Cesare Aresi
Canzoni
per il mio popolo
Brignano Gera d’Adda, gennaio 2004
“Canzoni per il mio popolo” è un
titolo che ho in testa già da tempo, da
quando ho cominciato a immaginare uno
spettacolo con le mie canzoni, da fare in un
teatro. Spettacolo mai realizzato. Ma il
titolo mi è tornato in mente oggi, quando,
mentre stavo rivedendo per l’ennesima
volta il file con i testi delle canzoni, mi sono
ricordato della richiesta di Andrea, che da
tempo chiede ai miei figli che le stampi ‘ste
canzoni, magari con gli accordi per
l’accompagnamento. E allora mi son deciso
ad impaginarle per una eventuale stampa,
facendole precedere da una copertina, così
ne nasce una raccolta, e ho scritto questo
titolo: “Canzoni per il mio popolo”.
Mi sono soffermato un po’, dopo
averlo scritto: “dal” mio popolo forse
direbbe meglio che quello che io canto
nasce dall’esperienza che vivo in mezzo alla
mia gente, che ha lì le sue radici. “Con” il
mio popolo potrebbe invece dire che è
insieme a loro, grazie a loro…darebbe il
senso della coralità.
Oppure il titolo potrebbe essere qualcosa di
più poetico, come il nome di un fiore, di un
albero, o un neologismo pseudo-dialettale.
O qualcosa di discografico, tipo “Morettina
ed altre canzoni”.
Ma il motivo del “per” è molto più semplice.
E’ che quando le scrivo, o le ho scritte,
queste mie canzoni, ho sempre in mente
qualcuno per cui dirle, le cose che dico. E
quando le ho cantate, o le canto, è sempre
per qualcuno, perché mi viene chiesto.
Sono canzoni d’occasione.
E ” il mio popolo” non è una cosa strana.
Quella è la mia vita. Io un popolo ce l’ho,
mi è stato dato. Anche quando mi sembra
sia sparito, e dico: non c’è più.
Un piccolo popolo che canta queste povere
canzoni c’è.
Siamo in due o tre, e tutto è in proporzione
con il valore che ha quello che mi capita di
fare.
Il problema vero, come spesso
capita a chi scrive, sta nella lingua. Finché
si tratta di italiano, essendo una lingua
inventata proprio da quelli che scrivevano,
messa per iscritto non fa proprio una piega.
Ma il dramma è che più spesso io penso e
canto in dialetto. E questo che, da vera
lingua, centra solo col parlato, a metterla
giù su un foglio si fa proprio un po’ fatica.
Lo so, ci sono stati fior di letterati che han
fatto del vernacolo una vera disciplina. Ma
io sono un po’ indisciplinato, e ho scritto le
parole dialettali senza tenere molto conto
dei vocabolari, anche quelli in bergamasco.
Non amo i puristi, i filologi e gli altri
specialisti. Della mia rozzezza io ne faccio
un vanto. La parola scritta, in questo caso,
non è nulla se non è ascoltata. E lo scritto è
solo una traccia per seguire, per fermare e
ricordare quel che si è ascoltato.
Fin che si tratta di vocali “alla
lombarda” il segno grafico è abbastanza
chiaro: la ü e la ö, ancorché difficili da
pronunciare anche per i miei figli, sono facili
da interpretare. I casini nascono con le e,
che hanno diverse sfumature, difficili anche
solo da percepire, per cui mi sono limitato a
specificare solo le é chiuse e le è aperte alla
francese (come in élève). La doppia cc ha il
suono dolce tipo facce (detto però senza la
e). La z, che nel dialetto delle mie parti non
c’è, si legge come la esse dura di quando
noi del nord diciamo casa.
Chiedo ai bergamaschi di città e a
quelli delle valli, ma anche a tutti quelli che
stanno giù in pianura ma al di là del fosso
bergamasco, di non avere la puzza sotto il
naso se la mia lingua non è pura come la
loro. La mia è della Gera d’Adda, anzi, di
Brignano. Quella terra di cui pochi a
Bergamo sanno l’esistenza, nascosta dalle
nebbie che stanno fra Treviglio e
Caravaggio, da sempre terra di confine, che
stette per più tempo con Milano, quando
Bergamo era un entroterra veneziano. Che
ha preti cremonesi e pertiche milanesi per
misurare i suoi terreni, ma il ceppo, non c’è
dubbio, è quello orobico, anche se un po’
bastardato.
Circa l’ordine di presentazione ci ho
pensato sopra parecchio, e alla fine le
opzioni più convincenti erano due: l’ordine
cronologico o quello alfabetico. Siccome i
testi io raramente li avevo scritti, era
difficile ricostruirne un ordine cronologico,
confidando solamente nella mia memoria. E
poi, se la mossa che mi ha spinto a
stampare è dare la possibilità ad Andrea di
avere sotto mano i testi quando se li vuol
cantare, l’ordine alfabetico è quello più
congeniale allo scopo, come in un
canzoniere.
Le canzoni sono tutte quelle che ho
scritto fino ad ora. Tutte tutte, anche quelle
più cretine. Quasi tutte, perché di alcune
proprio non mi ricordo più tutte le parole. E
allora vuol dire che non era importante quel
che avevo da dire.
Un grazie a GianFranco, Sergio, Gabriele e
tutti quelli che hanno dato importanza al
mio lavoro più di quanto abbia fatto io
stesso.
A
Aléghèr so (N’ò biit)
‘N’o biit des calès, ‘i o biicc del bù.
‘N’o biit des calès, ‘n o biit ase.
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
‘N o biit tri liter, ‘i o biicc del bù.
‘N o biit tri liter, ‘n o biit ase.
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
‘N o biit de nigher, ‘n o biit de bianc
‘n o biit de bù, ‘n o biit de gram.
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Cara la me spusina, dai! Fa mia isé
Anse, tò ö bèl calès, bif ‘npo poo te!
Alura dai
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Aleghèr so, aleghèr se
E cante prope bé
Alzarsi la mattina con la voglia di
cantare,
ma la gente è ancora a letto, cantare
non si può.
Cantare in bicicletta mentre vado a
lavorare,
ma possa fuori uno che mi guarda un
po’ così.
Cantare verso sera con gli amici
all’osteria,
ma poi dicono che bevi, che ti piace
troppo il vino.
Trovare la maniera di cantare io e te…
Trovato! Basta farlo e sai com’è!
Ne ho bevuti dieci calici, ne ho bevuto abbastanza,
ne ho bevuti dieci calici, li ho bevuti davvero.
Allegro sono, allegro si,
e canto proprio bene.
Ne ho bevuti dieci litri, ne ho bevuti abbastanza,
ne ho bevuti dieci litri, li ho bevuti davvero.
Ne ho bevuto di buono, ne ho bevuto di gramo,
ne ho bevuto di nero, ne ho bevuto di bianco.
Cara la mia sposina, dai non fare così!
Anzi, toh un bel bicchiere,
bevi un po’ anche tu!
Almeno potersene andare
Almeno potersene andare
E fare la libera fame
E dire di no ad un mondo
Che usa la casa, la chiesa e il pezzetto
di terra
Per tenerti le mani legate.
Almeno potersene andare
E fare la libera fame,
e non dover più restare a guardare
la madre che grida ed il padre
Almeno potersene andare,
almeno potersi…liberare
Alura dai, fem sò ‘sta cantadina
cantém de nocc, infina a la matina
e po’ del dé, là ‘de l’uficina
e a la sira, ‘nsèma la moer
Ma non è mica questo il sistema di
cantare,
del canta che ti passa, passa cosa?
Passa niente.
Cantare come bere, bere per
dimenticare,
e intanto andiamo avanti, andiamo
avanti a stare male.
C’ho voglia di cantare, si, ma niente
amore,amore
e neanche quei tamburi che ti fanno
rintronare.
Trovare un modo sano di cantare, io e
te…
Trovato! Basta farlo e sai com’è!
Alura dai, fem sò ‘sta cantadina
cantém de nocc, infina a la matina
e po’ del dé, là ‘de l’uficina
e a la sira, ‘nsèma la moer
Poi capita la sera che c’hai voglia di
cantare,
trovarsi con gli amici: una polenta e tre
costine.
Andare giù in cantina, porta su anche
quello buono
Portare qui la roba e farla andare sul
camino
E mentre che ti guardo che mi bevi
tutto il vino
ti dico di passarmi quel pessetto di
stracchino
che poi trviamo il modo di cantare, io e
te,
c’ho qui anche il mandolino, sai com’è!
Alura dai, fem sò ‘sta cantadina
cantém de nocc, infina a la matina
e po’ del dé, là ‘de l’uficina
e a la sira, ‘nsèma la moer
Allora dai, facciamo questa cantatina,
cantiamo di notte, fino alla mattina,
e anche di giorno, là nell’officina,
e alla sera insieme alla moglie.
Non posso venire, che il diavolo mi tenta a
me.
Spicca un volo!
Non ho le ali!
Vieni a 'ca lo stesso!
Angelo belangelo, vieni da me!
Non posso venire, che il diavolo mi tenta a
me.
Spicca un volo!
Non ho le ali!
Vieni a 'ca lo stesso!
Angelo belangelo, vieni da me!
Ma il diavolo mi tenta!
E tu lascialo tentare,
tanto non ci può arrivare,
perché l'ho già vinto anch'io
con mio figlio, che era un Dio!
Angelo belangelo, vieni da me!
Ma non ho le ali!
E questo lo so anch'io,
non ce le ho neanche io
Angelo, belangelo, vieni da me,
sensa se, sensa ma e sensa perchè
Arda che bèl
Angelo belangelo.
Arda che bel ol ciel de stasira,
a l'è talment vira che 'l par pitùrat.
