Mobbing e sicurezza - Provincia di Crotone

MOBBING E SICUREZZA
Perché il coinvolgimento dell’INAIL sul tema delle pari opportunità, delle discriminazioni, molestie
e violenze sui luoghi di lavoro?
Perché tra i compiti che la legge affida all’Istituto che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro
gli infortuni sul lavoro, vi è anche quello della prevenzione degli infortuni e della tutela delle
condizioni di sicurezza e salubrità dell’ambiente di lavoro.
L’attività di prevenzione è attuata prevalentemente sul piano dell’informazione, , della formazione,
dell’assistenza e consulenza alle imprese, del sostegno alle imprese che investono in sicurezza
attraverso programmi di finanziamenti e agevolazioni tariffarie, nonché della promozione della
“cultura della prevenzione”.
In questa ottica si colloca l’attività diretta a promuovere la conoscenza da parte dei lavoratori e, in
particolare, delle lavoratrici, di nuovi fenomeni che in maniera lenta,ma continuativa, subdolamente
aggrediscono la salute psico-fisica dei lavoratori.
Si tratta di fenomeni quali il mobbing e lo stress-lavoro correlato che senza dubbio rientrano nel
tema della sicurezza del lavoro, in quanto, causando un progressivo peggioramento delle condizioni
in cui viene prestata l’attività lavorativa, incidono sulla salubrità del luogo di lavoro.
Il mobbing è un fenomeno molto complesso che racchiude al suo interno una pluralità di condotte
tra le quali rientrano azioni discriminatorie, vessatorie, persecutorie che il datore di lavoro, in
quanto garante della sicurezza e salubrità dell’ambiente di lavoro è tenuto ad evitare e a prevenire.
§ 1 Condotte mobbizzanti.
Il mobbing consiste in un insieme di condotte vessatorie, aggressive e discriminatorie, per lo più
sorrette dalla volontà di isolare progressivamente, fino a provocarne l’allontanamento dal luogo di
lavoro, dei “mobbizzati” (vittime) da parte dei“mobbers” (carnefici), quasi sempre sostenuti
indirettamente dai c.d. “sighted mobbers”, solitamente colleghi di lavoro del mobbizzato che, con il
loro comportamento, in apparenza eutrale,non fanno altro che accrescere il fenomeno ed agevolare
l’emarginazione e l’espulsione del lavoratore dal luogo di lavoro1.
Questo fenomeno, ormai tristemente famoso, si può distinguere in mobbing orizzontale e
verticale, fisico e psicologico. Nel luogo di lavoro possono verificarsi soprusi a carattere
prevalentemente fisico o psicologico contro la donna presa di mira: nel primo caso l’autore può
essere l’imprenditore o un lavoratore sovraordinato (“mobbing verticale”) oppure un
collega di pari livello (“mobbing orizzontale”);nel secondo caso l’autore è quasi sempre un
1
Cristina Colombo, Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza – Vol. IV –N. 3 –Settembre-Dicembre 2010,
pag. 99
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superiore o il datore di lavoro (“mobbing verticale”) che, per la sua posizione, possiede
strumenti di pressione nei confronti della vittima.
Spesso il mobbing sconfina in vari reati quando per esempio i soprusi si manifestino attraverso
molestie, fino ad arrivare a vere e proprie lesioni personali e sessuali (molestie ex art. 660
c.p.,ingiurie ex art. 594 c.p., violenza privata ex art.610 c.p., lesioni personali ex art. 583
c.p.,violenza sessuale ex art. 609 bis c.p., ecc.). (approfondire il tema delle molestie sessuali)
cc.).
Nel caso del lavoratore di pari grado, l’attacco avviene prevalentemente attraverso insulti (anche
fisici) che tendono a mortificare e isolare la donna.
Il mobbing “psicologico” consiste normalmente nella sistematica svalutazione dell’attività della
vittima, accompagnato da richiami e sanzioni disciplinari, demansionamento, spesso come forma di
ritorsione a seguito di assenze per malattia o per maternità. Soprattutto in
quest’ultimo caso non è raro che la donna, rientrando al lavoro, trovi i suoi compiti precedenti
assegnati ad altri, oppure si trovi retrocessa ad altra attività.
