apparato locomotore

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CELLULE E TESSUTI
La cellula è l’unità strutturale funzionale di un organismo vivente; ciò significa che se essa viene
scomposta in parti più piccole queste parti non sono organismi viventi.
Citoplasma con organuli specifici
Membrana nucleare
Membrana citoplasmatica
Nucleo (DNA, RNA, cromosomi)
MEMBRANA CITOPLASMATICA: protegge l’intera cellula, ma non solo perché grazie a sostanze
che si possono sciogliere nell’acqua e nei grassi.
Teste idrofile
Code ipofile
Sfrutta così il modello del mosaico fluido, cioè è una barriera in costante evoluzione e che permette
scambi con l’esterno grazie a dei recettori tramite i quali passano le molecole dell’esterno. Sulla
membrana poi si trovano degli apparati di riconoscimento: sono questi ultimi che provocano nei
trapianti il rigetto dell’organo o parte del corpo trapiantata.
CITOPLASMA: è un gel, denominato Citosol, nel quale galleggiano gli organuli citoplasmatici (specifici
per ogni tipo di cellula). Es. i Ribosomi, utili alla sintesi proteica, contenenti le informazioni scritte sul
MRNA acido ribonucleico messaggero.
RETICOLO ENDOPLASMATICO: si divide in liscio (è il più esterno ed ha il compito di
immagazzinare le molecole) e rugoso (a contatto col nucleo ha il compito di rielaborare le molecole).
Altri organuli presenti nel Citoplasma (oltre ai Ribosomi):
 l’APPARATO DEL GOLGI…elabora e forma le molecole complesse e prepara le sostanze al
circolo extracellulare
 i LISOSOMI…inglobano, distruggono ed eliminano ciò che è dannoso alle cellule
 i PEROSSISOMI…producono H2O2 (acqua ossigenata) per inattivare le cellule dannose
 i MITOCONDRI…servono per la trasformazione delle sostanze utili alla cellula in ATP
(AdenosinTriPfosfato)
1

i CENTRIOLI…utili nel momento della divisione cellulare. Fungono da poli magnetici attraendo
gli organuli
Esistono poi protuberanze esterne alla membrana citoplasmatica e sono:
1. le CIGLIA: poste al di sopra delle cellule e che permettono, ad esempio nei bronchi di trasportare il
muco verso le cavità nasali
2. i FLAGELLI: permettono il movimento della cellula (es. la coda degli spermatozoi)
3. i MICROVILLI: per l’assorbimento delle sostanze esterne grazie a una superficie maggiore di
assorbimento
microvilli
NUCLEO: è la parte della cellula delimitata da una membrana nucleare “porosa” che permette lo
scambio di informazioni tra il nucleo e il resto della cellula. Il nucleo contiene la Cromatina che, se
posta a contatto con coloranti, assume colori molto forti. In essa vi è il materiale genetico che in fase di
stasi è in forma liquida, mentre nel momento della divisione cellulare il materiale genetico si raggruppa
in coppie uguali di cromosomi X e Y. E nei pleuri è presente l’RNA ribosomiale.
Esistono 2 tipi di divisione cellulare:
 la MITOSI…qui tutto ciò che c’è nella cellula viene raddoppiato e i corpi uguali vengono divisi e
allontanati fra di loro dai centrioli. La cellule della pelle sfruttano questo tipo di divisione cellulare
 la MEIOSI è la divisione cellulare che forma le cellule sessuali come i gameti con ½ patrimonio
genetico maschile e ½ femminile.
RICHIAMI DI ISTOLOGIA
Tessuto connettivo:
conferimento e mantenimento della forma del corpo, esso fornisce matrice che connette e lega le cellule
e gli organi. Svolge anche ruolo di difesa poiché in esso risiedono cellule fagocitarie ed
immunocompetenti.
risulta costituito principalmente da:
matrice extracellulare:
 fibre proteiche
 sostanza fondamentale
 liquido tessutale
E’ componente di:
- capsule degli organi
- tendini
- legamenti
2
-
cartilagine
osso
La maggior parte dei tessuti connettivi si sviluppa dal foglietto embrionale intermedio
 MESODERMA.
CARTILAGINE:
forma specializzata di tessuto connettivo in grado di sopportare sollecitazioni meccaniche senza
deformarsi come nelle articolazioni dove la cartilagine fornisce una superficie ammortizzante per lo
scorrimento.
Essa risulta costituita da :
- condrociti: accolti nelle lacune
- matrice extracellulare: collagene, acido ialuronico, proteoglicani
A seconda delle esigenze funzionali si sono sviluppati tre tipi di cartilagine in cui varia la composizione
della matrice.
1) cartilagine ialina: è la più comune e contiene prevalentemente collagene di tipo II. Costituisce il
disco epifisario nell’osso in fase di crescita
2) cartilagine elastica: possiede numerose fibre elastiche, si trova nel padiglione auricolare nel
canale uditivo esterno.
3) cartilagine fibrosa: intermedia tra connettivo denso e cartilagine ialina. Si trova nei dischi
intervertebrali, la cartilagine fibrosa è priva di pericondrio.
TESSUTO OSSEO  è il più duro tessuto del corpo
- resiste alle sollecitazioni
- contiene il midollo osseo
- protegge gli organi vitali
- è riserva di calcio e fosfato
- sistema di leve che moltiplica la forza dei muscoli
Componenti del tessuto osseo sono
 matrice ossea: sostanza intercellulare calcificata
 cellule:
- osteociti: in cavità della matrice
- osteoclasti: riassorbono e rimodellano l’osso
- osteoblasti: sintetizzano componenti organici
La comunicazione con i capillari sanguigni avviene grazie a canalicoli scavati nella matrice. Le ossa sono
rivestite da strati di cellule osteogeniche
Osteoblasti: sono i responsabili della sintesi di componenti organici nella matrice ossea. Sono localizzati
sulla superficie del tessuto osseo. Quando sono attivi hanno forma cubica o cilindrica, prolungamenti li
mettono a contatto con osteoblasti contigui. Quando si trovano nella matrice neo sintetizzata prendono
il nome di osteociti. Questa quando ancora non è calcificata prende i nome di osteoide.
Osteociti: sono osteoblasti immersi nella matrice ossea. Accolti nelle lacune tra le lamelle della matrice.
Prolungamenti di cellule contigue entrano in contatto tramite giunzioni serrate attraverso cui avviene il
flusso di ioni e molecole. Partecipano alla conservazione della matrice ossea. La loro morte è seguita dal
riassorbimento.
Osteoclasti: cellule mobili, grandi e fortemente ramificate, hanno da due a 50 nuclei. Nelle regioni ossee
dove si nota riassorbimento osseo, gli osteoclasti sono accolti nelle lacune di Howship, depressioni
scavate enzimaticamente. Derivano dalla fusione di monociti e pertanto appartengono al sistema
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fagocitario mononucleato. Hanno citoplasma acidofilo e presentano un orletto striato nei pressi della
matrice ossea che provoca un aumento dell’area assorbente.
Matrice ossea: la sostanza inorganica costituisce il 50 % della matrice ossea (calcio, sodio, magnesio,
potassio) La matrice organica è data da collagene di tipo I e da sostanza fondamentale amorfa. la
durezza dell’osso dipende dall’associazione di fibre collagene con idrossiapatite.
Periostio ed endostio  sono gli strati sulla superficie esterna ed interna dell’osso. Il primo è lo strato
esterno di fibre collagene e fibroblasti i cui fasci penetrano nella matrice ossea e sono chiamate fibre di
Sharpey. Lo strato interno è dato da cellule osteoprogenitrici. Il secondo tappezza le superfici interne
delle cavità contenute nell’osso composto da cellule osteoprogenitrici e la sua funzione più importante è
la nutrizione del tessuto osseo.
TIPI DI OSSIFICAZIONE:
 intermembranosa: avviene in seno a membrane del tessuto connettivo concorre anche alla crescita
delle ossa corte ed inspessimento delle ossa lunghe.
1. gruppi cellulari si trasformano in osteoblasti
2. sintesi di osteoide
3. calcificazione
4. inglobamento osteoblasti che diventano osteociti
 ossificazione condrale: interessa un segmento di cartilagine ialina la cui forma riproduce in miniatura
il modello osseo.
1. condrociti ipertrofizzano vengono distrutti e rimangono delle cavità
2. cellule osteoprogenitrici e capillari entrano negli spazi dei condrociti distrutti
3. formazione di matrice ossea sui resti di quella cartilagine
Pericondrio
cartilagine
osso
periostio
cartilagine
calcificata
canale midollare
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ANATOMIA
Si occupa dello studio della conformazione e della struttura degli esseri viventi
strumenti per lo studio dell’anatomia sono:
 immagini: visibili e strumentali: microscopia ottica, raggi x RMN ultrasuoni.
Terminologia:
Per un riferimento spaziale utilizzo dei piani perpendicolari tra loro. La posizione anatomica di
riferimento è di un soggetto anatomico in piedi con le mani e le braccia lungo i fianchi ed i palmi che
guardano in avanti.
Rosso: piano mediano di simmetria o saggitale, il soggetto
viene tagliato in due meta speculari.
Verde: piano frontale o coronale: divide il soggetto in due
antimeri, anteriore e posteriore che non saranno mai
simmetriche
Blu: piano trasverso: divide il soggetto in due metà,
superiore ed inferiore.
Coppie di termini:
mediale/ laterale: rispettivamente avvicinamento ed
allontanamento dal piano saggitale.
cefalico/caudale: rispettivamente allontanamento dal piano
trasverso in senso superiore, ed in senso inferiore
distale/prossimale: zona più lontana e più vicina alla radice
di un arto.
Terminologia di movimento: schematizzazione dei
movimenti lungo i piani di riferimento
allontanamento dal piano saggitale  abduzione
avvicinamento al piano saggitale  adduzione
riduzione lunghezza di un arto  flessione
movimento opposto alla flessione  estensione
rotazione sul piano frontale  torsione
movimento che esagera l’estensione  iperestensione.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
cellule:
parti elementari
di organismi
tessuti: associazione di
cellule in gruppi
funzionali specializzati
le unita cooperano per svolgere
funzione comune
organi: aggregazione
di tessuti, sono unita
di lavoro
Sistemi: organi che hanno analogie strutturali
funzionali e stessa origine embriologica.
Apparati: organi che hanno analogie funzionali ma 5
diversa struttura e/o origine embriologica
COSTITUZIONE GENERALE DEGLI ORGANI:
Gli organi si distinguono in pieni o cavi.Gli organi cavi si distinguono in organi dell’apparato
circolatorio e visceri.
VISCERI
tonaca mucosa
tonaca sottomucosa
tonaca avventizia
tonaca muscolare
oppure tonaca sierosa
epitelio di rivestimento
lamina propria
muscolaris mucosae
mesotelio
strato sottoendoteliale
ORGANI CAVI
APPARATO CIRCOLATORIO
tonaca intima
endotelio
strato sottoendoteliale
tonaca media
tonaca avventizia
Approfondimenti:
Tonaca mucosa: risulta costituita da epitelio di rivestimento che svolge funzioni nel mediare gli scambi
che si svolgono tra lume del viscere e sangue. Presenta una lamina propria con funzioni trofiche e di
sostegno per l’epitelio di rivestimento. Possiamo trovare nel suo spessore ghiandole intramurali o
extramurali. La muscolaris mucosae provvede ad assicurare una relativa indipendenza di movimento
rispetto alla motilità dell’organo.
Tonaca intima: corrisponde alla mucosa degli organi cavi, si trova negli organi dell’apparato circolatorio,
essa con la sua continuità impedisce la coagulazione del sangue.
Tonaca sottomucosa: risulta formata da connettivo lasso, manca nel cuore e nei vasi. E’ uno strato di
svincolo della mucosa rispetto agli strati più esterni.
Tonaca muscolare e tonaca media: assicurano motilità complessiva all’organo. Le fibre muscolari
presentano orientamenti diversi e consentono movimenti di tipo peristaltico e peristolico.
Tonaca avventizia: tessuto connettivo denso, forma l’avvolgimento esterno dei visceri cavi e dei vasi.
Assicura all’organo una relativa autonomia rispetto alle formazioni circostanti permettendo un
ancoraggio.
Tonaca sierosa: sostituisce l’avventizia, e contribuisce alla individualità complessiva e alla fissità degli
organi che avvolge.
Gli organi pieni risultano costituiti da:
- capsula: è l’avvolgimento esterno dell’organo, costituita da connettivo denso che invia nell’organo
setti di vario spessore fino a costituire un reticolo tridimensionale. L’insieme dei setti costituisce lo
stroma. Questo appare in alcuni organi come lobi e lobuli. Lo stroma rappresenta anche un
dispositivo di supporto per vasi e nervi.
- parenchima: è lo spazio delimitato dallo stroma a cui spettano le funzioni caratteristiche
dell’organo.
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APPARATO LOCOMOTORE
Risulta costituito da un insieme di organi che permette
- mantenere la posizione statica
- permettere il movimento
L’apparato locomotore può distinguersi in due porzioni:
 parte passiva: ossa e articolazioni
 parte attiva: muscolare
Funzioni:
- sostegno
- protezione
- sede emopoiesi
- deposito di calcio
- sistema di leve per amplificare le forze muscolari
Lo scheletro da la forma umana, togliendo i muscoli e le componenti viscerali dell’uomo rimane la
componente scheletrica che mantiene comunque un aspetto umano. Organi o altre unità funzionali
imprimono allo scheletro particolari forme.
CARATTERISTICA PRINCIPALE DELLE OSSA SONO
rigidità che mantiene la forma nel tempo
organi passivi di movimento
Lo scheletro si può dividere in due sezioni:
- scheletro assiale: cranio, coste, colonna, sterno
- scheletro appendicolare
I collegamenti tra lo scheletro appendicolare ed assile avvengono tramite i cingoli o cinture (scapolare e
pelvica).
Generalità delle ossa:
Sono di colore bianco o giallastro ed ogni osso è modellato per rispondere alle esigenze funzionali e
meccaniche. Distinguiamo
 ossa lunghe: un diametro prevale sugli altri due. Il corpo allungato è detto diafisi mentre le due
estremità sono dette epifisi.
 ossa brevi: tutti i diametri sono equivalenti
 ossa piatte: due diametri prevalgono sul terzo
Tutte le ossa sono rivestite dal periostio tranne nel punto in cui si inseriscono legamenti o in giunzioni
articolari. sezionate le ossa presentano cavità rivestite da endostio che contiene il midollo osseo.
Sulle ossa possiamo riconoscere sporgenze (processi, creste, spine, tuberosità,apofisi) oppure cavità
(articolari).
Le ossa possono essere pari se rispettano al specularità, oppure impari se non rispettano la specularità,
sesamoidi se sono in numero sovrannumerario ed inserite nello spessore dei tendini.
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GENERALITA’ ARTICOLAZIONI
Collegano tra loro le ossa
Presentano un rapporto fisso o semifisso o mobile secondo uno o più piani spaziali.
Una classificazione generale può essere:
- SINARTROSI  articolazione per continuità
- DIARTROSI  articolazione per contiguità
A seconda del tipo di movimento abbiamo una classificazione funzionale in:
- immobili
- parzialmente mobili
- mobili
Si rende necessaria inoltre una classificazione della forma dei capi articolari in relazione al tessuto
interposto.
1. articolazioni fibrose
sono immobili o semimobili
2. articolazioni cartilaginee
3. articolazioni sinoviali
Fibrose: forma variabile, le superfici articolari hanno superficie allungata possono presentare margini
sottili o essere a forma di cavità
Cartilaginee:
- sincondrosi; coste/manubrio sternale; occipitale/sfenoide
- sinfisi: il tessuto interposto è fibroso ma in quantità molto maggiore ed in associazione con altre
fibre
Sinoviali: solo le più rilevanti. In esse abbiamo la presenza della membrana sinoviale che produce un
liquido detto sinoviale, è ricca di vasi sanguigni capillari.
POSSIAMO DISTINGUERE
 artrodie
 ginglimo, laterale o angolare
 condiloidee ed ellissoidee
 a sella
 enartrosi
ARTRODIE
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Due capi articolari possono avere raggi di curvatura diversi. Se la contiguità articolare non è sufficiente
possono esserci degli aiuti per interposizione di dischi di tessuto cartilagineo fibroso. Articolazione per
contiguità in alcune posizioni possono non esserlo più per sostituzione del tessuto interposto tra i due
capi articolari. Le superfici cambiano e si rende necessaria l’interposizione di dischi articolari.
La riduzione degli attriti durante
il movimento è dato dalle cartilagini
sinoviali e dal liquido sinoviale.
Questo favorisce un minore dispendio
energetico e una minore usura
del materiale.
FORMA DELLE SUPERFICI ARTICOLARI
A seconda delle superfici articolari abbiamo diverse articolazioni sinoviali. Gli elementi tipici della
sinoviale sono le superfici articolari costituite da cavità glenoidea e da testa dell’osso.
La cartilagine articolare è un sistema complesso la cui organizzazione interna è costituita da quattro
strati diversi.
Capsula articolare: si trova in una sede dove non c’è movimento (manicotto che collega le due ossa
circondandole). E’ la sede di numerose terminazioni nervose e dà un monitoraggio della posizione del
braccio in quel momento.
Borsa acromiale: presenza di una mucosa secernente lipidi mucosi simili alla sinovia. Servono a limitare
gli attriti tra osso e capsula articolare. Le facce interne possono scivolare e questo limita l’attrito. Le
facce sono disposte in posti strategici.
Cartilagine articolare: tipo di connettivo caratterizzato da
- bassa attività metabolica
- vasi solo in superficie o contenuti in cavità scavate nella cartilagine
- la cartilagine è capace di crescere o per apposizione o per crescita interstiziale
- alta resistenza alla pressione, tensione, e sollecitazione tangenziale. I meccanismi biologici che
permettono questo sono che la matrice è costituita da diverse molecole in gel
- cellule contenute in un materiale amorfo circondate da matrice
Classificazione, ialina, fibrosa, elastica
Caratteristiche specifiche della cartilagine ialina:
 resistenza alle forze di compressione
 non ossifica
 la sua disposizione sulle superfici ossee è strategica
 spessore che decresce con l’età
 è priva di pericondrio
 al microscopio trapassa nella sinoviale
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Ad un analisi microscopica sono riconoscibili quattro zone:
zona 1: superficiale o tangenziale ( a contatto col liquido sinoviale e con l’osso) caratterizzata da cellule
piccole e ovali che si dispongono parallele alla superficie e sono circondate da fibre tangenziali di
collagene di tipo II ricoperte da un film proteico per proteggere da anticorpi anti-collagene II
zona 2: cellule più grandi e rotondeggianti, isolate o in gruppi isogeni. sono tipici condrociti circondati
da fibre collagene oblique.
zona 3: formata da cellule grandi e rotondeggianti con decorso radiale, perpendicolare alla superficie. Il
collagene è di tipo II con fibronectina
zona 4: raggiunge l’osso subcondrale cui è collegata da fasci fibrosi. Le due superfici sono percorse da
fini rilievi, solchi che si interdigitano.
NUTRIZIONE
Sono necessari meccanismi di diffusione per :
- trasporto sostanze nutritizie e H2O dalla sinovia che è molto vascolarizzata
- liquido sinoviale
- vasi dell’ipocondrio
Le molecole diffondono all’interno della cartilagine con un coefficiente di diffusione che è ½ dell’acqua.
