“LA RIFORMA GENTILE” PROF. CARMINE PISCOPO Università Telematica Pegaso La riforma Gentile Indice 1 Riforma Gentile -------------------------------------------------------------------------------------------- 3 Bibliografia -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile 1 Riforma Gentile Lo Stato Italiano negli anni successivi alla prima guerra mondiale, si occupò in maniera decisa e significativa della regolamentazione del sistema scolastico, riesaminando le norme in uso, eliminando nell’organizzazione della scuola le cose ritenute improduttive ed imperfette. Gabelli ci fa comprendere le condizioni delle scuole del Regno d'Italia con la seguente affermazione: «Ora le nostre scuole elementari, non tutte beninteso, lo ripeto, ma la maggior parte, somigliano un poco a officine, nelle quali si insegnasse più a dire come una cosa si faccia, che non a farla. Non è già che non vi si lavori; tutt'altro;bensì vi si fa un lavoro in parte improduttivo, di nomi, di parole, che l'alunno ripete a memoria, che hanno l'aria lusinghiera di cognizioni per il maestro che le ha insegnate, e forse anche per talun altro che lo ascolta, ma che tali non sono per il bambino, perché egli non si rende conto del loro valore, non le intende, non sa porle in pratica. Vi si ragiona troppo e troppo prematuramente; vi si fanno troppe distinzioni e troppe definizioni; si resta nel vago, e l'alunno si appiglia a quel tanto che può fare, a ripeter suoni. In conclusione, nei metodi apparisce manifesta l'eredità del nostro passato, la potenza delle nostre tenacissime tradizioni scolastiche e retoriche1» Le posizioni pedagogiche che Gentile maturò ignoravano questi aspetti ed insieme li confutavano. Gentile era insoddisfatto del sistema scolastico italiano e lo criticava, ma le ragioni della crisi scolastica andavano cercate, a suo avviso, proprio nel modello positivista, che per Gentile era meccanico, astratto, vuoto e mnemonico. Scambiava il modello positivista con la scuola concreta, che era tutt'altro, cioè un eredità della tradizione. Lo spirito, sosteneva Gentile è un continuo divenire e l'atto spirituale un rinnovamento. Lo spirito deve impadronirsi dell'oggettività, trascendere i limiti dell'io empirico (il cui formarsi e rafforzarsi è incoraggiato dal positivismo pedagogico) e divenire universale. E' per questo che il divenire della filosofia, che è tutt'uno con il divenire dello spirito, è atto pedagogico per eccellenza. Insegnare è insegnare lo spirito, apprendere è superare l'io empirico. Ciò conduce Gentile a contestare apertamente Herbart: la pedagogia non è una scienza particolare, non ha un proprio fondamento; è filosofia in atto, è vita della filosofia. In sostanza, con questo tipo di approccio, l'elemento centrale della pedagogia, cioè l'allievo 1 D. Bertoni Iovine in collaborazione con R. Tosato: Positivismo pedagogico italiano - UTET, mentre di una certa utilità sembrano essere le monografie: A. Saloni - Educazione e scuola in Aristide Gabelli - Armando 1963; T. Tomasi - Scuola e società in Aristide Gabelli - La Nuova Italia 1965. A. Gabelli - Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari d'Italia in Il problema del metodo della pedagogia positivistica - a cura di R. Tosato - R. A. D. A. R. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile considerato come organismo in crescita ed evoluzione finisce con lo sparire. E' solo più "spirito" da educare, o da risvegliare. Quella "cattiva" psicologia che pretende di stabilire le varie fasi dello sviluppo, scovare le attitudini e promuovere le capacità non porta ad alcun vero atto educativo, perché soggetto ed oggetto della pedagogia, secondo Gentile, stanno davanti l'uno all'altro come "due cose morte". Dove non c'è vita, non c'è pedagogia. Perché si dia un vero insegnamento ed un vero apprendimento, occorre che tra insegnante e discente si crei un'unità fondamentale, nella quale l'insegnante rinuncia ad essere un io empirico per diventare "spirito" e l'altro diventa "spirito" formandosi come spirito. Non c'è più opposizione, la quale scompare nel momento in cui l'insegnante si costituisce nella lezione come "vivente realtà dello spirito". Nell'atto educativo