riassunto storia - Digilander

La Prima Guerra Mondiale
Le cause della prima guerra mondiale non si possono individuare in modo preciso; tuttavia è possibile
delineare i principali motivi di dissidio tra le potenze europee. In primo luogo la questione dei confini
franco - tedeschi: la Germania nel 1870 si era annessa l'Alsazia e la Lorena, e la cosa non andava giù
alla Francia, che voleva riprendersi le province. La Germania aveva anche il problema della Russia,
che si era alleata con la Francia e che avrebbe potuto aprire un nuovo fronte orientale;
contemporaneamente l'impero Turco aveva avuto appoggi dalla Germania e ciò aggravava i suoi
rapporti con l'impero zarista; anche l'Austria aveva due potenziali fronti: l'Italia, che rivendicava le
terre irredente, e la zona balcanica, in bilico tra espansionismo russo e spirito nazionalista.La
Germania inoltre era la più terribile concorrente economica della Gran Bretagna, anche se ad un
grande sviluppo industriale corrispondeva una forte dipendenza alimentare, aggravata dalla mancanza
di un vasto impero coloniale e da una flotta insufficiente; questo naturalmente non poteva andare bene
alla Germania Guglielmina. Questione coloniale e riarmo navale furono i principali motivi di tensione
tra Germania da un lato, Francia e Gran Bretagna dall'altro.Riguardo la prima, la Germania, dopo aver
subito molte sconfitte diplomatiche, riteneva che la forza fosse l'unica soluzione possibile per rompere
questo accerchiamento delle altre potenze.Per fare questo però, bisognava rinforzare gli armamenti: la
Germania, andando contro il principio inglese del "two - powers standard" (cioè la flotta inglese
doveva essere pari alla somma delle prime due potenze a lei successive) varò nuove navi, alle quali
l'Inghilterra rispose con il "two keels for one" (due chiglie per una), ovvero costruì due navi, con
enorme sforzo produttivo, per ognuna varata dalla Germania.Si assistette dunque ad una rivalutazione
e ad un acquisto di potere da parte delle gerarchie militari e ad un irrigidirsi del sistema di alleanze
europee che avrebbe impedito la soluzione diplomatica agli incidenti che si sarebbero sviluppati
dopo.Il pretesto per lo scoppio fu l'assassinio in Serbia dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria
con tutta la famiglia: l'Austria intimò un ultimatum alla Serbia, con il quale chiedeva di collaborare
alla ricerca dei responsabili del delitto; in questo modo veniva sminuita la sovranità dello stato. La
Serbia non accettò e l'Austria, appoggiata dalla Germania, le dichiarò guerra. Subito la Russia scese in
campo per difenderla, e la Germania le dichiarò guerra. Anche la Francia, alleata Russa, scese in
campo: la Germania, invadendo il Belgio neutrale che non gli voleva far passare le truppe, dichiarò
guerra alla Francia ed anche l'Inghilterra, infastidita dal gesto, si schierò con Francia e Russia. La
situazione era dunque questa: da una parte la Triplice Alleanza, formata da Germania, Austria e
impero Ottomano; dall'altra la Triplice Intesa, formata da Inghilterra, Francia, Russia, che difendevano
la Serbia. Rimanevano neutrali Italia e Romania.La guerra si dimostrò subito diverso rispetto a tutte le
altre, sia per la grande massa di uomini impiegati sia per i nuovi e terribili armamenti.Nonostante una
prima posizione di neutralità, i socialisti europei finirono per cedere alle posizioni nazionaliste e si
dichiararono favorevoli all'intervento in guerra, votando i crediti per gli armamenti.Esisteva una
grande sproporzione tra le forze della Triplice e quelle dell'intesa e per questo motivo il piano tedesco
ideato da Schlieffen prevedeva la guerra - lampo, in modo da sconfiggere subito la Francia e
concentrare le forze sul fronte orientale russo. In un primo momento l'offensiva riuscì, portando i
tedeschi a 40 chilometri da Parigi ma poi la controffensiva francese nella battaglia della Marna fece
ritirare il generale Von Moltke. Dopo questa sconfitta si provò la "corsa al mare", ovvero il tentativo di
aggirare da nord le truppe francesi e chiudere i rapporti marittimi con la Gran Bretagna: anche questa
offensiva fallì e i due eserciti si prepararono ad affrontare la terribile guerra di trincea.
La Germania si trovò così costretta a distribuire le sue forze su due fronti. Su quello orientale le
vicende erano altalenanti: a vittorie tedesche succedevano quelle russe, e a favorire la Germania ci
pensò l'impero ottomano, che indebolendo la Russia, rese possibile una controffensiva austriaca mirata
a riconquistare la Galizia precedentemente sottratta.Sicuramente più successo ebbe il blocco navale
Britannico, al quale si opponeva la guerra sottomarina tedesca. Un incidente però, ossia
l'affondamento del piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini americani, attirerà sulla Germania le
antipatie degli Stati Uniti.
L'Italia in guerra
In base all'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e all'Austria, la posizione neutrale
assunta dall'Italia era perfettamente legittima, infatti il punto prevedeva la discussione preventiva dei
territori da dare in compenso alla fine della guerra e ciò non era avvenuto. Ma il problema della
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posizione italiana rimaneva irrisolto.All'interno del paese erano infatti schierati i neutralisti e gli
interventisti. Ai primi appartenevano:

I socialisti: essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze imperialiste e
capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro neutralismo era stato indebolito
dalle posizioni interventiste dei socialisti europei;

i cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro la guerra, anche se
esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo della Chiesa e la dovuta lealtà dei
cattolici allo Stato di cui facevano parte;

i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe durata molto tempo e l'Italia era
impreparata sia economicamente che militarmente ad affrontarla. Ma Giolitti non si
limitò a manifestare la sua posizione sulla situazione italiana, anzi formulò un'analisi
della situazione internazionale: egli riteneva che si sarebbe potuto ottenere "parecchio"
senza la guerra, ove parecchio indicava l'opportunità di contrattare la neutralità come se
fosse una vittoria. D'altronde anche la situazione dell'Austria, che non poteva resistere
all'urto di altre diverse nazionalità, lasciava presagire ciò. Invece proprio l'Austria era
assolutamente contraria a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche.

Agli interventisti appartenevano:

gli "interventisti democratici" e i "socialisti riformisti": i primi erano fautori di una
pronta cessione delle terre irredente; i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli
imperi centrali si potevano attuare le aspirazioni di indipendenza nazionale e di
democrazia dell'Europa intera; gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario: guidati da
Mussolini, essi credevano nella prospettiva rivoluzionaria che potrebbe nascere dalla
sconfitta degli imperi centrali e criticavano apertamente la passività dei socialisti italiani;

i nazionalisti: essi vedevano nella guerra esclusivamente anti - democraticismo e
ambizioni espansionistiche;

i liberali conservatori: essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra, al parlamento
venivano dati poteri straordinari tali da far finire per sempre le riforme giolittiane, e
dall'altro puntavano a riottenere i territori del Trentino e Trieste e di far acquistare
all'Italia lo status di grande potenza.
Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia della Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il
Patto di Londra tra Italia, Inghilterra, Francia, Russia. In caso di vittoria l'Italia avrebbe ottenuto il
Trentino e Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il porto di Valona e altri territori da stabilire.Rimaneva il
problema di convincere il parlamento di maggioranza giolittiana ad entrare in guerra. Molte furono le
manifestazioni a favore durante le "radiose giornate di maggio", e alla fine il re e Salandra, con uno
stratagemma, riuscirono nell'impresa. Salandra finse di dare le dimissioni e al suo posto fu convocato
Giolitti. Questi, saputo parzialmente del patto di Londra, si rese conto che il suo parecchio non era più
sufficiente e rifiutò l'incarico. Allora il re non accettò le dimissioni di Salandra, il governo ebbe poteri
speciali e il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria.Le prime battaglie, come prevedibile,
ebbero esito disastroso: nei territori del Carso i soldati italiani subirono quattro cruente disfatte
(Battaglie dell'Isonzo). Nel frattempo la Bulgaria si schierava dalla parte degli imperi centrali,
aggravando la posizione russa nei Balcani ma soprattutto quella serba. L'unico presidio dell'intesa nei
Balcani fu Salonicco, città greca ufficialmente neutrale ma in realtà alleata dell'Intesa.
