filosofia e scienza

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FILOSOFIA E SCIENZA

Direttori
Mario A*
Raffaele C
Alfredo G
Comitato scientifico
Romeo B
Luigi M
Kaare C
Luigi M
Pio C
Luca P
Emanuele F
Giuseppe P
Giovanni F
Francesca S
Estetica
Genetica
Filosofia teoretica
Semiotica, Linguistica
Fisica
Mauro
Fisica
F*
Valter Daniele L
Scienze biologiche, Gerontologia
Storia della matematica, Matematica
Sociologia
Filosofia medievale
Biologia, Genetica
Sociologia
Claudia S
Filosofia del linguaggio
Epistemologia delle scienze sociali
Riccardo V
Sociologia
Comitato redazionale
Giuseppe B
Lorenzo C
Giuseppe C
I direttori e i membri dei comitati scientifico e redazionale afferiscono
tutti all’Università degli Studi della Calabria, eccetto Kaare Christensen
(Syddansk Universitet, Odense), Mauro Francaviglia (Università di Torino),
Valter Daniele Longo (University of Southern California), Luigi Muzzetto,
Francesca Sacchetti e Riccardo Venturini (Università di Pisa).
FILOSOFIA E SCIENZA
Die Welt ist alles, was der Fall ist.
— Ludwig W, 
Filosofia e Scienza sono due campi in continuo dialogo tra loro.
Un dialogo sempre nuovo nei protagonisti e nei temi, con una storia
ancora ricca di sentieri da scoprire e strade da ripercorrere, per arrivare a nuovi spazi di confronto comune. Questa collana vuole essere
uno strumento di viaggio lungo questi itinerari, uno strumento di
presentazione e dibattito di riflessione filosofica e problemi scientifici
(non solo quelli propri delle scienze della natura, ma anche quelli
delle scienze sociali). Uno strumento a disposizione dei singoli filosofi e scienziati, ma soprattutto a disposizione del lavoro comune di
costruzione di una forma di conoscenza.
In “Filosofia e Scienza” sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche in lingua
straniera per facilitarne la diffusione internazionale.
I direttori approvano le opere e le sottopongono a referaggio con il sistema del «doppio
cieco» (double blind peer review process) nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei due
revisori che scelgono: l’uno da un elenco deliberato dal comitato di direzione, l’altro dallo
stesso comitato in funzione di revisore interno.
I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di prima
fascia nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere. Sottopongono le opere a revisione tenendo conto della: a) significatività del tema nell’ambito disciplinare prescelto e originalità dell’opera; b) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; c) attenzione adeguata alla dottrina e all’apparato critico; d) rigore metodologico; e)
proprietà di linguaggio e fluidità del testo; f ) uniformità dei criteri redazionali.
Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta da uno
dei direttori, salvo casi particolari in cui i direttori provvederanno a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato.
Pubblicato con un contributo del Dipartimento di Studi Umanistici –
Università della Calabria
Un’Idea di Bourdieu
Campi e pratiche tra filosofia e scienze
a cura di
Giuseppe Cosenza
Emanuele Fadda
Alfredo Givigliano
Prefazione di
Claudia Stancati
Contributi di
Giuseppe Barresi
Armando Canzonieri
Giuseppe Cosenza
Rossana De Angelis
Emanuele Fadda
Giusy Gallo
Daniele Gambarara
Alfredo Givigliano
Spartaco Pupo
Ciro Tarantino
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
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Indice
9
Meditando con Pascal (a mo’ di prefazione)
Claudia Stancati
Sociologia, filosofia, linguaggio
15
Esprit de corps. Bourdieu come semiologo saussuriano malgré lui
Emanuele Fadda
35
Bourdieu e Saussure. I savoir faire umani come conoscenze
Daniele Gambarara
51
Strane traiettorie
Alfredo Givigliano
77
L’ascesa tendenziale del saggio del profitto. Preliminare a
uno studio sulla democrazia proprietaria
Ciro Tarantino
7
Indice
8
Campi e pratiche
95
Il rigore nella scienza. L’epistemologia in Bourdieu e Derrida
Giuseppe Barresi
105
Bourdieu e la metafora sportiva
Giuseppe Cosenza
125
Il discorso, fra le altre pratiche
Rossana De Angelis
145
Tra pratica scientifica e pratica linguistica. Il contributo di
Pierre Bourdieu
Giusy Gallo
163
Politicizzazione della cultura. Il confronto Bourdieu – Aron
Spartaco Pupo
Appendice
187
A scuola da Bourdieu. Sintesi e rilanci
Armando Canzonieri
199
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Gli autori
!