l'allievo si unisce al maestro fino ad identificarsi, non già con quel maestro, ma con lo spirito. Egli cerca così di appropriarsi del contenuto educativo vivente. Il maestro non ricorre ad artifici o "trucchi" per insegnare, non possiede "nozioni" o formule da trasmettere mnemonicamente da "morto" a "morto" inguaribilmente separati. Se vuole educare deve educarsi allo spirito e l'allievo, se vuole educare sé stesso diviene in un certo senso educatore del maestro. In tale prospettiva non esiste il metodo didattico, proprio perché non ha senso ricorrere a mezzucci per sussidiare l'atto educativo. O c'è o non c'è. E' la lezione stessa che realizza se stessa come metodo in quanto è un accadimento spirituale. Nemmeno esiste il "programma". Esso è continuamente mutevole, perché l'identica materia viene costantemente vivificata e spiritualizzata in modi diversi. L'educazione è quindi per Gentile la processualità dello spirito, e il suo fondamento è l'autoeducazione. L'allievo è protagonista, va incontro allo spirito, diviene veramente adulto e libero nel momento in cui riesce a far propri i contenuti spirituali offerti dal maestro. In tale situazione, più immaginaria e idealizzata che, ovviamente reale, molte vecchie questioni vengono superate non perché risolte, ma perché dissolte. Non c'è problema di rapporto tra istruzione intellettuale e educazione morale perché sono tutt'uno. Un uomo che non accresce continuamente il proprio sapere spirituale non può formarsi un carattere morale. Analogamente non esiste un problema "disciplina": essa è dipendente dal modo in cui avviene l'atto educativo. E questo, secondo Gentile è una regola che vale per tutto il corso della vita umana, non solo nella fase formativa. Tuttavia, proprio la fase formativa si caratterizza per una sua specialità che anticipa tutte le successive evoluzioni dello spirito. Gentile non disegnò allora solo un modello ideale, ma scese anche in alcuni dettagli, cominciando col dire che l'arte, quindi la pura espressività incoraggia la soggettività, che la religione si presenta sempre come oggettività, e che la filosofia non può che essere sintesi dei due momenti. Chi non arriva alla filosofia, allora, non arriva alla spiritualità, ma perviene solo ad un io Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile empirico che vivrà perennemente diviso tra espressione di sé e oggettività religiosa che lo nega. In tale visione assumono centrale importanza il leggere e lo scrivere, ed in una prima fase deve darsi molto rilievo più alla lingua parlata che alla grammatica. Bisogna anche guardarsi dal rischio della retorica e dalla precoce fossilizzazione dell'espressività nei luoghi comuni e delle frasi fatte. I bambini devono imparare ad esprimersi non già ricorrendo alla riproduzione di pensierini già belle e pronti da ripetere su temi ed argomenti dati (la famiglia, la patria ecc...) ma attraverso un momento creativo spontaneo, tipico dell'arte, che è appunto il diario o la notazione. Ciò, nonostante le differenze, avvicina Gentile alla pedagogia attiva. Essendo un tipo di pedagogia estetica, questo è sicuramente vero. Gentile espone le sue idee in una relazione presentata nel 1907 al congresso della FISM 2, nella quale illustra anche, la sua posizione sulla laicità della scuola e la sua idea in merito alla scuola laica ed alla scuola cattolica, affermando che: «la scuola confessionale ha una fede; ed è un grande vantaggio per lei3». Giovanni Gentile non ammette una scuola laica «neutrale 4», egli afferma che «la mera negazione della confessionalità5»; «la negazione d’una religiosità trascendente non è possibile (…) senza una implicita affermazione d’una religiosità immanente», che dovrebbe caratterizzare la scuola pubblica6». La realtà della scuola laica del suo tempo è alquanto penoso, priva di un’anima, quindi si serve solo della fredda erudizione scientifica, che consta di una sua serietà, ma non riesce a essere autenticamente educativa. Giovanni Gentile afferma che nella scuola bisognerà contrapporre alle confessioni religiose la libertà assoluta della ragione; (…) il libero sviluppo negl’insegnante 7», un contenuto che si identifica con «un concetto sintetico della vita8», nella consapevolezza che «nulla trascende il nostro mondo, concepito razionalmente, così come nulla trascende il nostro spirito9». Sulle scuole confessionali Gentile si pronuncia per un certo aspetto positivamente, in quanto esse garantiscono un’educazione fondata su postulati etico-religiosi e quindi una scuola con un’anima. 