PARTE TERZA IL DIRITTO PENALE Capitolo 1 I PRINCIPI GENERALI 1. DEFINIZIONI Il Diritto penale si può definire come quella parte di “Diritto Pubblico” che sanziona l’inosservanza dei suoi precetti mediante l’applicazione di una sanzione criminale. Cosa è e cosa produce una sanzione criminale: mette in gioco la posizione dell’individuo nei confronti della società e dello Stato; va ad intaccare la sfera personale e patrimoniale del destinatario della sanzione; è l’estrema ratio, viene applicata per fatti previsti dalla legge che mettono in pericolo il vivere sociale; viene applicata solo dall’Autorità Giudiziaria dopo un regolare processo. I fatti dichiarati criminosi da una norma giuridica e da quest’ultima puniti si dicono “REATI”. Il diritto penale dunque è costituito dall’insieme delle disposizioni contenute principalmente nel codice penale e dall’insieme di tutte quelle leggi che contengono norme penali. 2. LE FONTI DEL DIRITTO PENALE Quali sono le fonti del diritto penale? La costituzione e le leggi costituzionali; le leggi statali ordinarie; decreti legge e decreti legislativi. L’unico Ente che può emanare una norma giuridica e munirla di una sanzione criminale è lo “STATO” (sono escluse le regioni) attraverso le sue leggi emanate dal Parlamento. 1.2 La Norma Penale Cosa è una “Norma Penale”? Per poterla definire bisogna analizzarne la struttura, essa è composta da: UN PRECETTO che si concretizza nell’esprimere la condotta da tenere in una determinata situazione, fare o non fare una determinata cosa o compiere una determinata azione (Ordine/Divieto – fare o non fare); questo precetto può essere esplicito o implicito. (Ad esempio l’art. 575 c.p. recita “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con ….” È il caso di un precetto implicito, “il non uccidere”; UNA SANZIONE la conseguenza giuridica per l’inosservanza del precetto. La sanzione è comunque la minaccia di un male e oltre ad avere una finalità punitiva quando viene applicata, dovrebbe avere una intimidazione psicologica nei confronti dei consociati. Quando la norma ha questa struttura può dirsi “Perfetta”. Ci sono dei casi in cui la norma contiene solo il precetto e rimanda la previsione sanzionatoria ad un’altra norma (norma imperfetta) ad esempio l’art. 17 del T.U.L.P.S.. Esistono anche delle norme penali cosiddette in “Bianco”, nelle quali è contenuta una sanzione, ma il precetto è formulato in modo generico rimandando ad altri atti normativi (ad esempio per citarne alcuni l’art. 650 c.p. – art. 329 c.p.). 3. PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE 3.1. Il principio di legalità L’articolo 1 del codice penale, nell’interpretazione del dettato costituzionale di cui all’art. 25, sancisce che: “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come REATO dalla legge né con pene che non siano da esse stabilite”. Da ciò si rileva: o il principio di TASSATIVITA’ della legge penale: il fatto concreto deve avere tutti gli elementi della NORMA astratta PREVISTA dalla LEGGE; o il DIVIETO di ANALOGIA: non si può applicare per ANALOGIA una norma che le ASSOMIGLI. 3.2 Il principio della successione di leggi nel tempo L’art. 2 del codice penale riprende il comma 2 dell’art. 25 della costituzione; “Nessuno può essere punito per un fatto che secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”. Per meglio comprendere tale disposizione di principio occorre fissare la data il cui il reato è stato commesso. Da ciò in base all’art. 2 del codice penale ne scaturiscono tre diverse situazioni: o principio di IRRETROATTIVITA’ della norma penale previsto al primo commaTizio commette un FATTO che nella data “A” non costituiva reato, nella data “B” (successiva ad “A”) entra in vigore una legge che punisce penalmente il FATTO Tizio NON può essere punito perché il fatto non costituiva reato nel momento in cui fu commesso; o principio previsto al secondo commaTizio commette un FATTO previsto dalla legge come reato nella data “A”, nella data “B” (successiva ad “A”) entra in vigore una legge che abroga il FATTO come reato se il procedimento penale è in corso Tizio verrà ASSOLTO, se è intervenuta la condanna Tizio NON DOVRA’ espiarla; o principio di RETROATTIVITA’ solo se FAVOREVOLE al REO previsto al terzo commaTizio nella data “A” commette un Fatto previsto dalla legge come reato e punito con la sola pena della reclusione. Nella data “B” (successiva ad “A”) entra in vigore una legge che punisce il medesimo Fatto con la pena della multa se il procedimento penale non si è concluso Tizio vedrà applicarsi la pena della multa perché più favorevole. Ciò è possibile solo nel caso non sia intervenuta una sentenza di condanna irrevocabile. 3.3. L’efficacia della legge penale La legge penale italiana è applicabile indistintamente a tutte le persone che si trovino nel territorio dello Stato, fatte salve le eccezioni stabilite espressamente dalla legge. Immunità derivanti dal diritto internazionale: Il Sommo Pontefice (unico caso di immunità assoluta); Capi di Stato estero e reggenti; Ministri degli affari esteri e membri stranieri dei Tribunali arbitrali; Agenti Diplomatici accreditati presso il Capo dello Stato; Consoli, Vice Consoli e Agenti Consolari; Membri del Parlamento Europeo; Giudici della Corte dell’Aja; Membri della Corte Europea di Giustizia. Immunità derivanti dal diritto pubblico interno: Il capo dello Stato, tranne i casi di alto tradimento o attentato alla costituzione; (verificare.. se è stata spiegato il procedimento nei capitoli precedenti) I membri del Parlamento, i Consiglieri regionali, i Giudici della Corte Costituzionale,i membri del Consiglio Superiore della Magistratura per i voti dati e le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni. Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale L’art. 15 del codice penale esprime il concetto di “Specialità”. Può accadere spesso che un fatto sia regolato da una norma penale e contestualmente da un’altra norma avente stessa posizione nella gerarchia delle fonti. Quale delle due si applica? Quella cosiddetta “Speciale” che deroga a quella generale. La norma “Speciale” è quella norma che prevede un identico fatto prevista da un’altra norma, aggiungendovi qualche elemento specializzante. Ad esempio l’art. 593 c.p. disciplina l’omissione di soccorso in generale, mentre l’art. 189 c.7 del Codice della Strada disciplina l’omissione di soccorso che commette il conducente in un incidente comunque ricollegabile alla sua condotta di guida con feriti. In quest’ultima l’elemento caratterizzante sta nella circolazione stradale. Così come più volte ribadito dalla Supreme Corte “Nel caso di concorso di norme penali, perché si possa operare il principio della specialità è necessario che una delle due norme (quella speciale) presenti nella sua struttura tutti gli elementi propri dell’altra (quella generale) oltre a quelli caratteristici della specializzazione. Occorre tener presente che perché ci sia “Rapporto di Specialità” le norme devono regolare la stessa materia e devono avere la stessa obiettività giuridica. Ulteriori due principi da tener conto: il principio di Sussidiarietà: il rapporto di sussidiarietà si