CAPITOLO 1 I fisici ionici Qual è l’origine delle cose? In volo con Anassimandro di Armando Massarenti solito le storie della filosofia cominciano con Talete. E da Talete inizierà il capitolo in questione. La nostra introduzione, però, parte, per nostra insindacabile decisione, da Anassimandro. Perché proprio lui? Perché è quello che ci permette di togliere un po’ di retorica a certe fumose trattazioni sui cosiddetti presocratici, insieme composito di filosofi che, avendo lasciato solo «frammenti», si possono tirare per la giacchetta un po’ come si vuole, magari rendendoli piú oscuri e misteriosi di quel che sono, e confondendoli con la mentalità magico religiosa dalla quale, da buoni «naturalisti», per lo piú si volevano emancipare. Appaiono, in queste storie, anche un po’ bizzarri. Uno dice che tutto è acqua e che i magneti hanno l’anima (Talete, il maestro di Anassimandro); un altro dice che tutto è aria (Anassimene), un altro ancora, Eraclito, detto l’«oscuro», predilige il fuoco, finché arriva Empedocle che mette tutto insieme e presenta un mondo fatto di terra, aria, fuoco e acqua. Di Empedocle la leggenda narra che morí buttandosi nell’Etna per dimostrare che era un dio, ma, al di là dell’efficacia dell’immagine, chissà su quali evidenze potrà basarsi una prova del genere. Anassimandro, con il suo àpeiron, l’infinito da cui tutti gli esseri avrebbero origine, fa parte della serie, ma è anche colui che ci fornisce il senso piú preciso della rivoluzione culturale che quei primi filosofi misero in atto. Anche della sua vita si raccontano episodi insulsi. Diogene Laerzio dice che una volta, deriso da alcuni bambini mentre cantava, esclamò: «Bisognerà 1. Carlo Rovelli è professore cantare meglio, per via dei bambini». Tra coloro che hanno saputo cantare all’Université de la bene la lezione di Anassimandro, rendendola assai chiara e penetrante, c’è Mediterrané di Marsiglia un fisico, Carlo Rovelli 1, che, grosso modo, ha messo le cose nei termini e professore associato al Dipartimento di Storia seguenti. Il cielo sta sopra e la Terra sta sotto, giusto? Cosí si è sempre e Filosoia della Scienza pensato. E lo vede anche un bambino. Il quale potrebbe chiedere: ma come presso l’Università di fa la Terra a non cascare? C’è qualcosa sotto che la sorregge? Potrebbe Pittsburg. I suoi studi riguardano principalmente esserci, ad esempio, altra terra. Oppure una grande tartaruga appoggiata su la gravità quantistica. un elefante, o delle gigantesche colonne, come dice la Bibbia. Il problema è Di © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 5 sezione 1 Da Talete all’ellenismo ben espresso nella seguente barzelletta. Due amici ingaggiano un dialogo filosofico: «Se Atlante regge il mondo sulle spalle, chi regge Atlante?» «Una tartaruga.» «E chi regge la tartaruga?» «Un’altra tartaruga.» «E chi regge quest’altra tartaruga?» «Mio caro amico, è tutto tartarughe, fino in fondo!» È facile sconfinare nella parodia e nel regresso all’infinito. Eppure questa immagine del mondo, fatto di terra e cielo, con un sopra e un sotto, osserva Rovelli, «è condivisa dalle civiltà egiziana, cinese, maya, dell’antica India e dell’Africa nera, dagli Ebrei della Bibbia, dagli Indiani del Nord America, dagli antichi imperi di Babilonia e da tutte le altre culture di cui abbiamo traccia. Tutte eccetto una: la civiltà greca. Già nel periodo classico, per i Greci la Terra era un sasso che galleggia nello spazio senza cadere: sotto alla Terra non c’è altra terra all’infinito, né tartarughe, né colonne: c’è lo stesso cielo che vediamo sopra di noi. Come hanno fatto i Greci a comprendere presto che la Terra è sospesa sul nulla, e il cielo continua sotto i nostri piedi? Chi lo ha capito e come?» Eccoci dunque al nostro eroe. Anassimandro ha ridisegnato profondamente la mappa del cosmo, sostituendo un cosmo fatto di cielo sopra e Terra sotto, con un cosmo aperto, fatto di una Terra che vola, circondata dal cielo. Una rivoluzione concettuale addirittura piú profonda di quella di Copernico (e poi di Galileo, Newton, Einstein) che ha fatto volare questa terra dal centro del mondo a un’orbita che gira intorno al Sole. La rivoluzione moderna non sarebbe stata possibile senza quella di Anassimandro. Mentre Copernico si avvale di un immenso lavoro concettuale e osservativo svolto dagli astronomi alessandrini e arabi, Anassimandro «si appoggia solo sulle prime domande, sulle prime imprecise speculazioni di Talete, il suo concittadino e maestro, e sui