2 La relazione è tratta da “Scuola laica 1907”, in Il pensiero politico -pedagogico di Giovanni Gentile , a cura di D. Faucci, Le Monnier, Firenze 1982, pp. 81 -113 3 Ivi, p. 94 4 Ivi, p. 83 5 Ibidem 6 Ivi, p. 85 7 Ivi, p.108 8 Ibidem 9 Ibidem Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile Anche la scuola laica deve trovare quest’anima «aperta alla filosofia» e «preparatrice della cultura della nazione10». Se delle scuole private «ciascuna determinerà a sé il proprio indirizzo morale», configurandosi legittimamente come scuola di tendenza, quel che può apparirci sconcertante è che per Gentile anche «ciascuna istituzione scolastica pubblica dev’essere in ultima analisi di tendenza»: «quella laicità positiva che io propugno» non esclude affatto che in una scuola «aleggi una fede», e «una scuola non può averne che una»: «nei collegi dei professori devono cercarsi e svegliarsi quelle affinità elettive, che facciano, quando è possibile, di una scuola uno spirito solo»: «è necessario che «ogni scuola (…) abbia la sua tradizione e la sua bandiera; e l’insegnante, cercando la sua sede, non cerchi tanto il suo comodo (…), ma appunto la sua bandiera11». Giovanni Gentile all’inizio del 900 in una lettera aperta al Ministro della Pubblica Istruzione Berenini12 sostiene la scuola classica, pensata come scuola per un’élite, per la futura classe dirigente, per un’aristocrazia dell’intelletto, dello slogan «poche scuole, ma buone13». La scuola per il filosofo dev’essere selettiva e funzionale alla «divisione del lavoro» e aprire all’«alta cultura» una porta «piuttosto stretta che larga, affinché non vi precipiti dentro una folla14». Esiste «la necessità improrogabile di una immediata larga riduzione della scuola di Stato e di un vigoroso rifiorimento della scuola privata15»: la concorrenza tra scuola pubblica e privata è pensata come necessaria e il buon livello di entrambe garantito da esami di Stato. Nel 1923, il ministro della Pubblica Istruzione del primo governo di Benito Mussolini era Gentile che emanò 31 dicembre dello stesso anno, attraverso una serie di decreti la riforma n. 3126, che prese il suo nome. 10 Ivi, p. 110 Ivi, p.113 12 Cfr. G. Gentile,“Lettera aperta al Ministro della P.I. Berenini”. In La scuola e la pedagogia del Fascismo , cit., pp. 132 -142 13 Ivi, p. 132 14 Cfr. l’allora gentiliano Ernesto Codignola, “Per la libertà e digni tà della scuola”, in La scuola e la pedagogia del Fascismo , cit., p. 155 15 Cfr.“I programmi della Riforma Gentile” in A. Santoni Rugiu, Ideologia e programmi nelle scuole elementari e magistrali dal 1859 al 1955, Manzuoli, Firenze 1980, cfr. in particolare pp.52-53 11 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile Questa legge rappresentava il coronamento di un dibattito interno a un «partito della scuola16» che aveva visto come protagonisti oltre a Gentile anche Benedetto Croce, Giuseppe Lombardo-Radice, Ernesto Codignola. La riforma era il prodotto di un liberalismo conservatore, aristocratico e relativamente statalista. Il richiamo alla disciplina ed all’obbedienza allo Stato la rendono compatibile con il regime fascista, ma l’elaborazione di essa precede di molto tale regime. Essa per questo carattere squisitamente fascista fu difesa da Mussolini. l rinnovamento del sistema scolastico disegna un’organizzazione che si estrinseca attraverso otto percorsi fondamentali, scanditi da esami in entrata ed in uscita. Dopo i cinque anni di scuola elementare, le opzioni vanno da un corso integrativo senza sbocchi successivi a cui si accede con l’esame di quinta, a una scuola complementare, senza sbocchi ulteriori, alla cui frequenza è necessario un esame di ammissione, agli otto anni di ginnasio-liceo (con tre esami in entrata di ciascun ciclo e uno in uscita), all’istituto tecnico diramantesi dopo il corso inferiore di quattro anni in due