VIII FONTI:NOZIONI GENERALI
Definizioni
Le fonti del diritto
Si definisce “fonte del diritto” l’atto o il fatto abilitato dall’ordinamento giuridico a
produrre norme giuridiche,cioè a innovare all’ordinamento giuridico stesso.
Si possono distinguere vari tipi di fonte:
• fonti di produzione
• fonti di cognizione
• fonti atto e fonti fatto
1.FONTI DI PRODUZIONE
Gli ordinamenti moderni si istituiscono attraverso un processo costituente: è la stessa
Costituzione ad indicare gli atti che possono produrre il diritto (le fonti).
In realtà, la Costituzione indica solamente le fonti ad essa immediatamente inferiori
(fonti primarie,cioè le leggi e gli atti ad esse equiparati). Saranno tali fonti, successivamente, a
regolare quelle ancora inferiori (fonti secondarie).
Le norme di un ordinamento giuridico che indicano le fonti abilitate a innovare l’ordinamento
stesso si chiamano usualmente norme di riconoscimento oppure fonti sulla produzione delle
norme.
2.FONTI DI COGNIZIONE:PUBBLICAZIONE E RICERCA DEGLI ATTI
NORMATIVDEGLI ATTI NORMATIVI
Si dicono fonti di cognizione gli strumenti attraverso i quali si vengono a conoscere le fonti di
produzione. Esistono fonti ufficiali e fonti private. La più importante delle fonti ufficiali è la
Gazzetta Ufficiale(G.U.)
Fonti ufficiali:
• la Gazzetta Ufficiale (G.U.)
• Bollettini ufficiali delle Regioni (B.U.R.)
• Gazzetta Ufficiale della Comunità europea
(G.U.C.E.)
Al fine di consentire lo studio e la conoscenza dei
nuovi atti, essi entrano in vigore dopo un periodo
di vacatio legis, di regola di 15 giorni. Trascorso
tale periodo, vigono la presunzione di conoscenza
della legge(ignorantia legis non excusat) e l’obbligo
del giudice di applicarla(”iura novit curia”).
Fonti non ufficiali:
Possono essere fornite da soggetti
pubblici (ad es: Ministeri o
Regioni) o
privati (Riviste specializzate).
Le notizie pubblicate su di esse non
hanno valore legale.
3. FONTI –FATTO E FONTI-ATTO
Le fonti di produzione si distinguono in 2 categorie: le fonti – atto(o atti normativi) e le fonti –
fatto(o fatti normativi).
Fonti - atto (atti normativi):
“Le fonte-atto sono parte degli atti giuridici,che potremmo definire come i comportamenti
consapevoli e volontari che danno luogo a effetti giuridici””.
• Hanno la capacità di porre norme vincolanti per tutti
• Implicano l’agire volontario di un organo abilitato dall’ordinamento giuridico attraverso una
norma di riconoscimento.
• Per produrre effetti normativi, ogni fonte-atto deve essere universalmente riconoscibile.
“La fonte-atto è l’espressione di volontà normativa di un soggetto cui l’ordinamento attribuisce
l’idoneità a porre in essere norme giuridiche”
Fonti - fatto (fatti normativi):
Sono fonti-fatto tutti quei comportamenti riconosciuti dal corpo sociale come giuridicamente
vincolanti nonché gli atti di produzione normativa esterni al nostro ordinamento (es. trattati
internazionali; atti comunitari). Dunque le fonti . fatto sono tutte le altre fonti che l’ordinamento
riconosce e di cui ordina o consente l’applicazione,non perché prodotte dalla volontà di un
determinato soggetto indicato dall’ordinamento,ma per il semplice “fatto” di esistere;appartengono
alla categoria dei fatti giuridici,cioè quegli eventi naturali(la nascita)che producono conseguenze
rilevanti per l’ordinamento.
FONTI-ATTO: atti normativi posti in essere da organi o enti nell'esercizio dei poteri ad essi
attribuiti. E dunque atti normativi posti in funzione da un determinato organo con una determinata
procedura.
