Vol. 96, N. 7-8, Luglio-Agosto 2005
Pagg. 382-391
Le malattie subcliniche della tiroide
Antonio Burgio1, Gianfranco Gruttadauria2, Giovanni Fulco2,
Maria Carmela Lunetta2, Federico Vancheri2
Riassunto. Le malattie subcliniche della tiroide sono caratterizzate da concentrazioni
sieriche di tireotropina (TSH) al di sotto oppure al di sopra dei valori di riferimento, in
presenza di normali livelli degli ormoni tiroidei T3 e T4, con sintomatologia clinica sfumata o assente. La diagnosi, quindi, si basa soltanto sui dati di laboratorio. Poiché l’incidenza aumenta con l’età, tali condizioni potrebbero divenire sempre più frequenti con l’invecchiamento della popolazione. La loro importanza risiede nelle possibili complicazioni
cardiovascolari e negli effetti negativi sull’assetto lipidico, sul riassorbimento osseo, sulla qualità di vita e sulla mortalità. Sebbene le malattie subcliniche della tiroide possano
evolvere verso la forma conclamata, in alcuni soggetti i valori di TSH rientrano nella norma. È tuttavia ancora controversa la definizione di queste malattie, la loro importanza
clinica, la storia naturale, la modalità per individuare i soggetti affetti e il momento migliore per intraprendere una terapia. Dopo avere esaminato la letteratura, forniamo alcune indicazioni per lo screening e il trattamento, basate sulle evidenze scientifiche e sull’esperienza personale.
Parole chiave. Ipotiroidismo subclinico, ipertiroidismo subclinico, malattie della tiroide.
Summary. Subclinical thyroid diseases.
The term “subclinical thyroid diseases” describes conditions characterized by low or
elevated thyroid-stimulating hormone (TSH), normal levels of circulating thyroid hormones (thyroxine and triiodothyronine), and few or no definite clinical signs or symptoms of thyroid dysfunction. Therefore, it is a diagnosis based on laboratory evaluation,
not on clinical criteria. Because the risk of subclinical thyroid disease increases with
age, the number of cases should increase as population ages. Their importance lies in
the possible adverse effects on the heart, lipids, bone mineral density, quality of life and
mortality. Although the subclinical thyroid diseases tend to progress to overt disease,
TSH levels in some subjects return to the reference range. However there is controversy
about the definition, clinical importance, consequences of untreated disease, whom to
screen and when to initiate treatment. We reviewed the literature and our recommendations about screening and treatment are based upon the existing evidence and the
author’s experience.
Key words. Subclinical hypothyroidism, subclinical hyperthyroidism, thyroid diseases.
Introduzione
Le malattie tiroidee subcliniche sono alterazioni funzionali della tiroide caratterizzate da normali livelli di triodotironina (T3) e della frazione libera di tiroxina (FT4) con concentrazioni sieriche di
tireotropina (TSH) al di sopra dei valori normali
(ipotiroidismo subclinico), oppure al di sotto (ipertiroidismo subclinico), in assenza di sintomatologia
clinica oppure con sintomi sfumati o aspecifici.
Quest’ultimo criterio è particolarmente importante
perché il riconoscimento precoce di segni e sintomi
aspecifici e di lieve entità dipende in gran parte
dall’abilità e dal senso clinico del medico.
1 Unità
L’importanza di queste malattie subcliniche
deriva in parte dalle alterazioni metaboliche
che esse provocano, ma anche dalla tendenza
alla evoluzione verso forme conclamate. Tuttavia è incerto se le forme subcliniche siano semplici alterazioni compensate della funzionalità
tiroidea, oppure costituiscano vere entità patologiche ed esistono molti dubbi sulla utilità
di uno screening per individuare i soggetti affetti e anche sugli eventuali beneficî della terapia.
Operativa di Endocrinologia; 2 Unità Operativa di Medicina Interna, Ospedale S. Elia, Caltanissetta.
Pervenuto il 21 marzo 2005.
A. Burgio, et al.: Le malattie subcliniche della tiroide
383
Inoltre, la definizione delle malattie tiroidee
in quelle con ridotto apporto iodico sono più fresubcliniche può generare confusione poiché pone in
quenti il gozzo e la iperfunzione tiroidea9. Pertanto,
evidenza soprattutto le modifiche dei livelli di TSH,
le prevalenze osservate nel Nord America e in Gran
riservando alle variazioni ormonali quasi soltanto
Bretagna, paesi con adeguato apporto di iodio, sono
un ruolo complementare. Viceversa, l’alterazione
differenti da quelle ricavate in aree geografiche itapatologica fondamentale è costituita proprio dalle
liane con dieta a basso contenuto di iodio. In un amvariazioni degli ormoni tiroidei, responsabili di efpio campione della popolazione statunitense, esenfetti metabolici e cardiovascolari anche quando
te da malattie tiroidee note, la prevalenza dell’ipooscillano nell’ambito di valori considerati normali.
