DANTE ALIGHIERI dal Convivio G U I D A In questo capitolo Dante ci propone un excursus autobiografico, rievocando il tempo in cui si accese in lui l’amore del sapere, ed egli si dedicò allo studio della filosofia. C O N S E G N E T 77 1. Sintetizza in un breve testo il contenuto del passo proposto. 2. Prova a dargli un tuo titolo nominale. 3. Quali letture offrono conforto a Dante, afflitto per la morte di Beatrice? 4. Che cosa simboleggia, allegoricamente, la donna gentile? Approfondimento Nella Vita Nuova (T68) viene presentata una «donna gentile» che consola il poeta per le orribili visioni premonitrici da lui avute in sogno. Svolgi gli opportuni confronti, rilevando analogie e differenze. Quando perdetti il primo diletto della mia anima, cioè Beatrice, io fui colpito da tanta tristezza da non trovare alcun conforto. Tuttavia, poiché la mia mente voleva guarire e io non riuscivo a trovare conforto né in me stesso né negli altri, feci quello che nel passato era stato fatto da qualche persona sconsolata; mi misi cioè a leggere prima il libro di Boezio De consolatione philosophiae, poi il De amicitia di Cicerone, scritto per consolare Lelio per la morte del suo amico Scipione. E sebbene (avvegna che) all’inizio fosse difficile per me penetrare nel loro pensiero, finalmente riuscii ad andare tanto addentro quanto la conoscenza del latino (l’arte di gramatica) che io avevo e quel poco d’ingegno di cui ero dotato me lo consentivano. Pertanto già nella Vita Nuova avevo intravisto per intuizione, come in sogno, alcune verità filosofiche. E come suole accadere che l’uomo, il quale cerca l’argento, trova invece l’oro, non senza forse la volontà di Dio, così io, che cercavo di consolarmi (per la morte di Beatrice), non solo trovai rimedio alle mie lacrime, ma trovai nomi di autori, di scienze e di libri, che mi fecero pensare che la filosofia, che era donna, ossia la dominatrice di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse un bene supremo. E immaginavo questa signora come una donna gentile, in atteggiamento misericordioso verso di me, cosicché il senso della mia vista la guardava così fissamente che non potevo allontanare lo sguardo da essa. Cominciai perciò a frequentare teologi e filosofi, e in breve, forse nell’arco di trenta mesi, avvertii la sua dolcezza a tal punto che ogni altro pensiero si allontanò dalla mia mente. Sembra, pertanto, che qui Dante voglia collegare, unificandole, la «donna gentile» elevata a simbolo della filosofia, con la «donna gentile» che lo aveva consolato dopo la morte di Beatrice. È stato tuttavia osservato che la donna gentile della Vita Nuova è presentata come un traviamento dalla memoria di Beatrice, al cui culto egli poi ritorna. Tale traviamento, a cui Dante allude più direttamente nel primo canto dell’Inferno, non va comunque inteso in senso materialistico ed edonistico. Si trattò probabilmente dell’adesione ad alcune dottrine poco ortodosse e del suo impegno totale nella vita politica. \ 430 \ T 77 L’allegoria della donna gentile (II, 12) 1 per me: da me, da parte mia. 2 si argomentava di sanare: si adoperava per guarire. consolare: conforto (l’infinito ha valore di sostantivo). 4 alcuno sconsolato: qualcuno in preda alla disperazione. 5 Tullio: Cicerone. 6 occulta: misteriosa. 7 lo senso: della vista. 8 religiosi: teologi. 3 severino boezio (avorio del vi secolo) \A NALISI DEL TESTO\ {1} Boezio: Severino Boezio (480 ca526) fu filosofo, teologo e poeta rappresentativo dell’Alto Medioevo. Ministro di Teodorico, re degli Ostrogoti, cadde in disgrazia e fu fatto incarcerare (confronta il cattivo – dal latino captivus, “prigioniero” – e discacciato del testo dantesco). Durante la prigionia a Pavia scrisse la sua opera più famosa, in 5 libri, nella quale si alternano prosa e poesia lirica: il De con- C ome per me1 fu perduto lo primo diletto de la mia anima {...}, io rimasi di tanta tristizia punto, che conforto non mi valea alcuno. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che si argomentava di sanare2, provide, poi che né ’l mio né l’altrui consolare3 valea, ritornare al modo che alcuno sconsolato4 avea tenuto a consolarsi; e misimi a leggere quello non conosciuto da molti libro di Boezio {1}, nel quale, cattivo e discacciato, consolato s’avea. E udendo ancora che Tullio5 scritto avea un altro libro, nel quale, trattando de l’Amistade {2}, avea toccate parole de la consolazione di Lelio, uomo eccellentissimo, ne la morte di Scipione amico suo, misimi a leggere quello. E avvegna che duro mi fosse ne la prima entrare ne la loro sentenza, finalmente v’entrai tanto entro, quanto l’arte di gramatica ch’io avea e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, sì come ne la Vita Nuova si può vedere. E sì come essere suole che l’uomo va cercando argento e fuori de la ’ntenzione truova oro, lo quale occulta6 cagione presenta, non forse sanza divino imperio; io, che cercava di consolarme, trovai non solamente a le mie lagrime rimedio, ma vocabuli d’autori e di scienze e di libri: li quali considerando, giudicava bene che la filosofia, che era donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri, fosse somma cosa. E imaginava lei fatta come una donna gentile {3}, e non la poteva imaginare in atto alcuno se non misericordioso; per che sì volentieri lo senso7 di vero la mirava, che appena lo potea volgere da quella. E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella si dimostrava veracemente cioè ne le scuole de li religiosi 8 e a le disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che l0 suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero {...}. solatione Philosophiae, dialogo fra la filosofia personificata e se stesso che attende la morte. L’opera, imbevuta di platonismo e stoicismo, dimostra una conoscenza, altissima per quel tempo, della filosofia e della letteratura greca e latina. {2} trattando de l’Amistade: nel 44 a.C. l’anno prima di essere ucciso a Formia dai sicari di Antonio, Cicerone compose il Laelius de amicitia, nel quale in forma \ 431 di dialogo propone una confutazione della tesi epicurea secondo cui l’amicizia è basata sull’interesse. {3} una donna gentile: vale la pena ricordare che nella Divina Commedia l’espressione “donna gentile” è usata da Virgilio per presentare Beatrice a Dante: Donna è gentil nel ciel che si compiange/ di questo impedimento ov’io ti mando / sì che duro giudicio là su frange (Inf. II, 94-96).