INSEGNAMENTO DI STORIA DELLE ISTITUZIONI EDUCATIVE LEZIONE XI “GIOVANNI GENTILE” PROF. CARMINE PISCOPO Storia delle istituzioni educative Lezione XI Indice 1 Pedagogia di Giovanni Gentile -------------------------------------------------------------------------- 3 2 Superamento del positivismo ---------------------------------------------------------------------------- 4 3 L’attualismo gentiliano ----------------------------------------------------------------------------------- 6 4 La concezione agostiniana della verità ---------------------------------------------------------------- 8 5 Pedagogia /filosofia -------------------------------------------------------------------------------------- 10 6 Teorizzazione pedagogica ------------------------------------------------------------------------------ 13 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI 1 Pedagogia di Giovanni Gentile Giovanni Gentile rappresenta il punto di riferimento teorico fondamentale per la comprensione degli sviluppi neoidealistici della pedagogia italiana. Laureatosi presso la Scuola Normale superiore di Pisa, amico e collaboratore di Croce, Gentile esprime già nel 1900, con il concetto scientifico della pedagogia, una revisione polemica della concezione positivistica ed herbartiana dell’educazione, che culminerà nel Sommario di pedagogia come scienza filosofica (1913-1914). Nel frattempo elabora il proprio sistema filosofico di tipo idealistico, che definirà «attualismo» ed esplicherà in opere come Teoria generale dello spirito come atto puro (1914). Egli era partito da una interpretazione in senso attivistico del marxismo – prassi come produzione soggettiva dell’uomo , educazione dell’educatore (da una sua interpretazione della terza delle Tesi su Feuerbach di Marx), unità di maestro e discepolo – per giungere ad una concezione più neofichtiana che neo-hegeliana, del movimento spirituale, e all’adesione al fascismo quale erede del Risorgimento e antagonista dell’atomismo individualistico attribuito al liberalismo. In lui il pensiero è un atto che non può mai completamente oggettivarsi, che deve necessariamente inglobare l’alterità, consumando anche le scorie empiriche ed individualistiche. E’ energia che si scarica e si degrada dopo ogni sosta e che tuttavia risorge dalle proprie ceneri1. All’inizio degli anni Venti escono numerosi scritti a carattere pedagogico quali: La riforma dell’educazione (1920) e Preliminari allo studio del fanciullo (1924). Vicino al fascismo, succederà Croce nella guida del Ministero dell’Istruzione fra il 1922 e il 1924, portando a compimento la riforma globale della scuola italiana che Croce aveva in parte progettato. Nel 1925 redige il Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui si schiera a favore di un’ideologia cui si manterrà fedele anche negli anni più bui. Continua la propria opera filosofica e la riflessione pedagogica mentre dirige la realizzazione dell’Enciclopedia Italiana, che seguirà fino a quando, avendo aderito alla repubblica di Salò, verrà ucciso a Firenze da una formazione partigiana. 1 Cfr. M. Bodei; La filosofia nel novecento, Donzelli Editore, Roma 1997. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI 2 Superamento del positivismo Secondo Gentile, per compiere un riesame della pedagogia di fronte agli evidenti limiti del Positivismo occorre rifarsi ad Hegel, il quale, pur non avendo scritto direttamente di pedagogia, ha individuato i concetti fondamentali su cui si regge l’opera educativa. Nell’educazione, insegna Hegel, sono presenti le dimensioni della libertà, dello sviluppo e dell’autocoscienza, che nessun tecnicismo metodologico potrà mai comprendere o guidare. Sulla scia del pensiero di Hegel, Gentile formula una filosofia che considera il reale puro Atto del pensiero ed autocoscienza del Soggetto universale. Libertà, sviluppo, autocoscienza non vengono considerate, dunque, solo caratteristiche dell’educazione o dell’uomo, ma contraddistinguono tutto il reale così come appariva nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel. L’unità di tutto il reale all’interno del Soggetto fa sì che tutto