Le emozioni a cura di Roberta Casadio Secondo Scherer (1984), il termine “stati affettivi” comprende diverse condizioni, incluse “risposte allo stress”, “emozioni”, “umore” e “altri impulsi motivazionali”. Questi termini sono differenziati sia concettualmente che empiricamente (Amstader, 2008). Le emozioni sono un tipo di stato affettivo specifico, sono elicitate da uno stimolo (interno o esterno) saliente agli scopi dell’individuo (Gross & John, 1995), e hanno una temporalità relativamente breve. Generazione e regolazione delle emozioni: E’ oggi riconosciuto come le emozioni siano generate in diversi modi, che possono andare da un inaspettato incontro con un oggetto che spaventa, ad una conclusione a cui si è arrivati dopo l’interpretazione di una interazione sociale complessa. Tipicamente, quando le emozioni insorgono, coinvolgono sia aspetti bottom-up, cioè l’attivazione di circuiti in risposta alle caratteristiche percettive di uno stimolo, che top-down, in risposta alla valutazione cognitiva di un evento-stimolo (McRae et al, 2011, Gyurak et al., 2011; Koole et al., 2011). I dati fMRI suggeriscono che i processi di generazione bottom-up dell’emozione, che sono quelli più veloci e ancestrali dal punto di vista evolutivo, comprendono le zone del cervello più remote quali l’amigdala e la corteccia occipitale, che sono implicate nella detenzione di informazioni affettivamente salienti e nella modulazione della loro registrazione in memoria (LeDoux, 2000). Dall’altro lato, processi top-down di generazione dell’emozione comprendono le vie più alte che elaborano il significato emozionale degli stimoli ed esperienze; in questo caso, le regioni principalmente coinvolte sono quelle prefrontali (es. corteccia prefrontale mediale) che sono implicate nel controllo cognitivo delle emozioni (Ochsner et al. 2009). Izard (1993) fornisce evidenze per un modello gerarchico e multi-sistemico di attivazione dell’emozione dove sistemi neurali, senso-motori, motivazionali e cognitivi attivano le emozioni. In linea temporale i sistemi neurali e sensomotori partecipano alla generazione delle emozioni prima dei sistemi motivazionali, i quali precedono a loro volta quelli quelli cognitivi, anche se dal punto di vista funzionale non esiste una netta separazione tra di essi. In modo similare, LeDoux, (1987) fornisce evidenze a supporto di differenti percorsi neurali che sono coinvolti nella generazione di emozioni e differenzia una via sottocorticale da una corticale.1 Le varie componenti coinvolte nei processi generativi emozionali, agiscono in maniera coordinata e interdipendente per allontanare o avvicinare un individuo ad un determinato esito (i.e. Lang., 1998). La funzione regolatoria delle emozioni non deriva da aree del cervello separate da quelle che sono coinvolte nella generazione delle emozioni (Davidson, 1998) ma ciò che è essenziale per la funzione regolatoria delle emozioni è la grande quantità di feedback reciproco inviato tra tutte le componenti in interazione (Gray, 2004). 1 Nonostante la proliferazione di teorie ed evidenze scientifiche che supportano diverse vie di attivazione delle emozioni, ancora manca una teoria omni-comprensiva, che integri anche altri aspetti del funzionamento dell’organismo. La teoria del grande network (vedi cap.) rappresenta una esposizione innovativa, esaustiva e comprensiva, del funzionamento dell’intero organismo nel processo di generazione (e regolazione) dell’emozione. Particolarmente negli umani, uno stesso stimolo, endogeno o esogeno, attiva percorsi neurali corticali e sottocorticali, che sono interagenti e interdipendenti (Bechara, 2007; Etkin et al., 2011). Tuttavia, è necessario specificare che il processo di generazione di una emozione è generalmente caratterizzato da una predominanza di attivazione bottom-up o top-down (Ochsner, et al., 2009), e questo influenza anche l’efficacia con lui le emozioni sono regolate. E’ stato infatti dimostrato in uno studio di McRae et al. (2011) che le emozioni generate da processi top-down (es. mediati da una interpretazione), sono meglio regolate da strategie di regolazione dello stesso tipo (top-down), come il “re-appraisal”. Utilizzare