La Guerra di trincea
Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu rappresentato proprio dalla guerra di trincea.
Migliaia di uomini al freddo, alle intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita
per conquistare pochi metri, poi regolarmente persi.Uno dei più sanguinosi massacri fu la battaglia di
Verdun: l'alto comando tedesco sapeva che difficilmente avrebbe potuto conquistare il presidio
francese di Verdun, ma contava sul fatto di causare molte perdite al nemico in relazione alle sue. Un
freddo calcolo matematico dunque, che si dimostrò errato: infatti le perdite furono enormi sia da una
parte che dall'altra, senza grosse differenze. Successivamente l'Austria mandò una spedizione punitiva
contro il traditore italiano, che però reagì favorito anche dal contemporaneo attacco russo.Gli eserciti
centrali avevano dunque subito gravi sconfitte. La Romania, sollecitata dalla vittoriosa avanzata delle
truppe russe nei Carpazi, decise di entrare in guerra con l'Intesa ma il suo debole esercito fu annientato
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e il suo ricco territorio occupato. D'altronde uno dei maggiori problemi della Triplice erano proprio gli
approvvigionamenti, bloccati bene dalla flotta inglese.Nel frattempo in Medio Oriente Francia e
Inghilterra si spartivano l'Impero ottomano.L'andamento della guerra fece tornare su posizioni di pace
i socialisti europei, che nel congresso di Zimmerwald assunsero la linea di una "pace senza annessioni
e senza indennità". Stessa posizione nella conferenza di Kienthal dove però trovò spazio la tesi del
russo Lenin secondo la quale la guerra imperialista doveva essere trasformata in rivoluzione
sociale.Un po’ in tutti gli stati si assistette al rafforzamento del potere esecutivo unendo al governo
anche le opposizioni: erano questi i gabinetti di guerra.Mentre le democrazie parlamentari attuavano i
gabinetti di guerra, gli imperi centrali accentuarono gli aspetti repressivi e autoritari dei loro governi,
vietando la libertà di stampa, di pensiero e centralizzando l'economia. Poiché i materiali per rifornire
l'esercito servivano in abbondanza e presto, la qualità spesso ne risentiva mentre chi li produceva si
arricchiva: erano questi i profittatori di guerra.
L'intervento degli Usa e il crollo degli imperi centrali
Alla fine del 1916 si era venuta a creare una situazione di stallo tra le potenze belligeranti. Si pensò
che la pace fosse vicina. La fine del conflitto aveva come principale punto di riferimento gli Stati Uniti
ed il loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il governo tedesco propose delle condizioni di
pace miranti all'acquisizione di territori a est e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da
quelle che avrebbero voluto le potenze dell'intesa.L'imperatore austriaco offrì alla Germania parte dei
suoi territori polacchi se quest'ultima in cambio avesse ceduto in caso di pace l'Alsazia e la Lorena alla
Francia. L’Italia si oppose a quest'accordo perché non avrebbe visto riconosciuto il principio di
autodeterminazione per la sua terre irredente.Le speranze di pace si affievolirono e ben presto
ripresero le ostilità. La Germania avviò una guerra sottomarina contro l'Inghilterra pensando che
questa entro sei mesi non sarebbe stata in grado di provvedere al suo approvvigionamento a causa dei
danni inferti al suo sistemi di trasponi dai potentissimi sottomarini e gli Usa non sarebbero entrati in
guerra prima di un anno. Tutto ciò non fu vero infatti l'Inghilterra in breve tempo si riprese dalla crisi e
gli Usa dopo l'affondamento del loro mercantile Vigilantia il 2 aprile 1917 decisero di entrare in
guerra.Contemporaneamente usciva di scena a causa delle rivolte sociali la Russia.Il
PonteficeBenedetto XV chiedeva invano una pace senza vincitori ne vinti ma la volontà di vincere
delle potenze dopo tutti gli sforzi sopportati era troppa Così a metà del 1917 si ebbe una ripresa del
conflitto sul fronte orientale e su quello italiano.Gli imperi centrali grazie alla ritirata degli eserciti
Russi potettero occupare la Polonia e parte delle regioni Baltiche. Contemporaneamente fu predisposta
una controffensiva in Italia. Le truppe italiane erano ancora predisposte in assetto da attacco e a causa
di errori tattici ed organizzativi a Caporetto, dopo che l'esercito austriaco era stato rinforzato da alcune
divisioni tedesche, si ebbe una grave sconfitta. L'esercito austriaco penetrò in Italia per oltre 200.
Questo fu uno dei momenti più drammatici della storia italiana e parve quasi che la stessa unità fosse
in pericolo.Al posto di Boselli sali al governo Orlando il quale era maggiormente appoggiato e sostituì
Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile di una guerra è una guerra perduta.Nel 1918
il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti nei quali fissava le condizioni che avrebbero dovuto
regolare i rapporti tra le nazioni alla fine del conflitto, In base al principio di nazionalità e
autodeterminazione dei popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva essere una pace nuova; non
doveva mirare all'espansionismo delle potenze vincitrici ma doveva garantire il rispetto del principio
di nazionalità.La pace di BREST-LITOVSY conclusa con gli imperi centrali nel l918 obbligava l'ex
impero zarista alla cessione della Polonia, dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania e al
riconoscimento dell'indipendenza Ucraina.Ormai tranquilli sul fronte orientale i tedeschi fecero
affluire truppe sul suolo francese riprendendo una tattica simile a quella utilizzata all'inizio del
conflitto in breve tempo si riportarono sulla linea della Marna. Lo sfondamento che avevano fatto nelle
barriere francesi non era stato di grande importanza e cosi gli Inglesi e i Francesi uniti gli eserciti
contrattaccarono vincendo nella battaglia di Amiens.Il fallimento tedesco seguito dall'insuccesso
austriaco nel tentativo di sfondare la linea italiana del Piave, lasciava prevedere la sconfitta degli
imperi centrali.Nel tentativo di raggiungere una pace non troppo disastrosa, Guglielmo il nominò
cancelliere il democratico Baden il quale cercò cerco di trasformare la Germania da monarchicomititare a liberal-democratica. Sulla questione decisiva dell'abdicazione del re, però, incontrò la secca
opposizione del Kaiser e degli ambienti militari in genere.Seguirono una serie di rivolte ed
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ammutinamenti che portarono l'11 novembre 1918 alla firma dell’armistizio.Lo sfaldamento
dell'esercito austriaco determinò anche la fine dell'impero asburgico. La Cecoslovacchia si proclamò
indipendente, fu formato lo stato Yugoslavo e si formarono governi provvisori in Ungheria e a
Vienna.Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti prima della sua abdicazione l'imperatore austriaco firmò
l’armistizio con l'Italia.
I trattati di pace
Alla conferenza di pace di Parigi non vennero accolti i rappresentanti delle potenze vinte a essi
spettava solo l'alternativa dell'accettazione o di una ripresa delle ostilità. Per la prima volta problemi
fondamentali dell'equilibrio europeo venivano discussi insieme a potenze non Europee quali Giappone
e USA. La "New diplomancy" proposta da Wilson non era ben vista dalle potenze vincitrici.Tutto
sommato dopo che la flotta tedesca preferì auto affondarsi piuttosto che consegnarsi ai nemici, gli
Inglesi avevano raggiunto il loro scopo principale.Adesso essi cercavano di non fare punire con
pesantissime sanzioni la Germania perché questa fino al 1914 era stata la loro migliore partner
commerciale.Wilson si oppose alle rivendicazioni italiane preferendo appoggiare i nuovi governi tra
cui quello iugoslavo. Dopo questa opposizione Orlando preferì abbandonare per alcuni giorni la
conferenza.Per evitare futuri e dannosi conflitti si creò la Società delle Nazioni con sede a Ginevra che
avrebbe dovuto rappresentare tutti gli stati sovrani del mondo. I paesi membri si impegnavano a non
ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie ma al giudizio della Società delle nazioni.