tiroidismo subclinico varia da 4,1% (uomini 3,1%,
Tuttavia, si deve riconoscere che le malattie tidonne 5,1%) a 9,0%10,11. In Gran Bretagna 7,5% nelle donne con più di trentaroidee subcliniche non cocinque anni e 2,8% negli
stituiscono un gruppo
uomini 7,12 . In Italia, in
omogeneo. È quindi imun’area a basso apporto di
portante distinguere i sogA un estremo dello spettro di opinioni, le maiodio, la prevalenza nei
getti ad alto rischio di evolattie subcliniche della tiroide sono considerate
soggetti con più di quindiluzione verso la malattia
“precliniche” e devono quindi essere individuaci anni è 3,8% (uomini
conclamata oppure a rite, seguite nel tempo e trattate. All’altro estre3,1%, donne 4,4%)13. Se
schio di complicazioni carmo, sono invece considerate patologie create
questo valore viene riferidiovascolari o metabolidal perfezionamento delle tecniche di laboratorio, di modesta importanza clinica, che non è
to all’intera popolazione
che, da quelli nei quali gli
necessario individuare con screening di popoitaliana, nella stessa faeffetti negativi di una corlazione e che non devono essere trattate.
scia di età, nel nostro paerezione farmacologica dei
se vi sarebbero 1.800.000
livelli ormonali superano
soggetti affetti da ipotiroigli eventuali benefici.
dismo subclinico.
La prevalenza aumenta con l’età: è 5% nelle
Ipotiroidismo subclinico
donne sino a 44 anni di età, aumenta sino al 10%
Il primo riferimento a questa patologia è stato
tra 45 e 74 anni, ed è 17,5% nelle donne con più di
pubblicato poco più di trent’anni fa1 dopo l’intro75 anni7. Negli uomini la variabilità è minore: 3%
duzione dei metodi per la determinazione dei litra 18 e 65 anni, 6,2% dopo i 65 anni.
velli di tireotropina ed è stata considerata un
I sintomi tipici dell’ipotiroidismo (facile affatiesempio dell’impatto della tecnologia sul concetto
cabilità, scarsa capacità di concentrazione, ridudi malattia2 .
zione della memoria, ipotonia muscolare, secchezPer ipotiroidismo subclinico si intende il riza della pelle, intolleranza al freddo, stipsi) sono
scontro di un incremento dei valori di TSH, con
stati osservati in un quarto dei soggetti con la fornormali livelli della frazione libera di T4 (FT4), in
ma subclinica11,14, mentre in altri studi non si rilepresenza o assenza di manifestazioni cliniche3 . In
va alcuna differenza rispetto ai soggetti normali15.
contrasto con la definizione di patologia “subclinica”, l’assenza di sintomatologia non è un elemento
COMPLICAZIONI DELL’IPOTIROIDISMO SUBCLINICO
caratterizzante poiché in molti pazienti un’attenta
anamnesi rivela sintomi sfumati o aspecifici (faciEvoluzione verso l’ipotiroidismo conclamato
le affaticabilità, secchezza della pelle, stipsi, disVaria in rapporto con la presenza di anticorpi
turbi della memoria, depressione). È denominato
antitiroide, soprattutto antiperossidasi tiroidea, si
anche “lieve insufficienza tiroidea”4. Questo termiverifica con maggiore frequenza nelle donne e in
ne, che esclude ogni riferimento a presenza o asetà avanzata, ed è condizionata anche dai valori
senza di sintomi, probabilmente definisce meglio
iniziali di TSH16. Il rischio annuale di progressiouna patologia la cui diagnosi è basata quasi esclune verso l’ipotiroidismo è pari al 5% nei soggetti
sivamente su dati di laboratorio.
con aumento del TSH e positività anticorpale,
La causa più frequente è la tiroidite di Hashimentre è 2,6% nei soggetti che presentano soltanmoto, seguìta dalle cause iatrogeniche da somminito aumento del TSH12. Il valore predittivo degli anstrazione di amiodarone, interferone alfa e litio, preticorpi antitiroide può essere apprezzato meglio,
cedente terapia per ipertiroidismo, radioterapia a lise questi dati vengono espressi in termini di rivello del collo e fase ipotiroidea della tiroidite post
schio relativo. Per le donne con ipotiroidismo subpartum4-6. In una piccola percentuale di casi la maclinico, senza anticorpi antitiroide, il rischio relalattia può essere definita idiopatica. Vi sono altre
tivo di sviluppare ipotiroidismo è 8 volte superiore
condizioni caratterizzate da aumento del TSH con
a quello della popolazione eutiroidea; un rischio
normali livelli ormonali che tuttavia non rientrano
analogo si osserva se sono presenti soltanto antinella definizione di ipotiroidismo subclinico, come le
corpi antitiroide in donne eutiroidee. Nelle donne
gravi malattie non tiroidee. La prevalenza della forcon ipotirodismo subclinico e presenza di anticorpi
ma subclinica è più frequente di quella conclamata
antitiroide, il rischio relativo diviene 38 volte su(7,5% e 1,9%, rispettivamente)7, da due a quattro
periore a quello dei soggetti eutiroidei17.
