COS’E’ IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E
IPERATTIVITA’
Raffaele D’Errico – Pediatra, Presidente AIFA Onlus
www.aifa.it [email protected]
Perché devo occuparmi dell’ADHD?
1. Perché l’ADHD esiste!
Sono trascorsi ben cento anni da quando per la prima volta Gorge Still nel 1902 parlò
di bambini fortemente disturbati, ipercinetici, irrefrenabili, affetti da una turba
neuropsichiatrica organica (George Still “Some abnormal psychical conditions in
children” – The Lancet 1902) o da quando Wiliam James, padre della psicologia
americana, sostenne che i deficit dell'inibizione della volizione, del controllo morale e
della viva concentrazione erano tra loro legati ad un sottostante difetto neurologico.
E benché Still sia comunemente considerato il "padre" dell'ADHD, di questo disturbo
organico si parlava già nella prima metà dell'800, quando apparve la prima
pubblicazione del neurologo Heinrich Hoffman e successivamente anche dello
psichiatra francese Bourneville nel 1887.
Ma l'ADHD non esiste da così poco tempo e non è un caso che si sia enormemente
diffuso, perché probabilmente questa mutazione genetica dei circuiti neuronali
attentivi ha permesso che noi oggi stessimo qui. Trecentomila anni fa, infatti, questi
nostri antenati iperattivi e impulsivi, grandi leaders perché instancabili e decisi
trascinatori, hanno permesso movimenti di massa tali da favorire la localizzazione
dell'uomo in aree terrestri idonee per la loro migliore sopravvivenza.
7000 lavori scientifici! Difficilmente ci sarebbe una tale sensibilità se il Disordine non
fosse "reale", come alcuni critici, invece, continuano a contestare. Difficile sarebbe
spiegare l'enorme mole di letteratura scientifica, siti internet e associazioni di genitori
se l'ADHD non fosse un problema reale e così diffuso.
Eppure in Italia le pubblicazioni si contano sulle dita di una mano e nei motori di
ricerca si trovano solo tre siti dedicati all'ADHD o DDAI, mentre qualcuno continua a
pensare che esso rappresenti una mera fantasia.
Ovunque adeguatamente ricercato l’ADHD ha dimostrato di esistere con una incidenza
intorno al 4%.
ARGOMENTO
ADHD
ADHD & RITALIN
ADHD & GENETICA
ADHD & GENI
ANNO DI COMPARSA
DEI PRIMI LAVORI
1966
1971
1971
1974
NUMERO
DI LAVORI
7.586
1.302
707
161
Tabella 1. Lavori pubblicati sull’ADHD al 19/9/2003 (ricerca su PubMed)
N.B. L’anno di comparsa è legato alla pubblicazione su PubMed e non alla comparsa di articoli sull’ADHD
Russel Barkley, uno dei più grandi studiosi e clinici dell'ADHD, con migliaia di pazienti
nei suoi quasi trent'anni di pratica clinica, nel 1995 affermava che “la scienza medica
1
sta dimostrando che vi sono fattori neurologici che contribuiscono all'autocontrollo e
alla nostra volontà per quanto riguarda l'apprendimento e l'educazione e quando
questi sistemi non funzionano correttamente o sono danneggiati, i livelli normali di
autocontrollo e della volontà sono impossibili, proprio come accade nei soggetti affetti
da ADHD” (Barkley R.A., Taking charge of ADHD - The complete, authoritative Guide
for Parents, Guilford Press New York, 1995, pag. 42).
Portare avanti il concetto di ADHD come disturbo neuropsichiatrico reale è un
problema che non investe solo i paesi culturalmente più arretrati come l’Italia e le
recenti consensus ci fanno comprendere come sia difficile ovunque far comprendere
che ADHD non è solo un modo di comportarsi o la risultante di grossi problemi
ambientali ma un disturbo neurobiologico che va individuato e curato.
I più importanti e autorevoli interventi in tal senso sono:
• 1996 -National Istitute of Mental Healt – Decade of the Brain: ADHD
Su internet alla pagina www.aifa.it\articoli-ing.htm
• 2002 -International Consensus Statement on ADHD
Clinical Child and Family Psycology Review, vol. 5, No. 2, June 2002.
Su internet alla pagina www.aifa.it\consensus-internazionale.htm
• 2002 -Linee-guida per la diagnosi e la terapia farmacologica del
Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività (ADHD) in età evolutiva
Approvate il 24/06/2002 dal Consiglio Direttivo della Società Italiana di
Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza.
Hanno curato la stesura delle Linee Guida Alessandro Zuddas (Cagliari) e
Gabriele Masi (Pisa).
Su internet alla pagina www.aifa.it\lineeguida.htm
• 2003 -Conferenza Italiana Nazionale di Consenso
“Indicazioni e strategie terapeutiche per i bambini e gli adolescenti con disturbo
da deficit attentivo e iperattività” Cagliari, 6-7 Marzo 2003
Documento approvato dalle seguenti Società Scientifiche e Associazioni:
•
Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza (SINPIA);
Società Italiana di Pediatria (SIP)
Società Italiana di Psichiatria (SIP)
Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI)
Società Italiana di Farmacologia (SIF)
Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF)
Associazione Italiana Ricerca e Intervento in Psicopatologia dell'Apprendimento
(AIRIPA)
Associazione Culturale Pediatri (ACP)
Centro Salute del Bambino (CSB)
Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP)
Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività (AIDAI)
Associazione Italiana Famiglie ADHD (AIFA)
Giunta del Collegio Nazionale Professori Ordinari di Neuropsichiatria Infantile
Su internet alla pagina www.aifa.it\consensus-italiana.htm
2003 -Replica alla Raccomandazione dell'Assemblea Parlamentare 1562
(2002) sul controllo della diagnosi e del trattamento dei bambini
iperattivi in Europa.
Approvata dalla Commissione dei Ministri d’Europa il 26 marzo 2003 in
occasione della seduta n.833 dei Deputati dei Ministeri.
Su internet alla pagina www.aifa.it/adhdeuropa.htm
2. Perché l’ADHD è un problema che non si può sottovalutare
Il problema dell’ADHD è che esso si manifesta come disturbo di tipo comportamentale
in bambini generalmente con QI normale se non addirittura superiore alla media e
2
questo è il motivo che spinge le persone comuni a ritenerli solo “dei grandi sfaticati” o
“bambini poco educati” o “il risultato di un ambiente familiare poco strutturato”.