Il coefficiente di diffusione è fortemente influenzato dai glicosamminoglicani, piccoli aumenti della loro
concentrazione inducono grandi riduzioni del coefficiente.
Membrana sinoviale
E’ di derivazione embrionale mesenchimale. Borda le superfici non articolari sulle articolazioni sinoviali
borse e guaine tendinee. Secerne ed assorbe un liquido color albume d’uovo, lucente e liscia, forma
nella superficie interna pochi villi che aumentano con l’età. Si possono accumulare adipociti fino a
formare cuscinetti adiposi articolari. Il tessuto è molto variabile per spessore e numero di strati e i suoi
confini sono spesso indistinti. In linea generale possiamo riconoscere due lamine:
- intima (cellulare) che è la più sottile
- sub intimale (fibrovascolare) che è la più spessa
Lamina intima
Strato cellulare sovrapposto senza lamina basale e giunzioni serrate (sono quindi cellule connettivali).
Lo spessore varia dai 20-40 mm. Le cellule si ritrovano immerse in una matrice amorfa specializzata o
contenente fibrille, ma relativamente prive di fibre collagene. la lamina può mancare in zone della
membrana sinoviale. In altri casi assume un aspetto endoteliale.
Aspetto morfologico: presenza di due tipi di sinoviociti A e B
La classificazione si basa su aspetti istochimici e genetici.
Sinoviociti A  macrofagi, hanno lisosomi, capacita di migrare dalla zona sottintimale raggiungendo i
vasi linfatici
Sinoviociti B  fibroblasti specializzati prodotti dal midollo osseo, sangue vasi.
Funzioni: il tipo A è coinvolto nella rimozione di detriti nel liquido sinoviale, trasporto nella zona
subintimale. Secrezione di :lubricina, enzimi litici, citochine, antigeni
Tipo B: coinvolte nella produzione di acido ialuronico, fibronectina, inibitori enzimatici, proteoglicani,
GAG.
Liquido sinoviale
Appare di colore chiaro o giallino, viscoso, leggermente alcalino allo stato di riposo dell’articolazione
che si riduce in attività. E’ costituito da diversi tipi cellulari ed è un dialisato del plasma sanguigno il cui
contenuto proteico contiene mucine e lubricina. Le proteine derivano in parte dal plasma e in parte
dalle cellule sinoviali.
Le sue funzioni sono di nutrizione e di lubrificazione dell’articolazione.
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La presenza del liquido dipende da tre fattori. Il movimento articolare è facilitato dal mantenimento di
uno spazio liquido attorno ala cartilagine e alle superfici tendinee.
1. La pressione subatmosferica presente nella cavità a riposo che favorisce il passaggio all’interno
del dialisato plasmatici
2. L’aggiunta di acido ialuronico prodotto da sinoviociti contribuisce al mantenimento dell’acqua
in sede
3. La presenza di un ininterrotto e compatto strato di membrana sinoviale e pori di 0,1-0,5 micron
attraverso i quali le soluzioni ialuronate non passano.
Il liquido resta quindi nella cavità a dispetto delle grandi variazioni delle forze idrostatiche locali durante
il movimento.
ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE
Le vertebre sono tra loro in relazione attraverso i corpi e i processi articolari.
articolazioni che si realizzano tra i corpi vertebrali  SINARTROSI
articolazioni che si realizzano tra i processi vertebrali  DIARTROSI
Le articolazioni che si realizzano tra i corpi vertebrali possono essere dette INTERSOMATICHE
se si realizzano tra due facce di vertebre contigue
Queste possono essere considerate come sinfisi
Oltre ai dischi intervertebrali consideriamo come mezzi di unione i legamenti longitudinali anteriori e
posteriori
Mezzi di unione:
- dischi intervertebrali: si presentano a forma di lente biconvessa, distinguiamo due facce, superiore
ed inferiore e una circonferenza. Evidenziano un nucleo polposo costituito da fibrocartilagine
ricca di gruppi isogeni e sostanza fondamentale. Il nucleo non si trova esattamente al centro ma si
trova dislocato verso la periferia. Nella parte periferica troviamo un anello fibroso
di fibrocartilagine ricco di fasci collagene. i dischi intervertebrali, seguendo il
contorno della faccia dei corpi delimitano parte della circonferenza dei fori
intervertebrali.
- Legamento longitudinale anteriore: è un nastro fibroso che si trova sulla faccia
anteriore dei corpi vertebrali
- legamento longitudinale posteriore: si trova sulla faccia posteriore dei corpi
vertebrali , si prospetta verso il canale vertebrale.
legamento anteriore long
Le giunzioni tra i processi articolari sono delle diartrosi tipo artrodie, che permettono un
movimento di scorrimento tra le superfici. I mezzi di unione sono dati da una capsula fibrosa e da
legamenti a distanza.
Legamenti a distanza:
 legamenti gialli: di tessuto elastico, si estendono dalla faccia anteriore della lamina sovrastante al
margine superiore della lamina sottostante. La loro faccia anteriore è in rapporto con la dura
madre, quella posteriore con i muscoli spinali.
 legamenti interspinosi: si fissano su due processi spinosi contigui
 legamento sovraspinoso: si pone dietro a quelli interspinosi come un cordone fibroso che si
estende per tutta la colonna. Nel tratto cervicale prende il nome di legamento nucale.
 legamenti intertrasversari: connettono i processi trasversi di vertebre vicine, presentando forma
e dimensioni variabili.
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ARTICOLAZIONI CRANIOVERTEBRALI
- Atloassiale mediana: avviene tra il dente dell’epistrofeo e l’atlante. E’ una diartrosi a ginglimo
laterale. La parte anteriore dell’anello osteofibroso dell’atlante presenta la fossetta del dente. La
parte posteriore è costituita dal legamento trasverso dell’atlante.
- Atloassiale laterali: avviene tra i processi articolari della 1-2° vertebra cervicale, sono artrodie. Le
vertebre sono riunite dai legamenti atloassiali anteriori collaterali e posteriori.
- Atrooccipitale: diartrosi condiloidee tra condili occipitale e cavità glenoidea sulle masse laterali
dell’atlante. I mezzi di unione sono dati dalla capsula articolare e dalle due membrane atlooccipitali
anteriore e posteriore.
ARTICOLAZIONI DEL TORACE
gruppo posteriore
 costovertebrale
gruppo anteriore
 sternocostale
 intercondrali
 sternali
Articolazioni costovertebrali (tra vertebre e coste)
Estremità posteriori delle coste entrano in rapporto con due punti articolari
- costovertebrale propriamente detta: tra testa della costa e corpo vertebrale, è una artrodia doppia.
Sulla testa della costa abbiamo due facce separate dalla cresta costale.
I mezzi di unione sono dati dalla capsula, che è uno strato fibroso sottile fissato al contorno delle
superfici articolari ed è rinforzata anteriormente dal legamento raggiato; altro mezzo è il legamento
interarticolare della testa, dalla cresta costale al disco intervertebrale.
- costotrasversaria: artrodie tra i tubercoli delle prime dieci coste e i corrispondenti processi trasversi
Le superfici articolari sono date da una faccetta convessa nella parte inferiore e mediale del
tubercolo costale e da una faccetta concava sul processo trasverso. I mezzi di unione sono dati
dalla capsula che posteriormente ispessendosi forma il legamento del tubercolo costale e
inferiormente il costotrasversario inferiore. Legamenti a distanza sono dati da: legamento del
collo della costa che si porta dalla faccia posteriore del collo della costa alla faccia anteriore del
processo trasverso della vertebra corrispondente; legamento costotrasversario anteriore, dal
margine superiore del collo della costa la margine inferiore del processo trasverso
sottostante;costotrasversario posteriore; legamento discocostale, dalla faccia posteriore del
collo penetra nel canale vertebrale attraverso il foro intervertebrale e si fissa al margine posteriore
del disco.
Articolazioni sternocostale (tra coste e sterno)
Avvengono tra estremità anteriori delle prime sette cartilagini costali ed incisure sternali. Sono artrodie
semplici o doppie. Le superfici articolari sono date da due faccette convergenti a cuneo.
Mezzi di unione sono dati da:
- capsula rinforzata anteriormente dal legamento raggiato sternocostale
- legamento interarticolare sternocostale: lamina fibrocartilaginea che divide in due parti la cavità
articolare e scompone l’articolazione in un artrodia doppia.
Articolazioni intercondrali
Avvengono tra cartilagini costali contigue ed effettuano una giunzione per mezzo di fasci fibrosi e
capsula articolare dipendente del pericondrio.
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Articolazioni sternali
Una superiore che si verifica tra sinfisi, manubrio e corpo dello sterno e sono riunite per interposizione
di fibrocartilagine. Una inferiore che si verifica tra corpo e processo xifoideo ed è una sincondrosi che
nell’adulto si trasforma in sinostosi.
ARTICOLAZIONI ARTO SUPERIORE
 della cintura toracica: sternoclavicolare, acromioclavicolare
 parte libera dell’arto: scapolo-omerale, del gomito, radioulnare distale e prossimale, della mano
Articolazione sternoclavicolare
Tra estremità sternale della clavicola e il manubrio dello sterno e prima cartilagine costale. E’ un
artrodia doppia, articolazione a sella.
Nella clavicola la faccia articolare è una faccetta a squadra nella parte mediale della faccia inferiore.
Nello sterno la faccia articolare è data da un incisura non concordante.
Mezzi di unione sono
- capsula articolare: ispessita anteriormente e in alto dove forma il legamento sternoclavicolare. La
parte più superficiale del legamento è costituita da lunghi fasci che vanno a formare il legamento
interclavicolare.
- legamento a distanza: è il legamento costoclavicolare tra angolo clavicolare e prima costa, si tende
tra la faccia superiore della prima cartilagine costale e la tuberosità costale della clavicola.
Articolazione acromioclavicolare
Artrodia che connette la clavicola alla scapola. Faccetta articolare ovalare in cui è posto un disco
fibrocartilagineo.
Mezzi di unione:
 capsula articolare: rinforzata superiormente dal legamento acromioclavicolare
 legamento a distanza: unisce il processo coracoideo alla clavicola e si divide in due fasci
- legamento trapezoide: rappresenta il fascio anteriore e va dalla faccia superiore del processo
coracoideo alla tuberosità coracoidea della clavicola
- legamento conoide: è la parte posteriore, il suo apice si fissa alla radice del processo coracoideo
per inserirsi sulla tuberosità coracoide della clavicola.
Questa articolazione entra in gioco contemporaneamente alla sternoclavicolare e permette movimenti
di scorrimento.
Legamenti propri della scapola
-
-
coracoacromiale: è una benderella fibrosa triangolare che va dall’estremità dell’acromion al
margine esterno del processo coracoideo. La faccia superiore è in rapporto con il deltoide.
Costituisce la volta fibrosa dell’articolazione scapolomerale
trasverso superiore: trasforma l’incisura scapolare in foro
trasverso inferiore: si porta dal margine esterno della spina al collo della scapola.
Articolazione scapolomerale
E’ un enartrosi le cui superfici articolari sono date dalla testa dell’omero e dalla cavità glenoidea della
scapola. La testa dell’omero è rivestita di cartilagine ialina. Sul contorno della cavità glenoidea si fissa un
cercine fibrocartilagineo, il labbro glenoideo.
Mezzi di unione:
- capsula articolare: è un manicotto fibroso il cui apice tronco si fissa al contorno della cavità
glenoidea. La base del manicotto prende attacco sul collo anatomico dell’omero. A livello del solco
bicipitale si pone tra le due tuberosità e va a formare un tragitto osteofibroso per il passaggio del
tendine del capo lungo del bicipite. Il segmento anteroinferiore della capsula è rinforzato dai
legamenti glenoomerali.
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legamenti a distanza: coracoomerale, è una spessa lamina fibrosa dalla base e dal margine laterale
del processo coracoideo fino alla grande tuberosità dell’omero.
La membrana sinoviale che tappezza la faccia interna della capsula forma due diverticoli, il bicipitale ed
il sottoscapolare.
-
Articolazione del gomito
E’ un complesso articolare costituito da tre giunzioni
- omeroulnare (ginglimo angolare): le superfici sono date dalla troclea omerale e incisura semilunare
dell’ulna. La troclea è una puleggia divisa dalla lamina ossea che divide la fossa coronoideo da
quella oleocranica
- omeroradiale (condiloartrosi): le superfici sono date dal condilo omerale e dalla fossetta del
capitello radiale.
- radioulnare prossimale (ginglimo laterale): le superfici sono date dall’incisura radiale dell’ulna e
dalla circonferenza articolare del radio.
Mezzi di unione:
 capsula articolare: abbiamo un unico manicotto per le tre articolazioni. Si inserisce in alto sul
capo omerale vicino alle superfici articolari. L’inserzione radioulnare della capsula ha luogo sul
contorno articolare. La capsula è rinforzata anteriormente e posteriormente da fasci non spessi.
Lateralmente troviamo invece:
A – legamento collaterale radiale: parte dall’epicondilo per dividersi in un fascio anteriore
davanti l’incisura radiale, mediale dietro l’incisura radiale, posteriore faccia esterna dell’olecrano
B – legamento anulare del radio: è un anello fibroso che decorre dal margine anteriore a quello
posteriore dell’incisura radiale dell’ulna andando a delimitare un anello dove ruota il radio.
C – legamento collaterale ulnare: ha forma di ventaglio e va dall’epitroclea al margine mediale
dell’incisura semilunare. E’ costituito da tre fasci, anteriore, posteriore più robusto e medio.
Possiamo dividere la membrana sinoviale in due segmenti il cui superiore appartiene alle articolazioni
omeroradiale ed omeroulnare.
 legamento a distanza: membrana interossea che va ad occupare lo spazio tra il radio e l’ulna.
Il margine inferiore si fonde con la capsula articolare radioulnare distale. Superiormente
delimita un foro per i vasi ed i nervi. Tra processo coronoideo dell’ulna e faccia anteriore del
radio si pone la corda obliqua.
L’articolazione del gomito consente movimenti dell’avambraccio sul braccio e di pronosupinazione.
Articolazione radioulnare distale
E’ un ginglimo laterale. La faccia articolare si trova sul capitello ulnare, precisamente sulla circonferenza
articolare del capitello. Dal lato radiale la superficie articolare è data dall’incisura ulnare. Abbiamo la
presenza di un disco articolare con base esterna connessa al margine inferiore dell’incisura ulnare del
radio la cui funzione è di stabilire la concordanza tra estremità distale dell’ulna e ossa della fila
prossimale del carpo.
Mezzi di unione sono dati da:
- capsula articolare: fissata sul contorno delle superfici articolari, continua in basso con la capsula
fibrosa dell’articolazione radiocarpica
- membrana interossea
L’articolazione entra in gioco nella pronosupinazione dell’avambraccio.
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Articolazione radiocarpica
E’ una condiloartrosi. L’ulna non entra direttamente in gioco nell’articolazione. Dal lato prossimale la
cavità si presenta ovalare, slargata in senso trasversale. Dal lato distale scafoide e semilunare
corrispondono al radio mentre semilunare e piramidale al disco articolare.
Mezzi di unione sono dati da:
o capsula articolare: provvista di legamenti di rinforzo è più spessa anteriormente
I legamenti di rinforzo sono:
- legamento radiocarpico volare: dal processo stiloideo e faccia anteriore del radio, diretto
obliquamente e in basso per terminare sul semilunare.
- legamento radiocarpico dorsale: dal contorno posteriore superficie articolare radiale a faccia
dorsale semilunare.
- legamento collaterale radiale del carpo: dal processo stiloideo del radio discende incurvandosi
sul piano mediale e finendo sulla faccia radiale dello scafoide.
- legamento collaterale ulnare del carpo: dal processo stiloideo dell’ulna in basso per osso
pisiforme e piramidale.
ARTICOLAZIONI DELLA MANO
In direzione prossimo distale consideriamo:
Articolazioni intercarpiche:
1) reciproche della fila prossimale: tra scafoide , semilunare e piramidale, sono artrodie orientate
sul piano saggitale. La capsula articolare incompleta permette comunicazione col mediocarpica.
Sono presenti due legamenti interossei: tra scafoide e semilunare e tra semilunare e piramidale.
Tre legamenti volari: due profondi tra scafoide e semilunare e semilunare e piramidale; uno più
superficiale tra scafoide e piramidale. L’articolazione tra piriforme e piramidale è un artrodia.
Mezzi di unione sono dati dalla capsula articolare e da legamenti a distanza.
2) Reciproche della fila distale: sono tre artrodie tra trapezio, trapezoide, capitato e uncinato. Le
superfici articolari sono piane, verticali. Mezzo di unione è dato da capsula articolare
incompleta. Nella parte fibrosa della capsula individuiamo vari legamenti distinti in interossei
volari e dorsali
3) Tra la fila prossimale e distale: avviene tra la fila distale e quella prossimale. Possono
considerarsi condiloartrosi. Mezzi di unione sono dati da una capsula ispessita a formare i
legamenti volare, dorsale e collaterali. Il legamento volare prende il nome di legamento raggiato
del carpo. Origina dalla faccia volare del collo dell’osso capitato per divergere in fasi superiori,
laterali e inferiori. I superiori si fissano a scafoide e piramidale; i laterali fan parte dei legamenti
intercarpali volari; gli inferiori si portano alla base del 2°-3°-4° osso metacarpale.
Le articolazioni del carpo entrano in gioco quando si compiono movimenti della mano
sull’avambraccio. Abbiamo movimenti di flessione ed estensione. L’articolazione radiocarpica compie
più flessione, mentre quella mediocarpica più estensione.
Articolazioni carpometacarpiche
Avvengono tra le ossa della fila distale del carpo e la base metacarpale. Distinguiamo l’articolazione
carpometacarpica del pollice che è a sella tra la faccia distale del trapezio e del primo metacarpo. La
capsula è inserita sul contorno articolare. Le restanti articolazioni sono artrodie. Mezzi di unione sono
dati dalla capsula fusa con quella delle vicine articolazioni. Lo strato fibroso è ispessito nei legamenti
carpometacarpici volari dorsali ed interossei.
Articolazioni intermetacarpiche
Sono artrodie che avvengono tra le basi delle ultime quattro ossa metacarpali. Mezzi di unione sono
dati da capsula e dal legamento traverso dei capitelli, teso a nastro dal secondo al quinto metacarpale. Si
puo considerare come un ispessimento dell’aponeurosi palmare che ricopre i muscoli interossei.
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Articolazioni metacarpofalangee
Tra i capitelli delle ossa metacarpale e le basi delle prime falangi. La prima viene considerata un
ginglimo angolare, le altre condiloartrosi. Mezzi di unione sono dati dalla capsula articolare ispessita sui
lati per formare i legamenti collaterali e accessori volari.
Articolazioni interfalangee
Riuniscono tra loro le falangi che formano lo scheletro delle dita.Sono ginglimi angolari. Mezzo di
unione è dato dalla capsula articolare che si inspessisce a formare legamenti collaterali.
ARTICOLAZIONI ARTO INFERIORE
 cintura pelvica: anteriormente sinfisi pubica; posteriormente sacroiliaca
 articolazioni della parte libera dell’arto:
 articolazione dell’anca
 articolazione del ginocchio
 articolazione tibiofibulare distale e prossimale
 articolazione tibiotarsica
 articolazione del piede
Articolazione sacroiliaca
Può considerarsi come una sincondrosi o artrodia atipica. Le superfici articolari sono date dalle faccette
articolari del sacro e anca che presentano doppia curvatura a S che limita lo scorrimento tra le due ossa.
