COS’E’ IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’ Raffaele D’Errico – Pediatra, Presidente AIFA Onlus www.aifa.it [email protected] Perché devo occuparmi dell’ADHD? 1. Perché l’ADHD esiste! Sono trascorsi ben cento anni da quando per la prima volta Gorge Still nel 1902 parlò di bambini fortemente disturbati, ipercinetici, irrefrenabili, affetti da una turba neuropsichiatrica organica (George Still “Some abnormal psychical conditions in children” – The Lancet 1902) o da quando Wiliam James, padre della psicologia americana, sostenne che i deficit dell'inibizione della volizione, del controllo morale e della viva concentrazione erano tra loro legati ad un sottostante difetto neurologico. E benché Still sia comunemente considerato il "padre" dell'ADHD, di questo disturbo organico si parlava già nella prima metà dell'800, quando apparve la prima pubblicazione del neurologo Heinrich Hoffman e successivamente anche dello psichiatra francese Bourneville nel 1887. Ma l'ADHD non esiste da così poco tempo e non è un caso che si sia enormemente diffuso, perché probabilmente questa mutazione genetica dei circuiti neuronali attentivi ha permesso che noi oggi stessimo qui. Trecentomila anni fa, infatti, questi nostri antenati iperattivi e impulsivi, grandi leaders perché instancabili e decisi trascinatori, hanno permesso movimenti di massa tali da favorire la localizzazione dell'uomo in aree terrestri idonee per la loro migliore sopravvivenza. 7000 lavori scientifici! Difficilmente ci sarebbe una tale sensibilità se il Disordine non fosse "reale", come alcuni critici, invece, continuano a contestare. Difficile sarebbe spiegare l'enorme mole di letteratura scientifica, siti internet e associazioni di genitori se l'ADHD non fosse un problema reale e così diffuso. Eppure in Italia le pubblicazioni si contano sulle dita di una mano e nei motori di ricerca si trovano solo tre siti dedicati all'ADHD o DDAI, mentre qualcuno continua a pensare che esso rappresenti una mera fantasia. Ovunque adeguatamente ricercato l’ADHD ha dimostrato di esistere con una incidenza intorno al 4%. ARGOMENTO ADHD ADHD & RITALIN ADHD & GENETICA ADHD & GENI ANNO DI COMPARSA DEI PRIMI LAVORI 1966 1971 1971 1974 NUMERO DI LAVORI 7.586 1.302 707 161 Tabella 1. Lavori pubblicati sull’ADHD al 19/9/2003 (ricerca su PubMed) N.B. L’anno di comparsa è legato alla pubblicazione su PubMed e non alla comparsa di articoli sull’ADHD Russel Barkley, uno dei più grandi studiosi e clinici dell'ADHD, con migliaia di pazienti nei suoi quasi trent'anni di pratica clinica, nel 1995 affermava che “la scienza medica 1 sta dimostrando che vi sono fattori neurologici che contribuiscono all'autocontrollo e alla nostra volontà per quanto riguarda l'apprendimento e l'educazione e quando questi sistemi non funzionano correttamente o sono danneggiati, i livelli normali di autocontrollo e della volontà sono impossibili, proprio come accade nei soggetti affetti da ADHD” (Barkley R.A., Taking charge of ADHD - The complete, authoritative Guide for Parents, Guilford Press New York, 1995, pag. 42). Portare avanti il concetto di ADHD come disturbo neuropsichiatrico reale è un problema che non investe solo i paesi culturalmente più arretrati come l’Italia e le recenti consensus ci fanno comprendere come sia difficile ovunque far comprendere che ADHD non è solo un modo di comportarsi o la risultante di grossi problemi ambientali ma un disturbo neurobiologico che va individuato e curato. I più importanti e autorevoli interventi in tal senso sono: • 1996 -National Istitute of Mental Healt – Decade of the Brain: ADHD Su internet alla pagina www.aifa.it\articoli-ing.htm • 2002 -International Consensus Statement on ADHD Clinical Child and Family Psycology Review, vol. 5, No. 2, June 2002. Su internet alla pagina www.aifa.it\consensus-internazionale.htm • 2002 -Linee-guida per la diagnosi e la terapia farmacologica del Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività (ADHD) in età evolutiva Approvate il 24/06/2002 dal Consiglio Direttivo della Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza. Hanno curato la stesura delle Linee Guida Alessandro Zuddas (Cagliari) e Gabriele Masi (Pisa). Su internet alla pagina www.aifa.it\lineeguida.htm • 2003 -Conferenza Italiana Nazionale di Consenso “Indicazioni e strategie terapeutiche per i bambini e gli adolescenti con disturbo da deficit attentivo e iperattività” Cagliari, 6-7 Marzo 2003 Documento approvato dalle seguenti Società Scientifiche e Associazioni: • Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza (SINPIA); Società Italiana di Pediatria (SIP) Società Italiana di Psichiatria (SIP) Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI) Società Italiana di Farmacologia (SIF) Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF) Associazione Italiana Ricerca e Intervento in Psicopatologia dell'Apprendimento (AIRIPA) Associazione Culturale Pediatri (ACP) Centro Salute del Bambino (CSB) Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività (AIDAI) Associazione Italiana Famiglie ADHD (AIFA) Giunta del Collegio Nazionale Professori Ordinari di Neuropsichiatria Infantile Su internet alla pagina www.aifa.it\consensus-italiana.htm 2003 -Replica alla Raccomandazione dell'Assemblea Parlamentare 1562 (2002) sul controllo della diagnosi e del trattamento dei bambini iperattivi in Europa. Approvata dalla Commissione dei Ministri d’Europa il 26 marzo 2003 in occasione della seduta n.833 dei Deputati dei Ministeri. Su internet alla pagina www.aifa.it/adhdeuropa.htm 2. Perché l’ADHD è un problema che non si può sottovalutare Il problema dell’ADHD è che esso si manifesta come disturbo di tipo comportamentale in bambini generalmente con QI normale se non addirittura superiore alla media e 2 questo è il motivo che spinge le persone comuni a ritenerli solo “dei grandi sfaticati” o “bambini poco educati” o “il risultato di un ambiente familiare