Arda che bel ol ciel de stasira
Coi nigoi che a ròss i se fa' 'nvers al sol
Angelo belangelo, vieni da me!
I se fa 'nvers al sol e i ga roba 'l culur,
po i la traà 'n töt ol ciel che 'l va 'dre a
fas i scùr,
e la lùs culurada la culura i penser,
e i penser i va sö, infina ai ma del
Signur.
Arda che bel, arda che bel.
Arda che bel: in del ciel che sa snigra
a salta fo i stele, come tace lùmì.
Arda la löna, che pel delicada,
e meza scundida, la par dre a giögà.
La par dre a giögà con chi nigoi le scùr
Ch' i ga scont vià la facia, i ga tö 'n vià
la lùs.
La par 'dre a giögà coi so tance murus
che po i se fa' 'n banda e le la turna a
sberlùs
Arda che bel, arda che bel.
Arda che bel, a 'n sé che poo stasira,
coi pè sö la tera e i penser chi va al
volt.
I ma iè 'n sacocia (gh'è l'aria freschina),
ol nas l'è per aria e i öcc in del ciel
Co i öcc in del ciel e col cör in gola,
col cör che domanda sensa dì öna
parola:
al domanda l'amur, de ès contet sö la
tera.
La domanda l'è lé…e sa 'mpia öna stela.
Arda che bel, arda che bel.
Guarda che bello il cielo questa sera,
è talmente vero che sembra dipinto.
Guarda che bello il cielo questa sera,
con le nuvole che a gruppi si avvicinano
al sole
Si avvicinano al sole e gli rubano il
colore,
poi lo spandono per tutto il cielo,
che si va facendo scuro.
E la luce colorata colora i pensieri,
e i pensieri salgono, fino alle mani del
Signore
Guarda che bello: nel cielo che si
annerisce
Si accendono le stelle come tanti
lumini.
Guarda la luna ( che pelle delicata!)
mezza nascosta, sembra che stia
giocando.
Sembra che stia giocando con quei
nuvoloni scuri che le nascondono il
volto, le rubano la luce.
Sembra che stia giocando con i suoi
molti amanti, che poi si fanno da parte
e lei ritorna a risplendere.
Guarda che bello, siamo qui anche
stasera,
con i piedi sulla terra e i pensieri che
salgono.
Le mani in tasca, l'aria è fresca,
il naso in aria e gli occhi nel cielo.
Con gli occhi nel cielo e il cuore in gola,
il cuore che domanda senza dire una
parola:
domanda l'amore, di essere contento
sulla terra.
La domanda è lì…e si accende una
stella.
B
Se gh’è nisù a Malibù
Gh’è ‘n quai vù però in Perù
Se gh’è mia San Salvador
Gh’èm di amìs in Ecuador
.
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche cheèl che ‘nco ‘s
vet mia
l’è mia decc ga saghe mia
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘nco ‘l
gh’è mia
on indomani chi lo sa!
C
Chè l che l’è
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche cheèl che ‘nco ‘s
vet mia
l’è mia decc ga saghe mia
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘nco ‘l
gh’è mia
on indomani chi lo sa!
Se gh’è mia ‘l Sud Africa
Gh’è sarà l’America,
se gh’è mia l’Afganistan
ghe sarà l Kazachistan.
Se gh’èmia ol Mercedes Benz
Ghe sarà la Fiat ses-cent,
se gh’è mia la ca’ ‘n Sardegna
per i feria, a là, ‘sa ‘nsegna.
Se gh’è mia tat de gregnà
Proa a fa ‘n salto zo a Brignà
Se gh’è mia tat de diertis
Telefuniga a i amis
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche cheèl che ‘nco ‘s
vet mia
l’è mia decc ga saghe mia
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘nco ‘l
gh’è mia
on indomani chi lo sa!
Se gh’è mia la libertà,
l’è ‘l moment de das de fa’,
se gh’è mia tanta salute
pensa ai grasie ricevute.
Se gh’è mia o cor de leù
Proa a metiga pio passiù
Se gh’è pio nigot de fa’,
Beh, sa pol poo domandà!
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche cheèl che ‘nco ‘s
vet mia
l’è mia decc ga saghe mia
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e anche chèl che ‘nco ‘l
gh’è mia
on indomani chi lo sa!
Epilogo:
Se, l’è mia tat bel ol nas,
però arda che bel cul.
Forse ‘l cul a l’è ‘mpo bass
Ma arda lè che du bei brass!
Chèl che l’è, chèl che l’è,
mè partì de chèl che gh’è
e per mia restà a pè
te…partes de chèl che gh’è!
Quel che è, quel che è,
bisogna partire da quello che c’è
e anche quello che oggi non si vede,
non è detto che non ci sia.
E anche quello che oggi non c’è, domani chi
lo sa!
Che ure èle?
Che ure éle,
Che ure éle,
Che ure éle,
Che ure éle,
Per piasè!
A
A
A
A
l’è
l’è
l’è
l’è
ura
ura
ura
ura
Mangià
Mangià
Mangià
Mangià
de
de
de
de
‘n
‘n
‘n
‘n
per
per
per
per
‘ndà
‘ndà
‘ndà
‘ndà
bucù
bucù
bucù
bucù
a
a
a
a
de
de
de
de
de pa’ e giambù
de pa’ e giambù
de pa’ e giambù.
De pa’ e giambù
De pa’ e giambù
de pa’ e giambù
de pa’ e giambù.
De pa’ e giambù
Mmmmm,
L’è bu.
Mmmmm,
del bù.
Mmmmm…
piasè?
piasè?
piasè?
piasè?
mangià
mangià
mangià
mangià
pa’
pa’
pa’
pa’
e
e
e
e
‘nbucù,
‘nbucù.
‘nbucù,
‘nbucù.
giambù,
giambù:
giambù,
giambù
Che ure éle?
Che ure éle, per piasè?
Per piasè!
Che ore sono, per piacere?
E’ ora di andare a mangiare un boccone di pane
e prosciutto,
che è davvero buono.
Chi doveva venire, è venuto di già.
Chi doveva venire è venuto di già,
chi doveva pagare ha pagato di già.
Ma com’è che il mio cuore è ancora diviso a
metà,
e se guardo i miei occhi non vedono più la
realtà?
Ma porca puttana, ma che vita grama,
la vita di un uomo diviso a metà.
Ma porca di qua…e porca di là…
(vedi, sono diviso anche in del
bestemmià?)
In paradiso ci voglio andare,
con tutti i miei santi,
riconoscerli tutti quanti,
e domandargli come la và.
Con un occhio, senza occhio,
con la macina al collo,
tu tira che io mollo
ma in paradiso…
…..ma,
il paradiso è già qua!
Contet con te
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet.
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet .
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet .
La, la, la, la, la,
la, la, la, la ,la…
la vita di un uomo spaccato, diviso,
col cuore a metà.
Mama la me pura l’è de mia riaga
A fa rent la eta perché so puarì.
Mama la me pura lìè pura de töt,
del me pecat, de l’amur, de la zet.
La, la, la, la, la,
la, la, la, la ,la…
con le scarpe o senza scarpe,
pitturato sul muro,
di straforo, di culo,
ma in paradiso ci voglio andar.
A so malcontet e g’ho pura de töt,
a so malcontet e ma pias piö nigott:
Lassa sta’ la pura, lassa stà ‘l puerì,
issè se sta’ i facc, isse set piasìt:
Lassa stà la pura, lassa stà ‘l pecat,
ol Signur sö la crus l’ha zemò scancelat.
Con töcc i penser che 'l gà
Al to cör malcontet cala sempre vergot,
calerà sempre Lu, lu per vess contet.
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet.
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet .
Contet con te, con te contet,
contet con te, con te contet .
Con questa mania della povertà
Con questa mania della povertà
Ho fatto fuori tutto
Ed ora eccomi qua
Senza soldi, senza sigarette
Per fortuna che non fumo.
Mi è restata giusto questa bicicletta
Per andare a Treviglio
E po’ turnàa a ca’
Mi è restata giusto questa bicicletta
Per andare a Treviglio
E po’ turnàa a ca’
Anche la chitarra si è rotta il mi cantino
E i soldi non ce li ho
Non ho i soldi per comprare il mi
cantino
Come farò?
Gh'è chi che penserà
come 'l farà a cantà
con töcc i penser che 'l gà
ön om de la so età
Come s'farà a sunà
sensa desmentegà
i debecc de pagà
i cröze del laorà.
Sarala stüpidera,
sarala matochera…
con töcc i penser che 'l gà
ön om de la so età.
Forse l'è 'n po ö terù
se, 'nsoma, ö lasarù
per metis 'dre a cantà
cön töt chel ghel che gh'è de fa
Sarà colpa de l'amur
Sarà ö meret del Signur,
la forsa de la pasiù,
o forse l'è vucasiù.
Sarala stüpidera
Sarala matochera…
con töcc i penser che 'l gà
ön om de la so età.
L'è prope 'n bel de fa
a sbates per campà;
per chei de la nosta età
l'è forse piö malfà.
Ma quando turne a ca',
co' la chitara 'n ma',
ma 'e prope de cantà,
pota, so mia se fa!
Sarala stüpidera
Sarala matochera
Ma l'è prope bel cantà
Specie a la nosta età
L'è prope bel campà
Specie a la nosta età.
