘l bala no. Ballare è un po’ volgare, sta male farsi vedere A far delle figure a gratis e po’ per chi? E perciò dentro la balera più non balla la melunera, che il padrone passa la sera a bere uischi e a contarla su Esga ‘na famea, ma esga mia i bagai Esga ona cuna pronta de tat tep Ma esga mia gna ‘n scett De faga durmì det. Gh’è chi che dis “Furtuna! leà mia so de nocc, a fa ninà la cuna, a desfà zo i fagocc” Ma te t’al se, Signur, l’è prope mia ise, ta edet a’ te sta dona che pians la nocc e ‘l de. Ma te t’al se, Signur, l’è prope mia ise, ta edet a’ te sta dona che pians la nocc e ‘l de P Passano i giorni così “Contar, contano i fatti, i contatti con chi c’ha il grano, ballare è da sfigato, fallito e ‘mpo lazarù!” Se n’è andato a tarda sera, era triste però rideva, è tornato alla melunera, melunera sensa melù. O Signùr che éta l’è mai O Signor, che éta l’è mai Passano i giorni così, senza sapore, Tu che mi cerchi ed io rivolto altrove, perso dietro alle cose che ho da fare, perdono gusto i gesti e le parole. Mi dimentico di Te, mi dimentico del sole, Mi dimentico del sole, mi dimentico di Te. Mi dimentico di me. Passano i giorni e non li so fissare negli occhi, nella mente e dentro il cuore. Scivola via anche il peso delle ore, senza lasciare gioia né dolore. Mi dimentico di Te, mi dimentico del sole, Mi dimentico del sole, mi dimentico di Te. Mi dimentico di me. Dammi la forza, dammi, di restare col cuore spalancato ad aspettare quello che gli occhi ancor non san vedere, quel che vedrò e già sento con il cuore. Mai dimentico di Te, mai dimentico del sole, mai dimentico del sole, mai dimentico di Te. Mai dimentico di me. Perché la vita - 96 alpini Novantasei alpini senza piuma sul cappello andarono in montagna per vedere com’è bello il sole che si alza dalla culla della valle e ride a crepapelle, sai dirmi tu perché? Perché la vita è tanto bella che ti viene da cantare quando vedi questo sole che si alza e poi va giù Un uomo in mezzo al mare remava con piacere per giungere alla spiaggia e poi poter vedere il sole che dall’acqua si alza su nei cieli e fa brillar le onde di splendidi colori Perché la vita è tanto bella che ti viene da cantare quando vedi questo sole che si alza e poi va giù Laggiù nella pianura ormai s’è fatto sera le case sono buie, la notte è tutta nera si alzan mille voci di lode al buon Signore perché anche per oggi c’ha dato il suo sole Perché la vita è tanto bella che ti viene da cantare quando vedi questo sole che si alza e poi va giù Pigi Panda Pigi Panda è un animale Con un dubbio esistenziale Non sa bene se fa male Vivere solo per mangiare O, o o, o, o panda, panda Pigi Panda o,o,o,o, o Panda panda Pigi Panda Ma conosce un buon sistema Per risolvere il problema Giù nel letto lui si sprofonda Poi si pone la domanda O, o o, o, o panda, panda Pigi Panda o,o,o,o, o Panda panda Pigi Panda La domanda ora se l’è posta Può concedersi una sosta Ed il sonno, ma chi lo sa, forse il dubbio scioglierà O, o o, o, o panda, panda Pigi Panda o,o,o,o, o Panda piccola bestia rotonda brutta bestia di un Pigi Panda brutta bestia di un Pigi Povero. E basta. C'è chi è povero di soldi C'è chi è povero di cuore C'è chi è povero di spirito E chi è povero, povero e basta. Io son povero, povero e basta, nel senso di povero, povero e basta, nel senso di povero, povero me. C'è chi è povero di gusto E chi è povero di idee C'è chi è povero di ironia E chi è povero, povero e basta. Tu sei povero, povero