poco strutturato”. Un bambino ADHD non è questione di tempo, di età e "tutto passerà", ma il problema - afferma Barkley - è che “questi atomi di comportamento vanno a formare molecole di vita giornaliera e queste molecole giornaliere più grandi composti di esistenza sociale settimanale e mensile e questi composti sociali strutture e passi di una vita da giocare su più anni”. Il risultato è che l'ADHD non è l'iperattività o la distraibilità del momento o l'incapacità a svolgere il lavoro da fare quotidianamente ma un relativo scadimento nel modo in cui il comportamento si organizza e si dirige verso il futuro della vita. (Barkley R.A., Taking charge of ADHD – The complete, authoritative guide for Parents, Guilford Press New York, 1995, pag.20) Pertanto, ricevere il consiglio di aspettare fino a 7-10 anni è forse molto consolante per i genitori ma è un cattivo consiglio, spesso un grave errore. La vita di un bambino in cui l’ADHD non è diagnosticato né trattato sarà probabilmente segnata dal fallimento e da una scarsa capacità funzionale. Dall'ADHD “non si guarisce” e un adulto non trattato vive una vita molto difficile sempre che non abbia avuto gravi problemi con la giustizia o che non sia approdato nel tunnel della droga o dell'alcoolismo a causa di gravi evoluzioni legate all’ambiente e soprattutto alla presenza di comorbilità. Il 25% dei tossicodipendenti e degli alcoolisti - in studi sociometrici americani - sono ADHD. Suicidi precoci in adolescenti bocciati a scuola in contesti familiari e sociali apparentemente "normali" potrebbero essere ADHD. Giovani delinquenti precocemente in carcere, fortemente disturbati, impulsivi, iperattivi, capi di giovani gang, potrebbero essere ADHD. Adulti depressi, ansiosi, instabili emotivamente e nel loro lavoro, nella vita di relazione, familiare, che cambiano continuamente lavoro, moglie, auto e che hanno frequenti multe e incidenti stradali, facilmente dediti all'alcool o a sostanze stupefacenti, quasi sempre accaniti fumatori, potrebbero essere ADHD. 3. L’ADHD non è un disturbo benigno La recentissima "International Consensus Statement on ADHD" (Clinical Child and Family Psycology Review, vol. 5, No. 2, June 2002) - sottoscritta da 85 professionisti di fama mondiale che hanno dedicato molti dei loro studi se non addirittura tutta la propria vita all'ADHD - ha sottolineato che l’ADHD non è un disturbo benigno ma che a coloro che ne sono affetti può causare problemi devastanti. Studi di follow-up su campioni clinici hanno riportano che i pazienti ADHD tendono più della norma all'abbandono scolastico (32-40%), a completare raramente gli studi (510%), ad avere pochi amici o addirittura nessuno (50-70%), ad avere uno scarso rendimento nel lavoro (70-80%), ad attivare comportamenti antisociali (40-50%) e usare tabacco o droghe vietate più degli altri coetanei. Inoltre, i ragazzi che crescono con l'ADHD tendono ad avere esperienze di gravidanza precoce (40%) e malattie sessualmente trasmesse (16%), a parlare eccessivamente e ad avere molti incidenti automobilistici, a sperimentare la depressione (20-30%) e disturbi della personalità da adulti (18-25%) e in centinaia di altri modi gestire male e rovinare la propria vita. 4. L’ADHD è un grosso problema oggi in Italia Tre anni di attività e di contatto con famiglie, medici e psicologi ci permettono di affermare che oggi in Italia, nonostante l'ADHD sia il disturbo psichiatrico dell'età evolutiva più comune, la principale causa tra i disturbi della condotta e un importante fattore predittivo di insuccesso esistenziale, con una prevalenza nell'età scolare di circa il 4%: 3 1. l'ADHD in alcuni contesti, anche scientifici, viene ignorato e in alcuni casi è messa in dubbio la sua reale esistenza nosografica; 2. l'ADHD è raramente diagnosticato per cui i genitori sono spesso additati come "incapaci di educare i loro bambini" o "colpevoli del loro comportamento altamente disturbante"; 3. i bambini soffrono di sintomi secondari quali bassa autostima, ansia, aggressività che peggiorano con l'avanzare dell'età; 4. un certo numero di adulti con ADHD non trattato in età evolutiva e adolescenziale, si trova a convivere con situazioni psichiatriche talvolta gravi e/o a vivere realtà sociali molto instabili e talvolta degradate; 5. per ricevere una diagnosi spesso i genitori sono costretti a lunghi, estenuanti e costosi "viaggi della speranza" presso i pochi centri o specialisti che abbiano dimostrato esperienza; 6. le terapie di comprovata efficacia (comportamentali, di parent-training, di teachertraining, farmacologiche a base di stimolanti) sono quasi sempre a totale carico dell'assistito e poco conosciute e praticate e laddove in scienza e coscienza venga prescritta anche terapia farmacologica, il genitore è costretto a procurarsi il farmaco a proprie spese e in modo illegale, mentre i loro prescrittori sono spesso accusati di essere "Spacciatori di droga". In situazioni estreme e in vari contesti abbiamo registrato con elevata incidenza gravi episodi quali: 1. denunce penali e civili rivolte ai genitori; 2. espulsione del bambino/ragazzo dall'istituto scolastico, dal circolo sportivo, dai corsi di catechesi; 3. emarginazione dei bambini ADHD dal contesto scolastico o presa in carico da parte di insegnanti di sostegno incapaci di gestire la scarsa attenzione e l'iperattività dello studente; 4. bocciature con maggior incidenza in prima elementare e prima media motivate da "mancato impegno" e/o "mancato raggiungimento dei requisiti minimi" in bambini/ragazzi con QI normale e grosso disturbo attentivo con o senza iperattività; 5. separazione dei genitori a causa del comportamento e dell'educazione del figlio ADHD, spesso aggravato dalla presenza di un genitore affetto anche lui dal disturbo; 6. maltrattamento fisico e psichico dei bambini ADHD; 7. isolamento delle famiglie dal contesto sociale e familiare; 8. importanti disturbi psicologici nei fratelli di bambini ADHD; 9. consigli e terapie inutili, dispendiose e prolungate nel tempo alla famiglia e al bambino senza alcun beneficio (psicoanalitiche, di psicomotricità, dietetiche, vitaminiche e con farmaci di terza scelta o senza nessuna indicazione o comprovata efficacia clinica); 10. gravi problemi in età adolescenziale, quali uso di sostanze stupefacenti, episodi di autolesionismo e "cattive compagnie" sono raccontati dai genitori di giovani adolescenti ADHD non trattati, spesso comorbidi e con ritardata diagnosi; 11. abbandono/rinvio nei centri di bambini ADHD adottati. 