Quest'organizzazione non aveva però i mezzi per far si che le decisioni prese venissero rispettate. Essa
era in realtà molto fragile.Dalla conferenza di Parigi uscirono cinque distinti trattati:

Con il TRATTATO Dl VERSAILLES la Germania doveva cedere l'Alsazia e la Lorena
alla Francia.Al rinato Stato polacco dovette cedere parte della Slesia, della Posnania e
della Pomerania assicurandogli in questo modo un accesso nel mar Baltico. La città di
Danzica che si affacciava sul Baltico venne considerata città libera.La Germania
orientale venne in questo modo separata da quella occidentale e l'impero coloniale
tedesco diviso tra Inghilterra e Francia.Quando si dovette decidere a chi dare la colpa del
conflitto si pensò, anche a causa delle pressioni francesi, ad accusare la Germania. In
base all'articolo 231 essa era tenuta a risarcire tutti i danni procurati alla popolazione e le
pensioni di guerra in una cifra che fu stabilita intorno ai 132 marchi - oro. Come garanzia
del pagamento la Francia poteva occupare per 15 anni il bacino carbonifero del Saar.
L'esercito tedesco venne ridotto a 100000 unità.

Con il TRATTATO DI SAINT-GERMAIN e del TRIANON venivano smembrati
Austria ed Ungheria a favore della Polonia, della Jugoslavia, della Romania e della
Cecoslovacchia. All'Italia veniva ceduto il Trentino.Il territorio austriaco rimanente era
pari a circa 1/8 di quello precedente mentre quello Ungherese uguale a circa ½.

Con il TRATTATO DI NEUILLY anche la Bulgaria dopo avere ceduto la Macedonia
alla Jugoslavia e la Tracia alla Grecia, ne uscì ridimensionata avendo perso pure lo
sbocco sul mar Egeo.

Con il TRATTATO DI SEVRES i Turchi dovevano cedere alla Grecia anche la Tracia
Ottomana, dovevano smilitarizzare gli stretti perdendo il controllo anche su parte
dell’Asia dopo l'indipendenza della Transgiordania, dell'Arabia e dello Yemen.
I restanti territori asiatici vennero portati gradualmente da Francia e Inghilterra ad una condizione di
indipendenza e autogoverno tramite i "mandati fiduciari".Il nuovo assetto europeo era fondato su basi
troppo deboli, si erano venute a creare numerose minoranze che creavano tensioni interne. La
Germania, additata come colpevole, voleva avere la sua rivincita e l'Italia aveva avuto un
accrescimento territoriale inferiore a quello sperato; si parlava infatti di vittoria mutilata.Dopo la fine
della guerra si erano venuti a creare particolarismi che in futuro avrebbero potuto creare problemi. Le
nuove nazioni sorte, dette cuscinetto, non avevano la capacità di vita economica autonoma né
propensione ad allearsi tra di loro. Il trattamento riservato allo Stato tedesco non solo rovinò il
migliore dei mercati centro-europei ma aveva creato un pauroso sentimento di rivincita. Francia ed
Inghilterra pur essendo nazioni vincitrici erano sommerse dai debiti contratti con gli Stati Uniti mentre
in Italia oltre alla crisi economica si parlava di vittoria mutilata.Il ritorno ad un’economia di pace fu
difficilissimo e il processo di riconversione, molto lungo, fece crescere la disoccupazione. La
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soluzione a questi problemi era quella proposta nei trattati di pace: bisognava fare circolare
rapidamente materie prime a buon mercato e tornare, grazie anche agli aiuti proposti agli imprenditori,
a proporre alla popolazione merci abbondanti a prezzi vantaggiosi.Con questo tipo di trattati, si era
perduta l’opportunità di dare all’Europa e al mondo intero un periodo di pace duraturo. Dal punto di
vista sociale tutti gli Stati erano più o meno in crisi perché i miglioramenti sopraggiunti dopo la
vittoria non potevano colmare gli sforzi economici ed umani subiti. L’idea generale era che si fosse
combattuto per nulla.
I problemi del dopoguerra
Le forze socialiste e cattoliche nonostante la vittoria, continuavano ad avere un atteggiamento critico
nei confronti della classe liberale dirigente ed intendevano raggiungere il potere per portare al termine
quelle riforme che la guerra non aveva permesso di realizzare.La riforma principale a cui aspiravano,
era quella agraria, cioè quella che prevedeva di dare ai contadini, che erano stati i principali
combattenti, la proprietà della terra.La classe liberale non poteva utilizzare la vittoria per aggregare il
consenso dei diversi strati sociali da qui la nascita del Partito Popolare Italiano guidato da Don Luigi
Sturzo.Esso nacque principalmente per impedire in Italia un’avanzata del socialismo di tipo
bolscevico. Il programma prevedeva la libertà di insegnamento, il riconoscimento dell’importanza dei
valori religiosi e della famiglia.Chiedevano anche un sistema elettorale di tipo proporzionale e
l’ampliamento del voto alle donne.Sul piano economico cercavano di far si che le classi sociali invece
di lottare tra di loro cooperassero per trovare insieme soluzioni vantaggiose per esempio per la riforma
agraria.I leader più rappresentativi del Partito Sociale Italiano alla fine della guerra vennero messi in
minoranza. L’area massimalista il 18 dicembre 1918 rifiutando accordi con il governo borghese pose
all’ordine del giorno “Istituzione della Repubblica sociale e dittatura del proletariato”.Il giornale
“Ordine nuovo” credeva che fosse fondamentale trasportare all’interno della classe operaia italiana il
modello dei Soviet ed organizzare consigli di fabbrica capaci in breve tempo di autogovernare le
aziende.La crescita della disoccupazione seguita a ruota dalla aumentata inflazione non penalizzo
moltissimo i lavoratori dell’industria grazie ai loro sindacati. Là dove i sindacati non esistevano come
ad esempio nel settore agrario, lì la crisi si fece sentire abbastanza. Anche i ceti a reddito fisso vennero
penalizzati e i borghesi che in tempo di guerra avevano ricoperto cariche importanti adesso si
sentivano solo opachi lavoratori.Nacque l’Associazione Nazionale Combattenti con l’obbiettivo di
dare voce alle aspettative dei combattenti pur restando estranea ai partiti.Mussolini a Milano, fece
nascere i fasci di combattimento. Il suo programma parlava di Repubblica, di suffragio universale e di
ordinamento sociale corporativo. Voleva pure la formazione di un unico “superpartito” chiedeva
inoltre che la giornata lavorativa fosse di 8 ore. Difendeva chiunque avesse combattuto la guerra,
facendosi considerare nemico dei socialisti e neutralisti in genere mostrando verso questi i lati più
aggressivi e arrivando anche all’incendio dell’“Avanti!”. La difesa della guerra e l’idea della vittoria
mutilata fecero guadagnare ai fascisti ampi consensi.Differentemente i Democratici volevano
abbandonare ogni idea espansionista per dedicarsi maggiormente a rapporti di amicizia con gli stati
neonati.Orlando e Sonnino a Versailles non riuscirono a prendere Istria e Dalmazia e preferirono
lasciare la sede come segno di protesta. I trattati di pace continuarono ugualmente e le colonie
tedesche vennero divise tra Francia ed Inghilterra. Quando Orlando e Sonnino furono costretti a
tornare era stato tutto già deciso, all’Italia non restava che restare delusa e soprattutto umiliata.
