APPUNTI DI SISTEMI ED AUTOMAZIONE ELETTROTECNICA PER

APPUNTI DI
SISTEMI ED AUTOMAZIONE
ELETTROTECNICA
PER GLI ALLIEVI MECCANICI
DEI CORSI SERALI
I.T.I.S. “B. CASTELLI” – BRESCIA
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COSTITUZIONE DELLA MATERIA
La materia di cui sono costituiti i corpi che ci circondano, siano essi solidi, liquidi o
gassosi, è formata da particelle piccolissime chiamate atomi il cui raggruppamento in
modo e forme diverse dà luogo alla varietà delle sostanze conosciute.
Una delle rappresentazione dell'atomo è fornita dal modello atomico che consiste di
un nucleo carico positivamente che si trova al
centro, ed intorno al quale si muovono, su
ben determinate orbite, degli elettroni carichi
negativamente, come i pianeti intorno al sole
nel nostro sistema solare. Il nucleo atomico,
oltre
ai
protoni,
carichi
positivamente,
contiene anche i neutroni, che non sono
elettricamente carichi (neutri).
Normalmente un atomo è elettricamente neutro, cioè scarico e pertanto il numero
degli elettroni è uguale a quello dei protoni.
Gli elettroni si muovono ad una definita distanza dal nucleo, su delle orbite
elettroniche, a diversi livelli contraddistinti con le lettere K, L, M, N, O, P, Q con inizio
dal livello più vicino al nucleo. A ciascun livello compete una determinata quantità di
energia che va aumentando con la distanza dal nucleo. Ciascun livello contiene un
determinato numero di elettroni (ad esempio il livello K ne contiene 2, il livello L 8, il
livello M 18 ecc.). Il numero di elettroni totali di un atomo, che, come abbiamo detto,
è uguale a quello dei protoni, è detto numero atomico.
Ogni atomo ha un proprio peso che è la somma dei pesi dei protoni, dei neutroni e
degli elettroni. Si definisce peso atomico, il peso dei singoli atomi riferiti alla 12a parte
del peso dell'atomo di carbonio.
Una sostanza costituita da atomi di uno stesso tipo viene denominata elemento.
In natura sono stati trovati 90 tipi di atomi, altri sono stati preparati artificialmente in
questi ultimi anni per un totale di 105 elementi.
Si possono vedere nella tavola periodica degli elementi, nella quale sono stati ordinati
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secondo una logica che mette in evidenza le loro caratteristiche come ad esempio il
loro numero atomico e peso atomico.
I metalli rappresentano una categoria di elementi chimici dotati di caratteristiche
particolari, fra le altre, quella di avere alcuni degli elettroni esterni uniti tanto
debolmente da potersi spostare da un atomo all'altro. Ne risulta quindi che in seno ai
metalli si hanno degli elettroni mobili che possono spostarsi con molta facilità. In
particolari condizioni il movimento di questi elettroni può essere determinato e
ordinato. Un movimenta ordinato di elettroni che si muovano entro un metallo è detta
corrente elettrica.
In altri materiali gli elettroni sono tutti fortemente legati al nucleo e, nonostante
presentino comunque una loro valenza, la mancanza di elettroni mobili è di ostacolo
alla circolazione della corrente.
Vi sono perciò materiali conduttori che consentono agli elettroni di propagarsi entro di
essi e vi sono materiali isolanti perché in essi l'elettricità rimane localizzata, isolata,
nei punti ove si è prodotta.
Esistono materiali che non possono essere definiti ne conduttori ne isolanti. Vengono
chiamati semiconduttori (silicio, selenio, germanio) che allo stato puro si comportano
come isolanti.
Se il semiconduttore viene riscaldato gli atomi entrano in una violenta e crescente
oscillazione, esercitando una forte trazione sui legami atomici. Qualcuno di questi
legami si spezza e l'elettrone di valenza interessato diviene libero. All'aumentare della
temperatura aumentano gli elettroni liberi: il semiconduttore finisce per comportarsi
da isolante e diviene conduttore.
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CORRENTE
Abbiamo definito la corrente come un movimento di elettroni all'interno di un
conduttore e si può constatare che collegando tra loro una pila e una lampadina, si
ottiene l'accensione di quest'ultima. Causa dell'accensione è proprio la corrente
elettrica.
Quanti più elettroni passano dalla pila alla lampadina attraverso i conduttori di
collegamento, tanto più alta sarà la corrente elettrica. Già per piccolissime correnti il
numero di elettroni che attraversa i conduttori in un secondo è enorme.
Si preferisce quindi utilizzare il concetto di intensità di corrente (simbolo I) che ha
come unità di misura l'ampere (simbolo A) o i suoi multipli o sottomultipli. L'intensità
di un ampere significa che in un secondo, attraverso la sezione del conduttore
passano 6,24 x 1018 elettroni.
1 Kiloampere = 1 kA = 103 A
1 Milliampere = 1 mA =10-3 A
1 Microampere = 1 μA =10-6 A
Per misurare l'intensità di corrente si usano degli strumenti, detti amperometri.
Affinchè gli elettroni liberi, cioè gli elettroni di conduzione, si pongano in movimento,
si deve esercitare su di essi una forza propulsiva. Questa forza viene esercitata dalla
tensione elettrica.
TENSIONE
PUò essere prodotta in diversi modi.
La tensione di una batteria per pile tascabili, o quella di un accumulatore sono
prodotte mediante un processo elettrochimico.
Nella dinamo di una bicicletta, o in quella di un auto, o nel generatore di una centrale
elettrica, la tensione è generata da un processo magnetico.
In ognuna di queste sorgenti è caratteristica la presenza di connessioni dette poli:
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uno positivo e uno negativo, il primo presenta una scarsità di elettroni, il secondo sovrabbondanza.
La sorgente di tensione o generatore ha la funzione di mantenere costante questa
differenza di quantità di elettroni tra i due poli.
La comune presa che abbiamo all'interno delle case è una sorgente di tensione.
Associando più propriamente la definizione di potenziale alla quantità di carica
presente possiamo allora dire che, fra i due poli esiste una differenza di potenziale.
Ogni sistema, in cui vi è una differenza di potenziale fra punti diversi, ha la tendenza
ad uniformare tale distribuzione, muovendo le cariche elettriche dal polo negativo al
positivo.
Quindi il generatore al fine di mantenere costante la differenza di potenziale o
tensione compie un lavoro come lo faremmo noi per sollevare da terra un sasso.
Come questo sasso possiede una certa energia potenziale rispetto alla terra,
analogamente possiamo dire degli elettroni rispetto al polo positivo del generatore.
Questo riferimento al polo positivo è fatto per chiarire che qualsiasi potenziale
elettrico ha significato solo se stabilito rispetto ad un certo punto prefissato.
Nell'indicazione schematica di una sorgente di tensione, i poli vengono indicati con
delle lineette: lunga per il polo positivo e corta per il polo negativo.
E’ da osservare che mentre non può scorrere alcuna corrente in assenza di tensione,
può esservi tensione anche quando non scorre corrente poichè tutto dipende dalla
differente distribuzione degli elettroni fra i due poli della sorgente, La tensione,
elettrica viene misurata in Volt (simbolo V), o nei seguenti multipli e sottomultipli
mediante uno strumento chiamato voltmetro:
1 Kilovolt
= 1 kV = 103 V
1 Millivolt
= 1 mV =10-3 V
SORGENTE DI TENSIONE
Tensioni (V)
Batterie Monocelle
1.5
Pile
per
lampade 3X1.5=4.5
tascabili
1 Microvolt = 1 μV =10-6 V
Accumulatori al nikel
Accumulatori
1,2 / elemento
al 2 / elemeto
piombo
Reti
Reti
a
Per il funzionamento di un apparecchio
continua
elettrico
Reti
viene
sempre
indicata
la
a
corrente 110 -;- 220
corrente 220 -;- 380
alternata
tensione di rete necessaria che, per
ovvie ragioni, è normalizzata.
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Quando la tensione nominale della rete e quella indicata dall'apparecchio elettrico
coincidono, quest'ultimo può senz'altro essere collegato alla rete. Se invece la
tensione della sorgente è sensibilmente superiore a quella indicata dall'apparecchio
quest'ultimo, se inserito, potrebbe essere sovraccaricato e di conseguenza
danneggiato. Se la tensione della rete è minore di quella necessaria, non corre
pericolo, ma è il suo funzionamento che ne risulta compromesso.
RESISTENZA
Vi è, infine, una terza grandezza elettrica che gioca una parte importante, accanto
alla corrente e alla tensione: la resistenza elettrica.
Per introdurre questa grandezza riferiamoci a quello che avviene quando l'acqua
scorre nelle tubazioni. E’ intuitivo pensare che l'acqua incontri una certa resistenza a
muoversi dentro un tubo. Se sostituiamo la condotta esistente con una più lunga