Un bambino ADHD non è questione di tempo, di età e "tutto passerà", ma il problema
- afferma Barkley - è che “questi atomi di comportamento vanno a formare molecole
di vita giornaliera e queste molecole giornaliere più grandi composti di esistenza
sociale settimanale e mensile e questi composti sociali strutture e passi di una vita da
giocare su più anni”. Il risultato è che l'ADHD non è l'iperattività o la distraibilità del
momento o l'incapacità a svolgere il lavoro da fare quotidianamente ma un relativo
scadimento nel modo in cui il comportamento si organizza e si dirige verso il futuro
della vita. (Barkley R.A., Taking charge of ADHD – The complete, authoritative guide
for Parents, Guilford Press New York, 1995, pag.20)
Pertanto, ricevere il consiglio di aspettare fino a 7-10 anni è forse molto consolante
per i genitori ma è un cattivo consiglio, spesso un grave errore. La vita di un bambino
in cui l’ADHD non è diagnosticato né trattato sarà probabilmente segnata dal
fallimento e da una scarsa capacità funzionale.
Dall'ADHD “non si guarisce” e un adulto non trattato vive una vita molto difficile
sempre che non abbia avuto gravi problemi con la giustizia o che non sia approdato
nel tunnel della droga o dell'alcoolismo a causa di gravi evoluzioni legate all’ambiente
e soprattutto alla presenza di comorbilità. Il 25% dei tossicodipendenti e degli
alcoolisti - in studi sociometrici americani - sono ADHD.
Suicidi precoci in adolescenti bocciati a scuola in contesti familiari e sociali
apparentemente
"normali"
potrebbero
essere
ADHD.
Giovani
delinquenti
precocemente in carcere, fortemente disturbati, impulsivi, iperattivi, capi di giovani
gang, potrebbero essere ADHD.
Adulti depressi, ansiosi, instabili emotivamente e nel loro lavoro, nella vita di
relazione, familiare, che cambiano continuamente lavoro, moglie, auto e che hanno
frequenti multe e incidenti stradali, facilmente dediti all'alcool o a sostanze
stupefacenti, quasi sempre accaniti fumatori, potrebbero essere ADHD.
3. L’ADHD non è un disturbo benigno
La recentissima "International Consensus Statement on ADHD" (Clinical Child and
Family Psycology Review, vol. 5, No. 2, June 2002) - sottoscritta da 85 professionisti
di fama mondiale che hanno dedicato molti dei loro studi se non addirittura tutta la
propria vita all'ADHD - ha sottolineato che l’ADHD non è un disturbo benigno ma che a
coloro che ne sono affetti può causare problemi devastanti.
Studi di follow-up su campioni clinici hanno riportano che i pazienti ADHD tendono più
della norma all'abbandono scolastico (32-40%), a completare raramente gli studi (510%), ad avere pochi amici o addirittura nessuno (50-70%), ad avere uno scarso
rendimento nel lavoro (70-80%), ad attivare comportamenti antisociali (40-50%) e
usare tabacco o droghe vietate più degli altri coetanei. Inoltre, i ragazzi che crescono
con l'ADHD tendono ad avere esperienze di gravidanza precoce (40%) e malattie
sessualmente trasmesse (16%), a parlare eccessivamente e ad avere molti incidenti
automobilistici, a sperimentare la depressione (20-30%) e disturbi della personalità da
adulti (18-25%) e in centinaia di altri modi gestire male e rovinare la propria vita.
4. L’ADHD è un grosso problema oggi in Italia
Tre anni di attività e di contatto con famiglie, medici e psicologi ci permettono di
affermare che oggi in Italia, nonostante l'ADHD sia il disturbo psichiatrico dell'età
evolutiva più comune, la principale causa tra i disturbi della condotta e un importante
fattore predittivo di insuccesso esistenziale, con una prevalenza nell'età scolare di
circa il 4%:
3
1. l'ADHD in alcuni contesti, anche scientifici, viene ignorato e in alcuni casi è messa
in dubbio la sua reale esistenza nosografica;
2. l'ADHD è raramente diagnosticato per cui i genitori sono spesso additati come
"incapaci di educare i loro bambini" o "colpevoli del loro comportamento altamente
disturbante";
3. i bambini soffrono di sintomi secondari quali bassa autostima, ansia, aggressività
che peggiorano con l'avanzare dell'età;
4. un certo numero di adulti con ADHD non trattato in età evolutiva e adolescenziale,
si trova a convivere con situazioni psichiatriche talvolta gravi e/o a vivere realtà sociali
molto instabili e talvolta degradate;
5. per ricevere una diagnosi spesso i genitori sono costretti a lunghi, estenuanti e
costosi "viaggi della speranza" presso i pochi centri o specialisti che abbiano
dimostrato esperienza;
6. le terapie di comprovata efficacia (comportamentali, di parent-training, di teachertraining, farmacologiche a base di stimolanti) sono quasi sempre a totale carico
dell'assistito e poco conosciute e praticate e laddove in scienza e coscienza venga
prescritta anche terapia farmacologica, il genitore è costretto a procurarsi il farmaco a
proprie spese e in modo illegale, mentre i loro prescrittori sono spesso accusati di
essere "Spacciatori di droga".
In situazioni estreme e in vari contesti abbiamo registrato con elevata incidenza gravi
episodi quali:
1. denunce penali e civili rivolte ai genitori;
2. espulsione del bambino/ragazzo dall'istituto scolastico, dal circolo sportivo, dai corsi
di catechesi;
3. emarginazione dei bambini ADHD dal contesto scolastico o presa in carico da parte
di insegnanti di sostegno incapaci di gestire la scarsa attenzione e l'iperattività dello
studente;
4. bocciature con maggior incidenza in prima elementare e prima media motivate da
"mancato impegno" e/o "mancato raggiungimento dei requisiti minimi" in
bambini/ragazzi con QI normale e grosso disturbo attentivo con o senza iperattività;
5. separazione dei genitori a causa del comportamento e dell'educazione del figlio
ADHD, spesso aggravato dalla presenza di un genitore affetto anche lui dal disturbo;
6. maltrattamento fisico e psichico dei bambini ADHD;
7. isolamento delle famiglie dal contesto sociale e familiare;
8. importanti disturbi psicologici nei fratelli di bambini ADHD;
9. consigli e terapie inutili, dispendiose e prolungate nel tempo alla famiglia e al
bambino senza alcun beneficio (psicoanalitiche, di psicomotricità, dietetiche,
vitaminiche e con farmaci di terza scelta o senza nessuna indicazione o comprovata
efficacia clinica);
10. gravi problemi in età adolescenziale, quali uso di sostanze stupefacenti, episodi di
autolesionismo e "cattive compagnie" sono raccontati dai genitori di giovani
adolescenti ADHD non trattati, spesso comorbidi e con ritardata diagnosi;
11. abbandono/rinvio nei centri di bambini ADHD adottati.