Giolitti e l’occupazione delle fabbriche
L’esito insoddisfacente della conferenza di Versailles costrinse Orlando alle dimissioni. Al suo posto
salì il liberale Nitti.L’idea di Nitti era quella che bisognava produrre di più e consumare di meno a tal
fine accelerò i processi di riconversione, favorì l’esportazione e diede un prezzo politico al pane. Le
misure fiscali più severe toccarono ai ceti più alti. Sotto richiesta dei socialisti e dei popolari sostituì il
sistema elettorale uninominale con quello proporzionale.Nonostante ciò la crisi non passò e nell’estate
del 1919 cominciarono agitazioni popolari causate anche dall’aumento dei prezzi e dalla mancata
promessa della “terra ai contadini”.La crisi si fece ancora più acuta quando D’Annunzio con l’aiuto di
giovani “sensibili” occupò la città di Fiume. D’Annunzio non sopportava Nitti e lo accusava di non
tutelare gli interessi dello Stato. Dal canto suo, Nitti non fece nulla per fermare l’avventura fiumana
ma stese solo ad osservare il comportamento delle altre nazioni.Alle elezioni del 1919 vi fù il crollo
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dei Democratici a favore delle nuove organizzazioni PSI e PPI. Il governo Nitti in seguito all’aumento
del pane fu costretto a dimettersi a favore dell’ormai ottantenne Giolitti.Giolitti doveva ridurre il
debito pubblico favorendo una ridistribuzione dei redditi a vantaggio di quelli meno abbienti. Propose
di nominare i titoli azionari in modo da poterli rendere fiscalmente individuabili.In politica estera con
il trattato di Tirana rinunciava al mandato italiano sull’Albania riconoscendogli l’indipendenza.Con il
trattato di Rapallo, rinunciava alle pretese sulla Dalmazia ad eccezione della città di Zara ottenendo in
cambio, dalla Yugoslavia, Istria e Lussino. Fiume venne considerata una città stato indipendente.I
nazionali non videro di buon occhio questi trattati e li considerarono come una conferma della vittoria
mutilata. Quando poi fu fatto cannoneggiare il palazzo dove D’Annunzio governava, nel dicembre
1920, parlarono di Natale di sangue.Il partito popolare aumentò i problemi interni non essendo
d’accordo alla nominatività dei titoli azionari perché tale riforma avrebbe colpito soprattutto la chiesa
cattolica.Dal 1920 cominciarono le occupazioni delle fabbriche. La linea di governo di Giolitti fu
piuttosto statica infatti attese che le sommosse terminassero da sole.I gruppi socialisti più intransigenti
diedero vita al PCI ad ispirazione leninista.Si pensò che i problemi del dopoguerra dovessero essere
risoti in maniera autoritaria. I primi gruppi organizzati militarmente vennero utilizzati per fare
aggressioni ai movimenti sindacali e cattolici. Erano sostenuti economicamente da agrari ed industriali
e in poco meno di un anno passarono da 200 unità a 200000 unità.Alla luce dei fatti, Giolitti non
poteva sperare nell’aiuto socialisti né in quello dei cattolici e di lì a poco decise di utilizzare
l’appoggio dei Fasci. Questa mossa doveva solo servire a prendere più voti “le candidature fasciste
sono come i fuochi d'artificio: fanno molto rumore ma si spengono rapidamente”.Le elezioni non
andranno come previsto da Giolitti. I socialisti perderanno pochissimi seggi mentre i 35 fasci eletti più
10 nazionalisti passeranno all’opposizione.A Giolitti non resterà che rassegnare le dimissioni.
Ascesa e politica interna del Fascismo
Il Governo successivo sostenuto solo dai cattolici era guidato dal socialista Bonomi il quale però si
mostrò subito inadeguato e dopo essersi rifiutato d'intervenire per salvare la Banca d’Italia venne
sostituito da Facta.Con il Congresso di Roma nel 1921 da semplice gruppo, quello fascista, divenne un
vero e proprio partito: il PNF (partito nazional fascista) che aveva come capisaldi nel programma la
chiesa con i principi cattolici, la Repubblica e la proprietà capitalista.Lo "Sciopero Legalitario"
organizzato da tutti i sindacati fine di chiedere al Governo Facta un comportamento più energico nei
confronti delle violenze fasciste, si mostrò un fallimento. Queste infatti aumentarono così come la
popolarità del nuovo partito visto come ripristinatore dell’ordine e della legalità turbata dagli
scioperi.Con la formazione del Partito Socialista Unitario, guidato da Turati, si andava perdendo ogni
possibilità di creare una forte coalizione antifascista.Ben presto Mussolini prese le distanze dalla
Repubblica e si avvicinò alla Monarchia alla quale riconosceva un ruolo nazionale importantissimo.Il
consenso verso i fascisti aumentava costantemente mentre le coalizioni antifasciste si andavano
sempre più indebolendo così il Re, anche per evitare la sua possibile sostituzione con il Duca Amedeo
D’Aosta, aperto sostenitore del fascismo, dovette necessariamente appoggiare il movimento.Alla luce
di ciò, nel 1922 si tenne a Napoli un enorme adunata di camice nere decise da lì a poco a marciare fino
a Roma per prendersi il potere. Le 20000 camice nere non erano ben armate, ma la figura incolore di
Facta decise ugualmente di dare le dimissioni.Il Re d’Italia, Vittorio Emanuele, sarebbe potuto
intervenire duramente contro i manifestanti ma si rese conto che se questi avessero avuto la meglio il
suo trono sarebbe vacillato, viceversa, se avesse vinto lui, l’Italia, dato il forte consenso verso il
fascismo, sarebbe potuta cadere in una dilaniante guerra civile.Fu così che il Re decise di affidare il
Governo a Mussolini che ebbe la fiducia anche dai liberali e dai popolari così da far credere che,
nonostante le violenze esteriori, questo era un Governo in linea con la tradizione Costituzionale.Si capì
subito col discorso del 16 novembre del 1922 che qualcosa era cambiato: "Potevo fare di quest’aula
sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo: ma non ho almeno in questo primo tempo, voluto".Agli
organi di Stato a poco a poco si sostituivano organi di partito. Il Gran Consiglio del Fascismo si
sovrapponeva al Parlamento; la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale all’esercito
nazionale.Nel 1923 venne varata la Riforma Scolastica Gentile che partendo da un progetto elaborato
da Croce, istituiva un esame alla fine degli studi superiori così da permettere l’esistenza delle scuole
private cattoliche e valorizzare maggiormente la cultura. Sempre nello stesso anno si ebbe l’alleanza
con il partito nazionalista.Quando i popolari si ribellarono all’evoluzione autoritaria che stava
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prendendo il governo, Mussolini, sicuro che il mondo cattolico gli sarebbe stato sempre vicino, chiese
a loro le dimissioni. In questo modo a Don Luigi Sturzo non restò che dare le dimissioni.Il sistema
elettorale venne modificato con la "legge Acerbo" la quale attribuiva i 2/3 dei seggi parlamentari al
partito che avesse avuto il maggior numero di voti purchè non inferiore al 25%.Lo scopo di questa
legge era quello di far affiancare il maggior numero di forze liberal-moderate intorno al partito
fascista.Autorevoli leader come Salandra e Orlando, appoggiarono il listone mussoliniano mentre le
altre forze antifasciste, troppo frammentate, non rappresentarono una vera minaccia infatti il listone
ebbe il 65% dei voti.All’apertura della nuova Camera nel 1924 Giacomo Matteotti denunciò le ripetute
violenze fasciste che avevano caratterizzato la campagna elettorale e chiese l’annullamento delle
elezioni. Pochi giorni dopo venne rapito ed ucciso da dei sicari fascisti.Il delitto sembrò avere
compromesso il potere fascista perché tutte le forze si rifiutarono di partecipare ai lavori della Camera
e seguendo l’esempio degli antichi romani con la Secessione dell’Aventino ma non ebbero l’appoggio
del Re.Mussolini si assunse tutte le responsabilità del delitto Matteotti e proclamò la volontà di
eliminare ogni forma di democrazia esistente.Seguirono nuovi atti di violenze e repressioni che
portarono nel corso del 1925 alla soppressione della libertà di stampa; i giornali per continuare a
lavorare dovevano allinearsi alle posizioni del regime. Ormai lo Stato totalitario si era affermato.Con
la legge del 24 dicembre 1925 il presidente del Consiglio assumeva il nome di Capo del Governo e
doveva dare conto delle sue azioni non più al potere legislativo ma solo al Re.Le leggi del novembre