Meditando con Pascal
(a mo’ di prefazione)
Claudia Stancati1
In occasione del decimo anniversario della morte di Pierre
Bourdieu abbiamo raccolto in questo volume una serie di contributi per riflettere su un pensatore tra i più influenti e innovativi
nel dominio del pensiero sociologico e non solo. I contributi qui
raccolti spaziano su molti dei numerosissimi temi affrontati da
Bourdieu nelle sue ricerche, ma soprattutto sono centrati sulle relazioni che il suo pensiero ha con le grandi correnti e i grandi protagonisti della riflessione filosofica, sociologica, linguistica del secolo scorso. Infatti Gambarara e Fadda affrontano le questioni relative allo strutturalismo e a Saussure, Tarantino e Pupo le sue relazioni con Alexander, Caillé (e Marx) da un lato, e con il suo
maestro Aron, dall’altro; Cosenza, De Angelis e Gallo, trattano la
nozione di pratica secondo molteplici sfaccettature e rapporti;
Barresi e Givigliano mettono a fuoco i temi dell’epistemologia e
della filosofia della scienza. Alle ‘sintesi’ e ai ‘rilanci’ proposti da
Canzonieri vorrei aggiungere qualche brevissima nota.
Come tutti i veri grandi sociologi, Bourdieu si confronta con la
filosofia e l’epistemologia, come ampiamente testimoniano anche
i saggi che qui presentiamo. A suo avviso, mentre i sociologi e gli
specialisti di scienze sociali in Francia riflettono sulla epistemologia senza averne i mezzi, tra i filosofi suoi contemporanei solo
Jean-Claude Pariente supera la barriera di ‘casta’. In filosofia
Bourdieu rivendica la sua estraneità al mainstream esistenzialista e
sartriano e si appoggia, tra i pensatori a lui vicini, a personaggi eccentrici rispetto all’establishment accademico come: Guéroult, Ba!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Università della Calabria, [email protected]
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Claudia Stancati
chelard, Canguilhem e Koyré ed è soprattutto Bachelard che accompagna Bourdieu nella sua critica di ogni universalismo: estetico morale e politico. Con Bachelard infatti Bourdieu ci ricorda
che il mondo in cui si pensa non è il mondo in cui si vive e che bisogna tornare al mondo comune armati di un pensiero dotto che
sia capace di pensare la pratica senza annientare il proprio oggetto. Critique, la rivista diretta da Bataille ed Eric Weil, offre una
sponda alternativa a questa filosofia che non guarda con sufficienza alle scienze sociali e non teme di scoprire nel sociale la genesi
del pensiero.
Contro l’epistemocentrismo scolastico e la sua antropologia
idealistica ed irrealistica Bourdieu chiama in causa anche pensatori ‘classici’ che diventano per lui compagni di strada ‘sovversivi’, come Wittgenstein e Pascal.
Tra tutti i confronti filosofici è quello con Pascal che è per me
il più suggestivo poiché mi sembra che Bourdieu applichi ai suoi
percorsi di pensiero quello che Pascal scrive nell’Art de persuader:
«les mêmes pensées poussent quelquefois tout autrement dans un
autre que dans leur auteur: infertiles dans leur champ naturel,
abondantes étant transplantées»2.
All'inizio delle Méditations pascaliennes, Bourdieu dichiara che
avrebbe preferito lasciare alla filosofia certi problemi ma, poiché
la filosofia accademica non sembra volerseli porre, egli decide di
attaccare la raison savante e di armarsi di quel pascaliano se moquer
che altre arti sono capaci di adoperare su se stesse. Come dice Pascal, occorre allontanarsi dalla propria opera per giudicarla. Pascal
serve a Bourdieu proprio per «rompere il cerchio incantato della
denegazione collettiva»3 e mostrare che non c’è pensiero senza
genesi sociale. Il sociologo non può ignorare che siamo implicati
nel mondo perciò il pensiero deve trarre alla luce quel suo inconscio che è la storia (anche, ad esempio, la storia delle istituzioni
educative e del nostro rapporto con esse).
