I Primi Filosofi Talete a

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I Primi Filosofi
Talete
a - vita
Talete, figlio di tale Essamia, era di Mileto ma, secondo alcuni, “fenicio di stirpe”. Visse a Mileto
tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo. Molto probabilmente non scrisse opere
sistematiche di Filosofia, ma fu un intellettuale davvero attivo: compì viaggi in Asia Minore e in
Egitto, si occupò di meteorologia, di astronomia (gli fu attribuita la previsione dell’eclissi solare del
28 maggio 585 a.C.), di geometria (gli furono attribuiti cinque teoremi) e scoprì le proprietà del
magnete.
Ma, sia nel caso dell’eclissi che dei teoremi, è quasi certo che la tradizione abbia ampliato i suoi
meriti non poco1. Svolse anche alcune attività commerciali: si racconta, ad esempio, che “siccome
gli rinfacciavano per via della sua povertà l’inutilità della filosofia, affermano che avendo egli
capito che vi sarebbe stata una gran produzione di olive in base allo studio degli astri, quand’era
ancora inverno, provvistosi di poche sostanze, riuscì a dar caparre per i frantoi di Mileto e di Chio”
(Aristotele) per poi affittarli, “al modo che voleva lui”, più tardi. Si distinse anche come uomo
politico: sembra che sollecitasse gli Ioni ad avere un unico Consiglio e che questo fosse dato a Teo,
che era al centro della Ionia. Infine si distinse come “tecnico”, riuscendo, in guerra, persino a far
deviare il corso di un fiume.
b - pensiero
Talete2, come del resto i pensatori coevi, non dubitava della possibilità d’esistenza dell’elemento
unificatore, ma si interrogava su quale potesse essere tale elemento. A riguardo, il suo concetto più
famoso è quello che ci riporta Aristotele3: “Talete dice che il principio è l’acqua, perciò anche
sosteneva che la terra sta sopra l’acqua”.
Talete, quindi, identificava l’Ãrxò con l’acqua (talvolta per ÷dwr si intende anche, più in generale,
'elemento umido'; ÷dwr significa però strettamente “acqua”; umido/umidità è ódrátgq, che deriva
da ÷dwr, ma non è suo sinonimo in senso stretto). L’acqua di Talete è materiale e concreta, non è
un elemento liquido diverso dall’acqua fisica e nemmeno un’acqua primigenia dotata di una diversa
dignità rispetto a quella empirica.
Alcuni dubitano che Talete avesse davvero affermato che “tutto è acqua”, ma che l’unica teoria che
con certezza gli si possa riferire è quella per cui la terra (che concepiva come un cerchio piatto)
risiederebbe sopra l’acqua. Ma non ci sono abbastanza elementi per scartare la tradizionale idea per
cui Talete è il filosofo che ha posto come Ãrxò l’elemento umido. Pertanto si è scelto di seguire la
tradizione.
L’acqua diventa così, nel pensiero di Talete, sia sostanza (in greco ópokeémenoq, cioè che sta sotto,
upo) che essenza (ænoia, “ciò che è”): sotto il mutamento continuo (ghiaccio, vapore, umidità) la
sostanza rimane sempre la stessa, cioè acqua.
Con Talete cominciano a farsi sentire i primi cenni di astrazione, ma il filosofo è ancora legato al
mondo concreto: è infatti interessante notare che la parola ópokeémenoq (la sostanza) avrà sì voluto
significare in senso astratto che l'acqua nel corso dei suoi mutamenti rimane sempre acqua, ma era
pregna di significati concreti: fisicamente, infatti, la terra, secondo Talete, galleggiava sull'acqua e
1
dai Lidi (che dialogavano con gli astronomi babilonesi), infatti, aveva appreso che circa ogni novant’anni ricorreva
un’eclissi: Talete, quindi, come chiosa ironicamente Russell, poté al massimo suggerire di guardar fuori dalla finestra.
La sua previsione, quasi certamente, non colse il giorno esatto e di sicuro ignorava le motivazioni di tale fenomeno.
2
convenzionalmente il “primo filosofo”; secondo alcuni, invece, primo fu Anassimandro
3
in Metafisica, I, 3, 983 b, 20)
di conseguenza l'acqua sta concretamente sotto alla terra (ópokeémenoq può venir preso alla lettera,
dove ópo è “sotto”).