riscontra in relazione a norme che prevedono un grado diverso di offesa di un medesimo bene, si che quella maggiore conterrà quella minore. Si porta l’esempio dell’art. 527 “Atti osceni in luogo pubblico” che conterrà in sé anche il fatto previsto all’art. 726 c.p. “Atti contrari alla pubblica decenza”; il principio dell’Assorbimento: Si realizza quando la commissione di un reato comporta la realizzazione di un’altra fattispecie minore assorbita nel primo reato. Ad esempio: il reato di “Violenza sessuale” art. 609 bis c.p. assorbe il reato di “Ingiurie” 594 c.p.; Il reato previsto all’art. 628 c.p. “Rapina” conterrà in sé il reato di “Furto” previsto all’art. 624 c.p. e quello di “Minaccia” art. 612 c.p.. Capitolo 2 IL REATO ED I SUOI ELEMENTI 1. IL REATO IN GENERALE In generale si può definire REATO “Qualsiasi comportamento umano per il quale è prevista una sanzione penale”. Il comportamento umano deve estrinsecarsi in un “comportamento esterno” attivo o omissivo. Ad esempio il pensiero non costituirà mai un reato. I soggetti che ruotano intorno al reato si possono distinguere in: SOGGETTO ATTIVO del REATO Detto anche REO. Vi sono reati che possono essere commessi da tutti - detti “reati comuni”; vi sono reati invece, che possono essere commessi solo da determinate categorie di persone - ad esempio da pubblici ufficiali, esercenti la professione sanitaria ecc. - , detti “reati propri”. SOGGETTO PASSIVO del REATO Il soggetto che viene offeso dal reato, è il “soggetto passivo”, ed è il titolare dell’interesse protetto dalla norma. Spesso si tratta di un individuo (nel reato di lesioni art. 582 c.p. il soggetto attivo è la persona che le patisce); in alcuni casi è lo Stato quando si offendono i suoi interessi (ed es. nel reato di peculato art. 314 c.p. il soggetto passivo è lo Stato). IL BENE GIURIDICO del TUTELATO Viene detto “bene giuridico tutelato” quel particolare interesse protetto dalla norma penale. Più l’interesse sarà importante (ad esempio il diritto alla vita) più la pena minacciata sarà alta. Ad esempio nel reato di furto art. 624 c.p. il bene giuridico tutelato sarà il patrimonio privato o collettivo. 2. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO Un reato nella sua struttura si compone dell’ ELEMENTO OGGETTIVO e dell’ ELEMENTO SOGGETTIVO. 2.1 L’elemento oggettivo di un reato L’elemento oggettivo di un reato è sempre il risultato di una condotta umana. Questa condotta deve determinare una modificazione dello status esteriore rispetto a chi lo subisce. Tra la condotta e la modificazione (evento) deve esserci un legame sufficiente a stabilire che se non ci fosse stata quella determinata condotta l’evento non si sarebbe determinato (nesso di causalità). a) La condotta (AZIONE o OMISSIONE) Come già accennato in precedenza, nella definizione del reato, la condotta si manifesta con un comportamento umano esteriore. Esso può consistere in un’AZIONE, quindi FARE una certa cosa vietata dalla norma, ad esempio minacciare una persona art. 612 c.p., ovvero, la condotta può assumere la forma negativa dell’OMISSIONE cioè NON FARE una certa cosa prescritta dalla legge; si verifica nei casi in cui c’è una condotta cosciente ed omissiva da parte del soggetto attivo (ad esempio omessa denuncia da parte del Pubblico Ufficiale art. 361 c.p. è il caso di reato omissivo proprio). b) L’evento L’evento è il risultato della condotta posta in essere dal REO. L’evento può avere vari effetti: fisico o materiale quando viene modificata la struttura fisica del bene tutelato; fisiologico riguarda l’integrità fisica di una persona; psicologico quando viene intaccata la sfera psichica di una persona. Vi sono reati in cui non serve che si verifichi l’evento, ma è sufficiente che si ponga in essere una determinata condotta vietata; si tratta dei cosiddetti “Reati di pura condotta” ad esempio il reato di guida in stato di ebbrezza art. 186 del Codice della Strada. c) Il nesso di causalità Il nesso di causalità (art. 41 codice penale) lega l’EVENTO alla CONDOTTA. Quanto affermato si ricollega al dettato dell’art. 27 della costituzione “La responsabilità penale è personale”, in altri termini si esclude qualsiasi responsabilità per fatti altrui. Differentemente dalla procedura sanzionatoria amministrativa, nel diritto penale sostanziale non esiste la figura dell’obbligato in solido. Il nesso di causalità è escluso quando l’evento si è verificato per il sopravvenire di cause eccezionali ad esempio il pedone investito che viene trasportato in ospedale e lì decede per ritardi nelle cure, in questo caso l’automobilista non sarà responsabile della morte dell’investito, - cosa di cui invece dovranno rispondere i sanitari intervenuti -. “Un’azione deve considerarsi causa dell’evento, quando senza di essa l’evento non si sarebbe verificato”. Di fondamentale importanza sono i principi stabiliti dall’art. 41 del codice penale. Di fatto, “accertato che la condotta (azione o omissione) sia stata la causa dell’evento, l’eventuale concorso di cause PREESISTENTI, SIMULTANEE o SOPRAVVENUTE, non escludono il nesso di causalità” Il secondo comma stabilisce che “le cause SOPRAVVENUTE, quando da sole sono state SUFFICIENTI a determinare l’EVENTO, per l’azione o omissione se costituiva reato, verrà APPLICATA la pena per essa stabilita”. Nel caso dell’esempio sopraindicato del pedone investito, essendo le cause sopravvenute (ritardi nelle cure) state sufficienti a determinare l’evento, l’automobilista risponderà unicamente del reato di lesioni colpose art. 590 c.p.. Per una lettura chiara della norma bisogna domandarsi. Nel momento in cui la causa successiva è intervenuta, l’efficacia causale della condotta era ancora attiva ed operante o si era esaurita? In ogni caso la causa sopravvenuta per essere tale non deve sfruttare in nessun modo l’efficacia causale della condotta del REO. 2.2. L’elemento soggettivo di un reato L’elemento soggettivo di un reato è l’elemento che sta nella psiche di chi lo commette, detto appunto elemento psicologico. Come stabilito dall’art. 42 c. 1 codice penale, “Perché una condotta umana sia qualificabile come REATO è necessario che sia COSCIENTE e VOLONTARIA. a) Coscienza: facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell' esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino. Consapevolezza, capacità di valutare e giudicare. b) Volontà: facoltà propria dell' uomo di tendere con decisione e piena autonomia alla realizzazione di fini determinati. Se un Tizio alla guida del suo veicolo, in coda, viene tamponato da Caio e a causa di questo urto viene spinto in avanti andando a collidere con il veicolo che lo precede e il conducente di quest’ultimo Sempronio riporta lesioni. Ebbene Tizio non sarà responsabile del reato di lesioni colpose nei confronti di Sempronio, perché l’urto è avvenuto senza coscienza e senza volontà. Diversamente è la responsabilità di Caio in quanto poteva essere cosciente che la sua condotta di guida poteva determinare un evento simile. Se una persona in stato di incoscienza dovuta ad uno stato febbrile delirante, rivolge delle parole offensive nei confronti dell’infermiera, non potrà essere punito per il reato di ingiurie in quanto si trovava in uno stato di incoscienza. 