Mezzi di unione:
Capsula articolare + legamenti periferici:
- sacroiliaco anteriore: origina dalla faccia anteriore del sacro e termina sulla parte mediale della
fossa iliaca.
- sacroiliaco posteriore: presenta tre gruppi di fasci: fascio interosseo tra le tuberosità iliaca e sacrale
si trova nel piano medio; fascio breve che congiunge le spine iliache posteriori si trova in un piano
superficiale; fascio lungo che connette la spina iliaca posterosuperiore al tubercolo della cresta
sacrale laterale.
Legamento a distanza
- ileolombare: connette i processi costiformi della 4-5 vertebra lombare con la cresta iliaca fino alla
faccia auricolare dell’anca.
- sacrospinoso: margine laterale del sacro e coccige a spina iliaca ischiatica
- sacrotuberoso: spine iliache posteriori, termina sulla tuberosità ischiatica.
Sinfisi pubica
Unisce le due ossa dell’anca.
Le superfici articolari piane sono orientate a formare un interstizio per l’inserzione di un cuneo
fibrocartilagineo.
Unione è garantita dal disco interpubico e da un manicotto periarticolare con il legamento superiore del
pube ed il legamento arcuato.
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Articolazione sacrococcigea:
Sinfisi tra apice del sacro e coccige, nell’adulto si presenta come sinostosi.
Mezzi di rinforzo:
- legamento sacrococcigeo anteriore: faccia anteriore dell’ultima vertebra sacrale
- legamento sacrococcigeo laterale: con fasci esterni, medi ed interni
- legamento sacrococcigeo posteriore: con fascio superficiale e profondo
Questa articolazione consente la retropulsione del coccige.
Articolazione coxofemorale
E’ una tipica enartrosi
 Anca: cavità articolare emisferica (acetabolo)
 Femore: testa femorale (3/4 sfera piena)
Non tutta la cavità partecipa all’articolazione ma solamente la parte centrale chiamata fossa
dell’acetabolo nella quale trova attacco il legamento rotondo. Non essendo corrispondenti le due
superfici articolari si necessita di un cercine cartilagineo, il labbro dell’acetabolo, che va ad ampliare la
cavità e fornisce un importante mezzo di unione tra femore ed anca.
Mezzi di unione sono dati da:
- capsula articolare e legamenti di rinforzo:
1. legamento ileofemorale: a ventaglio si trova al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, i
due fasci (obliquo e verticale) si dirigono sulla linea intertrocanterica.
2. legamento pubofemorale: tratto pubico ciglio acetabolare, eminenza ileopettinea e termina al
davanti del piccolo trocantere.
3. legamento ischiofemorale: di forma triangolare si porta alla fossa trocanterica
4. zona orbicolare: dal margine dell’acetabolo e dal labbro, passa dietro il collo del femore.
legamento a distanza: è il legamento rotondo che dalla fovea capitis del femore si dirige con due
radici ai bordi dell’incisura dell’acetabolo, si presenta piatto e laminare
La sinoviale è disposta come le diartrosi e forma una guaina completa intorno all’articolazione.
-
Articolazione del ginocchio
femore/patella  artrodia
femore/tibia  ginglimo angolare
Apparato legamentoso limita i movimenti alla sola flessoestensione. Svolgono un importante ruolo
statico
Le superfici articolari sono:
- per il femore la superficie patellare e la superficie articolare dei condili
- per la tibia l’estremità superiore, la cavità glenoidea, le superfici articolari sono separate
dall’eminenza intercondiloidea
Dato che le due superfici articolari non corrispondono abbiamo l’interposizione dei menischi. Essi si
distinguono in laterali e mediale e sono fissati sulla porzione intercondiloidea della tibia. Sono uniti tra
loro dal legamento traverso del ginocchio.
Mezzi di unione:
- capsula articolare: manicotto fibroso, solido nelle parti laterali e posteriori e lasso anteriormente.
Sul femore è inserzionata ai bordi della cartilagine d’incrostazione. Sulla tibia è fissata al margine
infraglenoideo. La sinoviale tappezza la parete interna e si prolunga anteriormente per formare la
borsa sinoviale sovrapatellare.
- legamenti di rinforzo:
 anteriore: nel tratto sotto patellare del tendine del quadricipite, è inclusa la patella. E’ separato
dalla tibia per l’inserzione di una borsa sinoviale e uno zaffo adiposo.
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
-
-
posteriore: dato dai gusci dei condili, ispessimenti e dal legamento mediano. Quest’ultimo
occupa lo spazio intercondiloideo e le fibre vanno dal femore alle due ossa della gamba,
formando un arcata fibrosa. Il legamento arcuato e il legamento popliteo obliquo.
legamenti collaterali: sono robuste bande poste ai lati del ginocchio
 collaterale tibiale: posto sul lato mediale si estende dal tubercolo sul condilo mediale del
femore al condilo mediale della patella.
 collaterale fibulare: dal condilo laterale del femore alla superficie laterale della testa fibulare.
legamenti crociati: sono intracapsulari, nel piano verticale tra i condili femorali, si presentano come
corti e robusti incrociati a X.
 crociato anteriore: dall’eminenza intercondiloidea, si porta in alto ed in dietro per fissarsi alla
faccia mediale del condilo laterale del femore.
 crociato posteriore: parte posteriore dell’eminenza intercondiloidea si porta alla faccia laterale
del condilo mediale del femore.
Articolazione tibio-fibulare prossimale
E’ un artrodia tra la faccia fibulare della tibia e il corrispondente capitello fibulare.
Mezzi di unione:
- capsula
- legamenti propri, distinti in anteriore e posteriore
- legamento interosseo
Articolazione tibio-fibulare distale
E’ una sinartrosi.
L’articolazione presenta una robusta lamina fibrosa tra le creste interossea della tibia e del perone. E’
perforata per il passaggio di vasi e nervi, costituisce un setto tra la loggia anteriore e posteriore della
gamba.
Articolazione tibiotarsica o talocrurale
Avviene tra la tibia, la fibula e l’astragalo.
Mortaio tibiofibulare  estero più anteriormente con diametro maggiore traverso, la parete posteriore
è data dalla faccia inferiore della tibia.
laterale  superficie mediale del malleolo fibulare
mediale  superficie articolare del malleolo tibiale
La troclea astragalea è convessa in avanti, presenta una gola centrale.
Mezzi di unione:
- capsula si trova inserita sui bordi del mortaio e sulla superficie articolare dell’astragalo.
- legamento mediale: triangolare, va dall’apice del malleolo e si divide in quattro fasci
 due anteriori, il tibionavicolare più superficialmente sulle facce dorsale ed interna dello
scafoide, ed il tibioastragaleo più profondo che occupa la faccia interna del collo astragalo.
 uno medio: è il legamento tibiocalcaneale fissato al sostentaculum tali
 uno posteriore: è il legamento tibioastragaleo posteriore che è la parte posteriore del
legamento deltoideo si inserisce dietro e sotto la faccetta articolare per il malleolo mediale
- legamento laterale: si distingue in:
 legamento fibuloastragaleo anteriore: dal malleolo laterale alla faccia esterna dell’astragalo
 legamento fibulocalcaneale: dal malleolo laterale alla faccia esterna dell’astragalo
 legamento fibuloastragaleo posteriore: dal malleolo laterale al processo posteriore
dell’astragalo.
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La membrana sinoviale riveste internamente la capsula. Anteriormente e posteriormente la capsula è più
lassa. Si possono eseguire solo movimenti di flesso estensione. Le porzioni laterali del mortaio
impediscono movimenti di lateralità. La troclea astragalea è più larga anteriormente.
GENERALITA’ DEI MUSCOLI
Organi di varia forma e volume costituiti da parti carnose da parti tendinee. Si inseriscono sullo
scheletro e con la potenza sviluppata dalla loro contrazione modificano l’orientamento degli organi
scheletrici. La massa contrattile può essere impiegata totalmente o parzialmente a seconda dell’effetto
della forza che si vuole ottenere. Il colore della parte carnosa dei muscoli è rossa. Si può distinguere
inoltre una parte biancastra destinata all’inserzione, sono questi i tendini. La definizione di capo di
origine e capo d’inserzione far riferimento all’elemento scheletrico che risulta mobile rispetto all’altro,
usualmente per gli arti mobili i capo d’origine è quello più prossimale.
Esistono diverse classificazioni.
Proprietà funzionali del muscolo
- eccitabilità
- contrattilità
- estensibilità
- elasticità
Classificazione morfologica:
- appiattiti
- allungati
- digastrici
- spirali
- orbicolari
- di forma triangolare
- pennati
- che si incrociano
Classificazione funzionale:
- agonisti
- antagonisti
- fissatori
- sinergisti
- rotatori
- pronatori
- supinatori
- adduttori
- abduttori
Nell’ambito di movimenti diversi lo stesso muscolo può agire ora come antagonista, ora come agonista,
fissatore o sinergista
Struttura del muscolo:
- perimisio: membrana connettivale fibrosa esterna. Invia setti internamente al fascio muscolare che
dividono la massa muscolare in fasci via via più minuti
- endomisio: avvolge la singola la singola fibra muscolare
L’unita funzionale del muscolo striato è la fibra muscolare striata. Le fibre sono elementi perenni.
Queste possono assumere lunghezza variabile da pochi millimetri ad alcuni centimetri a seconda al tipo
di muscolo, all’età, alle condizioni di nutrizione ed all’esercizio.
Se osservata al microscopio la fibra, appare striata longitudinalmente e trasversalmente.
Possiamo distinguere due tipi di fibre muscolari:
- fibre rosse: contengono molta mioglobina , più mitocondri ed enzimi ossidativi, la contrazione è
lenta e più duratura.
- fibre bianche: contengono meno mioglobina e la contrazione è più veloce e meno duratura.
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La parte tendinea dei muscoli risulta costituita da tessuto fibroso denso a fasci paralleli. Le fibre
tendinee sono avvolte da una sottile lamina connettivale a fibre intrecciate, il peritenonio il quale
continua con il periostio a livello delle zone di attacco sullo scheletro e con il perimisio a livello del
corpo carnoso del muscolo.
Terminazioni nervose per il controllo dell’attività muscolare
L’espansione terminale di un neurite motore, prende il nome di placca motrice. Un muscolo ha sempre
molte più fibre muscolari di quante fibre motorie riceve, perciò una fibra forma più placche motrici e
controlla più fibre muscolari.
Si definisce come unità motoria, l’insieme di un motoneurone e delle fibre muscolari che esso innerva.
I muscoli, sia nel corpo carnoso che nei tendini contengono propriocettori, ossia organelli di senso
capaci di registrare la tensione e le modificazioni di tensione proprie del muscolo. i fusi neuromuscolari
sono corpuscoli affondati nel connettivo del muscolo disposti lungo l’asse longitudinale in parallelo con
le fibre del muscolo.
SISTEMI FASCIALI
Le fasce sono lamine connettivali che avvolgono singoli muscoli o gruppi di muscoli. Al di sotto del
tessuto connettivo lasso sottocutaneo si trova in tutte le regioni del corpo una fascia comune che
avvolge gli organi sottostanti ed emana sue dipendenze in profondità che si inseriscono a segmenti
scheletrici e sono destinate a separare muscoli o gruppi di muscoli. Vengono cosi a definirsi delle logge
fibrose che accolgono oltre ai muscoli ed ai tendini, anche i vasi ed i nervi. In alcuni settori del corpo,
particolarmente a livello delle articolazioni, tratti di tessuto fibroso denso, delimitano canali
osteofibroso nei quali scorrono i tendini.
FASCE DEL COLLO
Possiamo riconoscere tre aponeurosi o fasce cervicali
1) Cervicale superficiale: posta subito al di sotto della pelle circonda il collo come un manicotto.
Medialmente troviamo la linea alba cervicale data dall’incrocio delle fibre dei due lati. Portandosi
lateralmente incontra lo sternocleidomastoideo e si sdoppia per avvolgerlo. Posteriormente i due
foglietti si riuniscono. Raggiunto posteriormente il trapezio si divide in due lamine, profonda e
superficiale, e che si fissano sui processi spinosi delle vertebre cervicali.
Consideriamo due circonferenze e due superfici
- superiore: inclinata dall’avanti in dietro, il punto più alto corrisponde alla protuberanza occipitale
esterna, il più basso alla sinfisi mentoniera.
- inferiore: incisura giugulare, margine anteriore della clavicola margine posteriore della spina scapolare
superficie esterna in rapporto con la pelle
superficie interna: si dipartono tre prolungamenti.
1. vertebrale: setto posto tra fascia cervicale superficiale e processi trasversi della colonna cervicale
2. sottomandibolare: corrisponde alla regione sopraioidea e si divide in due foglietti
3. paratiroideo: dietro e medialmente alla paratiroide
2) Cervicale media: spazio compreso tra il muscolo omoioideo si estende dall’osso ioide allo sterno e da
una scapola all’altra.
faccia anteriore  rapporti con fascia cervicale superficiale
faccia posteriore  rapporto con laringe, tiroide trachea esofago
margini laterali  corrisponde ai muscoli omoioidei
margine inferiore  da una scapola all’altra, medialmente fissata sull’incisura giugulare, sul margine
posteriore della clavicola
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3) Cervicale profonda
Situata davanti ai muscoli prevertebrali.
faccia anteriore  in rapporto con faringe ed esofago
faccia posteriore  ricopre i muscoli prevertebrali
margine alto che si porta alla base dell’occipitale
margine laterale che si portano ai processi trasversi delle vertebre.
Logge a livello cervicale:
1a) sottocutanea: tra pelle e fascia cervicale superficiale
2a) tra fascia cervicale superficiale e fascia cervicale media
3a) in avanti fascia cervicale media, dorsalmente fascia prevertebrali: contiene tiroide, laringe, trachea,
esofago,carotidi.
4a) tra faccia prevertebrali e colonna cervicale
FASCE DEI MUSCOLI DELLA SPALLA
Sono tre fasce e si distinguono in:
- fascia deltoidea
- fascia sopraspinata, sottospinata
- fascia sottoscapolare
Alla radice dell’arto superiore si trova la cavità ascellare che a braccio abdotto risulta come una piramide
quadrangolare con apice diretto in alto e medialmente, e base in basso e lateralmente.
Vengono cosi a costituirsi quattro pareti: anteriore, posteriore, mediale e laterale.
 Parete anteriore: data dal muscolo grande pettorale , succlavio e piccolo pettorale
 Parete posteriore: data dal muscolo sottoscapolare, grande rotondo e grande dorsale
 Parete mediale: convessa, faccia esterna prime 4-5 coste con corrispondenti intercostali esterni
e muscolo dentato anteriore.
 Parete laterale: è la più ristretta ed è data dal solco intertubercolare dell’omero, dal muscolo
coracobrachiale e dal capo breve del bicipite.
L’angolo diedro tra parete posteriore e mediale della cavità si continua in una fessura esterna fino al
margine mediale della scapola ed è occupata da connettivo lasso.
L’apice della cavità corrisponde ad un canale che comunica con la fossa sopraclavicolare maggiore.
Passaggio ai rami del plesso brachiale e vasi ascellari.
La base a braccio abdotto si presenta quadrilatera allargata trasversalmente, costituisce la fossa ascellare.
Il lato anteriore è dato dal margine inferiore del grande pettorale e va a costituire il pilastro anteriore
dell’ascella. Il lato posteriore è dato dal gran dorsale e grande rotondo e costituiscono il pilastro
posteriore dell’ascella.
La fascia ascellare ha forma quadrilatera e concava ed è collegata alla cute da trabecole fibrose del
connettivo sottocutaneo.
Anteriormente seguita nella fascia di rivestimento del grande pettorale e nel legamento sospensore
dell’ascella. Nell’area centrale la fascia si presenta più sottile per il passaggio di rami vascolare e nervosi.
Questa prende il nome di lamina cribrosa ascellare ed è circondata da due ispessimenti:
- l’arco fibroso ascellare
- arco fibroso brachiale
Nella cavità ascellare sono accolti in seno a tessuto connettivo fibroso e a tessuto adiposo i rami del
plesso brachiale, i vasi ascellari e i linfonodi ascellari.
Ai muscoli della spalla sono annesse borse mucose per facilitare lo scorrimento dei piani muscolari.
Troviamo:
- borsa sottotendinea sottoscapolare
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-
borsa del bicipite
borsa sottoacromiale
borsa sottocoracoidea
FASCE E BORSE BRACCIO ED AVAMBRACCIO
Nel braccio troviamo:
- borse: bicipitoradiale
- borsa coracobrachiale
- borsa sottotendinea
I muscoli del braccio sono ricoperti dalla fascia brachiale. E’ un manicotto completo che superiormente
continua nella fascia ascellare e inferiormente nella fascia antibrachiale. Dalla superficie interna si
staccano due setti:
 laterale: si inserisce al labbro laterale del solco bicipitale
 mediale: si fissa al labbro mediale del solco bicipitale. Suddivisione in due logge, anteriore e
posteriore
Nell’avambraccio:
Muscoli avvolti da fascia antibrachiale
Riconosciamo estremità superiore che prosegue nella fascia brachiale ed estremità inferiore che
prosegue nelle fasce della mano con tre ispessimenti
legamento palmare del carpo: al di sopra dell’articolazione radiocarpica
legamento trasverso del carpo: teso tra eminenze ossee nella mano per delimitare il solco del carpo. La
faccia anteriore dà origine ad alcuni muscoli dell’eminenza tenar. La faccia profonda delimita il canale
del carpo ed emette un setto che divide il condotto in una parte laterale e una mediale. Il margine
inferiore si fonde con l’aponeurosi palmare e lateralmente si fissa ai tubercoli dello scafoide.
legamento dorsale del carpo: ispessimento della fascia antibrachiale posto sull’articolazione radiocarpica.
Due facce e quattro margini. La faccia profonda invia setti che si fissano ai margini delle docce che
solcano le estremità inferiori del radio e dell’ulna. In questo modo si delimitano sei canali osteofibrosi
per i tendini dei muscoli estensori.
1° tendini abduttore lungo ed estensore breve
2° tendini estensore radiale lungo e breve del carpo
3° tendine estensore lungo del pollice
4° tendine estensore comune delle dita ed estensore proprio dell’indice
5° tendine estensore del mignolo
6° tendine estensore ulnare del carpo
Sono rivestiti da guaine mucose o sinoviali.
FASCE DELLA MANO
Distinguiamo nella mano l’aponeurosi palmare, robusta membrana fibrosa che si trova nel sottocutaneo
tra eminenza tenar ed ipotenar. Essa presenta una base distale ed un apice prossimale. L’apice segue il
tendine del muscolo palmare lungo.
La faccia superficiale è unita alla cute da tratti fibrosi.
La faccia profonda è unita a l legamento trasverso del carpo.
Nella mano troviamo cinque fasce:
- fascia eminenza tenar: ricopre i muscoli sottostanti
- fascia eminenza ipotenar: al margine mediale del 5° metacarpale
- fascia palmare profonda: al di sopra delle ossa metacarpali e muscoli interossei.
- fascia dorsale superficiale: è sottile e si unisce in alto al legamento dorsale del carpo.
- fascia dorsale profonda: profondamente ai tendini estensori e superficialmente rispetto alle ossa
metacarpali e muscoli interossei dorsali.
