5 Campo elettromagnetico e equazioni di Maxwell

5 Campo elettromagnetico e equazioni di
Maxwell
5.1 Concetto di campo elettromagnetico
Tutta la fisica del XIX secolo fu dominata dal concetto di azione a distanza formulato da
Newton nella sua ben nota teoria della gravitazione. In tale teoria l’interazione tra due
corpi posti a distanza avviene istantaneamente e in modo indipendente dal mezzo fisico
frapposto tra loro. Inizialmente, gli esperimenti di Coulomb, Ampere, Oersted, Biot
e Savart che dimostravano che sia la forza elettrica sia la forza magnetica obbedivano
alla legge dell’inverso del quadrato, fecero presupporre che questa teoria potesse essere
estesa anche ai fenomeni elettrici e magnetici. Furono però gli esperimenti successivi
di Faraday che sollevarono dei dubbi a riguardo. Infatti tramite evidenze sperimentali
riguardanti il decremento della forza d’interazione tra due corpi carichi come conseguenza
dell’inserzione di un mezzo materiale, egli dimostrò che la presenza di un mezzo era
essenziale per il ‘trasporto’ della forza da un oggetto all’altro. Per interpretare questo
tipo di fenomeno in modo intuitivo, Faraday ipotizzò l’esistenza di linee di forza che si
estendevano da un corpo carico all’altro e che il modo con cui queste linee interagivano
con il materiale era fondamentale per l’interpretazione dell’azione delle forze elettriche
e magnetiche sugli oggetti. In particolare egli osservò sperimentalmente che l’ampiezza
degli effetti dipendeva dal numero di linee che attraversavano una determinata superficie
(flusso).
Il fatto che l’effetto elettromagnetico potesse manifestarsi in una regione circostante al
corpo carico e che esso potesse essere descritto in termini di leggi che coinvolgono linee di
forza contribuı̀ allo sviluppo di una nuova visione del mondo. Fu subito intuito che queste
linee di forza creavano sforzi e sollecitazioni elettromagnetiche nel mezzo che circondava i
corpi carichi. Inoltre, ispirati dalle idee di Faraday, Gauss riformulò la legge di Coulomb
in termini di linee di flusso e Maxwell estese l’idea ai campi tempo varianti mediante
l’introduzione della corrente di spostamento. In particolare quest’ultimo sviluppò un
insieme di equazioni su cui è basata la moderna teoria elettromagnetica. Alla base di
questa teoria c’è il concetto di campo inteso come una entità che determina l’interazione
tra le sue sorgenti.
L’essenza del concetto di campo può essere intuita per mezzo di un semplice esperimento. Si considerino due particelle cariche nello spazio libero e si ipotizzi che ci sia una
forza che bilanci la forza di Coulomb (condizioni stazionarie). Si ipotizzi inoltre di muovere velocemente una carica in modo che alla fine della perturbazione venga riportata
nella sua posizione iniziale. Se fosse valido il concetto di azione a distanza in linea di
principio dovrebbe manifestarsi una azione istantanea sull’altra carica, ma questo non è
57
5.1. Concetto di campo elettromagnetico
58
osservato sperimentalmente. In realtà si vede che la seconda carica comincia a muoversi
dal suo stato di equilibrio solo dopo un certo intervallo di tempo. Questo da luogo ad
una variazione dell’energia cinetica e del momento del sistema che possono condurre a
conclusioni erronee riguardo le leggi di conservazione delle grandezze stesse. Per conciliare il tutto si può ricorrere all’ausilio di una nuova entità fisica che permea tutto lo
spazio: il campo. In questo modo il lavoro non nullo compiuto sulla prima carica può
essere inteso come una perturbazione dell’energia del campo che, propagandosi a velocità finita, raggiunge l’altra carica dopo un certo tempo e trasferisce alla stessa l’energia
accumulata sotto forma di energia cinetica. Come conseguenza della sua accelerazione
la seconda carica induce una nuova perturbazione al campo il cui effetto può essere una
nuova reazione sulla prima carica. In ogni caso per ogni istante di tempo l’energia e
il momento totale del sistema composto dalle due cariche e il campo rimane costante.
Generalizzando si può affermare che una generica sorgente crea intorno a se un campo
e qualsiasi altra sorgente che si trova in esso sarà soggetta all’azione di una forza. Pertanto le proprietà del campo e.m. generato da una sorgente si manifestano solo tramite
l’azione su altre sorgenti di prova e può essere quantificata mediante la misura della forza
meccanica agente sulle stesse. Naturalmente per rendere possibile la misura del campo
in ogni punto dello spazio è necessario che la sorgente di prova induca una perturbazione
trascurabile sui risultati delle misure e questo può accadere solo se le sue dimensioni
spaziali sono trascurabili e il campo da essa generato sia sufficientemente debole. Inoltre
il fatto che la velocità di propagazione delle interazioni è finita rende impossibile l’applicazione dell’azione istantanea tipica della meccanica classica. Una variazione della
posizione di una sorgente produce un effetto sulle sorgenti di prova dopo un certo intervallo di tempo. Di conseguenza non si può parlare di una interazione diretta tra sorgenti
poste ad una certa distanza tra loro ma dell’interazione di una sorgente con il campo e
dell’interazione successiva del campo con la sorgente di prova. Visto in questi termini il
campo diventa una realtà fisica intrinseca capace di trasportare energia e momento.
Molto spesso l’approccio teorico usato per interpretare, nei problemi di meccanica,
le leggi fisiche dell’azione a distanza fa uso di un certo numero di variabili di stato.
Per esempio in un sistema di particelle materiali le variabili di stato sono individuata
dalla posizione e dal momento di ogni particella, mentre in un sistema di particelle
cariche lo stato è individuato dalle loro posizioni, momenti e cariche. Dal punto di vista
della teoria dei campi i fenomeni eletromagnetici possono essere descritti da opportune
quantità vettoriali (per l’esattazza quattro) che per definizione agiscono in ogni punto
dello spazio e in ogni istante di tempo. Di conseguenza lo stato del campo in un istante
di tempo t può essere descritto solo da un numero infinito di variabili di stato che da un
punto di vista matematico sono equivalenti a funzioni di variabili continue.
In ogni teoria dei campi sono necessarie due tipologie di campo: il campo generato
delle sorgenti e il campo che descrive le sorgenti stesse. Un aspetto fondamentale è che il
campo sorgente deve essere indipendente da quello da essa generato. Inoltre il campo non
è osservabile e può essere misurato solo indirettamente tramite la sua interazione con
grandezze osservabili: per esempio l’osservazione del campo elettromagnetico avviene
dalla misura della variazione dell’energia cinetica della particella che interagisce con il
campo per mezzo di una azione meccanica individuata della forza di Lorentz.
Ing. Luciano Mescia
5.2. Campo elettromagnetico
59
Il campo è generalmente descritto da un insieme di equazioni di campo e da un insieme
di relazioni costitutive. Le prime assumono la forma matematica di equazioni differenziali
alle derivate parziali che descrivono la distribuzione spaziale e l’evoluzione temporale
del campo, mentre le seconde descrivono gli effetti del mezzo che supporta il campo e
descrivono lo stato fisico del mezzo. Di conseguenza, il valore del campo all’interno di un
volume V e in un qualsiasi istante t è univocamente determinato solo se sono specificate
le sorgenti all’interno del volume V , è noto lo stato iniziale in V e sono conosciuti i valori
del campo o di un numero finito delle sue derivate parziali sulla superficie che delimita
V . Inoltre, se quest’ultima individua anche il confine tra due regioni adiacenti aventi
differenti carateristiche fisiche o una regione in cui ci sono sorgenti, è necessario definire
anche le condizioni che permettono di passare da una parte all’altra della superficie. La
forma matematica di tali equazioni deve inoltre soddisfare una serie di vincoli imposti
da principi fisici come conservazione, causalità e simmetria. Infine, allo scopo di ottenere
soluzioni uniche e stabili è richiesto che le equazioni siano matematicamente robusta e
ben poste.
5.2 Campo elettromagnetico
L’interpretazione dei fenomeni elettrodinamici è molto interessante in quanto essi sono
alla base di innumerevoli applicazioni pratiche. Essi sono associati a campi elettrici e
magnetici variabili nel tempo e pertanto sono generati da distribuzioni di carica e di correnti non stazionarie. In generale il loro studio non può essere affrontato con le equazioni
ricavate nel caso statico visto che importanti fenomeni come la propagazione delle onde
elettromagnetiche non sono inclusi in tale teoria. E’ quindi evidente che l’analisi dei
fenomeni elettrodinamici necessita di una trattazione fondata su leggi matematiche più
generali che contengano come caso particolare quelle che governano i fenomeni stazionari.
In virtù del principio di invarianza della carica elettrica q con la velocità è possibile
stendere al caso dinamico le equazioni della divergenza del campo elettrico e magnetico
ricavate nel caso statico. Infatti, la legge di Gauss continua a valere in quando essa
coinvolge la quantità di carica totale contenuta all’interno della superficie chiusa S che è
indipendente dallo stato di moto delle cariche. In maniera analoga la proprietà di solenoidalità del campo B è soddisfatta anche quando le correnti variano nel tempo. Infine,
considerazioni analoghe possono essere fatte a proposito del principio di conservazione
della carica elettrica.
5.2.1 Legge di Faraday
Gli esperimenti di Oersted dimostrarono per la prima volta che un filo conduttore percorso da corrente esercita una forza sull’ago di una bussola e che quindi esiste una stretta
connessione tra elettricità e magnetismo. Basandosi su questi risultati e considerando
che le leggi della natura soddisfano molto spesso delle proprietà di simmetria, Faraday
ipotizzò che anche un campo magnetico poteva produrre una corrente sul filo. Per verificare questa ipotesi egli condusse numerosi esperimenti e solo dopo molti tentativi arrivò
Ing. Luciano Mescia
5.2. Campo elettromagnetico
60
B(r,t)
S
dS
Γ
Figura 5.1: Legge di Faraday
al risultato tanto atteso e cioé che un campo magnetico può generare una corrente elettrica solo se il flusso magnetico concatenato con la superficie chiusa del circuito varia nel
tempo. Quindi la non stazionarietà del campo B induce fenomeni elettrici nella regione
di spazio occupata da circuiti conduttori. In particolare, come mostrato in figura 5.1, la
velocità di variazione del flusso del campo magnetico B(r, t) concatenato con il circuito
chiuso Γ produce nel circuito stesso una forza elettromotrice indotta Vind secondo la
relazione nota sotto il nome di legge di Faraday
∫
I
d
B · dS
(5.1)
Vind =
E · dl = −
dt S
Γ
dove S è la superficie che si appoggia a Γ. Nella (5.1) la derivata fatta rispetto al tempo
è da intendersi sia nei confronti della dipendenza della funzione integranda B(r, t) dal
tempo sia dalla possibile dipendenza dei limiti d’integrazione e quindi della superficie
infinitesima dS. Di conseguenza la forza elettromotrice può essere indotta nel circuito
conduttore nelle seguenti condizioni:
i) le sorgenti del campo magnetico B sono in movimento rispetto al circuito che rimane
in quiete;
ii) varia l’intensità del campo magnetico B come conseguenza di una variazione temporale della densità di corrente che lo produce;
iii) l’area del circuito è tempo variante;
iv) il circuito è mobile all’interno di un campo magnetico B tempo variante.