FONTI-ATTO:Costituzione Leggi costituzionali Leggi statali Leggi regionali Decreti legge Decreti
legislativi Statuti regionali Regolamenti parlamentari Regolamenti governativi Referendum
abrogativi
FONTI-FATTO: fonti non scritte determinati da fatti sociali (es. il pugno che x tira a y) o
naturali(es. la nascita) considerati idonei a produrre diritto. Cioè casi in cui l’ordinamento giuridico
sia prodotto non da un atto ma da un fatto, specialmente dalla consuetudine.
FONTI-FATTO: Regolamenti comunitari Consuetudine
3.2. Tipicità delle fonti – atto
Ogni tipo di fonte ha una sua forma essenziale;la forma tipica dell’atto è data da una serie di
elementi quali l’intestazione all’autorità emanante(per es., “Decreto ministeriale”),il nome proprio
dell’atto(per ex. “legge”),il procedimento di formazione dell’atto stesso. Per “procedimento” si
intende quella sequenza di atti preordinata al risultato finale che è l’emanazione dell’atto. Qualsiasi
atto normativo non rispetti il procedimento prescritto ha un vizio di forma.
Dal punto di vista redazionale,l’atto è suddiviso in articoli,e questi in commi:gli articoli,spesso
corredati da una “rubrica” che ne indica l’argomento,possono essere raggruppati in “capi”,e questi
in “titoli” e “parti”.
3.3. Le consuetudini
La consuetudine è considerata la fonte-fatto per eccellenza.
Nasce da un comportamento sociale ripetuto nel tempo (elemento oggettivo della consuetudine: la
cosiddetta “diuturnitas”), sino al punto che esso viene sentito come giuridicamente vincolante
(elemento soggettivo della consuetudine: il c.d.“opinio juris ac necessitatis”l’elemento
soggettivo).
Secondo le Disposizioni preliminari al Codice Civile (1942), la consuetudine è fonte del diritto, ma
interviene solo quando non esistono fonti-atto in grado di regolare un certo caso.
Oggi la consuetudine è quasi scomparsa dagli ordinamenti moderni e vi sono solo poche tracce:
A) La prima traccia si trova nelle “Disposizioni preliminari al codice civile”(dette anche
“Preleggi”).
L’art 1,disegnando la gerarchia delle fonti,enumera,dopo la legge i regolamenti,le norme
corporative,anche gli “usi”,che sono proprio le consuetudini(poste all’ultimo posto della gerarchia).
Oppure, secondo l’art. 8, “nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia
solo in quanto sono da essi richiamati”: è la fonte-atto stessa che richiama la consuetudine.
Esistono tre diversi generi di consuetudini:
- Consuetudo praeter legem ("oltre la legge o introduttiva"): è quella consuetudine che disciplina un
ambito non ancora disciplinato dalla legge,quindi può operare in materie non regolate da fonti – atto
- Consuetudo secundum legem (secondo la legge): è la consuetudine che opera in senso integrativo
della norma di legge
- Consuetudo contra legem ("contro la legge"): è quella consuetudine che opera in direzione
opposta al precetto legislativo,quindi in contrasto con le fonti – atto.
B) La seconda traccia la si trova nel codice civili,ove in alcune disposizioni sono esplicitamente
richiamati gli “usi”,a cui il codice rinvia la disciplina del rapporto.
C) La terza traccia è invece tutta dottrinale. Spesso si fa riferimento alle c.d. “consuetudini
interpretative”:non sono comportamenti sociali,ma si tratta di una costante interpretazione di una
disposizione di legge da parte degli interpreti.
Poi abbiamo le “Consuetudini “facoltizzanti”,che consentono comportamenti che le disposizioni
scritte non negano.
Una consuetudine particolare è la consuetudine costituzionale: si tratta di comportamenti
(riconosciuti dal corpo sociale) che disciplinano i rapporti fra organi costituzionali: ad esempio, le
consultazioni del Presidente della Repubblica nel corso della formazione del nuovo Governo.
D) Una ulteriore tipologia di consuetudine è quella sancita dall’articolo 10 della Costituzione, che
fa riferimento alle consuetudini internazionali: non si tratta di norme che hanno origine nei trattati
bensì di regole non scritte e tuttavia considerate obbligatorie dalla generalità degli Stati.
L’adeguamento dell’ordinamento italiano alle consuetudini internazionali è automatico,nel senso
che il giudice italiano quando accerti l’esistenza di una norma di questo tipo deve applicarla
immediatamente nel nostro ordinamento.