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2 PASCAL B., De l'art de persuader, in ID. (1954), Oeuvres complètes, J. Chevalier
éd., Gallimard, Paris, p. 600.
3 BOURDIEU P. (1992), Meditations pascaliennes, Seuil, Paris, trad. it. di A. Serra, Meditazioni pascaliane, Feltrinelli, Milano 1998, p. 12.
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Meditando con Pascal
11
Contro il filosofo che si fa homo academicus per criticare la pretesa scientificità delle scienze storiche e sociali Bourdieu rivendica
con Pascal i fondamenti storici della ragione. Escludere la ragione
e ammettere solo la ragione sono i due pericolosi eccessi da cui
Pascal ci mette in guardia, impedendoci di soggiacere a quella tirannia che è il desiderio universale di dominare fuori dal proprio
ordine.
La prospettiva classica si connota per il fatto che i sensi della
distanza, ossia vista e udito, acquistano un primato su quelli della
prossimità, gusto e tatto, mentre il corpo viene sottomesso alla
mente e la natura è trasformata in paesaggio. Con Pascal Bourdieu supera questa prospettiva cartesiana, va oltre l’adozione di
un punto di vista uno ed immobile, di una cornice, che diventa
universale, da cui per spicere il reale.
Pascal trasferisce dalla ragione al coeur la capacità di ritrovare,
una volta che l'anima sia gettata nel corpo, i principi primi con ciò
dimostrando che il loro riconoscimento spetta non solo alla pura
ragione ma all'uomo totale anima e corpo: «nous connaissons la
vérité non seulement par la raison mais encore par le coeur. C'est
de cette dernière sorte que nous connaissons les premiers principes, et c'est en vain que le raisonnement, qui n'y a point de part,
essaie de les combattre»4.
«Notre âme – scrive ancora Pascal – est jetée dans le corps où
elle trouve nombre, temps dimensions. Elle raisonne la-dessus et
appelle cela nature, nécessité, et ne peut croire autre chose»5 .
Bourdieu trasforma il cuore di Pascal, che ha una doppia funzione epistemologica e religiosa, il cuore che sente quel Dio che resta nascosto alla ragione6 nel corpo tout court. Infatti Bourdieu
scrive che è il corpo ad avere «le sue ragioni che la ragione non
conosce»7. Ma Pascal resta per lui un riferimento essenziale per
presentare la sociologia come scienza che mostrando la miseria
dell’uomo, la genesi sociale della ragione, della verità e della
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PASCAL B., Pensées, in ID. (1954), Oeuvres complètes, cit., n. 479, p. 1221.
Ivi, n. 451, p. 1212.
6 Ivi, n. 471, p. 1222.
7 BOURDIEU P. (1992), Meditations pascaliennes, cit., p. 20.
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12
Claudia Stancati
scienza, indica la strada del possibile superamento delle miserie
umane. Pascal insegna a Bourdieu quel «rendre raison des effets»
che è istituire un ordine causale, quindi fare uso di un concetto
giuridico più che fisico della causalità, da cui nasce il ruolo importante assegnato alla coutume.
Curiosamente dunque Pascal diventa per Bourdieu quasi un
contemporaneo, qualcuno che realmente è stato capace di mostrare l’assoluta specularità di natura e artificio e raggiunge in
questo Ferdinand de Saussure che in un frammento di recente
pubblicato scrive:
Pour en venir à Pascal et à Voltaire, je trouve que le plus ancien des deux
n’est pas celui qu’on pense. Voltaire est un homme du 18ème siècle;
Pascal est presque du nôtre par la forme de la pensée. Ce qu’il restait isolé dans son temps est devenu la note déterminante de notre époque. –
On ne peut se dissimuler que nous ne marchions vers une épouvantable
crise morale. Quand nous serons arrivés au bout de toutes les sciences
l’humanité longtemps distraite par tant d’objets différents, se demandera
peut-être ce qu’elle fait sur cette planète et à quel sort elle est réservée.
Quand le terrible problème sera enfin compris dans sa palpable réalité
d’un bout à l’autre de l’échelle humaine il n’y aura plus qu’un grand cri
sur ce globe, une immense interrogation, une immense imprécation; et
tout se perdra dans l’étendue muette à moins que par hasard une voix ne
réponde enfin?8
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8 Citato in KILIÇ S. (2008), Saussure lecteur de Pascal, in ARRIVÉ M. (éd.) (2008),
Du côté de chez Saussure, Lambert-Lucas, Limoges, pp. 165-185, pp. 184-185.