5. ADHD: un problema sociale, familiare, scolastico, medico
ADHD: un problema, quindi, sociale, familiare, scolastico, medico. Un problema, cioè,
che non può esimere nessuno dall'impegno per la cura, la terapia e la riabilitazione di
questi nostri bambini soprattutto perché è alla diagnosi precoce e all’intervento
qualificato della scuola e degli operatori socio-sanitari che si deve l’evoluzione
favorevole (prognosi) del soggetto ADHD.
4
Le storie vere, di vita vissuta raccolte in questi anni e pubblicate in un recentissimo
libro [3] sono intrise tutte di sofferenza, intolleranza, emarginazione, violenza,
disattenzione, non curanza, ma soprattutto di abbandono dei bambini e delle loro
famiglie ad un triste destino. Queste famiglie vivono con dolore questo travaglio
quotidiano e finiscono spesso per separarsi. La punizione corporale è spesso inflitta ai
loro bambini in un vortice di stanchezza-violenza-stanchezza e che a loro volta porta i
figli e talvolta anche i fratelli a diventare aggressivi e violenti alla minima
provocazione.
Il Progetto ADHD "Parents for Parents"
E' per questo che nasce il Progetto ADHD "Parents for Parents" concretizzatosi lo
scorso anno in un'Associazione Onlus, l'AIFA, l'Associazione Italiana Famiglie ADHD,
che si è proposto come obiettivo primario di aiutare, in uno spirito di gratuità, i
genitori con bambini che mostrano deficit d'attenzione e iperattività, quello che gli
americani chiamano e definiscono un “gruppo di mutuo aiuto”.
Ecco qualche stralcio fra le migliaia di lettere giunte fino ad oggi che credo facciano
bene anche a noi medici perché ci lasciano comprendere il dramma profondo del
bambino ADHD e della sua famiglia, un vissuto che va conosciuto, compreso e accolto.
"Ma cosa ne sanno loro di cos'è la mia vita, di cos'è lo stress di un'intera giornata
dietro un bimbo che corre da una parte all'altra, che non può passargli un bambino
accanto senza che lo schiaffeggi…?".
"Descrivere cosa si prova a vivere con un bambino ADHD è inspiegabile: è un rapporto
fatto di odio-amore, un sentimento nuovo ancora da scoprire… Solo chi vive tutto
questo può capire!".
"E' la nostra vita famigliare scandita dalle sue intemperanze, dalla nostra rabbia nei
suoi confronti, dalle sgridate costanti, dal clima di nervosismo… e devo dire grazie a
Laura e Giorgio che, nonostante tutto hanno amato e continuano ad amare questo
fratello che li ha fatti disperare tanto, che ha "rubato" loro il nostro tempo (Gabriele
era costantemente al centro dei nostri pensieri, nel bene e nel male). E la depressione
che avanzava e la voglia di smettere e farla finita... E la crisi che si prospettava nel
rapporto coniugale..."
"…il disturbo non è quello arrecato a me e alle maestre, ma il disturbo è nell'angoscia
di un bambino che non riesce a trovare requie, che si sente sempre fuori luogo e a
disagio, perché non sa comportarsi come gli altri, che è intelligente e si rende conto
che il suo comportamento è inadeguato, ma non riesce a fermarsi…".
"Ricordo quante volte mia madre aveva portato Paolo all'Ospedale per sottoporlo ad
una serie infinita di esami psicologici e neurologici. Ma Paolo, pur avendo un QI
elevato, aveva una totale mancanza di attenzione. Sono sempre stata un po' gelosa di
lui... Mia madre ha smesso di lavorare per seguirlo negli studi. Ora sappiamo,
finalmente, che ha un Disturbo ben preciso e che si chiama ADHD, ma per quanto
tempo abbiamo sofferto!".
5
"Quanto non vorremmo dare farmaci ai nostri bambini! Eppure prendendo il farmaco
si cambia, il bambino inizia a vivere… ma non si tratta affatto di un cambiamento
totale, da iperattivo a mezzo addormentato. Paolo è sempre iperattivo, continua a
parlare tanto e a dire un mucchio di stupidate come prima. Ride, scherza, ma riesce a
dedicarsi allo studio; a scuola è migliorato tanto e con lui anche i suoi voti. Lui stesso
si sente più sereno. E' molto meno aggressivo, non risponde più di punta a qualunque
cosa lo possa infastidire, ma è più conciliante. Mi dice che adesso si sente bene!".
"Vedi Marco, oggi ho scoperto una cosa molto importante per me. Ricordi tutte le
volte che mi dicevi: "Mamma non ce la faccio, non ci riesco, non mi ricordo"? Pensavo
che mi prendessi in giro, ma ora ho capito che dicevi la verità!". E lui, con espressione
molto sollevata, mi disse: "Mamma, finalmente adesso lo hai capito!".
"Questi bambini devono avere la possibilità di dimostrare quello che valgono e Dio
solo sa quanto vorrebbero fare ma non ce la fanno…".
"Vedere il mare in burrasca è uno spettacolo affascinante per i suoi colori e suoi
profumi, ma se in mezzo a quelle onde maestose vedi tua figlia che non sa nuotare, il
mare diventa uno spettacolo terrificante..."
"Capimmo che il mondo che hai intorno ha paura della diversità, rifiuta i diversi, i
problematici, gli handicappati. E' più facile eliminare, puntare il dito, accusare, usare
la cattiveria anziché tirarsi su le maniche e aiutare, comprendere, accogliere, amare,
essere vicini, solidali".
"La madre di un suo compagno di classe mi ha detto che io e mio marito non
sappiamo fare i genitori e che non è possibile che mio figlio quasi tutti i giorni disturba
sempre il suo bambino... Vorrei scappare in un deserto e gridare..."