Qualunque sia la modalità con cui si fa variare il flusso del campo magnetico l’effetto
elettrico è sempre lo stesso. Si osservi inoltre che l’arbitrarietà nella scelta della superficie
S non altera il valore dell’integrale al secondo membro della ...Infatti, dalla proprietà di
solenoidalità del campo magnetico, visto che le linee del campo B devono essere chiuse
una generica linea che attraversa una generica superficie S1 che si appoggia a Γ deve
Ing. Luciano Mescia
5.2. Campo elettromagnetico
61
necessariamente attraversare una qualsiasi altra superficie che si appoggia allo stesso
circuito.
La (5.1) evidenzia un nuovo fenomeno non conpemplato nell’analisi stazionaria. Infatti, se nello studio dell’elettrostatica è stato visto che il campo elettrico è irrotazionale,
in presenza di campi magnetici variabili nel tempo la circuitazione del campo elettrico è
in generale diversa da zero. D’altra parte applicando il teorema di Stokes alla ... si può
scrivere
∫
∫
I
∫
d
∂B
E · dl =
∇ × E · dS = −
B · dS = −
· dS
dt
Γ
S
S
S ∂t
e data l’arbitrarietà di S l’ugualianza è sempre soddisfatta solo se in ogni punto dello
spazio vale la relazione
∂B
∇×E=−
(5.2)
∂t
La (5.2) rappresenta una relazione differenziale che collega in ogni punto dello spazio le
variazioni spaziali del campo elettrico E a quelle temporali del campo magnetico B. Si
fa osservare inoltre che non è necessario fare una distinzione tra il campo elettrico statico
e il campo elettrico generato dall’induzione magnetica visto che nel caso stazionario la
(5.2) si riduce alla ben nota legge del campo elettrostatico. La (5.2) indica inoltre che
il rotazionale del campo elettrico in un punto dello spazio dipende solo dalla variazione temporale del campo magnetico nello stesso punto. Infine, applicando l’operatore
divergenza ad ambo i membri della (5.2) si ricava
∇·∇×E+∇·
∂
∂B
= ∇·B=0
∂t
∂t
da cui si osserva che se in qualche istante di tempo si verifica la condizione ∇ · B = 0
allora essa è valida per ogni istante di tempo.
5.2.2 Legge di Ampere-Maxwell
Le stesse considerazioni non possono essere fatte per le equazioni degli integrali di linea
del campo elettrico e magnetico. Come visto in precedenza la legge di Ampere è valida
solo nelle situazioni in cui sia il campo B sia la distribuzione di correnti J sono stazionarie.
Infatti, l’integrale del campo magnetico lungo un generico cammino chiuso dipende solo
dalle linee chiuse di corrente che si concatenano con il cammino stesso. Nell’espessione
della legge di Ampere il primo membro è completamente definito una volta fissato il
contorno di circuitazione, mentre il flusso della densità di corrente, e quindi il secondo
membro, in virtù dell’arbitrarietà nella scelta della superficie che si appoggia a tale
contorno è univocamente definito solo quando il regime di correnti è stazionario. Per
chiarire meglio il concetto si applichi il teorema di Ampere al campo B prodotto dalla
corrente di scarica di un condensatore. In particolare, come mostrato in figura 5.2 si
consideri un condensatore di capacità C, inizialmente carico, collegato ad un conduttore
di resistenza R tramite un interruttore. Chiudendo l’interruttore si genera una corrente
di scarica i(t) le cui linee partono dall’armatura positiva e terminano su quella negativa.
D’altra parte, essendo le armature del condensatore isolate tra loro, non può verificarsi
Ing. Luciano Mescia
5.2. Campo elettromagnetico
62
q
ε0
∂E
∂t
++++++++++
S2
−−−−−−−−−−
i(t)
S1
R
Γ
Figura 5.2: Corrente di spostamento
nessun passsaggio di cariche nello spazio tra le armature. Si consideri ora come cammino
di circuitazione la linea chiusa Γ che abbraccia il conduttore attraversato dalla corrente
di scarica. In questa particolare situazione la corrente i(t) non è concatenata alla linea
Γ perché il flusso di J è uguale a i(t) se si considera la superficie S1 , e nullo se si sceglie
la superficie S2 . Tale incongruenza può essere compresa nel momento in cui si considera
la legge di Ampere in forma differenziale
∇ × B = µ0 J
(5.3)
la quale stabilisce un’ugualianza punto per punto tra i due campi vettoriali ∇ × B e µ0 J.
Applicando l’operatore divergenza ad ambo i membri della (5.3) si ha
∇ · ∇ × B = µ0 ∇ · J
(5.4)
da cui si osserva che il primo membro è sempre identicamente nullo, mentre il secondo
membro è in generale diverso da zero. Infatti, dal principio di conservazione della carica
elettrica si ha
∂ρ
µ0 ∇ · J = −µ0
∂t
che sostituita nella (5.4) fornisce la relazione
∇ · ∇ × B = −µ0
∂ρ
∂t
(5.5)
Il secondo membro della (5.5) è nullo solo se la densità di carica ρ è costante nel tempo
in tutti i punti dello spazio. Quindi la legge di Ampere confronta due quantità che
hanno le stesse proprietà differenziali solo in regime stazionario. Per risolvere questa
incongrguenza è indispensabile valutare se è possibile aggiungere al secondo membro
della (5.5) un termine in modo tale che la divergenza del nuovo campo vettoriale sia
nulla anche in regime non stazionario. A tale scopo si osservi che la densità di carica
elettrica può essere collegata al campo elettrico per mezzo della legge di Gauss. In
particolare ricordando che
∇ · (ϵ0 E) = ρ
Ing. Luciano Mescia
5.2. Campo elettromagnetico
e applicando la derivata temporale ad ambo i membri si ricava
(
)
∂ρ
∂
∂E
∇ · (ϵ0 E) = ∇ · ϵ0
=
∂t
∂t
∂t
63
(5.6)
Sostituendo la (5.6) nell’equazione di continuità si ha
(
)
∂E
∂ρ
∇·J=−
= −∇ · ϵ0
∂t
∂t
da cui
e cioé in definitiva
(
)
∂E
∇ · J + ∇ · ϵ0
=0
∂t
(
)
∂E
∇ · J + ϵ0
=0
∂t
Quindi aggiungendo al campo vettoriale J il termine ϵ0 ∂E/∂t si ottiene un nuovo campo
vettoriale la cui divergenza è sempre nulla. L’introduzione di questo nuovo termine nella
legge di Ampere fu effettuata per la prima volta da James Clerck Maxwell nell’ambito
del suo tentativo di formulare una teoria che collegasse i campi elettrici e magnetici
variabili nel tempo. L’equazione risultante, applicabile in situazioni stazionarie e non,
va sotto il nome di legge di Ampere-Maxwell che assume la seguente forma differenziale
)
(
∂E
(5.7)
∇ × B = µ0 J + ϵ0
∂t
La novità di questa formulazione sta nel fatto che essa include il fenomeno che ad ogni
campo elettrico variabile nel tempo è associato un campo magnetico in quanto sia J che
ϵ0 ∂E/∂t contribuiscono indipendentemente alla circuitazione del campo magnetico. In
particolare se in una regione di spazio non c’è nessun densità di corrente sarà possibile
rilevare ugualmente un campo magnetico qualora esistesse nella stessa un campo elettrico
variabile nel tempo.
Integrando ambo i membri della (5.7) su una superficie S che si appoggia su un generico
cammino di circuitazione Γ ed applicando il teorema di Stockes si ha:
)
∫
∫
I
∫ (
∂E
∂E
· dS = µ0 i + µ0 ϵ0
· dS
∇ × B · dS =
B · dl = µ0
J + ϵ0
∂t
S ∂t
S
Γ
∫S
∂
= µ0 i + µ0 ϵ0
E · dS
∂t S
da cui, indicando con ϕE il flusso del campo elettrico, si ricava in definitiva
I
dϕE
B · dl = µ0 i + µ0 ϵ0
dt
Γ
(5.8)
La (5.8) collega la circuitazione di B al valore della corrente che attraversa la superficie
appoggiata al cammino di circuitazione e al flusso del campo elettrico E attraverso la
Ing. Luciano Mescia
5.3. Equazioni di Maxwell
64
stessa superficie. In particolare si osserva che il termine ϵ0 dϕE /dt può essere interpretato
come una corrente a cui si da il nome di corrente di spostamento.
L’introduzione della corrente di spostamento rimuove l’incongruenza riscontrata a riguardo della corrente di scarica di un condensatore. Infatti, quando si considera la
superficie S1 il termine della corrente di spostamento non fornisce nessun contributo
al campo magnetico perché si può ritenere che il campo elettrico sia tutto contenuto
all’interno delle armature del condensatore. Quando si considera la superficie S2 è la
corrente i(t) che non da nessun contributo visto che le linee di corrente muoiono sulle
armature, e di conseguenza solo la corrente di spostamento contribuisce alla formazione
del campo magnetico. Infatti, per il teorema di Gauss si ha che il flusso di E attraverso
la superficie S2 è ϕE = q/ϵ0 dove q è la carica presente sulle armature del condensatore
e di conseguenza
( )
d q
dq
dϕE
is = ϵ0
= ϵ0
=
=i
dt
dt ϵ0
dt
Pertanto il secondo membro della (5.8) fornisce sempre lo stesso risultato per la cicuitazione di B comunque sia scelta la superficie S che si appoggia al cammino di circuitazione
Γ.
5.3 Equazioni di Maxwell
A questo punto si hanno a disposizione tutte le nozioni per presentare le equazioni che
unificano la teoria dell’elettricità e del magnetismo e che quindi descrivono ogni fenomeno elettromagnetico macroscopico. La formulazione di queste equazioni è da attribuire a
James Clerk Maxwell il quale le dedusse partendo dalle osservazioni sperimentali di Ampere, Gauss, Faraday e altri studiosi. In generale, le due fenomenologie sono descrivibili
per mezzo dei quattro campi vettoriali
campo elettrico
E(r, t)
(V /m)
(5.9)
campo magnetico
H(r, t) (A/m)
(5.10)
induzione elettrica
D(r, t)
induzione magnetica
B(r, t)
(C/m2 )
(5.11)
2
(W b/m )
(5.12)
a cui vanno aggiunti i campi
densità di carica elettrica
ρ(r, t)
(C/m3 )
(5.13)
densità di corrente elettrica
2
J(r, t) (A/m )
(5.14)
3
(5.15)
densità di forza
Ing. Luciano Mescia
f (r, t)
(N/m )
5.3. Equazioni di Maxwell
65
Questi campi sono legati tra loro tramite le equazioni di Maxwell che nella formulazione
integrale sono espresse come
I
∫
d
E · dl = −
B · dS
Legge di Faraday
(5.16a)
dt
)
IΓ
∫ ( S
∂D
H · dl =
J+
· dS Legge di Ampere-Maxwell
(5.16b)
∂t
Γ
S
I
∫
D · dS =
ρdV
Legge di Gauss per campo elettrico
(5.16c)
S
V
I
B · dS = 0
Legge di Gauss per campo magnetico
(5.16d)
S
a cui bisogna associare la legge di conservazione della carica elettrica
∫
∫
d
ρdV = − J · dS
dt V
S
(5.17)
e la legge della forza di Lorentz
f = ρ (E + v × B) = ρE + J × B
(5.18)
Se i campi sono continui e derivabili nel dominio considerato è possibile applicare opportunamente il teorema di Stokes e della divergenza alle equazioni (5.16a)-(5.16d) e
ricavare di conseguenza la formulazione differenziale delle equazioni di Maxwell
∂B(r, t)
∂t
∂D(r, t)
∇ × H(r, t) = J(r, t) +
∂t
∇ · D(r, t) = ρ(r, t)
∇ × E(r, t) = −
∇ · B(r, t) = 0
∇ · J(r, t) = −
(5.19a)
(5.19b)
(5.19c)
(5.19d)
∂ρ(r, t)
∂t
(5.19e)
Tali equazioni sono valide in ogni posizione spaziale, in ogni istante di tempo e, con
opportune modifiche, in qualsiasi materiale. Esse oltre ad esprimere la connessione tra
campo elettrico e carica elettrica e tra campo magnetico e corrente elettrica, definiscono
anche l’accoppiamento tra il campo elettrico e magnetico. La formulazione integrale
non presenta problemi di discontinuità del campo elettromagnetico e della densità di
corrente elettrica in quanto sono presenti operatori integrali. La formulazione differenziale è invece una astrazione teorica valida solo in regioni di spazio dove i campi sono
continui e derivabili. Pertanto, nelle regioni di spazio in cui sono presenti delle discontinuità è necessario suddividere in più parti i procedimenti di soluzione ed effettuare solo
successivamente un loro collegamento applicando le condizioni di continuità.