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FASCE DEI MUSCOLI ANTEROLATERALI DELL’ADDOME
Avvolgono i muscoli anterolaterale addominali e si presentano come fasce superficiali e profonde.
Riconosciamo:
1. fascia che ricoprendo l’obliquo esterno si porta sul grandorsale prendendo in basso aderenza al
legamento inguinale
2. tra obliquo esterno ed interno
3. tra obliquo interno e trasverso
Fascia trasversale:
si trova profondamente al muscolo trasverso, di forma quadrangolare, è sottile al di sopra dell’ombelico
e si ispessisce via via che scende.
- margine superiore: continuazione nella fascia diaframmatici
- margine inferiore: fissato al tubercolo pubico, cresta pettinea, margine posteriore del legamento
inguinale. Il tratto che si attacca alla cresta pettinea chiude dorsalmente la lacuna dei vasi
costituendo il setto femorale
- superficie esterna: in rapporto con il foglietto posteriore della guaina del retto addominale.
La fascia viene sospinta attraverso il canale inguinale nella borsa scrotale per costituire la tonaca
vaginale comune.
Presenza di due legamenti:
 benderella ileopubica: fascio fibroso che origina dal tubercolo pubico e dalla cresta ileopettinea
portandosi in alto e in fuori.
 legamento interfoveolare: tra le fossette inguinali mediale e laterale, forma con il suo margine
laterale il contorno mediale dell’anello inguinale addominale.
Guaina dei muscoli retti dell’addome
Aponeurosi dei muscoli, obliquo esterno, interno, trasverso.
Distinguiamo un foglietto anteriore, posteriore, un margine mediale e uno laterale.
Non è completa superiormente e si mette direttamente in contatto con le cartilagini costali
Obliquo esterno: davanti al retto si incarica sulla linea mediana con la controlaterale per formare la linea
alba.
Obliquo interno: divisa in due lamina; una che passa davanti al muscolo e si unisce all’aponeurosi
dell’obliquo esterno. Si osserva questa disposizione solo nei 3/5 superiori del muscolo. Anche lui
termina raggiungendo la linea alba
Trasverso: nei 3/5 superiori dietro al muscolo retto e si unisce alla lamina posteriore formando il
foglietto posteriore della guaina. Nei 2/5 inferiori del muscolo retto si unisce all’aponeurosi dell’obliquo
interno.
La guaina posteriore del muscolo retto muta la propria costituzione al confine dei 3/5 superiori con i
2/5 inferiori. Superiormente è formata dall’aponeurosi dell’obliquo interno. Inferiormente dall’obliquo
interno e trasverso.
Nel passaggio tra i due dispositivi vediamo un arcata con concavità verso il basso.
Linea alba: rafe tendineo posto sulla linea mediana della parete addominale. Si estende tra i due muscoli
retti dal processo xifoideo al pube. Data dall’inserzione dei fasci dell’aponeurosi dell’obliquo e
trasverso.
Ombelico: orifizio dove nel feto passano le arterie ombelicali, la vena ombelicale e l’uraco. Si chiude a
causa della caduta del cordone ombelicale. A volte nell’adulto si può trovare un residuo di cordone
ombelicale chiamato anello ombelicale.
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LEGAMENTO INGUINALE
Nastro tendineo teso tra la spina iliaca anteriore superiore ed il tubercolo pubico. Corrisponde alla piega
dell’inguine. esso può considerarsi la parte terminale dell’aponeurosi dell’obliquo esterno.
 margine anteriore: prosegue in alto nell’aponeurosi dell’obliquo esterno e da attacco
inferiormente alla fascia lata
 margine posteriore: attacco per la fascia trasversale
 faccia superiore: attacco laterale a fasci dei muscoli obliquo interno e trasverso. Medialmente
forma il pavimento del canale inguinale
 faccia inferiore: unita lateralmente alla fascia iliaca forma medialmente il margine superiore
della lacuna dei vasi
Medialmente il legamento presenta due inserzioni, una per il tubercolo pubico, un'altra per la cresta
pettinea.
Quest’ultima viene chiamato legamento lacunare: In esso possiamo riconoscere una base , un apice, una
faccia superiore, una inferiore, n margine anteriore e uno posteriore. La base forma il contorno mediale
dell’anello femorale. La faccia superiore corrisponde alla cavità addominale. La faccia anteriore è in
rapporto con la fascia pettinea. Il margine anteriore prosegue nel legamento inguinale.
CANALE INGUINALE
Situato al di sopra della metà mediale del legamento inguinale. Sito di passaggio per il funicolo
spermatico o legamento rotondo dell’utero.
Si presenta di lunghezza di 4-5 centimetri con un orifizio di entrata profondo e uno sbocco superficiale.
Questo sbocco superficiale si può distinguere in:
- anello inguinale sottocutaneo: costituito da un pilastro mediale e da un pilastro inferiore. Tra i due
pilastri, profondamente, troviamo il legamento inguinale riflesso che origina dall’obliquo esterno e
si porta sul margine superiore del ramo superiore del pube e sulla cresta pettinea. In
corrispondenza del contorno superiore troviamo delle fibre arcuate che dalla spina iliaca si portano
verso il muscolo obliquo esterno.
- anello inguinale addominale: si trova 15 millimetri al di sopra del punto medio del legamento
inguinale, visibile come depressione sulla faccia posteriore della parete addominale e prende il
nome di fossetta inguinale laterale.
La parete anteriore del canale inguinale è costituita dall’aponeurosi dell’obliquo esterno e dalle fibre
arcuate. La parete posteriore è rinforzata dalla fascia trasversale e rinforzata in diversi punti dal
legamento interfoveolare e dalla benderella ileopettinea.
La falce inguinale, è una lamina fibrosa tra tendine congiunto e fascia trasversale. Si presenta di forma
triangolare con base fissata alla cresta pettinea e margine libero concavo.
Tra falce e legamento interfoveolare troviamo la fossetta inguinale mediale che corrisponde ad un
punto debole della parete posteriore del canale inguinale. La parete superiore del canale inguinale è data
dal margine inferiore dei muscoli obliquo interno e trasverso. La parete inferiore è data dalla faccia
superiore del legamento inguinale.
FASCE ARTO INFERIORE
- Fascia femorale: riveste i muscoli superficiali della coscia. In alto è fissata al legamento inguinale ed al
corpo del pube ed alla branca ischiopubica. Si dipartono due setti, uno laterale ed uno mediale, che
dividono la coscia in una loggia anteriore ed una posteriore
-Fascia crurale: avvolge i muscoli della gamba. Continua in alto con la fascia lata. Prende inserzione
sull’estremità prossimale della tibia, testa fibula e rotula. Dalla superficie interna si distaccano due setti
intermuscolari che terminano uno sul margine anteriore e l’altro sul margine laterale della fibula.
La gamba viene cosi suddivisa in tre logge.
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SCHEMA RIASSUNTIVO APPARATO MUSCOLARE
MUSCOLI DELLA TESTA
Possono essere distinti in estrinseci od intrinseci a seconda che prendano origine in parti diverse della
testa ed inserzione sulle ossa del cranio oppure che abbiano sia origine che inserzione sulle ossa del
cranio. La muscolatura intrinseca è data dai muscoli pellicciai e da muscoli masticatori.
Muscoli mimici:
MUSCOLO EPICRANICO
Sottile formazione muscoloaponeurotica posta sulla volta cranica. Risulta costituito da tre porzioni:
- muscolo frontale: pari, appiattito, origine dalla galea e si inserisce sulla faccia profonda della cute in
corrispondenza del sopracciglio.Contraendosi sposta il avanti il cuoio capelluto e corruga la fronte
- muscolo occipitale: pari, origina dal margine posteriore dell’aponeurosi epicranica, si inserisce sui
2/3 laterali della linea nucale superiore . Contraendosi sposta in dietro il cuoio capelluto.
- aponeurosi epicranica: lamina fibrosa che ricopre la volta e le parti laterali del cranio.
MUSCOLI ESTRINSECI DEL PADIGLIONE AURICOLARE
- muscolo auricolare anterosuperiore: nella regione temporale, davanti e superiormente al padiglione
auricolare. Distinguiamo una parte superiore ed una inferiore tra le quali decorre il ramo parietale
dell’arteria temporale superficiale. Si inserisce sulla faccia laterale del padiglione auricolare in
corrispondenza dell’elice.
- muscolo auricolare posteriore: dorsalmente al padiglione auricolare, formato da un fascio
superiore e da un fascio inferiore
MUSCOLI DELLE PALPEBRE
- muscolo orbicolare dell’occhio: ha forma di anello ellittico disposto intorno alla rima palpebrale,
distinguiamo una parte orbitarla, una parte palpebrale e una parte lacrimale.Con la sua azione il
muscolo determina la chiusura della rima palpebrale
- muscolo corrugatore del sopracciglio: lamella a concavità inferiore situata nel sopracciglio. Origina
dall’estremità mediale dell’arcata sopraccigliare in corrispondenza del foro sovraorbitario. Con la
sua azione porta medialmente e in basso la cute del sopracciglio.
Muscoli delle labbra
Caratteristica generale di questo gruppo muscolare è la grande mobilità
MUSCOLO ZIGOMATICO
Faccia laterale osso zigomatico si inserisce alla faccia profonda della cute e della mucosa labiale in
corrispondenza della commessura. Sposta in alto e in dietro la commessura labiale
MUSCOLO QUADRATO DEL LABBRO SUPERIORE
Costituito da una porzione zigomatica, infraorbitaria ed angolare. L’origine è dalla faccia laterale
dell’osso zigomatico, dal margine infraorbitario al di sopra del foro infraorbitario, dal processo frontale
dell’osso mascellare.
MUSCOLO CANINO
Al di sotto del foro infraorbitario si inserisce alla cute e alla mucosa della commessura labiale.
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MUSCOLO BUCCINATORE.
Lamina che va in gran parte a costituire la guancia. Origina dalla faccia esterna del processo alveolare
superiore, dalla tuberosità mascellare, dall’uncino pterigoideo, dal rafe pterigomandibolare. I fasci
convergono verso la commessura labiale dove si inseriscono profondamente alla cute e alla mucosa. La
superficie esterna è ricoperta dalla fascia buccinatoria. Con la sua azione favorisce la masticazione.
Muscoli Masticatori
Sono in numero di quattro per lato. Presentano innervazione comune da parte della branca
mandibolare del 5° paio di nervi cranici.
MASSETERE
Robusta lamina muscolare, di forma quadrangolare sulla faccia laterale della mandibola. Costituito da
una parte superficiale ed una profonda.
Origine:
parte superficiale: dai 2/3 anteriori del margine inferiore dell’arcata zigomatica
parte profonda: dai 2/3 posteriori del margine inferiore dell’arcata zigomatica e dalla faccia mediale
dell’arcata stessa.
Inserzione: faccia esterna della mandibola. Rivestito esternamente dalla fascia masseterina sulla quale
decorrono il prolungamento anteriore della ghiandola parotide e il condotto parotideo. Profondamente
prende rapporto con il corpo adiposo della guancia.
Funzione: permette i movimenti di lateralità della mandibola
Innervazione: V nervo cranico
TEMPORALE
Si trova nella fossa temporale e ha forma triangolare con base in alto e apice in basso
Origine: linea temporale inferiore e dalla parete mediale dell’osso temporale, dalla faccia mediale
dell’arcata zigomatica
Inserzione: processo coronoideo della mandibola. E’ rivestito dalla fascia temporale
Funzione: eleva la mandibola
Innervazione: V nervo cranico
PTERIGOIDEO ESTERNO (laterale)
Origine:
capo superiore: cresta infratemporale e faccia sfenomascellare della grande ala dello sfenoide.
capo inferiore: faccia laterale della lamina laterale del processo pterigoideo, dal processo piramidale
dell’osso palatino e dalla tuberosità mascellare.
Inserzione: fossa pterigoidea del collo del condilo mandibolare e disco dell’articolazione
temporomandibolare.
Funzione: lateralità della mandibola
Innervazione: V nervo cranico
PTERIGOIDEO INTERNO (mediale)
Origine: fossa pterigoidea, processo piramidale del palatino e tuberosità mascellare
Inserzione: faccia mediale dell’angolo mandibolare e del ramo fino al livello del foro mandibolare.
Azione: contraendosi eleva la mandibola
Innervazione: V nervo cranico.
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Muscoli del collo
Possono essere distinti in posteriori, anteriori e laterali. Quelli posteriori si collocano in uno strato
profondo e in uno strato superficiale. I muscoli anteriori comprendono i muscoli sopraioidei,
sottoioidei, prevertebrali. Muscoli laterali sono il platisma, lo sternocleidomastoideo e gli scaleni.
ANTERIORI:
- sopraioidei
DIGASTRICO
Teso tra il processo mastoideo del temporale e la fossetta di gastrica della mandibola, ha due ventri e
forma un arcata a concavità volta verso l’alto.
Origine:
ventre posteriore, incisura mastoidea
ventre anteriore, fa seguito al tendine intermedio fissato sull’estremità laterale dell’osso ioide con un
anello fibroso.
Inserzione: il tendine intermedio è fissato sull’osso ioide e delimita con il margine posteriore del
muscolo miloioideo e al nervo ipoglosso posti superiormente, il triangolo dell’arteria linguale.
Innervazione: nervo faciale e ramo mandibolare del trigemino.
Azione: innalza l’osso ioide, abbassa la mandibola ed estende la testa.
STILOIDEO
Si trova al di sopra del ventre posteriore del digastrico.
Origine: processo stiloideo
Inserzione: corpo dell’osso ioide vicino al grande corno.
Innervazione: ramo del nervo faciale
Azione: sposta l’osso ioide in alto e in dietro
MILOIOIDEO
Lamina quadrilatera al di sopra del ventre anteriore del muscolo digastrico.
Origine: lungo la linea miloioidea
Inserzione: rafe miloioideo e faccia anteriore del corpo dell’osso ioide. Il rafe è una lamina fibrosa
sagittale. Il muscolo partecipa alla formazione del pavimento della cavità buccale.
Innervazione: ramo mandibolare del trigemino.
Azione: sposta in alto e in avanti l’osso ioide e solleva la lingua cooperando nella deglutizione.
- sottoioidei
Sono disposti in uno strato superficiale e uno profondo. Il primo è dato dai muscoli sternoioideo e
omoioideo, il secondo dai muscoli sternotiroideo e tiroioideo.
STERNOIOIDEO
Origine: faccia posteriore del manubrio sternale, parte posteriore della capsula dell’articolazione
sternoclavicolare ed estremità sternale della clavicola.
Inserzione: margine inferiore del corpo dell’osso ioide.
Azione: contraendosi abbassa l’osso ioide.
Innervazione: primi tre nervi cervicali attraverso l’ansa dell’ipoglosso.
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OMOIOIDEO
E’ un muscolo digastrico formato da un ventre inferiore e da un ventre superiore, tra loro uniti da un
tendine intermedio.
Origine:
ventre inferiore, margine superiore della scapola, interno incisura scapolare
ventre superiore, continua dal ventre inferiore per fissarsi al margine inferiore dell’osso ioide
Inserzione: osso ioide, tra i due muscoli omoioidei è tesa la fascia cervicale media.
Azione: agisce abbassando l’osso ioide e tendendo la fascia cervicale media.
Innervazione: primi tre nervi cervicali.
STERNOTIROIDEO
Posto profondamente allo sternoioideo.
Origine: faccia posteriore del manubrio sternale.
Inserzione: linea obliqua della cartilagine tiroidea
Azione: abbassa la cartilagine tiroidea e quindi la laringe
Innervazione: primi tre nervi cervicali
TIROIOIDEO
Fa seguito allo sternotiroideo e ricopre la cartilagine tiroidea e la membrana tiroioidea.
Origine: linea obliqua della cartilagine tiroidea
Inserzione: margine inferiore del corpo e al grande corno dell’osso ioide.
Azione: abbassa l’osso ioide e innalza la laringe
Innervazione: primi nervi cervicali
LATERALI:
PLATISMA
Accolto in uno sdoppiamento della fascia superficiale del collo
Origine: 2a costa e superficie anteriore della spalla
Inserzione: cute della regione masseterina, commessura labiale e faccia esterna del corpo della
mandibola.
Azione: tende la cute del collo e abbassa la mandibola
Innervazione: ramo cervicale del nervo faciale
STERNOCLEIDOMASTOIDEO
Nella parte anterolaterale del collo e presenta inferiormente due distinti capi di origine.
Origine:
capo sternale: parte alta della faccia anteriore del manubrio dello sterno
capo clavicolare: quarto mediale della faccia superiore della clavicola.
Inserzione: processo mastoideo dell’osso temporale. E’ accolto in uno sdoppiamento della fascia
cervicale superficiale.
Funzione: flette la testa
Innervazione: nervo accessorio e rami del 2° e 3° nervo cervicale.
SCALENI
Posti profondamente nella regione laterale del collo
 anteriori:
Origine: tubercoli anteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali dalla 3a alla 6a
Inserzione: tubercolo dello scaleno sulla faccia superiore della prima costa
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 medio:
Origine: tubercoli anteriori dei processi trasversi di tutte le vertebre cervicali al di dietro delle
origini dello scaleno anteriore. Inserzione: faccia superiore della prima costa dietro al solco per
l’arteria succlavia
 posteriore:
Origine: tubercoli posteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali dalla 4a alla 6a.
Inserzione: margine superiore e faccia esterna della 2a costa Funzione: inclinano il collo.
Innervazione: rami del plesso cervicale e brachiale
Muscoli della spalla
DELTOIDE
Origine: Origine fasci anteriori: terzo laterale del margine ant. della superficie della clavicola. Origine
fasci medi: margine laterale e superficie sup. dell'acromion. Origine fasci posteriori: margine posteriore
della spina della scapola
I fasci sono separati da setti fibrosi.
Inserzione: tuberosità deltoidea dell'omero
Presenta una faccia superficiale e una profonda; due margini, anteriore e posteriore. Quello anteriore è
diviso dal superolaterale del pettorale da uno spazio denominato trigono clavipettorale.
Azione: abduce il braccio soprattutto con i fasci medi, mentre quelli ant. e post. agiscono come
stabilizzatori. I fasci anteriori flettono e intraruotano il braccio, i posteriori lo estendono e lo
extraruotano.
Innervazione: ascellare C5, 6.
Deficit: impossibilità di abdurre il braccio. In caso di paralisi anche del sopraspinato tendenza alla
sublussazione della scapolo-omerale, meno marcata se il sopraspinato resta indenne.
SOPRASPINATO
Origine: 2/3 mediali della fossa sopraspinata della scapola.
Inserzione: faccetta sup. della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale.
La faccia superficiale è ricoperta dalla fascia sovraspinata, la faccia profonda è in rapporto con la fossa
sovraspinata e in relazione con la capsula articolare della spalla.
Azione: abduce il braccio e fissa la testa dell'omero nella cavità glenoidea.
Innervazione: soprascapolare C4, 5, 6.
Deficit: riduce la stabilità della scapolomerale e predispone all'alterazione dei rapporti della testa
dell'omero con la cavità glenoidea.
INFRAPINATO
Origine: 3/4 mediali della fossa infraspinata della scapola e dal setto che lo separa dal piccolo rotondo
Inserzione: faccetta media della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale
La faccia superficiale è rivestita dalla fascia infraspinata, la profonda è in contatto con la fossa
infraspinata e l’articolazione della spalla
Azione: extraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella cavità glenoidea
Innervazione: soprascapolare C4, 5, 6.
