13 marzo 2017 delle ore 07:05
Keith Haring, il giovane radiante
Frammenti di arte tribale, archetipi e immaginari gotici incontrano l’universo del fumetto, le
minacce nucleari e l’AIDS. Ecco l’arte di un raffinatissimo graffitista (e non solo)
Disegni, dipinti, murales, teloni vinilici,
sculture d’acciaio, oggetti, insegne pubblicitarie
decorate, manifesti e t-shirt stampate. Questa
l’eredità che ci lascia Keith Haring in appena
dieci anni di attività e trentuno di vita. Definita
dalla direttrice della Keith Haring Foundation
una mostra "necessaria” in Italia, "Keith
Haring. About Art” fino al 18 Giugno 2017 a
Palazzo Reale di Milano, torna a parlare del
graffitista americano a 27 anni dalla morte.
Promossa e prodotta dal Comune di MilanoCultura, Palazzo Reale, Giunti Arte mostre
musei e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE
presenta 110 opere, molte di dimensioni
monumentali, alcune delle quali inedite o mai
esposte in Italia. Luogo, l’Italia, che Haring ama
moltissimo, non solo per la gente, i posti
magnifici, ma per l’aria che si respira, per la
cultura. La mostra intende dare una rilettura
critica della produzione dell’artista alla luce
della sua profonda ammirazione e assimilazione
dell’arte del passato. Per questo si è scelto un
taglio curatoriale improntato all’unfinished, un
non finito inteso come infinito, eterno ritorno,
senza fine, un essere dunque eterno e
immortale. Così Gianni Mercurio, curatore
della mostra, che vanta prestiti internazionali
molto importanti, definisce l’arte di Keith
Haring. Non finito come Unfinished Painting
ultimo di cinque dipinti realizzato nell’estate
del 1989, dopo un viaggio in Marocco, pochi
mesi prima della morte. Presa in prestito come
icona della mostra, è anche emblema di
importanti aspetti dell’estetica di Haring che il
percorso espositivo vuole mettere in evidenza.
Un percorso che esplora i linguaggi dell’arte, a
partire dall’arte classica all’arte Tribale,
Precolombiana fino a quella del Novecento, in
un dialogo continuo con la storia con cui Haring
vuole mettersi a confronto e in continuità.
Per restituire questa complessità delle fonti
visive dell’artista nato in Pennsylvania, ci
accoglie già nella prima sala una copia della
Lupa Capitolina, simbolo di maternità, che
Haring trasforma in uno dei suoi pittogrammi
stilizzati in Untitled, 1982, con la lupa ritagliata
nel rosso, colore primitivo della fecondità e
dell’abbondanza, con i gemelli, Romolo e
Remo, in nero. A questi parallelismi concettuali
ne seguono altri di carattere formale come nel
caso dell’accostamento di Square Composition
with Horse, di Jackson Pollock all’opera RedYellow-Blue, # 14, 1987, a cui è ispirata. Di
Pollock ammira in particolar modo il primo
periodo in bilico fra astrattismo e figurativismo.
A partire dal 1982 Keith Haring si reca
ripetutamente in Europa. Visita l’Olanda, il
Belgio, l’Italia, la Germania, l’Inghilterra, dove
ha modo di vedere i capolavori dell’arte
occidentale. Lo colpiscono l’essenzialità di
Mondrian e Paul Klee, i tratti sinuosi di Matisse,
la dimensione surreale di Dalí e Magritte, cui è
dedicato Head of a Woman (For Magritte),
1988. Naturalmente apprezza Picasso. Untitled
(Egg Head for Picasso), 1987 è una maschera
in metallo ispirata a Femme nue uno studio di
nudo femminile destinato a divenire il volto di
una delle prostitute del "bordello filosofico” che
sconvolse il modo di rappresentare la realtà: Les
demoiselles d’Avignon. Una sezione specifica
è dedicata all’arte tribale, in un’epoca, come
afferma lo stesso Haring, che si trova
tecnologicamente e ideologicamente lontana
dalle cosiddette culture "primitive”, sotto la
minaccia nucleare. Ce ne dà un esempio
Untitled del 1984 una rielaborazione delle
immagini di Quetzalcoatl, la divinità centroamericana raffigurata come un serpente
piumato che Haring trasforma in una lunga e
sinuosa sagoma di serpente alla cui sommità
svetta la testa stilizzata di un cane, tra i
pittogrammi più utilizzati dall’artista.