Si osservi che la legge di conservazione della caica elettrica è contenuta all’interno delle
equazioni di Maxwell. Infatti, applicando l’operatore divergenza ad ambo i membri della
Ing. Luciano Mescia
5.4. Relazioni costitutive
66
(5.19b) si ha
∂D
∂
=∇·J+ ∇·D
∂t
∂t
da cui utilizzando la (5.19c) e la proprietà ∇ · ∇ × H = 0 si ottiene immediatamente la
(5.19e).
Considerando che la corrente i che attraversa la superficie S delimitante
il volume V
∫
è legata alla densità di corrente per mezzo della relazione i = S J ·dS, dalla (5.17) si
ottiene
dq
i=−
dt
da cui se ne deduce che un decremento nell’unità di tempo della carica contenuta in V
coincide con l’intensità di corrente uscente da V nell’unità di tempo. Nel caso stazionario
(∂/∂t = 0), essendo la densità di corrente solenoidale e i = 0 si ha che la corrente che
attraversa una determinata regione di spazio, come ad esempio un conduttore, è la stessa
in tutte le sezioni. Questo significa che la corrente che entra all’interno del volume è la
stessa di quella che esce dal volume. Tale condizione è sicuramente soddisfatta, almeno
in prima approssimazione, nelle applicazioni a bassa frequenza (tipiche della frequenza
industriale a 50 Hz) in cui le variazioni temporali possono essere considerate trascurabili
(regime quasi statico). Per i problemi elettromagnetici che coinvolgo segnali fortemente
variabili nel tempo (radiofrequenza, microonde) non è invece possibile considerare questo
tipo di semplificazione.
∇·∇×H=∇·J+∇·
5.4 Relazioni costitutive
Le equazioni di Maxwell non sono tutte indipendenti e si può dimostrare che solo due di
esse sono indipendenti. Di conseguenza, il problema del calcolo dei campi è inderminato a
meno che non si considerano ulteriori condizioni indipendenti dalle equazioni di Maxwell.
Osservando che i vettori del campo elettromagnetico sono legati tra loro anche dalla loro
interazione con il mezzo fisico, risulta che, a livello macroscopico, è possibile definire altre
equazioni indipendenti, dette equazioni costitutive. In generale, le equazioni costitutive
fornisscono informazioni sul mezzo in cui il campo è calcolato descrivendo tutti gli effetti
del materiale dalla non linearità alla chiralità alla dispersione temporale. Inoltre, visti
i molteplici meccanismi microscopici che sussistono all’interno dei mezzi materiali, le
equazioni costitutive assumono una forma matematica che dipende dal fenomeno fisico
che regola la conduzione, la polarizzazione o la magnetizzazzione del mezzo.
Le equazioni costitutive possono essere raggruppate in due categorie: quelle che descrivono le relazioni tra i campi elettromagnetici e quelle che descrivono l’interazione
meccanica tra i campi elettromagnetici e le risultanti sorgenti secondarie (sorgenti determinate dall’interazione tra, il campo sorgente e il mezzo materiale in cui è presente
il campo elettromagnetico). In particolare, per definire le equazioni costitutive è importante considerare dei principi guida come ad esempio 1) la consistenza con con le
leggi fondamentali di conservazione, 2) l’indipendenza dal sistema di coordinate, 3) la
dipendenza o indipendenza dall’orientazione, 4) la capacità di dar luogo ad una soluzione
Ing. Luciano Mescia
5.4. Relazioni costitutive
67
unica, 5) l’invarianza dimensionale, 6) l’indipendenza dall’osservatore, 7) l’inclusione di
tutti i fenomeni fisici rilevanti.
In generale, le equazioni costitutive sono caratterizzate dai parametri costitutivi e
dagli operatori costitutivi. I parametri costitutivi possono essere delle costanti di proporzionalità tra i campi o le componenti di una diade. Gli operatori costitutivi possono
essere lineari e integro-differenziali oppure implicare operazioni non lineari tra i campi.
Se i parametri costitutivi sono spazialmente costanti in una regione di spazio il mezzo
materiale all’interno di tale regione è detto omogeneo, mentre se variano spazialmente il
mezzo è detto non omogeneo. Se i parametri costitutivi sono costanti nel tempo il mezzo
è detto stazionario mentre se variano nel tempo è detto non stazionario. Se gli operatori
costitutivi coinvolgono derivate o integrali nel tempo il mezzo è detto temporalmente dispersivo, mentre se sono presenti operazioni di derivazione o integrazione sulle coordinate
spaziali il mezzo è detto spazialmente dispersivo. Inolte, è importante puntualizzare che
i parametri costitutivi possono dipendere da altre proprietà fisiche del materiale come
temperatura, stress meccanico e che le relazioni costitutive di tipo meccanico possono
dipendere dalle proprietà elettromagnetiche.
In generale, non è immediato trovare argomentazioni semplici e consistenti per classificare i materiali in funzione degli effetti elettromagnetici. Un modo è quello di suddividere
i materiali lineari da quelli non linerari. Un mezzo si dice lineare se ad una combinazione lineare delle cause, secondo determinati coefficienti, corrisponde una combinazione
lineare degli effetti, secondo gli stessi coefficienti. Il vuoto è un mezzo lineare particolare
perchè presenta sempre lo stesso comportamento per ogni causa. Tutti gli altri mezzi
possono invece presentare il fenomeno di isteresi (l’ingresso è cosı̀ debole da non dar
luogo ad uscita) o della saturazione (l’ingresso è talmente intenso da dar luogo ad una
uscita costante). Tuttavia, in molte applicazioni il mezzo presenta le caratteristiche di
linearità in un certo intervallo di valori dell’ingresso.
Per i materiali lineari è possibile effettuare la seguente classificazione in funzione della
modalità in cui i campi sono inclusi nelle relazioni costitutive
1. Materiali isotropi: i vettori dei campi D e J sono paralleli a quello del campo
E, e il vettore del campo B è parallelo a quello del campo H.
2. Materiali anisotropi: i vettori dei campi D e J non sono paralleli a quello del
campo E, e il vettore del campo B non è parallelo a quello del campo H.
3. Materiali bi-isotropi: i campi D e B sono legati sia a E sia a H. In particolare,
nel caso di eccitazione armonica le relazioni costitutive sono D = ϵE + αH e
B = βE+µH. Si osserva che in tali mezzi ad una eccitazione elettrica o magnetica
corrisponde un contributo sia al campo di induzione elettrica sia al campo di
induzione magnetica. Inoltre, il campo D è parallelo sia al campo E sia al campo
H (D isotropo rispetto a E e H), mentre il campo B è parallelo sia al campo E sia
al campo H (B isotropo rispetto a E e H). Tali materiali sono anche detti chirali
ed esistono in minima parte in natura mentre sono largamente prodotti dall’uomo.
4. Materiali bi-anisotropi: i campi D ed B dipendono sia da E sia da H e non
sono paralleli ne ad E ne ad H. Nel caso di eccitazione armonica le relazioni
Ing. Luciano Mescia
5.4. Relazioni costitutive
68
costitutive sono D = ϵ · E + ζ · H e B = ξ · E + µ · H, dove ϵ, ζ, ξ, µ sono matrici
3 × 3 o tensori.
Nel caso particolare di un mezzo stazionario, cioé un mezzo immobile rispetto al sistema
di osservazione e tale che i parametri (temperatura, pressione ecc.) che influenzano le sue
proprietà elettromagnetiche sono costanti nel tempo, e non chirale si può quasi sempre
assumere che i vettori D e J dipendono solo da E, e B solo da H. In particolare, si ha
D = Fe (E)
(5.20)
B = Fh (H)
(5.21)
J = Fj (E)
(5.22)
dove Fe , Fh e Fj sono gli operatori costitutivi che dipendono dal tipo di mezzo considerato
e devono essere valutati caso per caso.
Per i mezzi lineari gli operatori costitutivi Fe , Fb e Fj possono essere espressi in termini
di relazioni lineari di tipo integrale come
∫ ∫
D(r, t) =
Ge (r, r′ , t, t′ ) · E(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.23)
∫ ∫
Gh (r, r′ , t, t′ ) · H(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.24)
B(r, t) =
∫ ∫
J(r, t) =
Gj (r, r′ , t, t′ ) · E(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.25)
dove Ge , Gh e Gj sono diadi (matrici 3 × 3 perchè non necessariamente le cause e gli
effetti devono essere paralleli) che rappresentano la risposta del materiale a un ingresso
impulsivo unitario sia nello spazio sia nel tempo. In particolare, per i mezzi isotropi,
essendo l’effetto parallelo alla causa, gli operatori costitutivi sono delle funzioni scalari
e di conseguenza le relazioni costitutive assumono la forma semplificata
∫ ∫
D(r, t) =
Ge (r, r′ , t, t′ )E(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.26)
∫ ∫
B(r, t) =
Gh (r, r′ , t, t′ )H(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.27)
∫ ∫
J(r, t) =
Gj (r, r′ , t, t′ )E(r′ , t′ )dr′ dt′
(5.28)
Nei mezzi spazialmente non dispersivi (quindi solo temporalmente dispersivi), cioé
caratterizzati dalla proprietà che l’effetto in ogni punto r dipende solo dalla causa nello
stesso punto, le relazioni costitutive assumono la forma semplificata
∫ t
D(r, t) =
Ge (r, t, t′ )E(r′ , t′ )dt′
(5.29)
−∞
t
∫
B(r, t) =
Jc (r, t) =
Ing. Luciano Mescia
−∞
∫ t
−∞
Gh (r, t, t′ )H(r′ , t′ )dt′
(5.30)
Gj (r, t, t′ )E(r′ , t′ )dt′
(5.31)
5.4. Relazioni costitutive
69
da cui è evidente che i valori assunti dai vettori di campo in un dato istante dipendono
dall’andamento degli stessi negli istanti precedenti e perciò si dice che il mezzo è con
memoria. Si osservi che l’estremo superiore di integrazione è stato posto uguale a t e
non a +∞ in quanto ogni mezzo fisicamente realizzabile deve soddisfare la proprietà di
causalità, cioé la causa precede l’effetto.