2.3 L’elemento PSICOLOGICO del REATO Secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 42 del codice penale “Nessuno può essere punito per un fatto-reato se non l’ ha commesso con DOLO, salvo in casi di DELITTO PRETERINTENZIONALE o COLPOSO. a) IL DOLO Reato commesso SECONDO L’INTENZIONE. Il soggetto attivo (reo) ha preveduto e voluto che con la sua condotta si verificasse l’evento. La sussistenza del dolo passa attraverso due momenti: Il momento rappresentativo, quello che il soggetto attivo si rappresenta prima della sua condotta. Ad esempio Tizio si impossessa di un bene scambiandolo per quello di sua proprietà (la rappresentazione non è quella dell’impossessamento della cosa altrui). Il momento volitivo, quando il soggetto attivo pone in essere con volontà quanto prima si era rappresentato. Esistono varie forme di dolo: 1) il dolo diretto l’evento conseguito è quello voluto; 2) il dolo indiretto il risultato della condotta pur rappresentata non è voluto e a sua volta si divide in: 2.1 ) dolo eventuale il soggetto attivo prevede il realizzarsi di un evento, pur tuttavia ne accetta il rischio. Ad es. il terrorista che pone una carica di esplosivo in un edificio per farlo crollare, in questo caso accetta anche il rischio che taluno possa perire; 2.2) dolo alternativo dall’azione rappresentata possono verificarsi due eventi, ed è indifferente per il reo quale si produrrà in concreto; 2.3) dolo indeterminato l’azione posta in essere non è determinata Tizio spara contro due persone indifferente del risultato. 3) il dolo d’impeto il reato è frutto di una decisione d’impeto (impeto: forza che investe in modo violento e indiscriminato); 4) il dolo specifico si ha quando la norma esige che il soggetto abbia agito per un fine particolare. Nel caso del reato di furto art. 624 c.p. la norma specifica “al fine di trarne profitto..” in caso si realizzi questo fine si ha il cosiddetto dolo specifico. In tema di dolo la Suprema Corte si è così espressa sentenza il 25.11.1986 “…si precisino tutte le circostanze nelle quali il soggetto ha commesso la sua azione e ci si chieda se lo stato d’animo di una persona delle stesse capacità e in quelle circostanze è normalmente caratterizzata da quelle possibilità di prevedere l’evento verificatosi”. b) LA PRETERINTENZIONE Reato commesso OLTRE L’INTENZIONE. Si ha nel caso in cui il reo ha la volontà di un evento minore, ma se ne verifica uno più grave. La giurisprudenza dominante identifica la “Preterintezione” in un dolo misto a colpa, ossia il dolo per l’evento minore rappresentato e la colpa per l’evento maggiore verificatosi. In concreto è molto difficile distinguere il dolo eventuale dalla preterintenzionalità. Nel codice penale solo nell’art. 584 è contemplato un delitto preterintenzionale “Omicidio preterintenzionale”. c) LA COLPA Reato commesso CONTRO L’INTENZIONE. Secondo quanto stabilito dall’art. 43 del codice penale “Si ha reato colposo quando l’evento prevedibile o preveduto, non sia voluto dall’agente, ma si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. Negligenza, imprudenza, imperizia significa in sostanza non prevedere ciò che, facendo normale uso dei nostri poteri di attenzione, avremmo potuto prevedere. Se Tizio butta un mozzicone di sigaretta in campagna ove c’è dell’erba secca e da ciò ha inizio un incendio. Ebbene tale reato sarà di natura colposa perché l’evento sebbene non voluto era comunque prevedibile. I casi di colpa generica: Imprudenza: atto o comportamento palesemente contrastante con le norme di sicurezza dettate dalla ragione o dall' esperienza. Negligenza: grave disattenzione o dimenticanza. Consiste in un comportamento omissivo contrastante con i specifici doveri che impongono una condotta sollecita. Imperizia: mancanza di abilità e di preparazione specifica, si fonda sull’ignoranza e sulla scarsa pratica. I casi di colpa specifica: inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Ad esempio un automobilista che pur rispettando le norme del Codice della strada, per distrazione (negligenza), non vede un pedone e lo investe cagionandogli lesioni; ci troveremo nel caso di colpa generica. Diversamente nel caso dell’automobilista che sprezzante di ogni regola ad una velocità oltre il limite consentito investe un pedone sull’attraversamento pedonale (inosservanza di leggi) cagionandogli lesioni; si concreterà l’ipotesi di colpa specifica. 3. LE FORME DEL REATO La prima grande distinzione tra i vari tipi di reato prevista dal diritto penale sostanziale è quella prevista all’art. 39 del codice penale: “I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni”. I delitti riguardano i reati di maggiore gravità, mentre le contravvenzioni riguardano reati di lieve entità, ma che comunque possono turbare il quieto vivere sociale L’unico modo per capire se un reato è un delitto o una contravvenzione è dato dal tipo di pena per esso prevista. 3.1 I delitti Sono delitti i reati per i quali è prevista la pena: dell’ergastolo (art. 22 c.p. si sconta con la condanna a vita); della reclusione (art. 23 c.p. si sconta con la detenzione in carcere da 15 giorni a 24 anni); la multa (art. 24 c.p. si sconta con il pagamento di una somma non inferiore a euro 5 né superiore a euro 5.164). Le pene accessorie (artt. 28 e segg. c.p.) per i delitti sono: interdizione dai pubblici uffici (temporanea o permanente); interdizione da una professione o un arte (da un mese a cinque anni); interdizione legale (perpetua o temporanea – perdere la facoltà di amministrare beni); interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche; incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione; decadenza o la sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale; la pubblicazione della sentenza di condanna nel caso di ergastolo e negli altri casi previsti dalla legge. Le pene accessorie rendono maggiormente punitiva la pena principale. Questa è inflitta dal Giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto. 3.2 Le contravvenzioni Sono contravvenzioni i reati per i quali è prevista la pena: dell’arresto (art. 25 c.p. si sconta con la detenzione in carcere da cinque giorni a tre anni); dell’ammenda (art. 26 c.p. si sconta con il pagamento di una somma non inferiore a euro 2 né superiore a euro 1.032). Le pene accessorie (artt. 28 e segg. c.p.) per le contravvenzioni sono: la sospensione dell’esercizio di una professione o un’arte (da quindici giorni a due anni); la pubblicazione della sentenza penale di condanna. 