Ma il suo non è citazionismo o appropriazione
che pure caratterizzò il passaggio alla Pop Art
cui spesso è paragonato per l’immediatezza del
suo linguaggio. Definito un "divoratore di
immagini”, i suoi segni e forme sono
letteralmente irradiate di energia vitale che
scaturisce dalla riattualizzazione di tematiche
dei grandi maestri il cui scopo è rendere
l’immaginario collettivo espressione dello "
spirito del tempo”. A partire dalle forme
stilizzate dei suoi "radiants babies” – i bambini
radianti - che, come la corona per Jean Michel
Basquiat, è diventata la sua tag, la sua firma, e
di cui afferma: «Quel che mi è sempre piaciuto
dei bambini è la loro immaginazione: una
combinazione di onestà e libertà che permette
loro di esprimere qualsiasi cosa gli passi per la
mente. E poi mi è sempre piaciuto il loro senso
dell’umorismo. [...] Sono sempre stato in grado
di far sorridere qualsiasi bambino, probabilmente
grazie alla mia faccia buffa, al fatto che
sembrassi anch’io un bambino e mi comportassi
come loro». Ma ci sono anche i "barkling dog” –
i cani latranti con il muso rettangolare - altra
immagine iconica che simboleggia la vita e le
sagome antropomorfe senza volto, che nella
loro anonimità rappresentano tanto il singolo
quanto l’umanità. A partire dalla sua visione
antropocentrica nasce l’idea di un "nuovo
umanesimo” che racconta un mondo utopistico
pervaso dalla gioia, raccolto in un cuore
pulsante di amore e compartecipazione. Ne è
un esempio Untitled del 1985 un globo terrestre
radiante inserito in un enorme cuore rosso,
circondato anch’esso da raggi e sorretto da due
enormi mani sotto cui danzano una lunga
schiera di figurine umane. Immaginario che
contrasta fortemente con le creature demoniache
che affollano opere quali Untitled, 1985, che
testimoniano i legami iconografici con Bosch e
la sempre più forte consapevolezza della sua
malattia che tormenta il giovane artista,
praticamente condannato a morte. Questa
dicotomia pervade tutta la sua poetica come
emerge dai disegni. I tratteggi che circondano
le figure ispirate al mondo dei cartoons, sono
talvolta segnalatori di movimento, altre volte di
radiazioni (nucleari) o irradiazioni (di luce o di
energia). Haring gioca con lo spettatore.
Questo carattere ludico è preso in prestito dal
mondo dei fumetti e dei cartoni trasmessi alla
televisione, che affascinano il writers per la loro
capacità d’incidere nell’immaginario collettivo,
di parlare a un pubblico vasto, variegato cui si
ispirano i primi disegni concepiti come vignette
fantascientifiche, i cui attori sono figure
antropomorfe, animali, piramidi, dischi volanti
ed esseri mutanti. Le opere non sono mai titolate
per lasciare libertà di interpretazione, tranne
poche opere come Walking in the Rain, 1989
realizzata subito dopo aver saputo di aver
contratto il virus dell’AIDS. Nell’89 avere
l’AIDS era una condanna a morte, non ci si
poteva convivere a lungo. Ciò segna una cesura
e una sperimentazione a livello sia formale che
cromatico, sia contenutistico. L’opera che,
sembrerebbe trarre ispirazione da un Olpe
etrusca del VI secolo a.C. raffigurante una
Sfinge, mostra le tracce dell’andamento del
dripping in cui segni e figure si intrecciano
facendo perdere l’immediatezza della loro
leggibilità, sovrapponendosi al massiccio uso
del colore che diventa quasi materico. La carica
espressiva è amplificata dalle sgocciolature e
dalla pennellata sporca, dai contorni frastagliati,
a testimonianza di come Haring associ il
contenuto alla resa formale. Viene per la prima
volta meno il suo tratto distintivo, vero e proprio
marchio della sua cifra stilistica, il contorno
marcato e netto rappresentato dalla linea. Una
linea fino ad allora mai incerta o soggetta a
cambiamenti.
Ultima sezione della mostra è dedicata ai video
che lo riprendono nell’atto del dipingere e ai
Subway drawings. Tassello fondamentale nella
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Exibart.com
concezione di un’arte che si fa azione e diventa
altrettanto importante rispetto al dipinto
prodotto, specie quando decide di agire in
pubblico, nelle strade, nelle metropolitane. I
Subway drawings nasceranno proprio nella
metropolitana di New York, come una sorta di
performance continua. Una sperimentazione
filosofica e antropologica, oltre che artistica. I
Subway Drawings hanno rappresentato per
Haring «cinque anni di lavoro, migliaia e
migliaia di disegni […]. Penso che per quello
che rappresenta e per il suo contenuto
filosofico, sia certamente la cosa più importante
che abbia fatto».
Sara Marvelli
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