probabilità, fu ben più vasto di quanto le stesse fonti sembrerebbero suggerire . Se, dunque, le testimonianze sulla vita religiosa dell’uomo egizio comune, o umile, sono praticamente assenti, soprattutto per le fasi storiche più antiche , supporre che le credenze relative agli spiriti dei defunti ebbero, in realtà, un ruolo di primo piano nelle credenze degli egizi risulta sicuramente un’ipotesi verosimile. Già agli inizi del secolo scorso il padre dell’antropologia E. B. Tylor rintracciò l’origine di ogni fenomeno religioso nel culto dei defunti. Sebbene una simile interpretazione di matrice rigidamente evoluzionista e positivista sia decisamente superata non sono mancati studi successivi che l’abbiano ripresa rielaborandola. Ad esempio, l’antropologo cognitivista S. Atran ha recentemente sostenuto che le credenze relative agli spiriti dei morti siano uno dei fenomeni religiosi maggiormente diffusi nelle più diverse culture e in ogni contesto storico, gografico e sociale, perché intrinsecamente connesse sia con esperienze comuni a tutti gli esseri umani (quali il lutto) che, soprattutto, con alcune strutture cognitive proprie di ogni individuo. Si tratterebbe, in pratica, di un’idea particolarmente “buona da pensare” per via della sua “pertinenza” in molte situazioni importanti di interazione tra ambientale e sociale . Partendo da un simile presupposto non sarebbe errato, dunque, ipotizzare che le potenti famiglie nobiliari emerse con la crisi del potere faraonico sul finire dell’Antico Regno abbiano rielaborato un patrimonio preesistente di credenze che, pur essendo ampiamente diffuse, conobbero solo in questo modo una prima consistente attestazione su materiale non deperibile. Effettivamente, gli indizi di un simile sentire religioso nel corso della civiltà faraonica sono molteplici. Già nelle mastabe degli alti funzionari dell’Antico Regno il defunto è spesso descritto come un essere sovrumano dotato di grandi poteri con i quali può talvolta punire i profanatori della sua tomba. E anche ben oltre il Medio Regno le credenze relative ai poteri ultraterreni dei morti giocarono un ruolo fondamentale nella vita religiosa degli egizi, come testimoniano chiaramente i dati relativi al culto domestico degli antenati rinvenuti a Deir el Medina . Non sarebbe errato, dunque, sostenere che nel sistema religioso egizio esistette una dimensione per certi versi diversa dalle sofisticate speculazioni sapienziali della grande letteratura religiosa. Si tratta di credi prevalentemente basati sul continuo contatto tra i viventi e gli spiriti dei defunti che dovevano prevedere una serie di complesse credenze sulla sopravvivenza oltre la morte non solo dell’individualità della singola persona, ma anche del suo ruolo e della sua funzione sociale, un simile insieme di convinzioni che dovette caratterizzare l’esperienza religiosa quotidiana di tutti gli egizi, dal più potente sovrano al più umile dei contadini. Approfondire le nostre conoscenze sul culto degli antenati egizio, dunque, non solo può aiutarci nell’arduo compito di ricostruire (seppur in modo piuttosto vago) le credenze degli uomini e delle donne comuni dell’antica valle del Nilo, ma potrebbe fornire un’interessantissima chiave di lettura per comprendere in modo più approfondito la stessa religione legata all’autocelebrazione delle più ricche e potenti élite, se non lo stesso spinoso problema dell’originalissima concezione della regalità divina egizia. Accettando una simile prospettiva, infatti, l’importanza religiosa ricoperta dal sovrano defunto risulta arricchirsi di nuovi e interessanti significati: Il destino divino oltremondano riservato al faraone non doveva costituire solo un privilegio finalizzato all’ostentazione di un RenataShiavo grande potere, ma doveva assolvere, innanzitutto, una funRenata Schiavo è nata a Siracusa. Da zione ben precisa strettamente connessa a questo aspetto: sempre appassionata di miti, leggende e il faraone non solo era l’uomo più potente di tutto l’Egitto storia antica, si è laureata in egittologia e, di conseguenza, il più influente fra tutti gli antenati , ma presso l’Università di Pisa, specializzanil suo stesso ruolo politico faceva sì che egli racchiudesse dosi sia in filologia (Lingue e culture del nella sua persona l’intera comunità su cui regnava . La soVicino Oriente) che in Archeologia (curripravvivenza ultraterrena del sovrano garantiva, dunque, il culum “Egitto e Vicino Oriente”). Durante perpetuarsi e la continuità dell’intero popolo egiziano integli anni universitari è stata redattrice della rivista letteraria AEOLO e ha preso parte so come collettività e, di conseguenza, il prevalere dell’ora diverse campagne di scavo in Italia... dine sociale – a cui di fatto corrispondeva quello cosmico – sulle forze caotiche. 9 10 11 12 13 14 leggi tutto 9 J. BAINES, Practical Religion and Piety, JEA 73 (1987), p. 86. 10 J. BAINES, Op. Cit., JARCE 27 (1990),pp. 12 e ss. 11 S. ATRAN, In God we Trust, (2002)Oxford. 12 R. J. DEMARÉE, Akh iqer en Ra steale, (1981) Leiden. 13 Cfr. Pepi I PT 365. 14 R. B. FINNESTAD, The Pharaoh and the “Democratization” of Post-mortem Life, in: G. ENGLUND (a cura di), The religion of the ancient Egyptians: Cognitive structures and popular expressions. Proceedings of Symposia in Uppsala and Bergen, (1989) Uppsala, p. 89 e ss. 53