Qualora la risposta a sollecitazioni elettromagnetiche sia caratterizzata da un tempo
di ritardo trascurabile rispetto ai tempi che caratterizzano le variazioni del campo elettromagnetico, è possibile approssimare il mezzo a un mezzo temporalmete non dispersivo.
In questi casi, le equazioni costitutive assumono una forma semplificata in quanto i valori
dell’induzione elettrica D, e della densità di corrente J in un dato istante dipendono dal
valore del campo elettrico E nello stesso istante, mentre i valori dell’induzione elettrica
B dipendono dal valore del campo magnetico H nello stesso istante. In questi casi le
equazioni costitutive sono
D(r, t) = ϵ(r, t)E(r, t)
(5.32)
B(r, t) = µ(r, t)H(r, t)
(5.33)
J(r, t) = σ(r, t)E(r, t)
(5.34)
dove ϵ, µ e σ sono rispettivamente la permittività, la permeabilità e la conducibilità
elettrica.
I mezzi per cui la stessa causa applicata in istanti diversi provoca gli stessi effetti sono
detti mezzi stazionari. Tali mezzi coprono una larghissima parte delle applicazioni e per
essi le relazioni costitutive sono
∫ t
Ge (r, t − t′ )E(r, t′ )dt′
(5.35)
D(r, t) =
−∞
t
∫
B(r, t) =
J(r, t) =
−∞
∫ t
−∞
Gh (r, t − t′ )H(r, t′ )dt′
(5.36)
Gj (r, t − t′ )E(r, t′ )dt′
(5.37)
Nel caso di mezzi lineari, stazionari, isotropi e non dispersivi spazialmente le relazioni
costitutive possono anche essere scritte come
(
)
∫ t
D(r, t) = ϵ0 E(r, t) +
χe (r, t − t′ )E(r, t′ )dt′
(5.38)
−∞
(
)
∫ t
′
′
′
B(r, t) = µ0 H(r, t) +
χh (r, t − t )H(r, t )dt
(5.39)
∫
J(r, t) =
Ing. Luciano Mescia
−∞
t
−∞
σ(r, t − t′ )E(r, t′ )dt′
(5.40)
5.5. Sorgenti equivalenti di polarizzazione e magnetizzazione
70
o equivalentemente nella forma di equazioni differenziali a coefficienti costanti con derivate temporali
∂D
∂mE
∂E
∂nD
+
.
.
.
+
a
+
a
D
=
b
+ . . . + b1
+ b0 E
(5.41)
1
0
m
n
m
∂t
∂t
∂t
∂t
∂B
∂sH
∂H
∂rB
er r + . . . + e1
+ e0 B = fs s + . . . + f1
+ f0 H
(5.42)
∂t
∂t
∂t
∂t
p
q
∂ J
∂J
∂ E
∂E
cp p + . . . + c1
+ c0 J = dq q + . . . + d1
+ d0 E
(5.43)
∂t
∂t
∂t
∂t
dove χe e χm sono rispettivamente le suscettività elettrica e magnetica, µ0 e ϵ0 sono
rispettivamente la permittività elettrica e permeabilità magnetica del vuoto.
Dalle (5.38)–(5.40) si osserva che il comportamento di D(t) e J(t) (B(t)) non dipendono solo da E(t) (H(t)) ma anche da ciò che è accaduto in istanti di tempo precedenti.
Quindi in questi mezzi c’è un ritardo tra l’applicazione del campo e l’effetto che può essere epresso in termini di polarizzazione e magnetizzazione. Nel dominio della frequenza
la dispersione temporale è associata a un numero/funzione complessa dei parametri costitutivi i quali, a causa della proprietà di casualità, non possono essere costanti con la
frequenza. In particolare, una parte immaginaria non nulla è associata a una dissipazione di energia elettromagnetica tramite calore. La proprietà di casualità è implicita
nel limite superiore (t) dell’integrale di convoluzione. Di conseguenza, nel dominio della
frequenza, esiste una relazione tra la parte reale e immaginaria dei parametri costitutivi
(relazioni di Kramers-Kronig).
an
5.5 Sorgenti equivalenti di polarizzazione e magnetizzazione
Molto spesso per descrivere lo stato di un mezzo materiale è conveniente esprimere le
equazioni di Maxwell in termini del vettore polarizzazione elettrica P e del vettore di
magnetizzazione M. In particolare, tali entità individuano le perturbazioni indotte dal
mezzo materiale sui campi di induzione elettrica e magnetica nello spazio vuoto
P = D − ϵ0 E
B
−H
M=
µ0
(5.44)
(5.45)
L’introduzione di P e M consente di esprimere le equazioni di Maxwell solo in funzione
di E e B una volta note delle opportune sorgenti equivalenti di polarizzazione e magnetizzazione. Infatti, utilizzando le (5.44)–(5.45), le equazioni di Maxwell si trasformano
in
∂B(r, t)
∇ × E(r, t) = −
[ ∂t
]
B(r, t)
∂P(r, t)
∂E(r, t)
∇×
= J0 (r, t) + Jc (r, t) + ∇ × M(r, t) +
+ ϵ0
µ0
∂t
∂t
ϵ0 ∇ · E(r, t) = ρ(r, t) − ∇ · P(r, t)
(5.46b)
∇ · B(r, t) = 0
(5.46d)
Ing. Luciano Mescia
(5.46a)
(5.46c)
5.6. Condizioni di continuità del campo elettromagneetico
71
In particolare, introducendo la densità di corrente di polarizzazione
Jp (r, t) =
∂P(r, t)
∂t
(5.47)
la densità di corrente di magnetizzazione
JM (r, t) = ∇ × M(r, t)
(5.48)
e la densità di carica equivalente
ρp (r, t) = −∇ · P(r, t)
(5.49)
la forma matematica delle equazioni di Maxwell in un mezzo materiale sono simili a
quelle formulate nello spazio vuoto
∇ × E(r, t) = −
∂B(r, t)
∂t
]
∂E(r, t)
B(r, t) [
= J0 (r, t) + Jc (r, t) + Jp (r, t) + JM (r, t) + ϵ0
µ0
∂t
ϵ0 ∇ · E(r, t) = ρ(r, t) + ρp (r, t)
∇×
∇ · B(r, t) = 0
(5.50a)
(5.50b)
(5.50c)
(5.50d)
Tramite questa formulazione il mezzo materiale può essere visto come composto da
particelle di materia cariche immerse nello spazio vuoto. Di conseguenza, quando si
considerano le cariche equivalenti di polarizzazzione e magnetizzazione, tutti gli effetti
del campo elettromagnetico possono essere interpretati in termini dei campi E e B nello
spazio vuoto. Naturalmente, per applicare tale formulazione è necessario poter descrivere come le particelle cariche rispondono all’applicazione del campo. In generale, si
utilizzano semplici modelli microscopici dei costituenti della materia in cui sono considerate combinazioni di bipoli elettrici e magnetici, o cammini chiusi di correnti elettriche
e magnetiche.
5.6 Condizioni di continuità del campo elettromagneetico
Si consideri il caso in cui le proprietà elettromagnetiche del mezzo siano differenti da
ambo i lati di una superficie S infinitamente sottile. Tale superficie può essere o una
effettiva superficie fisica o una superficie ideale puramente matematica. Si supppone che
da un lato di questa superficie ci sia il mezzo 1 e dall’altro il mezzo 2. In queste ipotesi,
i vettori da campo E, D, B e H saranno indicati con i pedici 1 o 2 in funzione del
mezzo in cui sono considerate le proprietà del campo. In generale, si può supporre che
attraversando la superficie S i parametri ϵ, µ e σ variano rapidamente con continuità
dai valori da essi posseduti nelle immediate vicinanze di S nel mezzo 1 ai valori che
possiedono nelle immediate vicinanze di S nel mezzo 2. Di conseguenza, i vettori di
campo, nell’attraversare il confine tra i due mezzi, si mantengono finiti e sono tali che
Ing. Luciano Mescia
5.6. Condizioni di continuità del campo elettromagneetico
72
le loro derivate rispetto al tempo varino con continuità. Le formulazioni integrali delle
equazioni di Maxwell permettono allora di determinare quali condizoni devono soddisfare le singole componenti dei vettori di campo nell’attraversare il confine di separazione.
Nel procedere, saranno considerati nuovi enti di natura puramente matematica come le
cariche magnetiche e le correnti magnetiche. Esse sono utilizzate per rendere simmetriche le equazioni di Maxwell e per giustificare distribuzioni di campo elettromagnetico
che possono essere formalmente attribuite a sorgenti magnetiche (come avviene nella
formulazione del teorema di equivalenza).
Considerando la densità fittizia di corrente magnetica Jm (V/m2 ) e di carica magnetica
ρm (Wb/m3 ), la formulazione integrale delle equazioni di Maxwell assume la forma
∫
∫
I
∂
B · dS −
Jm · dS
(5.51a)
E · dl = −
∂t S
Γ
S
)
I
∫ (
∂D
H · dl =
J+
· dS
(5.51b)
∂t
IΓ
∫S
D · dS =
ρdV
(5.51c)
IS
∫V
B · dS =
ρm dV
(5.51d)
S
V
a cui bisogna associare le leggi di caonservazione della carica
∫
∫
d
ρdV
J · dS = −
dt V
∫ S
∫
d
Jm · dS = −
ρm dV
dt V
S
(5.52a)
(5.52b)
Si consideri un volume infinitamente piccolo, delimitato da una superficie cilindrica
avente la base inferiore nel mezzo 1 e quella superiore nel mezzo 2. Tali basi sono
inoltre talmente piccole da poter essere considerate parallele alla parte di superficie
tagliata dal cilindro stesso (vedi Figura 5.3). Se ∆S è l’area della base del cilindro e
∆l la sua altezza, il cilindro avrà volume ∆V = ∆S∆l e conterrà una carica totale
elettrica e magnetica pari rispettivamente a ρ∆S∆l e ρm ∆S∆l. Si ipotizza inoltre che
∆S è talmente piccola che il valore dei campi possono ritenersi spazialmente costanti su
entrambe le basi del cilindro. Detta Σ la superficie totale che avvolge il cilindro si ha
che Σ = ∆S1 + ∆S2 + ∆S3 , e di conseguenza la (5.51c) può essere scritta come
∆S (D2 − D1 ) · an + integrale superficie laterale = ρ∆l∆S
dove si è considerato che sia D sia ∆S sono costanti, an2 = an e an1 = −an . Facendo
tendere ∆l a zero e considerando che in tale condizione limite le basi del cilindro coincidono, si avrà che l’area della superficie laterale è un infinitesimo di ordine superiore
rispetto a ∆S. Di conseguenza, si ha
∆S (D2 − D1 ) · an = lim (ρ∆l) ∆S = ρs ∆S
∆l→0
Ing. Luciano Mescia
5.6. Condizioni di continuità del campo elettromagneetico
(E2, H2, D2, B2)
an2
mezzo 2
73
∆S 2
∆S 3
Js,Jms
an3
∆l ρ+ +ρ+ +
s, ms
S
++++
∆S 1
mezzo 1
an1
(E1, H1, D1,B1)
Figura 5.3: Geometria per lo studio delle componenti normali dei campi D, B e delle densità di
corrente elettrica J e magnetica Jm in corrispondenza di superfici di discontinuità.
dove ρs è la densità superficiale di carica. In definitiva, se esiste una densità superficiale
di carica ρs si ha
(D2 − D1 ) · an = ρs
(5.53)
Procedendo in maniera analoga con l’equazione (5.51d) si ottiene invece
(B2 − B1 ) · an = ρms
(5.54)
Quindi la presenza di densità superficiale di carica elettrica provoca una discontinuità
nella componente normale del vettore induzione elettrica D, mentre una densità superficiale di carica magnetica provoca una discontinuità nella componente normale del
vettore induzione magnetica B.