Conoscere il problema
1. I sintomi dell'ADHD.
Marco è un ragazzo di 14 anni. Ha molta energia rispetto alla maggior parte dei
ragazzi della sua età. D'altra parte è sempre stato eccessivamente attivo. Sin dai tre
anni di età è stato un tornado umano, distruggendo e lasciando in disordine ogni cosa
che incontrava sul suo cammino. A casa balzava da un'attività ad un'altra lasciando un
sentiero di giocattoli dietro di se. Ai pasti rovesciava piatti e chiacchierava in
continuazione. Era imprudente e impulsivo, correndo per strada con le automobili che
sopraggiungevano e senza considerare quante volte sua madre gli aveva spiegato il
pericolo o lo aveva rimproverato. Nei giochi non sembrava più sfrenato di altri bambini
ma la sua tendenza a reagire impulsivamente - come colpire i suoi compagni di gioco
solo perché lo avevano toccato - lo aveva già messo nei guai diverse volte. I suoi
genitori non sapevano che fare. I nonni di Marco stravedevano per lui e li
6
rassicuravano: «I ragazzi sono ragazzi. Non preoccupatevi, crescerà senza problemi!»
Ma non fu così.
Luisa, 17 anni. Fa ancora grandi sforzi per prestare attenzione ed agire in modo
appropriato ed è stato sempre così per lei. E’ ancora imbarazzata nel pensare la sera
in cui i suoi genitori la portarono al ristorante per festeggiare il suo decimo
compleanno. Era così distratta dai capelli rosso acceso della cameriera, che suo padre
per tre volte dovette ripetere il suo nome prima che si ricordasse di ordinare. Poi non
ce la fece e prima di parlare disse: «La tua tintura dei capelli è orrenda!».
Alle elementari e alla scuola media Luisa era sempre calma e collaborativa ma spesso
sembrava sognare ad occhi aperti. Appariva sofferente per non riuscire a migliorare i
suoi voti nonostante ci provasse accanitamente. Spesso non portava a termine i
compiti in classe e anche se conosceva la maggior parte delle risposte non era capace
di tenere la propria mente fissa sulla prova: era più forte di lei. I genitori
rispondevano ai suoi bassi voti togliendole privilegi e sgridandola: «Tu sei
semplicemente pigra! Potresti avere voti migliori se solo ci provassi!».
Un giorno, dopo che Luisa aveva fallito nuovamente un altro compito in classe,
l'insegnante la trovò a piangere. Singhiozzando disse: «Cosa c'è che non funziona in
me?».
Paolo quantunque amasse oziare nel suo negozio aveva realizzato dozzine di progetti
di falegnameria non finiti e benché avesse mille altre idee sapeva non ce l’avrebbe mai
fatta a realizzarle. Nel suo garage era ammassata con così tanta legna che di tanto in
tanto pensava di cambiare lavoro e mettersi a vendere legname da ardere. Ogni
giorno Paolo affrontava la reale frustrazione di non essere capace di potersi
concentrare per un tempo sufficientemente lungo a completare un lavoro. Un giorno
venne licenziato perché perse più volte l'inventario. Con gli anni, per paura di perdere
la memoria e incitato dalla moglie fu visitato da uno psicoterapeuta e provò diverse
medicine consigliate dal medico curante ma nulla riuscì ad aiutarlo a concentrarsi.
Paolo cominciava a notare la stessa mancanza di attenzionefocalizzazione anche in
suo figlio e ciò lo preoccupava.
Le tre persone appena descritte, Marco, Luisa e Paolo hanno tutti e tre una forma di
ADHD, il disturbo da Deficit d'Attenzione/iperattività.
L'ADHD non ha chiari segni fisici che possono essere visti attraverso una radiografia o
indici ricercabili attraverso comuni test di laboratorio, ma è un disturbo che può essere
identificato ricercando determinati comportamenti caratteristici che, proprio come le
storie prima raccontate, possono variare da persona a persona e che sono disturbanti
e durano da un lungo periodo di tempo.
I comportamenti maggiormente comuni sono: la disattenzione, l’iperattività e
l’impulsività, che concretamente si manifesteranno con:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Comportamento negativista e provocatorio
Crisi di collera
Frequenti litigi con i coetanei e gli adulti
Incapacità a rispettare le regole
Violazioni delle regole sociali
Comportamenti aggressivi
Tendenza a porsi in situazioni di rischio
Difficoltà di adattamento sociale
Scarso rendimento scolastico
(da Masi e Millepiedi)
E’ importante sottolineare che non tutti i bambini iperattivi, impulsivi e disattenti
hanno l’ADHD così come non tutti i bambini che hanno la tosse hanno una polmonite!
7
Ma se la tosse dura da dieci giorni, si accompagna a febbre elevata e fa stare il
bambino male, allora saremo tenuti a pensare che possa esserci un problema
respiratorio importante.
Disattenzione
Quadro clinico (da Masi, Millepiedi):
• Disturbo di attenzione focale e sostenuta
• Distraibilità da stimoli banali
• Difficile esecuzione di compiti scolastici, attività quotidiane, gioco
• Difficoltà nel seguire un discorso
• Incapacità di pianificazione
• Interruzione di attività iniziate
• Allontanamento di attività che richiedono sforzo cognitivo
• Ruolo parziale della motivazione
Le persone che manifestano mancanza d'attenzione fanno una grossa fatica a
mantenere la loro mente su attività che richiedano concentrazione focale e prolungata
nel tempo, per cui possono annoiarsi e distrarsi già dopo pochi minuti. Essi possono
dare un'attenzione automatica senza sforzo ad attività e cose gradite ma hanno
difficoltà a focalizzare deliberatamente una conscia attenzione per organizzare e
completare attività o imparare qualcosa di nuovo.
Per esempio, Luisa trovava angoscioso fare i compiti a casa. Spesso, dimenticava di
pianificare preventivamente scrivendo l'assegno o portando a scuola i libri giusti. E
quando provava a lavorare dopo un po' ritrova la propria mente a vagare su
qualcos'altro. Come risultato, Luisa raramente termina i compiti e comunque saranno
sempre pieni di errori.