Non deve sorprendere nemmeno l’identità (Ãrxò-acqua) apparentemente scriteriata, Talete era
infatti influenzato4:
- dalla cultura marittima delle colonie greche in cui viveva, le quali traevano la loro vita e la
loro ricchezza dall’acqua;
- dalle antiche culture fluviali mesopotamiche ed egizie (che conosceva bene), la cui vita
dipendeva dai cicli alluvionali dei fiumi;
- dall’osservazione che l’÷dwr si presenta in diverse forme (ora diremmo “fasi”): liquida,
solida e gassosa ed è così presente in quasi tutti gli elementi;
- dalla constatazione che l’acqua è elemento necessario alla vita degli essere animati,
soprattutto dell’uomo, ma anche alle piante;
- da reminiscenze mitiche (già per Omero, come ricordato, l’autore di ogni generazione è
Oceano). Il che dimostra come, pur non accettando più la ragione la spiegazione mitologica,
il mito è ancora utilizzato come guida del pensiero laico e razionale.
Ma non è affatto importante cercare le motivazioni esatte che hanno indotto Talete a identificare
l’Ãrxò con l’÷dwr. Il tratto notevole di tale operazione è che, identificando l’Ãrxò con l’÷dwr,
Talete ha dato origine alla Filosofia, uscendo dall’ambito del mòhoq ed entrando in quello proprio
del lácoq, cioè fornendo una spiegazione razionale alla domanda sull’origine del Tutto. La
rilevanza filosofica di tale argomentazione, infatti, risiede nella metodologia usata: Talete ha cioè
rintracciato nell’acqua l’elemento unificatore mediante un processo di universalizzazione del
particolare. Tale operazione è stata condotta dal filosofo attraverso un discorso (lácoq) razionale e
articolato, non mediante un atto di fede.
Un altro concetto importante del pensiero di Talete è l’idea che la zòsiq sia “piena di dèi”. Tale
concezione della natura conduce, più che a una visione panteista, a una ilozoista. Il termine
“Ilozoismo” (da ÷lg, “materia”, più fwò, “vita”) è stato coniato dal filosofo Ralph Cudworth
(1617-1688). Con tale termine si intende una dottrina che concepisce la materia come una forza
dinamica vivente che ha in sé animazione, movimento e sensibilità. Talete, ma con lui tutti gli
Ionici, fu ilozoista in quanto ritenne che l’anima e la sensibilità fossero insite nella natura.
Talete credeva inoltre che la Terra galleggiasse sull'acqua e vi viaggiasse a mo’ di nave. Tale
concezione del Globo galleggiante era presente anche nel pensiero orientale e, quasi certamente,
Talete ha tenuto presente la mitologia orientale che aveva conosciuto nei suoi viaggi in Egitto e
Mesopotamia. Il fluttuare sull’acqua, inoltre, provocherebbe anche i terremoti.
Anassimandro
a – vita
Anassimandro, figlio di Prassiade, anch’egli di Mileto, nacque nel 610 a.C.; si dice che fu “parente,
discepolo e successore di Talete”. Fu anch’egli scienziato e uomo politico; muoveva, come Talete,
da esigenze concrete della società: navigazione e commercio mettevano in luce un mondo fino ad
allora sconosciuto e lontano. I contorni del mondo sfumavano sempre più, divenendo assai incerti:
lo sforzo di Anassimandro fu quello di rappresentare un mondo “ordinato e leggibile”5. Elaborò
allora la prima carta geografica della storia; inventò – o mutuò dall’Oriente – lo gnomone (orologio
solare). Rese così facilmente misurabili e rappresentabili lo spazio e il tempo.
4
5
anche quelle che seguono sono solamente illazioni
Vegetti, Alessio, Papi, Filosofia antica, vol 1, Zanichelli, 1997
Nel versante più specificamente filosofico, Anassimandro fu il primo autore di testi filosofici in
Grecia: del suo Perè zòsewq6, però, rimane solo qualche frammento. Usò anche per primo il
termine Ãrxò in accezione filosofica.
b - pensiero
Anassimandro non accettava la soluzione di Talete, il quale identificava l’Ãrxò con l’÷dwr: a suo
modo di vedere le cose, un ente particolare (come l’acqua) non può svolgere il ruolo di Ãrxò: un
“diverso” non può essere cioè il quid identico in ogni diverso. Pertanto, per fuggire
all’identificazione dell’Ãrxò con un ente particolare e “diverso”, Anassimandro identificò il
Principio con l’Ãpeérwn. Il termine Ãpeérwn – formato da a privativo e pÉraq, “confine”, “limite”,
“fine” - significa “non limitato” ma anche “non de-finito”: cioè, nello stesso tempo, illimitato e
indefinito. La soluzione di Anassimandro ha quindi un maggior grado di astrazione rispetto
all’÷dwr di Talete, poiché non eleva a universale un ente particolare, ma propone un ente privo di
particolarità, in sé universale.