Deficit: riduce la forza di rotazione esterna. L'omero è atteggiato in intrarotazione.
PICCOLO ROTONDO
Allungato e appiattito, corrisponde al margine inferiore dell’infraspinato
Origine: fossa infraspinata vicino al margine ascellare.
Inserzione: faccetta inf. della grande tuberosità dell'omero e capsula articolare della scapolomerale
Azione: extraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella cavità glenoidea
Innervazione: soprascapolare C4, 5, 6.
Deficit: riduce la forza di rotazione esterna. L'omero è atteggiato in intrarotazione.
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GRANDE ROTONDO
Inferiormente al piccolo rotondo.
Origine: faccia dorsale dell'angolo inferiore e terzo inferiore del margine laterale della scapola
Inserzione: labbro posteriore e fondo solco bicipitale
La faccia posteriore è in rapporto con gran dorsale e capo lungo del tricipite; quella anteriore con
sottoscapolari, coracobrachiale. Il margine inferiore forma la parete posteriore della cavità ascellare; il
margine superiore con l’omero e il margine inferiore del piccolo rotondo delimita il triangolo dei
muscoli rotondi. Questo triangolo è diviso dal capo lungo del tricipite nello spazio omerotricipitale e
omotricipitale.
Azione: intraruota, adduce e estende il braccio
Innervazione: sottoscapolare inf. C5, 6, 7.
Deficit: riduce la forza di rotazione interna e di estensione del braccio.
SOTTOSCAPOLARE
Origine: fossa sottoscapolare della scapola
Inserzione: piccola tuberosità dell'omero e capsula articolare dell'articolazione scapolomerale
Azione: intraruota il braccio e stabilizza la testa dell'omero nella cavità glenoidea durante i movimenti
della scapolomerale
Innervazione: sottoscapolare sup. e inf. C5, 6, 7.
Deficit: riduce la forza di rotazione interna e di adduzione del braccio.
Muscoli del braccio
ANTERIORI:
BICIPITE BRACHIALE
Origine:
capo breve: mediale rispetto al capo lungo;apice del processo coracoideo della scapola.
capo lungo: tubercolo sopraglenoideo della scapola. Decorre con un tendine nel solco bicipitale
omerale è intraarticolare
Inserzione: tuberosità bicipitale del radio e aponeurosi del bicipite (lacerto fibroso).
Superficialmente è avvolto dalla fascia brachiale. A lato del muscolo troviamo due solchi, in quello
mediale passano l’arteria e vena brachiale con nervo mediano; in quello laterale la vena cefalica
Azione: principale muscolo flessore.Flette la scapolo omerale e il capo lungo può intervenire
nell'abduzione del braccio se extraruotato. A origine fissa flette il gomito e supina l'avambraccio. A
inserzione fissa flette il gomito, come nel sollevamento alla sbarra.
Innervazione: muscolocutaneo C5, 6.
Deficit: ricuce la capacità di flettere l'avambraccio contro gravità. Difficoltà in diverse attività quotidiane
come portare il cibo alla bocca o pettinarsi. Se il deficit interessa anche il brachiale il paziente pronerà
l'avambraccio prima di flettere il gomito utilizzando il brachioradiale, l'estensore radiale lungo del carpo,
il pronatore rotondo e i flessori del polso.
CORACOBRACHIALE
Medialmente e profondamente al capo breve del tricipite.
Origine: apice del processo coracoideo della scapola
Inserzione: superficie anteromediale del terzo medio della diafisi omerale, dalla parte opposta alla
tuberosità deltoidea.
Azione: flette e adduce il braccio.
Innervazione: muscolocutaneo C6, 7.
Deficit: riduzione della forza di flessione del braccio, particolarmente nei movimenti che richiedono
anche la flessione e supinazione dell'avambraccio, come pettinarsi.
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BRACHIALE
Dietro al bicipite.
Origine: al di sotto inserzione deltoidea, da facce anteromediale e anterolaterale dell’omero.
Inserzione: tuberosità dell'ulna e processo coronoideo.
Azione: A origine fissa flette il gomito avvicinando l'avambraccio al braccio. A inserzione fissa flette il
gomito, come nel sollevamento alla sbarra.
Innervazione: muscolocutaneo e un piccolo ramo del radiale C5, 6.
Deficit: vedi bicipite brachiale.
POSTERIORI:
TRICIPITE BRACHIALE
Origine:
capo lungo: tuberosità sottoglenoidea della scapola.
capo laterale: superfici posteriore e laterale della metà prossimale della diafisi omerale e setto
intermuscolare laterale.
capo mediale: faccia posteriore omero inferiormente al solco nervo radiale
Inserzione: superficie posteriore dell'olecrano e fascia antibrachiale. Tra capo laterale e mediale
decorrono arteria brachiale profonda e nervo radiale
Azione: estende il gomito. Il capo lungo adduce e può intervenire nell'estensione del braccio.
Innervazione: radiale C6, 7, 8 T1.
Deficit: rende impossibile l'estensione dell'avambraccio contro gravità. Difficoltà in attività come
raggiungere uno scaffale posto più in alto del capo, lanciare oggetti, spingere a gomito esteso, usare le
stampelle o un bastone.
Muscoli dell’avambraccio
ANTERIORI:
Sono presenti in diversi strati
A- superficiali o epitrocleari
PRONATORE ROTONDO
E’ il muscolo più laterale attraversa obliquamente l’avambraccio.Due fasci.
Origine:
capo omerale; sopra l'epitroclea dell'omero, tendine comune dei flessori e fascia antibrachiale.
capo ulnare; medialmente al processo coronoideo dell'ulna.
Inserzione: terzo medio della superficie laterale del radio.
E’ ricoperto in superficie dalla fascia antibrachiale e dal lacerto fibroso.Tra i due suoi capi passa il nervo
mediano.Lateralmente decorre arteria brachiale e nervo radiale.
Azione: prona l'avambraccio e interviene nella flessione del gomito.
Innervazione: mediano C6, 7.
Deficit: predispone ad un atteggiamento in supinazione dell'avambraccio; interferisce in numerose
attività della vita quotidiana come ruotare una manopola, usare il coltello, raccogliere oggetti ruotando
verso il basso il palmo della mano.
31
FLESSORE RADIALE DEL CARPO
Medialmente al pronatore rotondo.
Origine: epitroclea(epicondilo mediale) dell'omero mediante il tendine comune dei flessori e fascia
antibrachiale.
Inserzione: attraversa un condotto osteofibroso nel carpo e va alla base del secondo metacarpo e con
un'espansione tendinea, base del terzo metacarpo.
Azione: flette e abduce il polso e può intervenire nella pronazione dell'avambraccio e nella flessione del
gomito.
Innervazione: mediano C6, 7.
Deficit: riduce la forza di flessione del polso e, talvolta, la forza di pronazione dell'avambraccio.
Predispone a deformità in deviazione ulnare della mano.
PALMARE LUNGO
Tra flessore radiale del carpo e flessore ulnare.
Origine: epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori e fascia antibrachiale.
Inserzione: retinacolo dei flessori e aponeurosi palmare.
Azione: mette in tensione l'aponeurosi palmare, flette il polso e può intervenire nella flessione del
gomito e pronazione dell'avambraccio.
Innervazione: mediano C6, 7, 8 T1.
Deficit: riduce la capacità di incavare il palmo della mano e diminuisce la capacità di flessione del polso.
FLESSORE ULNARE DEL CARPO
E’ il più interno dei muscoli epitrocleari.
Origine:
capo omerale; epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori.
capo ulnare; margine mediale dell'olecrano mediante un'aponeurosi, due terzi prossimali del margine
posteriore dell'ulna e fascia antibrachiale.
Inserzione: pisiforme e, mediante espansioni tendinee, uncinato e 5°metacarpo.
Azione: flette e adduce il polso e può intervenire nella flessione del gomito.
Innervazione: ulnare C7, 8 T1.
Deficit: riduce la forza di flessione del polso e predispone a deformità in deviazione radiale della mano
B – secondo strato dei muscoli anteriori dell’avambraccio
FLESSORE SUPERFICIALE DELLE DITA
Origine:
- capo omerale; epitroclea dell'omero mediante il tendine comune dei flessori, legamento collaterale
ulnare del gomito e fascia antibrachiale.
- capo ulnare; superficie mediale del processo coronoideo.
- Capo radiale, linea obliqua del radio.
Un arco tendineo riunisce i due capi per poi dare origine a metà dell’avambraccio a 4 ventri che
terminano con 4 tendini. Nel condotto del carpo i tendini decorrono superficialmente a quelli dei
muscoli flessore profondo delle dita e flessore lungo del pollice.
Inserzione: sui lati delle falangi intermedie delle dita dal secondo al quinto.
Azione: flette le interfalangee prossimali delle dita dal secondo al quinto, interviene nella flessione delle
metacarpofalangee e nella flessione del polso.
Innervazione: mediano C7, 8 T1.
Deficit: riduzione della forza della presa e della flessione del polso. Difficoltà in attività come scrivere a
macchina, suonare il piano o strumenti a corda per i quali è necessario flettere le interfalangee
prossimali mantenendo estese le distali. Tendenza all’iperestensione dell’interfalangea prossimale
durante l’estensione delle dita.
32
C - terzo strato dei muscoli anteriori dell’avambraccio
FLESSORE PROFONDO DELLE DITA
Si trova nella parte mediale del terzo strato.
Origine: 2/3 superiori delle facce anteriore e mediale dell’ulna, fascia antibrachiale, parte mediale della
membrana interossea.
A metà dell’avambraccio il ventre si divide in 4 fasci. I tendini attraversano l’occhiello del tendine del
flessore superficiale. Il nervo mediano scende nell’interstizio tra il flessore profondo delle dita e flessore
lungo del pollice.
Inserzione: con quattro tendini sulla faccia anteriore della base delle falangi distali.
Azione: flette le interfalangee distali delle dita dal secondo al quinto, interviene nella flessione delle
interfalangee prossimali e delle metacarpofalangee: interviene nell'adduzione di indice, anulare e
mignolo e nella flessione del polso.
Innervazione: per fasci del secondo e terzo dito, mediano C7, 8 T1. Per i fasci del quarto e quinto dito,
ulnare C7,8 T1.
Deficit: riduzione della capacità di flettere la falange distale. E' l'unico muscolo che può flettere tale
segmento. In caso di deficit si riduce anche la forza di flessione del polso
FLESSORE LUNGO DEL POLLICE
Parte laterale del 3° strato.
Origine: faccia anteriore del radio al di sotto della tuberosità bicipitale, membrana interossea, margine
mediale del processo coronoideo dell'ulna e/o dell'epitroclea dell'omero.
Inserzione: superficie palmare della base della falange distale del pollice.
Azione: flette l'interfalangea del pollice, contribuisce alla flessione della metacarpofalangea e della
trapezio - metacarpale e può intervenire nella flessione del polso.
Innervazione: mediano C6, 7, 8 T1.
Deficit: riduce la capacità di flettere la falange distale. Difficoltà nel tenere una penna o piccoli oggetti
tra il pollice e le altre dita. Un deficit marcato predispone a una deformità in iperestensione
dell'interfalangea del pollice.
D - quarto strato dei muscoli dell’avambraccio
PRONATORE QUADRATO
Origine: estremità inferiore della superficie anteriore dell'ulna, medialmente.
Inserzione: estremità inferiore della superficie anteriore del radio, lateralmente.
Azione: prona l'avambraccio.
Innervazione: mediano C7, 8 D1.
Deficit: predispone ad un atteggiamento in supinazione dell'avambraccio; interferisce in numerose
attività della vita quotidiana come ruotare una manopola, usare il coltello, raccogliere oggetti ruotando
verso il basso il palmo della mano.
33
MUSCOLI LATERALI:
BRACHIORADIALE
Origine: margine laterale dell’omero sotto il solco del nervo radiale e dal setto intermuscolare laterale.
Inserzione: base del processo stiloideo del radio, lateralmente.
La parte superiore del muscolo è tra brachiale e tricipite. E’ coperto dalla fascia antibrachiale, fra
brachioradiale e brachiale decorre il nervo radiale.
Azione: flette il gomito, portando in posizione intermedia tra pronazione e supinazione l'avambraccio.
Innervazione: radiale C5, 6.
Deficit: riduce la forza nella flessione del gomito e nella pronazione o supinazione dell'avambraccio
fino alla posizione intermedia.
ESTENSORE RADIALE LUNGO DEL CARPO
Origine: parte anteriore del margine laterale dell’omero, dall’epicondilo omerale e dal setto
intermuscolare laterale;
Inserzione: lato radiale della superficie dorsale della base del secondo metacarpo.
Azione: estende e abduce il polso e può intervenire nella flessione del gomito.
Innervazione: radiale C5, 6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione ulnare della mano.
ESTENSORE RADIALE BREVE DEL CARPO
Posto posteriormente e lateralmente all’estensore radiale lungo.
Origine: epicondilo laterale faccia anteriore dell'omero grazie al tendine comune degli estensori,
legamento collaterale radiale del gomito e fascia antibrachiale.
Inserzione: superficie dorsale della base del terzo metacarpo.
Azione: estende e abduce il polso.
Innervazione: radiale C5, 6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione ulnare della mano.
MUSCOLI POSTERIORI:
Sono presenti in diversi strati
A - superficiali (epicondilei)
ESTENSORE COMUNE DELLE DITA
E’ il più laterale dei muscoli superficiali.
Origine: faccia posteriore dell'epicondilo omerale fascia antibrachiale.
Si divide a metà dell’avambraccio in tre fasci. I tendini passano per il 4° condotto del legamento dorsale
del carpo.
Inserzione: con quattro tendini destinati alle dita dal 2° al 5°. Ciascun tendine si divide in tre linguette,
di cui la mediale si attacca alla base della seconda falange, mentre le altre due vanno ad inserirsi alla base
della terza falange.
Azione: estende le prime falangi delle ultime quattro dita della mano; secondariamente estende anche le
altre due falangi. Interviene nell'abduzione del 2°, 4° e 5° dito e nell'estensione del polso.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria delle falangi prossimali interessate, predisponendole ad un
atteggiamento in flessione. Diminuisce la forza di estensione del polso.
34
ESTENSORE PROPRIO DEL MIGNOLO
Medialmente all’estensore comune delle dita
Origine: faccia posteriore dell'epicondilo omerale, fascia antibrachiale.
Inserzione: si unisce al tendine dell'estensore comune delle dita destinato al mignolo.
Azione: estende e può abdurre il mignolo.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria del mignolo.
ESTENSORE ULNARE DEL CARPO
Medialmente all’estensore proprio del mignolo.
Origine: epicondilo laterale dell'omero grazie al tendine comune degli estensori, margine posteriore
dell'ulna mediante un'aponeurosi e fascia antibrachiale.
Inserzione: passando nel 6° canale del carpo lato ulnare alla base del quinto metacarpo.
Azione: estende e adduce il polso.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria del polso. Predispone a una deviazione radiale della mano.
ANCONEO
Nella parte posteriore e superiore dell’avambraccio, fa seguito al capo mediale del tricipite
Origine: superficie posteriore dell'epicondilo laterale dell'omero
Inserzione: margine laterale dell'olecrano e 1/4 prossimale della faccia posteriore dell'ulna.
Azione: estende il gomito e può stabilizzare l'ulna durante la pronazione.
Innervazione: radiale C7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria dell'avambraccio. Vedi deficit del tricipite brachiale.
B – profondi:
SUPINATORE
Avvolge il terzo superiore del radio.
Origine: epicondilo dell'omero, legamento collaterale radiale del gomito, legamento anulare del radio e
cresta del supinatore dell'ulna.
Inserzione: terzo prossimale della superficie laterale del radio.
Azione: supina l'avambraccio.
Innervazione: radiale C5, 7.
Deficit: predispone ad un atteggiamento in pronazione dell'avambraccio; interferisce in numerose
attività della vita quotidiana come portare il cibo alla bocca.
ABDUTTORE LUNGO DEL POLLICE
E’ il più laterale dei muscoli profondi.
Origine: faccia posteriore del corpo del radio, faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana
interossea.
Inserzione:il tendine attraversa il primo condotto del legamento dorsale del carpo base del primo
metacarpo, lateralmente.
Azione: abduce e estende la trapeziometacarpale. Partecipa all'abduzione del polso.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la forza di abduzione del pollice e del polso.
35
ESTENSORE BREVE DEL POLLICE
E’ posto medialmente all’ abduttore lungo.
Origine: faccia posteriore del corpo del radio, membrana interossea.
Il ventre circonda il corpo del radio
Inserzione: il tendine decorre nel primo condotto del legamento dorsale del carpo per poi portarsi sulla
faccia dorsale della base della prima falange del pollice.
Azione: estende la prima falange del pollice e la trapeziometacarpale. Interviene nell'abduzione del
polso.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria della prima falange e ne predispone ad una deformità in
flessione.
ESTENSORE LUNGO DEL POLLICE
Medialmente all’abduttore lungo e estensore breve.
Origine: faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana interossea.
Inserzione: il tendine si impegna nel 3° condotto del legamento dorsale del carpo e si porta faccia
dorsale della base della seconda falange del pollice. (tabacchiera anatomica).
Azione: estende la seconda falange del pollice e la trapeziometacarpale. Interviene nell'abduzione e
estensione del polso.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria della seconda falange e ne predispone ad una deformità in
flessione.
ESTENSORE PROPRIO DELL'INDICE
E’ il più mediale dei muscoli posteriori profondi.
Origine: faccia posteriore del corpo dell'ulna, membrana interossea.
Inserzione: il tendine passa per il 4° condotto del legamento dorsale del carpo e per poi unirsi al tendine
dell'estensore comune delle dita destinato all'indice.
Azione: estende e può addurre l'indice.
Innervazione: radiale C6, 7, 8.
Deficit: diminuisce la capacità estensoria dell'indice.
I muscoli dell’avambraccio si trovano avvolti in un manicotto fibroso denominato fascia antibrachiale
considerata un proseguimento della fascia brachiale del braccio.La superficie esterna è in diretto
contatto con i tegumenti. Essa da origine a setti. Legamento palmare del carpo: di forma quadrilatera è
sopra l’articolazione radiocarpica, prosegue inferiormente nel legamento traverso del carpo. Legamento
traverso del carpo: teso tra le eminenze ossee che delimitano il solco del carpo; la sua faccia profonda
delimita il canale del carpo ed emette un setto che divide il canale in una parte laterale e una mediale.
Legamento dorsale del carpo: ispessimento della fascia antibrachiale situato sulla parte dorsale
dell’articolazione radiocarpica; la faccia profonda invia setti che si fissano ai margini delle docce che
solcano le estremità inferiori del radio e dell’ulna e si vengono cosi a costituire i condotti dei tendini dei
muscoli estensori. Nel tratto in cui decorrono in questi condotti i muscoli flessori ed estensori sono
rivestiti da guaine mucose. Nel lato volare troviamo guaine digitali, la guaina del tendine del muscolo
flessore lungo del pollice e la guaina dei tendini dei muscoli flessori comuni.
36
Muscoli dell’eminenza tenar
ABDUTTORE BREVE DEL POLLICE (eminenza tenar)
Origine: tubercolo scafoide, trapezio e legamento trasverso del carpo.
Inserzione: base della prima falange del pollice, lateralmente e espansione estensoria dorsale sul primo
interosseo.
Ricoperto in superficie dalla fascia dell’eminenza tenar.