suoi occhi con cui osservare il cielo. Nient’altro». Su questa base cosí esigua egli compie quella che Karl Popper ha definito «una delle idee piú audaci, delle piú rivoluzionarie e delle piú portentose scoperte dell’intera storia del pensiero umano»: la scoperta che la Terra vola in uno spazio aperto. Se a qualcuno non è chiaro che questa scoperta, che a noi può apparire scontata, fa di Anassimandro un gigante del pensiero di tutti i tempi, pensi a come essa permetta di vedere in modo nuovo la geologia, la geografia, la biologia e la meteorologia. Ma soprattutto ebbe l’audacia di dubitare delle certezze dei suoi propri sensi e dei propri maestri, e di cercare un modo alternativo di vedere il mondo e le conoscenze acquisite. Da allora la conoscenza, la scienza, il pensiero, abbandonate le certezze del sapere mitico-religioso, si abbeverano alla fonte del dubbio per compiere i loro piú esaltanti passi avanti, in un processo critico e aperto, che non avrà mai fine. Con Anassimandro non è solo la nostra Terra che ha cominciato a volare, ma anche le nostre idee e la nostra intelligenza. Scuola francese, Talete di Mileto, 1616. Parigi, Biblioteca nazionale di Francia. © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 6 I isici ionici 1 capitolo 1 Talete: com’è iniziato tutto? La prima e piú antica scuola filosofica sorta nell’ambiente ellenico fu quella di Mileto, una città che si trovava sulle coste dell’odierna Turchia e che era al centro di un intenso flusso di scambi commerciali con la penisola greca, l’Impero persiano e l’Egitto. Il primo esponente di questa scuola fu Talete, che meritò il titolo di «piú saggio dei sette sapienti», vissuto con ogni probabilità tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C. Possiamo essere sufficientemente sicuri di questa datazione visto che, secondo la tradizione, riuscí a predire un’eclissi di Sole che ebbe luogo il 28 maggio del 585 a.C.; egli utilizzò questa previsione per convincere i due eserciti, quello della Persia e quello della Lidia, a interrompere la battaglia, interpretando il fenomeno astrale come presagio dell’ira degli dèi. Pare che abbia viaggiato molto, studiando presso i sacerdoti egizi, e questa affermazione troverebbe conferma nel fatto che studiò le piene del Nilo e che si dedicò alla misurazione delle piramidi. Sulla sua vita gli storici greci hanno tramandato diversi aneddoti, come quello riportato da Aristotele secondo il quale, per dimostrare che la filosofia non è inutile, prevedendo una raccolta delle olive particolarmente abbondante, acquistò i frantoi per poi rivenderli a prezzo piú alto, divenendo ricchissimo. Benché Platone descrivesse Talete come un saggio svagato, cosí impegnato a osservare gli astri da finire per cadere in una buca, con ogni probabilità fu molto attivo nella vita politica di Mileto, battendosi perché tutte le città della Ionia si federassero in un’unica lega. Era, inoltre, celebre per opere di ingegneria idraulica (riuscí ad esempio a dividere in due il corso di un fiume in modo da rendere guadabili entrambe le parti) e per le sue conoscenze di geometria e matematica: come abbiamo già accennato, secondo il racconto di Plutarco pare che fosse riuscito a misurare l’altezza delle piramidi confrontando la loro ombra con quella di un bastone. La tradizione gli attribuisce, poi, non solo la formulazione, ma anche una sorta di dimostrazione di quello che ancora oggi è conosciuto come «teorema di Talete», ragione per cui è considerato il primo dei matematici. La domanda che si trova al centro della filosofia di Talete, e con la quale si è soliti cominciare l’esposizione della storia del pensiero occidentale, è molto semplice da formulare: qual è l’origine delle cose? In altri termini, com’è iniziato tutto? La risposta di Talete è altrettanto semplice: l’origine di tutte le cose è l’acqua. Questa risposta appare a prima vista decisamente banale e può far pensare che l’importanza di Talete sia stata decisamente sopravvalutata nel corso dei secoli. In realtà, individuare nell’acqua l’origine del cosmo non è una scelta cosí stravagante come potrebbe sembrare inizialmente. Dell’opera di Talete non resta neanche un frammento, ma, stando a quanto riporta Aristotele, sappiamo che una delle constatazioni da cui aveva sviluppato le sue riflessioni era che ogni cosa viva è umida, segno che contiene acqua. Inoltre, era dell’opinione che la Terra stessa fluttuasse sul mare, come un’enorme zattera, e che, tra l’altro, questo movimento