3.3 Altre distinzioni di reato Reati di evento o pura condotta: Nei primi è necessario che si verifichi un certo evento, nei secondi è sufficiente che l’autore assuma una certa condotta. Ad esempio nel reato di danneggiamento art. 635 c.p. l’evento è la trasformazione del bene oggetto del reato (reato di evento). Nel reato di rifiuto di atti d’ufficio – omissione artt. 328 c.p., il reato si concretizza con la sola condotta omissiva (reato di pura condotta). Reati propri o reati comuni I primi possono essere commessi solo da determinate categorie di persone ad esempio il reato di falso materiale commesso dal Pubblico Ufficiale art. 477 c.p. (reato proprio perché è riservato ad un comportamento che può commettere solo il P.U.). I reati comuni sono quelli che possono essere commessi da tutte le categorie di persone ad esempio il reato di truffa art. 640 c.p. “Chiunque, con artifizi o raggiri, ……”. Reati istantanei o reati permanenti Si ha reato istantaneo quando il reato si perpetra e si realizza in un solo istante (ad esempio il furto, rapina, danneggiamento). Il reato è permanente quando la lesione del bene protetto perdura nel tempo, sino a quando vuole il soggetto attivo del reato. Ad esempio il sequestro di persona art. 605 c.p. l’azione perdura sino a quando la vittima è privata della sua libertà personale. Reati di danno o reati di pericolo Per i reati di danno la condotta deve ledere il bene tutelato, per i i reati di pericolo è sufficiente che il bene tutelato sia messo in pericolo ad esempio il reato di attentato al Presidente della Repubblica art. 276 c.p.. 4. LA CONSUMAZIONE DEL REATO ED IL TENTATIVO Solo per i reati appartenenti alla categoria dei “Delitti di natura dolosa” il codice di procedura penale all’art. 56 si occupa anche del solo tentativo a commetterli. Un reato si dice consumato quando nel fatto sono presenti tutti gli elementi che caratterizzano la norma incriminatrice. Un reato (in questo caso solo per i delitti) si dice tentato quando il reo si attiva per compiere un reato, ma questo non si realizza per cause estranee alla sua volontà. “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”. Atti idonei: sono tali gli atti dotati di una potenziale attitudine a sfociare in un delitto. Atti diretti in modo non equivoco: tutti quegli atti che messi insieme esprimono la direzione verso un delitto. Se l’azione non si compie o l’evento non si verifica Tizio vuole compiere un furto in abitazione, ma non riesce a scassinare la porta d’ingresso (azione non si compie); Caio forza il bloccasterzo di un ciclomotore, riesce a metterlo in moto, percorre pochi metri, ma il proprietario lo raggiunge e riesce a bloccarlo (l’evento non si verifica). Per concludere, si ha il tentativo quando la mancata consumazione del delitto sia “indipendente” dalla volontà del soggetto attivo. Diversamente, secondo quanto stabilito dagli ultimi due comma del citato art. 56 c.p., in caso la mancata consumazione sia “dipendente” dalla volontà del soggetto attivo, ci troviamo di fronte a “desistenza volontaria” o “ravvedimento”. Desistenza volontaria: Il soggetto attivo animato dalla volontà di commettere un delitto, compie i primi atti esecutivi, ma poi si ferma, senza che nessuno o niente gli imponga una tale risoluzione (non termina l’azione). Tale comportamento escluderà la punibilità in ordine al tentativo, ma non quella ai reati commessi. Esempio Tizio si introduce in una proprietà privata con l’intento di commettere un furto, ma ad un certo punto volontariamente decide di rinunciare. Ravvedimento: qualificabile come una sorta di circostanza attenuante, è il caso di chi ha compiuto interamente l’azione criminosa, ma nello spazio di tempo tra l’ultima azione e il verificarsi dell’evento, impedisce il verificarsi dell’evento stesso (impedisce l’evento). Esempio Tizio spara a Caio con intento omicida, ma immediatamente ravvedutosi di ciò che ha fatto, lo porta in ospedale perché possa essere salvato. 5. LE CAUSE DI ESCLUSIONE E DI GIUSTIFICAZIONE DEL REATO 5.1 Cause soggettive di esclusione dal reato. Come già trattato in precedenza l’elemento soggettivo o psicologico di un reato viene individuato nel dolo, colpa o preterintenzionalità. Vi sono però, determinate cause o situazioni psicologiche che pur avendo indotto taluno a commettere un reato, escludono la responsabilità penale di un fatto. • Art. 45 c.p. CASO FORTUITO O FORZA MAGGIORE “Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Cosa è il caso fortuito? Quando l’evento costitutivo del fatto non era previsto o non era prevedibile (causa imprevedibile). Ad esempio se un automobilista rispettando tutte le regole del Codice percorre una strada e investe un cane in corsa che gli attraversa la strada. L’automobilista non potrà rispondere di “uccisione di animale”. Cosa è la forza maggiore? E’ una forza o un insieme di forze esterne alla volontà dell’uomo e ad esso irresistibili (causa irresistibile). Ad esempio un conducente sulla sua auto viene sollevato da una tromba d’aria, il veicolo capovolgendosi investe una persona uccidendola. • Art. 46 c.p. COSTRINGIMENTO FISICO “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l’autore della violenza”. La violenza fisica deve essere di una persona su di un’altra persona, per chi la subisce è come se fosse una forza maggiore alla quale non poteva sottrarsi. Ad esempio Tizio con la forza viene costretto a firmare un atto falso. • Art. 47 c.p. ERRORE DI FATTO “L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente. Non di meno, se si tratta di un errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. Cosa è l’errore di fatto? E’ una falsa rappresentazione della realtà. Cosa è l’errore di diritto? E’ il caso di errata rappresentazione di una norma. Perché possa sussistere questa causa soggettiva di esclusione dal reato deve trattarsi di un delitto per il quale è previsto il dolo. Tizio alla fine della lezione ripone tutti i suoi oggetti nella borsa, tra cui un libro che pensava essere suo, ma in realtà è del compagno di banco (errore sul fatto). La punibilità invece non è esclusa nel caso di delitti colposi, ad esempio Tizio a caccia spara dietro un cespuglio pensando ci sia un animale (falsa rappresentazione della realtà), in realtà c’è una persona, nel caso di morte risponderà di omicidio colposo. Il secondo comma dell’art. 47 c.p. “L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso”. Ad esempio tizio ruba un auto pensando che su quest’auto non via sia nulla da temere (errore sul fatto), in realtà occultate nel bagagliaio vi sono sostanze stupefacenti. Qualora si dimostrasse la sua estraneità risponderà del reato di furto aggravato, non già per quello di detenzione di sostanze stupefacenti. L’ultimo comma dell’art. 47 c.p. “L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato”. Ad esempio Tizio occupa una parte di terreno non sua a causa di un errore di trascrizione sui fogli catastali da parte dell’Ufficio competente. Tizio non potrà rispondere del reato di cui all’art. 633 c.p. “Invasione di terreni”. • Art. 48 c.p. ERRORE DETERMINATO DALL’ALTRUI INGANNO “Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo”. Ad esempio non risponderà del reato di favoreggiamento chi ha ospitato un latitante, se colui che lo ha convinto ad ospitarlo gli ha taciuto tale circostanza (risponderà chi ha teso l’inganno). • Art. 49 c.p. REATO SUPPOSTO ERRONEAMENTE E REATO IMPOSSIBILE “Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato”. Il primo comma dell’art. 49 c.p. prevede il caso di reato “putativo” ossia esistente solo nella mente di chi commette il fatto ma non nella realtà. Ribadendo quindi il dettato dell’art. 1 del c.p. “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato…”. Esempio classico Tizio che fa il pastore, fa pascolare abusivamente gli ovini in un terreno che pensa di proprietà di un altro, senza sapere che da poco quel terreno è diventato proprietà del suo datore di lavoro proprietario degli ovini stessi. Il secondo comma “La punibilità è altresì esclusa quando, per l’inidoneità dell’azione o per la inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso” E’ il caso del reato “impossibile” sia perché l’azione è inidonea ovvero perché l’oggetto è inesistente. Ad esempio tizio spara con una pistola ad un aereo di linea che vola ad alta quota (inidoneità dell’azione). Tizio spara contro una casa senza sapere che quell’edificio è abbandonato da tempo (inesistenza dell’oggetto). Il terzo comma stabilisce “nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso. Negli esempi precedenti tizio potrà rispondere di porto abusivo d’arma e di danneggiamenti. 