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Sociologia, filosofia, linguaggio
Esprit de corps
Bourdieu semiologo saussuriano malgré lui
Emanuele Fadda1
In queste pagine vorrei approfondire alcune linee di convergenza tra Bourdieu e Saussure, cercando di difendere la tesi per
cui, a partire dalla considerazione che del progetto semiologico
saussuriano possiamo fare oggi, liberi dall’ipoteca strutturalista (e
dalla reazione post-strutturalista), il sociologo francese può esser
visto come uno dei migliori continuatori di tale progetto (e a poco
valgono le note polemiche a tale riguardo dello stesso Bourdieu –
rivolte più alla lettura strutturalista che a Saussure medesimo).
Tuttavia, non è mia intenzione “schiacciare” Bourdieu sul
“nuovo” Saussure che le ricerche degli ultimi vent’anni ci hanno
consegnato2: piuttosto, vorrei proporre l’idea che i due approcci
convergano in una prospettiva comune – una prospettiva originale e potente, tale da abbracciare tutte le scienze umane – e che a
tale prospettiva Bourdieu contribuisca (anche) con una concezione del rapporto mente-corpo particolarmente adatta a rendere
conto di qualcosa che, come accade nel caso del nesso linguelinguaggio, s’incardina profondamente nel corpo del singolo e nella mente collettiva.
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Università della Calabria, [email protected]
Non è possibile, in questa sede, rendere conto – nemmeno molto brevemente – dell’evoluzione degli studi saussuriani negli ultimi tempi (dettata anche
dal ritrovamento, nel 1966, di alcuni testi autografi precedentemente ignoti, e
pubblicati poi in SAUSSURE (2002). Per un primo giro d’orizzonte, mi permetto di
rinviare a FADDA (2011).
1
2
15
Emanuele Fadda
16
1. La semiologia della trasmissione
La transmission des institutions humaines,
voilà la question la plus générale.3
Ferdinand de Saussure
In questa sezione vorrei presentare una visione non strutturalista (o non vetero-strutturalista)4 del progetto semiologico saussuriano. Per farlo, mi appoggerò a una lettura non-standard di alcuni testi del linguista ginevrino, per delineare le direttrici di una semiologia della trasmissione che sembra essere per lui fondamentale.
Tali direttrici sembrano essere condivise – come cercherò di mostrare – anche da Bourdieu.
Le due semiotiche: rappresentazione vs. trasmissione
1.1
Il testo più importante e noto tra quelli che sono stati ritrovati
casualmente (?) nel 1996 – posto in testa all’edizione di Saussure
(2002)5 – è noto col titolo La double essence du langage. Molti autori
considerano questo scritto – incompiuto, come molti altri saussuriani – una sorta di prolegomeni alla linguistica generale. Il § 96 del
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SAUSSURE (2006), p. 239.
Con questa espressione intendo denotare il mainstream della semiotica
strutturale negli anni 1964-1975 (dall’uscita di BARTHES (1964) a quella di ECO
(1975) – ultimo, e unico, manuale in cui una gran parte dei semiologi si riconosce), prima dell’avvento congiunto del paradigma peirceano, della cosiddetta (da
alcuni – in primis FABBRI (1998)) “svolta” testuale della semiotica e dello sviluppo
delle semiotiche speciali – tutte concause del frazionamento della disciplina negli
anni seguenti.
5 Con evidente intenzione di proporlo nel ruolo di testo fondamentale di
mano di Saussure, in contrapposizione al carattere di collazione del Corso di linguistica generale. L’edizione Gallimard in questione, curata da S. Bouquet e da un
R. Engler già malato (e poi morto poco dopo) è tutt’altro che impeccabile filologicamente, ma la utilizzerò per i rimandi in virtù dell’innegabile comodità che il
suo uso presenta. In generale, le citazioni di Saussure – come quelle di Bourdieu
e di Barthes – rinviano all’originale francese (ma ho comunque segnalato le traduzioni italiane dei testi in bibliografia, per comodità del lettore).
6 La numerazione dei frammenti è opera degli autori – come si segnala in
SAUSSURE (2002), p. 14.