5. ADHD: un problema sociale, familiare, scolastico, medico ADHD: un problema, quindi, sociale, familiare, scolastico, medico. Un problema, cioè, che non può esimere nessuno dall'impegno per la cura, la terapia e la riabilitazione di questi nostri bambini soprattutto perché è alla diagnosi precoce e all’intervento qualificato della scuola e degli operatori socio-sanitari che si deve l’evoluzione favorevole (prognosi) del soggetto ADHD. 4 Le storie vere, di vita vissuta raccolte in questi anni e pubblicate in un recentissimo libro [3] sono intrise tutte di sofferenza, intolleranza, emarginazione, violenza, disattenzione, non curanza, ma soprattutto di abbandono dei bambini e delle loro famiglie ad un triste destino. Queste famiglie vivono con dolore questo travaglio quotidiano e finiscono spesso per separarsi. La punizione corporale è spesso inflitta ai loro bambini in un vortice di stanchezza-violenza-stanchezza e che a loro volta porta i figli e talvolta anche i fratelli a diventare aggressivi e violenti alla minima provocazione. Il Progetto ADHD "Parents for Parents" E' per questo che nasce il Progetto ADHD "Parents for Parents" concretizzatosi lo scorso anno in un'Associazione Onlus, l'AIFA, l'Associazione Italiana Famiglie ADHD, che si è proposto come obiettivo primario di aiutare, in uno spirito di gratuità, i genitori con bambini che mostrano deficit d'attenzione e iperattività, quello che gli americani chiamano e definiscono un “gruppo di mutuo aiuto”. Ecco qualche stralcio fra le migliaia di lettere giunte fino ad oggi che credo facciano bene anche a noi medici perché ci lasciano comprendere il dramma profondo del bambino ADHD e della sua famiglia, un vissuto che va conosciuto, compreso e accolto. "Ma cosa ne sanno loro di cos'è la mia vita, di cos'è lo stress di un'intera giornata dietro un bimbo che corre da una parte all'altra, che non può passargli un bambino accanto senza che lo schiaffeggi…?". "Descrivere cosa si prova a vivere con un bambino ADHD è inspiegabile: è un rapporto fatto di odio-amore, un sentimento nuovo ancora da scoprire… Solo chi vive tutto questo può capire!". "E' la nostra vita famigliare scandita dalle sue intemperanze, dalla nostra rabbia nei suoi confronti, dalle sgridate costanti, dal clima di nervosismo… e devo dire grazie a Laura e Giorgio che, nonostante tutto hanno amato e continuano ad amare questo fratello che li ha fatti disperare tanto, che ha "rubato" loro il nostro tempo (Gabriele era costantemente al centro dei nostri pensieri, nel bene e nel male). E la depressione che avanzava e la voglia di smettere e farla finita... E la crisi che si prospettava nel rapporto coniugale..." "…il disturbo non è quello arrecato a me e alle maestre, ma il disturbo è nell'angoscia di un bambino che non riesce a trovare requie, che si sente sempre fuori luogo e a disagio, perché non sa comportarsi come gli altri, che è intelligente e si rende conto che il suo comportamento è inadeguato, ma non riesce a fermarsi…". "Ricordo quante volte mia madre aveva portato Paolo all'Ospedale per sottoporlo ad una serie infinita di esami psicologici e neurologici. Ma Paolo, pur avendo un QI elevato, aveva una totale mancanza di attenzione. Sono sempre stata un po' gelosa di lui... Mia madre ha smesso di lavorare per seguirlo negli studi. Ora sappiamo, finalmente, che ha un Disturbo ben preciso e che si chiama ADHD, ma per quanto tempo abbiamo sofferto!". 5 "Quanto non vorremmo dare farmaci ai nostri bambini! Eppure prendendo il farmaco si cambia, il bambino inizia a vivere… ma non si tratta affatto di un cambiamento totale, da iperattivo a mezzo addormentato. Paolo è sempre iperattivo, continua a parlare tanto e a dire un mucchio di stupidate come prima. Ride, scherza, ma riesce a dedicarsi allo studio; a scuola è migliorato tanto e con lui anche i suoi voti. Lui stesso si sente più sereno. E' molto meno aggressivo, non risponde più di punta a qualunque cosa lo possa infastidire, ma è più conciliante. Mi dice che adesso si sente bene!". "Vedi Marco, oggi ho scoperto una cosa molto importante per me. Ricordi tutte le volte che mi dicevi: "Mamma non ce la faccio, non ci riesco, non mi ricordo"? Pensavo che mi prendessi in giro, ma ora ho capito che dicevi la verità!". E lui, con espressione molto sollevata, mi disse: "Mamma, finalmente adesso lo hai capito!". "Questi bambini devono avere la possibilità di dimostrare quello che valgono e Dio solo sa quanto vorrebbero fare ma non ce la fanno…". "Vedere il mare in burrasca è uno spettacolo affascinante per i suoi colori e suoi profumi, ma se in mezzo a quelle onde maestose vedi tua figlia che non sa nuotare, il mare diventa uno spettacolo terrificante..." "Capimmo che il mondo che hai intorno ha paura della diversità, rifiuta i diversi, i problematici, gli handicappati. E' più facile eliminare, puntare il dito, accusare, usare la cattiveria anziché tirarsi su le maniche e aiutare, comprendere, accogliere, amare, essere vicini, solidali". "La madre di un suo compagno di classe mi ha detto che io e mio marito non sappiamo fare i genitori e che non è possibile che mio figlio quasi tutti i giorni disturba sempre il suo bambino... Vorrei scappare in un deserto e gridare..." Conoscere il problema 1. I sintomi dell'ADHD. Marco è un ragazzo di 14 anni. Ha molta energia rispetto alla maggior parte dei ragazzi