3.4. Altre fonti fatto
Oltre alla già citata consuetudine, sono considerate fonti-fatto:
• le norme prodotte dalla Comunità europee
• le cosiddette norme di diritto internazionale privato.
In entrambi i casi, nonostante si tratti di fonti scritte e volute, esse sono prodotte da
organi che non appartengono al nostro ordinamento: è per questo che sono
considerate come meri fatti normativi.
3.5. Il Principio jura novit curia
Il giudice ha il potere e il dovere di individuare e interpretare le fonti normative da applicare al
giudizio con i propri mezzi,senza cioè gravare sulle parti; è il principio jura novit curia,che vale
per tutte le fonti,siano esse “atti” o “fatti”.
Oltre alla conoscenza dell’esistenza della fonte,il principio jura novit curia comporta anche il potere
– dovere del giudice di interpretarne le disposizioni al fine di individuare la norma da applicare al
caso. Ciò è ovvio per le fonti- atto. Quanto alle fonti – fatto,per le consuetudini il problmea non si
pone affatto,essendo esse norme prive di disposizione.
Ultimo versante su cui si pone il principio jura novit curia,il giudice deve valutare non solo che una
certa norma esista,ma anche che sia valida. Una norma è valida solo se conforme alle norme di
riconoscimento,cioè posta in conformità alle norme di rango superiore.
4. MODALITA’ DI RINVIO AD ALTRI ORDINAMENTI
4.1 Definizioni.
In base al principio di esclusività, soltanto lo Stato ha il potere esclusivo di riconoscere le
proprie fonti, indicando gli atti e i fatti che possono produrre norme nell’ordinamento.
Per quanto riguarda le norme di altri ordinamenti, esse valgono nell’ordinamento statale solo
se lo Stato lo consente. Lo strumento usato dallo Stato per rendere applicabili al proprio
interno le norme di altri ordinamenti è conosciuto come tecnica del rinvio. Il rinvio è dunque lo
strumento con cui l’ordinamento di uno Stato rende applicabili al proprio interno norme di altri
ordinamenti. Distinguiamo due tecniche di rinvio,il rinvio “fisso” e,il rinvio “mobile”.
Rinvio “fisso” o materiale o recettizio
Una disposizione dell’ordinamento statale richiama un determinato atto in
vigore in altro ordinamento, che viene allegato. Esso pone ai soggetti dell’applicazione solo il
compito di interpretare il testo normativo richiamato come se fosse una atto interno.
Il rinvio fisso è utilizzato per recepire un atto singolo e specifico.
Rinvio “mobile” o formale o non recettizio
Il rinvio mobile è utilizzato non per recepire uno specifico atto di un altro ordinamento ma una
fonte di esso. Esso pone ai soggetti anche il compito di ricerca le disposizioni in vigore
nell’ordinamento “straniero”.
Esempi di rinvio mobile: le disposizioni del diritto internazionale privato e il richiamo alle norme
consuetudinarie internazionali.
5. LA FUNZIONE DELL’INTERPRETAZIONE DEI TESTI NORMATIVI
L’atto normativo è un documento scritto,dotata di determinate caratteristiche formali. Attraverso di
esso il “legislatore” esprime la sua volontà di disciplinare una determinata materia. L’atto
normativo è articolato in enunciati,che è qualsiasi espressione linguistica che ha forma
grammaticale compiuta. Gli enunciati degli atti normativi si chiamano disposizioni.
E’ un errore comune pensare che gli enunciati scritti possano avere un significato preciso e
univoco;è probabile che chi scriva intenda dare un senso preciso ai suoi enunciati,ma questi sono
“segni” che sta al lettore interpretare e ciò vale anche per gli enunciati normativi,per le disposizioni.
Il compito di riportare a coerenza e univocità il sistema delle disposizioni è affidato all’interprete.
Bisogna distinguere interpretazione e applicazione del diritto;l’applicazione del diritto consiste
nell’applicazione di una norma generale e astratta a un caso particolare e concreto(generalità e
astrattezza)schema del sillogismo giudizialein natura non esistono né le norme né i fatti. La
norma è il frutto delle interpretazione delle disposizioni,e anche il fatto è frutto di interpretazione.