una tecnica top-down nelle situazioni in cui la emozione è generata da processi bottom-up (es. presentazione di uno stimolo percettivamente spaventoso) ha l’effetto paradossale di incrementare l’attività dell’amigdala e quindi di sfavorire il processo di regolazione. Questa connessione intrinseca tra generazione e regolazione delle emozioni crea dei confini sfumati laddove non esiste una netta separazione tra una funzione e l’altra. La regolazione delle emozioni Nonostante negli ultimi anni ci sia stata una proliferazione della letteratura scientifica a proposito di regolazione emozionale, ancora oggi non è chiaro se con questo termine ci si riferisca specificatamente alla funzione regolatoria che le emozioni esercitano su altri processi, oppure a come le emozioni siano regolate da altri processi. Segue quindi una breve illustrazione di come queste due funzioni seppur separate, siano intrinsecamente legate e fondamentali nel corretto funzionamento dell’organismo. Le emozioni regolano: Le teorie funzionaliste sulla regolazione emozionale enfatizzano il modo in cui le emozioni possano facilitare l’adattamento all’ambiente favorendo la preparazione di rapide risposte comportamentali (Tooby & Cosmides, ; Frijda, 1986), la presa di decisione (Oateley & Johnson-Laird, 1987), i processi cognitivi e attentivi (Mineka et al. 2003; Damasio, 1994), la registrazione in memoria di eventi significativi (Phelphs, 2006) e fornendo informazioni aggiornate riguardo la corrispondenza tra l’organismo e l’ambiente circostante (Schwartz & Clore, 2003). Le emozioni hanno anche delle funzioni regolatrici sociali (Keltner & Kring, 1998); esse infatti forniscono informazioni sulle intenzioni degli altri (Fridlund, 1994), sulla bontà di una data situazione (Walden, 1999), scritturano i nostri comportamenti sociali (e.g. Averill, 1980) e utilizzano rappresentazioni mentali esistenti come script per agire in situazioni socialmente simili (Bargh & Williams, 2007). Altre teorie si concentrano su come la regolazione esercitata dalle emozioni sia comprensibile in termini edonistici. Secondo la Regulatory Focus Theory (i.e. Higgins, 1997), le persone sono guidate dalle emozioni ad evitare il dolore e ricercare piacere. Il sistema di autoregolazione in questa cornice teorica è inteso come un insieme di processi psicologici che guidano i comportamenti diretti ad un obiettivo, e sono riassumibili in due sistemi motivazionali contrapposti (Carver & Scheier, 1990). Il primo (Sistema di Promozione) consiste nella spinta dell’individuo al raggiungimento un obiettivo desiderabile, il secondo (Sistema di Prevenzione), consiste nella tendenza a prevenire un possibile errore o un esito negativo. Sebbene questi due sistemi condividano alcune somiglianze con il Behavioral Activation System/Behvioral Inhibition System (BAS/BIS), questi ultimi non incorporano certi aspetti cognitivi della tendenza a perseguire uno scopo, come ad esempio, le complesse rappresentazioni mentali dell’esito ricercato (Eddington et al. 2007; Strauman & Wilson, 2010). Quando il Sistema di Promozione è attivo, perseguire un obiettivo significa agire per far si che accada un qualcosa di desiderato, e la percezione del progresso è associata ad un’emozione simile alla gioia. Al contrario, perseguire un obiettivo quando il Sistema di Prevenzione è attivo, consiste nell’evitare un esito indesiderato; poiché l’obiettivo in questo caso è evitare errori piuttosto che massimizzare i progressi, gli stimoli salienti sono quelli che indicano un potenziale rischio o pericolo e la emozione associata alla percezione del raggiungimento dell’obiettivo è simile al sollievo. L’attivazione di un Sistema o l’altro, determina quindi il modo in cui un soggetto percepisce, agisce, e persegue lo scopo (Mennin & Fresco, 2009). Secondo la Regulatory Fit Theory la forza con cui l’individuo si mobilita verso o lontano da un determinato esito, non è solo influenzata dalle proprietà edoniche di quell’oggetto (piacevole vs. spiacevole), ma anche da una situazione di “Fit” inteso come la corrispondenza tra il tipo di obiettivo e il modo in cui lo si cerca di raggiungere (Forster et al., 