l'acqua farà più fatica a percorrerla tutta; se invece prendiamo un tubo con una
sezione più grande, l'acqua passa più facilmente; così come in un tubo perfettamente
liscio piuttosto che in uno rugoso, in quest'ultimo caso l'acqua incontrerebbe una
resistenza maggiore. Si può quindi concludere che la facilità con la quale l'acqua può
percorrere una tubazione dipende dal modo nel quale è stato costruito il condotto e
che ogni condotto offre una sua resistenza al movimento dell'acqua.
Questo concetto è perfettamente applicabile a tutti i conduttori di corrente: si può
cioè dire che ogni materiale percorso da corrente offre una certa resistenza al suo
passaggio, ossia la corrente fatica a percorrerlo, ne più ne meno come l'acqua nella
tubazione. E come nel caso idraulico, anche in elettrotecnica questa resistenza
dipende dalle caratteristiche del conduttore, ossia dalle sue dimensioni e dal
materiale del quale è costituito.
Si può quindi definire la resistenza elettrica come l'ostacolo che un materiale oppone
al libero passaggio della corrente elettrica.
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Come la lunghezza, il diametro o rugosità sono esattamente definite nel momento in
cui il tubo è costruito, indipendentemente dal fatto che sia o non sia percorso
dall'acqua; allo stesso modo, un conduttore ha una resistenza elettrica anche se non
è percorso da corrente. La resistenza, è una caratteristica fisica del materiale.
Così in un circuito elettrico potremo avere tensioni e correnti diverse, ma la sua
resistenza, rimane sempre la stessa.
La resistenza elettrica R si misura in Ohm (Ω) definito come la resistenza di un
conduttore nel quale passa la corrente di 1 A se ai suoi capi è applicata la tensione di
1 V. Si hanno poi i seguenti multipli e sottomultipli:
1 Kiloohm
= 1 k Ω = 103 Ω
1 Milliohm
= 1 m Ω = 10-3 Ω
1 Microohm = 1 μ Ω = 10-6 Ω
Per determinare la resistenza di un materiale bisogna valutare i seguenti parametri:
resistività, lunghezza e sezione.
La resistività (simbolo ρ) definisce il materiale dal punto di vista della conduzione.
Più alto è il suo valore, più alta è la resistenza al passaggio della corrente.
Ovviamente per i conduttori questo valore è particolarmente piccolo. Quando un
conduttore si scalda il valore di ρ aumenta leggermente secondo la relazione :
ρ = ρ0 (1+ α ( T-20 ) )
La resistività si misura in Ω mm2/m
Valori di restività di alcuni materiali conduttori
Materiali
Argento puro 99,98%
Rame elettrolitico
Oro
Alluminio crudo-puro 9,5%
Tungsteno
Bronzo-fosforoso
(linee telefoniche)
Nichel puro
Acciaio (filo)
Ferro puro 99%
Platino
Piombo
Argentana
Manganina
Costantana
Ghisa
Nichelcromo
Mercurio
Grafite
coke amorfo
Per spazzole
Resistività ρ0
(Ω mm2/m)
a 0 °C
0,016
0,0177
0,023
0,028
0,055
0,07
0,072
0,1 -;- 0,25
0,1 -;- 0,15
0,1
0,21
0,35 -;- 0,4
0,42 -;- 0,46
0,5 -;- 0,51
0,6 -;- 1,5
0,9 -;- 1, 1
0,95
4 -;- 20
38 -;- 40
20 -;- 100
Coeff. di temperatura
α 10-3 (a 20°C)
3,8
3,9
3,4 -;- 3,8
4
4,5
3,9
6
4,5 -;- 5
4,5
3,6
4
0,07
0,01
circa O
0,11 -;- 0,16
0,89
-
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Ad esempio se un conduttore di rame lavora alla temperatura di 80°C la sua
resistività vale ρ = ρ0 (1+ α ( T-20 ) ) = 0.0177 ·(1+ 3.9 · 10-3 ( 80-20 ) )=0.021
La tabella ci fornisce alcuni valori di resistività relativi a conduttori.
Per gli altri due parametri, lunghezza e sezione, si può dire che la resistenza aumenta
all'aumentare della lunghezza del conduttore e al diminuire della sezione.
Sinteticamente questi elementi si possono esprimere in una formula:
R  
l
S
dove I è espresso in m e S in mm2.
In taluni casi può essere utile usare, invece dei valori di resistenza, quelli della
conduttanza che rappresenta la facilità con la quale un materiale si lascia attraversare
dalla corrente. La conduttanza sarà perciò l'inverso della resistenza:
G=1/R ( S-> Siemens)
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ELEMENTI DEL CIRCUITO ELETTRICO
Se si collegano mediante un conduttore i due poli di una pila scorrerà una corrente di
elettroni dal polo negativo al polo positivo.
Nella tecnica, si assume per convenzione che la corrente scorra nel conduttore nel
verso opposto, cioè dal polo positivo al negativo come se si muovessero i protoni
anzichè gli elettroni, questo perchè il verso della corrente elettrica venne stabilito
prima di conoscere la struttura elettronica della materia.
Il collegamento esterno dei due poli della pila con un utilizzatore, viene detto circuito
elettrico.
Un circuito elettrico contiene sempre questi elementi:
- la sorgente di tensione, intesa in senso generale (generatori, accumulatori o pile)
- il carico o utilizzatore
- le linee di collegamento costituite da cavi, fili o altri conduttori
- l'interruttore.
La sorgente di tensione è l'elemento che produce una
forza di natura elettrica (tensione elettrica) la quale,
spinge gli elettroni a muoversi lungo il circuito esterno,
dando origine alla corrente.
Ai
morsetti
del
generatore
distinguiamo
la
forza
elettromotrice (E) che è la differenza di potenziale del
generatore a circuito chiuso e la tensione (V) che è più
generica ed è a circuito aperto. Quando un circuito è
chiuso la tensione ai capi del generatore diminuisce e
viene chiamata differenza di potenziale.
Ad esempio: una pila da 12 volt, che è la differenza di potenziale a circuito aperto,
quando alimenta un circuito, diminuisce, ad esempio arriva a 10 volt; questa è la
forza elettromotrice. Il suo valore, inferiore alla tensione, è dovuto alla resistenza
interna del generatore che ne assorbe una parte.
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Ai capi di ogni utilizzatore ( resistore ) percorso da corrente vi è una differenza di
potenziale che possiamo verificare con un Volmetro e che impareremo a calcolare nel
prossimo paragrafo. Anche all’interno del generatore c’è una resistenza e nel
momento in cui si provoca il passaggio di corrente genera una caduta di tensione che
si sottrae alla tensione a vuoto del generatore.
V = E - V c.d.t.
L'utilizzatore è comunemente rappresentato da un resistore che di fatto può essere
un qualsiasi apparecchio costruttivamente anche molto complesso.
Non interessa quanto sia complicato internamente, basta solo sapere che si tratta di
un apparecchio con due morsetti esterni e che dalle misure eseguite a questi
morsetti, rivela un certo comportamento elettrico.
Se associamo una polarità anche all'utilizzatore, si può dare una definizione diversa di
generatore e utilizzatore.
Definiamo generatore un elemento del circuito in cui la corrente esce dal polo
positivo, utilizzatore un elemento in cui la corrente entra dal polo positivo.
Questo modo di vedere le cose qualifica gli elementi solo in base al loro
comportamento circuitale e non in base alla loro effettiva costituzione interna,
facilitando così lo studio dei circuiti elettrici.
Quando la corrente scorre in un circuito ad essa è sempre connesso un trasferimento
di energia elettrica dalla sorgente di tensione (generatore) all'utilizzatore.
Gli elementi del circuito possono essere identificati allora in un altro modo:
 il generatore è l'elemento che riceve energia dall'esterno (ad esempio sotto
forma chimica o meccanica) e la trasforma in energia elettrica che invia sulla
linea;
 la linea è l'elemento che riceve energia elettrica dal generatore, la trasporta
lungo tutta la sua estensione e infine la trasferisce all'utilizzatore;
 l'utilizzatore è l'elemento che riceve energia elettrica dalla linea e la trasforma
in un altro tipo di energia (meccanica, termica, chimica, ecc.) secondo quanto
richiesto dall'impiego previsto.
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Queste considerazioni energetiche chiariscono maggiormente il significato di sorgente
e di utilizzatore in seno ad un circuito elettrico, e mettono in evidenza relativamente
al flusso di energia l'ambivalenza dei due elementi. Così una batteria eroga energia a
spese dell'energia chimica in essa accumulata durante la scarica; quando invece viene
posta in carica, assorbe energia elettrica dal circuito e la accumula sotto forma di
energia chimica.
Perchè il circuito elettrico possa essere effettivamente utilizzato a discrezione
dell'operatore è necessario aggiungere un dispositivo che ne permetta l'interruzione o
la chiusura a seconda delle esigenze.
Il passaggio da uno stato all'altro, ossia da un circuito funzionante a un circuito in
stato di riposo e viceversa, si ottiene mediante un apparecchio chiamato interruttore che deve essere sempre presente in ogni circuito. Esso va posto in un punto