Azione: contrariamente al suo nome, adduce il primo metacarpo anteponendolo al carpo, flette la prima
falange sul metacarpo e estende la seconda falange sulla prima.
Innervazione: mediano C6, 7, 8 T1.
Deficit: interferisce nella presa di oggetti voluminosi.
OPPONENTE DEL POLLICE
Profondo all’adduttore breve e lateralmente al flessore breve.
Origine: retinacolo dei flessori e tubercolo del trapezio
Inserzione: faccia anteriore e margine radiale del primo metacarpo, su tutta la sua lunghezza.
Azione: flette e abduce il primo metacarpo e lo intraruota; in questo modo il pollice viene posto in una
posizione tale per cui può venire opposto, mediante una flessione della metacarpo-falangea, alle altre
dita
Innervazione: mediano C6, 7, 8 T1.
Deficit: ipotrofia dell'eminenza tenar e atteggiamento in estensione e adduzione del primo metacarpo.
Difficoltà nell'impugnare una penna e indebolimento delle prese di forza.
FLESSORE BREVE DEL POLLICE
Origine:
capo superficiale, retinacolo dei flessori e trapezio.
Capo profondo, trapezoide e capitato, base 2° metacarpale
Inserzione: lato radiale della base della falange prossimale del pollice e espansione digitale estensoria
Azione: flette le articolazioni metacarpo-falangea e trapezio-metacarpale del pollice. Partecipa
all'opposizione del pollice al mignolo. Può estendere l'interfalangea del pollice mediante la sua
inserzione sull'espansione digitale estensoria.
Innervazione: capo superficiale, mediano C6, 7, 8 T1. Capo profondo, ulnare C8 T1.
Deficit: riduce la capacità di flettere la falange prossimale. Difficoltà nel tenere fortemente oggetti tra il
pollice e le altre dita. Un deficit marcato predispone a deformità in iperestensione della
metacarpofalangea.
ADDUTTORE DEL POLLICE
E’ il più mediale e profondo dei muscoli dell’eminenza tenar.
Origine:
capo obliquo; dal trapezoide dal capitato e unicinato.
capo trasverso; margine anteriore del 2° e 3° osso metacarpale.
Inserzione: il capo trasverso sul lato ulnare della base della falange prossimale del pollice; il capo
obliquo sull'espansione digitale estensoria.
Azione: adduce l'articolazione trapezio-metacarpale, avvicinando il pollice al palmo della mano
muovendolo su un piano perpendicolare a quello del palmo; adduce e coopera a flettere la metacarpofalangea e interviene nell'opposizione del pollice al mignolo. può intervenire nell'estensione
dell'interfalangea mediante l'inserzione del capo obliquo sull'espansione estensoria
Innervazione: ulnare C8 T1.
Deficit: difficoltà nel serrare fortemente il pollice contro le altre dita a pugno chiuso.
37
Muscoli dell’eminenza ipotenar
PALMARE BREVE
Muscolo pellicciaio nello spessore del sottocute.
Origine: margine mediale dell'aponeurosi palmare e superficie palmare del retinacolo dei flessori.
Inserzione: sulla pelle del margine ulnare della mano.
Azione: corruga la pelle del lato ulnare della mano
Innervazione: mediano C6, 7, 8 T1. Deficit: poco significativi.
ABDUTTORE DEL MIGNOLO (eminenza ipotenar)
Medialmente nell’eminenza ipotenar.
Origine: pisiforme, legamento trasverso del carpo e tendine del flessore lungo del carpo.
Inserzione: base della prima falange del mignolo, medialmente con un'espansione estensoria .
Azione: abduce e flette la metacarpofalangea. Può intervenire nell'estensione delle interfalangee.
Innervazione: ulnare C7, 8 T1.
Deficit: riduzione della forza di abduzione e tendenza all'adduzione.
FLESSORE BREVE DEL MIGNOLO
Superficialmente e lateralmente nell’eminenza ipotenar.
Origine: Parte mediale del legamento trasverso del carpo e dal processo dell’uncinato.
Inserzione: lato mediale della base della falange prossimale del mignolo.
Azione: flette la metacarpo-falangea del mignolo e interviene nell'opposizione dello stesso al pollice
Innervazione: ulnare C7, 8 T1.
Deficit: riduce la forza di flessione e opposizione del mignolo.
OPPONENTE DEL MIGNOLO
Profondamente ai muscoli abduttore breve e flessore breve del mignolo
Origine: processo dell'uncinato e retinacolo dei flessori
Inserzione: margine ulnare del quinto metacarpo, su tutta la sua lunghezza
Azione: flette e intraruota di pochi gradi l'articolazione carpo-metacarpica del quinto dito, sollevando il
bordo ulnare della mano in modo tale che i flessori della metacarpo-falangea possano portare il
polpastrello del mignolo a opporsi a quello del pollice. Partecipa a realizzare l'incavamento del palmo
della mano
Innervazione: ulnare C7, 8 T1.
Deficit: ipotrofia dell'ipotenar e difficoltà nell'opposizione del mignolo al pollice.
Muscoli palmari
LOMBRICALI
Tra i tendini del flessore profondo delle dita.
Origine:
Primo e secondo; margine radiale dei tendini del flessore profondo, rispettivamente dell'indice e del
medio.
Terzo; margini adiacenti dei tendini del flessore profondo del medio e dell'anulare.
Quarto; margini adiacenti dei tendini del flessore profondo dell'anulare e del mignolo.
Inserzione: margine radiale dell'espansione estensoria delle dita corrispondenti.
Azione: estendono le articolazioni interfalangee e flettono le metacarpofalangee delle dita dal secondo al
quinto. Estendono le interfalangee anche con le metacarpofalangee estese.
Innervazione: del primo e secondo lombricale, mediano C6, 7, 8 T1. Il terzo e quarto, ulnare C 7,8 T1.
Deficit: deformità ad artiglio della mano.
38
Muscoli interossei:
occupano gli spazi tra le ossa metacarpali.
INTEROSSEI PALMARI
Negli ultimi tre spazi intermetacarpali.
Origine: Primo, lato ulnare della base del primo metacarpo. Secondo, secondo metacarpo su tutta la
lunghezza del lato ulnare. Terzo, su tutta la lunghezza del lato radiale del quarto metacarpo. Quarto, su
tutta la lunghezza del lato radiale del quinto metacarpo
Inserzione: Soprattutto sull'espansione stensoria del dito corrispondente, con possibile inserzione sulla
base della falange prossimale, in questo modo:
Primo: lato ulnare del pollice. Secondo: lato ulnare dell'indice. Terzo: lato radiale dell'anulare. Quarto:
lato radiale del mignolo
Azione: flettono la prima falange ed estendono le altre due,avvicinano tra loro le dita.
Innervazione: ulnare C8 T1.
Deficit: riduce la capacità di adduzione del primo, secondo, quarto e quinto dito. Diminuisce la forza di
flessione delle metacarpofalangee e di estensione delle interfalangee delle stesse dita.
INTEROSSEI DORSALI
Negli spazi interossei metacarpale. Sono muscoli penniformi
Origine: Primo, capo laterale, metà prossimale del margine ulnare del primo metacarpo. Primo, capo
mediale, margine radiale del secondo metacarpo. Secondo, terzo, quarto, superfici adiacenti di due
metacarpi vicini
Inserzione: sull'espansione digitale estensoria e sulla base della falange prossimale, in quest'ordine:
Primo: lato radiale dell'indice soprattutto alla base della prima falange. Secondo: lato radiale del medio.
Terzo: lato ulnare del medio, soprattutto sull'espansione estensoria. Quarto: lato ulnare dell'anulare
Azione: abducono l'indice, il medio e l'anulare rispetto all'asse passante per il terzo dito. Partecipano alla
flessione della metacarpo-falangea e all'estensione delle metacarpo-falangee delle stesse dita. Il primo
interosseo può intervenire nell'adduzione del pollice
Innervazione: ulnare C8 T1.
Deficit: riduce la capacità di abduzione del secondo, terzo e quarto dito. Diminuisce la forza di flessione
delle metacarpofalangee e di estensione delle interfalangee delle stesse dita.
Aponeurosi palmare: robusta lamina fibrosa posta nel sottocute tra eminenza tenar e ipotenar. Di
forma triangolare con base distale e apice prossimale. L’apice fa seguito al tendine del muscolo palmare
lungo e la base si trova a livello della radice delle dita.Si può considerare come una dipendenza del
tendine del muscolo palmare lungo e del legamento trasverso del carpo
Fascia eminenza tenar: ricopre i muscoli sottostanti, prosegue medialmente nell’aponeurosi palmare.
Fascia eminenza ipotenar: si fissa medialmente al margine mediale del 5° metacarpale.
Formazione di logge grazie a setti di unione: loggia laterale, loggia intermedia e mediale.
Muscoli del torace:
si distinguono in intrinseci ed estrinseci a seconda della loro localizzazione.
INTRINSECI:
localizzati esclusivamente nel torace
ELEVATORI DELLE COSTE
Dodici paia posti profondamente in vicinanza della colonna vertebrale.
Origine: apice processi trasversi 7 cervicale e vertebre toraciche.
Inserzione: faccia esterna e margine superiore della costa sottostante tra angolo e tubercolo.
Innervazione: 8°C e nervi toracici.
39
MUSCOLI INTERCOSTALI
Occupano gli spazi intercostali si distinguono in esterni, medi ed interni.
- Esterni: origine, margine inferiore di ogni costa; inserzione, margine superiore costa sottostante.
Diretti dall’alto in basso e dal dietro in avanti
- Medi: origine, margine inferiore delle coste all’interno della linea d’origine dei intercostali esterni;
inserzione, margine superiore coste sottostanti.
- Interni: origine, margine inferiore e faccia interna di una costa; inserzione, margine superiore della
costa sottostante. Sono diretti dall’alto in basso e dall’avanti in dietro incrociano i muscoli
intercostali esterni.
Innervazione: nervi intercostali dall’ 1 al 11.
MUSCOLI SOTTOCOSTALI
Parte interna e posteriore della parete toracica, in vicinanza articolazione costovertebrale.
Origine: faccia interna delle coste.
Inserzione: faccia interna della costa sottostante
Innervazione: nervi intercostali dal 1° all’ 11°
MUSCOLO TRASVERSO DEL TORACE
Nella faccia interna della parete toracica anteriore.
Origine: faccia posteriore del corpo e processo tifoideo dello sterno.
Inserzione:faccia interna e margine inferiore delle cartilagini costali dalla 2a alla 6a.
Innervazione: nervi intercostali dal secondo al nono.
L’azione è di abbassare le cartilagini costali.
ESTRINSECI:
diretti a diverse parti del corpo
A - Toracoappendicolari
GRANDE PETTORALE
Forma la parete anteriore del cavo ascellare.
Origine: capo clavicolare: superficie anteriore della metà mediale della clavicola; capo sternocostale:
superficie anteriore dello sterno e cartilagine delle prime sei o sette coste; capo addominale: aponeurosi
dell'obliquo esterno dell'addome.
Separato dal deltoide dal trigono clavipettorale
Inserzione: labbro laterale del solco bicipitale dell’omero.
Azione: Origine fissa: adduce e intraruota l'omero. Con il braccio abdotto e inserzione fissa può elevare
le coste. Nella deambulazione con stampelle o alle parallele interviene per sostenere il peso del corpo.
Il capo claveare flette il braccio e lo adduce sul piano orizzontale verso la spalla controlaterale. Il capo
sternocostale deprime la spalla e adduce il braccio verso la cresta iliaca controlaterale.
Innervazione:Innervazione del capo claveare: pettorale laterale, C5, 6, 7.Innervazione del capo
sternocostale: pettorale laterale e mediale, C6, 7, 8 T1
Deficit: parte claveare, riduce la capacità di addurre il braccio sul piano orizzontale. Difficoltà nel
portare la mano sulla spalla opposta. Riduzione di forza in flessione e intrarotazione del braccio. Parte
sternale, riduzione della forza in intrarotazione e adduzione del braccio in direzione obliqua verso l'anca
opposta. Difficoltà nell'usare un'accetta, nel battere con una mazza o nel tenere un oggetto voluminoso
e pesante all'altezza della vita.
40
PICCOLO PETTORALE
Origine: margine superiore e superficie esterna dalla terza alla quinta costa in corrispondenza della
cartilagine; fascia dei muscoli intercostali corrispondenti
Inserzione: margine mediale e faccia superiore del processo coracoideo della scapola
Azione: Origine fissa, inclina in avanti la scapola abbassando il processo coracoideo. Inserzione fissa,
interviene nella inspirazione forzata
Innervazione: pettorale mediale con alcune fibre di provenienza dal pettorale laterale, C6, 7, 8 T1
Deficit: diminuisce la fissazione della scapola e, per questo, la forza in estensione del braccio.
SUCCLAVIO
Origine: faccia superiore 1° costa
Inserzione: solco sulla faccia inferiore della clavicola
In rapporto con arteria succlavia e plesso brachiale.
Azione: abbassa la clavicola
Innervazione: nervo succlavio
DENTATO ANTERIORE
Nella parte laterale del torace.Costituisce parete mediale cavo ascellare.
Origine: faccia esterna e margine superiore delle prime dieci coste.
Inserzione:passando davanti alla faccia anteriore della scapola si porta al margine vertebrale della
scapola
Consideriamo una parte superiore(prime due coste), media (2, 3, 4 costa) ed inferiore.
Azione: a origine fissa abduce la scapola, la extraruota e ne avvicina il margine mediale alla gabbia
toracica. Le fibre inferiori possono deprimere la scapola. Quelle superiori possono elevarla. Nel
movimento di flessione sulle braccia fissa la scapola, o meglio il suo bordo mediale, al torace. Ruota la
scapola in modo che la glenoide guardi verso l'alto. A inserzione fissa interviene come accessorio nella
inspirazione forzata.
Innervazione: toracico lungo C5, 6, 7, 8
Deficit: mancata fissazione della scapola durante i movimenti del braccio con distacco del bordo
mediale della scapola dalla gabbia toracica durante il movimento di flessione sulle braccia o di spinta di
un oggetto pesante verso l'avanti. Difficoltà nell'abduzione con pesi, oltre i 30°.
B – Spinoappendicolari
TRAPEZIO
Si trova nella regione nucale e nella parte dorsale del torace.
Origine: fasci superiori, protuberanza occipitale esterna, terzo medio della linea nucale superiore,
legamento nucale e processi spinosi di C7. Fasci medi, processi spinosi da T1 a T5. Fasci inferiori,
processi spinosi da T6 a T12.
Inserzione: fasci superiori, terzo laterale della clavicola e acromion. Fasci medi, labbro superiore della
spina della scapola. Fasci inferiori, estremità mediale della spina della scapola.
Azione: a origine fissa adduce la scapola, specie grazie ai fasci medi, e la extraruota grazie ai fasci
superiori e inferiori. I fasci superiori elevano la scapola. Quelli inferiori la deprimono. A inserzione fissa
unilateralmente i fasci superiori estendono, flettono lateralmente dal proprio lato e ruotano dal lato
opposto il rachide cervicale. A inserzione fissa bilateralmente il trapezio superiore estende la testa.
Innervazione: accessorio spinale e rami inferiori di C2, 3, 4
Deficit: la scapola si abduce e intraruota. Diminuisce la funzionalità del braccio per la diminuita
fissazione della scapola stessa, in particolare nell'elevazione del braccio sul piano frontale. Diminuisce la
forza nell'estensione, rotazione e inclinazione della testa. Aumenta la cifosi dorsale.
41
GRAN DORSALE
Ricopre la parte inferiore e laterale del dorso.
Origine: processi spinosi da T6 a T12, ultime tre o quattro coste, vertebre lombari e sacrali mediante la
fascia toracolombare e terzo posteriore del labbro esterno della cresta iliaca. Alcune fibre anche
dall'angolo inferiore della scapola.
Inserzione: solco bicipitale dell'omero.
Azione: a origine fissa intraruota, adduce e estende il braccio. Deprime la spalla e interviene nella
flessione laterale del tronco. A inserzione fissa inclina il bacino in avanti e di lato. Agendo
bilateralmente può sia iperestendere il rachide e portare il bacino in antiversione che flettere il rachide
stesso, a seconda dei suoi rapporti con i diversi assi di movimento. Interviene come accessorio nella
respirazione.
Innervazione: toracodorsale C6, 7, 8
Deficit: limita numerose attività che richiedono l'adduzione del braccio al tronco o viceversa. Diventa
difficile arrampicare, camminare con le stampelle, sollevare il corpo alle parallele, nuotare, remare,
spaccare la legna. La forza di flessione laterale del rachide è ridotta.
GRANDE ROMBOIDE
Parte inferiore regione nucale e superiore del dorso. Grande e piccolo romboide sono separati da un
sottile interstizio.
Origine: processi spinosi e legamenti interspinosi delle vertebre toraciche da T2 a T5
Inserzione: margine mediale della scapola dalla radice della spina all'angolo inferiore
Azione: adduce, eleva e intraruota la scapola
Innervazione: dorsale della scapola C4, 5
Deficit: scapola atteggiata in abduzione e extrarotazione. Adduzione e estensione del braccio ridotte per
insufficiente fissazione della scapola da parte dei romboidi.
PICCOLO ROMBOIDE
Origine: legamento nucale e processi spinosi delle vertebre da C7 a T1
Inserzione: margine mediale della scapola a livello della radice della spina
Azione: adduce, eleva e intraruota la scapola
Innervazione: dorsale della scapola C4, 5
Deficit: vedi grande romboide.
ELEVATORE DELLA SCAPOLA
Regione laterale e posteriore del collo.
Origine: tubercoli posteriori dei processi trasversi delle prime 4 vertebre cervicali
Inserzione: margine mediale della scapola fra l'angolo superiore e la radice della spina
Azione: Origine fissa: eleva la scapola e partecipa alla sua intrarotazione. Inserzione fissa: con azione
unilaterale, ruota e flette il rachide cervicale omolateralmente. Con azione bilaterale può intervenire
nell'estensione del rachide cervicale.
Innervazione: dorsale della scapola C3, 4, 5
Deficit: vedi grande romboide.
C - Muscoli spinocostali
Occupano lo strato medio dei muscoli del dorso.
DENTATO POSTERIORE SUPERIORE
Origine: apice processi spinosi della 7 vertebra cervicale e prime tre toraciche.
Inserzione: con quattro digitazioni che si fissano al margine superiore e faccia esterna delle coste dalla
seconda alla quinta.
Agisce elevando le coste
Innervazione: ramo del plesso brachiale (C 5 ) e rami dei nervi intercostali T1-T4
42
DENTATO POSTERIORE INFERIORE
Origine: dal foglietto posteriore della fascia lombodorsale a livello dei processi spinosi delle ultime due
vertebre toraciche.
Inserzione: con quattro digitazioni che si inseriscono al margine inferiore e alla faccia esterna delle
ultime quattro coste.
Innervazione: ramo del nervo toracodorsale (C6 – C8) e da rami intercostali T9 T11.
D – diaframma
DIAFRAMMA
Delimita il confine tra la cavità toracica e quella addominale
- muscolo piatto e sottile
- convesso superiormente ha forma di cupola la cui base corrisponde alla circonferenza inferire del
torace.
- molto larga trasversalmente
- discende molto verso il basso posteriormente
La cupola diaframmatici si innalza durante l’espirazione fino alla VI costa verso sinistra e V verso
destra.