1998). In uno studio Higgins et al. (2003) viene utilizzato un campione di studenti per analizzare come le emozioni potessero influenzare i giudizi. Il campione di soggetti doveva scegliere tra una tazza per il caffè e una penna. La presa di decisione venne manipolata creando due condizioni: a metà dei partecipanti venne detto cosa avrebbero guadagnato scegliendo l’oggetto giusto (eager strategy), e agli altri soggetti cosa avrebbero perso scegliendo l’oggetto sbagliato (vigilant strategy). I partecipanti con un Sistema di Promozione attivo erano in una condizione di fit nella condizione di presa di decisione proattiva (Eager strategy: prendevano una ricompensa per aver scelto la tazza giusto) e in una condizione di non-fit se cadevano nella modalità di presa di decisione vigliante (Vigilant strategy: punizione per aver scelto l’oggetto sbagliato); le persone con un Sitema di Prevenzione attivo erano in una condizione di fit quando veniva utilizzata una strategia basata sulla vigilanza e in una condizione di non-fit nella presa di decisione proattiva. I risultati mostrano che i partecipanti nella condizione di fit davano un prezzo significativamente più alto alla tazza che i partecipanti in una condizione di non fit. Le emozioni sono regolate: La regolazione emozionale in questi termini è intesa come l’insieme di processi attraverso cui gli individui influenzano quale emozione esperire, in che momento e come esprimerla all’interno di un continuum che va da una regolazione inconscia, involontaria e automatica fino ad una regolazione conscia, volontaria e controllata (Shiffrin e Schneider, 1977, Gyurak et al., 2011). Abbiamo precedentemente discusso come le emozioni siano determinanti per la valutazione e la presa di decisione e come una corretta regolazione emozionale aumenti il benessere personale (Cote et al. 2010). Tuttavia, le emozioni non sempre aiutano, ma possono urtare nella stessa misura (Parrott, 1993). Questo accade quando arrivano nel momento inadeguato, e ad una intensità altrettanto inadeguata. In queste situazioni, gli individui sono generalmente motivati a regolarle. Risposte emozionali non appropriate e deficit nella regolazione delle emozioni sono implicati in molte forme di psicopatologia (Campebell-Sill & Barlow, 2007), difficoltà sociali (Wranik, Barret & Salovey, 2007) e persino in malattie fisiche (Sapolsky, 2007). Generalmente quando pensiamo alla regolazione emozionale, sopratutto nella cultura occidentale, facciamo subito riferimento alla capacità dell’individuo di diminuire gli aspetti esperienziali ed espressivi di emozioni negative quali rabbia, paura e tristezza (Gross, Richards & John, 2006). Questo non vuol dire che le emozioni positive non siano regolate; anch’esse lo sono, ad esempio quando cerchiamo di trattenere la nostra gioia o la nostra attrazione verso un oggetto. E’ anche importante notare come la regolazione delle emozioni non sempre consista in una abbassamento della intensità della emozione (down-regulation). Molto spesso consiste nel mantenimento o nell’innalzamento di una emozione, come ad esempio quando condividiamo una buona notizia con qualcuno (Langstone, 1994). In definitiva possiamo assumere che sia le emozioni a valenza negativa che quelle a valenza positiva sono regolate in termini di mantenimento, innalzamento o abbassamento di intensità, in base alla situazione. Uno dei presupporti di partenza nella regolazione delle emozioni è che esse insorgono quando è presente una situazione saliente e che qualunque sia la situazione, è il significato che le viene assegnato a determinare la emozione connessa. Qualora il significato cambiasse (perché è cambiata la situazione o perché è cambiato il significato che vi è stato assegnato), allora anche l’emozione connessa cambierà. E’ altrettanto importante specificare ancora una volta come le emozioni siano composte da diversi sistemi interagenti che coinvolgono tutto l’organismo e i domini interessati possono essere classificabili in esperienza soggettiva, comportamento, e fisiologia centrale e periferica (Mauss et al., 2005). Insieme, queste componenti interagiscono e danno vita alla risposta emozionale. L’aspetto