fosse all’origine dei terremoti. Bisogna considerare che, visti gli elementi a disposizione di Talete, queste erano ipotesi perfettamente plausibili; oltretutto, si tratta della prima ipotesi scientifica della quale siamo a conoscenza. La scienza, dopo piú di due millenni, ha riconosciuto che l’intuizione di Talete era in parte giusta: in primo luogo perché la vita sul nostro pianeta è nata negli oceani; in secondo luogo perché la teoria del Big Bang, Una vita ricca di aneddoti Il principio è l’acqua Ogni cosa è umida © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 7 sezione 1 Da Talete all’ellenismo che spiega l’origine dell’universo attraverso un’esplosione originaria, considera l’idrogeno, elemento chimico di cui l’acqua è composta insieme all’ossigeno, uno dei princípi dell’evoluzione dell’universo. Ma la grande importanza di Talete risiede nell’applicazione di un principio che, a tutt’oggi, sta alla base della scienza e della filosofia: quello del riduzionismo. Dire che l’acqua è l’origine del cosmo rappresenta il primo tentativo di cui siamo a conoscenza di spiegare un gran numero di processi differenti utilizzando un solo principio, che è ancora oggi uno dei compiti principali della scienza. È quanto avviene nella fisica, dove ad esempio tutte le proprietà della materia vengono spiegate tramite il comportamento degli atomi. Senza l’idea che un gran numero di fenomeni complessi e apparentemente molto diversi tra loro possa essere spiegata utilizzando un principio comune, tutti i nostri strumenti e la nostra tecnologia sarebbero inutili. Per usare una metafora informatica, Talete ha per primo utilizzato quel software che ha reso possibile lo sviluppo del nostro attuale hardware tecnologico. Se oggi siamo in grado di spiegare le caratteristiche di un materiale mediante le proprietà degli atomi che lo compongono o le differenze dell’aspetto delle persone grazie al DNA, lo dobbiamo anche all’opera di Talete e dei suoi successori. Nel caso di Talete una serie di fenomeni misteriosi, come l’origine dell’universo o la possibilità della vita, vengono spiegati ricorrendo a un elemento osservabile e quindi studiabile, ovverosia l’acqua. Se l’ipotesi di Talete fosse stata giusta, noi avremmo compreso tutti quei fenomeni che prima ci apparivano inesplicabili semplicemente studiando le caratteristiche dell’acqua. Come si vede, la forza del riduzionismo, e il suo fascino da un punto di vista teorico, consiste nel rendere piú semplice la nostra visione del mondo e nel fornire una spiegazione comune a molti fenomeni che altrimenti resterebbero misteriosi. Ma, come in ogni riduzione, ovviamente si perde qualcosa: per questo motivo il riduzionismo non deve essere considerato come una sorta di bacchetta magica capace di risolvere tutti i problemi. Anzi, proprio perché è uno strumento potenzialmente cosí utile, oltre a essere alla base di molti dei piú importanti progressi scientifici, esso può anche essere fonte di gravi errori. Senza voler anticipare troppo temi che affronteremo in seguito, bisogna considerare che alcuni pensatori ritengono che il riduzionismo sia un limite della scienza in quanto, per trovare spiegazioni semplici, ignorerebbe la vera complessità dei fenomeni, specie per quanto riguarda l’animo umano. Inoltre bisogna tenere a mente che, se una riduzione esatta può far progredire enormemente la nostra conoscenza del mondo, una riduzione errata può portare a conseguenze gravi; basti pensare ad esempio a quanto accadde nell’Ottocento, quando, tentando di ridurre le caratteristiche mentali e intellettuali dell’individuo alle sue caratteristiche fisiche, si gettarono le basi delle teorie razziste fatte proprie dal nazismo. Insomma, si può discutere, e si è discusso a lungo, se quello di Talete sia un merito o una colpa, ma non il suo ruolo di capostipite. Abbiamo detto che Talete è il primo a cercare di trovare un solo principio in grado di dare conto della realtà. Alla base di un simile progetto di ricerca sta la convinzione che l’universo sia «cosmo», (kòsmos, kovsmo~) ovverosia un ordine, che può essere compreso facendo affidamento sulle sole capacità intellettive dell’essere umano. Questo è il motivo per cui i pensatori greci, contrariamente ai grandi pensatori di altre tradizioni culturali, non hanno bisogno di un’illuminazione divina per spiegare la realtà, la quale può essere compresa grazie alla ragione. Dunque, non è piú centrale negare l’esistenza delle divinità (cosa che, come Il primo ad