D
La vita è sempre qua
Dentro, dentro le cose
Mai dire nonostante
Dentro, dentro l’istante
E la banalità
Il male che sto facendo
Il bene che sto vedendo
La fatica che sto vivendo
La quotidianità
La donna che sto abbracciando
Il figlio che sto crescendo
Il lavoro lavorando
Tutta la realtà
Dentro le cose
Dentro, dentro le cose
Mai dire nonostante
Dentro, dentro l’istante
E la banalità
Dentro, dentro le cose
Mai dire nonostante
Dentro, dentro l’istante
E la banalità
Come una cattedrale
È tutto il nostro fare
Dentro un particolare
Tutta la verità
In questo preciso istante
Cristo si fa presente
Che cosa sconvolgente
Ma è la normalità
Non per intelligenza
Non per la coerenza
Solo per l’ obbedienza
Della tua libertà
In questo preciso istante
Ma che attimo fuggente
Non fugge proprio niente
Dezà che 'ngà mia tat in 'sta pianüra
Dezà che 'ngà mia tat in 'sta pianüra
Tirem in vià la nèbia, ma resta piö nigot
La nèbia che i penser le i a cutura
i a 'ntorcia det, i a tè semper süspis
e quando l' ve 'l culdì de primaera
i böta fo ‘l so fiur de nuità
La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca',
la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'.
Di donne ho amato gli occhi
Di donne i neri capelli
Di donne ho amato il viso
La schiena, i fianchi snelli
Di te, ho amato te
Il tuo destino
La, la, la…..
Cos'ela po' sta' nèbia berechina,
che la scont i cà, la smorza so i rumùr
che bagna i oss, la barba e poo ‘l cervèl
la mes-cia ‘nsema i strade, la fa pert
l’orientament,
ma se ghè la löna ‘ciel a s’ pöl vardala,
e se gh’è mia ‘l sol, la gh’è gnà le
Di notte ho sognato il sole
Di giorno ho pensato al mare
La sera col suo profumo
A volte mi fa viaggiare
La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca',
la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'.
La, la, la…..
A me che sò nasìt in dela nebbia,
A èdela piö ma fa ‘mpò dispiasè
Perchè se gh’è la nebbia al me pais
Me ‘l so che ‘Sità Olta gh’è fo ‘l sol.
E quando rie a Stezà, pasàt Verdèl,
In pieno inverno, a me ma par d’estat.
La nèbia, la nèbia e me me sènte a ca',
la nèbia, la nèbia e me me sènte a ca'.
Di donne
Con te, io vivo te
Presente a me
Dal mondo ho avuto molto
Al mondo ho dato poco
A molti un dispiacere
A te un sacco di dolore
Da te, ho avuto te
Il tuo perdono
La, la, la…..
Don’ love me baby
Don’ love me baby, don’ love me baby
Don’ love me baby, don’ love me baby
Don’ love me baby
Oh baby, baby, baby don’ love me
Sotto la cappa del camino c’era un
vecchio contadino
Che suonava la chitarra, zim ,zum,
zarra
Ambarabà cicci coccò tre civette sul
comò
Che facevano l’amore con la figlia del
dottore
Il dottore si svegliò ambara bà ciccì
coccò
La mamma non l’aveva, Pirulì ,Pirulì
piangeva
A mezza notte in punto passò un
areoplano
E sotto c’era scritto: Pirulì, Pirulì sta’
zitto
Te
Te
Te
Te
Te
Mignulì va’ a tö ‘l vì
Gaetà va’ a tö ‘l pa’
Ernesta fa la minestra
Maria portela via
Mignulù marsh in presù
Sotto il ponte di Verona c’è una vecchia
scoresona
Che cuciva le mutande per non fare il
buco grande
Buco grande si allargò e la vecchia
scorerò
Ügì bel, so frédèl
Uregina bela, so sorèla
Buchina de fra’, campanèl de sunà, din,
don
Sotto il ponte di Baracca c’è Mimì che fa
la cacca
La fa dura, dura ,dura il dottore la
misura
La misura trentatré, uno, due, tre
Non amarmi, bambina.
Oh bambina, non amarmi!
Sotto il ponte c’è tre bombe passa il
lupo e non le rompe
Passa il re e la regina e ne rompe una
dozzina
Pan vì, pan fresc induina ‘ndo che l’è: in
quest!
Pirulì Pirulì piangeva, voleva l’insalata
Cervèl, canèl, butù, mitraglia, canù
Dura l’è dura
Ieri ho visto due operai,
due operai che giocava a pallone,
era anni che non si vedeva,
e son rimasto lì a guardar:
due operai che in pausa pranzo,
dopo aver mangiato un boccone,
sull’asfalto del capannone,
si son messi dietro a giocar.
E tirando, correndo e sudando,
lavoro e compagni son più come prima,
tirando correndo e sudando
lavoro e compagni è qualcosa di più
E giocando, cantando e sperando,
la vita e la morte son più come prima,
giocando, cantando e sperando,
la vita e la morte è qualcosa di più.
Düra l’è düra, ma nüm gh’em minga püra,
Düra l’è düra, ma nüm em giamò venciù.
Ieri andavo per la strada,
e ho sentito una donna cantare,
era anni che non si sentiva,
son rimasto lì ad ascoltar:
una donna faceva i mestieri,
nella stanza che da sulla strada,
ed intanto che spolverava,
canticchiava una vecchia canzon.
E stirando, stendendo e cantando,
il lavoro e la casa son più come prima
E stirando, stendendo e cantando,
il lavoro e la casa è qualcosa di più.
Io non so se domani vedrò,
della gente che gioca e che canta,
della gente che è ancora contenta,
ma di fare il lavoro che fa.
Io non so se domani vedrò,
ma spero davvero che accada
di sentire cantare la strada,
e vedere dei grandi a giocar.
E
E gh’è la löna
E gh’è la löna, ma Dio che löna!
L’è löna piena, ma Dio che löna!
E la sberlüss, se la sberlüss,
ma Dio che lüs de löna.
E la mia donna sotto ‘sta luna
è tutta bianca e misteriosa,
e la sberlüss, se la sberlüss,
ma Dio che müs de löna.
E io son qua, sotto ‘sta luna,
mentre mi guardi e non dici niente:
io sto di qua, tu stai di là
sotto sta bella luna.
E tu che guardi da oltre la luna
Dammi una mano a volerle bene,
e Te arda zò, che me so piö
‘se fà ‘nsèma ‘sta dona.
E c’è la luna, ma Dio che luna!
E’ luna piena, ma Dio che luna!
E riluce, si riluce,
ma Dio che luce di luna.
E la mia donna sotto questa luna
È tutta bianca e misteriosa,
e riluce, si riluce,
ma Dio che viso di luna!
…….. ……… ………
E Tu guarda giù,
perché io non so più cosa fare con questa donna.
Söbet o pör piö tarde, a gh’è mia gnè
grasia gnè cül
Söbet o pör piö tarde, l’è questiù apena
de tep
F
L’è bröta la fadiga se ta se mia ‘l perché
L’è bröta la fadiga se ta se gna’ ol per
chi
Forse per i palanche, ma ‘ndome chèle i
ta fa pert la resù
Forse per la famiglia, ma la fameglia l’è
mia sèmpèr assé
Faticammo tutto il giorno
L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l
compens
L’è bèla la fadiga che dopo gh’è ‘l
compens
Söbet o pör piö tarde, l’è questiù de
grasia e de cül
Söbet o pör piö tarde l’è questiù de
grasia e de tep
Faticammo tutto il giorno
Senza prender mezzo pesce
Ma se Tu dici che riesce
Noi le reti buttiam giù
L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l
castic
L’è bröta la pecondria che dopo gh’è ‘l
castic
Faticammo tutto il giorno
Senza prender mezzo pesce
Ma se Tu dici che riesce
Noi le reti buttiam giù
Faticammo tutto il giorno
Senza prender mezzo pesce
Ma se Tu dici che riesce
Noi le reti buttiam giù
L’è bèla la fadiga se ta ga se ol perché
L’è bèla la fadiga se ta ga se ‘a ‘l per
Chi
E söbet o pör piö tarde ma l’è sigür che
ta ria ‘l compens
Söbet o pör piö tarde, l’è questù de
grasia e tep
Faticammo tutto il giorno
Senza prender mezzo pesce
Ma se Tu dici che riesce
Noi le reti buttiam giù
Festa popolare
Arda Maria che bel vestit
che la gh'à sö pe' 'ndà a balà
pe' 'nda a balà 'nsema 'l so pupà
a la festa popolar
E alla festa popolare
con quanta gente c'è da parlare
c'è da incontrare, da salutare
alla festa popolare (bis)
Arda Pepino 'mè l'è contet
che l'à 'ncuntrat isè tanta zet
tanta zet che ga pias campà
vivendo in comunità
E alla festa popolare
con quanta gente c'è da parlare
c'è da incontrare, da salutare
alla festa popolare (bis)
Fiori appassiti
Fiori, fiori di campo
Raccolti lungo la strada.
Raccolti in un prato verde
Davanti a una mia scultura.
Se tu non avessi
Quei tuoi grandi occhi
Ti potrai guardare,
ti potrei amare.
Fiori, fiori di campo
I tuoi occhi che se ne vanno,
raccolti nei miei pensieri
di un amore già nato ieri.
Se tu non avessi
quel vestito viola
Ti potrei amare,
ti potrei toccare.
Fiori, fiori appassiti
In un vaso
Con troppi sogni.
La,
La,
La,
La,
la, la, la, la,la
la ,la ,la ,la ,la
la, la, la, la,la
la, la ,la ,la.
G
Generati da un popolo allegro
Generati da un popolo allegro
che ha smarrito nel tempo il cammino,
ci troviamo di nuovo compagni,
ricreati dal braccio divino.
Generati da un popolo allegro,
riprendiamo gli antichi strumenti
e cantando le nuove canzoni
ritroviamo fratelli perduti.
E cantando le nuove canzoni
riprendiamo gli antichi strumenti,
ritroviamo fratelli perduti,
rigenerati da un popolo allegro.
ed ora sono sostegno e
preghiera,
ed ora sono le stelle del viaggio.