1926 determinarono la fine del sistema parlamentare. Furono sciolti tutti i partiti antifascisti e giudicati
illegali. Chiunque si fosse opposto al regime sarebbe stato giudicato da un tribunale speciale ed inviato
al confino.Con le leggi del 1926 si modificavano le amministrazioni locali, il sindaco era sostituito dal
podestà di nomina governativa.Con la legge del 1928 si modificava il sistema elettorale; si
sottolineava il principio della lista unica nella quale erano presenti 400 candidati scelti dal Gran
Consiglio del Fascismo che bisognava approvare o respingere in blocco.Con i patti Lateranensi firmati
dal Duce e dal cardinal Gasparri, si poneva fine alle lotte tra Stato e Chiesa. A quest’ultima veniva
riconosciuta l’importanza della religione cattolica; gli venivano dati maggiori poteri per quanto
riguardava la nomina dei vescovi e la celebrazione del matrimonio sia in forma civile che religiosa.Per
quanto riguarda il territorio la chiesa riconosceva lo Stato italiano con Roma capitale e al piccolo Stato
Vaticano venivano dati 750 milioni come prezzo per le terre espropriate.Questi erano gli anni della
fabbrica del consenso. I giovani da fanciulli fino all’età universitaria, venivano squadrati in gruppi tipo
Balilla, Avanguardisti, Giovini italiane, Figli della Lupa e così via.Il regime si mostrò molto attento
alle innovazioni, infatti per diffondere le notizie si servi moltissimo oltre che della stampa che però
esisteva già da tempo, anche dei nuovi sistemi di comunicazione rappresentati dal cinema e soprattutto
della radio.Tra il 1922 e il 1926 il fascismo mantenne una politica economica liberale. Il ministro delle
finanze Alberto De Stefani, si affrettò a ritirare il progetto sulla nominatività dei titoli e abolì il
monopolio statale delle assicurazioni sulla vita. In pratica cercò di ridurre il controllo pubblico sulla
vita economica promovendo l’iniziativa privata.In questi anni l’industria italiana incrementò molto la
produzione grazie soprattutto alle aumentate esportazioni. Nonostante ciò De Stefani venne sostituito
da Volpi che era più in linea con i caratteri totalitari dello Stato fascista.Per permettere la ripresa del
settore agricolo, fu lanciata la "battaglia del grano"; furono alzati i dazi doganali sui cereali importati
per incoraggiare la produzione nazionale e giungere all’autosufficienza nei consumi. Furono estese le
aree coltivate a grano sostituendo culture specializzate che in un mercato estero sarebbero state
maggiormente richieste.Nel discorso di Pesaro nel 1926, Mussolini, annunciò di volere fissare il
cambio della lira con la sterlina a 90 "quota novanta". Questa riforma era tesa a fare aumentare
l’importanza italiana in una futura politica estera autoritaria ma ciò preoccupava molto le classi medie
del paese sottoposte al pericolo dell’inflazione. Per venire incontro agli industriali, il duce, fece
alleggerire i salari del 10-30% con un conseguente aumento della disoccupazione.I disoccupati che si
erano venuti a creare vennero impiegati in un vasto programma di opere pubbliche culminanti con la
Bonifica dell’Agro Pontino. Le zone paludose furono rese agricole ed abitabili, furono edificate nuove
città quali Latina, Pomezia, Sabaudia ed altre.In questo modo, l’Italia si allontanava sempre di più dal
mondo industriale e dal commercio estero.Con il "Patto di palazzo Vidoni", la confederazione degli
industriali e quella dei sindacati fascisti, con una legge vietarono gli scioperi ed istituirono un
magistrato del lavoro che doveva risolvere i problemi riguardanti i contratti collettivi di lavoro.Gli
anni trenta furono gli anni del consenso; ogni italiano si poteva riconoscere con convinzione nelle
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forme politiche realizzate dal PNF.L’isolamento dell’economia fece in modo che la crisi del ‘29 fu
meno cocente rispetto agli altri Stati e colpì le banche e le industrie siderurgiche. Il duce per evitare il
tracollo dell’economia assunse il controllo tramite l’IRI e l’IMI delle principali industrie e banche
italiane. IMI ed IRI avevano lo scopo di riorganizzare le industrie e le banche per farle uscire dalla
crisi.Il regime in questo modo finì per avere il monopolio del credito e 1/4 del capitale industriale.
Tutto questo non faceva parte di un processo di socializzazione, ma al contrario, era teso a facilitare
l’iniziativa privata tramite sgravi fiscali e tariffe protette. In cambio di queste facilitazioni, gli
industriali s'impegnavano ad appoggiare il regime.L’Autarchia, produrre e consumare solo prodotti
nazionali, divenne una delle parole d’ordine del regime. Il sistema produttivo del paese gravò assai
poco sulle classi medie che per questo si sentirono legate al Duce.
La Germania di Weimar e il problema delle riparazioni
La difficile fase iniziale della Repubblica di Weimar sembrò superata già nel 1921, quando il sistema
industriale tedesco aveva riacquistato l’importanza che aveva avuto nell’anteguerra.Nello stesso anno
venivano fissate le riparazioni di guerra: circa 132 miliardi di marchi-oro, cifra assolutamente
spropositata per le possibilità di pagamento tedesche. Le riparazioni erano state volute
prevalentemente dalla Francia, desiderosa di lasciare la Germania in una posizione di subalternità
ancora per parecchi decenni. Inoltre vi erano i debiti con gli USA contratti da Francia ed Inghilterra
per i quali ogni richiesta da parte tedesca di una riduzione della cifra veniva rifiutata.All’inizio del
1923, a causa di un ritardo nel pagamento di una rata da parte dei tedeschi, la Francia decide, insieme
al Belgio, di occupare il ricco bacino carbonifero della Ruhr. L’orgoglio della popolazione tedesca si
tradusse in un rifiuto del lavorare.Il desiderio tedesco di rivincita andava crescendo e l’8 novembre del
1923 si tento il “Putsch di Monaco” organizzato da Hitler in persona all’interno di una birreria
bavarese. Il colpo di stato non andò a segno e Hitler venne arrestato e condannato ad un anno di
carcerazione; durante quel periodo scrisse il “Mein Kampf” in cui esponeva le sue idee sulla razza
tedesca, che avrebbe poi divulgato ed applicato durante il periodo del regime in
Germania.L’occupazione della Ruhr e la conseguente decisione dei tedeschi di astenersi dal lavoro,
provocò nel 1923 una crescita smisurata dell’inflazione in Germania; il marco giunse a valere fino ad
un trilionesimo del valore che aveva nel 1914 e solo con l’inizio del 1924 la Germania iniziò a
riprendersi.Sia gli Usa che l’Inghilterra non avevano mai approvato l’occupazione francese della Ruhr
e misero appunto dei piani per salvare l’economia tedesca dalla bancarotta.Con il piano Dawes, gli
Usa concedevano nuovi prestiti per consentire alla Germania di riavviare le industrie.Con il piano
Young al posto del vecchio marco ne veniva creato un altro scambiato a 1000 miliardi di marchi
vecchi; facendo in modo che non si ripetesse la situazione precedente che aveva causato l’inflazione.Il
nuovo ministro degli esteri tedesco firmò insieme a quello francese il Trattato di Locarno in base al
quale le frontiere occidentali tedesche non dovevano essere mai più violate. Sempre nello stesso anno
(1926) la Germania entrava a far parte delle società delle Nazioni.Con il patto di Briand-Kellogg,
Francia ed Usa si impegnavano a non ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie
internazionali, ma di rivolgersi ad un tribunale internazionale a cui aderirono altre 57 Nazioni tra cui
Germania e Urss.Il trattato di Locarno, riguardava solo la frontiera occidentale tedesca e non quella
orientale per la quale non esisteva nulla. Locarno lasciava così presagire eventuali mire
espansionistiche tedesche verso est.Alle elezioni presidenziali tedesche a causa dell’intransigenza dei
comunisti, che non appoggiarono il candidato socialdemocratico al ballottaggio, salì il conservatore,
eroe della I guerra mondiale, Hindenburg. Nelle elezioni generali successive però i socialdemocratici
ebbero la meglio riuscendo ad equilibrare le forze.La Repubblica di Weimar, fondata su basi troppo
deboli, presentava, al suo interno, interessi troppo divergenti. I gruppi paramilitari andavano
aumentando sempre di più facendo sulla piccola borghesia sempre più sensibile, dopo l’inflazione, ai
richiami all’ordine e all’onore da riscattare.