Inserzioni:
Il diaframma si presenta carnoso alla periferia mentre nella parte centrale troviamo una sorta di lamina
aponeurotica tripartita  CENTRO FRENICO
A) parte muscolare:
1. inserzioni vertebrali: vertebre lombari, costituzioni di fasci che costituiscono i pilastri. Abbiamo
due pilastri mediali che originano dalla faccia anteriore dei corpi vertebrali e due pilastri
intermedi che originano dalla faccia laterale del corpo vertebrale.Troviamo inoltre i legamenti
arcuati che originano dai processi trasversi della 1 e 2 vertebra lombare.
2. Inserzioni toraciche: xifoidea nella faccia posteriore del processo xifoideo, costali dalla faccia
posteriore della settima costa ed estremità laterale della dodicesima.
B) parte aponeurotica: si presenta come una robusta lamina tendinea
1. configurazione esterna: forma di trifoglio in cui consideriamo tre porzioni, una anteriore che
corrisponde a quella mediana, una destra ed una sinistra che presentano forma oblunga con
maggior asse diretto lateralmente e in dietro.
2. dimensioni: la anteriore è la più larga ma la meno estesa. Quella di destra è la più grande
3. costituzione anatomica: struttura dei tendini, fasci tendinei sono disposti in più strati.
C) orifici del diaframma:
1. orifizio esofageo; posto sulla linea mediana all’altezza della decima vertebra toracica. Allungato
dall’alto verso il basso, di forma ellittica, misura 30 mm in lunghezza e 10-12 mm in larghezza.
Limitato in alto dalla parte superiore dei due pilastri. L’anello esofageo è interamente muscolare.
2. orifizio aortico; inferiormente a quello esofageo. Presenta un asse diretto obliquamente dall’alto
verso il basso. Risulta costituito dai pilastri principali del diaframma ed è in estensibile.
Corrisponde alla prima vertebra lombare e misura 3.5 cm. Da passaggio all’aorta e al canale
toracico. L’aorta e al canale toracico. L’aorta aderisce all’orifizio.
3. orificio della vena cava inferiore: in pieno centro frenico si origina dall’unione della foglia
anteriore con quella destra. Il diametro è di tre centimetri. Dista dalla linea mediana 1.5 cm.
Innervazione: frenico C3, 4, 5.
Deficit: gravi difficoltà respiratorie.
Azione: è il più importante muscolo della respirazione. Agisce in fase inspiratoria abbassandosi e
aumentando così il volume toracico diminuendone la pressione.
43
Muscoli dell’addome
RETTO DELL'ADDOME
Entra nella costituzione della parete addominale anteriore.
Origine: con tre fasci carnosi distinti in laterale, intermedio e mediale. I primi due dalla faccia esterna e
margine inferiore della 5 e 6 cartilagine costale, il terzo dalla faccia esterna della 7 cartilagine costale e
processo xifoideo.
Inserzione: margine superiore del pube tra tubercolo pubico e sinfisi pubica.
Il ventre presenta quattro iscrizioni tendinee trasversali. L’arteria epigastrica decorre tra la faccia
posteriore del muscolo e il foglietto posteriore della sua guaina.
Azione: flette il tronco sul bacino e viceversa, aumenta la cifosi dorsale e riduce la lordosi lombare.
Innervazione: da T5 a T12.
Deficit: diminuzione della capacità di flettere il rachide, di sollevare la testa e il tronco da supino e, in
stazione eretta, aumento della lordosi lombare con antiversione del bacino.
PIRAMIDALE
Piccolo muscolo nella parte inferiore e mediale della parete addominale anteriore.
Origine: faccia anteriore del ramo superiore del pube
Inserzione: linea alba
Innervazione: ultimo nervo intercostale.
OBLIQUO ESTERNO (o grande obliquo)
Parete anteriore e laterale dell’addome.
Origine: faccia esterna laterale delle ultime otto coste, intersecandosi con il dentato anteriore.
Inserzione: fasci inferiori, metà anteriore della cresta iliaca. Fasci superiori, mediante un'ampia
aponeurosi sulla linea alba, tubercolo pubico, sinfisi pubica. Tra il tubercolo pubico e la spina iliaca
anteriore superiore, l’aponeurosi costituisce il legamento inguinale. Fra margine posteriore dell’obliquo
esterno e margine anteriore del grande dorsale esiste uno spazio triangolare corrispondente alla cresta
iliaca (triangolo lombare).
Azione: inclina la colonna dallo stesso lato e ruota il torace dalla parte opposta. Con contrazione
bilaterale flette la colonna, abbassa le costole (funzione espiratoria) e comprime i visceri addominali.
Innervazione: da T5 a T12 e ipogastrico.
Deficit: diminuzione della capacità di flettere il rachide, antiversione del bacino in stazione eretta,
riduzione della forza espiratoria e del sostegno ai visceri addominali.
OBLIQUO INTERNO (o piccolo obliquo)
Parete anterolaterale dell’addome, profondamente al muscolo obliquo esterno.
Origine: terzo laterale del legamento inguinale, spina iliaca anterosuperiore, ¾ anteriori cresta iliaca e
faccia posteriore della fascia lombodorsale.
Inserzione: I fasci più posteriori si inseriscono al margine inferiore delle ultime tre cartilagini costali; gli
altri continuano nell’aponeurosi dell’obliquo interno che partecipa alla formazione della guaina del retto
e della linea alba. La parte inferiore dell’aponeurosi si fonde con l’aponeurosi del muscolo traverso
formando il tendine congiunto che si inserisce al margine superiore del pube.
Azione: inclina la colonna e ruota il torace dal proprio lato. Con contrazione bilaterale flette la colonna,
abbassa le costole (funzione espiratoria) e comprime i visceri addominali.
Innervazione: da T7 a T12, ileoipogastrico e ileoinguinale.
Deficit: diminuzione della capacità di flettere il rachide, antiversione del bacino in stazione eretta,
riduzione della forza espiratoria e del sostegno ai visceri addominali.
44
TRASVERSO DELL'ADDOME
Posto profondamente al muscolo obliquo interno.
Origine: faccia interna delle ultime sei cartilagini costali con digitazioni alternate a quelle del diaframma,
meta laterale del legamento inguinale.
Inserzione: costituiscono l’aponeurosi del traverso e terminano nella linea alba. Le fibre carnose
trapassano nell’aponeurosi seconda una linea curva a concavità mediale, la linea semilunare. La parte
inferiore dell’aponeurosi del traverso si unisce all’aponeurosi dell’obliquo interno per formare il tendine
congiunto. Il margine inferiore entra a far parte della parete superiore del canale inguinale.
Azione: comprime i visceri durante il torchio addominale, impedisce la protrusione della parete
addominale, interviene nell'espirazione forzata.
Innervazione: da T7 a T11, ileoipogastrico e ileoinguinale.
Deficit: protrusione della parete addominale con conseguente accentuazione della lordosi lombare.
CREMASTERE
Origine: fascio laterale, dai muscoli obliquo interno e trasverso e parte laterale del legamento inguinale;
fascio mediale, tubercolo pubico.
Nel maschio vanno a formare la tonaca eritroide della borsa scrotale. Nella femmina il muscolo
accompagna il legamento rotondo dell’utero.
Innervazione: L1 L 2
QUADRATO DEI LOMBI
Parete addominale posteriore tra la cresta iliaca e ultima costa. E’ formato da due strati di cui uno
anteriore e uno posteriore.
Origine:
 strato anteriore, apice dei processi costiformi delle quattro ultime vertebre lombari;
 strato posteriore, labbro interno della cresta iliaca e margine superiore del legamento
ileolombare.
Inserzione: apice processi costiformi da L1 a L4 e dodicesima costa.
Azione: flette il rachide o eleva il bacino dallo stesso lato. Con contrazione bilaterale fissa il rachide
lombare e abbassa le coste durante l'espirazione forzata. In avanti è rivestito da una fascia che lo separa
dal grande psoas ,dal rene, dal colon ascendente e discendente. Superiormente la fascia ispessita forma
l’arco diaframmatici laterale del pilastro laterale del diaframma.
Innervazione: plesso lombare da T12 a L1, 2, 3, e nervo sottocostale.
Deficit: diminuzione della forza di flessione laterale del rachide e di elevazione del bacino. La sua
retrazione unilaterale può dare un apparente dismetria degli arti inferiori.
Muscoli dell’arto inferiore
Si distinguono si quattro gruppi di muscoli che in direzione prossimo distale sono:
MUSCOLI DELL’ANCA
A - interni
MUSCOLO ILEOPSOAS
Nella regione lomboiliaca e anteriore della coscia. Costituito da due distinte porzioni:
 GRANDE PSOAS
Origine: facce laterali dei corpi dell’ultima vertebra toracica e prime 5 vertebre lombari
Inserzione: uscendo dal bacino sotto al legamento inguinale tra spina iliaca anteriore e inferiore
si inserisce al piccolo trocantere.
Nel contesto del muscolo decorre il nervo femorale
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 MUSCOLO ILIACO
forma a ventaglio.
Origine: dal labbro interno della cresta iliaca , dalle due spine iliache anteriori e dall’incisura
ischiatica.
Inserzione: i fasci si fondono con quelli del grande psoas. Il muscolo occupa la fossa iliaca.
Innervazione: plesso lombare e nervo femorale, L1-L4
Azione: contraendosi flette la coscia sul bacino adducendola e ruotandola esternamente. Se presso
punto fisso sul femore, flette il tronco e lo inclina dal proprio lato.
Deficit: difficoltà in numerose attività della vita quotidiana, come salire le scale, alzarsi e sedersi,
camminare in salita. Nel cammino, un grave deficit impone una accentuata rotazione del bacino verso il
lato in appoggio per facilitare l'avanzamento dell'arto in sospensione.
PICCOLO PSOAS
Muscolo rudimentale
Origine: faccia laterale dei corpi dell’ultima vertebra toracica e I lombare
Inserzione: eminenza ileopettinea dell’osso dell’anca
Azione: flette il tronco
Innervazione: plesso lombare
B – esterni:
GRANDE GLUTEO
E’ il più superficiale e il più sviluppato della regione glutea.
Origine: parte posteriore del labbro esterno della cresta iliaca, dalla linea glutea posteriore, legamento
sacroiliaco posteriore, fascia lombodorsale, cresta laterale del sacro, legamento sacrotuberoso.
Inserzione: i fasci convergono sulla linea aspra del femore, i più superficiali si portano lateralmente sulla
fascia lata.
Azione: estende e extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con le sue fibre superiori e
nell'adduzione con quelle inferiori.
Innervazione: gluteo inferiore L5, S1, 2.
Deficit: difficoltà nell'alzarsi da seduto, nel salire le scale e se bilaterale notevoli difficoltà nella
deambulazione.
MEDIO GLUTEO
Origine: faccia esterna dell'ileo, labbro esterno della cresta iliaca e spina iliaca anteriore superiore.
Inserzione: gran trocantere, lateralmente.
Azione: abduce, flette e intraruota l'anca. Con le sue fibre posteriori coopera a extraruotare e estendere
l'anca.
Innervazione: gluteo superiore L4, 5 S1
Deficit: riduce la forza di abduzione e intrarotazione dell'anca. Un lieve deficit, in stazione eretta,
evidenzia una curvatura del rachide con convessità opposta al lato deficitario a causa dell'innalzamento
del bacino e dell'adduzione dell'anca dal lato del deficit. Un grave deficit degli abduttori dell'anca causa
durante il cammino una inclinazione del tronco verso il lato interessato (segno di DuchenneTrendelembourg).
PICCOLO GLUTEO
Origine: faccia esterna dell'ileo davanti alla linea glutea anteriore e labbro esterno della cresta iliaca
Inserzione: gran trocantere, anteriormente.
Azione: abduce, flette e intraruota l'anca.
Innervazione: gluteo superiore L4, 5 S1
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Deficit: riduce la forza di abduzione e intrarotazione dell'anca. Un grave deficit degli abduttori dell'anca
causa durante il cammino una inclinazione del tronco verso il lato interessato (segno di DuchenneTrendelembourg).
PIRIFORME
Situato parte all’interno e parte all’esterno della pelvi.
Origine: faccia anteriore del sacro e del legamento sacrotuberoso, bordo del grande forame ischiatico.
Inserzione: i fasci escono dal bacino attraverso il grande forame ischiatico gran trocantere del femore,
superiormente.
Azione: extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa. Ha azione stabilizzante
sull’articolazione coxofemorale.
Innervazione: plesso sacrale L5, S1, 2.
Deficit: tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.
MUSCOLI GEMELLI
Sono due muscoli a decorso orizzontale distinti in:
 GEMELLO SUPERIORE
Origine: faccia esterna e margine inferiore spina ischiatica,
 GEMELLO INFERIORE
Origine: tuberosità ischiatica, superiormente.
Inserzione: gran trocantere, medialmente.
Azione: extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa. Stabilizzano l’articolazione
dell’anca.
Innervazione: plesso sacrale L4, 5, S1, 2.
Deficit: tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio
OTTURATORE INTERNO
Situato parte all’interno e parte all’esterno della pelvi.
Origine: faccia pelvica della membrana otturatoria, spina iliaca e bordo del forame otturatorio.
Inserzione: gran trocantere, medialmente.
Azione: extraruota la coscia. Può intervenire nell'abduzione con anca flessa.
Innervazione: plesso sacrale L5, S1, 2.
Deficit: tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.
OTTURATORE ESTERNO
Origine: contorno esterno del foro otturatorio e benderella sottopubica.
Inserzione: circondando l’articolazione coxofemorale si fissa alla fossa trocanterica del femore
Innervazione: Nervo otturatorio L2-L4
Azione: ruota lateralmente l’anca e stabilizza l’articolazione dell’anca.
QUADRATO DEL FEMORE
Origine: superficie laterale della tuberosità ischiatica.
Inserzione: cresta intertrocanterica del femore.
Azione: extraruota la coscia. Può intervenire nell'adduzione. Agisce stabilizzando lateralmente il femore
e l’articolazione dell’anca.
Innervazione: plesso sacrale L4, 5, S1, 2.
Deficit: tendenza all'intrarotazione con valgismo del ginocchio.
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MUSCOLI DELLA COSCIA
A – Anteriori:
TENSORE DELLA FASCIA LATA
Muscolo fusiforme situato nella regione superolaterale della coscia.
Origine: estremità anteriore del labbro esterno della cresta iliaca, spina iliaca anteriore superiore e
sottostante incisura, faccia superficiale del muscolo medio gluteo.
Inserzione: all’unione del terzo superiore con il terzo medio della coscia i fasci proseguono in un
tendine che percorre tutta la coscia per inserirsi sul condilo laterale della tibia. Questo si fonde con la
fascia femorale formando la benderella o tratto ileotibiale.
Innervazione: nervo gluteo superiore L4-S1
Azione: tende la fascia lata, abduce la coscia.
Deficit: tendenza al varismo del ginocchio e all'extrarotazione dell'anca in ortostasi.
SARTORIO
Occupa posizione superficiale e si presenta come un muscolo nastriforme che attraversa la faccia
anteriore della coscia.
Origine: spina iliaca anteriore superiore.
Inserzione: faccia mediale della tibia, superiormente. L’inserzione avviene tramite un tendine slargato
comune anche ai muscoli gracile e semitendinoso e prende il nome di zampa d’oca. Il muscolo è
contenuto in uno sdoppiamento della fascia femorale. Chiude in basso il triangolo femorale. Questo,
situato nella regione anterosuperiore della coscia è limitato in alto dal legamento inguinale, lateralmente
dal sartorio e medialmente dall’adduttore lungo. In questa fossa decorrono il nervo e i vasi femorali e
sono contenuti i linfonodi inguinali profondi. Il canale degli adduttori è un tragitto
muscolomembranoso situato nella parte inferomediale della coscia e da passaggio ai vasi femorali e al
nervo safeno.
Azione: flette, extraruota e abduce l'anca. Flette il ginocchio e può intraruotare la tibia sul femore.
Innervazione: femorale L2, 3, 4
Deficit: diminuzione della forza di flessione, extrarotazione e abduzione dell'anca. Diminuzione della
stabilità in senso anteromediale del ginocchio
QUADRICIPITE FEMORALE
Più voluminoso muscolo della regione anteriore della coscia e risulta formato da quattro capi.
Origine:
 retto femorale, spina iliaca anteriore inferiore e doccia sopra l'acetabolo.
 Vasto laterale, faccia laterale e margine anteriore del grande trocantere, meta superiore del
labbro laterale della linea aspra del femore.
 Vasto intermedio, labbro laterale della linea aspra e dai ¾ superiori delle facce anteriore e
laterale del femore.
 Vasto mediale, linea intertrocanterica, linea aspra, linea sopracondiloidea mediale e tendini
dell'adduttore lungo e grande.
Inserzione: i quattro capi mantengono la loro individualità raccogliendosi in un tendine costituito dalla
sovrapposizione di tre lamine e si inserisce sulla patella, alcuni fasci si fissano al margine infraglenoideo
della tibia. Le fibre che continuano sotto la patella costituiscono il legamento patellare e prende
inserzione alla tuberosità della tibia. Ai lati del legamento patellare, l’espansione del quadricipite è
rinforzata da due benderelle fibrose che si portano ai contorni della patella per costituire i retinacoli
patellare. Il quadricipite costituisce una specie di manicotto attorno la diafisi femorale.
Azione: estende il ginocchio e il retto femorale partecipa alla flessione dell'anca.
Innervazione: femorale L2, 3, 4
Deficit: difficoltà in numerose attività della vita quotidiana, come salire le scale, alzarsi e sedersi,
camminare in salita. Nel cammino durante la fase di appoggio il ginocchio tende all'iperestensione.
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B – postero-mediali
GRACILE
Appiattito e nastriforme occupa il lato mediale della coscia
Origine: faccia anteriore della branca ischiopubica, nei pressi della sinfisi.
Inserzione: al di sotto del condilo mediale della tibia. Il suo tendine concorre a formare la zampa d’oca.
Azione: adduce l'anca. Può intervenire nella flessione e intrarotazione del ginocchio.
Innervazione: otturatore L2, 3, 4
Deficit: diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio
bipodalico.
PETTINEO
Parte superomediale della coscia.
Origine: tubercolo pubico, faccia anteriore del ramo superiore del pube,cresta pettinea del pube.,
legamento pubofemorale.
Inserzione: linea pettinea del femore.
Azione: adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.
Innervazione: otturatore e femorale L2, 3, 4.
Deficit: diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio
bipodalico.
ADDUTTORE LUNGO
Muscolo piatto di forma triangolare ad apice superomediale.
Origine: tra tubercolo e sinfisi pubica
Inserzione: a metà della linea aspra del femore.
Azione: adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.
Innervazione: otturatore L2, 3, 4
Deficit: diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio
bipodalico.
ADDUTTORE BREVE
Origine: porzione mediale della faccia anteriore del ramo superiore del pube e dalla porzione superiore
della faccia anteriore della branca ischiopubica.
Inserzione: linea pettinea inferiormente, fino alla metà superiore della linea aspra.
Azione: adduce l'anca. Può intervenire nella flessione.
Innervazione: otturatore L2, 3, 4
Deficit: diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio
bipodalico.
ADDUTTORE GRANDE
Posto profondamente rispetto agli altri adduttori. E’ piatto e triangolare la cui base occupa tutta
l’altezza della linea aspra del femore.
Origine: pube, ischio e tuberosità ischiatica.