Giovane dalle belle speranze
Con lo sguardo rivolto al mattino,
percorriamo le vie dolorose,
sulle quali ci porta la vita,
sulle quali ci porta la croce.
Con lo sguardo rivolto al mattino,
con un nuovo mattino nel cuore,
ritorniamo più certi al lavoro,
la speranza ora c’è nel dolore.
Con un nuovo mattino nel cuore,
si ritorna più certi al lavoro
la speranza ora c’è nel dolore
se lo sguardo è rivolto al mattino.
Già ci seguono i nostri bambini,
con lo sguardo stupito e sicuro,
di chi ha un padre che guido il
cammino,
di una madre che tiene il tuo passo.
Giovane dalle belle speranze
andava a piedi in tutte le circostanze
andava a piedi e tornava in bicicletta
soltanto quando lui c’aveva fretta.
Un giorno che passava per la via
dove abitava colei che l’ammaliò
passava fuori in bicicletta
perché quel giorno lui c’aveva fretta
E lei lo guardava dal balcone
e lui, lui la guardava con commozione…
…è andato a sbattere contro un
lampione
e gli è venuta una commozione
ma una commozione di quelle cerebrali
che si guariscono negli ospedali
Gota dopo gota
Ci precedono i figli più grandi,
che han trovato coraggio e vigore,
e ora balzano avanti cantando,
le canzoni da poco imparate.
E dal cielo ci guardano lieti
tutti gli amici che ci hanno
lasciato
che ci furono padri e fratelli,
Gota dopo gota
l’acqua la e zò
acqua dopo acqua
l’è ‘npo che ‘nvet mia ‘l sol.
L’è ‘npo che ‘vet mia ‘l sol
e pör al rierà
e l’i starà fo per semper
denacc de la to ca’
E quando me e te
mi starà ‘ne stessa ca’
ol sol al ghe sarà
de nocc e poo del de
E gota dopo gota
m’an fregherà nigot
ol sol del nost amur
al sügherà sö töt
Gota dopo gota
l’acqua la e zò
acqua dopo acqua
ol sol al venzerà.
H
Ho una ragazza
Ho una ragazza carina ed educata,
non è bellissima, ma è molto raffinata.
Dice la gente ma che bene le vuoi,
non le regali neanche quel che piace a
lei.
La gente non sa come è grande il mio
amore,
oppure non sa che di soldi non ho.
Tutto questo perché
In questa società
I soldi contano tutto
Anche per chi non ce gli ha.
I soldi contano tutto, si,
anche per chi non ce li ha.
I soldi, l’argent, monney.
Solcc, palanche, ghei!
Ho una ragazza carina ed educata,
non è bellissima ma è molto raffinata.
Dice la gente ma che bene le vuoi,
non le regali neanche quel che piace a
lei.
Di certo non le compro borsette di
Guccini
Non ho neanche i soldi per comprarle i
calzini…
(….Non è Guccini, quello delle borsette,
è Gucci…)
Di certo non le compro borsette di quel
tale,
non ho neanche i soldi per comprarle da
fumare.
Le ho comprato un anello una volta,
era largo anche quello.
Le ho comprato un anello una volta,
era largo anche quello, sì!
La moda, i soldi,
siamo sempre lì!
L’amore che le voglio non si può
misurare
Con quello che io posso o non posso
regalare.
Per noi cristiani poi il fatto è un po’
particolare,
l’amor non si misura neanche a parole.
L’augurio più grande che io le possa
fare
è che cammini sempre nella Chiesa del
Signore
Che viva nel suo popolo
non farglielo scordare
è il bene più grande che io le possa fare
Dentro questa unità,
il nostro amor crescerà.
Nel mio popolo in cammino,
nel suo popolo in cammino,
in questo popolo in cammino
verso la santità,
in questo popolo in cammino
il nostro amor crescerà.
ma cresce solamente se ci affidiamo a
Lui
A Lui che ce l’ha dato lo dobbiamo
consacrare,
perché cresca come Lui lo vuole.
E’ una strada difficile, piena di
amarezze,
se ci affidiamo a Lui, Lui ce l’appianerà.
E’ un cielo imprevedibile che ogni tanto
manda grandine,
ma nelle sue mani è sicuro come l’oro.
L
La doménica matina
I
Il nostro amore
Il nostro è un amore difficile, nato dopo
un lungo parto.
E’ un amore travagliato, anche se è già
cresciuto.
Esisteva già prima che nascessimo, è
un amore che sa
che sa di eternità.
E’ un amore che vive non per la nostra
forza,
La domenica matina a ‘nsa troa fo’ de la
messa,
tre parole sö la piassa, po’ ‘nva a bif
l’aperitif
ö
ö
ö
ö
cales de chel bianc,
cales de chel bianc,
bel cales de chel bù,
bel cales de chel bù.
Domenica dopo ‘l mesdé, an sa troa
amò töcc insema,
e ‘nfa ‘l gir de töte i cèse, töte i cése del
pais :
e
e
a
a
zo ‘n bicer bel tis,
zo ‘n bicer bel tis,
ogne césa del pais,
ogne césa del pais.
La domenica de sira öna partida a scua,
e söl banc, insema ai carte, ö bel pér de
butigliù:
e a forsa de stafù,
e a forsa de stafù,
an fa fò i du butigliù,
an fa fò i du butigliù.
Ma che dona che ò catàt fo
Eravamo in sessantuno söla coriéra che
‘à a Treì
Ti ho chiesto di darmi un bacio, te tecàt
a gregnà,
ta finiet piö
Ma che modi, ma che finèsa
Ma che dona che mai g’ò che
Ma che modi, ma che finèsa
Insieme a te non ci stò più.
La grü
La dòna fina
Mé ürie apena domandat: “Come ta
stét?”
Con fare de arogansa ‘me rispundit:
“Va ‘dà via i pé”
Ma
Ma
Ma
Ma
che
che
che
che
modi, ma che finèsa
dona che mai g’ò che
modi, ma che finèsa
dona che ò catàt fo
Io ti ho invitata per questa sera al
cinema
Mi hai detto: “Spèta un minuto, ma
scapa bé,
prima ‘ndò al cess”
Ma che modi, ma che finèsa
Ma che dona che mai g’ò che
Ma che modi, ma che finèsa
Puoi essere al mare, puoi essere in
montagna,
magari sei al lago, oppure anche in
campagna:
se guardi bene in alto, con occhio ben
attento,
c’è sempre lì una gru che mastica
cemento.
Una gru che stretta alta tira su la malta,
tira su le case e tira su le chiese,
ne tira su di cose, squadrate o
fantasiose,
cose a volte belle, ma più spesso
mostruose…
La gru… la gru, la gru. La gru.
La grü l’è strécia e olta e la maja sö la
molta.
La grü, la grü, la grü.
La grü l’è strécia e olta e la maja sö la
molta.
La grü, la grü, la grü.
La grü, la grü, la grü la güida lü,
La grü, la grü, la grü la güida lü.
La grü, la grü, la grü la güida lü,
La grü, la grü, la grü la güida lü.
La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü,
La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü,
La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü,
La grü, la grü, l’è mei che ‘l guide lü.
Una gru c’è sempre stata, una gru ci
sarà sempre,
per dar forma a qualche sogno e far
felice un po’ di gente.
Una gru che stretta e alta ne ha tirata su
di malta,
ne ha tirate su di case, ne ha tirate su di
chiese.
Una gru fatta di legno, una gru fatta di
canne,
una gru fatta di ferro, una gru fatta di
sangue.
Una gru fatta di gente per strapparci al
nostro niente,
una gru fatta d’ingegno, una gru che
c’ha un disegno.
La gru… la gru, la gru. La gru.
La linda mariposa ( Laggiù
nell’Arisona)
Laggiù nell’Arisona fa ‘n colt de la
madona
E ‘nvece ‘n Venesuela l’acqua del mar la
pèla
Ed ecco un caballero che lindo e fiero
por la ciudad
Se ponde ad un balcone e una
canssione cantando và:
La linda mariposa
ahora dormiendo està
y el suegno de una rosa
le da serenidad
Ahora mañana y siempre
por siempre junto a ti
mañana ne la iglesia
yo te dirò que si.
Asì canta el caballero, y desda el
mundo entero
y en vece de una rosa se busca un
bocàl de pisa.
Ritorna el caballero encassado nero por
la ciudad
y por consolassione una cansone
cantando và:
La linda mariposa
ahora dormiendo està
y el suegno de una rosa
le da serenidad
Ahora mañana y siempre
por siempre junto a ti
mañana ne la iglesia
yo te dirò que si.
Esta canssion sinsera vien da la
Cordillera
Dalle Ande agli Appennini la cantano i
bambini
Io invece te la canto col cuore affranto
ma di passion
E spero che tu appaia felice e gaia da
quel balcon.
La linda mariposa
ahora dormiendo està
y el suegno de una rosa
le da serenidad
Ahora mañana y siempre
por siempre junto a ti
mañana ne la iglesia
yo te dirò que si.
La mia gente
E sono solo come un pirla proprio
adesso
Che ho più bisogno di sapere cosa fare
Con questo figlio che non sa più cosa
vuole,
gli ho dato tutto, gli ho trovato anche
un lavoro.
Con questa donna che mi guarda con
tristezza,
c’ha più neanche la voglia di parlare.
Lei fa tutto, come prima, ma per
dovere;
ma io la vedo, avrebbe voglia di
scappare,
E la mia gente, la mia gente non c’è
più,
la mia gente l’hanno fatta su:
fin che non tocchi il frigor s ne frega,
quando gli tocchi il frigor vota Lega.