ciò che è considerato oggetto, diverso da sé, non rappresenti che parte dell’attività del Soggetto stesso. L’unità del reale nell’Atto Puro del Soggetto permette di risolvere molti problemi che, mantenuti nei termini di una pedagogia di tipo empiristico, sarebbero irresolubili. Il maestro cessa di essere una figura esterna la cui comunicazione educativa deve problematicamente farsi acquisizione interna dell’alunno: un rapporto pedagogicamente profondo diviene immedesimazione del maestro nello scolaro e dello scolaro nel maestro. Si realizza così la “sintesi a priori” dell’attività educativa. Ugualmente il problema del rapporto fra autorità e libertà cessa di esistere: nell’obbedire al maestro lo scolaro obbedisce alla parte migliore di se stesso, a quell’Io ideale che il maestro incarna e il discepolo cerca di diventare attraverso il rapporto educativo. Il cammino della conoscenza è anche cammino verso la legge, senza la quale la libertà non esiste. Secondo Gentile l’educazione naturale dell’uomo è anche culturale: l’educazione deve essere intesa come libertà da pressioni diseducative esterne, non dalla cultura. Inoltre, secondo Gentile, non vi può essere forma senza contenuto, e viceversa, l’educazione formale, che punta allo sviluppo dell’intelligenza, non può essere disgiunta dall’educazione contenutistica, incentrata sulla memoria. Del pari, l’istruzione è allo stesso tempo intellettuale e morale, istruzione ed educazione: chi sceglie di istruirsi sceglie la disciplina, la tensione della volontà verso un fine che non può che essere etico. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI Gentile ritiene che l’educazione come atto spirituale corrisponda allo stesso processo storico con cui lo spirito sottomette a sé il reale in un cammino di libertà, pertanto tutte le antitesi e i problemi storici della pedagogia vengono assorbiti all’interno di una risoluzione della pedagogia nella filosofia. Il Positivismo tendeva ad intrecciare: etica (cioè filosofia), psicologia e pedagogia, considerando quest’ultima come applicazione dei valori filosofici mediata dai dati psicologici. Gentile ritiene, per contro, che i fatti psichici altro non siano che atti del Soggetto, intesi come un farsi, un divenire che non può essere ingabbiato in una classificazione. È dunque un “pregiudizio pedagogico” la diversità del bambino rispetto all’uomo, un pregiudizio che crea una «pedotecnica» che, in nome di questa diversità, si concretizza in una precettistica didattica, in un “pedagogismo” astratto, fonte di ulteriori distinzioni e complessità inutili e dannose. Eliminata la possibilità di una didattica come sapere separato, Gentile può attuarne il recupero all’interno della pedagogia filosofica, come momento interno di presa di coscienza dell’educazione che si fa scuola. Essa mantiene però la sua unitarietà strutturale nel riconoscimento della falsità di tutte le pretese di una divisione delle facoltà (per cui esisterebbe una didattica per la formazione della volontà, una per la formazione dell’intelligenza), ma anche dei diversi ambiti disciplinari: la didattica non può che essere generale, nell’unità dello spirito e del sapere. Se la didattica è teoria della scuola, l’insegnamento è teoria in atto, “didattica speciale”, atto vivo di cui non si possono fissare fasi, non si può prescrivere metodo: «il metodo è il maestro». Le uniche distinzioni possibili sono all’interno della forma soggettiva (espressa nella formazione mediante l’arte), di quella oggettiva (educata mediante la religione e la scienza) e dell’unità fra le due (la cui realizzazione pedagogica, come autocoscienza, spetta alla filosofia). ‹‹In fondo all’Io c’è un Noi››: è questo il motivo costante, che si dispiega in numerose variazioni e modulazioni. Alla base dell’Io si ritrova ‹‹una sorta di originaria socialità›› 2, che lo ancora e lo stabilizza nella sua identità che diversamente sarebbe per assurdo incerta e mobile. L’individuo è parte della societas, alla cui vita contribuisce. Ognuno ha in sé il proprio socius e ogni pensare è un dialogare, simultaneamente, con sé e con l’altro da sé che non rappresenta soltanto un nostro ospite passeggero, che non è soltanto in noi, ma è Noi3. 