Spesso questi attacchi sono diretti ad indurre la lavoratrice a dimettersi.
La circostanza è talmente frequente che con la legge n. 1204/1971 (riconfermata dalla L.
n.151/2001) si è definitivamente stabilito che le dimissioni delle lavoratrici madri devono essere
convalidate dal Ministero del Lavoro.
Riassumendo, il mobbing può verificarsi in diversi modi.· Nell’ambito lavorativo attraverso:
critiche continue alla persona; assegnazione ingiustificata di compiti dequalificanti;
svolgimento del lavoro in locali inidonei e insalubri; inattività forzata; svuotamento delle
mansioni dal punto di vista formale e di fatto;mancato accesso alle informazioni aziendali;
mancata risposta alle richieste del lavoratore;emarginazione dolosa; reiterato inadempimento o
inadeguatezza circa le disposizioni sulla sicurezza e la privacy e
sottrazione di corrispondenza; ostruzionismo;disconoscimento di diritti e meriti; invito a
trasferimento o dimissioni.
· Nell’ambito personale: diffusione di maldicenze; molestie sessuali; umiliazioni,
insulti, attacchi continui in pubblico; violenza fisica; palesi o velate minacce;
discriminazioni razziali, sessuali, religiose, politiche.
§2 Il mobbing, un fenomeno sociale soprattutto al femminile.
Con la crisi economica, le vittime di soprusi e violenze psicologiche in aziende e uffici sono
cresciute in modo allarmante. La crisi economica porta inevitabilmente situazioni di esuberi,
esigenze di ricollocamento di risorse umane che diventano un peso per le imprese. E la violenza
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psicologica sul lavoro, definita con il termine inglese mobbing, continua a crescere in maniera
impressionante, al punto che gli esperti ne parlano ormai come di un`emergenza sociale.
Il fenomeno è antico quanto le aziende, ma in passato riguardava soprattutto il rapporto tra capo e
collaboratore. Oggi, invece, con i problemi legati al clima di recessione, il fenomeno investe l`intero
management di qualche impresa, che progressivamente estromette dal ciclo produttivo il
dipendente, depauperandolo della sua immagine professionale e personale.
Sono oltre un milione e mezzo le vittime di soprusi, secondo le più recenti statistiche dell`Ispesl,
l`Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. Un esercito composto soprattutto da
donne (54%) che abitano nel Nord Italia (65%), impiegate principalmente nel settore
dell`amministrazione pubblica (70%)2.
Uno studio condotto da una equipe di psicologi e medici del lavoro presso l’Unità Operativa
medicina del lavoro della Fondazione Maugeri di Pavia3 su “Stress lavoro-correlato e mobbing”,
pubblicato nel 2011, si è proposto di analizzare la casistica di richieste di visita specialistica a causa
di mobbing presentate nel periodo preso a riferimento:2001-2009 e le differenze di genere
riscontrate tra uomini e donne, nei casi in cui è stata riconosciuta una sindrome da mobbing per
cause lavorative.
E’ stata evidenziata la complessità del fenomeno e la multifattorialità dello stesso che ne rende
difficile l’identificazione.
Il mobbing implica, infatti, l’interazione di svariati fattori, relativi all’assetto psicologico del
lavoratore, ai rapporti a due che instaura nel luogo di lavoro, alle dinamiche di gruppo e a fattori
relativi all’organizzazione.
Gravi sono le conseguenze sulla salute di chi è vittima di mobbing, potendo riguardare sia aspetti
psicosomatici (cefalee, disturbi digestivi, immunodepressione e altri), sia emozionali ( ansia, crisi di
pianto, rabbia, attacchi di panico, disturbi ossessivi ed altri), sia aspetti comportamentali, come
l’abuso di alcol, abulia, disturbi sessuali e altri.