volte più elevata nelle donne8 ed è condizionata dalLa progressione verso l’ipotiroidismo è anche in
l’apporto iodico nella popolazione in esame. Nelle
rapporto con i valori iniziali di TSH. Sino a valori
aree con apporto iodico relativamente elevato predi 12 mU/L l’incidenza di ipotiroidismo è 5,6% per
vale la riduzione della funzionalità tiroidea, mentre
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 7-8, 2005
anno mentre per valori superiori l’incidenza sale a
11,4% per anno18. Tuttavia, l’evoluzione verso l’ipotiroidismo tende ad aumentare anche per valori
di TSH tra 2 e 4 mU/L, quindi ancora nell’ambito
dei valori considerati normali. Per spiegare questa
osservazione è possibile che l’alterazione della funzionalità tiroidea sia così frequente da determinare l’inclusione di alcuni soggetti con iniziale insufficienza tiroidea nella popolazione di riferimento
per i valori normali. D’altra parte, è possibile che
anche per il TSH come per altri parametri biologici quali glicemia, colesterolemia e pressione arteriosa19-21, il rischio connesso con le sue variazioni
abbia un andamento continuo e non secondo soglie
di normalità.
È stato osservato anche un ripristino spontaneo
della condizione di eutiroidismo nel 5,5% dei soggetti con ipotiroidismo subclinico seguiti per un anno22.
Complicazioni cardiovascolari
Mentre nei pazienti con ipotiroidismo conclamato le alterazioni cardiovascolari sono ben note e
connesse con la dislipidemia e l’ipertensione arteriosa23, in quelli con la forma subclinica questi
aspetti sono ancora controversi. Numerosi studi
hanno valutato singoli aspetti della funzionalità
ventricolare, mettendo in evidenza lievi alterazioni
della contrattilità miocardica24,25, della funzionalità diastolica26,27 e della vasodilatazione endotelio
dipendente28. In realtà, nella maggior parte dei casi questi studi sono stati effettuati su pochi pazienti, spesso meno di venti, e presentano talvolta importanti problemi metodologici, come l’inclusione
di pazienti con livelli di TSH molto diversi, con pregresso ipertiroidismo, oppure l’utilizzo come controlli degli stessi pazienti dopo terapia con tiroxina.
Per tutti questi motivi non è possibile definire l’importanza clinica delle alterazioni osservate.
Poiché esiste una stretta relazione tra malattie
cardiovascolari e dislipidemia, quest’ultima è stata studiata nei pazienti con ridotta funzionalità tiroidea. Tuttavia, anche gli effetti dell’ipotiroidismo
subclinico sui livelli plasmatici dei lipidi sono controversi. Non è chiaro infatti se i livelli sierici di colesterolo totale e colesterolo LDL siano più elevati
nei pazienti con ipotiroidismo subclinico rispetto ai
controlli eutiroidei29-31. L’interpretazione degli studi è complicata dalla mancanza di stratificazione
dei pazienti secondo i valori di TSH. La maggior
parte degli studi, infatti, include sia soggetti con
valori appena al di sopra della norma, sia soggetti
con valori molto elevati. Questo spiega i risultati
contrastanti. Gli studi osservazionali, infatti, mostrano un incremento della colesterolemia soltanto nei pazienti con valori di TSH superiori a 20
mU/L32-34, quindi difficilmente confrontabili con la
maggior parte dei pazienti con ipotiroidismo subclinico.
Viceversa, nei soggetti con ipercolesterolemia
la prevalenza di ipotiroidismo subclinico è due-tre
volte superiore a quella dei soggetti con normali livelli di colesterolo35.
Neppure gli studi di intervento chiariscono i rapporti tra ridotta funzionalità tiroidea e dislipidemia.
Alcuni mostrano una riduzione della colesterolemia
totale e LDL dopo terapia con levotiroxina36,37. Tuttavia, quando i pazienti vengono stratificati secondo i livelli di TSH, si osserva che il trattamento farmacologico migliora il profilo lipidico soltanto nei
pazienti con TSH superiore a 12 mU/L38. Quando
invece si considerano soltanto i soggetti con TSH
tra 5 e 10 mU/L, che costituiscono la maggior parte
di quelli osservati nella pratica clinica, non vi è alcun effetto della terapia sull’assetto lipidico39. In
media, la dislipidemia che può essere attribuita alla ridotta funzionalità della tiroide è di lieve entità,
pari a 8 mg/dl per la colesterolemia totale e 10 mg/dl
per la colesterolemia e LDL40. Pertanto, in una donna di 60 anni con ipotiroidismo subclinico, senza altri fattori di rischio, la riduzione della colesterolemia totale e LDL, indotta dalla terapia con tiroxina,
potrebbe determinare una riduzione del rischio cardiovascolare del 10%16. Una riduzione più consistente del rischio si avrebbe nei pazienti con colesterolemia e TSH più elevati.