applicare il riduzionismo Riduzionismo Atteggiamento epistemologico che, come vedremo approfonditamente nel box Meriti e limiti di questo capitolo, tenta di spiegare un insieme di fenomeni complessi facendo ricorso a delle cause piú semplici, che vengono considerate alla base. I limiti del riduzionismo L’universo è ordine © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 8 I isici ionici capitolo 1 vedremo tra breve, con ogni probabilità non era intenzione di Talete e dei suoi successori), quanto, piuttosto, ridefinire il loro ruolo nella formazione delle conoscenze umane. Ora, anche la decisione di quale elemento porre a fondamento e origine La «rivoluzione» del cosmo è di fondamentale importanza, e la scelta dell’acqua è estremamen- della scelta dell’acqua: te rivoluzionaria per un uomo vissuto piú di 2500 anni fa, per quanto a noi pos- un principio isico sa non sembrare piú tale. Infatti Talete, indicando l’acqua, sceglie un principio puramente fisico; non a caso Talete e i filosofi che si rifanno a lui sono noti con il nome di «fisici ionici», ovverosia studiosi della natura. Cosí Talete può anche essere considerato il capostipite di una lunga serie di pensatori che, applicando il riduzionismo, hanno ipotizzato che tutta la realtà potesse essere spiegata facendo ricorso alla materia, e che, non a caso, vengono chiamati «materialisti». Questo punto ci permette di capire ancora meglio come Talete fornisca al problema dell’origine delle cose una risposta radicalmente diversa da quella delle mitologie e delle religioni. Basta considerare, ad esempio, la differenza tra le riflessioni di TaNatura lete e il racconto della Genesi biblica, in cui viene narrata Termine che nel linguaggio comune ha assunto una varietà di signiicati differenti. Nella sua accezione la storia della creazione secondo la tradizione ebraicoilosoica, attribuibile ai isici ionici, il termine phỳsis, cristiana, che sarebbe avvenuta dal nulla, in sette giorni e (fuvs i~) deriva dalla radice phỳo, che signiica grazie all’intervento diretto della divinità. In altri termini, propriamente «divenire», «trasformarsi», e indica egli non si chiede perché esistano le cose o quali fossero che ciò che diviene e si trasforma già esiste e non è le intenzioni di chi le ha create, ma che cosa le ha create creato. Lo stesso signiicato ha il latino io; in questo senso, si differenzia dalla parola latina natura, che e come ciò sia avvenuto: la stessa identica domanda che invece deriva da nascor, «nascere dal nulla». oggi si pongono gli astrofisici che si interrogano sulla creazione dell’universo. È significativo notare che, per quanIlozoismo Dal greco hỳle, «materia», e zoè, «vita», il termine to fosse considerato il piú saggio dei sette sapienti, nessuindica ogni dottrina che sostenga che la materia sia no dei suoi commentatori lo dipinga come illuminato dadi per se stessa, cioè senza ricorso ad alcun principio gli dèi e che la sua conoscenza venga sempre presentata esterno, animata, dotata quindi di movimento e come frutto dei suoi viaggi e dei suoi studi, e non della cosensibilità. municazione con le divinità, come invece accade per buona parte dei grandi sapienti prima di lui. Non che Talete, a quanto sappiamo, volesse negare l’esistenza degli dèi. Sappiamo da un commentatore di Platone che Talete riteneva il mondo animato, e che non solo non negava l’esistenza degli dèi, ma sosteneva che ogni cosa fosse piena di divinità. Lo stesso Aristotele (▶ cap. 9) notava una probabile derivazione delle tesi di Talete dai miti per cui Oceano e Teti, divinità marine, erano all’origine della creazione, come riportato anche nell’Iliade. Benché non sia facile fare ipotesi sulla base dei pochi elementi disponibili, è Tutto è vivo plausibile che Talete ritenesse che l’acqua fosse il principio vitale e che, visto che tutto era composto d’acqua, tutto fosse in qualche maniera vivo. Questa convinzione è nota tra gli storici della filosofia con il nome di «ilozoismo». Per avvalorare la sua ipotesi, sosteneva che la capacità, propria di materiali come l’ambra e la magnetite, di respingere o attrarre altri oggetti fosse indice del fatto che possedessero un’anima. 