della linea che collega la sorgente all'utilizzatore, poichè è qui che si effettua
l'interruzione per aprire il circuito.
In alcune applicazioni circuitali talvolta serve inserire dei resistori con resistenze di
valore idoneo per permettere determinate condizioni di funzionamento del circuito, a
tal fine in commercio sono disponibili, per le diverse applicazioni, resistori di valore
opportuno.
Ad esempio,esistono resistori ad impasto di carbone il cui valore è indicato dal "codice
a colori".
Il primo anello colorato, quello situato alla distanza di 1 mm circa dal bordo del
componente, dalla parte opposta a quella in cui è presente il quarto anello d'argento
o d'oro, consente di stabilire la prima cifra
del valore ohmmico. Il secondo anello consente di individuare la seconda cifra,
mentre il terzo anello è quello del moltiplicatore. Il quarto anello stabilisce la
tolleranza del resistore, ossia la percentuale di discordanza, in più o in meno, tra il
valore effettivo e quello indicato dal codice.
Per chiarire l'uso del codice colori facciamo un esempio pratico. Si supponga di avere
in mano una resistenza in cui il 1 ° anello sia di color giallo (il 1° anello è sempre
quello che si trova all'estremità opposta rispetto all'anello di color argento od oro), il
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2° anello sia di color viola, il 3° anello sia di color arancione, il 4° anello di color
argento.
Dal codice si rileva che al 1° anello di color giallo corrisponde il numero 4; al secondo
anello, di color viola, corrisponde il numero 7; al terzo anello, di color arancione,
corrispondono tre zeri. Mettendo in fila uno dopo l'altro questi numeri si ottiene il
valore di quella resistenza, che è di 47.000, mentre il 4° anello di color argento, sta a
significare che la tolleranza è del 10%. Quando il quarto anello, quello relativo
all'indicazione della tolleranza del componente, è assente, il valore oscilla di un 20%.
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LEGGE DI OHM
Abbiamo visto finora quali sono gli elementi del circuito elettrico e le grandezze
relative: corrente, tensione e resistenza. Troveremo ora una relazione fondamentale
tra queste grandezze che è alla base dello studio dei fenomeni elettrici che è la legge
di Ohm. Per riconoscere questa interdipendenza eseguiamo alcune misure in un
circuito elettrico, mediante due strumenti di misura, amperometro e
voltmetro, collegati come in figura,
poichè l'uno, come misuratore di
corrente, dovrà da questa essere
attraversato,
e
l'altro,
come
misuratore di tensione, andrà inserito
tra il polo positivo e quello negativo.
Basiamo la prima serie di misure sui seguenti presupposti:
- la resistenza R ha il valore di 450 Ω e non varia,
- la tensione viene aumentata progressivamente.
V
4.5
I
10
9
13.5
20
18
30
V
40
mA
Si può dedurre che l'intensità di corrente I, a parità di resistenza R, aumenta nello
stesso rapporto della tensione V: doppia tensione dà una doppia intensità di corrente.
Si può dire altrimenti che la corrente I è direttamente proporzionale alla tensione V,
se la resistenza R non varia.
Vediamo adesso i risultati di una seconda serie di misure. Lo schema è sempre lo
stesso, ora, però, resta costante la tensione V= 18 V, mentre viene progressivamente
aumentata la resistenza: 450 Ω , 900 Ω, 1800 Ω, iI che si può ottenere inserendo
resistenze di carico di valore man mano crescente.
R
450
900
1800 Ω
I
40
20
10
mA
Osservando questi risultati si vede che l'intensità di corrente I si riduce, se la tensione
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V non varia, nel rapporto inverso dell'aumento della resistenza R; ad
esempio doppia resistenza dà metà corrente. In altre parole: l'intensità di corrente I è
inversamente proporzionale al valore della resistenza R, se la tensione V non varia.
I concetti espressi attraverso queste due serie di misure si possono esprimere molto
chiaramente con una sola formula:
I
V
R
Questa relazione fondamentale fra le tre grandezze del circuito elettrico, è detta
legge di Ohm
La legge di Ohm quindi ci permette di stabilire il valore di una delle tre grandezze
fondamentali del circuito elettrico quando siano noti i valori delle altre due.
Esempio
1) Un utente sa che il valore della sua resistenza di carico dovrebbe essere di 880 Ω.
Egli ne vuole calcolare l'assorbimento di corrente, avendo una tensione di 220 V
I = V/R = 220 V / 880 Ω = 0,25 A
2) Se attraverso una resistenza R = 400 Ω deve passare una corrente I = 0,25 A,
quale tensione occorre?
V = R x I = 400 Ω x 0,25 A = 100 V
3) Un utilizzatore assorbe una corrente di 0,3 A con una tensione di 27 V. Si vuole
conoscere la resistenza R
R=V/I = 27 V/0,3 A= 90 Ω
Parlando del circuito elettrico si era definita caduta di tensione l'effetto della corrente
in un utilizzatore o in un elemento qualsiasi di circuito (ad esempio: cavi di
collegamento).
Adesso si può dire che la caduta di tensione causata da un resistore non è altro che
il prodotto della resistenza dell'elemento in esame per la corrente che l'attraversa.
Funzionamento a vuota e in corto circuito
In un circuito elettrico esistono due importanti condizioni di funzionamento estreme
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che chiameremo: il funzionamento a vuoto e il funzionamento in corto circuito. .
Nel funzionamento a vuoto il circuito si trova in una condizione di resistenza
infinitamente grande, generalmente causata dall'apertura dell'interruttore, per cui non
può scorrere alcuna corrente. Si può pensare ad un generatore rotante (ad es. .una
dinamo) che, anche con l'interruttore aperto, può continuare a girare, ma che non
può immettere corrente nel circuito elettrico che è aperto. Anche una semplice presa
di corrente di casa, si trova in condizione di funzionamento a vuoto quando nessuna
spina è inserita.
L'altra condizione estrema è quella di funzionamento in corto circuito. In questo caso
la resistenza del circuito è talmente piccola da poter essere considerata praticamente
nulla. Un corto circuito si ha, ad esempio, quando i poli di una batteria di una torcia
elettrica vengono in diretto contatto tra loro oppure quando in un cordone per la
spina di un elettrodomestico l'isolante presenta un taglio od una smangiatura e i due
fili o trecce d i rame vengono fra loro in contatto: si stabiIisce allora una fortissima
corrente che può divenire pericolosa.
In questo caso la corrente di corto circuito è limitata solo dalla bassa resistenza
interna della sorgente, si ha allora una corrente molto elevata:
Nella pratica, per evitare questo, si ricorre a un interruttore di sicurezza, o a un
fusibile, che intervengono automaticamente aprendo il circuito e riportando il
funzionamento a vuoto, con corrente I = 0.
EFFETTI SUL CORPO UMANO
Queste prime nozioni di elettrotecnica ci permettono di fare alcune importanti
considerazioni sugli effetti dell'elettricità sul corpo umano.
Il corpo umano presenta una resistenza di valore incerto e variabile, prevalentemente
concentrata sulla pelle, (le parti interne, per la loro stessa costituzione, hanno una
bassissima resistenza).
La resistenza della pelle è variabile a seconda delle condizioni d'ispessimento, di
umidità e uniformità. I valori misurabili oscillano tra poche centinaia ed alcune
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migliaia di ohm.
Quando viene in contatto con parti in tensione il corpo può essere attraversato da
una corrente di intensità I che obbedisce alla legge di Ohm:
Il grado di pericolosità è legato direttamente a questa. A seconda dell'intensità si
possono avere i seguenti effetti:
- Per valori compresi tra 1 e 5 mA (millesimi di ampere) la corrente non è pericolosa e
non viene neppure percepita.
- Con valori tra 5 e 30 mA si avverte la scossa elettrica con possibilità di contrazioni
dei muscoli e tendenza all'incollamento del soggetto alla parte metallica in tensione.
- Per valori compresi tra 30 e 80 mA le contrazioni si estendono alla cassa toracica ed
ai muscoli del cuore con disposizione allo svenimento sopra i 50 mA.
- Oltre 80 mA si ha la fibrillazione cardiaca e paralisi dei centri nervosi respiratori.
L'effetto è quasi sempre mortale.
E’ importante che, in ogni caso, il corpo sia convenientemente isolato verso terra,
perchè così si può limitare il più possibile la corrente che lo attraversa. E’
indispensabile quindi, quando si vuole eseguire una riparazione in un impianto
casalingo sotto tensione, isolarsi a dovere salendo su di una pedana di legno;