La "Strana Guerra" e l'ingresso dell'Italia nel conflitto
L’Italia, consapevole della sua impreparazione ad un conflitto decise di dichiararsi potenza non
belligerante. In modo simile si dichiararono pure gli Stati Uniti e il Giappone.La guerra, appena
iniziata era diversa rispetto alla I guerra mondiale, le truppe si muovevano in modo più rapido grazie
all’utilizzo di mezzi di trasporto e di combattimento veloci. Inoltre l’utilizzo di bombardamenti aerei
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su vasta scala e il perfezionamento dei sommergibili rendevano la guerra ancora piùdura.Dopo
l’occupazione polacca, la Russia spostò il suo fronte in Finlandia per conquistare l’istimo di Carelia al
fine di proteggere meglio la città di Leningrado. Dopo un breve combattimento, la Finlandia cedette
l’istimo e contemporaneamente Hitler conquistava la Norvegia e la Danimarca per potere lottare con
l’Inghilterra da posizioni più favorevoli.Sul fronte ovest, si parlò di “Strana Guerra” infatti sia le
truppe anglofrancesi che quelle tedesche stavano ferme, senza combattere, rispettivamente lungo la
linea fortificata di Marginot e lungo la linea di Siegfried.Sottovalutando i progressi fatti dalla
macchina bellica tedesca, i poveri francesi, avevano concentrato tutte le loro forze solo sulla linea di
Marginot.Il 10 maggio 1940 cominciò finalmente anche la guerra su questo fronte. L’esercito tedesco
invase il Belgio e l’Olanda sfondò la linea anglofrancesi. Sotto i bombardamenti tedeschi, gli inglesi
riuscirono a malapena a mettere in salvo utilizzando qualunque imbarcazione il loro esercito e parte di
quello francese abbandonando però tutto il loro materiale bellico nelle spiagge. Il 4 Giugno 1940 le
preparatissime truppe tedesche erano già a Parigi costringendo i francesi a chiedere un armistizio che
firmeranno nello stesso vagone dove qualche anno prima avevano fatto firmare la capitolazione alla
Germania Guglielmina.L’armistizio firmato dal francese Petain divise la Francia in due: la parte nord
comprendente i 2/3 della popolazione andava alla Germania, la parte meridionale, con capitale Vichy
veniva affidata al nuovo capo di Stato Petain il quale instaurava un governo autoritario incline a
collaborare coi nazisti.Ad un trattato così umiliante si ribellava De Gaulle il quale dai microfoni di
Radio Londra il 18 giugno ’40 esortava i francesi alla resistenza.In pochi giorni era crollato l’esercito
più solido del continente e lo stato che fino a poco prima era considerato il punto di riferimento per la
vita culturale e politica europea.Superando ogni perplessità grazie anche alle difficoltà Francesi,
Benito Mussolini in un celebre discorso annunciava, il 10 giugno ’40 al popolo italiano, l’entrata in
guerra.Contemporaneamente in Inghilterra al posto del remissivo Chamberlain, saliva Churchill.
L’Inghilterra dopo la caduta della Francia si era trovata da sola contro le potenze dell’asse, i territori
occupati (Belgio, Olanda, Francia, Danimarca, Norvegia, Polonia) e i nuovi governi filofascisti
(Spagna, Ungheria, Romania, Portogallo, Bulgaria). Non vedendo nella Germania la capacità di essere
uno stato guida per l’Europa capace di garantire un futuro di pace, Churchill rifiutò qualsiasi trattato e
affermò di voler combattere fino all’annientamento del nemico tedesco.Hitler preparò il progetto di
invasione dell’Inghilterra denominato “Operazione Leone Marino”.L’aviazione tedesca doveva
distruggere le città e i centri nevralgici inglesi demoralizzando la popolazione.La popolazione inglese,
rinvigorita dai discorsi di Churchill si riorganizzò e in breve tempo riuscì ad apportare ai nemici,
grazie all’invenzione del radar, perdite tali da convincere Hitler a rimandare il progetto.Falliva così
ogni probabile speranza di guerra lampo e il conflitto diventava sempre più grande e coinvolgeva
sempre più potenze.L’Italia intraprese una guerra autonoma parallela,In caso di vittoria, avrebbe avuto
il dominio sul Mediterraneo. Ciò voleva dire confrontarsi subito con gli inglesi sia sul piano navale
che su quello terrestre. Inizialmente l’Italia ebbe delle vittorie navali, ma già nella seconda parte del
’40 gli inglesi mostrarono la loro superiorità attaccando la base di Taranto e rendendo impossibili i
rifornimenti per i militari in Africa.Sul fronte africano, i primi scontri furono favorevoli per gli Italiani
guidati dal Duca Amedeo D’Aosta. Il nostro obiettivo era quello di conquistare l’Egitto, colonia
inglese importantissima, spostandoci dalla Libia.Le truppe stanziate in Libia e guidate da Graziani,
inizialmente vinsero, ma gli inglesi con la loro controffensiva fecero retrocedere gli italiani di 1000
km.Il 28 ottobre 1940 si decise di invadere la Grecia, ma il progetto si rivelò un fallimento a causa del
territorio aspro e dell’accanita resistenza.Contemporaneamente i Greci attaccavano il porto di Valona
in Albania. Grazie all’aiuto tedesco, gli italiani riuscirono a riprendere in mano la situazione e Hitler
conquisto la Jugoslavia, la Grecia e Creta.I tedeschi si spostarono sul fronte africano, riconquistarono
la Libia ma ciò non servì a bilanciare la perdita dell’Africa Orientale subita dall’Italia quando nel
maggio ’41 gli Inglesi occuparono l’Etiopia rimettendo sul trono il Negus Haile Selassie.Ogni
illusione di guerra parallela andava scemando mostrando l’Italia in un ruolo di subalternità.Nel patto
Tripartito firmato da Germania, Italia, Giappone a Berlino il 27 settembre ’40 veniva descritto il modo
con cui le potenze si dovevano dividere il mondo: alla Germania, l’Europa settentrionale, all’Italia il
predominio sul Mediterraneo, al Giappone il controllo dell’Asia orientale.
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1942 – 43: Una svolta nel conflitto
Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro avanzata in territorio Sovietico,
la gran parte delle forze tedesche era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio
Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla controffensiva;
con tre armate l’esercito tedesco venne accerchiato e nonostante l’ordine contrario di Hitler il
comandante tedesco Von Paulus decise di arrendersi.Con Stalingrado la seconda guerra mondiale
registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata dall’enorme prestigio acquisito,
cominciava a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell’Europa orientale.In Africa
settentrionale l’esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El
Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a
favore di Mongomery.Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in
Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano
con l’occupazione militare della Francia di Vichy.In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati
dagli americani il Marocco e l’Algeria; e grazie all’arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.Presero
avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti questioni del
conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella
questione del secondo fronte" che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del
conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in
Francia per aprire un nuovo fronte contro la Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno
sbarco nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell’area.Lo sbarco
in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra Roosevelt e Churchill, si presentava
come un fronte di secondaria importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di
compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico – politiche
degli Usa, dell’Inghilterra e dell’URSS.Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel
sacrificare uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l’intera penisola imponendo enormi
sofferenze al popolo italiano.