Data la sua multifattorietà e la variabilità delle conseguenze psico-fisiche la sindrome da mobbing è
molto difficile da identificare a livello nosologico ed è riconosciuta dall’INAIL solo quando è
riconducibile alla categoria nosologica del Disturbo post-traumatico da stress, o in quella del
Disturbo d’adattamento
Un dato significativo che emerge dallo studio condotto su 345 pazienti che hanno richiesto una
visita specialistica per stress da mobbing fra il 2001 e il 2009 è che in soli 35 casi è stata
medicalmente accertata una sindrome riconducibile a cause lavorative e, di questi, 23 riguardavano
pazienti di sesso femminile.
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Mobbing, un’emergenza sociale, rivista: OK La Salute Prima di Tutto, pag. 42, testo di Isabella Fantigrossi
G Ital Med Lav Erg 2011; 33:4, 409-413
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La netta prevalenza dei casi di mobbing su donne è un elemento statisticamente ricorrente che gli
studiosi giustificano ipotizzando la diversità psicologica e sociale fra uomini e donne e i diversi
modi in cui viene esercitato il mobbing fra i due sessi. Si pensi che nelle donne il fenomeno può
sconfinare finanche nelle molestie sessuali.
.Le donne maggiormente colpite da fenomeni di mobbing sono quelle comprese in fascia di età che
va dia 35 ai 45 anni. Si tratta di quel periodo in cui è maggiore per la donna il carico di lavoro anche
familiare e nel quale la lavoratrice ha maggiormente bisogno di usufruire di quella flessibilità del
lavoro, riconosciuta anche a livello normativo (Vedi L. 151/2001 ), attraverso gli istituti
dell’astensione facoltativa o della malattia-figli, per fare solo qualche esempio, che le consentono di
accudire i figli e che possono suscitare malcontenti in ambito lavorativo.
Ciò può innescare meccanismi di esclusione, discriminazione e violenza psicologica, che, verso le
donne, si esplicano prevalentemente attraverso meccanismi di mancata assegnazione dei compiti
lavorativi e esclusione dalle riunioni e soprattutto attraverso un attacco sul piano emotivo, creando
un clima di screditamento della persona attraverso accuse contro i suoi comportamenti privati e
veicolando dicerie e maldicenze.
§3 Prevenzione e tutela
Cosa si può fare per arginare un fenomeno ancora non sufficientemente conosciuto ma che crea
serie conseguenze sia a livello personale che aziendale?
L’instaurarsi di queste condizioni si può prevenire. Di fondamentale importanza è la formazione
che si deve svolgere in un clima di collaborazione tra gli specialisti e tutte le figure coinvolte nella
gestione della sicurezza in azienda e con la partecipazione di tutti i lavoratori.
Il clima di lavoro in azienda dovrebbe essere preparato e monitorato costantemente attraverso
momenti formativi che vadano a impattare le relazioni personali, i valori e gli atteggiamenti. Altri
interventi di formazione andrebbero poi rivolti all’individuo per promuoverne l’empowerment e
supportarlo con strumenti che lo aiutino ad affrontare e risolvere i conflitti.
Sotto questo profilo il principale referente della sicurezza in azienda è il datore di lavoro al quale la
legge impone di tutelare la salute dei lavoratori, attraverso l’adozione di adeguate misure idonee a
neutralizzare i fattori di rischio presenti nell’ambiente di lavoro, tra i quali rientrano, e non ultimi,
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anche i fattori di stress e di alterazione delle condizioni psico-fisiche dei lavoratori riconducibili
all’organizzazione del lavoro.
In tal senso dispone l’art. 2087 c.c., in virtù del quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro”.
Come si vede, la formulazione dell’articolo è “aperta”, nel senso che “ricomprende ipotesi e
situazioni non espressamente previste e ha una funzione di adeguamento dell’ordinamento alla
sottostante realtà socioeconomica, con una dinamicità ben più accentuata rispetto ai procedimenti e
schemi di produzione giuridica. Ciò significa che ogni progresso tecnologico e/o scientifico che
consenta di migliorare il livello di tutela delle condizioni di sicurezza e salute dei luoghi di lavoro
obbliga il datore di lavoro ad adeguarvisi , in virtù della previsione normativa citata.
L’obbligo in questione è specificato nel D.Lgs 81/2008, T.U. sulla sicurezza, che all’art. 29 impone,
all’imprenditore - datore di lavoro una rielaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi, che
deve essere ripetuta “in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del
lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di
evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o
quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità”.