Oltre alla funzionalità ventricolare e alla dislipidemia, sono state studiate anche le possibili conseguenze cliniche di queste alterazioni, cioè i rapporti tra ipotiroidismo subclinico e cardiopatia
ischemica. In due ampi studi epidemiologici la ridotta funzionalità tiroidea è stata associata a una
più elevata prevalenza di infarto miocardico e di
aortosclerosi, quest’ultima come indicatore e predittore di malattia coronarica, rispetto ai controlli41,42. Tale prevalenza era ancora più elevata nelle
donne con positività per anticorpi antitiroide ed indipendente dalla dislipidemia. Questi studi indicano inoltre che nei pazienti con ipotiroidismo subclinico la percentuale di rischio coronarico attribuibile alla ridotta funzionalità tiroidea è sovrapponibile
a quella dei maggiori fattori di rischio coronarico
quali ipercolesterolemia, ipertensione, fumo di tabacco e diabete. Sorprendentemente, nel primo di
questi studi, su quasi mille pazienti, le donne con
ipotiroidismo subclinico avevano livelli di colesterolemia inferiori a quelli dei soggetti eutiroidei.
Viceversa, uno studio longitudinale nell’arco di
vent’anni non ha evidenziato alcuna significativa
associazione tra elevati livelli di TSH o positività
per anticorpi antitiroidei ed insorgenza di cardiopatia ischemica43. Inoltre, in un sottogruppo di soggetti con ipotiroidismo subclinico, nell’ambito di
uno studio longitudinale sui rapporti tra ipertiroidismo e mortalità cardiovascolare, non si è osservata alcuna differenza né per la mortalità totale, né
per quella cardiovascolare, rispetto ai controlli44.
Gravidanza e sviluppo fetale
La prevalenza dell’ipotiroidismo subclinico nelle donne in gravidanza è 2,5% ed ha importanti
conseguenze sia per la madre che per il feto45,46. Infatti, riduce in misura consistente lo sviluppo delle
capacità intellettive del feto47 e aumenta del doppio
rispetto ai controlli il rischio di eclampsia durante
la gestazione (15% e 7,6% rispettivamente)48.
A. Burgio, et al.: Le malattie subcliniche della tiroide
Inoltre, un quarto delle donne con ipotiroidismo
durante la gravidanza sviluppa ipertensione gestazionale. Il frequente riscontro di elevati livelli di
anticorpi antiperossidasi indica che la causa più
frequente di ipotiroidismo in queste donne è la tiroidite cronica autoimmune. Anche le donne che all’inizio della gravidanza presentano normale funzionalità tiroidea ma positività per gli anticorpi antitiroide, dopo il parto hanno un elevato rischio di
ipotiroidismo subclinico, pari al 16%49, pur se durante la gravidanza il titolo anticorpale tende a ridursi. Una importante causa di evoluzione verso
l’ipotiroidismo dopo la gravidanza è la tiroidite post
partum che si verifica nel 5% delle donne entro un
anno dal parto50. Di queste, 23% diventano ipotiroidee entro tre anni51. La tiroidite post partum, e
quindi la evoluzione verso l’ipotiroidismo, è particolarmente frequente nelle donne con diabete di tipo 1, nelle quali insorge in un quarto dei casi52.
Il rapporto tra ipotiroidismo subclinico e infertilità è controverso. La prevalenza di ridotta funzionalità tiroidea nelle donne infertili è 2,3% e in
due terzi di queste vi è una disfunzione del ciclo
ovulatorio53. Dopo il trattamento dell’ipotiroidismo, la maggior parte di queste pazienti ha avuto
una normale gravidanza. Tuttavia, la presenza in
queste donne di insufficienza del corpo luteo, connessa con l’ipotiroidismo e responsabile della infertilità, non è dimostrata con sicurezza54.
SCREENING DELL’IPOTIROIDISMO SUBCLINICO
Sebbene l’ipotiroidismo subclinico sia un fattore
di rischio per l’ipotiroidismo conclamato, non è accertato se sia utile sottoporre a screening i soggetti asintomatici o paucisintomatici, senza storia clinica di malattie tiroidee55. Queste incertezze derivano soprattutto dalla mancanza di sicuri beneficî
ottenibili con la terapia16. Anche le raccomandazioni delle società scientifiche non sono uniformi. Sulla base di un modello decisionale computerizzato56,
l’American Thyroid Association raccomanda la valutazione della funzionalità tiroidea ogni cinque
anni a tutti i soggetti con più di 35 anni di età57.
Con criteri più selettivi, l’American College of
Physicians raccomanda la valutazione delle donne
dopo i 50 anni con un rilievo anche occasionale di
malattia tiroidea sintomatica58, mentre il Royal
College of Physicians non ritiene giustificato uno
screening nella popolazione generale59 .
Tuttavia, poiché l’ipotiroidismo subclinico comprende un ampio spettro di condizioni cliniche con
diverso rischio di progressione, si possono identificare alcuni gruppi di soggetti da sottoporre a valutazione periodica della funzionalità tiroidea. I
pazienti in trattamento con amiodarone o con litio,
e quelli in terapia per ipertiroidismo necessitano
di un regolare monitoraggio (tabella 1).
Nelle donne in gravidanza il rilievo di un ipotirodismo anche subclinico è particolarmente importante perché può avere importanti conseguenze sullo sviluppo neuropsichico del feto47. Pertanto è necessario dosare i livelli di TSH durante la
385
Tabella 1. - Indicazioni allo screening
dell’ipotiroidismo subclinico.