2 Anassimandro: che cos’è l’àpeiron? Allievo di Talete e secondo esponente della scuola di Mileto fu Anassimandro, in base alla tradizione nato nel 610 a.C. e morto nel 545 a.C. Come per Talete, an© G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 9 sezione 1 Il principio è l’àpeiron Come i mondi stanno sospesi nel vuoto Un principio materiale e insieme divino? Uno studioso dei fenomeni naturali Da Talete all’ellenismo che a lui si attribuiscono molte scoperte, tra cui quella dello gnomone (ovverosia del sistema di misurazione dell’ora tramite l’ombra di un bastone infisso nel terreno) e il disegno della prima carta geografica. Pare sia stato anche il primo a chiamare il principio di tutte le cose «archè» (ajrchv), «inizio», termine che poi entrerà stabilmente nel lessico filosofico. Contrariamente a Talete, aveva scritto un’opera, Sulla natura, di cui non ci restano che cinque frammenti. La domanda che si pone Anassimandro è la stessa che è al centro del pensiero di Talete, ovverosia: qual è l’origine delle cose? Anissimandro, tuttavia, obietta al maestro che, se il principio iniziale fosse un elemento esistente ancora oggi, non si capirebbe la formazione degli altri elementi. Per fare un esempio, l’acqua avrebbe spento qualsiasi fuoco, se ci fosse stata solo terra non sarebbe potuta esistere l’aria e cosí via. Per questo motivo postulava l’esistenza di un elemento originario chiamato «àpeiron» (ajpeivrwn) ovvero «illimitato, indeterminato», definito come eterno e «insenescente», ovverosia che non invecchia mai. Da questo elemento primordiale si sarebbero generate tutte le cose, «col distaccarsi dei contrari nel corso dell’eterno movimento» (Simplicio, Phisica, in I Presocratici, Milano, Rizzoli 1991, pag. 131). Poiché la materia originaria era priva di limiti, anche i mondi che erano stati generati erano infiniti. Aveva anche trovato una spiegazione ingegnosa di come i mondi potessero restare sospesi nel vuoto, che, fra l’altro, non è molto lontana da quella data dagli scienziati odierni: i pianeti non possono cascare verso nessuno dei bordi del cosmo perché questo, essendo illimitato, non ha bordi. Da questa considerazione possiamo evincere anche un’altra obiezione che era stata posta alla teoria di Talete, ovverosia: dove poggia l’acqua che ha generato l’universo, e perché la terra non affonda? Anassimandro sembra rispondere che l’universo non poggia su niente, perché non ha limiti in alcuna direzione. Anassimandro pone dunque come origine delle cose un principio materiale, ma eterno e incorruttibile, e che secondo Aristotele era identificato con la divinità. Afferma inoltre che le cose nascono e muoiono «perché pagano l’una all’altra […] giusta pena ed ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizione del tempo», e con queste parole sembra postulare che ci sia un ordine morale che governi l’universo. Questa sua identificazione dell’origine delle cose con un principio divino è stata vista come un passo in avanti nello sviluppo della filosofia, perché prendeva in considerazione un lato spirituale che il suo maestro non aveva giustamente valorizzato. Su questo punto bisogna però essere molto cauti, visto che forse, come Talete, anch’egli considerava la natura nel suo complesso come animata. Bisogna inoltre considerare che i suoi commentatori, con l’eccezione del fugace riferimento di Aristotele, non ci hanno tramandato nient’altro sulle sue opinioni riguardo gli dèi. Su quanto, dunque, l’eterno e insenescente àpeiron potesse essere considerato come una divinità creatrice vera e propria, non è possibile dare un giudizio alla luce dei pochi frammenti giunti fino a noi. Quello che è certo è che la concezione di Anassimandro ha avuto una grande influenza sui pensatori successivi, e in particolar modo su Senofane ed Eraclito. Ciò che, invece, i suoi commentatori ci hanno approfonditamente tramandato, è che fu molto attivo come studioso dei fenomeni naturali. Riteneva che la Terra avesse la forma di un cilindro, come se fosse una colonna di pietra, e che gli uomini abitassero in una delle due estremità. Formò ipotesi sui fenomeni atmosferici come i tuoni, i lampi e i venti. Sulla scia di Talete, riteneva che tutti gli esseri viventi discendessero dai pesci, e che questi fossero stati generati dalla terra e dall’acqua, scaldate dal fuoco del Sole. Notando che gli uomini erano gli unici © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 10 I isici ionici capitolo 1 tra gli esseri viventi a non essere autosufficienti per lungo periodo dopo la nascita, ipotizzò che i primi esseri umani fossero cresciuti all’interno di pesci e che poi, una volta adulti, fossero approdati sulla terraferma. Era inoltre convinto che il Sole, la Luna e gli astri fossero dei cerchi di fuoco, fatti come delle ruote. Quest’ultima