Keith Haring a Milano: non solo graffiti

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Keith Haring a Milano: non solo graffiti
About Art è il titolo della mostra di Keith Haring ospitata a Palazzo Reale, nelle cui sale
sono esposte più di cento opere dell’artista. I suoi “omini” stilizzati, in costante dialogo
con i diversi linguaggi dell’arte, rappresentano un universo in bilico tra cultura pop e colta
Untitled,
settembre 1984, acrilico su tela, 152,4 x 304,5 cm, Collection of Nick Rhodes © Keith Haring
Foundation
Keith Haring (Reading 1958- New York 1990) è forse uno degli artisti più conosciuti al mondo.
Anche chi non ricorda il suo nome riconosce le inconfondibili sagome colorate che nel corso degli
anni si sono propagate ovunque. “Keith Haring” è diventato una specie di “marchio di fabbrica” da
sfoggiare su t-shirt e oggetti di ogni tipo. Un eccesso esasperato che tuttavia ha centrato l’obiettivo
che l’artista non ha mai perso di vista: portare l’arte fuori dal museo. Il linguaggio di Haring è
semplice e diretto. Le sue opere reinterpretano con estrosità gli archetipi della tradizione classica,
dell’arte tribale ed etnografica, l’immaginario gotico e i cartoon, oltrepassando il concetto di Pop Art
e l’etichetta di graffitista.
Untitled, 10
gennaio 1982, inchiostro e olio su legno, 31 x 425 cm, Ginevra, BvB Collection © Keith Haring
Foundation
La storia di Keith Haring ha inizio nelle metropolitane di New York degli anni ’80. Sono gli anni
dell’eccesso, delle droghe, dell’edonismo, della voglia di affermarsi e apparire. La Grande Mela è in
fermento e per gli artisti la voglia di sperimentare e di rompere le tradizioni diventa necessità.
Haring inizia a disegnare quasi per caso, come è lui stesso a raccontare. Durante un tragitto in
metro, trova all’uscita del vagone uno spazio pubblicitario inutilizzato e decide di riempirlo con le
sue idee. Gessetti bianchi alla mano e su quello sfondo nero compare il suo primo omino. La gente lo
osserva, è perplessa: il suo è un laboratorio pubblico che attrae. Quell’episodio sarà il primo dei tanti
gesti controcorrente che lo vedranno protagonista indiscusso dell’arte, passando di metro in metro
sino ad arrivare nella galleria del grande Tony Shafrazi.
Untitled,
June 11 1984, acrilico su tela, 238,8 x 716,3 cm, Collezione privata © Keith Haring Foundation
La mostra di Milano, a Palazzo Reale, è un allestimento emozionante diviso in diverse sezioni che ci
offrono un ritratto intenso dell’artista. Tra i vari Untitled spicca il presagio contenuto in Walking in
the Rain (1986) e una delle sue ultime opere, Unfinished Painting (1989), dipinto non finito, o
infinito, che sottolinea la sua concezione ciclica dell’arte e della vita da cui si finisce per
ricominciare.
Keith Haring è l’espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su
problematiche proprie del suo e del nostro tempo: razzismo, droga, minaccia nucleare, alienazione
giovanile, discriminazioni delle minoranze, arroganza al potere e AIDS. Keith Haring ne rimane
coinvolto in prima persona e morirà nel 1990 a poco più di trent’anni, in seguito a complicazioni
dovute alla malattia. Il suo impegno per la lotta all’AIDS è stato immenso e rimane tuttora tangibile.
Nel 1989 fonda la Keith Haring Foundation, che continua ancora oggi la sua opera di supporto alle
organizzazioni a favore dei bambini e della lotta al virus (vedi qui).
Tree of Life,
1985, acrilico su tela 152,5 x 152,5 cm, Collezione privata © Keith Haring Foundation
Il contributo più grande che Keith Haring ha lasciato al mondo dell’arte è quello di riuscire a
ricomporre i diversi linguaggi del mondo in un immaginario simbolico unico e al tempo stesso
universale, riconoscibile da tutti. I protagonisti dei suoi dipinti siamo noi di fronte ai nostri problemi
sociali e individuali. L’attivismo nei confronti dei tabù e la semplicità con cui è stato in grado di
affrontarli fanno di Haring un artista singolare rispetto ai suoi contemporanei.
Flavia Annechini
Keith Haring, About Art, a cura di Gianni Mercurio
Palazzo Reale, Milano
Dal 21-2 al 18-06 2017
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