della sua età. D'altra parte è sempre stato eccessivamente attivo. Sin dai tre anni di età è stato un tornado umano, distruggendo e lasciando in disordine ogni cosa che incontrava sul suo cammino. A casa balzava da un'attività ad un'altra lasciando un sentiero di giocattoli dietro di se. Ai pasti rovesciava piatti e chiacchierava in continuazione. Era imprudente e impulsivo, correndo per strada con le automobili che sopraggiungevano e senza considerare quante volte sua madre gli aveva spiegato il pericolo o lo aveva rimproverato. Nei giochi non sembrava più sfrenato di altri bambini ma la sua tendenza a reagire impulsivamente - come colpire i suoi compagni di gioco solo perché lo avevano toccato - lo aveva già messo nei guai diverse volte. I suoi genitori non sapevano che fare. I nonni di Marco stravedevano per lui e li 6 rassicuravano: «I ragazzi sono ragazzi. Non preoccupatevi, crescerà senza problemi!» Ma non fu così. Luisa, 17 anni. Fa ancora grandi sforzi per prestare attenzione ed agire in modo appropriato ed è stato sempre così per lei. E’ ancora imbarazzata nel pensare la sera in cui i suoi genitori la portarono al ristorante per festeggiare il suo decimo compleanno. Era così distratta dai capelli rosso acceso della cameriera, che suo padre per tre volte dovette ripetere il suo nome prima che si ricordasse di ordinare. Poi non ce la fece e prima di parlare disse: «La tua tintura dei capelli è orrenda!». Alle elementari e alla scuola media Luisa era sempre calma e collaborativa ma spesso sembrava sognare ad occhi aperti. Appariva sofferente per non riuscire a migliorare i suoi voti nonostante ci provasse accanitamente. Spesso non portava a termine i compiti in classe e anche se conosceva la maggior parte delle risposte non era capace di tenere la propria mente fissa sulla prova: era più forte di lei. I genitori rispondevano ai suoi bassi voti togliendole privilegi e sgridandola: «Tu sei semplicemente pigra! Potresti avere voti migliori se solo ci provassi!». Un giorno, dopo che Luisa aveva fallito nuovamente un altro compito in classe, l'insegnante la trovò a piangere. Singhiozzando disse: «Cosa c'è che non funziona in me?». Paolo quantunque amasse oziare nel suo negozio aveva realizzato dozzine di progetti di falegnameria non finiti e benché avesse mille altre idee sapeva non ce l’avrebbe mai fatta a realizzarle. Nel suo garage era ammassata con così tanta legna che di tanto in tanto pensava di cambiare lavoro e mettersi a vendere legname da ardere. Ogni giorno Paolo affrontava la reale frustrazione di non essere capace di potersi concentrare per un tempo sufficientemente lungo a completare un lavoro. Un giorno venne licenziato perché perse più volte l'inventario. Con gli anni, per paura di perdere la memoria e incitato dalla moglie fu visitato da uno psicoterapeuta e provò diverse medicine consigliate dal medico curante ma nulla riuscì ad aiutarlo a concentrarsi. Paolo cominciava a notare la stessa mancanza di attenzionefocalizzazione anche in suo figlio e ciò lo preoccupava. Le tre persone appena descritte, Marco, Luisa e Paolo hanno tutti e tre una forma di ADHD, il disturbo da Deficit d'Attenzione/iperattività. L'ADHD non ha chiari segni fisici che possono essere visti attraverso una radiografia o indici ricercabili attraverso comuni test di laboratorio, ma è un disturbo che può essere identificato ricercando determinati comportamenti caratteristici che, proprio come le storie prima raccontate, possono variare da persona a persona e che sono disturbanti e durano da un lungo periodo di tempo. I comportamenti maggiormente comuni sono: la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività, che concretamente si manifesteranno con: • • • • • • • • • Comportamento negativista e provocatorio Crisi di collera Frequenti litigi con i coetanei e gli adulti Incapacità a rispettare le regole Violazioni delle regole sociali Comportamenti aggressivi Tendenza a porsi in situazioni di rischio Difficoltà di adattamento sociale Scarso rendimento scolastico (da Masi e Millepiedi) E’ importante sottolineare che non tutti i bambini iperattivi, impulsivi e disattenti hanno l’ADHD così come non tutti i bambini che hanno la tosse hanno una polmonite! 7 Ma se la tosse dura da dieci giorni, si accompagna a febbre elevata e fa stare il bambino male, allora saremo tenuti a pensare che possa esserci un problema respiratorio importante. Disattenzione Quadro clinico (da Masi, Millepiedi): • Disturbo di attenzione focale e sostenuta • Distraibilità da stimoli banali • Difficile esecuzione di compiti scolastici, attività quotidiane, gioco • Difficoltà nel seguire un discorso • Incapacità di pianificazione • Interruzione di attività iniziate • Allontanamento di attività che richiedono sforzo cognitivo • Ruolo parziale della motivazione Le persone che manifestano mancanza d'attenzione fanno una grossa fatica a mantenere la loro mente su attività che richiedano concentrazione focale e prolungata nel tempo, per cui possono annoiarsi e distrarsi già dopo pochi minuti. Essi possono dare un'attenzione automatica senza sforzo ad attività e cose gradite ma hanno difficoltà a focalizzare deliberatamente una conscia attenzione per organizzare e completare attività o imparare qualcosa di nuovo. Per esempio, Luisa trovava angoscioso fare i compiti a casa. Spesso, dimenticava di pianificare preventivamente scrivendo l'assegno o portando a scuola i libri giusti. E quando provava a lavorare dopo un po' ritrova la propria mente a vagare su qualcos'altro. Come risultato, Luisa raramente termina i compiti e comunque saranno sempre pieni di errori. Iperattività Quadro clinico (da Masi, Millepiedi): • Incapacità di star fermi • Attività motoria incongrua e afinalistica • Gioco rumoroso e disorganizzato • Eccessive verbalizzazioni • Sensazione soggettiva di instabilità e tensione (adolescenti e adulti) • Limitate possibilità di inibizione motoria Le persone