Il legislatore può cercare di risolvere certi gravi dubbi interpretativi o di “forzare” l’interpretazione
dei giudici,aggiungendo nuove disposizioni alle vecchie,cercando di precisarne il significato:è la
c.d. interpretazione autentica;si tratta però di legislazione e non di interpretazione poiché si
emana una disposizione con cui si dice che un’altra disposizione va intesa in un determinato
significato. Tuttavia il legislatore no può sostituirsi agli interpreti perché glielo impedisce il
principio di divisione dei poteri.
L’interpretazione dei testi normativi ha il compito essenziale di garantire unità, coerenza
sistematica e completezza dell’ordinamento:
• Unità
Tutte le norme dell’ordinamento possono farsi risalire, in ultimo, al potere costituente e all’atto che
con esso viene posto, la Costituzione.
• Coerenza sistematica
L’ordinamento non tollera contraddizioni tra le parti che lo compongono e prevede criteri e
meccanismi per risolvere i contrasti tra disposizioni normative stabilite in tempi diversi o incidenti
nella stessa materia, consentendo all’interprete di sciogliere le antinomie e di individuare la norma
che deve essere applicata in concreto.
• Completezza
L’ordinamento predispone determinati rimedi per colmare lacune o vuoti normativi, ossia casi
concreti non previsti dal diritto positivo, e permette all’interprete di rinvenire la norma giuridica
applicabile al caso
6. LE ANTINOMIE E TECNICHE DI RISOLUZIONE
Si definiscono antinomie i contrasti tra norme.
Si ha un’antinomia quando le disposizioni esprimono significati tra loro incompatibili.
In questi casi, è compito dell’interprete risolvere tali contrasti, individuando la norma applicabile al
caso.
I criteri per scegliere la norma da applicare in caso di antinomia sono quattro:
criterio cronologico,criterio gerarchico,criterio della specialità,criterio della competenza.
7. IL CRIERIO CRONOLOGICO E L’ABROGAZIONE
In caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella più recente (lex posterior derogat
priorila norma posteriore deroga quella anteriore)
La prevalenza della norma nuova sulla vecchia si esprime attraverso l’abrogazione: l’effetto
consiste nella cessazione ex nunc(da quel momento) dell’efficacia della norma giuridica
precedente.
7.2. Efficacia delle norme e principio di irretroattività delle leggi
L’efficacia è una figura generale del diritto,e consiste nell’idoneità di un fatto o di un atto a
produrre effetti giuridici. La norma diventa efficace quando la disposizione da cui è tratta entra in
vigore.
Vige il principio di irretroattività degli atti normativi;essi,cioè,dispongono solo per il futuro,e non
hanno effetti per il passato. Questo principio è codificato dall’art. 11 delle “Preleggi”: “La legge
non dispone che per l’avvenire:essa non ha effetto retroattivo”.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso.
Un esempio di norma retroattiva invece è la “norma penale di favore”(favor rei),cioè la norma che
abroga il reato o ne alleggerisce le conseguenze penali;dunque la legge retroattiva è applicabile
anche per eventi che si sono svolti prima della sua approvazione
7.3. Effetti temporali dell’abrogazione
Il principio di irretroattività vale anche per l’abrogazione.
La vecchia norma perde efficacia dal giorno dell’entrata in vigore del nuovo atto,e questo significa
non solo che non sarà più la regola dei rapporti giuridici sorti dopo quella data,ma anche che tutti i
rapporti precedenti restano in piedi e rimangono regolati da essa. La vecchia norma,benché
abrogata,sarà quindi pur sempre la norma che il giudice dovrà applicare ai vecchi rapporti. Può
quindi capitare che il giudice si trovi ad applicare ancora norme abrogate da diversi anni. In gergo si
dice che l’abrogazione opera ex nunc(“da ora”).
7.4. Tipi di abrogazione
L’articolo 15 delle Preleggi indica 3 ipotesi di abrogazione:
• abrogazione espressa: per “dichiarazione espressa del legislatore”. L’abrogazione espressa è il
contenuto di una disposizione;siamo sul piano della legislazione,dei testi scritti,delle
disposizioni. Ovviamente ciò che dispone il legislatore vale per tutti(“erga omnes”).