2 3 G. Gentile, Genesi e struttura della società, Sansoni, Firenze 1955, p. 32. M. Bodei; La filosofia nel novecento, Donzelli Editore, Roma 1997, p. 31 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI 3 L’attualismo gentiliano L’attualismo è la filosofia elaborata da Giovanni Gentile, che si origina, fichtianamente dall’atto del pensiero come principio unico e fondante di tutta la realtà. Per Gentile la pedagogia si fa veramente scienza solo se diviene filosofia, poiché il processo di svolgimento della vita spirituale, che rappresenta l’oggetto specifico dell’educazione, è definibile e comprensibile solo fuori da ogni dualismo e meccanicismo, propri delle filosofie dell’educazione, insufficienti e fuorvianti, che si ispirano alla lezione di Herbart e del positivismo. Infatti, la vera pedagogia scientifica è quella che pensa l’educazione, e l’uomo che ne è protagonista, in termini di spirito, di sviluppo dialettico e di unità, attraverso il principio della sintesi a priori. In tale modo la vera scienza è solo la filosofia, come la vera educazione è solo l’autoeducazione4. La centralità della questione educativa in Gentile si spiega con ragioni storiche e teoriche. Per quanto riguarda le prime occorre ricordare che il filosofo siciliano non fu estraneo, come del resto tutti gli intellettuali della sua generazione, all’insoddisfazione per gli esiti del processo di unificazione nazionale, lamentando le responsabilità e le insufficienze delle élites dirigenti. Per quanto esse si fossero preoccupate di promuovere una coscienza unitaria in grado di assicurare l’esistenza di una vera nazione, avevano mancato l’obiettivo. La ragione era individuata da Gentile nel tradimento del messaggio spirituale e religioso dei «profeti del rinascimento» (Gioberti e Mazzini) e nel conseguente prevalere di una concezione empirica della nazione e di una visione utilitaristica della politica Si tratta, perciò, di invertire la rotta e ritessere il filo interrotto subito dopo l’Unità: «riformulare l’educazione» voleva perciò dire non soltanto operare sul piano della organizzazione degli studi, ma promuovere innanzi tutto quella «riforma morale degli Italiani». A livello più strettamente teorico la riflessione educativa gentiliana fu tutt’uno con la sua filosofia, non soltanto perché in tutti i tempi la filosofia si è trovata ad avere nel suo seno il problema dell’educazione, ma soprattutto perché l’educazione è null’altro che «formazione dello spirito», vale a dire ciò che costituisce la nostra esperienza più pura. Una teoria pedagogica scissa dalla riflessione filosofica è per Gentile addirittura impensabile e soltanto per pura opportunità di discorso la pedagogia può venire distinta dalla filosofia dello Spirito in atto alla quale risulta 4 Cfr. F. Cambi, Le pedagogie del novecento, Editori Laterza, Bari 2005. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI inestricabilmente connessa. Da qui scaturisce la cosiddetta risoluzione della pedagogia nella filosofia o, per meglio dire, l’affermazione della pedagogia come scienza filosofica. L’educazione è vista, dunque, come «farsi dello Spirito» e cioè formazione dell’uomo in quanto realtà spirituale e come sviluppo storico dell’universale attività identica in tutti gli uomini. Contro la riduzione dello spirito umano a fatto tra gli altri fatti, l’idealismo gentiliano rivendicò la libertà dell’individuo ad autoeducarsi attraverso un processo infinito coinvolgente l’intera sua esistenza. Quanto alla libertà dell’individuo essa non era da intendersi, per Gentile, in termini individualistici secondo i modelli del razionalismo e dell’empirismo perché, se così fosse, l’uomo sarebbe ridotto a nulla più che ad aspirazione, a puro e semplice dato sradicato dalla storia e dalla società. L’individuo è invece sempre inserito nel flusso universale della storia in cui si manifesta incessantemente lo Spirito, ovvero, per dirla con altra espressione, ciò che consente all’umanità di percepirsi come tale. Si pone qui uno dei nodi-chiave dell’analisi