5.2 Cause oggettive di esclusione dal reato In alcuni casi determinate condotte, che di regola costituiscono un reato, non sono considerate tali perché è la legge stessa che le autorizza; sono quindi le cosiddette: CAUSE di GIUSTIFICAZIONE o di NON PUNIBILITA’ Esse possono essere: comuni o generali in quanto se ne può giovare chiunque venga a trovarsi nelle condizioni previste da apposite norme; speciali o particolari in quanto se ne possono giovare soltanto i pubblici ufficiali (solo l’art. 53 c.p.). • Art. 50 c.p. CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”. Questo articolo stabilisce che non è punibile chi commette il fatto reato che lede o mette in pericolo un diritto, con il consenso della persona titolare del diritto stesso. Ad esempio se Tizio invita Caio a casa sua, quest’ultimo non risponderà di violazione di domicilio. Bisogna capire però quali sono i diritti di cui una persona può validamente disporre. Sono indisponibili quei diritti che soddisfano oltre l’interesse individuale del titolare, anche interessi superindividuali che appartengono alla collettività; quali per esempio gli interessi che fanno capo allo Stato, alla incolumità pubblica e alla fede pubblica. Sono pienamente disponibili gli interessi patrimoniali, quelli relativi alla personalità morale e parzialmente alla integrità fisica purchè non portino danni permanenti alla persona o alla morte. E’ importante capire da chi proviene il consenso. Non potrà essere legittimo un consenso: dal minore degli anni 18; da persona parzialmente o totalmente incapace di intendere o volere; da persona a cui il consenso sia stato estorto con violenza. Il consenso deve essere dato prima del fatto. • Art. 51 c.p. ESERCIZIO DI UN DIRITTO E ADEMPIMENTO DI UN DOVERE “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”. Questo primo comma dell’articolo in esame distingue due diversi casi di non punibilità: il primo riguarda chi difende ed esercita un proprio diritto; ad esempio il privato cittadino che per tutelare la sua proprietà mette del filo spinato sulla recinzione o dei cocci di bottiglia, non potrà essere imputato per le eventuali lesioni patite dai ladri. Va da sé che tali “misure” devono essere proporzionali al bene tutelato. Il secondo riguarda invece il dovere di adempiere ad una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità; ad esempio l’agente di polizia che venuto a conoscenza del perpetrarsi di un reato si introduce nella proprietà privata, quest’ultimo non sarà imputabile di violazione di domicilio. Ovvero, l’agente di polizia che per dare esecuzione ad un ordinanza di custodia cautelare arresta un individuo, non risponderà di sequestro di persona. Occorre una puntualizzazione sull’ordine dell’Autorità, esso deve essere tipico cioè previsto dalla legge e l’Autorità deve avere facoltà ad emanarlo. Per chiarire, un Pubblico Ministero non potrà mai emanare un ordine non previsto dal codice di procedura penale o da leggi speciali (tipico), allo stesso modo un decreto di perquisizione locale può essere emanato solo da un Pubblico Ministero non certo dal Sindaco (Autorità che ha facoltà). Questioni sono emerse sul rispetto dell’ordine da parte del subordinato. Quest’ultimo può rifiutarsi di eseguirlo quando sia manifestamente illegittimo. In ogni caso qualora esegua un ordine che non era legittimo deve per lo meno dimostrare di aver vagliato la legalità “apparente” in quanto in certe situazioni di emergenza è ben difficile che si possa esaminare il contenuto sostanziale dell’ordine. • Art. 52 DIFESA LEGITTIMA “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall' articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un' arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d' aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all' interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un' attività commerciale, professionale o imprenditoriale". La norma concede la possibilità al privato di difendersi quando non può farlo lo Stato direttamente. Per meglio comprendere il concetto di legittima difesa è necessario chiarire alcuni termini espressi dalla norma; Il diritto può essere proprio o altrui (difesa altruistica). Di che diritti si parla? diritti personali che riguardano l’incolumità fisica e della vita; diritti patrimoniali inerenti la proprietà; diritti morali riguardanti l’onore, la riservatezza ecc. Il pericolo deve essere attuale nel senso che la probabilità che uno dei diritti di cui sopra si possa ledere è “attuale” quindi presente, incombente, in evoluzione. Non deve essere esaurito, non deve essere futuro. L’ offesa deve essere ingiusta ossia tutto ciò che lede un diritto, deve essere ingiusto cioè contrario alle leggi. “Colui il quale si trova di fronte ad un’aggressione ingiusta rivolta contro un qualsiasi diritto suo o di un terzo e non ha altra possibilità di difendesi, che quella di commettere un reato, è autorizzato a farlo, a condizione che commetta il fatto strettamente necessario ai fini della difesa”. Cosa si intende per proporzionalità della difesa? Ci deve essere proporzione sia tra i mezzi (offensivi e difensivi) sia tra il male minacciato e male inflitto. Ad esempio non è giustificato uccidere per difendere un bene patrimoniale. Diverso il caso del gioielliere che subisce una rapina da un individuo armato e questi reagendo uccide il rapinatore. In questo caso la minaccia era sia patrimoniale sia sulla vita. Recente è l’introduzione con legge 13 febbraio 2006, n. 59 del secondo comma dell’art. 52 c.p. in esame, volto a contrastare il vasto fenomeno delle rapine in abitazione o nei luoghi di lavoro. Laddove vi sia una violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e vi sia la necessità di difendere la propria e l’altrui incolumità, ovvero, beni propri o altrui e non via sia desistenza e vi sia pericolo di un’aggressione, è possibile usare come legittima difesa un' arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo. Ciò vale anche se il fatto si verifica all’interno di un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale. • Art. 53 c.p. USO LEGITTIMO DELLE ARMI Stralcio “…..non è punibile il Pubblico Ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona”. Come già anticipato, questa norma disciplina una causa di giustificazione speciale, destinata a tutelare