• abrogazione tacita: perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge
anteriore. Il giudice deve ritenere che prevalga la norma successiva e di considerare la vecchia come
abrogata. Mentre le disposizioni del legislatore valgono erga omnes,le interpretazioni del giudice
valgono nel singolo giudizio(inter partes)
• abrogazione implicita: per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti. Simile
all’abrogazione tacita,infatti non c’è una disposizione che dichiari l’abrogazione della legge
precedente. Quest’abrogazione opera sul piano dell’interpretazione,non su quello della
legislazione. La differenza dall’abrogazione tacita è che questa si basa su un contrasto di
singole norme,la seconda si basta ritiene abrogata una o più leggi.
7.5. Abrogazione deroga e sospensione
La deroga nasce da un contrasto tra norme di tipo diverso,nel senso che la norma derogata è una
norma generale,mentre la norma derogante è una norma particolare: è semplicemente un’eccezione
alla regola.
Così diversa dall’abrogazione è la deroga: la norma abrogata perde efficacia per il futuro(e può
riprendere efficacia solo nel caso in cui il legislatore emani una ulteriore disposizione che lo
prescriva(è il caso della c.d. “riviviscenza della norma abrogata”), la norma
derogata non perde la sua efficacia ma ne viene limitato il campo di applicazione.
Simile alla deroga è la sospensione: limitata a un certo periodo, a certe categorie o zone.
8. IL CRITERIO GERARCHICO E L’ANNULLAMENTO
8.1. Definizioni.
In base a tale criterio, la norma superiore si deve preferire a quella che nella gerarchia delle fonti
occupa il posto inferiore.(lex superior derogat legi inferiori la norma superiore deroga quella
inferiore). La Costituzione prevale sulla legge,la legge sul regolamento e questo sulla consuetudine.
La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si esprime attraverso l’annullamento: è
l’effetto di una dichiarazione di illegittimità che un giudice pronuncia nei confronti di un atto, di
una disposizione o di una norma che, a quel punto, perdono validità.
L’atto invalido è atto “viziato” e mentre l’abrogazione opera nel ricambio fisiologico
dell’ordinamento,l’annullamento colpisce situazioni patologiche che si verificano in esso.
I “vivi di legittimità” possono essere di due tipi: vizi formali o vizi sostanziali. I primi riguardano
la “forma” dell’atto e quindi sarà l’intero atto ad essere viziato;i secondo riguardo i contenuti
normativi di una disposizione,cioè le norme:la disposizione sarà viziata perché produce
un’antinomia.
8.2. Effetti dell’annullamento
Al contrario dell’abrogazione, l’annullamento opera non solo per il futuro ma anche per il passato
(ex tunc), ma limitatamente ai rapporti pendenti.
Gli effetti dell’annullamento si avvertono solo per quei rapporti giuridici che l’interessato posso
sottoporre a un giudice,che siano cioè ancora “azionabili”:questi si dicono rapporti “pendenti” (o
“aperti”,in contrapposizione ai rapporti “esauriti”(o “chiusi”),i quali non possono più essere
dedotti davanti al giudice.
In genere i rapporti si chiudono con il decorso del tempo(estinzione del diritto per
prescrizione;decadenza,cioè perdita della possibilità di esercitare il diritto),oppure per volontà
dell’interessato(acquiescenza),o perché il rapporto è stato definito con una sentenza ormai non
oppugnabile(giudicato)
8.3. Rapporti tra criterio cronologico e criterio gerarchico
Criterio cronologico= tra due norme contrastanti prevale quella più recente (l’altra è abrogata);
agisce sull’efficacia, delimitandola: ossia la norma abrogata non produce più nuovi effetti giuridici
Criterio gerarchico = tra due norme contrastanti prevale quella di grado più elevato (l’altra è
annullata) ; agisce sulla validità, ripristinando l’ordine: ossia gli effetti prodotti dalla norma
invalida vanno rimossi
Se una norma posteriore di grado inferiore contraddice una norma precedente di grado
superiore,non c’è abrogazione della norma superiore da parte della norma inferiore,ma
annullamento di quest’ultima. Il criterio gerarchico prevale su quello cronologico.
Nel caso inverso la risposta dipende dal fatto che le due norme siano “omogenee” o meno.