convinzione, per quanto a noi sembra banale, è in effetti stupefacente se si considera che è stata sostenuta da un uomo che viveva in una società in cui praticamente tutti erano convinti che i corpi celesti fossero delle divinità, o comunque che fossero degli esseri viventi. Lo stesso Strumento astronomico di Anassimandro, disegno tratto dalla Histoire du ciel, 1872. si può dire della teoria sulla generazione degli uomini, che, benché possa far sorridere per la sua ingenuità, rappresenta il primo tentativo di spiegare in termini di evoluzione, e non di creazione, l’origine dell’uomo. Ancora una volta si vede come il ruolo dei pensatori milesi sia stato quello di iniziare un filone di pensiero che si distaccasse dalla tradizione magica e religiosa che li aveva preceduti. 3 Anassimene: perché ogni cosa si genera dall’aria? L’ultimo pensatore dell’ambito di Mileto è Anassimene. Fu allievo di Anassimandro e sembra sia vissuto tra il 588 a.C. e il 528 a.C. È generalmente considerato un pensatore meno originale di Talete e di Anassimandro; la sua risposta circa l’archè è che l’origine delle cose sia l’aria. Alla base della sua teoria stava probabilmente l’identificazione dell’aria con il soffio vitale, che, non a caso, in greco veniva chiamato psychè (yuchv) e indicava tanto il respiro quanto l’anima. Probabilmente per rispondere all’obiezione posta da Anassimandro a Talete per cui un solo elemento non avrebbe potuto generare gli altri, aveva sviluppato una teoria per cui l’aria rarefacendosi diveniva fuoco e condensandosi si trasformava in nuvole e quindi in acqua, in ghiaccio e, infine, in terra e pietra. Anche alla base di questa ipotesi, oltre a considerazioni atmosferiche per cui dal cielo (e quindi dall’aria) provengono acqua e ghiaccio, c’è una constatazione sulla temperatura del respiro: questo, infatti, è caldo quando viene emesso lentamente e freddo quando viene espulso velocemente soffiando. Per Anassimene ciò dipendeva dalla rarefazione dell’aria: il respiro era caldo quando era rarefatto e, attraverso un’ulteriore rarefazione, si sarebbe ottenuto il fuoco. Viceversa il vento comprimeva l’aria generando le nubi e tale fenomeno aveva dato origine agli altri elementi. A quanto pare di capire, la sua opinione era che all’inizio ci fosse solo aria, e che questa fosse priva di limiti; poi, per via del movimento, che considerava eterno, da questa avevano avuto origine tutti gli altri elementi. Uno dei suoi commentatori precisa però che, sebbene Anassimene sia l’unico per cui abbiamo testimonianza di una teoria del genere, molto probabilmente anche Talete e Anassimandro avevano sviluppato una teoria per la generazione degli elementi basata sulla rarefazione e sulla condensazione. Un’altra esposizione del suo pensiero ci fornisce un’ulteriore e preziosa indicazione circa la visione del cosmo dei primi filosofi greci, specificando come Anas- Il principio è l’aria L’aria creatrice di tutto, anche degli dèi © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 11 sezione 1 Da Talete all’ellenismo Rubrica di filosofia minima Morto che parla di Armando Massarenti T elegiornali e giornali nazionali, tra cui anche i piú seri, hanno dato la notizia della «medium che ha fatto scoprire il cadavere della ragazza nel lago» mettendosi direttamente in contatto con lei. Ebbene, a nessuno dei professionisti dell’informazione che hanno scritto o parlato del caso sembra sia venuto in mente di far presente ai lettori o agli ascoltatori che ovviamente si tratta di un’assurdità. Anzi, di un classi- co imbroglio (peraltro facilmente smascherabile, perché le informazioni per localizzare il cadavere erano già disponibili a tutti, come ha mostrato prontamente, inascoltato, il CICAP1). Domanda: sarebbe stato loro dovere farlo, o dire una cosa cosí ovvia sarebbe un imperdonabile atto di paternalismo, un insulto a lettori-ascoltatori che si dovrebbe presumere non siano cosí stupidi da credere a maghi o veggenti? 1. Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale. ITI La scuola di Mileto I ME R La spiegazione dei fenomeni naturali simene ritenesse che l’aria avesse creato tutto, compresi gli dèi e le cose divine. Dunque, come per i suoi predecessori, è plausibile sostenere che Anassimene credesse all’esistenza degli dèi, ma credesse altresí che questi fossero stati generati come tutte le altre cose; convinzioni queste perfettamente in linea con quelle esposte nelle cosmogonie greche, in cui non c’è una divinità creatrice all’origine del cosmo. In una delle molte versioni Erebo, la notte eterna, viene fecondata dal vento e partorisce l’Uovo cosmico, da cui sono state generate tutte le cose. Qui possiamo individuare echi tanto della tesi di Anassimandro, per cui l’universo è generato da un’unità originale (l’uovo, in questo caso), quanto il vento come forza generatrice che sta al centro della filosofia di Anassimene. Ancora una volta, vediamo come il pensiero dei primi filosofi greci sia nato dal distaccarsi dal pensiero religioso ma anche di come sia strettamente connesso con tematiche provenienti dall’ambito mitico, di cui in alcuni casi possono essere considerate rielaborazioni. Contrariamente ad Anassimandro, Anassimene riteneva che la Terra e gli astri fossero piatti e che le stelle, la Luna e il Sole girassero intorno alla terra: il tramonto e l’alba dipendevano dal fatto che il disco della terra era piú alto verso nord e piú basso a meridione. L’ultima sua teoria di cui abbiamo notizia è quella secondo la quale i terremoti erano generati dal disseccarsi della Terra a causa del Sole. Anassimene, a quanto ci è stato tramandato, è l’ultimo dei pensatori della scuola di Mileto. L’eredità di questi pensatori, tuttavia, oltre a essere giunta fino a noi, serví da spunto per altri pensatori di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli. G IT li accenni del ragionare dei fisici ionici che sono giunti fino a noi e sono stati punti di partenza per i filosofi posteriori possono essere considerati i concetti di riduzionismo, olismo ed evoluzione. Il riduzionismo tenta di comprendere una serie di fenomeni complessi riducendoli a poche cause piú LIM semplici, focalizzando l’attenzione su un aspetto particolare ed eliminando gli altri elementi come irrilevanti. In questo senso, pur nella ingenuità primordiale, Talete, Anassimandro e Anassimene erano giunti all’idea che molti fenomeni complicati della vita quotidiana potessero essere spiegati sulla base di un principio semplice e universale: tutto è acqua, tutto è © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 12 I isici ionici àpeiron, tutto è aria. Certamente essi si fermarono al piano qualitativo della questione, ma fecero tuttavia da «apripista» a un lavoro mentale che oltre duemila anni dopo culminò con Newton (▶ vol. II), il quale riuscí a spiegare il moto dei pianeti, le maree, le mele che cadevano, la luce proponendo delle leggi matematiche del moto e della gravitazione. Da Newton al XXI secolo, i fenomeni che siamo in grado spiegare sono aumentati di numero e, nel contempo, sono diventate piú semplici e universali le teorie utilizzate per raggiungere tale obiettivo. Il riduzionismo, poi, esiste in vari settori: oltre che in fisica e in matematica, anche nell’ambito della filosofia, del diritto, della biologia. In riferimento a quest’ultimo campo, quello della biologia, è opportuno rammentare Francis Crick (1916-2004), premio Nobel per la fisiologia e medicina, che ha scoperto, insieme con l’americano James Watson, la struttura a doppia elica del DNA, e ha preteso di spiegare la coscienza umana attraverso lo studio di ogni singolo neurone. L’olismo (dal greco òlos, o{lo~, «che forma un tutto, intero») è la posizione generalmente ritenuta opposta al riduzionismo. Con l’olismo si afferma che ogni singolo fenomeno possa essere compreso solo se considerato in rapporto all’intera realtà, come una tessera di un mosaico acquista il suo significato solo se inserita all’interno della totalità dell’opera. Visto che in molti casi è impossibile conoscere tutta la realtà, i pensatori che adottano questo tipo di approccio spesso giungono alla conclusione che c’è una parte del cosmo e di noi stessi che è destinata a restare misteriosa, in quanto va oltre la possi- capitolo 1 bilità stessa della comprensione umana. Questo modo di pensare, al di là del pensiero magico, ha trovato molte importanti applicazioni nella storia della filosofia e, in alcuni casi, nella stessa scienza, come vedremo anche tra breve esaminando gli sviluppi del pensiero greco. Un esempio classico di struttura olistica è l’organismo biologico: un organismo vivente non può essere considerato soltanto una somma di parti, ma d’altra parte nemmeno un’automobile o un qualunque macchinario potrebbe esserlo, dato che la sua funzionalità non sta nelle singole parti che lo compongono, ma nell’unità che esso rappresenta. Il termine olismo è stato coniato dal filosofo sudafricano Jan Smuts (1870-1950), il quale ha utilizzato