Scuola Giuridica

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Traccia di diritto penale
Profili della cooperazione nel delitto colposo e criteri di imputazione della responsabilità anche
nelle ipotesi di condotta frazionata
La traccia della prova di diritto penale si manifesta di contenuto più istituzionale rispetto alle
precedenti. Il quesito posto dal tema inerisce alla corretta distinzione tra la disciplina della
qualificazione della condotta, contenuta nell'art. 42, primo comma, c.p. e quella dell'elemento
colpevolezza, contenuta nell'art. 43 c.p..
La prima norma, contenuta in un articolo di contenuto più ampio riferito ai titoli di responsabilità
nella consumazione del reato, disciplina i caratteri della condotta, commissiva od omissiva che sia,
prescrivendone il requisito della coscienza e volontà. Quest'ultimi elementi, dunque, per quanto di
natura psicologica, non costituiscono elementi della colpevolezza o dell'elemento soggettivo che dir
si voglia, ma già elementi costitutivi del fatto tipico ed in particolare di quella frazione
dell'elemento oggettivo che si definisce condotta.
Ne consegue l'esclusione della rilevanza penale di quelle condotte non riconducibili al controllo
dell'agente, quali le ipotesi di caso fortuito, forza maggiore e costringimento fisico, peraltro
specificamente disciplinate dagli artt. 45 e 46 c.p..
È con riferimento alla disciplina della coscienza e volontà della condotta, di cui all'art. 42 c.p., e
non alla struttura complessiva dei criteri di imputazione soggettiva di cui all'articolo successivo, che
si è sviluppata, con riferimento al reato colposo, la teoria della cd. coscienza volontà normativa,
contrapposta a quella psicologica di cui al reato doloso.
L'art. 43 c.p., al contrario, disciplina i criteri di imputabilità soggettiva del reato nel suo complesso e
disciplina la colpa come non volontà dell'evento (in questa norma da intendersi come evento
giuridico, ovvero come consumazione del reato nel suo insieme e non come evento naturalistico),
compatibile anche ma non necessariamente con la previsione e l'imputazione dello stesso a
negligenza, imprudenza, imperizia (cd. colpa generica) ovvero inosservanza di leggi, regolamenti,
ordini o discipline (cd. colpa specifica).
Il corretto rapporto tra l'ambito di applicazione delle due norme (qualificazione della condotta già
sul piano oggettivo per la prima, qualificazione della colpevolezza riferita alla consumazione nel
suo complesso per la seconda) consente di affrontare senza esitazioni la questione della
cooperazione nel reato colposo.
La disciplina della consumazione plurisoggettiva del reato, sia esso doloso o colposo, contenuta
negli artt. 110 e 113 c.p. manifesta due caratteristiche:
- il riferimento della tipicità non alle singole condotte dei singoli concorrenti o cooperanti;
- l'equivalenza degli apporti sotto il profilo della tipicità, salvo poi riservare al regime circostanziale
la diversificazione dei titoli di responsabilità dei singoli concorrenti o cooperanti a seconda del
ruolo concretamente assunto nella consumazione del reato.
Con riferimento al primo aspetto si può ritenere come ipotesi ordinaria consumazione del reato
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mediante condotte frazionate penalmente irrilevanti nella loro specifica individualità.
Svolte queste due premesse di inquadramento sui corretti rapporti tra tipicità e colpevolezza in
merito alla coscienza e volontarietà dell'azione e sulla struttura del reato plurisoggettivo, si può
procedere alla soluzione del quesito posto nella traccia nei seguenti termini: ai fini della rilevanza
penale le singole condotte dei singoli cooperanti devono essere normativamente coscienti e
volontarie nei limiti della rispettiva individualità, ovvero ciascuna frazione di condotta deve
manifestarsi in sé contraria alle norme precauzionali di condotta, mentre l'elemento soggettivo nel
suo complesso (ovvero la colpa così come descritta dall'art. 43 c.p.) deve riferirsi necessariamente
alla consumazione dell'intera fattispecie.
Un ultimo richiamo si sarebbe potuto rivolgere anche alla convergenza nella stessa fattispecie di
due titoli di responsabilità diversi, doloso e colposo: sulla base delle considerazioni svolte si può
rilevare come la diversità di elemento soggettivo comporta necessariamente diversità di titolo di
reato, che determinerebbe la necessità della verifica dell'autonoma tipicità degli specifici apporti
posti in essere dai singoli concorrenti-cooperanti.
A riguardo va ricordato, peraltro, al fine di evitare soluzioni lassiste suscettibili di ingiustificate
difese strumentali, che l'art. 48 c.p. comunque prevede una responsabilità del soggetto che conserva
dolosamente il controllo sull'inconsapevole condotta altrui, sia quest'ultima colposa o meno. Per cui
la questione dell'autonoma rilevanza dello specifico apporto individuale si pone in concreto per la
condotta colposa, rimanendo imputabile all'autore della frazione di condotta dolosa la responsabilità
per l'intera consumazione, a prescindere dall'autonoma punibilità del cooperante che versa in stato
di colpa.
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