Il dopoguerra e la ripresa della vita politica ed economica
Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro avanzata in territorio Sovietico,
la gran parte delle forze tedesche era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio
Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla controffensiva;
con tre armate l’esercito tedesco venne accerchiato e nonostante l’ordine contrario di Hitler il
comandante tedesco Von Paulus decise di arrendersi.Con Stalingrado la seconda guerra mondiale
registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata dall’enorme prestigio acquisito,
cominciava a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell’Europa orientale.In Africa
settentrionale l’esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El
Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a
favore di Mongomery.Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in
Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano
con l’occupazione militare della Francia di Vichy.In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati
dagli americani il Marocco e l’Algeria; e grazie all’arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.Presero
avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti questioni del
conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella
questione del secondo fronte" che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del
conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in
Francia per aprire un nuovo fronte contro la Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno
sbarco nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell’area.Lo sbarco
in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra Roosevelt e Churchill, si presentava
come un fronte di secondaria importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di
compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico – politiche
degli Usa, dell’Inghilterra e dell’URSS.Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel
sacrificare uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l’intera penisola imponendo enormi
sofferenze al popolo italiano.La liberazione italiana avvenne il 25 aprile 1945 e ripristinò la normale e
piena vita democratica. Nell’immediato dopoguerra vennero rivissute le diverse esperienze storiche: si
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diffuse allora il cosiddetto “Vento del Nord”, espressione coniata da Pietro Nenni leader del partito
socialista, con la quale affermava il bisogno di trasformazioni economiche e sociali all’interno dello
Stato Italiano.Durante questo periodo si ha l’affermazione e la scomparsa di alcuni partiti.Il partito
comunista italiano (PCI) sostenuto da Togliatti puntava ad una trasformazione in partito popolare di
massa e ad un distacco dalla tradizione bolscevica. Altro obiettivo era la creazione di una democrazia
progressiva tenendo però conto dell’esperienza italiana.Il partito socialista, allora chiamato PSIUP era
tra i principali partiti dell’Italia liberale; aveva come esponenti principali Giuseppe Saragat, Pertini,
Nenni e Moranti. Puntava ad un socialismo democratico e umanista distaccato dal leninismo, anche se
una parte del partito pensava ad un legame con il PCI.Il capo della democrazia cristiana (DC),
appoggiata dal mondo cattolico, era De Gaspari. La Dc proponeva un programma al passo con le
esigenze popolari. Il partito costituiva un punto di equilibrio nel sistema politico, una mediazione tra
conservazione e progresso e un interlocutore per gli alleati occidentali.Il partito d’azione nato
dall’organizzazione di “Giustizia e Libertà” era legato alle teorie di Carlo Rosselli. Gli esponenti più
importanti erano: Ugo la Malfa, Ferruccio Parri e Leo Valini. Fu molto attivo nel corso della guerra
partigiana, mentre adesso cercava di trovare consensi tra il tra il ceto medio e le classi popolari.Il
partito repubblicano (PRI) similmente al partito d’azione, voleva proporre un rinnovamento morale
politico e sociale. Essendo antimonarchico non aveva preso parte al governo Bonomi, né al
movimento di liberazione nazionale, ma era stato presente nella lotta contro il fascismo. Adesso con
l’avvicinarsi della scelta tra Monarchia e Repubblica tornava ad essere un partito di rilievo.Il partito
liberale (PLI) ebbe come presidente Benedetto Croce. La sua forza stava nel legame con esponenti
dell’imprenditoria italiana e nell’adesione di autorevoli personalità politiche ed intellettuali.Per un
breve periodo importante fu pure l’UOMO QUALUNQUE fondato da Giannini. Alla base del
programma vi era un avversione verso l’invadenza della burocrazia statale e l’esosità delle tasse ma
anche verso la corruzione degli uomini politici che aveva ormai stancato la piccola media borghesia.
Si sentiva il bisogno di stabilità; il motto di questo partito era “Si stava meglio quando si stava peggio”
facendo nostalgici riferimenti al periodo fascista.Ferruccio Parri fu designato dal CNL come
successore del governo Bonomi. In questo nuovo governo troviamo Nenni nella veste di
vicepresidente, De Gaspari come ministro degli esteri e Togliatti come ministro della giustizia. I partiti
della sinistra e la Dc si trovarono subito in disaccordo e poco interessati a mantenere le alleanze fatte
pretendevano la propria autonomia di iniziativa politica.Un ulteriore motivo di instabilità era dato dal
movimento separatista siciliano guidato da Andrea Finocchiaro Aprile e dal “braccio armato” Evis
(esercito volontario indipendenza siciliana). Questi cercarono di rendere la Sicilia indipendente fino a
quando nell’ottobre ‘45 Parri si decise ad inviare l’esercito nazionale in Sicilia.Dal punto di vista
politico, Parri procedette ad un epurazione del personale amministrativo compromesso con il fascismo
puntando, con la nomina di prefetti “politici” e non di carriera”, alla formazione di una burocrazia
nuova espressione delle forze antifasciste.Sul piano economico mise pesantissime tasse sul patrimonio
e per far uscire allo scoperto, capitali accantonati durante la guerra, propose la sostituzione della
moneta con una nuova valuta.I suoi progetti economici e politici non piacquero ai liberali e alla Dc i
quali uscirono definitivamente dall’alleanza e costrinsero Parri alle dimissioni il 24 novembre 1945.La
guida del nuovo governo fu assunta da De Gaspari; tutte le riforme fatte da Parri furono abolite e
ripristinata la normalità. All’Assemblea costituente che si sarebbe dovuta eleggere poco dopo, non fu
concesso il potere legislativo così da lasciar maggiore margine di manovra al potere esecutivo. Alle
elezioni del 2 giugno ’46 per la scelta dei rappresentanti dell’Assemblea Costituente, la Dc con il 35%
dei voti si affermò come prima forza politica. Il partito d’azione ebbe appena 1.5% e si sciolse. Il
successo della Dc veniva bilanciato da una presenza assai consistente delle forze della sinistra.Il 2
giugno gli italiani e per la prima volta pure le italiane, furono chiamate a decidere pure tra Repubblica
o Monarchia. Con il 52% dei voti, passo la Repubblica anche se il minimo margine della vittoria
faceva capire che nonostante gli errori gli italiani erano ancora legati alla monarchia.La guerra aveva
causato danni non indifferenti all’apparato produttivo del Paese. Le varie circostanze avevano portato
ad un abbassamento della produzione industriale di quasi il 70% rispetto al 1939. La capacità
produttiva era di fatto diminuita e l’enorme aumento della circolazione di moneta portò in Italia
un’inflazione senza precedenti. Fortunatamente già nel 1945 il governo aveva la situazione sotto
controllo grazie anche agli aiuti alleati (UNRRA).Adesso restava l’incognita su come intraprendere la
ricostruzione economica. Da una parte si faceva affidamento all’imprenditorialità privata; altri
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credevano fosse necessario l’aiuto dello Stato per recuperare il gap economico.Caduto insieme al
governo Parri la possibilità di un cambio di valuta e di eccessive tassazioni; apparve chiaro che la
direzione pubblica dello sviluppo economico doveva essere accantonata.Un forte aiuto nella
ricostruzione, venne dato dal PIANO MARSHALL (1470 milioni di dollari in 4 anni).Nel 1947 con la
nascita del IV governo De Gaspari, Luigi Einaudi venne nominato ministro del bilancio. Egli attuò una
politica deflazionista attenta ala spesa pubblica e ai salari. L’inflazione diminuì velocemente e nuovi
investimenti diedero fiducia all’Italia.Con la firma del PATTO ATLANTICO e con l’adesione alla
CECA, l’Italia entrava a far parte del circuito espansivo delle economie occidentali.La liberalizzazione
degli scambi unita ad una riduzione del 10% dei dazi doganali, non determinò il tracollo del sistema
industriale italiano che invece rinvigorito dalla concorrenza, pose le basi per il boom economico degli
anni 50.Se considerata agli altri Paesi occidentali, l’Italia risultava ancora troppo povera e con enormi
squilibri tra nord e sud. Il reddito dell’Italia del nord infatti, era pari al 76% del reddito nazionale, ciò
probabilmente era dovuto alla mancanza di industrie nel sud e alla conseguente occupazione nel
settore agricolo.Bisognava “Industrializzare” il mezzogiorno; nacque a tal fine la SVIMEZ
(Associazione per lo Sviluppo e il Progresso Industriale del Mezzogiorno). Questa associazione
proponeva delle condizioni atte a favorire lo sviluppo delle attività esistenti e di nuove attività
necessarie per lo sviluppo industriale del mezzogiorno.