non ci si deve mai appoggiare imprudentemente al muro o toccare il soffitto con una
mano mentre, con l'altra, si è in contatto con il conduttore di tensione. Meglio ancora
è lavorare su conduttori non in tensione aprendo, preventivamente, l'interruttore che
comanda il circuito che si vuole riparare.
Un nemico insidioso è l'acqua, (non quella distillata) che abbassa notevolmente il
valore della resistenza del corpo umano. Se disponete di un ohmmetro provate a
misurare la resistenza del vostro corpo in condizioni normali e dopo esservi bagnati le
mani. I due valori che rileverete saranno molto differenti fra loro, alta resistenza nel
primo caso, bassa nel secondo; il che vuoi dire per la legge di Ohm che, a parità di
tensione, mentre in condizioni normali la corrente è compresa tra i 5 e i 30 mA, se
bagnati supererà ampiamente i 30 mA divenendo mortale.
Nel bagno quindi bisogna assolutamente evitare il contatto con conduttori di tensione.
E’ per questo che il pulsante di chiamata per il campanello non si disporrà all'altezza
della vasca, ma in alto verso il soffitto; azionato da un filo isolante .(di seta o di
nylon).
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COLLEGAMENTI NEI CIRCUITI
I tipi di collegamenti, sia dei generatori che degli utilizzatori, nei circuiti sono
fondamentalmente due: il collegamento in serie e quello in parallelo. Analizzeremo
separatamente il collegamento fra generatori e quello fra resistenze.
I più comuni generatori di tensione sono le pile che possono erogare tensioni di 1,5 4,5 - 9 volt e sono caratterizzate dalla capacità che si esprime in ampere/ora. Ad
esempio una batteria da 70 A/h può erogare una corrente di 70 A per un’ora oppure
una corrente di 35 A per due ore.
Collegamento in serie
Si possono collegare in serie, come in figura, sia che abbiano la stessa tensione sia
che abbiano tensioni differenti
Questo collegamento, dà una tensione totale uguale alla somma delle tensioni delle
singole pile . Ad esempio se colleghiamo in serie ad una pila da 4,5 volt una da 9 volt
otterremo una tensione totale di: 4,5 + 9 = 13,5 volt
E’ opportuno che in un collegamento di questo tipo le pile abbiano la stessa capacità.
Se la pila da 4,5 volt ha una autonomia di 10 ore, quella da 9 volt di 3 ore,
collegandole in serie cesseranno di fornirci tensione dopo solo 3 ore, cioè quando la
pila da 9 volt, si sarà scaricata.
Il collegamento in serie fra due o più generatori si esegue collegando il morsetto + di
uno di essi col morsetto "_" di quello successivo e così via. L’ultimo morsetto "+"
rimasto libero sarà il polo positivo del generatore risultante dalla serie, mentre il
primo morsetto "_" rimasto libero, sarà il polo negativo. Come detto le singole forze
elettromotrici si sommano; il generatore risultante dalla serie avrà pertanto forza
elettromotrice: E = E1 + E2 + E3 e ogni generatore sarà percorso dalla stessa
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corrente.
Collegamento in parallelo
Per il collegamento in parallelo dei generatori si devono unire fra loro tutti i poli
positivi e fra loro tutti i poli negativi...
Prendendo due pile da 4,5 volt e collegando insieme i loro terminali positivi ed i loro
terminali negativi e poi a questi la lampadina, questa si accenderà con la stessa
intensità che si ottiene usando una sola pila il che significa che nel circuito passa la
stessa corrente di quando c’era collegato un solo generatore.
In questa situazione le pile sono percorse da una corrente che è la metà di quella che
passa se il circuito è alimentato da una sola pila. In coppia possono far circolare il
doppio della corrente che era in grado di far circolare una sola pila.
Questo collegamento, non ha modificato il valore della tensione che rimane sempre di
4,5 volt, ma solo la sua potenza.
In pratica si è raddoppiata l'autonomia della pila, vale a dire che se una sola pila
poteva tenere accesa la lampadina per 10 ore, collegandone due in parallelo si
riuscirà a tenerla accesa per 20 ore.
Si possono collegare in parallelo anche due, tre, quattro pile a patto che eroghino la
stessa tensione, quindi possiamo collegare in parallelo due o più pile da 4,5 volt
oppure due o più pile che eroghino 9 volt, ma non possiamo collegare in parallelo una
pila da 4,5 volt con una da 9 volt perché la pila che eroga una tensione maggiore si
scaricherebbe sulla pila che eroga una tensione minore.
In questa situazione le pile sono percorse da una corrente che è la metà di quella che
passa se il circuito è alimentato da una sola pila.
19
Ci occuperemo adesso del collegamento di elementi circuitali che si possono
rappresentare attraverso i loro parametri equivalenti, e cioè le loro resistenze.
Due o più resistenze si dicono collegate in serie quando sono percorse dalla
medesima corrente.
Le resistenze rappresentate in figura
sono in serie: la somma delle tensioni
applicate ai singoli elementi è pari alla
tensione imposta dalla sorgente. Si ha
allora:
V = V1 + V2 + V3
Essendo:
V1 = R1 · I , V2 = R2 · I , V3 = R3 · I
per tutto il circuito si ha: V = Rtotale · I
possiamo scrivere:
Rtotale · I = R1 · I + R2 · I + R3 · I = (R1 + R2 + R3) · I
cioè:
Rtotale = R1 + R2 + R3
Nel collegamento in serie, la resistenza equivalente è uguale alla somma delle
resistenze singole.
Ad esempio con:
R1 = 10 Ω, R2 = 20 Ω, R3 = 50 Ω.
La resistenza equivalente vale:
Rt = R1 + R2 + R3 = 10 + 20 + 50 = 80 Ω
Due o più resistenze si dicono collegate in parallelo se sono sottoposte alla medesima
tensione.
Le
resistenza
assorbono
ognuna
una
corrente data da:
I1=V/R1 , I2=V/R2 , I3=V/R3 ,
Poiché per la resistenza totale Rt si ha
I=V/Rt
Possiamo scrivere
I=I1+I2+I3
ovvero : V/Rt = V/R1 + V/R2 + V/R3
20
1/Rt = 1/R1 + 1/R2 + 1/R3
Nel collegamento in parallelo sommando i reciproci delle resistenze singole, si ottiene
il reciproco della resistenza totale.
Il risultato del collegamento in parallelo è che la resistenza equivalente (totale) di più
elementi in parallelo è più bassa di quella di ogni singolo componente.
Ad esempio, se R1 = 2 Ω e R2 = 8 Ω si avrà:
1/Rt=1/2+1/8= 5/8  Rt=8/5=1.6 Ω
Confrontiamo con un esempio i due tipi di collegamenti. Se colleghiamo due
lampadine prima in serie e poi in parallelo ad una sorgente di tensione (es. una pila),
nel primo caso la tensione si suddividerà fra le due lampadine, mentre nel secondo
caso alle due lampade sarà applicata tutta la tensione della pila.
Il risultato sarà che circolerà più corrente nel circuito parallelo e quindi le lampade
brilleranno di più.
Si osservi che in un circuito in serie le resistenze non sono indipendenti fra loro
poichè l'interruzione di una di esse provoca l'interruzione di tutto il circuito (la
corrente non transita più). Nel collegamento in parallelo, invece, l'interruzione di un
elemento non influisce sugli altri, provoca solo una riduzione nel valore della corrente
totale: negli impianti domestici, infattj.. si può spegnere una lampadina o inserire un
qualsiasì utilizzatore senza che gli altri ne risentano.
I concetti illustrati trovano una pratica applicazione in alcuni dispositivi utilizzati per
21
modificare a piacere le grandezze fondamentali in un circuito elettrico. In particolare
si può verificare la necessità di limitare il valore massimo della corrente,
indipendentemente dalle caratteristiche dell'utilizzatore a parità di tensione ai
morsetti, oppure può essere necessario disporre di una tensione inferiore a quella del
generatore.
Nel primo caso si utilizzano dei reostati, costituiti da resistori aventi una resistenza
che può essere variata a piacere e che sono inseriti in serie al circuito da controllare.
In tal modo la resistenza del reostato si somma a quella dell'utilizzatore e consente
così di ridurre il valore della corrente circolante.
Quando si debba ottenere una tensione inferiore a quella fornita dall'alimentazione, si
può ricorrere al circuito potenziometrico o partitore di tensione il cui funzionamento si
basa sulla caduta di tensione che si verifica su una resistenza.
Come si vede in figura la tensione V2 ai capi della
resistenza R2 è inferiore alla tensione E1.
Sfruttando le nozioni apprese riguardo alla legge di Ohm
ed al collegamento in serie e parallelo di resistenze,
risolviamo un semplice problema.
Dato lo schema riportato in
figura sia: VAB = 24 V e
R1= 20 Ω; R2 = 30 Ω; R3 =
20 Ω il valore delle singole
resistenze.
Si vuol sapere qual'è la
corrente totale generata, quella nei due rami del parallelo e le cadute di tensione
sulle singole resistenze.
Si calcola innanzitutto la resistenza totale del parallelo:
RP 
R2  R3
30  20