Definite
gravidanza in paziente con diabete tipo 1
pazienti in terapia con amiodarone o litio
radioterapia a livello del collo
pazienti in trattamento per ipertiroidismo
pazienti con epatopatie croniche in trattamento
con interferone
pazienti con sclerosi multipla in trattamento
con interferone
Probabilmente utili
donne con più di 40 anni con sintomatologia
aspecifica e/o storia familiare di patologia tiroidea
pregressa tiroidite post partum
gravidanza (per identificare una tiroidite
post partum)
infertilità
Incerte
storia familiare di malattie tiroidee autoimmuni
depressione
demenza
Nessuna indicazione
pazienti con patologie acute
gravidanza o nelle donne che programmano una
gravidanza, soprattutto se hanno una storia familiare o personale di malattie della tiroide, segni o
sintomi di ipotiroidismo, diabete tipo 1 oppure altre malattie autoimmuni. È stato anche proposto
che lo screening delle malattie tiroidee durante la
gravidanza includa il dosaggio della FT4 nel corso
del primo trimestre, poiché una condizione di ipotiroxinemia è associata a ridotto sviluppo fetale indipendentemente da un incremento del TSH o dalla presenza di anticorpi antitiroidei60.
Non vi è consenso, invece, sullo screening delle donne in gravidanza per identificare l’insorgenza di tiroidite post partum. La prevalenza di
tale condizione varia dal 5 al 9% e un quarto delle donne che ne sono affette può andare incontro
a ipotiroidismo conclamato nell’arco di cinque anni51. In queste, è necessario monitorare annualmente la funzionalità tiroidea. Le donne con diabete di tipo 1 hanno un rischio particolarmente
elevato, tre volte superiore ai soggetti non diabetici, sia di sviluppare una tiroidite dopo il parto
che di andare incontro a riduzione della funzionalità tiroidea durante la gravidanza61. Gli anticorpi antitiroide dovrebbero quindi essere determinati nel primo trimestre e le donne positive andrebbero seguite attentamente durante e dopo la
gravidanza.
TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO SUBCLINICO
Gli studi sugli effetti della terapia con levotiroxina nei pazienti con ipotiroidismo subclinico non
forniscono risultati uniformi62,63.
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 7-8, 2005
Tuttavia, l’elemento costante che emerge è la
comparsa di efficacia della terapia con levotiroxina
soltanto nei soggetti con gradi più avanzati di insufficienza tiroidea. Infatti, la maggior parte degli
studi di intervento mostra che la terapia ha effetti
favorevoli soltanto nei pazienti con TSH superiore
a 10 mU/L, mentre in quelli con valori inferiori, che
peraltro costituiscono la gran parte dei pazienti con
ipotiroidismo subclinico, i risultati sono inconsistenti.
Se si considera il tasso di evoluzione verso la
forma conclamata e gli effetti globali della terapia, il numero di pazienti da trattare per prevenire un caso di ipotiroidismo conclamato varia
da 4,3 a 14,3, in rapporto con i livelli basali di
TSH16 e sono inferiori al numero di pazienti da
trattare con statine per evitare un evento cardiovascolare64.
Si possono quindi individuare alcuni gruppi
di pazienti nei quali la terapia può essere efficace per ridurre la progressione verso la forma conclamata, per ridurre il rischio cardiovascolare,
migliorare i sintomi e proteggere la gravidanza e
lo sviluppo del feto (tabella 2): la terapia con levotiroxina è indicata nei soggetti che in osservazioni ripetute hanno livelli di TSH superiori a 10
mU/L, in associazione con uno o più dei seguenti
elementi: età superiore a 50 anni, sintomi compatibili con ridotta funzionalità tiroidea oppure
con patologia nodulare della tiroide, storia familiare di malattie tiroidee, positività per anticorpi antitiroide, grave dislipidemia. Inoltre, la terapia è indicata nelle donne in gravidanza e in
quelle che desiderano programmarla, anche
quando i livelli di TSH sono appena al di sopra
dei limiti di norma. Sebbene non vi siano studi di
intervento per valutare i beneficî della terapia in
questo gruppo di soggetti, i rischi connessi con la
ridotta funzionalità tiroidea durante la gravidanza sono talmente elevati da giustificare il
trattamento. Pertanto il TSH dovrebbe essere
monitorato ogni due mesi e la terapia adeguata
secondo i risultati.
Tabella 2. - Indicazioni al trattamento farmacologico
dei pazienti con ipotiroidismo subclinico.
TSH > 10 mU/L
donne di età > 50 anni
pazienti gravide o desiderose di intraprendere
una gravidanza
soggetti, anche giovani, con patologia nodulare
Ipertiroidismo subclinico
Si intende per ipertiroidismo subclinico il riscontro, spesso occasionale, di valori di TSH inferiori alla norma o soppressi, con ormoni tiroidei
nella norma, in assenza o quasi di manifestazioni
cliniche evidenti65,66. I normali valori degli ormoni
tiroidei distinguono questa patologia da altre condizioni con TSH ridotto, come le gravi malattie non
tiroidee e quelle ipotalamo ipofisarie, che si associano invece a bassi livelli di ormoni tiroidei.