La fisionomia dell’ Ãpeérwn, però, non è tutt’ora chiara, tanto che i critici esitano nel darne una
configurazione definitiva. A lungo lo si è interpretato come una “miscela” dei vari elementi; è
preferibile però concepirlo come una materia in cui i singoli elementi non sono ancora separati (da
qui, oltre al carattere infinito dell’Ãpeérwn, quello indefinito). L’Ãpeérwn è il Principio che
abbraccia e governa ogni cosa; esso è immortale e incorruttibile, ha cioè caratteri divini.
Anassimandro, differentemente da Talete (per quanto ne sappiamo), si occupa del processo
mediante il quale le cose si generano dall’Ãpeérwn: tale processo è la separazione dei contrari. Il
movimento interno alla sostanza provoca una scissione dei contrari: caldo/freddo, secco/umido…
Questa separazione genera mondi infiniti che, vicendevolmente, si succedono in un ciclo eterno.
Ma “tutti gli esseri devono, secondo l’ordine del tempo, pagare gli uni agli altri il fio della loro
ingiustizia”7. Qual è la colpa degli esseri che, separandosi, si generano? Tale colpa è, quasi
certamente, la frattura dell’unità originaria propria dell’Ãpeérwn. L’elemento che, staccandosi
dall’indistinzione, pensa di poter sussistere in modo autosufficiente, commette una colpa, ed è
perciò condannato all’instabilità e alla morte.
c - l’infinità dei mondi
La natura dell’Ãpeérwn costringe Anassimandro ad ammettere l’infinità dei mondi, che si
succedono in un ciclo eterno. Non è chiaro se per Anassimandro i mondi siano infiniti
successivamente nel tempo o contemporaneamente nello spazio. Qualcuno ha negato l’infinità
spaziale dei mondi che, secondo altri, Anassimandro proporrebbe, ma ogni critica è risultata debole:
date le caratteristiche dell’Ãpeérwn è preferibile ipotizzare l’idea di una contemporaneità spaziale
degli infiniti mondi rispetto alla sola successione temporale.
d - la terra e l’uomo
Secondo Anassimandro la terra, che sarebbe di forma cilindrica, starebbe librata nel mezzo del
Tutto senza muoversi, poiché equidistante da ogni parte (diversamente, quindi, da Talete). Su una
delle superfici piane sta l’uomo; sull’altra nessuno.
L’uomo non è un essere originario della natura: non sa nutrirsi da sé e non avrebbe potuto
sopravvivere, se fosse nato così come è ora. All’inizio egli era all’interno di un pesce, sorto
6
quasi tutti i testi dei filosofi presofisti si intitolano Sulla Natura: non è affatto certo, però, che questo fosse il titolo
originario; molto probabilmente è un titolo convenzionale
7
DK, 1
dall’umido (in ciò, evidentemente, Anassimandro risente della posizione di Talete) che viene
vaporizzato dal sole. Una volta diventato autonomo, il pesce avrebbe depositato l’uomo sulla terra.
Nell’assurdità e la rozzezza di queste ipotesi “scientifiche”, Anassimandro però si fa – secondo
alcuni – anticipatore della teoria evoluzionistica della scienza moderna.
Anassimene
a - vita
Anassimene, figlio di Euristrato, era più giovane di Anassimandro. Fu suo etairoq e, si dice, anche
discepolo. Il suo floruit è da collocarsi all’incirca nel 546 e la sua morte nel 528-25. Scrisse
un’opera in prosa alla quale fu apposto il titolo Perè zòsewq (di cui abbiamo solo un frammento).
b - pensiero
L’Ãpeérwn è in certo senso un concetto negativo, risultato dal fatto che per Anassimandro non c’è
una spiegazione positiva del modo in cui un principio particolare possa essere alla base delle
differenze (un diverso che crea diversi). Anassimene risponde riconoscendo, come Talete, l’Ãrxò in
una materia particolare, l’aria (o, più correttamente, elemento gassoso). L’Ãòr genere tutte le cose
mediante un processo di rarefazione e condensazione (Anassimene, probabilmente, aveva notato ciò
che chiameremmo ora “mutamenti di stato”). Anassimene cercava quindi di spiegare le differenze
qualitative degli enti ricorrendo a mutamenti di tipo spaziale o meccanico.
Resta aperto il problema della scelta dell’aria. Probabilmente, come per il caso di Talete,
convogliano nella scelta diverse esperienze:
- il fatto che l’aria sia l’elemento più mobile e traformabile;
- la respirazione è immissione ed emissione di aria, che quindi è vita;
- il fatto che in Omero la vita se ne va dalla bocca, come un alito…
A cura di Filippo Forcignanò
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