pedagogica gentiliana: la duplice dell’educazione, d’un lato l’esigenza che si sviluppi nell’uomo la sua libertà, dall’altro la necessità che tale libertà non si risolva in un evento individualistico, ma si compia nel riconoscimento dell’universalità dello Spirito e, dunque, delle forme che scaturiscono dai processi storici attraverso cui lo Spirito si manifesta. Il problema del rapporto tra libertà e autorità costituisce quella che Gentile stesso definisce come «l’antinomia fondamentale dell’educazione», dalla quale egli esce attraverso il riesame integrale del concetto stesso di libertà. La libertà autentica, secondo il filosofo siciliano, non è soltanto un postulato della coscienza morale, ma è nel medesimo tempo esperienza di essere liberi ed esperienza di essere parte di una libertà più ampia che ci trascende (la manifestazione dell’umanità universale, cioè dello Spirito Assoluto). Vera educazione è perciò quella che compie l’unificazione spirituale nella quale si annullano gli individui come esseri particolari e si compie la piena partecipazione dell’io universale. L’uomo, in altre parole è sintesi a priori di individuale e di universale, espressione dello Spirito che nel processo della sua attività crea tutte le particolari esistenze, il loro essere e anche il loro dover essere, la loro realtà, ma altresì l’esigenza nel superarla nell’attuazione di nuove forme ideali emergenti dal seno della stessa concreta realtà storica. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 13 Storia delle istituzioni educative 4 Lezione XI La concezione agostiniana della verità Gentile nega con forza, richiamandosi ad Agostino, la dualità di educatore ed educando. Il maestro non è fuori di noi, ma dentro di noi. L’apparente dualità scompare quando l’educando fa propria la parola dell’educatore e a sua volta, fa proprie le attese dell’educando, ponendosi l’uno e l’altro al cospetto della verità. Se il maestro è veramente tale e con le sue parole sa far rivivere il processo culturale nella sua evidenza, lo scolaro comprende ed interiorizza le parole del maestro senza violentare la sua libertà, ma aderendovi liberamente, riconoscendo in esse non qualcosa di estraneo, ma qualcosa che sa nutrire la propria coscienza. Nell’atto educativo, dunque, maestro e scolaro superano le differenze empiriche e si ritrovano, quasi per contagio spirituale, parte della comune esperienza umana. Non ha più senso perciò contrapporre educazione negativa: in cui al maestro tocca soltanto un ruolo esterno rispetto al processo educativo affidato alla natura; ed educazione positiva: che prevede invece la diretta iniziativa del maestro. Nella concezione gentiliana l’educazione è unica, così come è unica la persona umana e unico è lo Spirito. L’unità dell’educazione costituisce infatti, il motivo centrale della riflessione pedagogica di Gentile, unità che consente di superare quelle che spesso sono apparse come caratteristiche inconciliabili dell’evento educativo e a lungo hanno diviso la storia della cultura occidentale: istruzione-educazione, educazione religiosa-educazione scientifica, educazione estetica-educazione umanistica. Questi diversi e contrastanti modi di guardare all’educazione hanno senso soltanto se si accetta il principio realistico che consiste nella presunzione di una realtà esterna al pensiero alla quale quest’ultimo non potrebbe far altro che conformarsi. Ma nel momento in cui l’idealismo afferma l’impossibilità di concepire una realtà che non sia la realtà stessa del pensiero, queste distinzioni non sono altro che apparenze astratte. Il sapere quindi è un processo unitario infinito, ma è attuale nella coscienza che si fa in ogni istante. Si capisce come sia possibile il dialogo educativo, il rapporto docente-discente in questo unificarsi dello spirito. Fra maestro e allievo, si attua una “compenetrazione d’anime”. come afferma Giuseppe Lombardo Radice suo migliore discepolo. Ed ecco il nerbo del pensiero gentiliano: il maestro ripercorre la storia della sua completezza, della sua autocoscienza e quindi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI della sua conoscenza piena laddove si incontra con l’allievo, gli trasmette le conoscenze e lo aiuta a seguire il processo dello spirito. In questo modo allievo e maestro sono unificati, in quanto seguono lo stesso percorso dello spirito assoluto. In questo rapporto unificante del percorso dello spirito troviamo la preminenza della parola così come è venuta articolandosi nel corso dei secoli. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 13 Storia delle istituzioni educative 5 Lezione XI Pedagogia /filosofia Gentile, in qualità di Ministro dell’Istruzione nel governo Mussolini, portò a compimento un’organica riforma della scuola italiana che fu compiuta in poche mesi con l’aiuto di un ristretto numero di allievi e collaboratori. I motivi ordinatori della riforma sono facilmente identificabili. In primo luogo va richiamato il fatto che la riforma fu concepita da Gentile come parte di quella riforma morale degli italiani considerata condizione indispensabile per attingere la coscienza di essere nazione e, in particolare, fu predisposta in funzione della formazione delle élites dirigenti cui era affidato il compito di guida dello svolgimento del progetto nazionale. Soltanto per le élites era dunque prospettato un itinerario formativo completo. Il sistema scolastico fu quindi pensato a base molto larga (la scuola elementare finalizzata all’alfabetizzazione dei ceti popolari) e con un ristretto vertice (l’istruzione liceale e, in particolare, il ginnasio-liceo) cui si poteva accedere soltanto attraverso una rigorosa serie di prove che dovevano verificare le capacità e la maturità del candidato ad entrare a far parte del ceto dirigente (il principio educativo dell’esame). La scuola che stava più a cuore a Gentile era perciò la scuola secondaria che cominciava subito dopo la scuola elementare (ed a cui si accedeva mediante un esame di ammissione molto selettivo) e si concludeva otto anni dopo con l’esame di Stato. Sul piano culturale la riforma gentiliana ebbe un doppio baricentro: l’affermazione dell’unità del sapere e la consapevolezza che il sapere per eccellenza era quello classico-umanistico (letterature classiche e moderne, filosofia, storia). Il ginnasio-liceo, il corso di studi posto ad architrave del sistema scolastico, fu organizzato proprio alla luce di questi principi: ampio spazio alla cultura umanistica e trattazione del sapere scientifico in forma culturale e non in termini di acquisizione di abilità pratiche. Tutti gli altri tipi di scuola, che via via si scostavano dal modello del liceo classico, furono pensati come copie imperfette di quest’ultimo a partire dal liceo scientifico (senza il greco) e dall’istituto magistrale (senza il greco e con un anno di corso in meno) fino ai vari corsi di istruzione tecnica reputati funzionali soltanto alle attività professionali subalterne e, quindi, praticamente posti ai margini della scuola formativa. In stretta coerenza con la sua aristocratica concezione di scuola e cultura Gentile non considerò l’intero settore dell’istruzione professionale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI I programmi furono predisposti, a loro volta, tenendo conto di una duplice esigenza: la valorizzazione della cultura classica e il rispetto della libertà di insegnamento. Si trattava, nell’uno e nell’altro caso, della traduzione operativa del principio teorico secondo cui il sapere non può essere trasmesso, ma soltanto generato. In tal contesto Gentile riconobbe l’importanza della cultura religiosa giudicata un aspetto irrinunciabile nella formazione dei giovani, pur individuando comunque il vertice della coscienza personale nella conoscenza filosofica. Un altro principio ordinativo della riforma fu quello della libertà di insegnamento intesa non solo come libertà per l’insegnante (esplicito riconoscimento del ruolo e del valore del maestro non soggetto ad altra regola che alla forza della sua cultura), ma come libera concorrenza tra scuola privata e scuola dello Stato. In coerenza con i presupposti teorici posti alla base della ricerca culturale, Gentile riconosceva la possibilità di una pluralità di vie formative (comprese