soggettivo dell’emozione è strettamente legato con il sentimento connesso all’esperienza, ma oltre a questo, vi è compresa quella spinta motivazionale ad agire (Frijda, 1986). L’azione, o la risposta comportamentale, è connessa con cambiamenti a livello autonomico e neuroendocrino che anticipano la risposta comportamentale (quindi provvedendo un supporto metabolico per essa) e la seguono. Gross et al. 2002 Gross fornisce un modello denominato Modello Multimodale all’interno della sua teorizzazione, e illustra la sequenza visibile in Figura 1, che inizia con una situazione psicologicamente rilevante esterna (Situation, Attention), o interna se basata su rappresentazioni mentali. Qualunque sia la sua natura, essa può essere vissuta in diversi modi da soggetti diversi o dallo stesso individuo (Appraisal) in base alla familiarità della situazione, valenza emozionale, e importanza (Ellsworth & Scherer, 2003). Come le altre risposte, una risposta emozionale (Response) spesso cambia la situazione di partenza, che aveva provocato la risposta emozionale in prima istanza. All’interno di questa sequenza temporale di generazione della emozione, Gross (2002) distingue tra strategie di regolazione emozionale che intervengono all’inizio del processo chiamate: “Antecedentfocused strategies” e strategie di regolazione emozionale che intervengono successivamente chiamate: “Response-focused strategies”. Le prime avvengono precocemente all’interno del processo di generazione della emozione, ovvero prima che l’emozione sia completamente generata, e includono “selezionare la situazione”, “modificare una situazione correntemente in atto”, “direzionare la propria attenzione altrove dallo stimolo emozionale”, o “rielaborare (reapprisal) le proprie credenze relative alla situazione”. Tipicamente, l’intervento di queste strategie permette l’alterazione della traiettoria emozionale, influenzando sia l’esperienza che la successiva espressione dell’emozione. Tra le appena citate, la strategia di regolazione più studiata in letteratura è il “Cognitive Reappraisal” (ri-apprendimento cognitivo). Esso consiste nel cambiare il senso di una situazione in modo che venga alterato e migliorato il suo impatto emozionale. Questo meccanismo regolatorio è correlato con l’attivazione di sistemi di elaborazione più complessi, top-down, come la corteccia prefrontale orbitale e laterale, e con l’inibizione di sistemi sottocorticali, bottom-up, coinvolti nella generazione dell’emozione come l’amigdala. Le seconde avvengono successivamente nella linea temporale del processo di generazione dell’emozione e quindi permettono una minore modulazione dell’esperienza emozionale e della componente fisiologica che l’accompagna. Forme adattive di questo secondo tipo sono il “rilassamento”, “l’espressione emozionale” e lo “spostamento dell’attenzione su stimoli positivi”. Al contrario, la “soppressione” e la “attiva inibizione del comportamento di espressione della emozione” son considerate strategie disfunzionali perché consistono in un attivo tentativo di ignorare l’emozione che è stata generata e nell’evitamento della sua espressione. Queste strategie possono avere effetti a breve termine positivi, ma a lungo termine hanno l’effetto paradossale di aumentare l’attivazione fisiologica (aurosal) e questo le rende delle strategie di regolazione emozionale spesso disfunzionali (i.e. Campbell-Sills et al. 2006). Nella prossima sezione vengono illustrate 6 strategie di regolazione studiate in letteratura, con particolare riferimento alle basi teoriche e un focus con studi scientifici che dimostrano il loro ruolo nell’aumentare il benessere o malessere psicologico degli individui. Strategie di regolazione emozionale Non esistono assunzioni a priori di come una strategia di regolazione sia funzionale o meno (Thompson & Calkins, 1996). Questa specificazione è importante poiché evita la confusione che si è creata nella letteratura sullo “stress” e “coping” laddove le “difese” erano considerate non adattive e le “strategie di coping” adattive (Parker & Endler, 1996). In questa prospettiva, le strategie di regolazione emozionale possono essere utilizzate