 12
R2  R3 30  20
Questa resistenza è ora i serie con R1, si possono quindi sommare e si ottiene la
22
resistenza equivalente nel circuito.
RE=R1+R23=20+12 = 32 Ω
La corrente generata è :
I=E/RE = 24/32 = 0.75 A
La caduta di tensione su R1 è:
V = R · I = 20 · 0,75 = 15 V
quella su R2 e R3, essendo in parallelo, sarà uguale e pari a:
V23 = RP · I = 12 · 0,75 = 9 V
Infine le correnti su R2 e R3 saranno rispettivamente:
I2 = V23 / R2 = 9 / 30 = 0.3 A
I3 = V23 / R3 = 9 / 20 = 0.45 A
23
LAVORO, POTENZA, RENDIMENTO
Il senso comune associa la parola "lavoro" al concetto di fatica. Nella fisica questo
concetto ha bisogno di una definizione più esatta, in modo che non abbia riferimenti
soggettivi alle capacità fisiche degli uomini.
Viene chiamata lavoro, la grandezza corrispondente al prodotto di una forza,
applicata ad un corpo, per lo spostamento che essa provoca del corpo stesso:
L=F x s
Un esempio tipico e immediato di lavoro è dato dal sollevamento di un oggetto,
effettuato vincendo l'attrazione gravitazionale: io compio un lavoro se alzo un corpo
con una forza F e lo porto più in alto di s metri.
Ma se poi questo stesso oggetto viene lasciato cadere, attratto dalla gravitazione, è
allora la forza gravitazionaie che compie lo stesso lavoro in senso inverso.
Attraverso questo esempio è possibile introdurre un'altra grandezza chiamata energia,
intesa fisicamente come la capacità del sistema di compiere un lavoro.
Dunque, energia e lavoro costituiscono la medesima grandezza fisica, solo che la
prima costituisce la "possibilità di fare qualcosa" da parte di un sistema ed il secondo
invece "ciò che questo sistema fa".
L'unità di misura delle due grandezze è il Joule (J).
L'energia si manifesta in varie forme e può subire delle trasformazioni. L'energia
accumulata dall'oggetto del nostro esempio è detta potenziale. Quando questa fa
compiere lavoro all'oggetto facendolo cadere verso terra, si trasforma in moto ed è
detta cinetica.
Se consideriamo un sistema idraulico con serbatoio d'acqua ad un certo livello,
collegato con condotte a una turbina sottostante, si può dire che l'acqua possiede
inizialmente una energia potenziale; aprendo le valvole, quando l'acqua comincia a
scendere ed acquista velocità l'energia diventa cinetica. L'acqua arrivando alle pale
della turbina, la mette in rotazione compiendo un lavoro a spese della sua energia
cinetica.
In definitiva quindi possiamo dire che il lavoro rappresenta lo stato di passaggio da
una forma di energia ad un'altra.
24
Un generatore elettrico che trasforma un'energia qualsiasi (idraulica, termica,
chimica) in energia elettrica, compie un lavoro. Un utilizzatore elettrico che riceve
energia elettrica e la trasforma in energia meccanica o termica compie anch'esso un
lavoro.
La potenza è definita come il lavoro compiuto nell'unità di tempo
P=L/t
L'unità di misura della potenza è il Watt (Joule/sec) (simbolo W) ossia il lavoro di 1
Joule compiuto nel tempo di 1 secondo. In pratica, partendo dalla potenza, si
preferisce utilizzare come unità di misura per l'energia elettrica anzichè il Joule, il Wh
(wattora) corrispondente a 3600 Joule, oppure il kWh pari a 3.600.000 Joule.
E’ importante sapere quanta energia viene prodotta da un generatore, ma dobbiamo
anche sapere in quanto tempo ciò avviene e in quanto tempo viene utilizzata.
La potenza elettrica può essere definita partendo dal fatto che per il trasporto di una
quantità di carica q = I t attraverso una sezione qualsiasi del conduttore c’è bisogno
di un lavoro L = q V ( vedere il campo elettrico ) da cui segue che:
P=L/t = qV/t = VI
Ricordando che V = R x I, la potenza si può esprimere anche in questo modo:
P = R x I x I = R x I2 = V 2 / R
Come già accennato, in un conduttore sottoposto ad una d.d.p., gli elettroni si
muovono nella direzione delle forze elettriche. Il loro moto genera, a causa degli urti
ed attriti con i nuclei degli atomi fissi, uno sviluppo di calore nel conduttore di
resistenza R.
Precisamente si converte in energia termica la parte di energia cinetica che gli
elettroni perdono nei loro urti ed attriti con i nuclei degli atomi.
Quindi, qualsiasi conduttore percorso da corrente si riscalda.
25
Joule ha dimostrato sperimentalmente che la quantità di calore Q, espressa in joule,
prodotta nel tempo t in un conduttore di resistenza R percorso da corrente I, è pari a
Q=R I2t
Questo fatto presenta un duplice aspetto, uno positivo e l'altro negativo.
L'aspetto positivo consiste nel fatto che la produzione di calore può costituire lo scopo
per cui è realizzato un apparecchio elettrico. Fra i vantaggi del riscaldamento elettrico
si possono ricordare l'assenza di fumi ed esalazioni che si verificano con i sistemi a
combustione, la facilità e rapidità di accensione e la possibilità di regolare facilmente
la quantità di calore erogata.
D'altro Iato, almeno in Italia, vi è il problema economico poichè le tariffe dell'energia
elettrica non sono competitive per il costo dei combustibili.
L'aspetto negativo dell'effetto termico, consiste nel fatto che corrisponde ad una
energia dissipata lungo i conduttori, il che equivale a energia generata, ma non
utilizzata per lo scopo dell'impianto; quindi si tratta di una perdita che deve essere
tenuta in considerazione nel bilancio economico del funzionamento complessivo.
Approfondiamo questo aspetto introducendo il concetto di rendimento.
Riferiamo questa definizione al funzionamento di una macchina, tenendo però presente che il concetto è del tutto generale e valido per qualsiasi sistema reale che
trasformi energia o potenza.
Sia allora, Pa la potenza assorbita da un generico apparecchio, ossia la potenza che
entra in un generatore o in un utilizzatore; Pu la potenza utilizzata, ossia quella che
viene impiegata per lo scopo previsto (ad esempio, produzione di energia elettrica nel
generatore).
Definiamo il rendimento della macchina il rapporto fra la potenza utile fornita e quella
assorbita

