L’intervento psicologico nel Trattamento Multidisciplinare degli Acufeni invalidanti Dott. Stefano T. Rizzo Psicologo Unità ORL Reggio Emilia L’obiettivo dell’intervento psicologico consiste nel verificare, ed eventualmente trattare, i vissuti affettivi e cognitivi connessi all’acufene. Si tratta di un percorso tramite il quale si aiuta il paziente ad abituarsi a vivere con l’acufene in modo tale che possa percepirlo come un sintomo meno invalidante e limitante. Nella prima parte del trattamento si effettua una valutazione globale della personalità e di come il sintomo si inserisca in questa, tramite il colloquio psicologico e attraverso l’impiego di strumenti psicodiagnostici e d’indagine della personalità (THI, MMPI.2, CBA.20); questo tipo di valutazione richiede normalmente 3-4 sedute. Il concetto di abituazione è sotteso ad una celebre frase che i pazienti si sentono comunicare dai medici e che suona più o meno così: “non ci pensi, bisogna conviverci”. Tuttavia, la percezione da parte del paziente di questa comunicazione, può essere tale che spesso il conviverci può assumere anche il significato di convivere con il corollario di sintomi psico-affettivi che accompagnano il disturbo. Convivere con stati d’ansia o sentimenti di depressione. L’acufene, che attira fortemente l’attenzione del paziente, assume le qualità di un dolore cronico e rappresenta per i pazienti uno stimolo aversivo, per cui diviene fonte di stress e irritazione. Il paziente tende ad organizzare la propria quotidianeità sulla base del ritmo dell’acufene compromettendo seriamente la qualità della vita. Nel caso di pazienti affetti da acufeni invalidanti bisogna far fronte al timore del paziente di “essere matto” o di essere in procinto di diventarlo, rassicurandolo e proponendogli il fatto che esiste la possibilità di gestire in maniera differente l’acufene. Questo può risultare anche di grande utilità al medico in quanto l’angoscia suscitata dall’acufene, dal suo carattere di irrecuperabilità, viene spesso riversata sul medico il quale può percepire, non di rado, sentimenti di fastidio e pesantezza. La figura dello psicologo può essere considerata in questo ambito come un elemento che, insieme all’otorinolaringoiatra e all’audiometrista, contribuisce a costruire con il paziente un percorso altamente individualizzato. Sottolineiamo quanto diventi poi determinante la componente psicoaffettiva per il futuro adattamento o per il non adattamento del paziente e del suo entourage familiare. Curare il paziente affetto da acufene significa dunque fare in modo tale che questo non venga più percepito in maniera disturbante. Succede come quando una persona si reca ad abitare nei pressi di una stazione ferroviaria o di una strada trafficata. Inizialmente il continuo rumore può generare disagio, fastidio e irritazione. Nel corso del tempo la persona si abitua al frastuono e comincia a non 1 farci più caso nonostante il rumore sia presente. Vediamo da questo semplice esempio come l’abitudine sia un normale processo psicofisiologico. Tuttavia nel caso dell’acufene può accadere che questa abitudine non si instauri. Questo perché l’acufene quando è molto fastidioso può generare sentimenti di ansia e agitazione i quali a loro volta possono influenzare la percezione del volume dell’acufene che, diversamente dalla strada trafficata, è un suono che i pazienti sentono provenire dall’interno dando vita alla fastidiosa sensazione di non poterlo sfuggire. Si crea così un circolo vizioso nel quale una cosa alimenta l’altra con il rischio di far emergere un senso di spossatezza e impotenza perché non si riesce a deviare l’attenzione. Tale condizione mette sovente a rischio la vita quotidiana delle persone affette da questo disturbo in maniera invalidante. Infatti questi pazienti sono sempre convinti che quello che varia è il volume dell’acufene. Di conseguenza il pensiero che non esista possibiltà di controllo amplifica la paura. Uno dei primi aspetti che si affronta riguarda proprio il fatto che non è il volume che varia ma è l’attenzione che il paziente rivolge all’acufene che cambia. Questo primo passo ci permette di cominciare a spostare il “locus of control” in maniera che il paziente incominci a percepire la possibilità di controllare l’evento. Da questo punto di vista i generatori di rumore (oltre al ruolo necessario per l’induzione dell’abitudine) assumono un importante rilievo psicologico. Spesso i pazienti lo vivono come un oggetto rassicurante la cui presenza calma l’agitazione che deriva dal pensiero che ritorna e che riguarda la possibilità che l’acufene aumenti improvvisamente di rumore. Le relazioni interpersonali ed il lavoro sono le prime vittime nella lotta del paziente per cercare di arginare quella che percepisce come una spaventosa condanna. L’obiettivo finale sarà quello di aiutare il paziente a percepire l’acufene senza che questo lo infastidisca o utilizzarlo in alcuni casi come un segnale, la qual cosa significa acquisire consapevolezza tra il tipo di percezione dell’acufene ed eventuali stati emotivi significativi ad esso associati. Il percorso temporale ha una durata media di un anno, ma è possibile che duri più a lungo o di meno. Questo dipende sia dalla gravità dell’acufene sia dalla disponibilità da parte del paziente ad approcciare il problema anche da un punto di vista psicologico. Il percorso diagnostico iniziale, che prevede 3 o 4 sedute, possiede anche lo scopo di instaurare una relazione di base con il paziente al fine di poter meglio affrontare eventuali questioni affettive e relazionali legate o meno all’acufene. Nelle sedute successive si valuta con il paziente, in una ricerca comune, la natura degli eventuali disagi emersi, o dello stress, che erano relegati sullo sfondo della sua vita psichica . 2 Si cerca dunque, molto lentamente e con delicatezza, di rovesciare la prospettiva provando a far fluire sullo sfondo la percezione dell’acufene in maniera tale che questo divenga una fonte di fastidio minore. Insonnia, irritabilità, spavento, disturbi dell’umore, accompagnano la quotidianeità di queste persone. Il nostro lavoro è volto a rinforzare le sue risorse e ad allargare il campo di consapevolezza rispetto ai vissuti ed alle emozioni connesse con l’acufene. Si acquisisce un senso di padronanza maggiore sull’acufene e sugli stati emotivi ad esso associati. Dott. Stefano T. Rizzo Psicologo Unità ORL Reggio Emilia . 3