quelle confessionali): allo Stato, in qualità di garante dei livelli culturali della classe dirigente, spettava soltanto di verificare la congruenza tra la preparazione del candidato e il valore legale del titolo di studio. La verifica fu attribuita ad un apposito esame di Stato, uguale per tutti a prescindere dalla scuola frequentata, posto a conclusione di ogni ciclo di studi e, in particolare, a quello degli studi secondari. Altri due tratti caratteristici della riforma relativi alla scuola elementare riguardano: la creazione dell’Istituto magistrale, in sostituzione delle Scuole normali già previste dalla legge Casati, per la preparazione dei maestri elementari. Anche nella scuola primaria, si trattava, per quanto possibile, di far crescere coscienze disciplinate più che trasmettere nozioni e perciò il maestro doveva essere più uomo di cultura (un piccolo intellettuale, meglio di estrazione popolare), che un esperto di tecniche didattiche. La seconda questione concerne l’introduzione dell’insegnamento religioso. Nell’impossibilità, a livello di ceti popolari, di promuovere l’autocoscienza filosofica, prerogativa delle élites, toccava ai valori religiosi svolgere quel ruolo normativo e ordinativo; ad essi era, infatti, affidato il compito di far sentire anche agli strati sociali subalterni d’essere parte di una vita dagli orizzonti più ampi, che storicamente s’inverava nella nazione italiana alla cui identità i valori del cattolicesimo fornivano un irrinunciabile contributo. La riforma del 1923, così compattamente coerente con l’impianto teorico della riflessione gentiliana, ha segnato in profondità la storia della scuola italiana ed ha costituito, sotto più di un aspetto, un caso a sé nella storia della cultura educativa occidentale per la brusca e netta interruzione di ogni rapporto di continuità con gli apporti del positivismo. L’indagine storica, che Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 13 Storia delle istituzioni educative Lezione XI spesso si è fermata ad una pura e semplice analisi ideologica dei rapporti tra la riforma e il fascismo, ha invece generalmente posto scarsa attenzione alle ragioni della sua straordinaria longevità. Maturata infatti nella cultura di inizio secolo in un sistema sociale ancora abbastanza impermeabile ai processi di modernizzazione, la riforma del 1923 ha saputo formare un ceto dirigente che ha gradualmente consentito anche all’Italia di transitare, specie nel secondo dopoguerra, verso la civiltà della piena modernità. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 13 Storia delle istituzioni educative 6 Lezione XI Teorizzazione pedagogica L’influsso del pensiero pedagogico di Gentile è stato enorme, anche se in parte favorito dalla sua santificazione ad opera del fascismo e dal peso della grande riforma scolastica del 1923. A questo bisogna aggiungere l’influenza di Gentile sul più grande pedagogista italiano della prima metà del Novecento, Giuseppe Lombardo-Radice, che ha portato i principi della pedagogia idealistica all’interno della pratica scolastica elementare, pur con una intonazione caratteristica e personale che va oltre la teorizzazione gentiliana. Bisogna osservare che in generale la spiritualizzazione dell’attività pedagogica attuata da Gentile, che fa del maestro «il sacerdote, l’interprete, il ministro dell’essere divino, dello Spirito», apre le porte, nel ventennio fascista, ad una pratica pedagogica altamente selettiva, autoritaria e indifferente ad una problematizzazione dei risultati e dei metodi. In ogni caso la pedagogia e la scuola italiana fino alla fine della seconda guerra mondiale, ma in parte anche oltre, sono state caratterizzate dal pensiero del filosofo siciliano. Certamente il modello scolastico impostato nel 1923 ha condizionato fortemente la mentalità stessa di coloro che, formatisi al suo interno, si sono trovati successivamente ad opera in una scuola, come quella secondaria di secondo grado, che non ha più avuto riforme progettuali e globali sino ad oggi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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