E la mia gente, la mia gente non c’è
più,
la mia gente ci sei solo tu,
tu che non vieni a letto quasi più,
perché c’è sempre su qualcosa alla TV
Sarà che a me m’hanno insegnato a
lavorare,
sarà che a lui forse gli insegnano a
parlare,
sarà che il mondo non è più uguale,
sarà che l’uomo invece è sempre tale e
quale
Sarà che in casa non si guarda altro che
tele,
sarà che fuori non si guarda altro che
tele,
sarà che dicono che qui tutto va male,
sarà che è vero solo se è scritto sul
giornale,
Ma la mia gente, la mia gente non c’è
più,
la mia gente l’hanno fatta su:
fin che non tocchi il frigor s ne frega,
quando gli tocchi il frigor vota Lega.
Ma la mia gente, la mia gente non c’è
più,
la mia gente ci sei solo tu,
tu che non vieni a letto quasi più,
perché c’è sempre su Costanzo alla TV
E neanche il prete vuol più dirmi cosa
fare
“Tuo figlio è bravo, non ti devi
preoccupare,
se poi gli capita un rapporto occasionale
ormai lo sa come si deve comportare.
E la tua donna viene in chiesa, fa del
bene
Certo è un po’ triste, ma cosa vuoi a
questo mondo,
non puoi pretendere il dovere coniugale
sappiamo tutti che è un bel peso da
portare”
Ma questo Cristo allora non c’è più?
Ma questo Cristo non si vede più?
E’ nato, è morto, ma cos’è venuto a
fare?
E se è risorto allora fammelo
incontrare!
Ma la mia gente non ci crede più
A questo Cristo che non vede più,
e chi ci crede crede a un Dio lassù,
lassù nei cieli, “il nostro buon Gesù”
Ma la mia gente non c’è neanche più,
la mia gente ci sei solo tu,
tu che non vedi altro che TV,
poi vieni a letto,
chiudi gli occhi,
e mandi giù.
L’amis
On amis a l’è mia chel,
che ‘l ta lea tat de capel.
Che ‘l ta trata de fredel.
E po’ ‘l ta dis che ta se bel.
On amis a l’è mia zà,
chi ta set gna ‘ndo l’i sta,
chi ta mai prestat ol pa,
chi che parla per parlà.
On amis per vess amis,
Se ta sbagliet lu ta ‘l dis,
e ‘l ta pisa col to pis,
per te ga prem ol paradis
E ‘l ta pisa col to pis,
e se ta sbagliet lu ta ‘l dis,
on amis per vess amis.
E ta ‘l se be ‘ndo li sta,
e ‘l ta presta ‘npo de pa,
on amis per vess amis.
E ‘l ta trata de frédèl,
ma sensa dit che ta se bel,
on amis per vess amis.
La moldava
Scorreva nella valle un fiume d'or
Le rocce scintillavano del suo splendor
I salici d'argento, i sambuchi in fior
Offrivano le loro fronde al vento e al sol
Ma tu non eri là, quel giorno, insieme con me
E non veder le cose belle insieme con te
È come guardare ma senza sentire
Il mistero vibrar
Scorreva nella valle un fiume d'or
Le rocce s'inchinavano al suo splendor
Ma tu non eri là, quel giorno, insieme con me
E non veder le cose belle insieme con te
È come guardare ma senza sentire
Il mistero vibrar
scendeva nella valle il fiume d'or
e lento riportava al mare il mio dolor.
L’amùr l’è mia polènta
Se l’amur l’è mia polenta
Come ‘l disia ‘l Giopì
A sent chel che ghè ‘ngiro
L’è certo ö gran pucì
I la dis in de la tele
I la canta ‘ndi cansù
I la scrif sö ‘ntoc i leber
Che sa salva pio nisù
I na dis de stupidate
I ghe da per tot ol de
Però chel che l’è pio grave
l’è ch’i è bale grose issè
Ma cuate bale sura l’amur (4 volte)
“Sei tu la vita mia
Sensa di te io morirò”
- E te crepa o bröta bestia
Tanto non ti seguirò “Io vivo per te sola
Tu sei tutto per me,
Che sarebbe la mia vita
Se non ci fossi te.
La luce dei miei occhi
Tu sei il respiro mio”
- Che se dopo ciape l’asma
Te salude caro mio Ma cuate bale sura l’amur (4 volte)
L’amur l’è mia polenta
Giopì te gh’èt resù
Ma a sent chel che gh’è n‘giro
Al par ö gran turù
I ga na met de socher
Ta sa teca tote i ma
E cuore cuore amore
Ma chi ‘ndaghe a fass ciaà
L’è pusibel che l’amùr
I la conosce pio nisù
Pio nisù che sa ‘ncapela
A fass tratà comè ‘n cuiù
Ma cuate bale sura l’amur (3 volte)
Sensa ‘l dulur
La nèbbia
La nebbia, la nebbia l’è bianca
L’è bianca e l’è fosca
L’è nebbia.
E ‘nde nebbia nu ‘n camina
E ‘nde nebbia nu ‘n camina
‘nfina a quando ‘n rierà
al sol.
Ol sol, ol sol a l’è gialt
A l’è gialt e l’è colt
a l’è ‘l sol
Sota ‘l sol nu ‘nsa ‘n camina,
sota ‘l sol nu ‘n sa ‘n camina
‘nfina a quando ‘n rierà
a ca’
La ca’ del me pupà l’è bela
La ca’ del me pupà l’è granda
La ca’ del me pupà gh’è det i stele
L’è lù che ‘l cata fo chele piò bele
Gh’è det ol sol gh’ è det la lona
Gh’è det ol vent gh’è det la nebbia.
La ca’ l’è semper là, basta cercala,
e lù ò’è semper la che speta, che spera
che ‘lsa cunsula se ria vergù
La strada l’è longa
La strada l’è longa
I gambe iè cörte
La strada l’è longa, i gambe iè cörte
E pör bisogna ‘ndà
E pör bisogna ‘ndà
Bisogna mai fermas
E pör bisogna ‘ndà, bisogna mai fermas
‘nfina a quando ‘nse riacc
Quando ‘n sarà riacc
Alüra ‘n poserà
Quando ‘n sarà riacc alüra ‘n poserà
‘n de ca’ del nost Pupà
Lü ‘l ma darà de bif
E anche de mangià
Lü ‘l ma darà de bif e anche de mangià
E po’ dopo nu ‘n canterà
Comè ‘n sa dre a cantà
Alüra ‘n canterà
Comè ‘n sa dre a cantà alüra ‘n canterà
E per sèmper nu ‘n canterà
Le stelle
E’ notte
e nel cielo le stelle
avanzano, avanzano sedute
Öh, ma come fan le stelle
ad avanzar sedute?
E poi, se avanzano
qualcuno le ha avanzate!
Ma chi non mangia stelle
in questo mondo cane?
Un cane, abbastanza bastardo
con un fiocco color peperoncino
ed una pila in bocca a illuminar le
stelle…
E le stelle avanzano sedute, non gliene
frega niente
del cane minatore!
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
(ma cosa c’entra con la canzone?
Niente!)
Tutto questo è per dirti che ti amo.
E le stelle non c’entrano niente,
son solo di contorno a questa bella
luna,
ed il cane è quello di mio padre
che con la pila in bocca mi porta giù le
chiavi
perché mio padre, eh si, mi ha chiuso
fuori
mentre io ero qui
a cantarti ‘sta canzone.
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
Ma che fame, Dio che fame!
M’è venuta tanta fame!
Non ho mangiato niente.
Non ho neanche bevuto.
Il tuo amore mi fa dimagrire.
L’è töta nocc che pènse a la me éta
L’è töta nocc che pense a la me eta
Ga rie mia a durmì
Gh’è frecc in dela stansa e me so sota
‘na montagna de penser
i debecc de pagà, ol laorà che ‘l manca
la ca’ de tirà inacc
l’amur che ‘l gh’era, l’gh’è. che ‘l gh’è
po’ ‘l manca
ma e de pians e poo de usà:
chi soi, chi set e poo se gh’è la
strada
che ‘l saghe mia trasat töt chel
che fo
chi soi al so, so me ‘sta bröta
facia
chi set al so, ma po’ forse ‘l so
piö
L’è ‘na parola “amur” che fo fadiga
A dila del de bù.
L’è ‘na parola “amur” che a dila s’fa
fadiga
Sensa dulur.
No, no, l’amura no l’è “la poesia”,
‘na sfilsa de basì.
No. No. L’amur no l’è “‘a ggelosia”
O fa aparì
Amur l’è leà sö de nocc quan’ te
se straca
A desfà so i fagocc pieni di merda
Amur l’è diga ‘n facia “te, so mia
‘na serva”
E ardaga ‘nfacia quando che ‘l ve
i lecc
Sa sent cantà i osei, pasà fo’ i moto
Al va adrè a dientà ciar
L’è mei che lèe so, che tire ‘mpe la
schena,
e ‘ndaghe a laorà
Di olte, a pensà tropp, sa sbaglia
apena,
E ‘ntat ol mont al va!
Ol mont che ‘l gh’era, ‘l gh’è, che ‘l gh’è
e po’ ‘l pasa
Resta cosè, Signur?
Luna mia bella
Una canzone dice è già passata la primavera,
l’altra canzone dice è già passata però era
vera,
un’altra canzone ancora dice è passata ma
tornerà,
ed io che ho colto i fiori canto i colori e li
porto a te.
Luna mia bella dimmi anche tu ami la
primavera?
Luna mia bella io ti dirò, il mese più bello è
settembre però.
Luna mia bella io so che tu ami la primavera,
luna mia bella sai che però la primavera più
vera è nel cuor.
Hai, hai, hai, hai,hai.
Una canzone dice non è felice chi si
innamora,
l’altra canzone dice non è felice però ci spera,
un’altra canzone ancora dice è infelice ma
passerà,
ed io, con te nel cuore, vivo dolore e felicità.