Le forme esogene, secondarie a terapia sostitutiva con tiroxina ed a somministrazione di amiodarone, sono quelle che si riscontrano più spesso. Anche
altri farmaci che interferiscono con la funzionalità tiroidea, come i glucocorticoidi, la dopamina e l’octreotide67, possono provocare un ipertiroidismo subclinico, ma con minore frequenza. Le forme endogene sono provocate da un gozzo multinodulare tossico,
un nodulo autonomo, malattia di Graves, o dalla fase iniziale di una tiroidite subacuta o post partum.
Nei soggetti adulti la prevalenza varia da 2% a 4%
dei gruppi di popolazione studiati10,11,22,68, ma se si
escludono le forme esogene da tiroxina, la frequenza
supera appena 1%. Si riscontra più spesso nelle donne, nei soggetti anziani e nelle aree con scarso apporto di iodio9,10. In Italia, in una comunità con basso apporto iodico, nella popolazione di tutte le età la
prevalenza è 4,7%, con valori superiori a 15% dopo i
75 anni di età13. Ciò conferma che il ridotto apporto
iodico conferisce un maggiore rischio di evoluzione
verso il nodulo autonomo iperfunzionante e l’ipertiroidismo69. La prevalenza aumenta sino al 20% tra i
pazienti in terapia sostitutiva con levotiroxina11.
COMPLICAZIONI DELL’IPERTIROIDISMO SUBCLINICO
Poiché questa patologia può essere considerata
una forma lieve di ipertiroidismo, le complicazioni
sono analoghe a quelle della forma maggiore, ma
meno frequenti. Tuttavia, sia l’evoluzione verso le
complicazioni che la risposta alla terapia possono essere molto diverse secondo l’entità dell’aumento degli ormoni tiroidei, espressa dalla riduzione del TSH.
Pertanto è conveniente suddividere i pazienti in due
categorie: con TSH tra 0,4 e 0,1 mU/L, nei quali la
maggior parte delle complicazioni sono quasi assenti, e con TSH soppresso, nei quali si rilevano le conseguenze della forma conclamata6. In genere queste
sono più frequenti quando l’ipertiroidismo è provocato da un gozzo multinodulare, perché – rispetto a
quelle dell’ipertiroidismo esogeno – le alterazioni ormonali sono di più lunga durata e generalmente si
verificano in soggetti più anziani, quindi a maggiore
rischio di fibrillazione atriale e osteoporosi.
presenza di anticorpi antitiroide
grave dislipidemia
Evoluzione verso l’ipertiroidismo conclamato
In tutti i pazienti trattati, la terapia con levotiroxina, non adeguatamente monitorata, comporta il rischio di ipertiroidismo iatrogenico e delle sue conseguenze (fibrillazione atriale e osteoporosi).
Non è frequente e si verifica nel 2% per anno,
quasi esclusivamente nei soggetti con TSH inferiore a 0,1 mU/L22. Nella maggior parte dei pazienti, soprattutto se il TSH è ridotto ma non soppresso, il quadro di ipertiroidismo rimane stabile
oppure si normalizza nel tempo5.
A. Burgio, et al.: Le malattie subcliniche della tiroide
387
Complicazioni cardiovascolari
Osteoporosi
Il lieve eccesso di ormoni tiroidei che si verifica nei soggetti con ipertiroidismo subclinico provoca un aumento della mortalità cardiovascolare
e particolarmente di quella cerebrovascolare22. In
un ampio campione di popolazione è stato osservato che nei soggetti con TSH inferiore a 0,5 mU/L
la mortalità cardiovascolare dopo dieci anni di osservazione è del 30% superiore a quella attesa,
mentre il rischio relativo di mortalità cerebrovascolare è quasi doppio rispetto ai soggetti eutiroidei. In questo studio vi sono tuttavia alcuni importanti problemi metodologici che ne rendono
difficile l’interpretazione. Nel reclutamento dei
pazienti, infatti, non si è tenuto conto di eventuali patologie non tiroidee già presenti che avrebbero potuto influenzare i valori del TSH70 ed essere
esse stesse causa di morte; inoltre non si è fatta
una netta differenziazione tra pazienti con TSH
basso o soppresso e non è stato specificato se i pazienti assumessero farmaci (dopamina, corticosteroidi, amiodarone) responsabili di un TSH basso o
soppresso.
Nelle donne in menopausa che non assumono terapia sostitutiva con estrogeni l’ipertiroidismo subclinico, sia endogeno che esogeno, è associato a ridotta densità minerale ossea76-78. In età fertile, invece, l’increzione di estrogeni protegge dalla
riduzione di massa ossea provocata dall’ipertiroidismo. Gli effetti sulla densità ossea si verificano soltanto quando il TSH è soppresso. Infatti il trattamento con tiroxina a dosi che riducono il TSH ma
non lo sopprimono, non sembra provocare riduzione
della densità ossea79. Non è chiaro però se la riduzione della densità ossea nelle donne con ipertiroidismo subclinico sia associata ad aumentato rischio di
fratture. Uno studio su un ampio gruppo di soggetti
in terapia sostitutiva con tiroxina e TSH inferiore a
0,05 mU/L non ha evidenziato alcuna differenza rispetto ai soggetti normali80. Viceversa, in uno studio
prospettico si è osservata una frequenza quasi doppia di fratture vertebrali e femorali nei soggetti con
TSH soltanto ridotto, e di quattro volte superiore in
quelli con TSH soppresso81. Tuttavia, poiché in questo studio non erano riportati i valori ormonali, non
è possibile stabilire quanti dei pazienti studiati avessero una forma subclinica o conclamata.