Considerando invece l’equazione (5.52a) si ricava
(
)
∂ρs
∂
lim (ρ∆l) ∆S = −
∆S
∆S (J2 − J1 ) · an = −
∂t ∆l→0
∂t
da cui
(J2 − J1 ) · an = −
∂ρs
∂t
(5.55)
e analogamente tramite la (5.52b) si ottiene
(Jm2 − Jm1 ) · an = −
∂ρms
∂t
(5.56)
Infine dalle (5.53)–(5.56) si osserva che in assenza di distribuzioni di carica elettrica e
magnetica le componenti normali alla superficie di separazione S dei campi D, B, J,
Jm sono continue anche se le caratteristiche elettriche del mezzo cambiano bruscamente
attraversando S.
Per studiare il comportamento delle componenti tangenziali dei campi si consideri
il cammino illustrato in figura 5.4 Considerando la (5.51a) si sceglie come contorno
di integrazione, nel primo membro di quest’equazione, il rettangolo infinitesimo, Γ =
Γ1 + Γ2 + Γ3 + Γ4 , la cui faccia superiore è nel mezzo 2 la faccia inferiore nel mezzo
1. Si indichi con ∆a la lunghezza di ciascuna di queste faccie e con ∆l la lunghezza
Ing. Luciano Mescia
5.6. Condizioni di continuità del campo elettromagneetico
74
mezzo 2 (E2, H2, D2, B2)
Γ2
S0
∆l
Γ3
an
aτ
ab
Γ4
Γ1
∆a
mezzo 1 (E1, H1, D1,B1)
Figura 5.4: Geometria per lo studio della variazione delle componenti tangenziali del campo
elettrico E e magnetico H in corrispondenza di superfici di discontinuità.
delle altre due faccie. Siano aτ 2 e aτ 1 i versori diretti secondo il verso di circuitazione
disposti rispettivamente sul lato superiore e inferiore del rettangolo infinitesimo. Sempre
con riferimento alla (5.51a) si sceglie invece come superficie, nel scondo membro di
quest’equazione, la supeficie del rettangolo S0 la cui normale positiva è ab . Il verso di
questa normale è scelto dal verso di circuitazione intorno a Γ. Essendo il rettangolo
infinitesimo è possibile ipotizzare che i campi su tutti i lati e all’interno del rettangolo
sono costanti. Di conseguenza, la (5.51a) può essere scritta come
dB
· ab ∆l∆a − Jm · ab ∆l∆a
dt
Facendo tendere ∆l a zero, si ha aτ 2 = aτ e aτ 1 = −aτ e di conseguenza
)
(
dB
· ab ∆l − lim (Jm · ab ∆l)
(E2 − E1 ) · aτ = − lim
∆l→0
∆l→0
dt
(E2 · aτ 2 + E1 · aτ 1 ) ∆a + (E · an3 + E · an4 ) ∆l = −
Osservando che aτ = ab×an , e considerando la proprietà del prodotto misto A·(B×C) =
B · (C×A) = C · (A×B) si ha
(E2 − E1 ) · aτ = (E2 − E1 ) · (ab × an ) = ab · [an × (E2 − E1 )]
e sostituendo si ricava
)
]
[
(
dB
∆l + lim (Jm ∆l) = 0
ab · an × (E2 − E1 ) + lim
∆l→0
∆l→0
dt
Osservando inoltre che l’orientazione del rettangolo, e quindi ab , è arbitraria si ha che
l’espressione tra parentesi deve essere nulla e quindi
(
)
dB
an × (E2 − E1 ) = − lim
∆l − lim (Jm ∆l)
∆l→0
∆l→0
dt
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
75
Essendo inoltre per ipotesi dB/dt finito si ha che il primo termine a secondo membro si
annulla quando ∆l tende a zero, e petanto si ottiene in definitiva
an × (E2 − E1 ) = −Jms
(5.57)
cioé la presenza di una densità superficiale di densità di corrente magnetica provoca una
discontinuità nelle componenti tangenziali del campo elettrico E.
Per il campo magnetico H si procede in modo analogo considerando la (5.51b) e a
meno di infinitesimi di ordine superiore si ottiene
(
)
dD
an × (H2 − H1 ) = lim
+ J ∆l
∆l→0
dt
Il primo termine a secondo membro è nullo in quanto per ipotesi dD/dt è finito e perciò
si ha
an × (H2 − H1 ) = Js
(5.58)
cioé la presenza di una densità superficiale di densità di corrente elettrica provoca una
discontinuità nelle componenti tangenziali del campo magnetico H. Quando invece sulla
superficie S sono assenti densità di corrente elettrica e magnetica si ha che le componenti
tangenziali dei campi E, H, sono continue anche se le caratteristiche elettriche del mezzo
cambiano bruscamente attraversando S.
5.7 Fasori del campo elettromagnetico
Nella maggior parte delle applicazioni delle onde radio, le sorgenti del campo elettromagnetico variano nel tempo o con legge sinusoidale oppure sono caratterizzate da una
banda relativa di frequenza, ∆ω/ω, talmente piccola che la maggior parte dell’informazione può essere ottenuta considerando il comportamento di un segnale alla frequenza
di centro banda. Inoltre, se il mezzo è lineare e stazionario, tali sorgenti generano campi
elettromagnetici che oscillano seguendo una legge sinusoidale alla stessa frequenza delle
sorgenti.
In analogia con quanto si fa nella teoria dei circuiti, anche nella teoria dell’elettromagnetismo conviene rappresentare le grandezze che variano in modo sinusoidale tramite
quantità complesse. A tale scopo, lo studio analitico dei campi in regime sinusoidale può
essere enormemente semplificato usando quantità complesse dette fasori.
e t) che varia nel tempo con legge sinusoidale avente
Un generico campo scalare A(r,
frequenza ω può essere espresso in termini della parte reale di una funzione scalare
complessa o fasore complesso:
{
}
{
}
e t) = F(r) cos [ωt + ϕ (r)] = Re F(r)ejϕ(r) ejωt = Re A(r)ejωt
A(r,
(5.59)
dove F(r) è l’ampiezza della funzione scalare e A(r) = F(r)ejϕ(r) è una quantità come
plessa chiamata fasore corrispondente al campo sinusoidale A.
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
76
e t) che varia nel tempo con legge sinusoidale avente
Un generico campo vettoriale A(r,
frequenza ω può essere decomposto in tre componenti ognuna delle quali è una funzione
scalare di tipo sinusoidale
e t) = A
ex (r, t)ax + A
ey (r, t)ay + A
ez (r, t)az
A(r,
= Fx (r) cos [ωt + ϕx (r)]ax + Fy (r) cos [ωt + ϕy (r)]ay + Fz (r) cos [ωt + ϕz (r)]az
{
}
{
}
{
}
= Re Fx (r)ejϕx (r) ejωt ax + Re Fy (r)ejϕy (r) ejωt ay + Re Fz (r)ejϕz (r) ejωt az
{
}
= Re Fx (r)ejϕx (r) ejωt ax + Fy (r)ejϕy (r) ejωt ay + Fz (r)ejϕz (r) ejωt az
{
}
{
}
= Re [Ax (r)ax + Ay (r)ay + Az (r)az ] ejωt = Re A(r)ejωt
(5.60)
dove
A(r) = Ax (r)ax + Ay (r)ay + Az (r)az = Ar (r) + jAi (r)
(5.61)
Ax (r) = Fx (r)ejϕx (r)
Ay (r) = Fy (r)ejϕy (r)
Az (r) = Fz (r)ejϕz (r)
e
Ar (r) = Fx (r) cos [ϕx (r)]ax + Fy (r) cos [ϕy (r)]ay + Fz (r) cos [ϕz (r)]az
Ai (r) = Fx (r) sin [ϕx (r)]ax + Fy (r) sin [ϕy (r)]ay + Fz (r) sin [ϕz (r)]az
Il vettore A(r) è detto fasore vettoriale o vettore complesso rappresentativo del vettore
e t). Si osservi che esso è un vettore a componenti complesse in cui la parte reale
reale A(r,
e quella immaginaria sono vettori reali funzione di punto. Pertanto, dalla (5.60) si vede
e t) e il
che una volta fissata la frequenza ω il fasore A identifica il campo vettoriale A(r,
passaggio dalla notazione di fasore al dominio del tempo si ottiene moltiplicando il fasore
per ejωt e prendendo la parte reale. Di conseguenza, lo studio dei campi monocromatici
può essere condotto utilizzando i fasori al posto dei campi reali.
5.7.1 Proprietà dei fasori
Una combinazione lineare di due campi sinusoidali di uguale frequenza è ancora una
grandezza sinusoidale della stessa frequenza rappresentabile per mezzo di un fasore
e t) + bB(r,
e t) ←→ aA(r) + bB(r)
aA(r,
(5.62)
dove a, b sono coefficienti reali arbitrari.
Il prodotto scalare di due fasori è la quantità
A · B = (A1 + jA2 ) · (B1 + jB2 ) = A1 · B1 − A2 · B2 + j (A1 · B2 + A2 · B1 ) (5.63)
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
77
mentre il prodotto vettoriale tra due fasori è definito come
A × B = (A1 + jA2 ) × (B1 + jB2 ) = A1 × B1 − A2 × B2 + j (A1 × B2 + A2 × B1 )
(5.64)
Le operazioni di gradiente, divergenza e rotore su campi scalari e vettoriali sinusoidali
danno luogo a campi scalari e vettoriali della stessa frequenza. Inoltre, visto che tali
operatori effettuano derivate spaziali, i fasori corrispondenti a tali campi coincidono con
il gradiente, la divergenza e il rotore dei relativi fasori
e ←→ ∇A
∇A
e ←→ ∇ · A
∇·A
(5.66)
e ←→ ∇ × A
∇×A
(5.67)
(5.65)
L’operazione di derivata parziale fatta rispetto al tempo applicata ad un campo
sinusoidale può essere espressa come
{
}
{
}
∂ e
∂ jωt
A(r, t) = Re A(r) e
= Re jωA(r)ejωt
(5.68)
∂t
∂t
Di conseguenza l’operazione di derivata temporale del campo scalare o vettoriale corrisponde alla moltiplicazione per jω del rispettivo fasore. Più in genarale si ha
∂n e
A ←→ (jω)n A
∂tn
∂n e
A ←→ (jω)n A
n
∂t
(5.69)
(5.70)
Considerando i due campi sinusoidali
e t) = F(r) cos [ωt + ϕ (r)]
A(r,
e t) = aF(r) cos [ωt + ϕ (r) + θ]
B(r,
il campo B può essere espresso come
{
}
{
}
e t) = Re aF(r)ejϕ(r) ejθ ejωt = aejθ Re F(r)ejϕ(r) ejωt
B(r,
da cui si ricava che il fasore associato al campo B è dato da
B(r) = aejθ A(r)
(5.71)
cioè l’operazione di moltiplicazione di un fasore per il numero complesso aejθ corrisponde,
nel campo delle grandezze sinusoidali, a moltiplicare il campo per a e ad anticipare la
sua fase di θ.