e basta, nel senso di povero, povero e basta, nel senso di povero, povero te. C'è chi è povero di pane C'è chi è povero anche di salame E chi è povero di amici E chi è povero, povero e basta. Noi siam poveri, poveri e basta, nel senso di poveri, poveri e basta, nel senso di poveri, povero noi. Pozzanghere Ero lì che stavo andando… Öh, con chi? Con la solita andatura. E perché? Con la solita morosa Ah, pardon Ero lì che stavo andando, io. Quando ecco che improvvise Son venute giù dal cielo… Che cosa? Le gocce! Io sotto il cielo, io sotto la pioggia, tu, sotto l’ombrello c’eri tu. Io sono qui bagnato, io sono qui paciato Io sono qui che sbatto comè ‘n pülsì (come un pulcino). Ero lì che stavo andando… Öh, con chi? Con la solita andatura. E perché? Con la solita morosa Ah, pardon Ero lì che stavo andando, io. Quando ecco che improvvise Le ho vedute sulla strada… Ma chi? Pozzanghere! Io sotto il cielo, io sulla strada, tu, sull’asciutto camminavi tu. Io sono qui bagnato, io sono qui paciato Io sono qui che sbatto comè ‘n pülsì (come un pulcino). Eri lì che stavi andando… Con la solita andatura? Con la solita morosa? Eri lì che stavi andando,tu. Quando ecco che improvvise Gocce? Pozzanghere? Quando ecco che improvvisa L’o ciapada per la camisa Le ho schiantato via l’obrello, l’ho sbattuta nelle pozzanghere, lei. Io sotto il cielo, io sotto l’ombrello, tu, sotto la pioggia c’eri tu. Io sulla strada, ma io sull’asciutto, tu, un’altra volta non mi freghi più Q Quan che venivo giù in bici Quan’ che venivo giù in bici Tu mi dicevo che ero povero Che per andare a morose Ci vuole per lo meno la macchina La macchina io non l’avevo E a morose c’andavamo solo a piè Ma non è questione di bici E nemmeno questione di macchine È solo questione d’amore C’ho la bici con la canna, salta su! R S Sènsa bale Sènsa bale, sènsa bale, sènsa bale ga n’è pie ol mont Sènsa bale, sènsa bale, sènsa bale ga n’è pie ol mont. Se sèm spusacc an mangia pà e lacc (2 v.) (Strofa da improvvisare al momento, con musica o recitato) es. Dicono che ‘l Tone È un prete volgare “Quando sta con i ragazzi lui non deve dire cazzi Se poi parla di Gesù non gli crederanno più” Se Se Se Se sèm sèm sèm sèm fredèi an mangerà i tortei amis mi mangerà stö mis zermà mi mangerà ‘ndomà cϋsì po dopo ‘nfa ‘n pusì Se seèm sorele an mangia ‘di scödele Se sèm spusacc an mangerà ‘ndi piacc (2 v.) Sétèmber Dicono che Sandro È un maestro volgare Deve stare più attento dove mette l’accento Ché l’orecchio gentile si potrebbe ferire Dicono che Bossi È un politico volgare E se dice “ve lo giuro, ce l’abbiamo sempre duro” Come fa Cecchi Paone a dirlo poi in televisione? Se sèm fredei Se Se Se Se sèm sèm sèm sèm fredèi an mangerà i tortei amis an mangerà i binìs zermà an mangerà ol pà cϋsì po dopo ‘nfa ‘n pusì Se sèm sorele an mangerà i niasele Dols, dols l’è ‘l mis de setember, L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel. Sétèmber mis de l’amur, Sétèmber pié de culur. culr che i delegua pian pià l’amur, se‘l gh’è, ‘l creserà. E quando l’inverno ‘l ta sererà ‘n ca’, regordes ol sol de setember: ö sol che li scolda, ma sensa scotà ; ö sol che ‘l se fa respirà. Respira ‘l sol de setember, respirel col nas e col cœur. Dols, dols l’è ‘l mis de setember, L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel. Settembre in un prato al mattino, è come tornare bambino. Un bimbo che guarda e che sa il nome di Chi ringraziare. E limpidi gli occhi e limpido il