il Pubblico Ufficiale che in determinate circostanze della propria attività, commette reato. Questa disposizione non dice sei autorizzato a ….., ma dice se spari, se percuoti, commetti comunque reato, ma sarai esente da pena se hai agito nell’esercizio dei tuoi doveri. Pubblico Ufficiale: oltre alla definizione propria prevista all’art. 357 c.p. di cui si parlerà in seguito, questa norma fa più riferimento a quei P.U. appartenenti alla forza pubblica quindi ad un Organo di Polizia dello Stato o Locale dotati di una propria organizzazione e armi. Mezzi di coazione fisica: i P.U. appartenenti ad un Organo di Polizia oltre a ad essere dotati di armi (con cui varie norme regolamentari ne disciplinano la dotazione) possono far uso di altri mezzi di coazione fisica. D’interesse per tutti gli operatori di Polizia è approfondire cosa sono i mezzi di coazione fisica: essi sano strumenti atti a realizzare lo scopo previsto dall’esaminato art. 53 c.p. e in dotazione, sulla scorta di leggi o norme regolamentari, ai vari Organi di Polizia. Il primo mezzo di coazione fisica che naturalmente può essere usato è la forza fisica dell’operatore, per citarne altri: i cani antisommossa; le manette di sicurezza; le bande chiodate per l’arresto coattivo di veicoli ecc. ecc. . Costretto dalla necessità, quindi una circostanza inderogabile e indifferibile. Violenza: è quella forza fisica o morale che costringe l’Autorità a prendere una determinata decisione. Resistenza: è quella forza fisica o morale tesa a non adempiere ad un ordine dell’Autorità o ad ostacolare l’Autorità medesima a compiere un atto del proprio ufficio. Impedire la consumazione dei delitti di … questa situazione rappresenta il caso del tentativo, se tali delitti fossero già consumati l’esimente sarebbe quella prevista all’art. 51 c.p. “Adempimento di un dovere”. • Art. 54 c.p. STATO DI NECESSITÀ “Non è punibile chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”. Questa disposizione tutela colui il quale si trova di fronte ad un pericolo di grave danno alla propria o all’altrui persona e non ha altra possibilità di salvarsi dal pericolo che quella di commettere un fatto come reato. Si parla di grave danno alla persona e non di un’offesa ingiusta e il pericolo deve essere rappresentato da una forza naturale e non da una forza umana (altrimenti si avrebbe la legittima difesa). L’esempio classico di scuola è quello del naufrago che trovandosi su di una scialuppa di fortuna che sta anch’essa per affondare per il troppo peso, getta in acqua un altro naufrago per alleggerirla. La valutazione successiva sarà quella di verificare il pericolo attuale (la scialuppa stava veramente affondando o era un timore del naufrago salvatosi), vi era un’altra soluzione praticabile? (es. chiedere aiuto alla scialuppa vicina). Capitolo 3 IMPUTABILITA’, CIRCOSTANZE SUL REO E MISURE DI SICUREZZA 1. L’IMPUTABILITA’ L’art. 85 del codice penale stabilisce un principio fondamentale sul legame tra la persona che commette il reato e la possibilità che essa sia imputabile del reato stesso e quindi assoggettabile ad una pena. “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui l’ ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere”. Ne deriva che è imputabile solo chi ha la capacità d’intendere e di volere Una persona è capace d’intendere: se è in grado di rendersi conto del valore sociale dell’atto che compie. Una persona è capace di volere: se è in grado di azionare le proprie energie fisiche per agire così come si è deciso. Riprendendo l’art. 42 c.p. “Un reato per essere tale deve essere il frutto di una condotta cosciente e volontaria” integrando con l’art. 85 c.p. si ha “perché il suo autore sia punibile, è necessario che nel momento in cui commette il fatto sia imputabile (capace di intendere e volere)”. Nel diritto penale sono stabilite alcune cause che ESCLUDONO o DIMINUISCONO la capacità d’INTENDERE o di VOLERE. Laddove essa sia esclusa il reo non è soggetto a pena, laddove invece è diminuita il reo sarà soggetto ad una pena ridotta stabilita dal Giudice. Le CAUSE che ESCLUDONO: soggetti minori degli anni 14 (esclusione assoluta); soggetti infermi di mente (da stabilire con perizie psichiatriche). Le CAUSE che DIMINUISCONO: la minore età compresa tra i quattordici e i diciotto anni (la norma non introduce alcuna presunzione né di incapacità né di capacità, ma rimette al Giudice l’accertamento della imputabilità del soggetto); l’ubriachezza derivante da caso fortuito o di forza maggiore; lo stato di intossicazione da alcol o da droghe di cui si sia fatto uso per caso fortuito o forza maggiore; la cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti (l’ubriachezza è una fase acuta destinata a scemare nel tempo, mentre la cronica intossicazione è dovuta all’alterazione fisica e psichica del soggetto. L’art. 88 e 89 c.p. stabiliscono che l’infermità mentale esclude l’imputabilità quando è di natura e grado tali da eliminare completamente la capacità d’intendere o di volere. Quando invece l’infermità mentale sia tale da ridurre grandemente detta capacità senza escluderla, l’agente risponde del reato, ma la pena è diminuita) il sordomutismo (il legislatore non ha voluto stabilire a priori se il sordomutismo è o meno una causa di in imputabilità, perché nell’attuale società alcuni sordomuti per le cure ricevute si possono considerare sani. Sarà il Giudice ad accertare di volta in volta in che misura il sordomutismo possa influire sulla imputabilità). Le CAUSE che NON ESCLUDONO e NON DIMINUISCONO: L’ubriachezza volontaria o derivante da imprudenza o negligenza; gli stati emotivi o passionali; l’ubriachezza abituale (comporta un aumento di pena) ! " 2. LA RECIDIVA NEL REATO Nel codice penale sono disciplinate delle forme specifiche di PERICOLOSITA’ CRIMINALE e sono: LA RECIDIVA, L’ABITUALITA’, LA PROFESSIONALITA’ nel reato e LA TENDENZA a DELINQUERE. Nei casi di recidiva vi è un aumento della pena, negli altri casi vi è l’applicazione di una misura di sicurezza. RECIDIVA SEMPLICE: il soggetto commette un reato (non della stessa indole) dopo aver riportato una condanna divenuta irrevocabile (aumento della pena sino ad un sesto). RECIDIVA SPECIFICA: il soggetto condannato per un reato ne commette un altro della stessa indole (aumento della pena sino ad un terzo). RECIDIVA INFRAQUINQUENNALE (generica o specifica): il soggetto commette reato entro cinque anni dalla dichiarazione di condanna. RECIDIVA REITERATA: quando a seguito di dichiarazione da parte del Giudice di una delle recidive sopraccitate, il soggetto commette nuovamente reato. 