016•Lapo Gianni 340-343

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DANTE ALIGHIERI
dal Convivio
G U I D A
In questo capitolo Dante ci propone un excursus autobiografico, rievocando il tempo in cui si accese in lui l’amore del sapere, ed egli si dedicò allo studio della filosofia.
C O N S E G N E
T 77
1. Sintetizza in un
breve testo il contenuto
del passo proposto.
2. Prova a dargli un
tuo titolo nominale.
3. Quali letture offrono
conforto a Dante, afflitto
per la morte di Beatrice?
4. Che cosa simboleggia,
allegoricamente, la
donna gentile?
Approfondimento
Nella Vita Nuova (T68) viene
presentata una «donna
gentile» che consola il poeta
per le orribili visioni
premonitrici da lui avute in
sogno. Svolgi gli opportuni
confronti, rilevando analogie
e differenze.
Quando perdetti il primo diletto della mia anima, cioè Beatrice,
io fui colpito da tanta tristezza da non trovare alcun conforto.
Tuttavia, poiché la mia mente voleva guarire e io non riuscivo
a trovare conforto né in me stesso né negli altri, feci quello che
nel passato era stato fatto da qualche persona sconsolata; mi misi
cioè a leggere prima il libro di Boezio De consolatione philosophiae, poi il De amicitia di Cicerone, scritto per consolare Lelio
per la morte del suo amico Scipione.
E sebbene (avvegna che) all’inizio fosse difficile per me penetrare nel loro pensiero, finalmente riuscii ad andare tanto addentro quanto la conoscenza del latino (l’arte di gramatica) che io
avevo e quel poco d’ingegno di cui ero dotato me lo consentivano. Pertanto già nella Vita Nuova avevo intravisto per intuizione,
come in sogno, alcune verità filosofiche.
E come suole accadere che l’uomo, il quale cerca l’argento,
trova invece l’oro, non senza forse la volontà di Dio, così io, che
cercavo di consolarmi (per la morte di Beatrice), non solo trovai
rimedio alle mie lacrime, ma trovai nomi di autori, di scienze e
di libri, che mi fecero pensare che la filosofia, che era donna, ossia la dominatrice di questi autori, di queste scienze e di questi
libri, fosse un bene supremo. E immaginavo questa signora come
una donna gentile, in atteggiamento misericordioso verso di me,
cosicché il senso della mia vista la guardava così fissamente che
non potevo allontanare lo sguardo da essa. Cominciai perciò a
frequentare teologi e filosofi, e in breve, forse nell’arco di trenta
mesi, avvertii la sua dolcezza a tal punto che ogni altro pensiero si
allontanò dalla mia mente.
Sembra, pertanto, che qui Dante voglia collegare, unificandole, la «donna gentile» elevata a simbolo della filosofia, con la
«donna gentile» che lo aveva consolato dopo la morte di Beatrice. È stato tuttavia osservato che la donna gentile della Vita
Nuova è presentata come un traviamento dalla memoria di
Beatrice, al cui culto egli poi ritorna. Tale traviamento, a cui
Dante allude più direttamente nel primo canto dell’Inferno,
non va comunque inteso in senso materialistico ed edonistico.
Si trattò probabilmente dell’adesione ad alcune dottrine
poco ortodosse e del suo impegno totale nella vita politica.
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T 77
L’allegoria della donna gentile (II, 12)
1 per me: da me, da parte mia.
2 si argomentava di sanare: si
adoperava
per guarire.
consolare: conforto (l’infinito ha valore
di sostantivo).
4 alcuno sconsolato: qualcuno in preda
alla disperazione.
5 Tullio: Cicerone.
6 occulta: misteriosa.
7 lo senso: della vista.
8 religiosi: teologi.
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severino boezio (avorio del vi secolo)
\A
NALISI DEL TESTO\
{1} Boezio: Severino Boezio (480 ca526) fu filosofo, teologo e poeta rappresentativo dell’Alto Medioevo. Ministro
di Teodorico, re degli Ostrogoti, cadde in
disgrazia e fu fatto incarcerare (confronta
il cattivo – dal latino captivus, “prigioniero” – e discacciato del testo dantesco).
Durante la prigionia a Pavia scrisse la sua
opera più famosa, in 5 libri, nella quale si
alternano prosa e poesia lirica: il De con-
C
ome per me1 fu perduto lo primo diletto de la mia anima
{...}, io rimasi di tanta tristizia punto, che conforto non
mi valea alcuno. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia
mente, che si argomentava di sanare2, provide, poi che né ’l mio
né l’altrui consolare3 valea, ritornare al modo che alcuno sconsolato4 avea tenuto a consolarsi; e misimi a leggere quello non
conosciuto da molti libro di Boezio {1}, nel quale, cattivo e
discacciato, consolato s’avea. E udendo ancora che Tullio5 scritto avea un altro libro, nel quale, trattando de l’Amistade {2},
avea toccate parole de la consolazione di Lelio, uomo eccellentissimo, ne la morte di Scipione amico suo, misimi a leggere
quello. E avvegna che duro mi fosse ne la prima entrare ne la
loro sentenza, finalmente v’entrai tanto entro, quanto l’arte di
gramatica ch’io avea e un poco di mio ingegno potea fare; per lo
quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, sì
come ne la Vita Nuova si può vedere.
E sì come essere suole che l’uomo va cercando argento e fuori
de la ’ntenzione truova oro, lo quale occulta6 cagione presenta,
non forse sanza divino imperio; io, che cercava di consolarme,
trovai non solamente a le mie lagrime rimedio, ma vocabuli
d’autori e di scienze e di libri: li quali considerando, giudicava
bene che la filosofia, che era donna di questi autori, di queste
scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E imaginava lei fatta
come una donna gentile {3}, e non la poteva imaginare in atto
alcuno se non misericordioso; per che sì volentieri lo senso7 di
vero la mirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella si dimostrava
veracemente cioè ne le scuole de li religiosi 8 e a le disputazioni
de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi,
cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che l0 suo amore
cacciava e distruggeva ogni altro pensiero {...}.
solatione Philosophiae, dialogo fra la filosofia personificata e se stesso che attende la morte. L’opera, imbevuta di platonismo e stoicismo, dimostra una conoscenza, altissima per quel tempo, della filosofia e della letteratura greca e latina.
{2} trattando de l’Amistade: nel 44 a.C.
l’anno prima di essere ucciso a Formia
dai sicari di Antonio, Cicerone compose
il Laelius de amicitia, nel quale in forma
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di dialogo propone una confutazione
della tesi epicurea secondo cui l’amicizia
è basata sull’interesse.
{3} una donna gentile: vale la pena ricordare che nella Divina Commedia l’espressione “donna gentile” è usata da Virgilio per presentare Beatrice a Dante:
Donna è gentil nel ciel che si compiange/ di
questo impedimento ov’io ti mando / sì che
duro giudicio là su frange (Inf. II, 94-96).
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