quadrienni superiori (sezione Commercio e Ragioneria e sezione Agrimensura); quattro anni di Scuola media precedono un Liceo scientifico quadriennale e un Liceo femminile triennale, a cui si aggiunge un Istituto Magistrale settennale. La gerarchizzazione tra le varie scuole emerge dal massimo numero di sbocchi universitari previsti per chi esce dal Liceo Classico, a cui seguono il Liceo Scientifico (che non dà accesso a Lettere e filosofia e a Giurisprudenza), l’Istituto Magistrale, che apre le porte al solo Magistero, previo superamento di un esame di concorso, mentre i Tecnici danno accesso a Scienze statistiche e attuariali ed a Scienze economiche e commerciali, con la possibilità, per chi ha frequentato la sezione Agrimensura, di accedere ad Agraria attraverso un esame di integrazione. Significativo risulta poi il fatto che dal Liceo femminile non si acceda al alcuna facoltà universitaria. L’impostazione generale e l’asse culturale della Riforma sono così delineati. La scuola elementare, preceduta da un grado preparatorio di tre anni, i cui programmi -meramente indicativivengono curati da Lombardo-Radice,che presenta alcuni significativi aspetti: viene introdotta la religione cattolica, vista «fondamento e coronamento», accettabile in questo grado scolastico non in grado di accedere al livello superiore della filosofia; anche l’arte vi entra come espressività caratteristica di un bambino pensato, appunto, come «artista»; vi viene dato grande spazio alla 16 Ernesto Codignola, “Per la libertà e dignità della scuola”, in La scuola e la pedagogia del Fascismo , p. 16. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile «cultura del popolo» e alla «tradizione popolare», a cui la religione nazionale risulta strettamente legata. Il mondo cattolico accoglie nel complesso positivamente la Riforma Gentile, anche per lo spazio lasciato alla scuola confessionale, pur nella consapevolezza della riserva idealistica sulla religione. Così la Civiltà Cattolica, pur enunciando «un fiero colpo al laicismo», si rende tuttavia ben conto del fatto che «fuori dalle scuole elementari, i programmi tacciono affatto dell’istruzione religiosa, esclusa così dalle scuole medie e superiori», secondo la visione che «la religione (…) è uno stadio inferiore di transizione, buono per i fanciulli e per il popolo, che frequentano la scuola primaria; ma deve essere superata e svolgersi a più alta concezione, nella filosofia». La libertà della scuola confessionale viene poi letta dai Gesuiti come «pieno riconoscimento» del «diritto educativo imprescindibile della famiglia e della Chiesa», avendo luogo in tal modo «la libertà d’insegnamento17». Si segnala qui il triplice ruolo svolto dall’Esame di Stato a conclusione della media superiore: garanzia dell’alto livello della scuola pubblica, ma anche garanzia del controllo statale su quella privata, particolarmente confessionale, ma anche contemporaneamente legittimazione piena di essa. Cfr. V. Scalera, L’insegnamento della filosofia dalla riforma Gentile agli anni ’80, Loescher, Torino 1980, p.10 17 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 9 Università Telematica Pegaso La riforma Gentile Bibliografia Bertoni Iovine, D., Tosato R. Positivismo pedagogico italiano, UTET, Torino Codignola, E. “Per la libertà e dignità della scuola”, in La scuola e la pedagogia del Fascismo Faucci, D. (a cura di) “Scuola laica 1907”, in Il pensiero politico-pedagogico di Giovanni Gentile, Le Monnier Gentile, G. “Lettera aperta al Ministro della P.I. Berenini”. In La scuola e la pedagogia del Fascismo Saloni, A. Educazione e scuola in Aristide Gabelli , Armando 1963; Santoni Rugiu, A. “I programmi della Riforma Gentile. In, Ideologia e programmi nelle scuole elementari e magistrali dal 1859 al 1955, Manzuoli, Firenze 1980 Scalera, V. L’insegnamento della filosofia dalla riforma Gentile agli anni ’80, Loescher, Torino 1980 Firenze T. Tomasi - Scuola e società in Aristide Gabelli - La Nuova Italia 1965 R. Tosato, Gabelli A. Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari d'Italia in Il problema del metodo della pedagogia positivistica, R. A. D. A. R. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 9