per migliorare o peggiorare le cose in base al contesto. Ad esempio, la capacità di abbassare la intensità emozionale potrebbe essere utile ad un medico per operare in una condizione di stress, ma allo stesso tempo, potrebbe neutralizzare le emozioni negative associate all’empatia, e quindi renderlo meno accogliente e comprensivo nei confronti di un paziente. A proposito di questo Wilson e Murrel (2004) affermano: “We do not want the snake phobic become incapable of arousal and avoidance; sometimes these are just the right responses. What we seek is a broad and flexible repertoire with respect to snakes”. “Non vogliamo che il fobico dei serpenti diventi incapace di avere una reazione fisiologica e di evitamento: a volte queste sono semplicemente le risposte giuste. Quello che cerchiamo di fare è costruire un repertorio ampio e flessibile di risposte nei confronti dei serpenti”. Questo significa che un sistema di regolazione emozionale, per essere efficace, deve essere flessibile e responsivo ai cambiamenti contestuali e nello stesso tempo mantenere il proprio equilibrio, la propria omeostasi (De Plato, questo volume). Tuttavia, studi empirici dimostrano come alcune strategie possano considerarsi più adattive di altre (ie. Hopp, Troys & Mauss, 2010). Di seguito, sono descritte 3 strategie di regolazione emozionale adattive: - Reappraisal: consiste nella generazione di interpretazioni o prospettive positive su una situazione stressante, in modo da ridurne gli effetti negativi. Secondo diversi modelli teorici, interpretazione soggette a bias sono alla base della eziologia e mantenimento di diverse condizioni psicopatologiche quali disturbi emozionali, uso di sostanze, dell’alimentazione e i disturbi di personalità. E’ stato dimostrato ad esempio che soggetti ansiosi mostrano un aumentata vigilanza per gli stimoli che rappresentano una minaccia, mentre i soggetti depressi, mostrano un orientamento inferiore sugli stimoli positivi rispetto ai controlli, e un aumentato lasso di tempo in cui soffermano la propria attenzione su quelli negativi (i.e. Amstrong & Olatunji, 2012). L’uso abituale del reappraisal come strategia di regolazione emozionale può rappresentare un fattore protettivo verso stress e sintomatologia nella popolazione generale (Flouri & Mavroveli, 2013), depressa (Yoon et al., 2013), ansiosa (Smith et al, 2012), con disturbi dell’alimentazione (Kelly et al., 2012) e disturbo borderline di personalità (Baer, et al. 2012). - Problem-Solving: è un tentativo volontario di cambiare una situazione stressante o di contenere le sue conseguenze. In letteratura, è spesso valutato come azione specifica diretta alla soluzione di un problema. Sebbene questa strategia non sia direttamente utilizzata per regolare le emozioni, può avere un effetto benefico su di esse eliminando e modificando in senso positivo la fonte di stress. Una bassa capacità di problem-solving è associata a depressione (Billings & Moos, 1981), ansia (Chang, Downey, & Salata, 2004), uso di sostanze psicoattive (Cooper et al., 1992), e disturbi dell’alimentazione (VanBoven & Espelage, 2006). - Accettazione: solo negli ultimi anni si è verificato un crescente interesse per questa strategia di regolazione emozionale. Con questo termine ci si riferisce alla accettazione non giudicante della esperienza emozionale. E’ stata quindi concettualizzata come una strategia non elaborativa, basata sulla consapevolezza del momento, dove sentimenti, pensieri e sensazioni vengono accettati per come sono. Interventi terapeutici fondati su questo presupposto sono stati utilizzati con buoni risultati nella depressione (Segal et al. 2002), ansia (Roemer et al., 2008), abuso di sostanze (Marlatt et al., 2004) e disturbo borderline di personalità (Linhean, 1993). Un uno studio di Cristea et al. (2013) trova che questa strategia di regolazione è la più efficace nell’impattare positivamente emozioni negative e ansia. e 3 strategie di regolazione non adattive: - Soppressione: la soppressione della espressione emozionale è stata teorizzata da Gross (2002) come una strategia “response-focused” che sebbene abbia l’effetto positivo immediato di nascondere