Pu
Pa
26
Il rendimento varia da macchina a macchina, sia in relazione al tipo che alle
caratteristiche costruttive. Ad esempio una macchina a vapore ha rendimento intorno
al 10 - 15%, un motore a scoppio circa il 30%, mentre una macchina elettrica può
oltrepassare il 95%. .
Il concetto di potenza e le successive valutazioni sulle perdite di potenza in calore
permettono di fare altre considerazioni per quanto riguarda la scelta di resistori ad
impasto di carbone per esigenze di tipo radiotecnico.
Per selezionare un resistore con sufficiente precisione in modo che non arrechi danno
in un dato circuito, sarà innanzitutto necessario determinare la potenza che il
resistore dissiperà nel circuito. Si sceglierà quindi un resistore la cui potenza sia di
valore più alto (generalmente doppio) di quello calcolato.
Esempio
Si devono scaldare 50 litri di olio in 15 minuti, da 20 a 60°C, con una resistenza
elettrica posta in un forno. L’alimentazione è 230 V ed il filo della resistenza è di
nichel cromo ( resistività=1Ω mm2/m a 0 °C )
Determinare la lunghezza del filo supposto di una sezione di 2 mm2 .
( rendimento del forno 90% )
La massa dell’olio è
m=ρ · V=0.875 · 50 = 43.75 Kg
Il calore necessario
Q= m · c · (Tf-Ti) =43.75 · 2000 · 40 = 35 · 105 J
La potenza necessaria
P=Q/t=35 · 105/900=3888 w
La potenza del forno
Pr=P/0.9=4321 w
La corrente necessaria è
I=P/V=4321/230= 19 A
La resistenza vale
R=P/I2= 4321/192= 12 Ω
Lunghezza del filo
L=R·s / ρ =12·2 / 1=24 m
Si è trascurato il riscaldamento degli organi interni del forno e la correzione della
resistività per l’esiguo innalzamento della temperatura.
27
Il campo elettrico
Si è visto, parlando di materiali conduttori e isolanti, che esiste un fenomeno di
elettrizzazione dei corpi capace di generare delle forze.
Tutti conosciamo il fenomeno della bacchetta di materiale isolante che sfregata con
un panno di lana si elettrizza ed attrae piccoli pezzi di carta .
Inoltre dalla fisica sappiamo che cariche elettriche di segno opposto si respingono
mentre quelle di segno contrario si attraggono.
La carica elettrica viene misurata in Coulomb (simbolo C) ed è un multiplo della
carica dell’elettrone che vale 1,6021892 ×10-19 C (coulomb)
Definiamo ora la legge che governa i fenomeni di attrazione o repulsione tra cariche
elettriche. La possiamo enunciare così: la forza di attrazione (o repulsione) che
agisce su due cariche elettriche è proporzionale al loro prodotto, inversamente
proporzionale al quadrato della loro distanza e dipende dalla natura dell'isolante che
le separa. (La dipendenza del quadrato della distanza fa si che, all'aumentare di que-
d
2
2
q
q