3
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Esprit de corps
17
testo, marcato come Capital, si rivolge al lettore in via preliminare
(esso costituisce forse un’introduzione alternativa a quella redatta
nel § 1) nel seguente modo:
On nous pardonnera notre absolutisme ; mais il nous semble à vrai dire
que […] il faudrait poser dès la première page ce dilemme:
Veut-on considérer la langue comme le mécanisme servant à l’expression
d’une pensée? […]
Veut-on au contraire considérer la langue comme une somme de signes
[…] jouissant de la propriété de se transmettre à travers le temps,
d’individu en individu, de génération en génération, il faut dès le début
constater que cet objet offre à peine quelque chose de commun avec le précédent.
(Saussure 2002, pp. 46-47; cors. EF)
Saussure considera che ogni fatto linguistico abbia due espressioni razionali7, e dunque, in qualche modo, ogni fatto sia due fatti. È possibile, a mio avviso, interpretare questo passo in due modi: ad un senso, più ristretto ed evidente, se ne può unire un altro
più ampio e non ovvio. Nella prima interpretazione (condivisa da
molti commentatori), si dirà che il passo si riferisce solo all’opposizione tra sincronia e diacronia. Se si vuole, però, allargare la
prospettiva all’intera semiologia, è possibile scorgere in queste parole almeno il germe dell’intuizione che vi sono due semiotiche
possibili:
– Quella che studia i meccanismi di rappresentazione (ciò che
permette a un segno di essere un segno di quella cosa)
– Quella che studia i meccanismi che permettono a un segno di
trasmettersi di parlante in parlante, e di generazione in generazione.
Il lettore non digiuno di semiotica avrà riconosciuto in Charles
S. Peirce il campione del primo tipo di semiotica, e in Ferdinand
de Saussure il campione del secondo tipo. Questa seconda inter-
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7 A questo aggettivo viene opposto quello di ‘empirico’. Sull’uso di ‘empirico’ da parte di Saussure mi permetto di rimandare a FADDA (2013b), in questa
stessa collana.
18
Emanuele Fadda
pretazione – che forza forse il senso del passo, ma è tutt’altro che
incoerente con quello che sappiamo della concezione semiologica
del linguista ginevrino – ci offre l’ipotesi suggestiva che Saussure
abbia pensato a una semiotica alternativa alla sua, e in qualche
modo complementare ad essa. Una semiotica che non ha bisogno
di essere ristretta alla antroposemiosi (come invece è il caso della
semiotica della trasmissione) e che non può essere completamente tralasciata da chi privilegia la trasmissione (così quella della
rappresentazione non può essere tralasciata completamente da
chi privilegia la trasmissione).
Che Saussure abbia intuito il nucleo teorico della semiotica di
Peirce, che non sembra conoscere, è un’ipotesi suggestiva che sarà difficile provare (ma anche – per le stesse ragioni – rifiutare recisamente). Quel che sembra invece certo è che la sua semiologia
privilegia il fatto della trasmissione – che egli spesso chiama “vita”
– e che essa si pone conseguentemente come una teoria delle istituzioni.
1.2
“La question plus générale”: la semiotica della trasmissione come
teoria delle istituzioni
Facciamo un salto in avanti di quasi vent’anni, e arriviamo alla
parte conclusiva del terzo e ultimo corso di linguistica generale
professato da Saussure. Siamo nel maggio 1911, e Saussure ha iniziato ciò che viene oggi chiamato Reprise: una integrazione a
quanto detto in precedenza, una seconda introduzione alla parte
sulla lingua che costituisce il corpo principale della parte del Cours
de linguistique générale che è chiamata “Principes générales” (Saussure 19222, pp. 97 sgg.). Dopo aver presentato la celeberrima coppia
significato-significante, si occupa della dialettica tra mutabilità e
immutabilità del segno (un capitolo che – insieme a quello dedicato alla nozione di valore – è forse il più importante di tutto il Corso)8. Gli appunti di E. Constantin – i più completi per questo cor-
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
8 Può essere interessante notare che questo capitolo riprende lo schema delle
prime due prolusioni professate vent’anni prima, all’atto di assumere
l’insegnamento all’Università di Ginevra: cfr FADDA (2006), § 2.5, pp. 53-54.