Il precedente art. 28, nell’imporre al datore di lavoro l’adozione del D.V.R ne specifica l’oggetto,
stabilendo che la valutazione, fa riferimento a “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui
anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8
ottobre 2004” c.d. Accordo Europeo sullo Stress.
L’Accordo sullo stress, firmato a Bruxelles nel 2004 dal CES, sindacato europeo, e dalle principali
organizzazioni europee, ha rappresentato una pietra miliare per la comprensione, gestione e
prevenzione delle problematiche legate allo stress da lavoro, ma, ciò che più conta, ha imposto alle
nazioni europee un adeguamento delle rispettive normative in materia di prevenzione e sicurezza
dell’ambiente di lavoro con specifico riguardo alla salute psichica, oltre che fisica, dei lavoratori.
In Italia il recepimento dell’accordo è avvenuto principalmente attraverso il nuovo T.U. sulla
sicurezza(D.Lgs 81/08), che in tema di obblighi del datore di lavoro impone a questo ultimo una
specifica valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato.
Le disposizioni trovano applicazione anche per il fenomeno del mobbing che si differenzia dallo
stress lavoro-correllato, in quanto pur presentando i due fenomeni una base effettuale comune
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costituita dallo stress, il mobbing è l’insieme delle condotte che danno luogo ai disturbi
psicosomatici.
Nell’ambito della pubblica amministrazione la prevenzione dei fenomeni descritti avviene, oggi,
anche attraverso l’azione dei CUG, i”comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni “che sostituiscono,
assumendone le funzioni, i precedenti Comitati per le Pari opportunità e i Comitati paritetici per la
lotta al mobbing. I precedenti comitati, istituiti dalla contrattazione collettiva ed operanti da oltre un
ventennio, sono oggi sostituiti, ex art. 21 L. 183/2010, dai CUG i cui compiti comprendono, tra gli
altri, quello di promuovere “azioni positive, interventi e progetti, quali indagini di clima, codici
etici e di condotta, idonei a prevenire o rimuovere situazioni di discriminazioni o violenze
sessuali,morali e psicologiche –mobbing- nell’amministrazione pubbica di appartenenza”.
Quando il mobbing è ormai consumato unica tutela possibile è quella del risarcimento del danno
che può avvenire, in primo luogo, attraverso i meccanismi della responsabilità civile del datore di
lavoro.
Sotto tale profilo è ipotizzabile una responsabilità di tipo contrattuale, fondata sulla previsione
dell’art.2087 c.c., per violazione degli obblighi che la legge fa derivare, in capo al datore di lavoro,
dal contratto di lavoro. Si tratta degli obblighi di tutela della salute e dell’integrità psicofisica del
lavoratore.
Tale responsabilità offre il vantaggio dell’inversione dell’onere della prova, spettando alla parte
datoriale provare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire rischi per la salute e sicurezza
del lavoratore, mentre a questo ultimo spetta la prova del danno e, dunque,della condotta lesiva e
delle conseguenze che ne sono derivate. Si tratta, tuttavia, di una prova complessa e non facile, dal
momento che il mobbing può realizzarsi anche attraverso una pluralità di condotte alle volte
apparentemente neutre, ma sorrette dallo specifico intento di isolare il mobbizzato, provocandone
allontanamento e l’abbandono del luogo di lavoro.
Altra possibile forma di tutela che spetta al mobbizzato è quella dell’indennizzo del danno biologico
per malattia professionale, oggi riconosciuto dall’INAIL, ai sensi del D.Lgs 38/2000. Il lavoratore
mobbizzato, laddove abbia contratto una sindrome, medicalmente accertata, di Disturbo
dell’Adattamento o di Disturbo post-traumatico (al momento le uniche due sindromi da stress
riconosciute dall’INAIL)con un grado di inabilità pari o superiore a 6%, avrà diritto all’indennizzo
del danno biologico, con risarcimento, altresì, del danno patrimoniale, in caso di inabilità
permanente pari o superiore al 16% .
Funzionario INAIL
Dott.ssa Regina Agoglia
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