cielo, chiare laggiù le montagne. E un sole che scalda ma senza bruciare, un sole che sai respirare. Respiri il sole, a settembre, con gli occhi, col naso, col cuore. Respira ‘l sol de setember, respirel col nas e col cœur. Dols, dols l’è ‘l mis de setember, L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel. piö nissü che sa ‘nteresa per ol be de la me zet per la zet che cerca ‘l be. I fa de töt, Signur, fo che ‘l be de la To zet. E l’è ‘mpo che la to Cesa La sta’ prope mia tat be, parla ‘l Papa, nisü scolta, e i prim i è prope i precc, ogne ü fa come i völ. E ‘l to nom, Signur, a iè poc chei chi la dis Signur varda zó Signur, Signur, varda zo docà, che l’è mia ‘l moment adess de lassam de per me. Signur, Signur, varda zo docà, che l’è mia ‘l moment adess de lassam de per me, de per me a löcià. L’è cresida la benzina, pa e lacc i sa ‘ndopiacc, la me dona a la bütiga la tö mia chel che la öl, la tö apena chel che s’ pöl. Ma sa tö, Signur, sa tö apena chel che sa pöl. Ol goerno l’è ‘n ruina, l’è ‘n ruina la nasiù, Fo fadiga a ‘et ol be, e la zet m’a fa’ ‘mpo pura, ma cunsula gne l’amur de la spusa e di me s-cecc. Öre mia dientà ‘ecc sensa et, Signur, ergot de chel che te prumetit. Si lo so, a questo mondo tutto finisce Si lo so A questo mondo tutto finisce Me l’hanno detto in tanti È meglio Non aver niente, niente, neanche cinq franc. Ma io voglio ancora una cosa, io voglio soltanto una cosa: che lei ritorni, che lei ritorni. Che lei ritorni qui ancora da me. Che lei ritorni qui ancora da me. Si perché Senza di lei io sono niente, niente. Sono solo un pacco di stracci, brutti e marci. Sono solo un pacco di stracci, brutti e marci. Io le volevo bene, tanto, tanto. Io le volevo bene, ma lei…lei no. T Tango sfregido Gh’è egnit de me ‘na dona Bela e peteneda E la m’a domandat Se gh’ere ol sanc caliente Ma tutto il mio calor Per semper l’o perdido De iura ‘l me restat Ol sangre sfregido Tango, tango sfregido L’è ‘l tango de mi tierra Nueva come ‘l cuco O done che urì L’om dal sanc caliente A gh’ì de rasegnas Che non ce n’è più in giro A gh’è riat l’inverno La nebbia co’ la nif De iura gh’è restat Ol sangre sfregido Tango, tango sfregido L’è ‘l tango de mi tierra Nueva come ‘l cuco Teresa Quale sarà la stella dove abita Teresa? Quale sarà la stella dove abita il suo cuor? Una di quelle stelle, una delle più belle, una di quelle stelle, chissà qual è! Una di quelle stelle, una delle più belle, fra tutte le più belle e vicine a Te. Tu sei la stessa luna che brillava quella sera Tu sei la stessa luna che mi guarda e che ci guardò Tu la vedesti uscire, ridere e poi morire su quella bicicletta che s’impennò. Sbalzata dalla sella, cadde sopra una stella, cadde sopra una stella e là si fermò. Ma quale sarà la stella dove abita Teresa? Quale sarà la stella dove abita il suo cuor? Una di quelle stelle, una delle più belle, una di quelle stelle, chissà qual è! Una di quelle stelle, una delle più belle fra tutte le più belle e vicine a Te. Tu sei lo stesso cielo che si accese quella sera Tu sei lo stesso cielo cui chiedemmo tutti perché. Perché farla morire, perché farci soffrire, perché su quella curva l’auto sbandò? Tu la prendesti al volo, appena toccò il suolo Tu lo sapevi già che voleva Te. Quale sarà la stella dove abita Teresa? Quale sarà la stella dove abita il suo cuor? Una di quelle stelle, una delle più belle, una di quelle stelle, chissà qual è! Una di quelle stelle, una delle più belle fra tutte le