iperattive sono sempre in movimento, non possono stare seduti a lungo su una sedia. Come Marco, si muovono continuamente o parlano incessantemente. Ci può essere una iperattività fisica ed una mentale ma soprattutto in genere si tratta di un’iperattività “non finalizzata”. Stare seduti per un'intera lezione è impossibile per loro. I bambini iperattivi si agitano sulla sedia o vagano per la stanza ma possono anche solo dimenare continuamente i piedi o fare la punta alla matita rumorosamente e continuamente pur di muoversi e fare qualcosa. Adulti e adolescenti iperattivi si sentono profondamente insoddisfatti. Possono essere irrequieti come Paolo, fanno diverse cose contemporaneamente rimbalzando da un'attività all'altra in modo afinalistico per cui spesso finiscono per non portare a termine i compiti che si erano prefissati. Impulsività Quadro clinico (da Masi, Millepiedi): • Difficoltà di controllo comportamentale • Incapacità a differire la risposta automatica ad uno stimolo (ad es. domanda) • Scarsa capacità di riflessione 8 • • • • Difficoltà ad aspettare il proprio turno Tendenza ad interrompere gli altri Difficoltà nel valutare le conseguenze di un’azione Tendenza ad esporsi a situazioni pericolose con possibili danni fisici. Le persone eccessivamente impulsive non sembrano capaci di dominare le loro reazioni immediate o pensare prima di agire. Il risultato, come per Luisa, è che possono tirare fuori commenti inappropriati o, come Marco, correre in strada senza guardare e subire frequenti incidenti. La loro impulsività rende difficile la capacità di attendere per ottenere cose che desiderano o attendere il proprio turno nei giochi o nel parlare. Possono arraffare un giocattolo da un altro bambino o colpirlo impulsivamente con un oggetto senza pensare alle conseguenze. Non tutti coloro che sono eccessivamente iperattivi, disattenti o impulsivi hanno però l’ADHD. Poiché la maggior parte delle persone qualche volta spiffera cose che non vorrebbe dire, rimbalza da un'attività ad un'altra o diventa disorganizzata e smemorata magari soprattutto in certi contesti o in determinati momenti della vita, come possono gli specialisti affermare che si tratta di ADHD? 3. ADHD: dal bambino all’adulto Il corteo sintomatologico che accompagna l’ADHD tende a modificarsi nel tempo a seconda dell’età del soggetto e ovviamente delle cure e le attenzioni che ha ricevuto. ADHD in età prescolare (da Masi e Millepiedi) • Massimo grado di iperattività • Crisi di rabbia (“tempeste affettive”) • Litigiosità, provocatorietà • Assenza di paura, tendenza a incidenti • Comportamenti aggressivi • Disturbi del sonno Molti bambini con iperattività nei primi anni di vita non svilupperanno un ADHD! ADHD in età scolare (da Masi e Millepiedi) • Periodo nel quale sarà più frequente la prima diagnosi • Possibile riduzione dell’iperattività • Comparsa di sintomi cognitivi (disattenzione/impulsività) • Difficoltà scolastiche • Evitamento di compiti cognitivi prolungati • Comportamento oppositivo-provocatorio ADHD in età adolescenziale (da Masi e Millepiedi) • Nel 35% o Superamento dei sintomi o Prestazioni scolastiche talvolta inferiori ai controlli • Nel 50% o Permanenza della sindrome o Attenuazione della componente iperattiva o Disturbo attentivo difficoltà scolastiche difficoltà di organizzazione della vita quotidiana (pianificazione) o Compromissione emotiva (depressivo-ansiosa) sociale 9 • o Instabilità nelle scelte scolastiche o relazionali o Condotta pericolosa Nel 15% o Permanenza della sindrome o Disturbi comportamentali o Disturbi di adattamento sociale 4. Altri disturbi che possono accompagnare l'ADHD: le comorbilità Nella guida ai genitori di Russell Barkley è specificato: "E' raro nella pratica clinica trovare bambini che abbiano solamente un disturbo; probabilmente meno del 20% dei bambini che vengono alla mia clinica per disturbo d'attenzione e iperattività ha soltanto l'ADHD. La diagnosi di ADHD incrementa le probabilità di avere numerosi altri problemi, un fenomeno chiamato "comorbilità" (Barkley R.A., Taking charge of ADHD The complete, authoritative guide for Parents, Guilford Press New York, 1995, pag.86). Una delle difficoltà nel diagnosticare l'ADHD, infatti, è che spesso esso è accompagnata ad altri problemi e/o disturbi specifici, ciò che in termini tecnici si definisce comorbilità. Per esempio, molti bambini con l'ADHD hanno anche specifiche inabilità di apprendimento, come disturbi specifici del linguaggio o della lettura o della matematica. L'ADHD non è in se stessa una specifica incapacità d'apprendimento, ma interferendo con la concentrazione e la memoria a breve termine può rendere doppiamente difficile, per un bambino con disturbo specifico dell’apprendimento, andare bene a scuola. Quasi metà dei bambini con ADHD – prevalentemente maschi - tendono ad avere un'altra condizione associata chiamata Disturbo Oppositivo-Provocatorio. Come Marco che colpì a pugni i compagni di gioco per averlo spinto, questi bambini possono reagire esageratamente o violentemente quando subiscono delle frustrazioni. Possono essere ostinati, avere sbalzi di umore o atteggiamenti ostili e provocatori. Qualche volta ciò conduce a Disturbi della condotta più seri. Bambini con questa combinazione di problemi sono a rischio scolastico e con la giustizia. Sono esposti a rischi pericolosi e a violazioni delle leggi (possono rubare, appiccare incendi, distruggere le proprietà altrui, guidare avventatamente). E' importante che i bambini/ragazzi con queste condizioni associate ricevano quanto prima aiuto e sostegno poiché l’associazione dei due disturbi rappresenta un indice prognostico altamente sfavorevole. Nai casi in cui all’ADHD si troveranno associati altri disturbi diventa spesso un vero rompicapo per il clinico considerare se questi sintomi fanno parte del quadro clinico ADHD o sono in comorbilità. I più frequenti sono: • Disturbo Oppositivo-Provocatorio • Disturbo della Condotta • Disturbo Depressivo • Disturbo Bipolare • Disturbi d’Ansia • Disturbi Specifici dell’Apprendimento • Disturbo da Tic • Disturbo Ossessivo-compulsivo • Disturbi Pervasivi dello sviluppo 5. Le cause dell'ADHD Comprensibilmente, una delle prime domande che i genitori pongono quando apprendono che il loro bambino ha l’ADHD è "Perché? Cos’ è andato storto?". 