Luna lunella dimmi perché sei triste questa
sera?
Luna lunella dimmi perché sei triste sempre e
solo con me?
Luna lunella dimmi lassù vedi oltre la sera?
Luna lunella dimmi lassù vedi più chiaro di
me che son giù?
Hai, hai, hai, hai,hai.
Una canzone intera non può durare tutta la
sera,
una canzone spera di dare gusto a questa sera,
una canzone intera non può bastare e non
basterà,
ma io che suono e canto rubo un frammento
di eternità.
luna mia bella sai anche tu questa mia tiritera?
luna mia bella canta con me, sai anche tu che
insincera non è.
Luna mia bella canta anche tu in questa strana
sera:
luna mia bella canta con me che la tua voce è
un incanto per me.
Hai, hai, hai, hai,hai.
M
Madaléna
Te, che ta batet i tac
Sòl marciapè de loret
E ta sbarbelet fin ach
Quando che piòf e fa frecc
Te, nigra come ‘l scorbacc
Che l’Africa l’è ‘l to pais
Bela, ‘me l’è bela la zet
La zet che la gh’a di rais
Te che ta endet l’amur – l’amur!E chi compra, ‘nsema ‘l so disunùr
Al te compra, te, la carne, la pel
Ma ‘l to nom
I la compra nisù
Te, Madalena del bù
Slonghet la ma
Per tocà ‘l to Signor
E Lù, Lù ‘l sa fida de nu
E nu an te sbat sòl cantu
Te, Madalena del bu,
in paradis, insema al Signor,
con lader, putane e barbù
ta saret denacc de nu
Te, Madalena del bu,
con lader, putane e barbu,
in paradis insema al signor
ta saret denacc de nu.
Madonna dei Campi
Ho messo su la giacchetta e vado fuori
in paese.
Ho piena la testa di conti e di spese
che sono da fare, però non si può.
Ho piena la testa di conti e di spese
non so come fare né come farò.
E mi ritrovo nei campi, in lacrime lungo
una strada
Che porta a una piccola chiesa,
Madonna dei Campi, la chiaman così
Che porta a una piccola chiesa,
Madonna dei Campi, si chiama così.
Salve Madonna dei Campi,
Signora del mio paese
tu che hai cambiato la storia
dicendo il tuo si
Salve Madonna dei Campi, madre
che guardi dal cielo,
fa che io possa seguirti e dire il
mio si.
Entro, la chiesa è deserta
però ci son tante candele
che dicono quante persone
son venute a trovarti, così come come.
Che dicono quante persone
ti hanno chiesto una grazia, così come
me.
Entra una mamma distrutta:
suo figlio si sta separando.
E un padre che ha il figlio che muore
non entra neanche, ma guarda da lì,
il figlio che tieni per mano
che ride e calpesta la bestia con te.
Salve Madonna dei Campi,
signora del mio paese
tu che hai cambiato la storia
dicendo il tuo si
Salve Madonna dei Campi, madre
che guardi dal cielo,
fa che io possa seguirti e dire il
mio si.
Fuori, attaccato al portone,
c'è scritto: domani si sposa
Maria con Roberto. Non son del paese,
mi dice la donna che mette su i fior.
Maria con Roberto non son del paese,
ma prega lo stesso per il loro amor.
E' ora che vada, Madonna,
mi aspettano a casa per cena.
Ma tu, che di grazia sei piena,
continua a pregare tuo figlio per noi
Ma tu, che di grazia sei piena,
sostieni la fede che è debole in noi.
Ma in primavera
E’ già passato un anno che ho piantato
la morosa
L’ho piantata là, nell’orto un anno fa
E’ già passato un anno e non si vede
ancora i frutti
Aspettare e non venire è una cosa da
morire
Ma in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
Passato qualche anno che ci siamo
fidanzati
Tanti anni sono tanti anche per te
E tu ti sei stufata e mi hai chiesto di
sposarti
Ma la casa e poi il lavoro e poi chissà
com’è
Che in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
E’ già passato un anno, bell’e fatto il
militare
E’ finita, tutto a posto, eccomi qua
Ho messo su famiglia e poi c’è un po’ di
lavoro
Una volta che c’è il letto e la cucina poi
si va
Che in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
Passato più di un anno da quando ti ho
sposata
Siamo un gran contenti ma un po’ tristi
quello si
Passato più di un anno e non si vedono
i bambini
Aspettare e non venire è una cosa da
morire
Ma in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
Però a pensarci bene: non ci fosse da
aspettare,
non ci fosse da sperare in qualche cosa
che poi viene
saremmo bel’e morti e senza più la
primavera
aspettare e poi venire è una gioia da
morire
Che in primavera le pianta buttano
Poi i butti crodano, crodano e crescono i
persechi
Mé frédèl a’ té
Set me fredèl ‘a te che ta ma set nemis
ta set ö galantòm, sè, ma ‘n d’ön oter
partit
Te, quando che me parle te ta fet ‘ndà ‘l
co
E quando parlet te ‘ma piaset mia gna
‘n po
Se, se, se
Set me fredèl ‘a te
Se, se, se, se
Set me fredèl ‘a te
Set me fredèl ‘a te che ta se bèl e sciur
Té che te facc cariera e che ta fet ol dür
Perché ta par de fa’ chèl che ta öret te
E ta crèdet de famm rabia, ma t’al
crèdet te
Se,
Set
Se,
Set
se, se
me fredèl ‘a te
se, se, se
me fredèl ‘a te
Set me fredèl ‘a te che ta conos nisü
E chei che ta conos i ta lassa là ‘n cantù
Perché ta set picèn, perché ta set brütì
Perchè ta cantet mia e ta tastet mia
gna ‘l vì
Se,
Set
Se,
Set
se, se
me fredèl ‘a te
se, se, se
me fredèl ‘a te
Set me fredèl ‘a te perché ta set nasit
Perchè ta ghet ö cör che ‘l bat istess de
‘l me
Ö cör che ‘l sa contenta mai de chel che
‘l ga
Perché l’è sèmper poc rispèt a chel che
‘n sa
Se, se, se
Set me fredèl ‘a te
Se, se, se, se
Set me fredèl ‘a te
Mi piace di più l’inverno
Mi piace di più l’inverno
E i tuoi occhi.
Mi piace di più l’inverno
E i tuoi occhi.
Ed i maglioni verdi.
Ed i maglioni gialli.
Ed i maglioni, d’inverno.
Ma se non ci sono
I tuoi occhi,
tanto vale l’estate,
tanto vale la primavera.
Se non ci sono i tuoi occhi,
tanto vale l’estate.
Mi piace di più l’inverno
E i tuoi occhi.
Mi piace di più l’inverno
E i tuoi occhi.
Mi piace di più l’inverno
E i tuoi occhi
Ed i maglioni verdi.
Ed i maglioni gialli.
Ed i maglioni… d’estate.
Morettina
Suonata è mezzanotte
e tutti sono a letto
soltanto un ubriaco
è ancora per la strada
e canta “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”
Suonate son le sei
si alza il muratore
e prende la giacchetta
e va verso il cantiere
e canta “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”
Suonato è mezzogiorno
si fermano i lavori
il tempo di mangiare
il tempo di fumare
il tempo di cantare
“vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
non ti ama neanche Dio”
Suonate son le sei
campane suona a morto
è morta Morettina
lui esce dal cantiere
e piange “Morettina
vieni giù da quel balcone
che come ti amo io
forse ti amerà anche Dio
che come ti amo io
certo ti amerà anche Dio
N
Ninèta
E gh’è ‘na löna che spaca i prede
i stele che sberlüs amò
e mé so ché sota ‘l balcù
co’ la chitara e co ‘l trumbù.
E gh’è ‘na löna che spaca i prede
i stele che sberlüs amò,
Ninèta ‘e so de bas che mé
Ta dò ‘n basì söl nas.
Ol nas de la Ninèta l’è ‘n gran bèl, a l’è
‘n gran bèl:
‘n po’ al francesina, ‘n po’ a la patitana,
al sa mia se ardà sö o se arda so.
La boca de Ninèta l’è ‘n gran bèla, a l’è
‘n gran bèla:
la gà i barbèle löstre, i parerès ma
giostre
e ‘nvece l’è la boca de Ninè.
E i orege de Ninèta iè ‘n gran bèle, a iè
‘n gran bèle:
a iè do meraviglie, i parerès conchiglie
e ‘nvece iè i orege de Ninè.
Öre spusà Ninèta
la spusa perfèta,
la cüs i calsète
la gà do bèle….
E gh’è ‘na löna che spaca i prede
i stele che sberlüs amò
e mé so ché sota ‘l balcù
co’ la chitara e co ‘l trumbù.
E gh’è ‘na löna che spaca i prede
i stele che sberlüs amò,
Ninèta ‘e so de bas che mé
Ta dò ‘n basì söl nas.
forse perché l’ha visto in mezzo alle
persone,
o forse perché è convinto che tutti
quanti in fondo
non aspettiamo altro che Dio su questo
mondo.
E allora lui lo grida e a volte sembra
scemo,
e di quelli più per bene l’amicizia viene
meno.
Certo che gli dispiace, però peggio per
loro,
gettar le perle ai porci non è mica il suo
lavoro.
Non canta morettina
Non canta “Morettina” e non va
sull’osteria
Non canta “Morettina” e beve poco il
vino
ma quando che ti parla ti lascia lì di
merda
e tu capisci tutto anche quello che sai
già.
Non parla come i libri, però ha studiato
molto
Ma più che sopra i libri ha studiato di
capire
che cosa c’è che vale la pena di soffrire,
di dire, fare, amare e anche di morire.
Quando parla di Dio lo fa con
convinzione,
Lui di mestiere vive, ma non così per
dire
(ce n’è di gente al mondo che vive per
morire!)