Inserzione: tuberosità glutea, labbro mediale della linea aspra e tubercolo sopra il condilo mediale del
femore. L’inserzione è interrotta da una serie di orifizi che danno passaggio ai vasi perforanti l’ultimo
dei quali è detto anello del grande adduttore e da passaggio all’arteria femorale che a questo livello
continua con la poplitea.
Azione: adduce l'anca. Può intervenire nella flessione e con le fibre di provenienza dalla tuberosità
ischiatica nell'estensione.
Innervazione: otturatore e ischiatico L2, 3, 4, 5 S1.
Deficit: diminuzione della forza di adduzione e diminuzione dell'equilibrio del bacino in appoggio
bipodalico.
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BICIPITE FEMORALE (ischiocrurale laterale)
Occupa la regione posteriore e laterale della coscia.
Origine:
 capo lungo, tuberosità ischiatica, posteriormente e parte inferiore del legamento sacrotuberoso.
 capo breve, linea aspra del femore e linea sopracondiloidea.
Inserzione: testa del perone, lateralmente. Condilo laterale della tibia e parte laterale della fascia
profonda della gamba. In basso costituisce il limite supero esterno della fossa poplitea.
Azione: flette e extraruota la gamba. Il capo lungo estende la coscia e partecipa alla sua extrarotazione.
La potenza totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista,
il quadricipite.
Innervazione: capo lungo, ramo tibiale dello sciatico L5 S1, 2, 3 Capo breve, ramo peroniero dell’
ischiatico L5 S1,2
Deficit: diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità laterale e atteggiamento
in varo sotto carico. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali mediali predispone
all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un conseguente aumento della
lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un atteggiamento in flessione del
ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.
SEMITENDINOSO (ischiocrurale mediale)
Situato nella parte postero mediale della coscia.
Origine: tuberosità ischiatica con un tendine comune al capo lungo del bicipite femorale.
Inserzione: superficie mediale della tibia, prossimalmente. Il tendine concorre alla costituzione della
zampa d’oca.
Azione: flette e intraruota la gamba. Estende la coscia e partecipa alla sua intrarotazione. La potenza
totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista, il
quadricipite.
Innervazione: ramo tibiale dello ischiatico L4, 5 S1, 2
Deficit: diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità mediale e atteggiamento
in valgo e extrarotazione della tibia rispetto al femore. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali
laterali predispone all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un
conseguente aumento della lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un
atteggiamento in flessione del ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.
SEMIMEMBRANOSO (ischiocrurale mediale)
E’ costituito nel suo terzo superiore da una larga lamina tendinea.
Origine: tuberosità ischiatica, lateralmente e prossimalmente all'origine del bicipite femorale e del
semitendinoso.
Inserzione: all’altezza dell’interlinea articolare del ginocchio il tendine si divide in tre fasci, di cui uno
discendente termina sulla parte posteriore del condilo mediale della tibia, uno ricorrente risale verso il
condilo laterale del femore formando il legamento popliteo obliquo e uno anteriore o tendine riflesso
che termina sulla parte anteriore del condilo mediale della tibia.
Azione: flette e intraruota la gamba. Estende la coscia e partecipa alla sua intrarotazione. La potenza
totale dei flessori del ginocchio è di 15 Kgm, cioè poco più di in terzo del loro antagonista, il
quadricipite.
Innervazione: ramo tibiale dell’ ischiatico L4, 5 S1, 2
Deficit: diminuzione della forza in flessione del ginocchio. Diminuita stabilità mediale e atteggiamento
in valgo e extrarotazione della tibia rispetto al femore. Un deficit associato a quello degli ischiocrurali
laterali predispone all'iperestensione del ginocchio. Se bilaterale il bacino ruota in avanti con un
conseguente aumento della lordosi lombare. Viceversa la retrazione degli ischiocrurali determina un
atteggiamento in flessione del ginocchio e raddrizzamento della lordosi lombare.
50
MUSCOLI DELLA GAMBA
Si dividono in un gruppo anteriore e in un gruppo posteriore
A – anteriori:
TIBIALE ANTERIORE
E’ il più mediale dei quattro muscoli anteriori
Origine: condilo laterale e superficie laterale della tibia, prossimalmente. Membrana interossea e fascia
profonda.
Inserzione: base del primo cuneiforme, medialmente, e base del primo metatarso.
Azione: estende (flessione dorsale) il piede e lo supina.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di estendere il piede e predisposizione alla pronazione e eversione.
ESTENSORE LUNGO DELLE DITA
Situato lateralmente al tibiale anteriore.
Origine: condilo laterale della tibia, faccia anteriore del perone per i suoi 3/4 anteriori, membrana
interossea e setti muscolari adiacenti.
Inserzione: con quattro tendini alle dita dal 2° al 5°. Ogni tendine sulla superficie dorsale del dito si
divide a livello dell’articolazione metatarsofalangea in tre linguette di cui due laterali si inseriscono sulla
base della falange distale e una mediale, che si inserisce sulla base della seconda falange.
Azione: estende le interfalangee e le metatarso - falangee delle dita dal 2° al 5°. Interviene nella
estensione (flessione dorsale) e nella pronazione del piede.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di flettere dorsalmente e di pronare il piede. Tendenza all'equinismo e al
varismo dell'avampiede. Predispone al piede piatto.
ESTENSORE LUNGO DELL'ALLUCE
Origine: terzo medio della faccia mediale del perone e porzione della membrana interossea.
Inserzione: il tendine passa sotto ai retinacoli e si inserisce alla faccia dorsale della prima falange e alla
base della seconda falange dell’alluce. L’arteria tibiale anteriore decorre lungo il margine mediale del
muscolo. Nel piede il tendine è ricoperto dalla fascia dorsale, l’arteria dorsale del piede gli decorre
lateralmente.
Azione: estende l'interfalangea e la metatarso-falangea dell'alluce. Coopera nell'estensione (flessione
dorsale) e nella supinazione del piede.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di estendere l'alluce e di flettere dorsalmente il piede.
PERONIERO ANTERIORE (peroniero 3°)
Occupa la parte inferolaterale della regione anteriore della gamba.
Origine: terzo inferiore della faccia mediale del perone e corrispondente porzione membrana interossea.
Inserzione: base del quinto metatarso, dorsalmente.
Azione: estende il piede (flessione dorsale) e lo prona.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di flettere dorsalmente e di pronare il piede.
51
B – laterali:
PERONIERO LUNGO
E’ il più superficiale e più lungo dei due.
Origine: condilo laterale della tibia e superficie laterale del perone, prossimalmente. Setti intermuscolari
e fascia profonda.
Inserzione: i tendini si portano a costituire un tendine che passa dietro al malleolo laterale
circondandolo da dietro in avanti per terminare alla base del primo metatarso, lateralmente, e
cuneiforme mediale. Nella pianta del piede il tendine è ricoperto dal legamento calcaneocuboideo e
percorre il solco dell’ osso cuboide.
Azione: prona il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.
Innervazione: peroniero superficiale L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di flettere e pronare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi.
Tendenza al varismo. Diminuita stabilità laterale della tibio tarsica.
PERONIERO BREVE
Origine: superficie laterale del perone, distalmente. Setti intermuscolari e fascia profonda.
Inserzione: base del quinto metatarso, lateralmente.
Azione: prona il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.
Innervazione: peroniero superficiale L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di flettere e pronare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi.
Tendenza al varismo. Diminuita stabilità laterale della tibio tarsica.
C – posteriori:
Sono disposti in un piano superficiale e in un piano profondo
Nel piano superficiale troviamo:
TRICIPITE DELLA SURA
Formato da due muscoli che in basso convergono in un unico grosso tendine d’inserzione, il tendine
calcaneale
GASTROCNEMIO
Costituito da due ventri muscolari, i gemelli della gamba.
Origine: capo mediale, condilo mediale del femore, posteriormente, e capsula del ginocchio. Capo
laterale, condilo laterale del femore, posteriormente, e capsula del ginocchio.
SOLEO
Origine: superficie posteriore del terzo prossimale del perone, linea del soleo, terzo medio del margine
mediale della tibia e arcata fibrosa tra tibia e perone.
Inserzione: i tre capi convergono nel tendine calcaneale che si inserisce sul terzo medio della faccia
posteriore del calcagno.
A livello del ginocchio il margine mediale del gemello laterale e il margine laterale del gemello mediale
sono separati da uno spazio angolare aperto in alto e rappresentano i limiti inferiori della fossa poplitea.
Tra essi decorre il fascio vascolonervoso della gamba.
Azione: flette plantarmente la caviglia e partecipa alla flessione del ginocchio
Innervazione: tibiale L5 S1, 2
Deficit: permette un atteggiamento con piede talo e predispone al piede cavo. La sua retrazione
favorisce il piede equino. Diminuita capacità a sollevarsi sulla punta del piede. Atteggiamento posturale
con il corpo spostato in avanti
52
PLANTARE
Piccolo muscolo talora assente posto profondamente al gemello laterale, sulla faccia posteriore
dell’articolazione del ginocchio.
Origine: ramo laterale della linea aspra del femore e dalla capsula articolare del ginocchio, legamento
popliteo obliquo del ginocchio.
Inserzione: il tendine decorre tra gastrocnemio e soleo e termina sulla superficie posteriore del
calcagno.
Azione: flette plantarmente la caviglia e partecipa alla flessione del ginocchio.
Innervazione: tibiale L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità a sollevarsi sulla punta del piede.
POPLITEO
Posto sotto al plantare e ai gemelli.
Origine: faccia esterna del condilo laterale del femore e legamento popliteo obliquo del ginocchio.
Inserzione: labbro superiore della linea obliqua e sulla faccia posteriore della tibia, al di sopra di tale
linea.
Azione: a origine fissa, cioè da scarico con ad esempio il paziente seduto con le gambe sospese, flette e
intraruota la tibia sul femore. A inserzione fissa, cioè sotto carico come ad esempio in piedi, flette e
extraruota il femore sulla tibia. Inoltre rinforza l'apparato legamento posteriore del ginocchio.
Innervazione: tibiale L4, 5 S1
Deficit: predispone all'iperestensione del ginocchio e all'extrarotazione della gamba. Spesso il deficit del
popliteo è associato a una prevalenza degli ischiocrurali laterali su quelli mediali.
FLESSORE LUNGO DELLE DITA
E’ il più mediale dei muscoli dello strato profondo.
Origine: linea obliqua e dal terzo medio della faccia posteriore della tibia e circostanti setti
intermuscolari.
Inserzione: il tendine circonda il malleolo mediale e scorre nella doccia calcaneale mediale mantenuto in
sede dal retinacolo dei flessori. Attraversata la pianta del piede si divide in quatto tendini terminali che
si fissano alla base della terza falange delle ultime quattro dita
Azione: flette la III falange delle ultime 4 dita
Innervazione: nervo tibiale L5-S1
FLESSORE LUNGO DELL’ALLUCE
E’ il più laterale dei muscoli dello strato profondo.
Origine: dai 2/3 inferiori della faccia posteriore e del margine laterale del perone, dalla membrana
interossea da setti intermuscolari circostanti.
Inserzione: i fasci convergono in un tendine che passa sotto al malleolo mediale, nella faccia mediale del
calcagno e giunto nella regione plantare si porta in avanti e medialmente incrociando il tendine del
muscolo flessore lungo delle dita e va a fissarsi alla base della falange distale dell’alluce.
Azione: flette la II falange dell’alluce. All’incrocio con il flessore lungo delle dita si trova una lacina
fibrosa di connessione pertanto la contrazione del muscolo flessore lungo dell’alluce determina una
flessione delle altre quattro dita.
Innervazione: nervo tibiale
TIBIALE POSTERIORE
Posto profondamente agli altri due muscoli flessori.
Origine: dal labbro inferiore della linea obliqua e dalla faccia posteriore della tibia dalla parte superiore
della membrana interossea dalla faccia mediale della fibula e dai setti intermuscolari circostanti.
Inserzione: scafoide, calcagno, i tre cuneiformi, il cuboide e la base del 2°, 3° e 4° metatarso.
Azione: supina il piede e flette (flessione plantare) la caviglia.
Innervazione: tibiale L4, 5 S1
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Deficit: diminuita capacità di flettere e supinare il piede. Difficoltà nell'alzarsi in punta di piedi.
Tendenza all'eversione.
MUSCOLI DEL PIEDE
A – dorsali:
PEDIDIO (ESTENSORE BREVE DELLE DITA)
Origine: faccia superolaterale del calcagno, anteriormente. Legamento astragalo-calcaneare interosseo.
Inserzione: con quattro tendini alle dita dal 1° al 4° che si confondono con quelli dell'estensore lungo
delle dita (vedi estensori piede), eccettuato il primo che si inserisce direttamente sulla faccia dorsale
della prima falange dell'alluce, per cui talvolta è chiamato estensore breve dell'alluce. Il quinto dito non
riceve il pedidio.
Azione: estende le metatarso-falangee delle prime quattro dita.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di estendere le dita dal 1° al 4°.
ESTENSORE BREVE DELL'ALLUCE (capo mediale del pedidio)
Origine: faccia superolaterale del calcagno, anteriormente. Legamento astragalo-calcaneare interosseo.
Inserzione: base della falange prossimale dell'alluce, superiormente.
Azione: estende la metatarso-falangea dell'alluce.
Innervazione: peroniero profondo L4, 5 S1
Deficit: diminuita capacità di estendere l'alluce. Se l'estensore lungo è indenne il deficit è difficilmente
rilevabile. Se invece il deficit è a carico dell'estensore lungo, la diagnosi differenziale è data dal fatto che
il breve estende solo la prima falange e tende ad addurla verso la linea assiale del piede.
B – mediali:
ABDUTTORE DELL'ALLUCE
E’ il più superficiale e il più lungo dei muscoli della regione mediale.
Origine: processo mediale della tuberosità del calcagno, dal retinacolo dei flessori, dalla faccia profonda
della fascia plantare e da l setto intermuscolare che lo separa dal flessore breve delle dita.
Inserzione: base della falange prossimale dell'alluce, lateralmente.
Azione: adduce e contribuisce a flettere la metatarso-falangea del pollice. Contribuisce al sostegno della
volta plantare. E’ situato profondamente all’aponeurosi plantare.
Innervazione: nervo plantare mediale L5-S1
Deficit: oltre all'ovvio deficit adduttorio dell'alluce predispone all'appiattimento della volta plantare. La
sua retrazione favorisce l'alluce valgo.
FLESSORE BREVE DELL'ALLUCE
Origine: faccia plantare dei tre cuneiformi. Porzione laterale del legamento calcaneocubitale plantare..
Inserzione: base della falange prossimale dell'alluce, sia medialmente che lateralmente.
Azione: flette la metatarso-falangea dell'alluce.
Innervazione: tibiale L4, 5 S1
Deficit: alluce a martello e diminuzione del sostegno all'arco longitudinale della volta plantare.
ADDUTTORE DELL'ALLUCE
E’ il più profondo dei muscoli plantari mediali.
Origine: capo obliquo, dal cuboide dal 3° cuneiforme, dalla base del 2°-3°-4° metatarsale, dal legamento
plantare lungo; capo trasverso, dalla 3a- 4a e 5a articolazione metatarsofalangea.
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Inserzione: il capo obliquo si fonde con il tendine del fascio laterale del muscolo flessore breve
dell’alluce raggiungendo la base della prima falange prossimale dell'alluce, il tendine del capo trasverso si
inserisce al tendine del flessore lungo dell’alluce.
Azione: abduce e contribuisce a flettere la metatarso-falangea dell'alluce. Partecipa all'adduzione
dell'avampiede.
Innervazione: tibiale L4, 5 S1
Deficit: avampiede e alluce valgo. Spostamento mediale dello scafoide.
C – laterali:
ABDUTTORE DEL V DITO
E’ il più superficiale della regione.
Origine: processo laterale della tuberosità del calcagno
Inserzione: 1° falange del V dito. E’ ricoperto dall’aponeurosi plantare.
Funzione: abduce il V dito e lo flette
Innervazione: nervo plantare laterale
FLESSORE BREVE DEL V DITO
Occupa una posizione profonda rispetto al precedente.
Origine: base V osso metatarsale e legamento plantare lungo.
Inserzione: 1° falange del V dito
Funzione: flette il V dito
Innervazione: nervo plantare laterale
OPPONENTE DEL V DITO
Origine: legamento plantare lungo
Inserzione: margine laterale del V osso metatarsale
Funzione: adduce il V dito
Innervazione: nervo plantare laterale
D – intermedi:
FLESSORE BREVE DELLE DITA
E’ il più superficiale della regione
Origine: processo mediale della tuberosità del calcagno, parte intermedia dell'aponeurosi plantare e setti
intermuscolari adiacenti.
Inserzione: falange intermedia delle dita dal 2° al 5°.
Azione: flette le interfalangee prossimali e coopera alla flessione delle metatarso-falangee delle dita dal
2° al 5°.
Innervazione: nervo plantare mediale L5-S1
Deficit: diminuzione della capacità di flettere le interfalangee prossimali delle dita dal 2° al 5° e riduce il
sostegno agli archi plantari longitudinale e trasversale.
QUADRATO DELLA PIANTA
Origine: mediante due capi, laterale e mediale dalla faccia inferiore del calcagno
Inserzione: tendine del muscolo flessore lungo delle dita
Funzione: impedisce al flessore lungo delle dita l’adduzione
Innervazione: nervo plantare laterale S1-S2
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LOMBRICALI
Sono in numero di quattro.
Origine: il primo dal tendine del flessore lungo destinato al 2° dito, medialmente. Gli altri tra i tendini
adiacenti del flessore lungo.
Inserzione: falangi prossimali, medialmente, e espansioni estensorie delle dita dal 2° al 5°.
Azione: flette le interfalangee prossimali e coopera alla flessione delle metatarso-falangee delle dita dal
2° al 5°.
Innervazione: 1° e 2° sono innervati dal nervo plantare mediale; 3° e 4° dal nervo plantare laterale.
Deficit: riduzione del sostegno dell'arco trasverso plantare e dita a martello per l'azione del flessore
lungo.
INTEROSSEI PLANTARI
Occupano il 2°- 3°- 4° spazio intermetatarsale.
Origine: base del 3°, 4° e 5° metatarso, medialmente.
Inserzione: base delle falangi prossimali del 3°, 4° e 5° dito, medialmente, e espansioni estensorie.
Azione: adducono il 3°, 4° e 5° dito rispetto all'asse passante per il 2° dito. Partecipano alla flessione
delle metatarso-falangee e all'estensione delle interfalangee dal 3° al 5° dito.
Innervazione: nervo plantare laterale
Deficit: riduzione del sostegno dell'arco trasverso plantare e dita a martello per l'azione del flessore
lungo.
INTEROSSEI DORSALI
Occupano la parte dorsale dei quattro spazi intermetatarsali.
Origine: superfici adiacenti dei metatarsi tramite due capi ciascuno.
Inserzione: base delle falangi prossimali e espansioni digitali estensorie. Il primo medialmente al 2° dito,
gli altri lateralmente al 2°, 3° e 4° dito.
Azione: abducono il 2°, 3° e 4° dito rispetto all'asse passante per il secondo dito. Partecipano alla
flessione delle metatarso-falangee e all'estensione delle interfalangee dal 2° al 4° dito.
Innervazione: nervo plantare laterale
Deficit: riduzione del sostegno dell'arco trasverso plantare e dita a martello per l'azione del flessore
lungo.
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