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
78
5.7.2 Prodotto scalare e vettoriale tra campi sinusoidali
Un aspetto importante da definire è la relazione tra il prodotto scalare e vettoriale tra due
fasori e l’analoga quantità tra i corrispondenti campi sinusoidali. Infatti, come si vedrà
in seguito, l’energia e la potenza del campo elettromagnetico sono ricavate integrando
densità espresse da prodotti scalari o vettoriali dei campi. A tale scopo, considerando
e eB
e possono essere anche scritti come
che due campi vettoriali sinusoidali A
{
}
[
]
e t) = Re A(r)ejωt = 1 A(r)ejωt + A∗ (r)e−jωt
A(r,
2
{
} 1[
]
jωt
e t) = Re B(r)e
B(r,
=
B(r)ejωt + B∗ (r)e−jωt
2
il loro prodotto scalare è
(
) (
)
e ·B
e = 1 Aejωt + A∗ e−jωt · Bejωt + B∗ e−jωt
A
4
)
1(
=
A · B∗ + A∗ · B + A∗ · B∗ e−2jωt + A · Be2jωt
4 {
}
{
}
A · B 2jωt
A · B∗
+ Re
e
= Re
2
2
e il loro prodotto vettoriale è
(
) (
)
e ×B
e = 1 Aejωt + A∗ e−jωt × Bejωt + B∗ e−jωt
A
4
)
1(
=
A × B∗ + A∗ × B + A∗ × B∗ e−2jωt + A × Be2jωt
4 {
}
{
}
A × B 2jωt
A × B∗
+ Re
e
= Re
2
2
Dalle due equazioni ricavate si osserva che il prodotto scalare o vettoriale tra due vettori
sinusoidali alla stessa frequenza è uguale alla somma di due termini: uno indipendente
dalla frequanza e l’altro oscillante a una frequenza doppia.
Calcolando il valor medio in un periodo T si ha
∫
∫
1 T
1 T e e
A · Bdt =
(A · B∗ + A∗ · B) dt
T 0
4 0
∫
)
1 T(
A · Be2jωt + A∗ · B∗ e−2jωt dt
+
4 0
∫ T
∫ T
{
}
1
1
=
Re{A · B∗ }dt +
Re A · Be2jωt dt
2T 0
2T 0
e cioè
Ing. Luciano Mescia
⟨
∫
⟩
1 T e e
1
e
e
A·B =
A · Bdt = Re{A · B∗ }
T 0
2
(5.72)
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
79
y
x’
y’
A(t)
Ary
Ar (t=0)
α
Aix
Ai (t=-π/2ω)
Arx
x
Aiy
Figura 5.5: Ellisse di polarizzazione
Procedendo in modo analogo per il prodotto vettoriale si ottiene
∫ T
⟨
⟩
e ×B
e = 1
e × Bdt
e = 1 Re{A × B∗ }
A
A
T 0
2
(5.73)
dove le (5.72)–(5.73) sono state ottenute considerando che il valor medio della funzione
e2jωt è nullo.
5.7.3 Polarizzazione dei campi sinusoidali
e e il corrispondente fasore A, e siano Ar e Ai la parte
Si consideri il campo sinusoidale A
reale e immaginaria di A. Dalle (5.60)–(5.61) si ha:
e = Re{(Ar + jAi ) (cos ωt + j sin ωt)} = Ar cos ωt − Ai sin ωt
A
(5.74)
da cui, osservando che entrambi Ar e Ai non dipendono dal tempo, si ha che l’estremo
e descrive un luogo geometrico contenuto sul piano individuato dalle direzioni
libero di A
di Ar e Ai detto piano di polarizzazione. Inoltre, in virtù della proprietà di periodicità
delle funzioni seno e coseno se ne deduce che tale luogo luogo geometrico è una curva
regolare e chiusa.
Per ricavare esplicitamente l’equazione di questa curva chiusa si fissi un sistema di
riferimento cartesiano avente assi x e y appartenenti al piano di polarizzazione, e asse z
perpendicolare a tale piano (vedi Fig. 5.5).
Sul piano di polarizzazione, si ha
Ar = Fx cos ϕx ax + Fy cos ϕy ay = Arx ax + Ary ay
Ai = Fx sin ϕx ax + Fy sin ϕy ay = Aix ax + Aiy ay
che sostituita nella (5.74) fornisce
e = (Fx cos ϕx ax + Fy cos ϕy ay ) cos ωt − (Fx sin ϕx ax + Fy sin ϕy ay ) sin ωt
A
= (Fx cos ϕx cos ωt − Fx sin ϕx sin ωt) ax + (Fy cos ϕy cos ωt − Fy sin ϕy sin ωt) ay
= (Arx cos ωt − Aix sin ωt) ax + (Ary cos ωt − Aiy sin ωt) ay
Ing. Luciano Mescia
(5.75)
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
80
e ha coordinate
e di conseguenza l’estremo del vettore A
x = Arx cos ωt − Aix sin ωt
y = Ary cos ωt − Aiy sin ωt
Dividendo la prima equazione per Arx e la seconda per Ary , e sottraendo membro a
membro si ha
Ary x − Arx y
sin ωt =
Arx Aiy − Ary Aix
e procedendo in modo analogo dividendo la prima equazione per Aix e la seconda per
Aiy , e sottraendo membro a membro si ha
cos ωt =
Aiy x − Aix y
Arx Aiy − Ary Aix
Elevando al quadrato ambo i membri delle ultime equazioni ottenute e sommando
membro a membro si ha
( 2
)
(
)
Ary + A2iy x2 + A2rx + A2ix y 2 − 2 (Arx Ary + Aix Aiy ) xy = (Arx Aiy − Ary Aix )2
e cioè
Fy2 x2 +Fx2 y 2 −2Fx Fy (cos ϕx cos ϕy + sin ϕx sin ϕy ) xy = Fx2 Fy2 (cos ϕx sin ϕy − sin ϕx cos ϕy )2
o equivalentemente
Fy2 x2 + Fx2 y 2 − 2Fx Fy cos ϕxy = Fx2 Fy2 sin2 (ϕ)
(5.76)
ϕ = ϕy − ϕx
(5.77)
con
La (??) equivale all’equazione di una conica
ax2 + bxy + cy 2 = d
il cui discriminante b2 − 4ac è
[
]
4Fx2 Fy2 cos2 (ϕ) − 4Fx2 Fy2 = 4Fx2 Fy2 cos2 (ϕ) − 1 = −4Fx2 Fy2 sin2 (ϕ) < 0
e dunque si tratta di una ellisse con semiassi ruotati di un certo angolo rispetto agli
e
assi x e y del sistema di riferimento cartesiano. Di conseguenza, l’estremo del vettore A
descrivendo un’ellisse possiede polarizzazione ellittica. Quando l’ellisse degenera in un
segmento di retta si ha la polarizzazione lineare, mentre quando l’ellisse degenera in una
circonferenza si ha la polarizzazione circolare. In funzione del verso di percorrenza (orario
o antiorario) possono esistere solo due tipi di polarizzazione circolare. Al contrario,
possono esistere infinite polarizzazioni lineari che si distinguono per la direzione della
retta. Si osservi che a differenza di quanto accade per i vettori reali, per i fasori è
possibile definire un versore solo se essi sono polarizzati linearmente.
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
81
Nelle applicazioni pratiche non è possibile ottenere l’esatta polarizzazione lineare o
circolare. A tale scopo, si definisce un coefficiente detto rapporto assiale che consente
di quantificare quanto la polarizzazione si avvicina alla polarizzazione assiale o circolare
pura. In particolare, tale coefficiente è definto come
e
maxA
AR =
(5.78)
e
minA
Per valutare il rapporto assiale si osservi che le lunghezze dei due semiassi dell’ellisse di
polarizzazione sono anche il valore minimo e massimo della distanza dell’ellisse stesso
dall’origine. Per calcolare tali punti estremali si può considerare la distanza al quadrato
D(t) dei punti dell’ellisse dall’origine e calcolare la sua derivata. In particolare,
2
e
2
D(t) = A
= |Ar cos ωt − Ai sin ωt| = A2r cos2 (ωt) + A2i sin2 (ωt) − 2Ar · Ai sin ωt cos ωt
= A2r cos2 (ωt) + A2i sin2 (ωt) − Ar · Ai sin(2ωt)
da cui
dD
= −2ωA2r cos ωt sin ωt + 2ωA2i sin ωt cos ωt − 2ωAr · Ai cos 2ωt
dt
(
)
A2r − A2i
= 2ω −
sin 2ωt − Ar · Ai cos 2ωt
2
Si ha polarizzazione circolare quando la distanza D(t) è costante per ogni istante di
tempo e quindi dD/dt = 0. Di conseguenza, affinchè ci sia polarizzazione circolare
devono essere valide le due condizioni
A2r = A2i
(5.79)
Ar · Ai = 0
(5.80)
Sostituendo nella (5.80), le espressioni per Ar e Ai
Ar · Ai = Fx2 (cos ϕx sin ϕx ) + Fy2 (cos ϕy sin ϕy ) =
)
1( 2
Fx sin 2ϕx + Fy2 sin 2ϕy = 0
2
da cui
Fx2 sin 2ϕx + Fy2 sin 2ϕy = 0
(5.81)
Dalla (5.79) si ha invece
A2r − A2i = Fx2 cos2 ϕx + Fy2 cos2 ϕy − Fx2 sin2 ϕx − Fy2 sin2 ϕy = 0
da cui
Fx2 cos 2ϕx + Fy2 cos 2ϕy = 0
(5.82)
Le (5.86)-(5.87) rappresentano un sistema lineare omogeneo in Fx2 e Fy2 che ammette una
soluzione diversa da quella banale solo se il determinante dei coefficienti è nullo
sin 2ϕx cos 2ϕy − sin 2ϕy cos 2ϕx = sin [2 (ϕx − ϕy )] = 0
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
82
da cui
nπ
n intero
(5.83)
2
dove però il caso n pari deve essere ecluso in quanto, come si vedrà in seguito, conduce
a polarizzazione lineare. Di conseguenza, deve valere la condizione
ϕx − ϕy =
ϕx − ϕy = ±
π
2
(5.84)
Dalla (5.84) si ha inoltre
(
π)
sin 2ϕx = sin 2 ϕy ±
= sin (2ϕy ± π) = − sin 2ϕy
2)
(
π
cos 2ϕx = cos 2 ϕy ±
= cos (2ϕy ± π) = − cos 2ϕy
2
che sostituite nelle (5.86)-(5.87) forniscono le relazioni
( 2
)
Fy − Fx2 sin 2ϕy = 0
( 2
)
Fy − Fx2 cos 2ϕy = 0
da cui risulta necessariamente
Fx2 = Fy2
(5.85)
In definitiva, nella polarizzazione circolare i vettori rappresentativi della parte reale ed
immaginaria del fasore corrispondente a A devono essere perpendicolari ed avere la stessa
ampiezza.