Iperattività
Quadro clinico (da Masi, Millepiedi):
• Incapacità di star fermi
• Attività motoria incongrua e afinalistica
• Gioco rumoroso e disorganizzato
• Eccessive verbalizzazioni
• Sensazione soggettiva di instabilità e tensione (adolescenti e adulti)
• Limitate possibilità di inibizione motoria
Le persone iperattive sono sempre in movimento, non possono stare seduti a lungo su
una sedia. Come Marco, si muovono continuamente o parlano incessantemente. Ci
può essere una iperattività fisica ed una mentale ma soprattutto in genere si tratta di
un’iperattività “non finalizzata”. Stare seduti per un'intera lezione è impossibile per
loro. I bambini iperattivi si agitano sulla sedia o vagano per la stanza ma possono
anche solo dimenare continuamente i piedi o fare la punta alla matita rumorosamente
e continuamente pur di muoversi e fare qualcosa. Adulti e adolescenti iperattivi si
sentono profondamente insoddisfatti. Possono essere irrequieti come Paolo, fanno
diverse cose contemporaneamente rimbalzando da un'attività all'altra in modo
afinalistico per cui spesso finiscono per non portare a termine i compiti che si erano
prefissati.
Impulsività
Quadro clinico (da Masi, Millepiedi):
• Difficoltà di controllo comportamentale
• Incapacità a differire la risposta automatica ad uno stimolo (ad es. domanda)
• Scarsa capacità di riflessione
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•
•
•
•
Difficoltà ad aspettare il proprio turno
Tendenza ad interrompere gli altri
Difficoltà nel valutare le conseguenze di un’azione
Tendenza ad esporsi a situazioni pericolose con possibili danni fisici.
Le persone eccessivamente impulsive non sembrano capaci di dominare le loro
reazioni immediate o pensare prima di agire. Il risultato, come per Luisa, è che
possono tirare fuori commenti inappropriati o, come Marco, correre in strada senza
guardare e subire frequenti incidenti. La loro impulsività rende difficile la capacità di
attendere per ottenere cose che desiderano o attendere il proprio turno nei giochi o
nel parlare. Possono arraffare un giocattolo da un altro bambino o colpirlo
impulsivamente con un oggetto senza pensare alle conseguenze.
Non tutti coloro che sono eccessivamente iperattivi, disattenti o impulsivi hanno però
l’ADHD. Poiché la maggior parte delle persone qualche volta spiffera cose che non
vorrebbe dire, rimbalza da un'attività ad un'altra o diventa disorganizzata e
smemorata magari soprattutto in certi contesti o in determinati momenti della vita,
come possono gli specialisti affermare che si tratta di ADHD?
3. ADHD: dal bambino all’adulto
Il corteo sintomatologico che accompagna l’ADHD tende a modificarsi nel tempo a
seconda dell’età del soggetto e ovviamente delle cure e le attenzioni che ha ricevuto.
ADHD in età prescolare (da Masi e Millepiedi)
• Massimo grado di iperattività
• Crisi di rabbia (“tempeste affettive”)
• Litigiosità, provocatorietà
• Assenza di paura, tendenza a incidenti
• Comportamenti aggressivi
• Disturbi del sonno
Molti bambini con iperattività nei primi anni di vita non svilupperanno un ADHD!
ADHD in età scolare (da Masi e Millepiedi)
• Periodo nel quale sarà più frequente la prima diagnosi
• Possibile riduzione dell’iperattività
• Comparsa di sintomi cognitivi (disattenzione/impulsività)
• Difficoltà scolastiche
• Evitamento di compiti cognitivi prolungati
• Comportamento oppositivo-provocatorio
ADHD in età adolescenziale (da Masi e Millepiedi)
• Nel 35%
o Superamento dei sintomi
o Prestazioni scolastiche talvolta inferiori ai controlli
• Nel 50%
o Permanenza della sindrome
o Attenuazione della componente iperattiva
o Disturbo attentivo
difficoltà scolastiche
difficoltà di organizzazione della vita quotidiana (pianificazione)
o Compromissione
emotiva (depressivo-ansiosa)
sociale
9
•
o Instabilità nelle scelte scolastiche o relazionali
o Condotta pericolosa
Nel 15%
o Permanenza della sindrome
o Disturbi comportamentali
o Disturbi di adattamento sociale
4. Altri disturbi che possono accompagnare l'ADHD: le comorbilità
Nella guida ai genitori di Russell Barkley è specificato: "E' raro nella pratica clinica
trovare bambini che abbiano solamente un disturbo; probabilmente meno del 20% dei
bambini che vengono alla mia clinica per disturbo d'attenzione e iperattività ha
soltanto l'ADHD. La diagnosi di ADHD incrementa le probabilità di avere numerosi altri
problemi, un fenomeno chiamato "comorbilità" (Barkley R.A., Taking charge of ADHD The complete, authoritative guide for Parents, Guilford Press New York, 1995,
pag.86).
Una delle difficoltà nel diagnosticare l'ADHD, infatti, è che spesso esso è
accompagnata ad altri problemi e/o disturbi specifici, ciò che in termini tecnici si
definisce comorbilità. Per esempio, molti bambini con l'ADHD hanno anche specifiche
inabilità di apprendimento, come disturbi specifici del linguaggio o della lettura o della
matematica. L'ADHD non è in se stessa una specifica incapacità d'apprendimento, ma
interferendo con la concentrazione e la memoria a breve termine può rendere
doppiamente difficile, per un bambino con disturbo specifico dell’apprendimento,
andare bene a scuola.
Quasi metà dei bambini con ADHD – prevalentemente maschi - tendono ad avere
un'altra condizione associata chiamata Disturbo Oppositivo-Provocatorio. Come
Marco che colpì a pugni i compagni di gioco per averlo spinto, questi bambini possono
reagire esageratamente o violentemente quando subiscono delle frustrazioni. Possono
essere ostinati, avere sbalzi di umore o atteggiamenti ostili e provocatori. Qualche
volta ciò conduce a Disturbi della condotta più seri. Bambini con questa
combinazione di problemi sono a rischio scolastico e con la giustizia. Sono esposti a
rischi pericolosi e a violazioni delle leggi (possono rubare, appiccare incendi,
distruggere le proprietà altrui, guidare avventatamente). E' importante che i
bambini/ragazzi con queste condizioni associate ricevano quanto prima aiuto e
sostegno poiché l’associazione dei due disturbi rappresenta un indice prognostico
altamente sfavorevole.