La qualità della vita, valutata con il questionario SF 36, è avvertita come ridotta dai soggetti con
ipertiroidismo subclinico82, e la frequenza di disordini affettivi, quali depressione e mania, sembra
più elevata rispetto ai soggetti normali83. Anche il
rischio di demenza e di malattia di Alzheimer è tre
volte più elevato nei soggetti con ipertiroidismo
subclinico, soprattutto in quelli con positività per
gli anticorpi antiperossidasi84.
Non è noto con sicurezza quale sia la base patofisiologica per l’aumento della mortalità cardiovascolare. Studi condotti su un numero limitato di pazienti indicano che l’ipertiroidismo subclinico, sia la forma esogena che quella
endogena, si associa a ipertrofia ventricolare sinistra e disfunzione diastolica24,71. Tuttavia, l’entità di tali alterazioni e la loro importanza clinica appaiono modeste.
Più rilevante è invece l’associazione tra ipertiroidismo subclinico e fibrillazione atriale. Anche
questo rapporto è condizionato dalla entità della
disfunzione tiroidea. Infatti, mentre un terzo dei
soggetti con TSH inferiore a 0,1 mU/L sviluppa
questa aritmia in un periodo di dieci anni, l’incidenza nei soggetti con TSH tra 0,1 e 0,4 mU/L non
è significativamente diversa da quella osservata
nei soggetti con TSH normale72. Ciò indica che
quando il TSH è soppresso il rischio di fibrillazione atriale è tre volte superiore a quello dei soggetti eutiroidei, mentre quando il TSH è ridotto,
ma non soppresso, il rischio non aumenta. Tuttavia, almeno in un gruppo di pazienti con ipertiroidismo subclinico endogeno non si è osservata differenza tra l’incidenza di fibrillazione atriale nei
pazienti con la forma subclinica e in quelli con la
forma conclamata73.
Poiché la fibrillazione atriale è strettamente
associata all’ictus ischemico74, i soggetti con ipertiroidismo subclinico potrebbero avere un rischio
di ictus più elevato di quello dei soggetti eutiroidei, anche se non vi sono dati accurati. Tuttavia,
oltre a questo rischio, la fibrillazione atriale è associata a una mortalità cardiovascolare quasi
doppia rispetto ai soggetti in ritmo sinusale, mortalità non dovuta a una maggiore incidenza di ictus e indipendente da coesistenti patologie cardiache75. Queste osservazioni potrebbero spiegare l’eccesso di mortalità che si verifica nei
soggetti con TSH ridotto.
SCREENING DELL’IPERTIROIDISMO SUBCLINICO
La bassa prevalenza di questa condizione rende impossibile uno screening di popolazione. Si
possono invece individuare gruppi di soggetti, in
particolari aree geografiche, nei quali il rilievo precoce di ipertirodismo potrebbe ridurne le complicazioni. Si tratta di pazienti con patologia nodulare tiroidea, soprattutto in aree di gozzo endemico,
sottoposti a un maggiore apporto di iodio oppure a
esami radiografici con contrasto iodato85, di pazienti in terapia con levotiroxina e di quelli in terapia con amiodarone o corticosteroidi.
I soggetti con TSH ridotto, ma non soppresso,
nei quali siano escluse cause centrali o non tiroidee
di ipertiroidismo, dovrebbero essere controllati dopo alcuni mesi per valutare se l’alterazione tiroidea è transitoria o persistente. Se però coesistono
fibrillazione atriale, cardiopatie oppure si tratta di
donne in menopausa, il controllo deve essere ripetuto dopo poche settimane, ricordando che i livelli
di T3 possono aumentare prima di quelli di T4.
In presenza di TSH soppresso, soprattutto nei
soggetti con fibrillazione atriale, cardiopatia ischemica o ipertensiva o in menopausa, diagnosi e terapia devono essere effettuate entro poche settimane dal rilievo iniziale.
388
Recenti Progressi in Medicina, 96, 7-8, 2005
TERAPIA DELL’IPERTIROIDISMO SUBCLINICO
Non vi sono studi controllati che dimostrino l’efficacia del trattamento. Soltanto alcuni studi osservazionali condotti su pochi pazienti mostrano
un miglioramento dei sintomi, riduzione dei battiti ectopici cardiaci, dello spessore del setto interventricolare, della funzionalità ventricolare, e una
riduzione della perdita di massa ossea86-88. Inoltre,
il ripristino dell’eutiroidismo determina la conversione a ritmo sinusale soltanto in un quinto dei pazienti con fibrillazione atriale73 e non è noto se la
terapia dell’ipertiroidismo subclinico prevenga
l’insorgenza di questa aritmia16.