Lui non si rassegna, non tira là a
campare,
e poi gli preme anche di fare un finale.
E quando mi diranno: “Il tuo socio ci ha
lasciato”
Certo che piangerò, ma non da
disperato.
Non canta “Morettina” e non va
sull’osteria
ma il mio Signore è buono non lo caccia
mica via,
non canta “Morettina” e beve poco il
vino
ma il mio Signore è buono , se lo tiene
lì vicino.
O
Ol blus de la grapa
Chèsto a l’è ‘l blus de la grapa,
La grapa che sa bif a mesdé,
E se dopo séna a ta ‘l se gnà te,
ol blus co’ la grapa al fa be.
Se te ta pias ol blus co’ la grapa,
Alura t’an farò fo ‘n bicer,
e se ‘l blus co’ la grapa al ta pias del de
bù
alura t’an farò fo poo du.
Du bicer.
Medioevo, medioevo,
medioevo e poo piö,
mediovo, medioevo,
medioevo e poo piö.
Vandea, Vandea,
Vandea e o!
Vandea, Vandea,
Vandea e o!
Ol padrù de la melunera
E’ arrivato ma verso sera ol padrù de la
melunera,
la so facia miga tat sincera, la so ghegna de
balabiot.
E la gente che lo vedeva un po’ rideva e un
po’ piangeva,
e la gente quando passava non sapeva che
cossa far.
E la gente che lo vedeva un po’ sapeva perciò
rideva,
ma quelli che non lo conosceva ci veniva ma
da tremar.
Tremar ma di sgomento,
l’avvento è un po’ truculento
Arriva lì e comanda. Domanda:
ma chi l’è chest che?
A l’è ‘l padrù de la melunera che verso sera si
è palesato,
ed è entrato nella balera circondato dai suoi
lacchè.
Macchè lacchè d’egitto, il
coscritto che gli sta in parte,
è il re ma delle zucche, e tutte
di qualità.
E’ arrivato e però s’al sera, ol padrù de la
melunera
Ed è entrato nella balera che l’orchestra l’è
‘dre a sunà.
Che l’orchestra stava suonando un po’ di
polka e un po’ di tango,
che l’orchestra stava stonando, ma non c’ha
orecchio e per lü l’è istess.
E non è proprio un gran ballerino, molto
grezzo e poco fino,
non è proprio un gran ballerino, ol melunista e
‘l bala no.
Ballare è un po’ volgare, sta
male farsi vedere
A far delle figure a gratis e po’
per chi?
E perciò dentro la balera più non balla la
melunera,
che il padrone passa la sera a bere uischi e a
contarla su
Esga ‘na famea, ma esga mia i bagai
Esga ona cuna pronta de tat tep
Ma esga mia gna ‘n scett
De faga durmì det.
Gh’è chi che dis “Furtuna!
leà mia so de nocc, a fa ninà la cuna,
a desfà zo i fagocc”
Ma te t’al se, Signur,
l’è prope mia ise,
ta edet a’ te sta dona
che pians la nocc e ‘l de.
Ma te t’al se, Signur,
l’è prope mia ise,
ta edet a’ te sta dona
che pians la nocc e ‘l de
P
Passano i giorni così
“Contar, contano i fatti, i
contatti con chi c’ha il grano,
ballare è da sfigato, fallito e
‘mpo lazarù!”
Se n’è andato a tarda sera, era triste però
rideva,
è tornato alla melunera, melunera sensa melù.
O Signùr che éta l’è mai
O Signor, che éta l’è mai
Passano i giorni così, senza sapore,
Tu che mi cerchi ed io rivolto altrove,
perso dietro alle cose che ho da fare,
perdono gusto i gesti e le parole.
Mi dimentico di Te,
mi dimentico del sole,
Mi dimentico del sole,
mi dimentico di Te.
Mi dimentico di me.
Passano i giorni e non li so fissare
negli occhi, nella mente e dentro il
cuore.
Scivola via anche il peso delle ore,
senza lasciare gioia né dolore.
Mi dimentico di Te,
mi dimentico del sole,
Mi dimentico del sole,
mi dimentico di Te.
Mi dimentico di me.
Dammi la forza, dammi, di restare
col cuore spalancato ad aspettare
quello che gli occhi ancor non san
vedere,
quel che vedrò e già sento con il cuore.
Mai dimentico di Te, mai dimentico del
sole,
mai dimentico del sole, mai dimentico
di Te.
Mai dimentico di me.
Perché la vita - 96 alpini
Novantasei alpini senza piuma sul
cappello
andarono in montagna per vedere
com’è bello
il sole che si alza dalla culla della valle
e ride a crepapelle, sai dirmi tu perché?
Perché la vita è tanto bella
che ti viene da cantare
quando vedi questo sole
che si alza e poi va giù
Un uomo in mezzo al mare remava con
piacere
per giungere alla spiaggia e poi poter
vedere
il sole che dall’acqua si alza su nei cieli
e fa brillar le onde di splendidi colori
Perché la vita è tanto bella
che ti viene da cantare
quando vedi questo sole
che si alza e poi va giù
Laggiù nella pianura ormai s’è fatto
sera
le case sono buie, la notte è tutta nera
si alzan mille voci di lode al buon
Signore
perché anche per oggi c’ha dato il suo
sole
Perché la vita è tanto bella
che ti viene da cantare
quando vedi questo sole
che si alza e poi va giù
Pigi Panda
Pigi Panda è un animale
Con un dubbio esistenziale
Non sa bene se fa male
Vivere solo per mangiare
O, o o, o, o panda,
panda Pigi Panda
o,o,o,o, o Panda
panda Pigi Panda
Ma conosce un buon sistema
Per risolvere il problema
Giù nel letto lui si sprofonda
Poi si pone la domanda
O, o o, o, o panda,
panda Pigi Panda
o,o,o,o, o Panda
panda Pigi Panda
La domanda ora se l’è posta
Può concedersi una sosta
Ed il sonno, ma chi lo sa,
forse il dubbio scioglierà
O, o o, o, o panda,
panda Pigi Panda
o,o,o,o, o Panda
piccola bestia rotonda
brutta bestia di un Pigi Panda
brutta bestia di un Pigi
Povero. E basta.
C'è chi è povero di soldi
C'è chi è povero di cuore
C'è chi è povero di spirito
E chi è povero, povero e basta.
Io son povero, povero e basta,
nel senso di povero, povero e basta,
nel senso di povero, povero me.
C'è chi è povero di gusto
E chi è povero di idee
C'è chi è povero di ironia
E chi è povero, povero e basta.
Tu sei povero, povero e basta,
nel senso di povero, povero e basta,
nel senso di povero, povero te.
C'è chi è povero di pane
C'è chi è povero anche di salame
E chi è povero di amici
E chi è povero, povero e basta.
Noi siam poveri, poveri e basta,
nel senso di poveri, poveri e basta,
nel senso di poveri, povero noi.
Pozzanghere
Ero lì che stavo andando…
Öh, con chi?
Con la solita andatura.
E perché?
Con la solita morosa
Ah, pardon
Ero lì che stavo andando, io.
Quando ecco che improvvise
Son venute giù dal cielo…
Che cosa?
Le gocce!
Io sotto il cielo, io sotto la pioggia,
tu, sotto l’ombrello c’eri tu.
Io sono qui bagnato, io sono qui paciato
Io sono qui che sbatto comè ‘n pülsì
(come un pulcino).
Ero lì che stavo andando…
Öh, con chi?
Con la solita andatura.
E perché?
Con la solita morosa
Ah, pardon
Ero lì che stavo andando, io.
Quando ecco che improvvise
Le ho vedute sulla strada…
Ma chi?
Pozzanghere!
Io sotto il cielo, io sulla strada,
tu, sull’asciutto camminavi tu.
Io sono qui bagnato, io sono qui paciato
Io sono qui che sbatto comè ‘n pülsì
(come un pulcino).
Eri lì che stavi andando…
Con la solita andatura?
Con la solita morosa?
Eri lì che stavi andando,tu.
Quando ecco che improvvise
Gocce?
Pozzanghere?
Quando ecco che improvvisa
L’o ciapada per la camisa
Le ho schiantato via l’obrello,
l’ho sbattuta nelle pozzanghere, lei.
Io sotto il cielo, io sotto l’ombrello,
tu, sotto la pioggia c’eri tu.
Io sulla strada, ma io sull’asciutto,
tu, un’altra volta non mi freghi più
Q
Quan che venivo giù in bici
Quan’ che venivo giù in bici
Tu mi dicevo che ero povero
Che per andare a morose
Ci vuole per lo meno la macchina
La macchina io non l’avevo
E a morose c’andavamo solo a piè
Ma non è questione di bici
E nemmeno questione di macchine
È solo questione d’amore
C’ho la bici con la canna, salta su!
R
S
Sènsa bale
Sènsa bale, sènsa bale,
sènsa bale ga n’è pie ol mont
Sènsa bale, sènsa bale,
sènsa bale ga n’è pie ol mont.
Se sèm spusacc an mangia pà e lacc (2
v.)
(Strofa da improvvisare al momento,
con musica o recitato)
es.
Dicono che ‘l Tone
È un prete volgare
“Quando sta con i ragazzi lui non deve
dire cazzi
Se poi parla di Gesù non gli crederanno
più”
Se
Se
Se
Se
sèm
sèm
sèm
sèm
fredèi an mangerà i tortei
amis mi mangerà stö mis
zermà mi mangerà ‘ndomà
cϋsì po dopo ‘nfa ‘n pusì
Se seèm sorele an mangia ‘di scödele
Se sèm spusacc an mangerà ‘ndi piacc
(2 v.)