Nai casi in cui all’ADHD si troveranno associati altri disturbi diventa spesso un vero
rompicapo per il clinico considerare se questi sintomi fanno parte del quadro clinico
ADHD o sono in comorbilità. I più frequenti sono:
• Disturbo Oppositivo-Provocatorio
• Disturbo della Condotta
• Disturbo Depressivo
• Disturbo Bipolare
• Disturbi d’Ansia
• Disturbi Specifici dell’Apprendimento
• Disturbo da Tic
• Disturbo Ossessivo-compulsivo
• Disturbi Pervasivi dello sviluppo
5. Le cause dell'ADHD
Comprensibilmente, una delle prime domande che i genitori pongono quando
apprendono che il loro bambino ha l’ADHD è "Perché? Cos’ è andato storto?".
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Gli scienziati stanno trovando sempre più evidenza che l'ADHD non nasce
dall'ambiente domestico ma da cause biologiche. Non c'è nessuna chiara relazione tra
la vita domestica, l’ambiente e l'ADHD, anche se probabilmente un ambiente ostile e
poco strutturato potrebbe comunque favorire l’espressione fenotipica di una disturbo
geneticamente preordinato. D’altronde non tutti i bambini con ADHD provengono da
“famiglie non funzionali”. Sapere questo può rimuovere l'enorme peso di colpevolezza
che i genitori ricevono e avvertono, dal momento che potrebbero sentirsi colpevoli per
il comportamento dei loro bambini.
Di solito l'ADHD non è causato da troppa TV, allergie alimentari, eccesso di zuccheri
nella dieta, contesto familiare o scolastico povero.
Nell'ultima decade gli scienziati hanno ipotizzato diverse teorie per comprendere le
cause dell'ADHD, alcune delle quali deludenti, come quella basata sull'ipotesi che tutti
i disturbi di attenzione e inabilità di apprendimento fossero causati da lievi lesioni alla
testa o da danni al cervello non individuabili, forse causati da un’infezione perineonatale o una complicazione ipossica alla nascita. Basandosi su questa teoria,
infatti, per molti anni gli studiosi hanno chiamato il disturbo usando termini come
"Danno minimo al cervello" o "Disfunzione cerebrale minima". Sebbene certi tipi di
lesioni alla testa possono spiegare alcuni casi di disturbi di attenzione, la teoria è stata
scartata in quanto poteva spiegare solo un numero molto piccolo di casi. Non tutte le
persone con ADHD o LD (learning disabilities - inabilità d'apprendimento) hanno una
storia di trauma cranico o complicazioni alla nascita.
Negli ultimi anni, poiché sono stati sviluppati nuovi strumenti e tecniche per lo studio
del cervello, gli scienziati hanno potuto verificare altre teorie circa le cause che
generano l'ADHD. Usando una di tali tecniche, gli scienziati del NIMH hanno
dimostrato un collegamento tra la capacità di una persona a prestare attenzione
continuata e il livello di attività nel cervello. A soggetti adulti è stato chiesto di
imparare una lista di parole e successivamente, utilizzando un analizzatore di
immagini PET (tomografia ad emissione di positroni), hanno potuto osservare il
cervello durante il suo lavoro. Questo è stato fatto misurando il livello di glucosio
usato dall'area del cervello che inibisce gli impulsi e controlla l'attenzione. Il glucosio è
la principale sorgente di energia del cervello e pertanto misurarne il consumo
rappresenta un buon indicatore del suo livello di attività. I ricercatori hanno trovato
importanti differenze tra le persone che hanno l'ADHD e quelle che non lo hanno. Nei
soggetti ADHD le aree del cervello che controllano l'attenzione usavano meno
glucosio, indicando quindi una loro minore attività. Da queste ricerche è emerso che
un più basso livello di attività in alcune parti del cervello può determinare
inattenzione.
Il prossimo passo sarà quello di ricercare perché c'è minore attività in queste aree del
cervello che oltretutto risultano anatomicamente più piccole dei controlli.
I ricercatori stanno anche cercando altre differenze tra quelli che hanno l'ADHD e
quelli che non lo hanno. Ricerche su come il cervello normalmente si sviluppa nel feto
offrono alcuni indizi circa le cause che possono interrompere il processo evolutivo. In
ogni momento della gravidanza e continuando nel primo anno di vita, il cervello si
sviluppa costantemente. Esso comincia la sua crescita da poche cellule tutto-fare ed
evolve in un organo complesso fatto di bilioni di cellule nervose interconnesse e
specializzate. Studiando lo sviluppo del cervello negli animali e negli uomini gli
scienziati stanno raggiungendo una migliore conoscenza di come esso lavora quando
le cellule nervose sono connesse correttamente o meno. Gli scienziati del NIHM ed
altri centri di ricerca stanno cercando di determinare cosa potrebbe impedire alle
cellule nervose di formazione le giuste connessioni. Alcuni fattori che sono allo studio
includono l’uso di droga durante la gravidanza, le tossine e la genetica. Essi hanno
intanto dimostrano che l'uso di tabacco, alcool e droghe durante la gravidanza può
avere effetti dannosi sullo sviluppo cerebrale del feto. Per esempio, l'uso abbondante
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di alcool durante la gravidanza è stato collegato alla sindrome feto-alcoolica (fetal
alcohol syndrome FAS), una condizione che può manifestarsi con basso peso alla
nascita, basso quoziente intellettivo e determinati difetti fisici. Molti bambini nati con
la FAS mostrano spesso la stessa iperattività, inattenzione ed impulsività dei bambini
con ADHD. Le droghe come la cocaina - inclusa la forma da fumo chiamata crack sembrano colpire il normale sviluppo dei recettori cerebrali, cellule che hanno il
compito di aiutare a trasmettere i segnali in arrivo dalla pelle, dagli occhi e dalle
orecchie, aiutando a controllare le nostre risposte verso l'ambiente. Recenti ricerche
fanno capire che l'abuso di droghe può danneggiare questi recettori. Alcuni scienziati
credono che tale danneggiamento possa portare all'ADHD. Presi insieme, tuttavia,
questi fattori possono spiegare dal 20 al 30% dei casi di ADHD tra i maschi, e ancora
di meno tra le femmine.