10 Gli scienziati stanno trovando sempre più evidenza che l'ADHD non nasce dall'ambiente domestico ma da cause biologiche. Non c'è nessuna chiara relazione tra la vita domestica, l’ambiente e l'ADHD, anche se probabilmente un ambiente ostile e poco strutturato potrebbe comunque favorire l’espressione fenotipica di una disturbo geneticamente preordinato. D’altronde non tutti i bambini con ADHD provengono da “famiglie non funzionali”. Sapere questo può rimuovere l'enorme peso di colpevolezza che i genitori ricevono e avvertono, dal momento che potrebbero sentirsi colpevoli per il comportamento dei loro bambini. Di solito l'ADHD non è causato da troppa TV, allergie alimentari, eccesso di zuccheri nella dieta, contesto familiare o scolastico povero. Nell'ultima decade gli scienziati hanno ipotizzato diverse teorie per comprendere le cause dell'ADHD, alcune delle quali deludenti, come quella basata sull'ipotesi che tutti i disturbi di attenzione e inabilità di apprendimento fossero causati da lievi lesioni alla testa o da danni al cervello non individuabili, forse causati da un’infezione perineonatale o una complicazione ipossica alla nascita. Basandosi su questa teoria, infatti, per molti anni gli studiosi hanno chiamato il disturbo usando termini come "Danno minimo al cervello" o "Disfunzione cerebrale minima". Sebbene certi tipi di lesioni alla testa possono spiegare alcuni casi di disturbi di attenzione, la teoria è stata scartata in quanto poteva spiegare solo un numero molto piccolo di casi. Non tutte le persone con ADHD o LD (learning disabilities - inabilità d'apprendimento) hanno una storia di trauma cranico o complicazioni alla nascita. Negli ultimi anni, poiché sono stati sviluppati nuovi strumenti e tecniche per lo studio del cervello, gli scienziati hanno potuto verificare altre teorie circa le cause che generano l'ADHD. Usando una di tali tecniche, gli scienziati del NIMH hanno dimostrato un collegamento tra la capacità di una persona a prestare attenzione continuata e il livello di attività nel cervello. A soggetti adulti è stato chiesto di imparare una lista di parole e successivamente, utilizzando un analizzatore di immagini PET (tomografia ad emissione di positroni), hanno potuto osservare il cervello durante il suo lavoro. Questo è stato fatto misurando il livello di glucosio usato dall'area del cervello che inibisce gli impulsi e controlla l'attenzione. Il glucosio è la principale sorgente di energia del cervello e pertanto misurarne il consumo rappresenta un buon indicatore del suo livello di attività. I ricercatori hanno trovato importanti differenze tra le persone che hanno l'ADHD e quelle che non lo hanno. Nei soggetti ADHD le aree del cervello che controllano l'attenzione usavano meno glucosio, indicando quindi una loro minore attività. Da queste ricerche è emerso che un più basso livello di attività in alcune parti del cervello può determinare inattenzione. Il prossimo passo sarà quello di ricercare perché c'è minore attività in queste aree del cervello che oltretutto risultano anatomicamente più piccole dei controlli. I ricercatori stanno anche cercando altre differenze tra quelli che hanno l'ADHD e quelli che non lo hanno. Ricerche su come il cervello normalmente si sviluppa nel feto offrono alcuni indizi circa le cause che possono interrompere il processo evolutivo. In ogni momento della gravidanza e continuando nel primo anno di vita, il cervello si sviluppa costantemente. Esso comincia la sua crescita da poche cellule tutto-fare ed evolve in un organo complesso fatto di bilioni di cellule nervose interconnesse e specializzate. Studiando lo sviluppo del cervello negli animali e negli uomini gli scienziati stanno raggiungendo una migliore conoscenza di come esso lavora quando le cellule nervose sono connesse correttamente o meno. Gli scienziati del NIHM ed altri centri di ricerca stanno cercando di determinare cosa potrebbe impedire alle cellule nervose di formazione le giuste connessioni. Alcuni fattori che sono allo studio includono l’uso di droga durante la gravidanza, le tossine e la genetica. Essi hanno intanto dimostrano che l'uso di tabacco, alcool e droghe durante la gravidanza può avere effetti dannosi sullo sviluppo cerebrale del feto. Per esempio, l'uso abbondante 11 di alcool durante la gravidanza è stato collegato alla sindrome feto-alcoolica (fetal alcohol syndrome FAS), una condizione che può manifestarsi con basso peso alla nascita, basso quoziente intellettivo e determinati difetti fisici. Molti bambini nati con la FAS mostrano spesso la stessa iperattività, inattenzione ed impulsività dei bambini con ADHD. Le droghe come la cocaina - inclusa la forma da fumo chiamata crack sembrano colpire il normale sviluppo dei recettori cerebrali, cellule che hanno il compito di aiutare a trasmettere i segnali in arrivo dalla pelle, dagli occhi e dalle orecchie, aiutando a controllare le nostre risposte verso l'ambiente. Recenti ricerche fanno capire che l'abuso di droghe può danneggiare questi recettori. Alcuni scienziati credono che tale danneggiamento possa portare all'ADHD. Presi insieme, tuttavia, questi fattori possono spiegare dal 20 al 30% dei casi di ADHD tra i maschi, e ancora di meno tra le femmine. Un’altra domanda che si sono posti gli scienziati è stata: “Da che cosa deriva la ridotta dimensione di queste strutture cerebrali nei soggetti affetti da ADHD?”