Esprit de corps
19
so, ma resi disponibili solo quarant’anni dopo l’uscita del libro –
recano questo passo:
La transmission des institutions humaines, voilà la question plus générale dans laquelle nous voyons enveloppée la question posée au début:
pourquoi la langue n’est-elle pas libre? Il y aura lieu de comparer le degré de liberté qu’offrent d’autres institutions. Il s’agit d’une balance
entre les faits, <facteurs> historiques et sociaux. Pourquoi tel facteur
est-il moins puissant que tel autre? Pourquoi le facteur temps est-il toutpuissant? (Saussure 2006, p. 239)
Saussure riprende qui un tema che gli è caro, e che aveva tratto dagli scritti del sanscritista americano Whitney, sebbene la posizione di quest’ultimo non gli fosse troppo congeniale. Lo sappiamo anzitutto perché, alla morte di quello studioso, nel 1894,
egli si confronta con lui su questo terreno, scrivendo:
Whitney a dit: le langage est une Institution humaine. Cela a changé
l’axe de la linguistique.
La suite dira, croyons-nous: c’est une institution humaine, mais de telle
nature que toutes les autres institutions humaines, sauf celle de l’écriture,
ne peuvent que nous tromper sur sa véritable essence, si nous nous fions
par malheur à leur analogie.
Les autres institutions, en effet, sont toutes fondées (à des degrés divers)
sur les rapport naturels des choses […] Il en résulte que tous les changements, toutes les innovations … continuent de dépendre du premier
principe agissant dans cette même sphère, qui n’est situé nulle part ailleurs qu’au fond de l’âme humaine.
Mais le langage et l’écriture ne sont PAS FONDÉS sur un rapport naturel
des choses. […]
C’est ce que Whitney ne s’est jamais lassé de répéter pour mieux faire
sentir que le langage est une institution pure. Seulement cela prouve
beaucoup plus, à savoir que le langage est une institution sans analogue
(si l’on y joint l’écriture) et qu’il serait vraiment présomptueux de croire
que l’histoire du langage doive ressembler même de loin, après cela, à
celle d’une autre institution, qu’il ne mette pas en jeu à chaque moment
des forces psychologiques semblables. (Saussure 2002, p. 211)
In questa prospettiva, potremmo dire che la definizione più interessante della semiologia contenuta nel Cours non è quella che
tutti citano (“science qui étudie la vie des signes au sein de la vie
sociale”: Saussure 19222, p. 33), ma piuttosto la seguente:
20
Emanuele Fadda
Le signe échappe toujours en une certaine mesure à la volonté individuelle ou sociale, c’est là son caractère essentiel ; mais c’est celui qui apparaît le moins à première vue. (Saussure 19222, p. 34)
Si può dire dunque che, in Saussure, la semiologia della trasmissione, come teoria delle istituzioni, pone la lingua come modello istituzionale assoluto, caratterizzato dal massimo di capacità
impositiva – “violenza simbolica”, direbbe forse Bourdieu – sulle
persone. Non approfondirò qui l’illustrazione di questa idea9 – che
si può porre come paradigma alternativo alla teoria mainstram
sull’ontologia sociale, di matrice intenzionalista e searliana – ma
vorrei invece mostrare brevemente come Bourdieu possa esservi
agevolmente inquadrato.
1.3
Il paradosso della doxa sive dell’arbitrarietà
Il lettore che conosce il pensiero di Bourdieu avrà già intravvisto una consonanza evidente tra l’idea saussuriana della trasmissione delle istituzioni attraverso il loro imporsi implacabile su
tutti e su ognuno e ciò che viene compendiato dal sociologo francese nell’espressione “l’ordine delle cose”:
De toutes les formes de ‘persuasion clandestine’, la plus implacable est
celle exercée tout simplement par l’ordre des choses. (Bourdieu, Wacquant 1992, p. 143)
Ma se c’è un luogo dove l’ordine delle cose trionfa, questo sono
le lingue storico-naturali. Come osserva Saussure:
A tout instant, la solidarité avec le passé met en echec la liberté de choisir. Nous disons homme et chien parce qu’avant nous on a dit homme et
chien. (Saussure 19222, p. 108)
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
9 Rimando il lettore interessato a FADDA (2010a), (2013a). Per un esempio
della riflessione saussuriana sul modo di trasmissione di oggetti sociali non linguistici – le leggende germaniche – che si è concentrata su ciò che rende “lo stesso” un elemento (dunque, sul problema dell’identità diacronica) mi permetto di
rinviare a FADDA (2010a), (2010b)
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