Il centrismo
Dopo il fallimento dell’attentato a Togliatti, avvenne la rottura dell’unità sindacale e dalla CGIL (di
ispirazione comunista) si staccarono la CSIL e la UIL che rappresentavano rispettivamente la
componente cattolica e quella socialdemocratica repubblicana.A causa dell’influenza delle componenti
di destra, De Gaspari volle formare un alleanza quadripartita centrista.In questo periodo si videro
realizzate le riforme agrarie (legge Sila e legge Stralcio) le quali prevedevano l’espropriazione delle
grandi proprietà latifondiste per la costituzione di unita poderali di 10 ettari ciascuno sufficienti al
mantenimento di una famiglia di agricoltori.Si formò pure la Cassa del Mezzogiorno che, con
opportuni finanziamenti statali, assunse compiti di bonifica, costruzione di infrastrutture, strade, ecc. e
che successivamente si estese al settore industriale con il proposito di portare sviluppo nel
mezzogiorno. La riforma agraria portò l’uscita dei liberali dal governo, che non erano d’accordo con la
riforma.Nelle successive elezioni si vide l’arretramento della Dc a favore dei monarchici e dell’MSI.
A questo punto con l’“Operazione Sturzo” si cercò, con il consenso di una parte delle gerarchie
vaticane, di presentare una lista che, con l’appoggio prestigioso dell’anziano leader, raccogliesse
esponenti del clericalismo moderato e di una destra apertamente conservatrice. Il tentativo andò a
vuoto e venne proposta la “legge truffa”. Questa legge prevedeva l’assegnazione del 65% dei seggi
parlamentare, al partito che avesse preso il 50.1% dei voti.Nonostante tutto, per 57000 voti, la Dc non
arrivò al premio di maggioranza offerto da questa legge, mentre sia il Pci che i monarchici ottennero
splendidi risultati confermando le preoccupazioni di De Gaspari sul futuro dell’alleanza centrista.
Crisi del centrismo e miracolo economico
Dopo il rifiuto al suo governo, De Gaspari si ritira a vita privata; quel governo “monocolore”
(composto cioè da soli democristiani) non soddisfava le esigenze italiane della seconda legislatura
repubblicana e segnò la fine della sua carriera politica. De Gaspari morirà un anno dopo (agosto 1954).
Fu quindi un altro democristiano a succedergli, Giuseppe Pella, ma sempre alla guida di un
monocolore; questi si trovò ad affrontare la crisi sulla questione di Trieste: la zona B apparteneva
sempre alla Jugoslavia, mentre la zona A, appartenente agli Anglo-Americani, doveva essere restituita
all’Italia nel 1948, ma così non era avvenuto. Tito minacciò subito ritorsioni nel caso di un eventuale
ingresso italiano nella zona A e Pella inviò alcune truppe sulla frontiera di Gorizia.Alla fine, si
raggiunse un accordo, poi ratificato nell’ottobre del 1954: l’Italia avrebbe avuto la restituzione della
zona A, ma avrebbe definitivamente rinunciato alla zona B.Il governo Pella, però, finì con il cadere, in
quanto la forze di centro e quelle di sinistra, guidate rispettivamente da Mario Scelba e Amintore
Fanfani, vi si opposero con determinazione.Dopo un vano tentativo di Fanfani di ottenere la fiducia, fu
Scelba a formare il nuovo governo, sulla base di un alleanza Tripartita DC, Psdi, Pli, attribuendo la
vicepresidenza a Saragat e cercando di riprendere il disegno degasperiano.Nel dicembre 1954 veniva
presentato un piano decennale di sviluppo ed incremento economico, detto “piano Vanoni”, dal nome
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del ministro democristiano Ezio Vanoni: lo Stato s’impegnava a creare 4 milioni di posti di lavoro.
Apparso troppo pretenzioso e vincolante agli occhi dei liberali, il piano, benché approvato dal
Parlamento, rimase privo di ogni concreta efficacia.Successivamente, venne eletto presidente della
Repubblica Giovanni Gronchi, grazie ai voti dei comunisti e dei socialisti.Durante il nuovo governo
guidato da Segni, si ebbe la firma dei trattati di Roma istituiti dalla CEE e dall’EURATOM: era la fine
dell’esperienza centrista italiana.Fu certamente Enrico Mattei la figura più importante del miracolo
economico italiano. Riuscì a trovare giacimenti di metano nella Pianura Padana dopo la fine della
guerra e decise che l’Italia doveva essere indipendente dai paesi possessori di risorse del sottosuolo,
superando così il cartello dei prezzi imposti dalle “Sette sorelle”, le grandi compagnie petrolifere
anglo-americane, con la formula del Fifty-Fifty, metà e metà.Cercò risorse in tutta la penisola,
riorganizzò l’Agip, comprò e vendette in Russia, Iran e Algeria. Morì in circostanze misteriose, in un
incidente aereo nel 1962.
Verso il centro sinistra
Con le elezioni politiche del maggio 1958 si ha un apertura a sinistra. Essa fu favorita anche dalla
morte di Pio VII e l’elezione di Giovanni XXIII, uomo di aperte vedute e non anticomunista come il
suo predecessore.Ci furono forze contrarie a quest’avventura a sinistra sostenute principalmente dai
più importanti giornali d’opinione, grandi industriali, la media e grande proprietà terriera allarmati dal
fatto che con i socialisti al governo si sarebbe attuata una politica riformatrice.Fanfani, in questo
periodo, venne eletto presidente del Consiglio, accumulando due cariche contemporaneamente poiché
egli era già segretario della DC. Con lui i tempi di un’intesa con il PSI apparvero vicini. Gli oppositori
interni della Dc lo costrinsero a dimettersi da entrambe le cariche, così il nuovo segretario della Dc
venne eletto Aldo Moro, mentre Antonio Segni tornava alla guida del governo.Con grande capacità di
mediazione, Moro, convinse le componenti moderate del partito del mantenimento della Dc con un
apertura al PSI per dare una maggiore stabilità politica al governo.Con il congresso di Firenze della
Dc, seguito dalle dimissioni di Segni, sembrò possibile varare un governo tripartito con l’appoggio dei
socialisti.Vinsero però ancora una volta i timori degli ambienti cattolici e delle gerarchie vaticane
contrarie ad un’apertura a sinistra favorendo la formazione di un governo di transizione guidato da
Tambroni. Egli si dimise poco tempo dopo a causa dell’instabilità del governo, anche se però continuò
a governare sotto suggerimento di Gronchi.Subito dopo si manifestò con violenza l’insoddisfazione
della società italiana, particolarmente negli episodi del luglio 1960. In questi giorni infatti, si ebbe una
vera e propria sommossa a Genova in cui Tambroni acconsentì alla riunione del congresso dell’MSI.
La sommossa si ampliò in altre città del settentrione causando molti danni e provocando le dimissioni
di Tambroni.Fanfani tornò nell’agosto dello stesso anno al governo sostenuto dalla Dc, Pdsi, Pri, Pli
ma senza l’appoggio dei socialisti.Nel congresso di Napoli (1962) della Dc, si decise che il partito
socialista poteva partecipare al governo. Il primo governo formato con l’appoggio dei socialisti, aveva
come primo problema la programmazione economica e alla nota aggiuntiva proposta da La Malfa.
Nella nota aggiuntiva si affermava la necessità di partecipazione all’economia da parte del governo
tramite “partecipazioni statali” che con la formazione di quel governo (Fanfani) portarono alla
nazionalizzazione dell’energia elettrica. Importantissima fu anche l’estensione dell’obbligo scolastico
fino all’età di 14 anni.Dopo le elezioni politiche del 2 giugno 1963, che videro la perdita della Dc a
favore dei liberali passati all’opposizione, nel XXXV Congresso del partito socialista, Pietro Nenni e
Francesco De Martini, decisero la diretta partecipazione ad un nuovo governo di centro sinistra
guidato dal democristiano Aldo Moro. Per la prima volta Dc e socialisti facevano parte di un governo
di coalizione.
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