1

K
F
sta, la forza diminuisca notevolmente).
L’entità della forza dipende dal mezzo interposto fra le cariche, caratterizzato dalla
costante K che vale :
K
1
4 0 r
con εo costante dielettrica del vuoto ed εr la costante dielettrica del mezzo interposto.
Se poniamo una carica elettrica in uno spazio vuoto, essa resta dove la si pone; ma
se essa si trova immersa in una porzione di spazio influenzata da un'altra carica,
comincerà a muoversi per effetto delle forze coulombiane, avvicinandosi o
allontanandosi a seconda del suo segno, Si dice allora che nello spazio vuoto dove
esiste una carica si produce un campo elettrico che possiamo definire quindi come la
regione dello spazio in cui si manifestano delle forze elettriche sui corpi elettrizzati
che vi vengono introdotti.
C N
q F
E
La forza F, agente sull’unità di carica elettrica, dà l’intensità E del campo elettrico:


 

 
28
Un campo elettrico è rappresentato
dalle sue linee di forza: le traiettorie
che compie un corpo elettrizzato
quando vi
viene immerso.
convenzione
queste
linee
Per
si
allontanano dai corpi elettrizzati
positivamente e vanno verso quelli
elettrizzati negativamente.
Osservando
il
campo
elettrico generato da due
cariche di segno opposto
osserviamo che le linee di
forza
vanno
da
un
elettrodo all'altro e sono
sempre normali al punto
della
superficie
degli
elettrodi da cui partono o su cui arrivano.
Quando le linee di forza sono tra loro parallele e uniformemente
distribuite il campo elettrico è detto uniforme.
Il campo elettrico, come quello gravitazionale è conservativo,
pertanto anche la forza elettrostatica come quella gravitazionale è
conservativa.
Si può perciò definire una energia potenziale elettrica con proprietà
simili a quella gravitazionale ed affermare che il lavoro per portare una carica da un
punto A ad un punto B del capo elettrico è indipendente dal percorso seguito, ma
dipende solo dalle posizioni iniziali e finali.
Mediante il calcolo integrale, è possibile verificare che il lavoro necessario per
portare una carica q0 da un punto A ad un punto B del campo elettrico generato da
una carica q lungo un cammino qualsiasi è:
29
LA  B 
q0 q 1 1
(  )
4 0 rA rB
essendo rA e rB le distanze di A e di B dal punto in cui è collocata la carica generatrice
q.
In particolare, se la carica q0 viene trasportata da un punto posto a distanza r
all’infinito, il lavoro vale
L
q0 q 1
4 0 r
come si ottiene immediatamente dalla precedente ponendo rA = r e 1/rB=0
Assumiamo, per convenzione, che l’energia potenziale delle due cariche q e q0 sia
nulla quando tali cariche sono a distanza infinita l’una dall’altra (in pratica, quando si
trovano a distanza abbastanza grande da rendere trascurabile la forza con cui
interagiscono).
Chiamiamo energia potenziale U associato al sistema di cariche q0 e q poste a
distanza r il lavoro dato da :
U
q0 q 1
4 0 r
IL POTENZIALE ELETTRICO
L’energia potenziale di q0 è proporzionale a q0 stessa. Vogliamo introdurre una
grandezza fisica indipendente da q0.
Chiamiamo potenziale elettrostatico o, più brevemente, potenziale del punto in cui si
trova la carica q0 la quantità scalare
V =U / q0
Per rendere più semplice il concetto di potenziale, si considerino due recipienti
contenenti acqua collegati tra loro. La quantità di acqua contenuta nel serbatoio
rappresenta la quantità di carica, mentre il livello h dell’acqua rappresenta il
potenziale. All’equilibrio, il livello di entrambi i recipienti sarà identico, così pure in
elettrostatica:
all’equilibrio, il potenziale di due corpi conduttori collegati tra loro risulterà uguale.
30
METODI RISOLUTIVI DEI CIRCUITI ELETTRICI
La legge di Ohm vista in precedenza, pur rimanendo la legge fondamentale dei
circuiti elettrici, da sola non è comunque sufficiente a risolvere i diversi e compIessi
circuiti che si possono presentare nella pratica. Una
generica rete elettrica può infatti essere costituita
da un insieme molto complesso di elementi che si
riuniscono fra di loro a formare i var lati della rete
stessa. (Viene chiamato nodo ogni punto nel quale
convergono tre o più lati, maglia un circuito chiuso
formato da tre o più lati consecutivi).
La rete elettrica in figura contiene cinque nodi A, B,
C, D ed E e quattro maglie I, II, III e IV.
Quando ci si trova di fronte a reti così complesse
per calcolare i valori delle correnti che circolano nei
vari lati si ricorre ai principi di Kirchhoff
10 principio:
In ogni nodo di un sistema di conduttori, la somma delle
correnti entranti nel nodo è uguale alla somma delle correnti
uscenti da questo.
I1+I2+I3=I4+I5
2° principio:
In ogni maglia di un
circuito la somma algebrica delle f.e.m.
agenti nei suoi Iati, uguaglia la somma
algebrica delle cadute di tensione nei detti
Iati.
E1-V1-V2+E2-V3-E3-V4=0
E1-R1·I-R2·I+E2-R3·I-E3-R4·I=0
R1·I+R2·I +R3·I +R4·I= E1+E2-E3
31
I· (R1+R2 +R3 +R4)= E1+E2-E3
I = (E1+E2-E3) / (R1+R2 +R3 +R4)
Esempio
Considerando il circuito in figura,
si possono scrivere: l’equazione
al nodo A e due equazioni per le
maglie ABC e ABD (o CABD) si
fissano arbitrariamente i sensi di
percorrenza
positivi
per
le
tensioni e (quelli più plausibili) per
le correnti dei tre rami e si ottiene
il seguente sistema:
 I1  I 2  I 3

E1  V6  V2  E2  V1  0
V  V  E  V  E  0
3
5
2
 2 3
 I1  I 2  I 3

E1  E 2  V6  V2  V1
E  E  V  V V
2
2
3
5
 3
 I1  I 2  I 3

E1  E 2  R6 I1  R2 I 2  R1I1
E  E  R I  R I  R I
2
2 2
3 3
5 3
 3
Se la soluzione del sistema fornisce valori positivi per le correnti, vuol dire che i versi
scelti sono quelli reali; se qualche corrente è negativa significa che essa ha il verso
opposto a quello inizialmente scelto.
32
Esercizio 1
La corrente I è 6A , la differenza di potenziale AB è di 18 V.
1. Calcolare il valore della resistenza R
2. Calcolare il valore di una resistenza R1 da mettere in parallelo ad R per avere
una corrente di 10 A
Calcolo di R
R=V/I = 18/6= 3 Ω
Calcolo di R1
La resistenza totale che assorbe una corrente di 10 A è data da
Rt = 18/10 = 1.8 A
Dalla relazione :
1 1 1
 