. Una risposta chiara ancora non è giunta anche se molti studi sembrano avvalorare l'ipotesi che il fenomeno possa essere dovuto a una disfunzione di alcuni dei numerosi geni che normalmente sono attivi durante la formazione e lo sviluppo della corteccia prefrontale e dei gangli basali. La maggior parte dei ricercatori pensa attualmente che l'ADHD sia un disturbo poligenico ossia determinato dal concorso di più geni. Le prime indicazioni sull'origine genetica dell'ADHD sono venute da ricerche condotte sulle famiglie dei bambini affetti dal disturbo. Per esempio, si è osservato che i fratelli e le sorelle di bambini con ADHD hanno una probabilità di sviluppare la sindrome da 5 a 7 volte superiore rispetto a quella dei bambini appartenenti a famiglie non colpite. Mentre i figli di un genitore affetto da ADHD hanno fino a 50 probabilità su cento di sperimentare le stesse difficoltà. La prova più conclusiva del contributo genetico all'ADHD. però, viene dallo studio sui gemelli. Nel 1992, Jacquelyn i. Gillis, allora all'Università del Colorado, e suoi colleghi scoprirono che il rischio di ADHD in un gemello monozigote di un bambino affetto dal disturbo è 11-18 volte superiore a quello di un fratello non gemello di un bambino con ADHD; si valuta che tra il 55 e il 92% di gemelli monozigoti di bambini affetti da ADHD finisca con lo sviluppare la sindrome. Uno dei più ampi studi sull'ADHD relativo a gemelli fu condotto da Helene Gjone e Jan M. Sundet dell'Università di Oslo insieme con Jim Stevenson dell'Università di Southampton in Inghilterra. Coinvolgeva 526 gemelli monozigoti, che ereditano esattamente gli stessi geni, e 389 gemelli eterozigoti, la cui somiglianza genetica è analoga a quella di fratelli nati ad anni di distanza. Il gruppo di ricerca scopri che l'ADHD è ereditario quasi all'80%, cioè che circa l'80% delle differenze nell'attenzione, nell'iperattività e nell'impulsività tra persone affette da ADHD e persone sane può essere spiegato da fattori genetici, una incidenza percentuale sovrapponibile all’ereditarietà dell’altezza. Quali sono i geni difettosi? Forse quelli che determinano il modo con cui il cervello utilizza la dopamina, una sostanza che agisce da neurotrasmettitore, trasportando segnali chimici da una cellula nervosa a un'altra. La dopamina è secreta dai neuroni in particolari zone del cervello per inibire o modulare l'attività di altri neuroni, in particolare di quelli coinvolti nell'emozione e nel movimento. Alcuni studi molto convincenti mettono in particolare evidenza il ruolo svolto dai geni che impartiscono le istruzioni per la produzione dei recettori e dei trasmettitori della dopaminina: questi geni sono molto attivi nella corteccia prefrontale e nei gangli basali. I recettori della dopammina si trovano sulla superficie di alcuni neuroni. La dopammina trasporta il suo messaggio a questi neuroni legandosi ai recettori. I trasportatori di dopammina si protendono dai neuroni che secernono il neurotrasmettitore e recuperano la dopammina inutilizzata in modo che possa essere usata di nuovo. Mutazioni nel gene per il recettore della dopammina possono rendere i recettori meno sensibili 12 al neurotrasmettitore. Al contrario, mutazioni nel gene per il trasportatore della dopammina possono rendere eccessivamente attivi i trasportatori, facendo in modo che essi eliminino la dopammina secreta prima che essa abbia la possibilità di legarsi agli specifici recettori situati su un neurone adiacente. Non sussistendo una sufficiente concentrazione di neurotrasmettitori che garantisca un adeguato trasporto del segnale nervoso, si verifica essenzialmente un'alterazione della funzione di blocco della reazione agli impulsi sensoriali e di selezione di questi in vista della scelta di adeguati handlings. La conseguenza è che il bambino con Disturbo di Concentrazione non sarà in grado di reagire agli stimoli ambientali attraverso un'adeguata scelta e graduazione del repertorio motorio e comportamentale. 6. L’ADHD può essere superato o curato! Anche se la maggior parte delle persone non supera l’ADHD con la crescita, queste imparano ad adattarsi e a vivere vite soddisfacenti. Marco, Luisa e Paolo conducono delle appaganti vite per la capacità che hanno avuto di sviluppare le loro forze personali. Con una efficace combinazione di medicine, psicoterapie e supporto emozionale, le persone con ADHD possono sviluppare modi per controllare la loro attenzione e minimizzare i comportamenti disgreganti. Come Paolo possono trovare che strutturando il lavoro e organizzando l’ambiente possono raggiungere gli obiettivi preposti. Come Marco possono imparare a canalizzare i loro eccessi di energia nello sport e altre attività che richiedano molto sforzo. Come Luisa, possono individuare possibilità di carriera contando sulle proprie forze e capacità. Crescendo, con un appropriato aiuto da parte dei genitori e clinici, i bambini con ADHD diventano maggiormente capaci di reprimere l’iperattività e incanalarla in comportamenti maggiormente accettabili socialmente, come esercizi e irrequietezza fisica. Sebbene noi conosciamo che la metà dei bambini con ADHD mostrerà ancora segni del problema in adolescenza, sappiamo anche che le medicine e le terapia usate per aiutarli possono essere usate anche per gli adulti. Tutte le persone con ADHD hanno talenti naturali ed abilità che devono tirar fuori per creare vite e carriere piacevoli per se stessi. Infatti molte persone con ADHD sentono perfino che i loro modelli di comportamento danno loro dei vantaggi unici e spesso non riconosciuti. Le persone con ADHD tendono ad essere estroversi e pronti per l’azione. A causa del loro impulso all’eccitazione e stimolazione molti ottengono successo negli affari, negli sport e nelle pubbliche relazioni. A causa della loro abilità a pensare molte cose contemporaneamente, molti sono stati acclamati come artisti e inventori. Molti scelgono lavori che danno loro la libertà di muoversi continuamente e rilasciare l’energia in eccesso. Alcuni trovano anche il modo per essere efficienti in lavori più tranquilli e