l’emozione agli occhi esterni, è meno effettiva nel ridurre l’attivazione fisiologica ed emozionale nel lungo periodo. Alcune delle conseguenze indesiderate per i soggetti che utilizzano abitualmente questa strategia di regolazione emozionale sono un minore supporto sociale unito a minore soddisfazione sociale (Srivastava et al., 2009) e un’aumentata reattività fisiologica (i.e. Campbell-Sills et al, 2006). Altri teorici si sono concentrati sulla soppressione di pensieri automatici negativi e supportano empiricamente come la conseguenza della soppressione sia la maggiore accessibilità dei pensieri indesiderati e quindi la loro maggior presenza nella mente dell’individuo (Wenzlaff & Wegner, 2000). - Evitamento: due sono le modalità con cui si può mettere in atto questa strategia; una si riferisce alla dimensione esperienziale dell’emozione, mentre l’altra a quella comportamentale. Una teoria importante nel panorama scientifico è stata elaborata da Hayes et al. (1999) con il termine “Experiential Avoidance”. Si tratta dell’evitamento di una serie di esperienze psicologiche, inclusi i pensieri, emozioni, sensazioni, memorie, e bisogni. Questa condizione, quando cronica può condurre a degli esiti psicopatologici diversi, tra cui disturbi dell’umore, d’ansia, uso di sostanze, di persinalità, del controllo degli impulsi etc. Questa strategia potrebbe essere anche implicata nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione, poiché l’incapacità di entrate in contatto con le proprie emozioni potrebbe facilitare degli agiti come le abbuffate e le condotte di compensazione (Polivy & Herman, 2002). L’evitamento inteso in termini comportamentali, è stato studiato dallo studioso Mowrer (1947). Nella sua Teoria a due stadi della paura (Two-stages theory of fear) egli sostiene che la essa sia acquisita tramite un processo di condizionamento classico e che sia mantenuta perché lo stimolo temuto viene evitato, cosicché l’estinzione non abbia luogo. La paura è quindi mantenuta tramite un condizionamento di tipo operante. Questo modello si adatta in particolarmente ai disturbi ansiosi, come il PTSD, fobie e agorafobia. Nei disturbi di dipendenza da sostanze, l’evitamento può essere invece inteso come la volontà di assumere nuovamente la sostanza psicoattiva per evitare i sintomi di astinenza (Baker, Piper, McCarthy, Majeski, & Fiore, 2004). - Pensiero perseverativo: invece che evitare o sopprimere l’esperienza emozionale, certi soggetti regolano le proprie emozioni soffermandosi in modo ripetitivo sulla esperienza di tali emozioni, le loro cause e le loro conseguenze (Nolen-Hoeksema et al., 2008). Spesso gli individui in questa condizione riferiscono di utilizzare il pensiero perseverativo come strategia per risolvere un problema, ma la letteratura mostra chiaramente come sia in realtà correlato negativamente con il problem-solving (Hong, 2007). Con il termine inglese “Rumination” ci si riferisce alla focalizzazione dei pensieri in riferimento alle cause di una situazione presente o passata; l’utilizzo cronico di questa strategia porta ad conseguenze negative, incluso il disturbo depressivo (Whitmer & Gotlib, 2013). Con il termine “Worry”, ci si riferisce invece alla focalizzazione del pensiero in riferimento alle possibili conseguenze o rischi annessi alla situazione presente o futura, un utilizzo abituale di tale strategia di regolazione emozionale è associato allo sviluppo e al mantenimento del disturbo d’ansia generalizzato (Borkovec et al., 2002). Studi recenti mostrano come il pensiero perseverativo sia un fattore di rischio significativamente importante anche nell’insorgenza di un disturbo dell’alimentazione (Sturtup et al. 2012). Processamento dell’emozione e psicopatologia nel Disturbo d’Ansia Generalizzata La distinzione tra generazione emozionale e regolazione emozionale e tra strategie antecedent e response-focused è presente nel modello di disregolazione emozionale di Mennin (Emotion Dysregulation Model: EDM; Mennin et al., 2002). Questo modello distingue disfunzioni a livello di processi generativi dell’emozione (innalzata intensità delle emozioni) da disfunzioni a livello dei processi di