Rt R R1
sostituendo si ha :
1 1 1
 
1.8 3 R1
da cui Rt= 4.5 Ω
Esercizio 2
In questo tratto di circuito sono note le
correnti I1=2 A, I2 = 1,4 A e le
resistenze R1=6 Ω, R4=2,5 Ω,R2=4 Ω.
Calcolare
1. VAC,VCB,VAB
2. R3
3. La resistenza equivalente
Le tensioni richieste valgono :
VAC=I1 · (R1+R4)=2 · ( 6 + 2.5 )= 17 V
VCB= I2 · R2 = 1.4 · 4 = 5.6 V
VAB = VAC+VCB = 17+5.6 = 22.6 V
33
Calcolo di R3
I3 = I1-I2 = 2 - 1,4 = 0.6 A
R3 =VCB/I3 = 5.6 / 0.6 = 9.33 Ω
Calcolo della resistenza totale
Calcolo prima la somma di R2 e R3 che sono collegate in parallelo, con la relazione
1
1
1
1
1
1



 
R23 R2 R3
R23 4 9.33
da cui R3=2.8
Rt=R1+R4+R23=6+2.5+2.8=11.3 Ω
Esercizio 3
Utilizzando le leggi di Kirchhoff , trovare le 3
correnti I1, I2, I3 conoscendo:
E1=11V , E2=7V , R1=2Ω , R2=1Ω , R3=1Ω
 I 3  I1  I 2

E1  R1  I1  R3  I 3  0
E  R  I  R  I  0
2
2
3
3
 2
 I 3  I1  I 2

E1  R1  I1  R3  ( I1  I 2 )  0
E  R  I  R  ( I  I )  0
2
2
3
1
2
 2
 I 3  I1  I 2

11  2  I1  I1  I 2  0
7  I  I  I  0
2
1
2

 I 3  I1  I 2

3  I1  I 2  11
I  2  I  7
2
1
 I 3  I1  I 2

I 2  11  3I1
I  2  (11  3I )  7
1
1
 I 3  I1  I 2

I 2  11  3I1
 5 I  15
1

I 3  5 A

I 2  2 A
I  3 A
1
34
Esercizio 4
Utilizzando le leggi di Kirchhoff trovare le 3
correnti I1, I2, I3 conoscendo:
E1=10V, E2=7 V , E3=7V , R1=2Ω ,R2=1Ω,
R3=1Ω
 I1  I 3  I 2

E1  R1  I1  R2  I 2  E2  0
E  R  I  R  I  E  0
2
2
3
3
3
 2
 I1  I 3  I 2

10  2  I1  I 2  7  0
7  I  I  7  0
2
3

 I1  I 3  I 2

 2  I1  I 2  3
I  I  14
 2 3
 I1  I 3  I 2

2  ( I 2  I 3 )  I 2  3
I  I  14
 2 3
 I1  I 3  I 2

3I 2  2 I 3  3
I  I  14
 2 3
 I1  I 3  I 2

3I 2  2 I 3  3
2 I  2 I  28
3
 2
 I1  I 3  I 2

3I 2  2 I 3  3
5 I  25
 2
da cui : I1 = 4 A,
I2 = - 5 A,
I3 = 9 A
Esercizio 5
Utilizzando le leggi di Kirchhoff, trovare le 3
correnti I1, I2, I3 note:
E1=4V ,E2=11V, E3=12V , R1=1Ω, R2=2Ω,
R3=3Ω
I1=7A,
I2=4 A,
I3=3 A
35
ESEMPI DI APPLICAZIONE
Il ponte di Wheatstone
Il ponte di Wheatstone è un circuito ad elementi resistivi che si utilizza nei circuiti di
misura. In figura R1, ed R3 sono noti, R2 è una resistenza variabile, mentre la
resistenza RX è incognita ed è da determinare.
Fra i punti D e B è inserito un voltmetro che misura
la differenza di potenziale fra i due punti.
Variando la resistenza R2 si porta la tensione fra D
e B a zero. In queste condizioni VAD = VAB e
VDC=VBC
Pertanto detta I” la corrente che passa nel
ramo ADC ed I’ quella che passa nel ramo
ABC si ha :
I” x R1 = I’ x R3
I” x R2 = I’ x Rx
Il rapporto di queste espressioni consente di scrivere :
R1/R2=R3/Rx
da cui si ricava
Rx=R3R2/R1
Trasduttori di spostamento o di posizione
I trasduttori di spostamento
o di posizione, legano una
grandezza
lineare
grandezza
generalmente
ad
elettrica
è
una
che
una
tensione.
36
Il principio illustrato è alla base di molti trasduttori a spostamento o di posizione.
Considerando che la resistenze R ( totale ) ed Rx ( del tratto x ) sono proporzionali
rispettivamente alla lunghezza totale L, ed alla distanza x dall’origine si può scrivere:
Rx : R = x : L
(1)
Inoltre dato che sia la Rx che la R sono attraversate dalla stessa corrente :
I=V/R=V0/Rx
Dalla 1 si ricava :
RX = X· R / L
Dalla 2si ricava :
V0 = V·RX / R
(2)
Sostituendo in quest’ultima, la precedente si ottiene con un semplice passaggio:
X = V0 · L / V
basta leggere la tesione V0 e si determina la posizione del cursore
Per motivi di ingombro il resistore viene avvolto in spire sottili. Vediamo come si
procede con questo semplice esempio.
Un resistore è avvolto in 200 spire elicoidali il cui spessore è di 0.5 mm e la tensione
letta è di V0=3.5 V
La lunghezza L del resistore vale : L=Ф·π·200
Dalla
Xf = L · V0 / V
Xf = Ф·π·200 · V0 / 10
Questa però è la lunghezza delle n spire e perciò Xf= Ф·π·n
Ф·π·n = Ф·π·200 · V0 / 10
n = 200 · 3.5 / 10 = 70
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e la sua posizione è
X = n · 0.5= 70· 0.5=35 mm
ne deduciamo che questo strumento di misura ha una precisione di 0.5 mm
Se il resistore è avvolto intorno ad una circonferenza si può determinare una
posizione angolare. In questo caso il trasduttore è detto encoder.
Estensimetro elettrico (strain gauge)
Gli estensimetri sono dispositivi che vengono incollati sulla superficie di un oggetto,
ad esempio su una trave in acciaio per misurarne le deformazioni che si possono poi
trasformare in forze
La resistenza di un conduttore di sezione trasversale S, lunghezza L e conduttività ρ è
data dall'espressione:
R=ρL/S
Il conduttore, solidale con il corpo del quale si vogliono misurare le deformazioni, si
accorcia o si allunga e pertanto cambiano le sue dimensioni L ed S , e con esse la
resistenza. In particolare, se il conduttore è teso, diminuirà la sua sezione trasversale
ed aumenterà la resistenza. Se il conduttore è invece compresso, la sua resistenza
diminuisce, in quanto diminuirà la lunghezza L.
La trattazione richiede conoscenze di meccanica e di matematica molto complesse.
Si capisce però che misurando una defferenza di tensione ai capi dell’estensimetro si
può risalire all’ampezza della deformazione.
La figura mostra un tipico
strain gauge in lamina di
metallo.
ottenuta
La
lamina
mediante
è
un
processo di fotoincisione ed
il suo spessore è inferiore a
0,00002 m.
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