sedentari, mentre altri, come Silvia una programmatrice di computer, scoprono che riescono a pensare meglio quando portano le cuffie per ridurre i rumori distraesti; altri che sono lavoratori autonomi, trovano utile appoggiarsi a consulenti esterni per una gestione giornaliera del proprio lavoro. Svariate pubblicazioni in lingua inglese, pochissime in italiano, siti internet e letteratura on-line, organizzazioni e gruppi di supporto rappresentano i mezzi per aiutare gli operatori socio-sanitari, i pazienti, gli insegnanti e le famiglie a comprendere e far fronte ai disturbi di attenzione. Questi riferimenti possono essere oggi rilevati dal sito dell’AIFA Onlus, l’Associazione Italiana Famiglie ADHD, www.aifa.it, che rappresenta in questo momento in Italia un buon punto di partenza per comprendere e ricevere soluzioni pratiche e sostegno su questo grosso disturbo tanto frequente quanto misconosciuto. 13 BIBLIOGRAFIA 1. Barkley R. A. ADHD - Le Scienze 1999; 365, 70:76 2. Barkley R.A., Taking charge of ADHD - The complete, authoritative guide for Parents, Guilford Press New York, 1995 3. D’Errico R. Aiello E. - Vorrei scappare in un deserto e gridare… Una guida partica all’ADHD attraverso le storie di tutti i giorni di bambini iperattivi e disattenti. 2002 Giuseppe de Nicola Editore 4. International Consensus Statement on ADHD, Clinical Child and Family Psycology Review, vol. 5, No. 2, June 2002 5. National Istitute of Mental Healt – Decade of the Brain: ADHD. 1996 6. Zuddas A. Masi G. - Linee guida alla diagnosi e terapie farmacologiche dell’ADHD. Approvazione SINPIA 24 giugno 2002 14 AIFA Onlus - Allegato 1 www.aifa.it SCALA GENITORI PER INDIVIDUAZIONE DI COMPORTAMENTI DI DISATTENZIONE E IPERATTIVITÁ NEL BAMBINO DSM IV * * Modificato da: DMS IV APA 1995 e Scale SDAG Cornoldi, Gardinale, Masi, Pettenò 1996 Indicare con crocetta la casella che meglio descrive questo bambino in rapporto a coetanei dello stesso sesso. Mai Qualche Spesso Molto volta spesso Scala A (Disattenzione) 1. Incontra difficoltà nell’esecuzione di attività che richiedono una certa cura. 2. Ha difficoltà a mantenere l’attenzione nello svolgere incarichi, compiti o nelle attività varie, interrompendosi continuamente o passando ad attività differenti. 3. Quando gli si parla sembra non ascoltare. 4. Non segue fino in fondo le istruzioni e non porta a termine i compiti di scuola, le commissioni che deve fare o gli incarichi (ma non per comportamento oppositivo o incapacità a seguire le direttive). 5. Ha difficoltà a organizzarsi negli incarichi, nelle attività, nei compiti. 6. Evita, non gli piace o è riluttante ad affrontare impegni che richiedono uno sforzo mentale continuato (ad es. i compiti di scuola). 7. Non tiene in ordine le sue cose e perde spesso ciò che gli necessita per il lavoro o le attività (ad es. giocattoli, diario, matite, libri). 8. Si lascia distrarre facilmente da stimoli poco importanti. 9. E’ sbadato, smemorato, nelle attività quotidiane. 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 0 1 1 2 2 3 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 0 0 1 1 1 2 2 2 3 3 3 0 1 2 3 Totale (pos ≥ 14) Scala B (Iperattività/Impulsività) 1. Da seduto giocherella con le mani o con i piedi o non sta fermo o si dimena. 2. Lascia il suo posto in classe o in altre situazioni dove dovrebbe restare seduto. 3. Corre intorno e si arrampica di continuo, quando non è il caso di farlo (nell’adolescenza può trattarsi per lo più di irrequietezza). 4. Ha difficoltà a giocare o a intrattenersi tranquillamente in attività ricreative. 5. E’ sempre “sotto pressione” o spesso si comporta come se fosse azionato da un motore. 6. Non riesce a stare in silenzio: parla troppo. 7. “Spara” le risposte prima che sia terminata la domanda. 8. Ha difficoltà ad aspettare il suo turno. 9. Interrompe o si intromette (per esempio nelle conversazioni o nei giochi degli altri). Totale (pos ≥ 14) 15 AIFA Onlus - Allegato 2 www.aifa.it SCALA INSEGNANTI PER INDIVIDUAZIONE DI COMPORTAMENTI DI DISATTENZIONE E IPERATTIVITÁ NEL BAMBINO DSM IV * * Modificato da: DMS IV APA 1995 e Scale SDAG Cornoldi, Gardinale, Masi, Pettenò 1996 Indicare con crocetta la casella che meglio descrive questo bambino in rapporto a coetanei dello stesso sesso. Mai Qualche Spesso Molto volta spesso Scala A (Disattenzione) 1. Incontra difficoltà a concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori di negligenza. 2. Ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sui giochi in cui è impegnato. 3. Quando gli si parla sembra non ascoltare 4. Pur avendo capito le istruzioni e non avendo intenzioni oppositive, non segue le istruzioni ricevute o fatica a portarle a compimento. 5. Ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle sue attività. 6. Evita, non gli piace o è riluttante ad affrontare impegni che richiedono uno sforzo mentale continuato (come i compiti di scuola). 7. Perde le cose necessarie per il lavoro o le attività (ad esempio diario, matite, libri o oggetti scolastici vari) 8. Si lascia distrarre facilmente da stimoli esterni 9. Tende a dimenticare di fare le cose. 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 0 1 1 2 2 3 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 1 2 3 0 0 0 0 1 1 1 1 2 2 2 2 3 3 3 3 Totale (pos ≥ 14) Scala B (Iperattività/Impulsività) 1. Da seduto giocherella con le mani o con i piedi o non sta fermo o si dimena. 2. Non riesce a restare seduto. 3. Manifesta un'irrequietudine interna, correndo e si arrampicandosi dappertutto. 4. Ha difficoltà a giocare o a intrattenersi tranquillamente in attività ricreative. 5. E’ sempre “sotto pressione” o spesso si comporta come se fosse azionato da un motore. 6. Non riesce a stare in silenzio: parla continuamente. 7. “Spara” le risposte prima che sia terminata la domanda. 8. Ha difficoltà ad aspettare il suo turno. 9. Interrompe o si intromette nelle conversazioni o nei giochi degli altri. Totale (pos ≥ 14) 16