regolazione dell’emozione (bassa comprensione delle emozioni, reazioni negative alle emozioni, cattiva gestione delle emozioni). Kring e Werner (2004) mettono in luce come deficit a livello di generazione della emozione da soli possano non essere patologici, ma è la presenza di deficit a livello di regolazione della emozione che potrebbe diventare problematica. Nel caso del Disturbo d’Ansia Generalizzata, ad esempio, la presenza di emozioni intense potrebbe richiedere una elevata capacità di regolare le emozioni; senza questa abilità il processo emozionale potrebbe diventare patologico. La incapacità di utilizzare flessibilmente e adattivamente strategie di regolazione fa si che questi individui esperiscano le emozioni come soggettivamente avversive, e che quindi le evitino o le sopprimano (il pensiero ruminativo è una forma di evitamento. Borkoveck). Questo a sua volta fa si che le emozioni diventino sempre più confusive e il circolo di evitamento e disregolazione è perpetuato. Nel EDM, il pensiero perseverativo, la soppressione delle emozioni, il pensiero auto-critico, le richieste di rassicurazione e i comportamenti di evitamento sono tutti considerati strategie di regolazione emozionale di tipo response-focused (attive per regolare la risposta emozionale quando è già in atto) non funzionali e adattivi. L’Emotion Regulation Therapy (ERT: Mennin & Farach, 2007), che è basata sul precedente modello di disregolazione emozionale, prevede l’insegnamento di strategie di regolazione emozionale più adattive che vanno a sostituire le risposte reattive e disfunzionali alle emozioni che sono alla base del mantenimento del disturbo. La terapia si svolge in 4 fasi. Nella prima fase viene fatta della psicoeducazione e incoraggiata una presa di coscienza dell’emozioni e delle motivazioni alla base dei nostri comportamenti. Nella seconda fase si insegna al paziente a non reagire in modo reattivo alle proprie emozioni, ma a come regolare in modo flessibile e funzionale quando esse sono già attive e presenti (response-focused). Vengono quindi insegnate delle “Risposte Contro-reattive” (Counteractive Responses) che comprendono l’accettazione dell’esperienza emozionale e una presa di distanza cognitiva (vedi “defusion”: Fresco) dall’emozione. La più sana e funzionale forma di regolazione emozionale, insegnata nella terza fase della terapia è chiamata “Risposte Pro-attive” (Proactive Responses), che è un insieme di strategie antecedent-focused (che si mettono in atto prima che la risposta emozionale avvenga). In questa fase vengono spinti i pazienti a confrontarsi con quelle situazioni di vita che hanno sempre evitato, poiché ritenute troppo ansiogene e rischiose. Le scelte dei pazienti e le strategie regolazione emozionale utilizzate sono guidate dai valori, desideri e obiettivi dei pazienti e comportano una tendenza all’azione che favorisce il benessere personale e la salute mentale (Hayes et al., 1999). In uno studio condotto da Casadio & Mennin (in press) viene analizzato il processo di cambiamento di un campione di pazienti con diagnosi primaria di GAD che sono stati sottoposti alla ERT. Nel grafico 1 viene illustrato come nella prima fase della terapia si sviluppi nei pazienti una maggiore consapevolezza delle emozioni, nella seconda fase vengano acquisite una serie di strategie flessibili e adattive alla regolazione delle emozioni, e nella terza fase come i pazienti siano più disposti a vivere secondo i loro valori affrontando quelle situazioni solitamente temute e mettendo in atto le conoscenze e capacità di regolazione acquisite precedentemente. Grafico 1 Il Grafico 2 mostra invece come il cambiamento nei pazienti non avvenga in modo lineare; infatti nella prima fase si verifica un temporaneo peggioramento della sintomatologia, seguito da un miglioramento. BIBLIOGRAFIA Amstadter, A. (2008). Emotion regulation and anxiety disorders. Anxiety Disorders, 22, 211–221. Amstrong, T., & Olatunji, BO. (2012). Eye tracking of attention in the affective disorders: a meta-analytic review and synthesis. Clincal Psychology Review, 32, 704-23. Baker, T. B., Piper, M. 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