Un’altra domanda che si sono posti gli scienziati è stata: “Da che cosa deriva la ridotta
dimensione di queste strutture cerebrali nei soggetti affetti da ADHD?”. Una risposta
chiara ancora non è giunta anche se molti studi sembrano avvalorare l'ipotesi che il
fenomeno possa essere dovuto a una disfunzione di alcuni dei numerosi geni che
normalmente sono attivi durante la formazione e lo sviluppo della corteccia
prefrontale e dei gangli basali. La maggior parte dei ricercatori pensa attualmente che
l'ADHD sia un disturbo poligenico ossia determinato dal concorso di più geni.
Le prime indicazioni sull'origine genetica dell'ADHD sono venute da ricerche condotte
sulle famiglie dei bambini affetti dal disturbo. Per esempio, si è osservato che i fratelli
e le sorelle di bambini con ADHD hanno una probabilità di sviluppare la sindrome da 5
a 7 volte superiore rispetto a quella dei bambini appartenenti a famiglie non colpite.
Mentre i figli di un genitore affetto da ADHD hanno fino a 50 probabilità su cento di
sperimentare le stesse difficoltà.
La prova più conclusiva del contributo genetico all'ADHD. però, viene dallo studio sui
gemelli. Nel 1992, Jacquelyn i. Gillis, allora all'Università del Colorado, e suoi colleghi
scoprirono che il rischio di ADHD in un gemello monozigote di un bambino affetto dal
disturbo è 11-18 volte superiore a quello di un fratello non gemello di un bambino con
ADHD; si valuta che tra il 55 e il 92% di gemelli monozigoti di bambini affetti da
ADHD finisca con lo sviluppare la sindrome.
Uno dei più ampi studi sull'ADHD relativo a gemelli fu condotto da Helene Gjone e Jan
M. Sundet dell'Università di Oslo insieme con Jim Stevenson dell'Università di
Southampton in Inghilterra. Coinvolgeva 526 gemelli monozigoti, che ereditano
esattamente gli stessi geni, e 389 gemelli eterozigoti, la cui somiglianza genetica è
analoga a quella di fratelli nati ad anni di distanza. Il gruppo di ricerca scopri che
l'ADHD è ereditario quasi all'80%, cioè che circa l'80% delle differenze nell'attenzione,
nell'iperattività e nell'impulsività tra persone affette da ADHD e persone sane può
essere spiegato da fattori genetici, una incidenza percentuale sovrapponibile
all’ereditarietà dell’altezza.
Quali sono i geni difettosi? Forse quelli che determinano il modo con cui il cervello
utilizza la dopamina, una sostanza che agisce da neurotrasmettitore, trasportando
segnali chimici da una cellula nervosa a un'altra. La dopamina è secreta dai neuroni in
particolari zone del cervello per inibire o modulare l'attività di altri neuroni, in
particolare di quelli coinvolti nell'emozione e nel movimento. Alcuni studi molto
convincenti mettono in particolare evidenza il ruolo svolto dai geni che impartiscono le
istruzioni per la produzione dei recettori e dei trasmettitori della dopaminina: questi
geni sono molto attivi nella corteccia prefrontale e nei gangli basali. I recettori della
dopammina si trovano sulla superficie di alcuni neuroni. La dopammina trasporta il
suo messaggio a questi neuroni legandosi ai recettori. I trasportatori di dopammina si
protendono dai neuroni che secernono il neurotrasmettitore e recuperano la
dopammina inutilizzata in modo che possa essere usata di nuovo. Mutazioni nel
gene per il recettore della dopammina possono rendere i recettori meno sensibili
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al neurotrasmettitore. Al contrario, mutazioni nel gene per il trasportatore della
dopammina possono rendere eccessivamente attivi i trasportatori, facendo in modo
che essi eliminino la dopammina secreta prima che essa abbia la possibilità di legarsi
agli specifici recettori situati su un neurone adiacente.
Non sussistendo una sufficiente concentrazione di neurotrasmettitori che garantisca
un adeguato trasporto del segnale nervoso, si verifica essenzialmente un'alterazione
della funzione di blocco della reazione agli impulsi sensoriali e di selezione di questi in
vista della scelta di adeguati handlings. La conseguenza è che il bambino con Disturbo
di Concentrazione non sarà in grado di reagire agli stimoli ambientali attraverso
un'adeguata scelta e graduazione del repertorio motorio e comportamentale.
6. L’ADHD può essere superato o curato!
Anche se la maggior parte delle persone non supera l’ADHD con la crescita, queste
imparano ad adattarsi e a vivere vite soddisfacenti. Marco, Luisa e Paolo conducono
delle appaganti vite per la capacità che hanno avuto di sviluppare le loro forze
personali. Con una efficace combinazione di medicine, psicoterapie e supporto
emozionale, le persone con ADHD possono sviluppare modi per controllare la loro
attenzione e minimizzare i comportamenti disgreganti. Come Paolo possono trovare
che strutturando il lavoro e organizzando l’ambiente possono raggiungere gli obiettivi
preposti. Come Marco possono imparare a canalizzare i loro eccessi di energia nello
sport e altre attività che richiedano molto sforzo. Come Luisa, possono individuare
possibilità di carriera contando sulle proprie forze e capacità.
Crescendo, con un appropriato aiuto da parte dei genitori e clinici, i bambini con ADHD
diventano maggiormente capaci di reprimere l’iperattività e incanalarla in
comportamenti maggiormente accettabili socialmente, come esercizi e irrequietezza
fisica. Sebbene noi conosciamo che la metà dei bambini con ADHD mostrerà ancora
segni del problema in adolescenza, sappiamo anche che le medicine e le terapia usate
per aiutarli possono essere usate anche per gli adulti.
Tutte le persone con ADHD hanno talenti naturali ed abilità che devono tirar fuori per
creare vite e carriere piacevoli per se stessi. Infatti molte persone con ADHD sentono
perfino che i loro modelli di comportamento danno loro dei vantaggi unici e spesso
non riconosciuti. Le persone con ADHD tendono ad essere estroversi e pronti per
l’azione. A causa del loro impulso all’eccitazione e stimolazione molti ottengono
successo negli affari, negli sport e nelle pubbliche relazioni. A causa della loro abilità a
pensare molte cose contemporaneamente, molti sono stati acclamati come artisti e
inventori. Molti scelgono lavori che danno loro la libertà di muoversi continuamente e
rilasciare l’energia in eccesso. Alcuni trovano anche il modo per essere efficienti in
lavori più tranquilli e sedentari, mentre altri, come Silvia una programmatrice di
computer, scoprono che riescono a pensare meglio quando portano le cuffie per
ridurre i rumori distraesti; altri che sono lavoratori autonomi, trovano utile appoggiarsi
a consulenti esterni per una gestione giornaliera del proprio lavoro.