più belle e vicine a Te. Titambola Titambola, titambola la dona de l’oster la ga droat la pingola per tegn a mà ‘l böter Titambola, titambola la dona del Masnù la ga ciapàt la cioca per cassà so ‘l magù E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de Brignà töta zet alegra che ga pias gregnà töta zet alegra che ga pias gregnà Titamola, titambola, ‘n cort di Marengù per fa pasà la scala i a sbatti zò ‘l purtù Titambola, titambola a la cassina di Magnà i mangia piö ‘l risòt per tegn a mà ‘l sofrà E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de Brignà töta zet alegra che ga pias gregnà töta zet alegra che ga pias gregnà Titambola, titambola chei de Pagasà quan’ che gh’è la borda i sa sera töcc in cà Titambola, titambola, chei de Careàs Quando che e zò l’acqua i la lassa egn a bass E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de Brignà töta zet alegra che ga pias gregnà töta zet alegra che ga pias gregnà Töte i parole del mont Töte i parole del mont i val öna cica a confront, a confront de chèl che gh'è perchè 'l gh'è, perchè 'l gh'è, perchè 'l gh'è. Töte i parole del mont i val öna cica, öna cica a confront, a confront de chèl che gh'è perchè 'l gh'è prima de töcc i perchè Oddio c’ho una figlia dislessica E forse anche un poco disgrafica, a volte mi par discalculica e Dio non voglia disprassica. E in più l’hai chiamata anche Jessica, va be’ ormai è fatta tirèm insà. Ma guardala in faccia per quel che è, e non per quel che pare a te. sei professor di retorica, un genio dell'arte socratica disdegni la bassa politica, e vuoi una città multietnica, e una religione sincretica, che sia dubbiosa e un po’ scettica. Vivi per la macrobiotica, e muori di cancro ai polmon. Discetti di eros e thanatos, piacere, voluttà e cupiditas, di amore efebico e saffico, etero e omo è lo stessico; scandagli il subconscio onirico in cerca di pulsioni erotiche, e sognando ammucchiate orgiastiche ti addormenti guardando RAI tre Tutte le parole del mondo Non valgono una cicca a confronto A confronto di quello che c'è perché c'è, perché c'è, perché c'è Tutte le parole del mondo Non valgono una cicca, una cicca a confronto A confronto di quello che c'è Perché è prima di tutti i perché U Un uomo cattivo Un uomo cattivo andò dalla mamma e le disse: “Grazie, che m’hai perdonato, io ti ho spaccato la tua porcellana, ma tu resti sempre la mia cara Mama” Allora la mamma prese la scure, e gliela ruppe, e gliela ruppe, allora la mamma prese la scure, e gliela ruppe sul sedere. E’ inutile correre per prendere il treno, tanto si sa che è in ritardo di un’ora: gli operai di Rovato l’han bloccato a Lambrate, e il capo stazione l’hanno preso a legnate. Da dietro si sente qualcuno che dice: “Si andava in orario, si andava in orario… Da ditre si sente qualcuno che dice: “Si andava in orario ai tempi del Duce!” C’era lì uno che andava a morose, c’era lì un altro che tornava da spose: “Dai salta su che ti porto in balera” La mia donna mi aspetta “Eh, c’andrai un’altra sera!” Ma poi la morosa prese l’ombrello, e glielo ruppe, e glielo ruppe… ma poi la morosa prese l’ombrelle e glielo ruppe sul cappello. Si corre, si gioca, ci si bacia davvero, che sempre fioriscono la rosa ed il pero, che sempre fiorisce nel mondo l’amore, la viola, la primula, Marisa e il mio cuore. E quando succede che mi nasce un bambino, passa da Piero, passa da Piero… e quando succede che mi nasce un bambino, passa da Piero, e porta qui il vino. V Z