le seguente definizione: «...la tendenza, in natura, a formare interi che sono piú grandi della somma delle parti attraverso l’evoluzione creativa». Quando Talete, Anassimandro e Anassimene individuano nel principio unico, l’archè, la sostanza che regola l’intero universo, le attribuiscono un senso tale per cui non coincide con la realtà concreta, ma con quel «qualcosa» che dà vita al tutto. Come abbiamo visto, Anassimandro esprime, seppur in forma ingenua, una descrizione del passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre in termini di evoluzione. Questa concezione – che avrebbe avuto fondazione scientifica (ma anche suscitato fortissime opposizioni, soprattutto negli ambienti religiosi) nel corso dell’Ottocento con le distinte teorie di J.B. de Lamarck e di Charles Darwin (▶ vol. II) – anticipa di molti secoli l’idea che le specie si adattino in maniera graduale all’ambiente in cui vivono. Esercizi Domande di comprensione 1 2 3 4 5 Qual è l’origine delle cose secondo Talete? Perché Talete, Anassimandro e Anassimene vengono chiamati «fisici ionici»? Che cos’è l’àpeiron? Quali sono le sua caratteristiche? Che forma aveva la Terra secondo Anassimandro? Secondo Anassimene esistevano gli dèi? Se sí, erano stati generati o no? Strumenti messi in pratica 6 Oltre a mente/cervello, individua altre coppie di termini che potrebbero essere oggetto di una riduzione materialistica. © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 13 I isici ionici capitolo 1 Esperimento mentale L’avatar superintelligente Occorrente: un soggetto virtuale come quelli dei film di fantascienza N el corso dell’esposizione del pensiero di Talete, abbiamo parlato di ricondurre ogni aspetto della realtà al concetto di materia: anche la mente umana può esservi inclusa. L’esempio non è scelto a caso, perché alcuni filosofi davvero ritengono che la mente e le emozioni possano identificarsi con l’attività del cervello: tutto quello che pensiamo e sentiamo non sarebbe altro che il risultato dell’attività dei neuroni. È un’ipotesi molto plausibile e, per metterla alla prova, condurremo un piccolo esperimento mentale: immaginiamo di avere un avatar superintelligente, l’ibridazione biotecnologica di un essere umano come i protagonisti del film di James Cameron Avatar (2009). Un soggetto del genere non avrebbe un cervello, almeno non nel senso in cui lo ha un essere umano: immaginiamo che abbia dei circuiti molto complessi o quello che si vuole, ma che non abbia un organo fatto di neuroni. La domanda è: questo avatar avrebbe una mente? Dopo aver compiuto l’esperimento, ci troviamo di fronte a due alternative: o si conclude che l’avatar non abbia una mente, e che quindi non sia possibile costruire una macchina che pensi o che abbia emozioni; oppure significa che la mente non è il cervello, ma sono due cose diverse, come dimostrerebbe il fatto che un robot o un computer, pur non avendo un cervello, potrebbero avere delle facoltà mentali. Quali di queste due ipotesi ti sembra piú plausibile, e perché? Riusciresti a inventare un altro esperimento o a formulare un argomento per dimostrare che l’alternativa che hai scelto è quella giusta o che l’altra è sbagliata? Alla luce di quanto detto fino a ora, che cosa dimostrerebbe questo esperimento? L’ipotesi che la mente possa essere ridotta al cervello ne esce rafforzata o indebolita? Nel secondo caso, come è possibile riformularla per sfuggire all’obiezione posta dal nostro esperimento? Letture per stimolare la discussione Il miglior modo di approcciare alla filosofia dei fisici ionici è quello di rapportarsi direttamente con i frammenti a nostra disposizione, raccolti in I Presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete a Empedocle, a cura di A. Lami (Rizzoli, Milano 1995) o nell’edizione utilizzata nelle Pagine per appassionarsi. Bibliografia ragionata Lo studioso Antonio Gargano introduce tutti e tre i pensatori milesi sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: http://www.iisf.it/scuola/int_fil_greca/talete_a_a.htm. Per chi conosce la lingua inglese, interessante potrebbe rivelarsi sia la lettura della voci dedicate a Talete e ad Anassimandro dalla Internet Encyclopedia of Philosophy, rispettivamente su http://www.iep.utm.edu/thales/ e http://www.iep.utm. edu/anaximan/, sia dei diversi frammenti presenti su http://history.hanover.edu/texts/presoc/thales.htm (siti visitati nell’aprile 2011). Sul web © G. D'Anna Casa editrice. Vietate la riproduzione e la diffusione 15