Svariate pubblicazioni in lingua inglese, pochissime in italiano, siti internet e
letteratura on-line, organizzazioni e gruppi di supporto rappresentano i mezzi per
aiutare gli operatori socio-sanitari, i pazienti, gli insegnanti e le famiglie a
comprendere e far fronte ai disturbi di attenzione. Questi riferimenti possono essere
oggi rilevati dal sito dell’AIFA Onlus, l’Associazione Italiana Famiglie ADHD,
www.aifa.it, che rappresenta in questo momento in Italia un buon punto di partenza
per comprendere e ricevere soluzioni pratiche e sostegno su questo grosso disturbo
tanto frequente quanto misconosciuto.
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BIBLIOGRAFIA
1. Barkley R. A. ADHD - Le Scienze 1999; 365, 70:76
2. Barkley R.A., Taking charge of ADHD - The complete, authoritative guide for Parents,
Guilford Press New York, 1995
3. D’Errico R. Aiello E. - Vorrei scappare in un deserto e gridare… Una guida partica
all’ADHD attraverso le storie di tutti i giorni di bambini iperattivi e disattenti. 2002
Giuseppe de Nicola Editore
4. International Consensus Statement on ADHD, Clinical Child and Family Psycology
Review, vol. 5, No. 2, June 2002
5. National Istitute of Mental Healt – Decade of the Brain: ADHD. 1996
6. Zuddas A. Masi G. - Linee guida alla diagnosi e terapie farmacologiche dell’ADHD.
Approvazione SINPIA 24 giugno 2002
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AIFA Onlus - Allegato 1
www.aifa.it
SCALA GENITORI
PER INDIVIDUAZIONE DI COMPORTAMENTI
DI DISATTENZIONE E IPERATTIVITÁ NEL BAMBINO
DSM IV *
* Modificato da: DMS IV APA 1995 e Scale SDAG Cornoldi, Gardinale, Masi, Pettenò 1996
Indicare con crocetta la casella che meglio descrive questo bambino in rapporto
a coetanei dello stesso sesso.
Mai Qualche Spesso Molto
volta
spesso
Scala A (Disattenzione)
1. Incontra difficoltà nell’esecuzione di attività che richiedono una certa
cura.
2. Ha difficoltà a mantenere l’attenzione nello svolgere incarichi, compiti o
nelle attività varie, interrompendosi continuamente o passando ad attività
differenti.
3. Quando gli si parla sembra non ascoltare.
4. Non segue fino in fondo le istruzioni e non porta a termine i compiti di
scuola, le commissioni che deve fare o gli incarichi
(ma non per comportamento oppositivo o incapacità a seguire le direttive).
5. Ha difficoltà a organizzarsi negli incarichi, nelle attività, nei compiti.
6. Evita, non gli piace o è riluttante ad affrontare impegni che richiedono
uno sforzo mentale continuato (ad es. i compiti di scuola).
7. Non tiene in ordine le sue cose e perde spesso ciò che gli necessita per il
lavoro o le attività (ad es. giocattoli, diario, matite, libri).
8. Si lascia distrarre facilmente da stimoli poco importanti.
9. E’ sbadato, smemorato, nelle attività quotidiane.
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Scala B (Iperattività/Impulsività)
1. Da seduto giocherella con le mani o con i piedi o non sta fermo o si
dimena.
2. Lascia il suo posto in classe o in altre situazioni dove dovrebbe restare
seduto.
3. Corre intorno e si arrampica di continuo, quando non è il caso di farlo
(nell’adolescenza può trattarsi per lo più di irrequietezza).
4. Ha difficoltà a giocare o a intrattenersi tranquillamente in attività
ricreative.
5. E’ sempre “sotto pressione” o spesso si comporta come se fosse azionato
da un motore.
6. Non riesce a stare in silenzio: parla troppo.
7. “Spara” le risposte prima che sia terminata la domanda.
8. Ha difficoltà ad aspettare il suo turno.
9. Interrompe o si intromette (per esempio nelle conversazioni o nei giochi
degli altri).
Totale (pos ≥ 14)
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AIFA Onlus - Allegato 2
www.aifa.it
SCALA INSEGNANTI
PER INDIVIDUAZIONE DI COMPORTAMENTI
DI DISATTENZIONE E IPERATTIVITÁ NEL BAMBINO
DSM IV *
* Modificato da: DMS IV APA 1995 e Scale SDAG Cornoldi, Gardinale, Masi, Pettenò 1996
Indicare con crocetta la casella che meglio descrive questo bambino in rapporto
a coetanei dello stesso sesso.
Mai Qualche Spesso Molto
volta
spesso
Scala A (Disattenzione)
1. Incontra difficoltà a concentrare l’attenzione sui dettagli o compie errori
di negligenza.
2. Ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sui giochi in cui è
impegnato.
3. Quando gli si parla sembra non ascoltare
4. Pur avendo capito le istruzioni e non avendo intenzioni oppositive, non
segue le istruzioni ricevute o fatica a portarle a compimento.
5. Ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle sue attività.
6. Evita, non gli piace o è riluttante ad affrontare impegni che richiedono
uno sforzo mentale continuato (come i compiti di scuola).
7. Perde le cose necessarie per il lavoro o le attività
(ad esempio diario, matite, libri o oggetti scolastici vari)
8. Si lascia distrarre facilmente da stimoli esterni
9. Tende a dimenticare di fare le cose.
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Totale (pos ≥ 14)
Scala B (Iperattività/Impulsività)
1. Da seduto giocherella con le mani o con i piedi o non sta fermo o si
dimena.
2. Non riesce a restare seduto.
3. Manifesta un'irrequietudine interna, correndo e si arrampicandosi
dappertutto.
4. Ha difficoltà a giocare o a intrattenersi tranquillamente in attività
ricreative.
5. E’ sempre “sotto pressione” o spesso si comporta come se fosse azionato
da un motore.
6. Non riesce a stare in silenzio: parla continuamente.
7. “Spara” le risposte prima che sia terminata la domanda.
8. Ha difficoltà ad aspettare il suo turno.
9. Interrompe o si intromette nelle conversazioni o nei giochi degli altri.
Totale (pos ≥ 14)
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