La distanza D(t) può anche essere scritta come
(
)
D(t) = cos2 ωt A2i T 2 − 2Ar Ai cos θT + A2r
dove T = tan ωt e θ è l’angolo tra Ar e Ai . Per avere polarizzazione lineare è necessario
che D(t) sia uguale a zero per almeno un istante di tempo. Affinchè ciò accada deve
essere soddisfatta l’equazione
A2i T 2 − 2Ar Ai cos θT + A2r = 0
che ha una radice reale solo se il suo discriminante è maggiore o uguale a zero. Calcolando
il discriminante si ha
(
)
A2r A2i cos2 θ − A2r A2i = A2r A2i cos2 θ − 1 = −A2r A2i sin2 ωt = − |Ar × Ai |2
da cui si osserva che esso è non positivo. Di conseguenza, si hanno radici reali solo se
Ar × Ai = 0
(5.86)
oppure
ax
a
a
y
z
Ar × Ai = Fx cos ϕx Fy cos ϕy 0 = (Fx cos ϕx Fy sin ϕy − Fy cos ϕy Fx sin ϕx ) az = 0
Fx sin ϕx Fy sin ϕy 0 Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
83
e cioé
Fx Fy (cos ϕx sin ϕy ) − cos ϕy sin ϕx = Fx Fy sin (ϕx − ϕy ) = 0
Pertanto, per avere polarizzazione lineare deve essere soddisfatta almeno una delle
seguenti condizioni
Fx = 0
(5.87)
Fy = 0
(5.88)
ϕy − ϕx = nπ
n intero
(5.89)
dove l’ultima condizione può essere anche espressa dicendo che i vettori Fx e Fy o hanno
la stessa fase o sono sfasati di π.
Per calcolare il rapporto assiale è più conveniente scrivere l’equazione dell’ellisse (5.76)
in forma matriciale. In particolare, considerando il vettore
( )
x
x=
y
(
e la matrice
G=
Fy2
−Fx Fy cos ϕ
−Fx Fy cos ϕ
Fx2
)
(5.90)
l’equazione dell’ellisse può essere scritta come
xT · G · x = D2
(5.91)
dove D = Fx Fy sin ϕ.
Si osservi che la lunghezza del semiasse maggiore (minore) dell’ellisse di polarizzazione
è la massima (minina) distanza tra un punto qualunque dell’ellisse e l’origine. Di conseguenza, dette (x, y) le coordinate di un punto dell’ellisse è necessario trovare il massimo
o il minimo della funzione di due variabili g(x, y) = x2 + y 2 con il vincolo che (x, y)
appartenga all’ellisse. In altre, parole il problema di massimizzazione/minimizzazione
vincolata può essere espresso come
(
)
(
)
max xT · I · x
oppure min xT · I · x
con il vincolo
xT · G · x = D2
dove I è la matrice identità. Il problema di massimizzazione/minimizzazione vincolata
può essere ricondotto ad un problema di massimizzazione/minimizzazione libera se si
introduce un moltiplicatore di Lagrange λ che massimizza/minimizza la funzione di due
variabili
(
)
)
1( T
1
D2
D2
f (x, y) = xT · I · x −
x · G · x − D2 = xT · I − G · x −
= xT · H · x −
λ
λ
λ
λ
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
84
la quale è una forma quadratica a coefficienti reali con matrice H simmetrica. Per
ricavare l’equazione che fornisce i massimi e i minimi di f (x, y) è necessario annullare il
suo gradiente
)
(
( T
)
1
∇f = ∇ x · H · x = 2 I − G · x = 0
λ
o equivalentemente
(λI − G) · x = 0
(5.92)
che è un sistema omogeneo che normalmente ha solo la soluzione x = 0. Tale soluzione
però non appartiene all’ellisse, di conseguenza affinchè esso ammetta altre soluzioni è
necessario che λ sia un autovalore della matrice G. Essendo G una matrice 2 × 2, essa
ammetterà due autovalori λi , i = 1, 2, e le corrispondenti soluzioni del sistema (5.92)
non sono altro che i relativi autovettori xi , i = 1, 2. Come è noto, moltiplicando un
autovettore per uno scalare si ottiene ancora un autovettore. Di conseguenza, indicando
con Xi l’autovettore di norma unitaria si ha che tutti gli autovettori sono dati da xi =
βXi . Pertanto, la soluzione del problema di massimizzazione/minimizzazione sarà data
dagli autovettori corrispondenti ai punti dell’ellisse
(
)
xTi · G · xi = β 2 XTi · G · Xi = D2
(5.93)
Considerando inoltre che per ogni autovettore vale la relazione
λi xi = G · xi
o anche
λi Xi = G · Xi
si ha
XTi λi Xi = λi ∥Xi ∥ = λi = XTi · G · Xi
Sostituendo nell’ultima relazione trovata la (5.93) si ottiene
βλi = D2
⇒β=
D2
λi
e quindi l’autovettore appartenente all’ellisse di polarizzazione sarà
|D|
xi = √ Xi
λi
Tale autovettore ha una distanza dall’origine pari a
Fx Fy |sin ϕ|
|D|
|D|
√
∥xi ∥ = √ ∥Xi ∥ = √ =
λi
λi
λi
(5.94)
Essendo G una matrice 2 × 2 i suoi autovalori sono le soluzioni dell’equazione caratteristica
λ2 − tr(G)λ + det(G) = 0
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
85
Osservando che per il caso in esame
tr(G) = Fx2 + Fy2
det(G) = Fx2 Fy2 − Fx2 Fy2 cos2 ϕ = Fx2 Fy2 sin2 ϕ
si ha che l’equazione caratteristica da risolvere è
(
)
λ2 − Fx2 + Fy2 λ + Fx2 Fy2 sin2 ϕ = 0
(5.95)
le cui soluzioni sono
λ1 =
λ2 =
Fx2 + Fy2 +
Fx2 + Fy2 −
√(
√(
Fx2 + Fy2
2
Fx2 + Fy2
)2
)2
− 4Fx2 Fy2 sin2 ϕ
− 4Fx2 Fy2 sin2 ϕ
2
(5.96a)
(5.96b)
Osservando che λ1 > λ2 si avrà che il semiasse maggiore, a, e il semiasse minore, b,
dell’ellisse sono dati, in virtù della (5.94), da
√
2Fx Fy|sin ϕ|
Fx Fy|sin ϕ|
√
=√
a=
(5.97a)
√
λ2
(
)2
2
2
2
2
2
2
2
Fx + Fy −
Fx + Fy − 4Fx Fy sin ϕ
√
2Fx Fy |sin ϕ|
Fx Fy |sin ϕ|
√
=√
b=
(5.97b)
√
λ1
(
)2
2
2
2
2
2
2
2
Fx + Fy − 4Fx Fy sin ϕ
Fx + Fy +
e di conseguenza il rapporto assiale sarà
v
√
u
√
√
u F2 + F2 + (F2 + F2 )2 − 4F2 F2 sin2 ϕ
max(λi )
λ1 u x
y
x
y
x y
a
√(
=
=t
AR = =
)
2
b
min(λi )
λ2
Fx2 + Fy2 − 4Fx2 Fy2 sin2 ϕ
Fx2 + Fy2 −
(5.98)
Nel caso di polarizzazione lineare, essendo valide le (5.87)–(5.89), si ha sempre λ2 = 0 e
perciò il rapporto assiale è infinito. Nel caso di polarizzazione circolare, essendo valide
le (5.84)–(5.85), si ha sempre λ1 = λ2 e perciò il rapporto assiale è pari ad uno.
Dalla relazione che esprime la traccia della matrice G si ricava
(
)
(
)
Fx2 + Fy2 = Fx2 cos2 ϕx + sin2 ϕx + Fy2 cos2 ϕy + sin2 ϕy
(
) (
)
= Fx2 cos2 ϕx + Fy2 cos2 ϕy + Fx2 sin2 ϕx + Fy2 sin2 ϕy
= |Ar |2 + |Ai |2
Considerando invece la relazione che esprime il determinante della matrice G si può
dimostrare che
Fx2 Fy2 sin2 ϕ = |Ar |2 |Ai |2 − (Ar · Ai )2
Ing. Luciano Mescia
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
86
Di conseguenza la matrice
(
L=
|Ar |2
−Ar · Ai
−Ar · Ai
|Ai |2
)
avendo la stessa equazione caratteristica (5.95) può essere utilizzata per calcolare il
rapporto assiale, in quanto possiede gli stessi autovalori di G.
Dalle relazioni (5.97a)–(5.97b) si ricava
)
(
1
1
λ1 + λ2
+
a2 + b2 = Fx2 Fy2 sin2 ϕ
= Fx2 Fy2 sin2 ϕ
λ2 λ1
λ1 λ2
Essendo l’equazione caratteristica (5.95) una equazione di secondo grado, essa gode delle
proprietà
λ1 + λ2 = Fx2 + Fy2
λ1 λ2 = Fx2 Fy2 sin2 ϕ
e quindi sostituendo si ricava
a2 + b2 = Fx2 + Fy2
(5.99)
Una volta fissato il sistema di riferimento cartesiano (x, y), l’ellisse è in generale orientato
in modo che il suo asse maggiore forma un angolo α con l’asse x del sistema di riferimento (vedi Fig. 5.5). Per calcolare bisogna considerare che l’asse maggiore dell’ellisse
è associato all’autovettore, x2 , corrispondente all’autovalore più piccolo λ2 . Pertanto, se
(x2 , y2 ) sono le coordinate del punto di intersezione tra l’ellisse e la retta passante per
l’origine e avente la stessa direzione dell’autovettore x2 , si avrà
tan α =
y2
x2
Ma l’autovettore x2 soddisfa l’equazione vettoriale
(G − λ2 I) · xi = 0
e quindi anche l’equazione
(
)
Fy2 − λ2 x2 − Fx Fy cos ϕ y2 = 0
e quindi
tan α =
Fy2 − λ2
Fx Fy cos ϕ
Si consideri ora l’equivalenza
)
(
2 Fy2 − λ2
2 tan α
tan 2α =
=
(
)2 Fx Fy cos ϕ
1 − tan2 α
(Fx Fy cos ϕ)2 − Fy2 − λ2
Ing. Luciano Mescia
(5.100)
5.7. Fasori del campo elettromagnetico
87
Sviluppando il denominatore si ha
(
)2
(Fx Fy cos ϕ)2 − Fy2 − λ2 = Fx2 Fy2 cos2 ϕ − Fy4 − λ22 + 2λ2 Fy2
[(
)
]
= Fx2 Fy2 cos2 ϕ − Fy4 − Fx2 + Fy2 λ2 − Fx2 Fy2 sin2 θ
= Fx2 Fy2 − Fy4 + λ2 Fy2 − λ2 Fx2
(
)
(
) (
)(
)
= Fx2 Fy2 − λ2 − Fy2 Fy2 − λ2 = Fx2 − Fy2 Fy2 − λ2
e sostituendo si ottiene in definitiva
tan 2α =
2Fx Fy cos ϕ
Fx2 − Fy2
(5.101)
da cui si ricava l’angolo di rotazione
α=
2Fx Fy cos ϕ mπ
1
arctan
+
2
Fx2 − Fy2
2
m = 0, 1
(5.102)
e cioè ci sono due valori per l’angolo α che, differendo di π/2, individuano le due possibili
orientazioni dell’ellisse di polarizzazione.