3. L’ABITUALITA’ NEL REATO Gli articoli 102, 103 e 104 del codice penale disciplinano l’abitualità del reo a commettere un reato e può essere: PRESUNTA dalla LEGGE (art. 102 c.p.) è dichiarato obbligatoriamente dal Giudice delinquente abituale chi, condannato per tre delitti non colposi della stessa indole commessi entro 10 anni e non riportati con sentenza unica di condanna alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni, riporta entro 10 anni dall’ultima condanna altra condanna per delitti dolosi della stessa indole. Si intende presunta in quanto in questo specifico caso il Giudice deve soltanto fare una constatazione dei fatti e dichiarare il reo “delinquente abituale”; RITENUTA dal GIUDICE (art. 103 c.p.) Il soggetto già condannato per due delitti non colposi, riporta un’altra condanna per un delitto non colposo; il Giudice può, sulla base della gravità, del periodo e delle condizioni di vita, ritenere il REO dedito al DELITTO; ABITUALITA’ nelle CONTRAVVENZIONI (art. 104 c.p.) si ha quando un soggetto dopo essere stato condannato alla pena dell’arresto per 3 contravvenzioni della stessa indole, riporta condanna per un’altra contravvenzione pure della stessa indole. Il tutto tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del reo. Queste QUALIFICHE sopraindicate esprimono un giudizio di notevole pericolosità criminale e le conseguenze sono: applicazione delle misure di sicurezza; inapplicabilità dell’amnistia o dell’indulto; inapplicabilità della sospensione condizionale della pena; inapplicabilità delle attenuanti generiche. PROFESSIONALITA’ nel REATO (art. 105 c.p.) chi già dichiarato abituale, riporta una condanna per un altro reato, è DICHIARATO delinquente o contravventore PROFESSIONALE (sempre avuto riguardo delle modalità con cui ha commesso il reato). LA TENDENZA a DELINQUERE (art. 108 c.p.) è la qualifica di massima pericolosità da attribuirsi a delinquenti particolarmente malvagi e privi di ogni senso morale. 4. LE MISURE AMMINISTRATIVE DI SICUREZZA Esse costituiscono mezzi di prevenzione individuale della delinquenza. In pratica se un soggetto è particolarmente incline a commettere un tipo di reato gli verrà applicata una misura atta a prevenire una qualsiasi situazione per la commissione di un fatto. La misura di sicurezza ha anche finalità di riadattare il reo alla vita sociale. Si applicano in via ESCLUSIVA con PROVVEDIMENTO del GIUDICE agli inimputabili (pur non potendo essere soggetti a pena per via dell’incapacità d’intendere e volere, potranno essere sottoposti a misura di sicurezza); in via cumulativa ai semi imputabili e agli imputabili. Sebbene siano state denominate misure amministrative di sicurezza si possono ritenere a valenza giurisdizionale. Chi viola tale misure è soggetto alla rivisitazione delle misure stesse con alcune più severe. Su di esse vigila il Giudice di Sorveglianza. Le misure di sicurezza si distinguono in: personali detentive l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro; il ricovero in una casa di cura o di custodia; il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario; il ricovero in un riformatorio (per i minori). personali non detentive la libertà vigilata; il divieto di soggiorno in uno o più comuni; il divieto di frequentare luoghi di aggregazione. patrimoniali la cauzione di buona condotta; la confisca di beni a favore dello Stato. 5. LE MISURE DI PREVENZIONE Diverse dalle misure di sicurezza, sono le misure di prevenzione che sono applicate dall’Autorità di Pubblica Sicurezza a persone abitualmente dedite a traffici delittuosi a prescindere che ci sia stata o meno la commissione di un delitto. Vedasi Legge 1423/1956 e 646/1982. 6. REATO DI BASE E REATO CIRCOSTANZIATO Si ha reato base quando un fatto ha tutti gli elementi necessari perché il reato esista. Il reato però, può essere accompagnato da delle circostanze accessorie che possono determinare una maggiore o minore gravità del fatto con conseguente aumento o diminuzione della pena. Esse si distinguono in: circostanze aggravanti comuni (art. 61 c.p.): 1. l’aver agito per motivi abietti o futili; 2. l’avere commesso un delitto per eseguirne o occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di un altro reato; 3. l’aver nei delitti colposi agito nonostante la previsione dell’evento; 4. l’aver usato sevizie o agito con particolare crudeltà; 5. l’aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo, o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa; 6. l’aver commesso il fatto durante lo stato di latitanza; 7. l’aver cagionato un ingente danno patrimoniale alla persona offesa dal reato; 8. l’aver aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso; 9. l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio o alla qualità di ministro del culto; 10. l’aver commesso il fatto contro il Pubblico Ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o un ministro dei culti ammessi, ovvero contro un Agente Diplomatico o Consolare nell’esercizio o a causa dell’adempimento delle loro funzioni; 11. l’aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche o di ufficio o di prestazione d’opera o di coabitazione o di ospitalità. Circostanze attenuanti comuni (art. 62 c.p.): 1. L’aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale; 2. l’aver agito in stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui; 3. l’aver agito per suggestione di folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati ed il responsabile non è delinquente abituale o professionale o per tendenza, ovvero contravventore abituale o professionale; 4. l’aver cagionato all’offeso un danno di lieve entità nei reati contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio; 5. l’aver concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa; 6. l’aver prima del giudizio risarcito interamente la parte offesa o essersi adoperato spontaneamente ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Altre distinzioni: circostanze aggravanti o attenuanti comuni quando riguardano un numero definito di reati (art. 61 e 62 c.p.); circostanze aggravanti o attenuanti speciali quando sono riferite ad un’unica figura di reato ad esempio l’art. 625 c.p. elenca le aggravanti rispetto al reato di furto art. 624 c.p.; circostanze aggravanti o attenuanti comuni o speciali ad effetto ordinario quelle che prevedono un aumento o una diminuzione della pena non superiore ad un terzo della stessa specie di pena prevista per il reato ordinario; circostanze aggravanti o attenuanti comuni o speciali ad effetto speciale quelle che prevedono un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo della stessa specie di pena prevista per il reato ordinario. 7. IL CONCORSO DI REATI Il concorso di reati si realizza nel momento in cui una persona commette una pluralità di reati che si possono contestualizzare in un periodo di tempo ristretto. Si può avere il CONCORSO MATERIALE di REATI (omogeneo o eterogeneo) quando l’agente compie più reati con più azioni o omissioni. Ad esempio Tizio commette una rapina, poi scappando a bordo di un auto investe un pedone (due azioni due reati diversi – concorso materiale eterogeneo ). Tizio si sposta da una città all’altra per compiere rapine (concorso materiale omogeneo). Al riguardo del calcolo della pena si applicherà la somma aritmetica inflitta per ciascun reato, secondo il sistema del cumulo materiale temperato (artt. 72 e segg. c.p.). Si può avere il CONCORSO FORMALE di REATI (omogeneo o eterogeneo) quando l’agente con un’unica azione viola più volte la legge penale. Ad esempio Tizio sparando con una pistola ferisce una persona e danneggia una vetrina (una sola azione, due reati differenti – concorso formale eterogeneo -). Tizio con una parola ingiuria più persone (concorso formale omogeneo). In questo caso la pena viene calcolata con il sistema più favorevole al reo, con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino ad un triplo. La finalità della disciplina del concorso di reati è quella di limitare l’entità della pena da irrogare per chi deve essere giudicato per più reati, tutto ciò per una finalità rieducativa della pena. 8. IL REATO CONTINUATO Si ha reato continuato quando con più azioni o omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso, si commettono anche in tempi diversi più reati di una stessa o di una diversa disposizione di legge. Ad esempio per commettere una rapina: furto dell’auto, rapina in banca, ferimento della guardia giurata, fuga e incendio dell’auto rubata. Si hanno più reati rientranti nel medesimo disegno criminoso. 