Se la causa è esogena, da eccessiva somministrazione di levotiroxina come terapia sostitutiva,
la dose dovrebbe essere ridotta sino a mantenere il
TSH tra 0,3 e 3,0 mU/L, tranne che nei pazienti
con pregressa neoplasia tiroidea, nei quali devono
essere mantenute le dosi soppressive89.
Nelle forme di ipertiroidismo endogeno secondarie a tiroidite virale subacuta o post partum, che
tendono a risolversi spontaneamente, è sufficiente
un trattamento beta bloccante.
Vi è indicazione al trattamento delle forme endogene secondarie a patologia tiroidea nodulare
quando il TSH è inferiore a 0,1 mU/L oppure sono
presenti condizioni di rischio, quali fibrillazione
atriale, cardiopatia, osteoporosi (tabella 3). Nei pazienti con gozzo multinodulare tossico o con adenoma di Plummer, la terapia può essere chirurgica o radiometabolica, in quelli con malattia di Basedow in fase iniziale, la terapia di scelta è quella
medica seguita, in caso di insuccesso, dalla terapia
radiometabolica e/o da quella chirurgica.
Tabella 3. - Indicazioni al trattamento farmacologico
dei pazienti con ipertiroidismo subclinico.
TSH inferiore a 0,1 mU/L in misurazioni ripetute
età superiore a 60 anni
malattie cardiache pregresse o in atto (fibrillazione
atriale cronica, scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica cronica, cardiopatia ipertensiva)
menopausa con o senza osteoporosi
pazienti giovani con patologia nodulare della tiroide
Conclusioni
Le malattie subcliniche della tiroide costituiscono
un gruppo eterogeneo di condizioni che comprendono forme rilevate casualmente nel corso di esami di laboratorio eseguiti per altri motivi, sino a
forme che evolvono rapidamente verso la malattia
tiroidea conclamata. Anche gli studi clinici che
hanno valutato le conseguenze a livello sistemico
di queste patologie subcliniche e la risposta alla terapia non forniscono un orientamento univoco. La
principale ragione di queste incertezze è costituita
dalle differenze nella composizione dei gruppi di
pazienti studiati.
Vi è però un elemento critico più importante che
è la definizione di normalità dei livelli degli ormoni
tiroidei. Tale normalità viene riferita a un ambito di
valori ricavati da una popolazione. Tuttavia, diversamente da quanto accade, per esempio, per la pressione arteriosa, nel caso degli ormoni tiroidei la variabilità delle concentrazioni nel singolo individuo è
molto stretta ed è inferiore alla variabilità che si osserva nella popolazione nel suo complesso90. Pertanto, i valori di T3 e T4 di un individuo possono essere
al di fuori della norma per quello specifico individuo,
e quindi provocare ipo oppure ipertiroidismo tessutale, ma rientrare ancora nell’ambito dei valori considerati normali per la popolazione di riferimento. In
quest’ultima, quindi, possono essere compresi soggetti con valori realmente normali, soggetti borderline e soggetti anche francamente patologici. Pertanto, è possibile che la frequente discordanza dei risultati negli studi clinici sulle malattie tiroidee
subcliniche dipenda dalla diversa prevalenza di questi tre gruppi di pazienti nella popolazione studiata.
Inoltre, l’ipofisi è molto sensibile a piccole variazioni dei livelli sierici di T3 e T4 e l’entità della increzione di TSH che ne deriva è di tipo logaritmico. Ciò amplifica la risposta del TSH alle variazioni di T3 e T4. In tal modo, piccole modifiche
delle concentrazioni ormonali, ancora all’interno
dei valori normali per la popolazione di riferimento, possono provocare ampie variazioni del TSH,
tali da superare i limiti dei suoi valori normali.
Questi meccanismi spiegano il quadro ormonale tipico delle malattie tiroidee subcliniche, caratterizzate da TSH elevato oppure ridotto, con livelli di T3 e T4 entro i limiti considerati normali per
la popolazione.
Di conseguenza, la distinzione tra malattia
subclinica e forma conclamata è spesso imprecisa.
Infatti, in soggetti con il medesimo grado di alterazione della funzionalità tiroidea, la diagnosi dell’una o dell’altra forma dipende in gran parte dalla posizione dei valori di normalità di T3 e T4 del
singolo individuo nell’ambito dei valori di riferimento della popolazione91. Se, infatti, il livello di
normalità di un singolo individuo è al centro della
curva di variabilità della popolazione, piccole oscillazioni dei valori ormonali ricadranno sempre all’interno della normalità di popolazione. Viceversa,
se il livello di normalità è spostato verso uno dei
due estremi della curva di variabilità della popolazione, può accadere che anche piccole variazioni
dei livelli ormonali ricadano all’esterno dei limiti
di normalità della popolazione.
È possibile che, analogamente a quanto si è verificato per altre variabili biologiche quali glicemia, colesterolemia e pressione arteriosa, anche i
valori normali degli ormoni tiroidei possano essere definiti in maniera più accurata.
Attualmente, però, l’approccio al paziente con
malattie tiroidee subcliniche deve essere basato
sulle linee guida delle principali società scientifiche, sull’analisi critica degli studi pubblicati e sulla valutazione del singolo paziente.
A. Burgio, et al.: Le malattie subcliniche della tiroide
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