Sétèmber
Dicono che Sandro
È un maestro volgare
Deve stare più attento dove mette
l’accento
Ché l’orecchio gentile si potrebbe ferire
Dicono che Bossi
È un politico volgare
E se dice “ve lo giuro, ce l’abbiamo
sempre duro”
Come fa Cecchi Paone a dirlo poi in
televisione?
Se sèm fredei
Se
Se
Se
Se
sèm
sèm
sèm
sèm
fredèi an mangerà i tortei
amis an mangerà i binìs
zermà an mangerà ol pà
cϋsì po dopo ‘nfa ‘n pusì
Se sèm sorele an mangerà i niasele
Dols, dols l’è ‘l mis de setember,
L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel.
Sétèmber mis de l’amur,
Sétèmber pié de culur.
culr che i delegua pian pià
l’amur, se‘l gh’è, ‘l creserà.
E quando l’inverno ‘l ta sererà ‘n ca’,
regordes ol sol de setember:
ö sol che li scolda, ma sensa scotà ;
ö sol che ‘l se fa respirà.
Respira ‘l sol de setember,
respirel col nas e col cœur.
Dols, dols l’è ‘l mis de setember,
L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel.
Settembre in un prato al mattino,
è come tornare bambino.
Un bimbo che guarda e che sa
il nome di Chi ringraziare.
E limpidi gli occhi e limpido il cielo,
chiare laggiù le montagne.
E un sole che scalda ma senza bruciare,
un sole che sai respirare.
Respiri il sole, a settembre,
con gli occhi, col naso, col cuore.
Respira ‘l sol de setember,
respirel col nas e col cœur.
Dols, dols l’è ‘l mis de setember,
L’aria l’è dolsa e ciar a l’è ‘l ciel.
piö nissü che sa ‘nteresa
per ol be de la me zet
per la zet che cerca ‘l be.
I fa de töt, Signur,
fo che ‘l be de la To zet.
E l’è ‘mpo che la to Cesa
La sta’ prope mia tat be,
parla ‘l Papa, nisü scolta,
e i prim i è prope i precc,
ogne ü fa come i völ.
E ‘l to nom, Signur,
a iè poc chei chi la dis
Signur varda zó
Signur, Signur, varda zo docà,
che l’è mia ‘l moment adess
de lassam de per me.
Signur, Signur, varda zo docà,
che l’è mia ‘l moment adess
de lassam de per me,
de per me a löcià.
L’è cresida la benzina,
pa e lacc i sa ‘ndopiacc,
la me dona a la bütiga
la tö mia chel che la öl,
la tö apena chel che s’ pöl.
Ma sa tö, Signur,
sa tö apena chel che sa pöl.
Ol goerno l’è ‘n ruina,
l’è ‘n ruina la nasiù,
Fo fadiga a ‘et ol be,
e la zet m’a fa’ ‘mpo pura,
ma cunsula gne l’amur
de la spusa e di me s-cecc.
Öre mia dientà ‘ecc
sensa et, Signur,
ergot de chel che te prumetit.
Si lo so, a questo mondo tutto
finisce
Si lo so
A questo mondo tutto finisce
Me l’hanno detto in tanti
È meglio
Non aver niente, niente,
neanche cinq franc.
Ma io voglio ancora una cosa,
io voglio soltanto una cosa:
che lei ritorni, che lei ritorni.
Che lei ritorni qui
ancora da me.
Che lei ritorni qui
ancora da me.
Si perché
Senza di lei io sono niente,
niente.
Sono solo un pacco di stracci,
brutti e marci.
Sono solo un pacco di stracci,
brutti e marci.
Io le volevo bene,
tanto, tanto.
Io le volevo bene,
ma lei…lei no.
T
Tango sfregido
Gh’è egnit de me ‘na dona
Bela e peteneda
E la m’a domandat
Se gh’ere ol sanc caliente
Ma tutto il mio calor
Per semper l’o perdido
De iura ‘l me restat
Ol sangre sfregido
Tango, tango sfregido
L’è ‘l tango de mi tierra
Nueva come ‘l cuco
O done che urì
L’om dal sanc caliente
A gh’ì de rasegnas
Che non ce n’è più in giro
A gh’è riat l’inverno
La nebbia co’ la nif
De iura gh’è restat
Ol sangre sfregido
Tango, tango sfregido
L’è ‘l tango de mi tierra
Nueva come ‘l cuco
Teresa
Quale sarà la stella dove abita Teresa?
Quale sarà la stella dove abita il suo
cuor?
Una di quelle stelle, una delle più belle,
una di quelle stelle, chissà qual è!
Una di quelle stelle, una delle più belle,
fra tutte le più belle e vicine a Te.
Tu sei la stessa luna che brillava quella
sera
Tu sei la stessa luna che mi guarda e
che ci guardò
Tu la vedesti uscire, ridere e poi morire
su quella bicicletta che s’impennò.
Sbalzata dalla sella, cadde sopra una
stella,
cadde sopra una stella e là si fermò.
Ma quale sarà la stella dove abita
Teresa?
Quale sarà la stella dove abita il suo
cuor?
Una di quelle stelle, una delle più belle,
una di quelle stelle, chissà qual è!
Una di quelle stelle, una delle più belle
fra tutte le più belle e vicine a Te.
Tu sei lo stesso cielo che si accese
quella sera
Tu sei lo stesso cielo cui chiedemmo
tutti perché.
Perché farla morire, perché farci
soffrire,
perché su quella curva l’auto sbandò?
Tu la prendesti al volo, appena toccò il
suolo
Tu lo sapevi già che voleva Te.
Quale sarà la stella dove abita Teresa?
Quale sarà la stella dove abita il suo
cuor?
Una di quelle stelle, una delle più belle,
una di quelle stelle, chissà qual è!
Una di quelle stelle, una delle più belle
fra tutte le più belle e vicine a Te.
Titambola
Titambola, titambola la dona de l’oster
la ga droat la pingola per tegn a mà ‘l
böter
Titambola, titambola la dona del Masnù
la ga ciapàt la cioca per cassà so ‘l
magù
E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de
Brignà
töta zet alegra che ga pias gregnà
töta zet alegra che ga pias gregnà
Titamola, titambola, ‘n cort di Marengù
per fa pasà la scala i a sbatti zò ‘l purtù
Titambola, titambola a la cassina di
Magnà
i mangia piö ‘l risòt per tegn a mà ‘l
sofrà
E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de
Brignà
töta zet alegra che ga pias gregnà
töta zet alegra che ga pias gregnà
Titambola, titambola chei de Pagasà
quan’ che gh’è la borda i sa sera töcc in
cà
Titambola, titambola, chei de Careàs
Quando che e zò l’acqua i la lassa egn a
bass
E ‘n sa töcc bergamasc, a ‘nsà töcc de
Brignà
töta zet alegra che ga pias gregnà
töta zet alegra che ga pias gregnà
Töte i parole del mont
Töte i parole del mont
i val öna cica a confront,
a confront de chèl che gh'è
perchè 'l gh'è, perchè 'l gh'è, perchè 'l gh'è.
Töte i parole del mont
i val öna cica, öna cica a confront,
a confront de chèl che gh'è
perchè 'l gh'è prima de töcc i perchè
Oddio c’ho una figlia dislessica
E forse anche un poco disgrafica,
a volte mi par discalculica
e Dio non voglia disprassica.
E in più l’hai chiamata anche Jessica,
va be’ ormai è fatta tirèm insà.
Ma guardala in faccia per quel che è,
e non per quel che pare a te.
sei professor di retorica,
un genio dell'arte socratica
disdegni la bassa politica,
e vuoi una città multietnica,
e una religione sincretica,
che sia dubbiosa e un po’ scettica.
Vivi per la macrobiotica,
e muori di cancro ai polmon.
Discetti di eros e thanatos,
piacere, voluttà e cupiditas,
di amore efebico e saffico,
etero e omo è lo stessico;
scandagli il subconscio onirico
in cerca di pulsioni erotiche,
e sognando ammucchiate orgiastiche
ti addormenti guardando RAI tre
Tutte le parole del mondo
Non valgono una cicca a confronto
A confronto di quello che c'è
perché c'è, perché c'è, perché c'è
Tutte le parole del mondo
Non valgono una cicca, una cicca a confronto
A confronto di quello che c'è
Perché è prima di tutti i perché
U
Un uomo cattivo
Un uomo cattivo andò dalla mamma
e le disse: “Grazie, che m’hai
perdonato,
io ti ho spaccato la tua porcellana,
ma tu resti sempre la mia cara Mama”
Allora la mamma prese la scure,
e gliela ruppe, e gliela ruppe,
allora la mamma prese la scure,
e gliela ruppe sul sedere.
E’ inutile correre per prendere il treno,
tanto si sa che è in ritardo di un’ora:
gli operai di Rovato l’han bloccato a
Lambrate,
e il capo stazione l’hanno preso a
legnate.
Da dietro si sente qualcuno che dice:
“Si andava in orario, si andava in
orario…
Da ditre si sente qualcuno che dice:
“Si andava in orario ai tempi del Duce!”
C’era lì uno che andava a morose,
c’era lì un altro che tornava da spose:
“Dai salta su che ti porto in balera”
La mia donna mi aspetta “Eh, c’andrai
un’altra sera!”
Ma poi la morosa prese l’ombrello,
e glielo ruppe, e glielo ruppe…
ma poi la morosa prese l’ombrelle
e glielo ruppe sul cappello.
Si corre, si gioca, ci si bacia davvero,
che sempre fioriscono la rosa ed il pero,
che sempre fiorisce nel mondo l’amore,
la viola, la primula, Marisa e il mio
cuore.
E quando succede che mi nasce un
bambino,
passa da Piero, passa da Piero…
e quando succede che mi nasce un
bambino,
passa da Piero, e porta qui il vino.
V
Z