Il rapporto assiale può anche essere descritto per mezzo di un angolo δ tale che
tan δ =
b
a
Considerando l’ugualianza
sin 2δ =
2 tan δ
2ab
= 2
2
a + b2
1 + tan δ
e le relazioni della somma e del prodotto degli autovalori, si ricava
2Fx2 Fy2 sin2 ϕ
2Fx Fy sin ϕ
(
)=
sin 2δ = √
2
2
Fx2 + Fy2
λ1 λ2 Fx + Fy
(5.103)
o anche osservando che Fx2 + Fy2 = |Ar |2 + |Ai |2 e (Ar × Ai ) · az = Fx Fy sin ϕ
sin 2δ =
2 (Ar × Ai ) · az
|Ar |2 + |Ai |2
Questa equazione può essere utilizzata per individuare il verso di rotazione
{
δ > 0 polarizzazione levogira (LHCP)
δ < 0 polarizzazione destrogira (RHCP)
Ing. Luciano Mescia
(5.104)
(5.105)
5.8. Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza
88
5.7.4 Equazioni di Maxwell in regime sinusoidale
Se il campo elettromagnetico varia con legge sinusoidale, utilizzando le regole di corrispondenza tra le operazioni relative ai campi sinusoidali e quelle dei rispettivi fasori è
possibile esprimere le equazioni di Maxwell in termini di fasori. In particolare, poiché
l’operatore parte reale commuta con l’operatore di derivazione e la dipendenza dal tempo
è contenuta solo nel fattore ejωt , di ha:
I
∫
∫
E · dl = −jω B · dS −
Jm · dS
∇ × E(r) = −jωB(r) − Jm (r) (5.106a)
Γ
S
S
I
∫
H · dl =
(J + jωD) · dS
∇ × H(r) = J(r) + jωD(r, t) (5.106b)
Γ
S
I
∫
D · dS =
ρdV
∇ · D(r) = ρ(r)
(5.106c)
IS
∫V
B · dS =
ρm dV
∇ · B(r) = ρm
(5.106d)
S
V
a cui bisogna associare le leggi di conservazione della carica
∫
∫
jω
ρdV = − J · dS
∇ · J(r) = −jωρ
V
S
∫
∫
jω
ρm dV = − J · dS
∇ · Jm (r) = −jωρm
V
(5.107a)
(5.107b)
S
e le condizioni di continuità
[D2 (r) − D1 (r)] · an = ρs
(5.108a)
[B2 (r) − B1 (r)] · an = ρms
(5.108b)
[J2 (r) − J1 (r)] · an = −jωρs
(5.108c)
[Jm2 (r) − Jm1 (r)] · an = −jωρms
(5.108d)
an × [E2 (r) − E1 (r)] = −Jms
(5.108e)
an × [H2 (r) − H1 (r)] = Jm
(5.108f)
5.8 Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza
Considerando una dipendenza nel tempo più generale tale che il generico campo sia
trasformabile secondo Fourier si ha ad esempio per il campo elettrico:
∫ ∞
1
E(r, ω)ejωt dω
(5.109)
E(r, t) =
2π −∞
Ing. Luciano Mescia
5.8. Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza
89
e quindi, nell’ipotesi che si possano scambiare tra loro le operazioni di derivazione e
integrazione, la legge di Faraday si trasforma in
∫ ∞
1
∇ × E(r, t) =
∇ × E(r, ω)ejωt dω
2π −∞
∫ ∞
∫ ∞
1 ∂
1
jωt
=−
B(r, ω)e dω −
Jm ejωt dω
2π ∂t −∞
2π −∞
∫ ∞
∫ ∞
1
1
=−
jωB(r, ω)ejωt dω −
Jm ejωt dω
2π −∞
2π −∞
da cui, considerando che l’ugualianza tra i due membri deve essere valida per tutte le
frequenze, si ricava
∇ × E(r, ω) = −jωB(r, ω) − Jm (r, ω)
Applicando un ragionamento analogo alle altre equazioni di Maxwell è possibile ricavare
una loro formulazione nel dominio della frequenza
∇ × E(r, ω) = −jωB(r, ω) − Jm (r, ω)
(5.110a)
∇ × H(r, ω) = jωD(r, ω) + J(r, ω)
(5.110b)
∇ · D(r, ω) = ρ(r, ω)
(5.110c)
∇ · B(r, ω) = ρm (r, ω)
(5.110d)
a cui si ossociano le equazioni di continuità
∇ · J(r, ω) = −jωρ(r, ω)
(5.111a)
∇ · Jm (r, ω) = −jωρm (r, ω)
(5.111b)
e le condizioni di continuità
[D2 (r, ω) − D1 (r, ω)] · an = ρs (r, ω)
(5.112a)
[B2 (r, ω) − B1 (r, ω)] · an = ρms (r, ω)
(5.112b)
[J2 (r, ω) − J1 (r, ω)] · an = −jωρs (r, ω)
(5.112c)
[Jm2 (r, ω) − Jm1 (r, ω)] · an = −jωρms (r, ω)
(5.112d)
an × [E2 (r, ω) − E1 (r, ω)] = −Jms (r, ω)
(5.112e)
an × [H2 (r, ω) − H1 (r, ω)] = Jm (r, ω)
(5.112f)
Si osservi che il passaggio nel dominio della frequenza semplifica molto la risoluzione
del problema in quanto le derivate temporali sono sostituite con una moltiplicazione
per jω. Dalla soluzione nel dominio della frequenza (domiio trasformato) è possibile
ricavare la corrispondente soluzione nel dominio del tempo effettuando l’operazione di
antitrasformazione.
Si osservi che le (5.110a)–(5.110d), (5.111a)–(5.111b) e (5.112a)–(5.112f) sono formalmente identiche alle (5.106a)–(5.106d), (5.107a)–(5.107b) e (5.108a)–(5.108f) a meno di
una esplicita dipendenza da ω che nella rappresentazione fasoriale è costante. Di conseguenza, è lecito pensare se la notazione fasoriale sia qualcosa di simile alla trasformata
Ing. Luciano Mescia
5.8. Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza
90
di Fourier di campi sinusoidali. Prima di tutto, bisogna considerare che nonostante la
stessa notazione esiste una differenza sostanziale tra fasori e campi trasformati: i fasori
hanno le stesse dimensioni delle corrispondenti grandezze nel dominio del tempo, mentre le dimensioni dei vettori trasformati si ottengono da quelle nel dominio del tempo
dividendole per la frequenza. Inolte, si può dimostrare che se lo spettro del vettore
trasformato ha modulo e fase costante all’interno di una banda limitata ∆ω, la notazione di fasore può essere vista come una forma abbreviate per effettuare la trasformata
di Fourier. Infine, si precisa che, almeno nel caso lineare, i campi prodotti da sorgenti non sinusoidali possono essere calcolati per mezzo dei fasori dei campi prodotti da
sorgenti sinusoidali. Infatti, basta solamente moltiplicare la soluzione sinusoidale per
lo spettro delle sorgenti e ricavare l’andamento nel tempo effettuando una successiava
antitrasformazione di Fourier.
5.8.1 Permittività e permeabilità complessa
Per un mezzo lineare, omogeneo, isotropo e dispersivo, le relazioni costitutive espresse
dalle (5.41)–(5.42), possono essere riformulate nel dominio della frequenza come
an (jω)n D + . . . + a1 jωD + a0 D = bm (jω)m E + . . . + b1 jωE + b0 E
er (jω)r B + . . . + e1 jωB + e0 B = fs (jω)s H + . . . + f1 jωH + f0 H
cp (jω)p J + . . . + c1 jωJ + c0 J = dq (jω)q E + . . . + d1 jωE + d0 E
e cioè
P (ω) D = Q (ω) E
R (ω) B = S (ω) H
U (ω) J = T (ω) E
da cui
[
]
Q (ω)
E = ϵ′ (ω) − jϵ′′ (ω) E = ϵ (ω) E
P (ω)
[
]
S (ω)
B=
H = µ′ (ω) − jµ′′ (ω) H = µ (ω) H
R (ω)
[
]
T (ω)
J=
E = σ ′ (ω) − jσ ′′ (ω) E = σ (ω) E
U (ω)
D=
dove P, Q, R, S, T, U sono dei polinomi in ω a coefficienti complessi, m ≤ n, s ≤ r, q ≤ p,
ϵ è la permittività complessa associata alle perdite dielettriche e µ è la permeabilità
complessa, σ è la conducibiità complessa. Si osservi che ϵ, µ e σ sono in generale delle
funzioni complesse.
Ing. Luciano Mescia
5.8. Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza
91
Considerando tali equazioni costitutive, le equazioni di Maxwell nel dominio della
frequenza possono essere riscritte come
∇ × E = −jωµ (ω) H − Jm
∇ × H = jωϵ (ω) E + σ (ω) E + J0
∇ · [ϵ (ω) E] = ρ
∇ · [µ (ω) H] = ρm
dove J è la densità di corrente di conduzione, che dipende dall’azione del campo sulle
eventuali cariche libere presenti all’interno del mezzo, e J0 è un dato del problema in
quanto dovuta al movimento di cariche esterne al mezzo. Si osserva che la seconda
equazione può anche essere scritta come
[
]
σ (ω)
∇ × H = jω ϵ (ω) − j
E + J0 = jωϵc (ω) E + J0
ω
dove
ϵc (ω) =
ϵ′c (ω)
−
jϵ′′c (ω)
[
σ (ω)
= ϵ (ω) − j ϵ (ω) +
ω
′
′′
]
(5.113)
è la permittività complessa totale dovuta sia alle perdite dielettriche sia alle perdite di
conduzione. Nel caso di campi stazionari o lentamente variabili e mezzi lineari omogenei,
isotropi è possibile trascurare l’effetto delle derivate temporali e ottenere quindi
)
(
b0
E = ϵ0 ϵ′r − jϵ′′r E
a0
)
(
f0
B = H = µ′r − jµ′′r H
e0
d0
J = E = σE
c0
[
(
σ )]
ϵc = ϵ0 ϵ′r − j ϵ′′r +
ω
D=
(5.114)
(5.115)
(5.116)
(5.117)
dove il pedice r individua la permittività e permeabilità complessa relativa.
Le permittività e permeabilità complessa possono anche essere scritte in coordinate
polari come
ϵc (ω) = |ϵc (ω)| e−jδ(ω) = |ϵc (ω)| cos δ (ω) − j |ϵc (ω)| sin δ (ω)
µ (ω) = |µ (ω)| e−jθ(ω) = |µ (ω)| cos θ (ω) − j |µ (ω)| sin θ (ω)
dove δ (ω) è l’angolo di perdita elettrica e θ (ω) è l’angolo di perdita magnetica. Inoltre,
si definiscono le tangenti di perdita dielettrica e maganetica le quantità
ϵ′′c (ω)
ωϵ′′ (ω) + σ (ω)
=
ϵ′c (ω)
ωϵ′ (ω)
′′
µ (ω)
tan θ (ω) = ′
µ (ω)
tan δ (ω) =
Ing. Luciano Mescia
(5.118)
(5.119)