Due norme possono dirsi omogenee se sono entrambe “di principio” o entrambe “di dettaglio”:se
sono omogenee,prevale il criterio cronologico su quello gerarchico e quindi la norma successiva
superiore abroga direttamente una norma precedente di grado inferiore
9. CRITERIO DELLA SPECIALITA’.
9.1. Difinizioni
In base a tale criterio, in caso di contrasto tra due norme, si preferisce la norma speciale rispetto a
quella generale (lex speciali derogat legi generali), anche se quest’ultima è successiva (lex
posterior generalis non derogat legi priori speciali).
9.2. Effetti dell’applicazione del criterio di specialità
La preferenza per la norma speciale non incide né sull’efficacia né sulla validità
della norma generale: entrambe rimangono efficaci e valide. L’interprete opera solamente una
scelta tra le due norme (inter partes).
L’effetto tipico della prevalenza della norma speciale su quella generale è la deroga.
Deroga:
criterio di specialità
complessità dell’ordinamento
opera ex nunc
effetti:inter partes
erga omnes (se espressa)
10.CRITERIO DELLA COMPETENZA
Serve a spiegare come è attualmente organizzato il sistema delle fonti: si tratta di un criterio
esplicativo e non prescrittivo;cioè serve a spiegare come è organizzato attualmente il sistema delle
fonti,e non a indicare all’interprete come risolvere le antinomie.
La Costituzione assegna competenze “particolari” ad alcuni atti equiparati alla legge formale: ad
esempio, ai regolamenti parlamentari riserva la competenza a
disciplinare il procedimento di formazione delle leggi.
11.RISERVE DI LEGGE E PRINCIPIO DI LEGALITA’
Si ha una riserva di legge quando una norma costituzionale riserva alla legge la disciplina di una
determinata materia,. Dunque prevede che la disciplina di una determinata materia sia regolata
soltanto dalla legge primaria e non da fonti di tipo secondario Essa, perciò, è una regola riguardante
l’esercizio della funzione legislativa.
La riserva di legge, affermatasi con il sorgere dei Parlamenti medievali, ha una funzione garantista,
che si è rafforzata ulteriormente nelle costituzioni contemporanee a causa della loro rigidità.
Ha una funzione di garanzia in quanto vuole assicurare che in materie particolarmente delicate,
come nel caso dei diritti fondamentali del cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più
rappresentativo del potere sovrano ovvero dal Parlamento come previsto dall'articolo 70.
Diverso significato ha il principio di legalità. Esso affonda le sue radici nello Stato di diritto,di cui
è elemento integrante. Esso prescrive che l’esercizio di qualsiasi potere pubblico si fonda su una
previa norma attributiva della competenza:la sua ratio è di assicurare un uso regolato del potere.
11.1.Tipologie di riserve di legge
Si distinguono, comunque, vari tipi di riserva di legge:
-riserve di legge e riserve ad altri atti
-riserve alla legge formale ordinaria e riserve alle fonti primarie
-infine tra le riserve alle fonti primarie si possono distinguere i diversi
tipi(assoluti,relative,rinforzate).
a) Le riserve a favore di atti diversi dalla legge sono rari. Si tratta di:
• Riserva di legge costituzionale:la Costituzione rinvia esplicitamente ad una legge costituzionale.
• riserva a favore dei regolamenti parlamentari
• riserve a favore dei decreti di attuazione degli Statuti speciali.
• riserva di legge formale o ordinaria
b) Riserva di legge formale ordinaria: impone che sulla materia intervengano solo atti
legislativi prodotti dal Parlamento.
c)la riserva assoluta prescrive che una materia sia integralmente regolata dalla legge ordinaria o da
atti ad essa equiparati. Es.: art.13,2 che consente che la libertà personale sia limitata “nei soli casi e
modi previsti dalla legge”.
In molti casi, alla riserva di legge assoluta si aggiunge la riserva di giurisdizione: la disciplina
della materia non solo è regolata integralmente dalla legge ma per la sua applicazione è anche
necessaria un’autorizzazione giudiziaria. Es.: art.13 che consente che la libertà personale sia
limitata “per atto motivato dell’autorità giudiziaria”.
d)la riserva relativa non esclude che alla disciplina della materia concorra anche il regolamento
amministrativo,ma richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui il
regolamento deve attenersi.
e) le riserva rinforzata talvolta la Costituzione non si limita a rinviare alla
legge la disciplina di una materia ma pone ulteriori vincoli al legislatore.
Schema riassuntivo delle riserve costituzionali