9. CONCORSO DI PERSONE NEL REATO Si ha il concorso di persone nel reato art 110 c.p. (concorso criminoso) quando due o più persone partecipano alla realizzazione di un reato. Si possono distinguere due forme di concorso, quello necessario si verifica per quei reati che per loro natura devono essere commessi da due o più persone. Ad esempio la rissa art. 588 c.p. oppure la corruzione art. 318 c.p.; eventuale quando il reato può essere commesso indistintamente da una o più persone. Si ha un concorso evidente quando i coautori, partecipano all’azione esecutiva del reato attivamente ad esempio Tizio tiene bloccato Caio tanto da permettere a Sempronio di prenderlo a bastonate. Perché si abbia concorso non è sempre necessario che si partecipi attivamente. Concorso in sostanza vuol dire collaborazione. Il concorso può essere: materiale quando si fornisce un aiuto fisico Ad esempio fornire il grimaldello per effettuare un furto; morale quando si fornisce un aiuto psicologico alla commissione di un reato; omissivo quando il non fare permette la commissione di un reato. E’ necessario che la condotta del concorrente abbia portato un contributo utile al verificarsi di un reato. In caso di concorso ciascun concorrente soggiace alla pena prevista per quel reato, vi sono anche delle aggravanti previste all’art. 111 c.p., con aumento della pena se: il numero delle persone è di 5 o più; si tratta del promotore; ci si è avvalsi di persone inimputabili. Il concorso di persone si distingue dall’associazione a delinquere (art. 416 c.p.), in quanto nel primo l’accordo tra i concorrenti è di tipo occasionale, nel secondo caso si realizza quando i partecipanti sono legati da un vincolo stabile diretto alla realizzazione di un numero indeterminato di reati (una holding criminale). Capitolo 4 L’ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA 1. L’ESTINZIONE DEL REATO Le cause che intervengono e fanno venir meno la pretesa punitiva dello Stato all’applicazione della legge penale si dicono “Cause estintive del Reato” e sono: la morte del reo prima della condanna: fa cessare l’azione penale iniziata per la sua punizione; l’amnistia: è un atto proprio del Presidente della Repubblica su delega del Parlamento. Estingue quei fatti reato commessi sino al giorno precedente l’emissione del relativo decreto. Esiste l’amnistia propria quando ancora non è intervenuta la condanna ed estingue quindi l’azione penale, impropria quando è già intervenuta la condanna ed estingue quindi la pena con le relative sanzioni accessorie; la remissione di querela (istituto di cui si parlerà nel capitolo di procedura penale): quando la persona offesa da un delitto procedibile a querela e che volendo avviare l’azione penale ha presentato querela nei confronti dell’autore, con la remissione (il ritiro della querela) estingue il reato, sempre che la remissione venga accettata dal querelato; la prescrizione: nell’ambito del diritto penale è la rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva, essa estingue il reato quando dalla commissione dello stesso sia trascorso il tempo previsto dalla legge senza che sia intervenuta la sentenza di condanna. Per le contravvenzioni il tempo è pari a tre anni se puniti con la pena dell’arresto, a due anni se puniti con la sola pena dell’ammenda. Per i delitti in cinque, dieci, quindici o venti anni a seconda della pena stabilita. Se il delitto prevede la pena dell’ergastolo esso è imprescrittibile; l’oblazione (art. 162 e 162 bis c.p.): è un negozio giuridico unilaterale e consiste nel poter estinguere il reato con il pagamento di una somma di denaro quale sanzione penale. Applicabile solo ed esclusivamente alle contravvenzioni. Per quelle punite con la sola pena dell’ammenda è possibile presentare domanda di oblazione ed il contravventore è ammesso a corrispondere una somma pari ad un terzo del massimo della pena pecuniaria stabilita per il reato stesso. Per quelle in cui la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda è possibile presentare domanda di oblazione ed il contravventore è ammesso a corrispondere una somma alla metà del massimo della pena pecuniaria stabilita per il reato stesso. la sospensione condizionale della pena (art. 163 c.p.): nell’immediato sospende la pena e dopo un certo periodo la estingue. Riguarda quelle condanne (per delitti e contravvenzioni) non superiori a due anni, il Giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa, per cinque anni se si tratta di un delitto, per due anni se si tratta di una contravvenzione. Se la condanna riguarda una persona minore degli anni diciotto può raggiungere, affinché si possa avere la sospensione anche i tre anni, mentre se riguarda una persona di età superiore agli anni settanta o superiore agli anni diciotto, ma inferiore agli anni ventuno, la condanna può essere anche di due anni e sei mesi. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa a: al delinquente o contravventore abituale o professionale; alla persona a cui è stata applicata una misura di sicurezza personale; alla persona che abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa per più di una volta. il perdono giudiziale (art. 169 c.p.): applicabile solo per i minori degli anni diciotto. Nel casi di condanna per un reato o più reati che prevedono una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero ad una pena pecuniaria non superiore a euro 1.549 anche se congiunta a detta pena, il Giudice del Tribunale dei Minori può applicare il perdono giudiziale sia nel prima che nel corso del giudizio. 2 L’ESTINZIONE DELLA PENA L’estinzione riguarda quei fatti, verificatisi i quali, lo Stato rinuncia al suo diritto di fare scontare la pena già applicata. E sono: la morte del reo dopo la condanna estingue la pena; l’indulto o la grazia essi sono provvedimenti di clemenza dello Stato. La grazia è provvedimento personale concesso alla singola persona che ha subito una sentenza irrevocabile di condanna. E’ concessa esclusivamente dal Presidente della Repubblica. mentre, l’indulto è un provvedimento impersonale esso non opera sul reato, bensì sulla condanna che è in tutto o in parte condonata. Tale beneficio è concesso dal Parlamento. La liberazione condizionale o anticipata interviene nel corso dell’esecuzione della pena, allorquando il condannato abbia tenuto un comportamento che dimostri il suo ravvedimento.