Il regime di opponibilità degli atti negoziali Articolo di Francesco Pittaluga 14.01.2005 Il regime di opponibilità degli atti negoziali a cura del dott. Francesco Pittaluga 1. EFFICACIA DIRETTA ED INDIRETTA DEL CONTRATTO. 1.A) Il contratto come atto avente forza di legge fra le parti. Il contratto ha forza di legge “fra le parti” e “non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge” (art. 1372 c.c.). Con questa disposizione il codice è netto nello stabilire come il regolamento negoziale vincoli le parti e solo esse, senza poter avere efficacia diretta nei confronti di soggetti terzi, a meno che ciò non sia previsto da altre disposizioni normative. Tutti sappiamo come tali “ulteriori” disposizioni possano essere individuate in quelle relative ai contratti a favore di terzi, di cui agli artt. 1411 e ss. c.c., costituenti, più che un’eccezione alla regola generale, una ulteriore regola generale che si affianca a quella testé esaminata al fine di limitarne l’estensione. Quanto sopra detto, però, vale solo in ordine all’efficacia diretta del negozio, intesa all’idoneità di esso ad avere un effetto immediato (accrescritivo, diminutivo o modificativo) dei diritti o delle prerogative spettanti al singolo. 1.B) L’efficacia indiretta del contratto nei confronti dei terzi: rilevanza esterna ed opponibilità. Diverso discorso deve essere fatto in ordine all’efficacia indiretta (o riflessa), intesa come l’effetto, derivante dal contratto, di determinare la sfera giuridica delle singole parti negoziali e delimitarla rispetto a quella dei terzi. In particolare, questa efficacia negoziale si articola nei due aspetti della: 1. rilevanza esterna del negozio quale presupposto di posizioni giuridiche costituenti limite all’esercizio del diritto di terzi. La previsione contrattuale è sì vincolante solo per le parti che l’hanno conclusa (cfr. art. 1372 c. 1 c.c.), ma è pur vero che precostituisce a loro favore un diritto soggettivo che, in molti casi, è tutelabile erga omnes, con conseguente dovere per i soggetti terzi di astenersi dal compiere azioni (giuridiche o materiali) che possano recare nocumento all’esistenza o al libero esercizio di tale diritto. In sostanza, se è vero che il contratto crea, modifica o estingue situazioni giuridiche solo in capo alle parti e non ha diretta incidenza sui terzi, è pur vero che questi devono rispettarle in virtù del principio del neminem laedere, ossia dell’obbligo di generale rispetto dei diritti altrui. Questa regola, in passato riconosciuta come valevole solo per i diritti reali, è stata estesa dalla dottrina1 e dalla giurisprudenza anche ai diritti di credito, tanto è vero che, in tempi nemmeno troppo recenti, i giudici sono giunti a sanzionare il comportamento del soggetto (terzo) che cagione, o anche solo concorre a cagionare, l’inadempimento della parte contrattuale; 2. opponibilità del contratto ai terzi. Secondo aspetto dell’efficacia riflessa del contratto è quello relativo alla sua opponibilità nei confronti dei terzi, ossia di coloro che vantano (o posso vantare) situazioni giuridiche confliggenti ed incompatibili con quelle delle parti2. I terzi nei cui confronti può sorgere conflitto in ordine all’efficacia del contratto (soprattutto se si tratta di contratti di alienazione) possono appartenere alle seguenti tre categorie: 1. terzi titolari, ossia coloro che: • non risultano avere mai trasmesso alla parte alienante né ai suoi danti causa il diritto o il bene oggetto del negozio; • ovvero risultano averlo trasmesso in forza di un contratto che sia nullo o sia stato annullato o risolto ovvero rimasto comunque inefficace (per esempio a cagione della presenza di una condizione); • ovvero, ancora, risultano aver acquistato a titolo originario il diritto o il bene oggetto di contratto in danno dell’alienante o dei suoi aventi causa, come nel caso del bene già usucapito da un soggetto terzo prima della cessione. In tutti questi casi, il conflitto sorge fra l’acquirente ex contractus ed un soggetto – terzo rispetto al negozio – che risulta non aver mai trasmesso la proprietà o la disponibilità del bene o del diritto al soggetto qualificato come alienante (infatti, si parla di acquisto a non domino); 2. terzi aventi causa, ossia tutti gli altri soggetti – ovviamente diversi dalla controparte contrattuale – ai quali il titolare aliena, con diversi atti, il medesimo diritto o bene già oggetto del negozio. In tal caso, il conflitto sorge nel caso in cui le singole vicende negoziali non possano realizzarsi senza risultare da impedimento le une nei confronti delle altre3; 3. terzi creditori, ossia coloro che hanno ragioni di credito, rispettivamente, nei confronti dell’alienante o dell’acquirente il diritto. Qui il conflitto deriva dal fatto che, mediante il negozio di alienazione, i creditori di una delle parti vedono diminuito il patrimonio posto a garanzia del loro credito (ex art. 2740 c. 1 c.c.). 2. OPPONIBILITA’ DEI CONTRATTI AVENTI AD OGGETTO BENI IMMOBILI. 2.A) Sistema personale e tavolare. La pubblicità degli atti aventi ad oggetto beni immobili o diritti reali su beni immobili è assicurata per mezzo di appositi registri e raccolte sui quali le parti – o, in loro vece o in loro sostituzione, secondo le disposizioni codicistiche, i pubblici ufficiali roganti ovvero il giudice che ha deciso la controversia avente ad oggetto uno di tali beni o diritti – devono effettuare le trascrizioni, le iscrizioni e le annotazioni richieste dalle disposizioni codicistiche. Il sistema pubblicitario immobiliare non è unico per tutto il Paese, in quanto, per antico retaggio storico, nelle regioni del nord-est viene ancora oggi impiegato un sistema a base reale (c.d. sistema tavolare), nel quale la pubblicità viene operata (R.D. 499/1929) in relazione al singolo bene; nelle altre Regioni, ed in particolare in tutte quelle che non furono liberate dal giogo asburgico a seguito del primo conflitto mondiale, il sistema pubblicitario è invece a base personale, con la conseguenza che gli atti per il quali è richiesto l’adempimento pubblicitario vengono trascritti, iscritti o annotati in relazione alle persone alle quali si riferiscono e non, invece, in relazione al bene oggetto di disposizione. Ad ogni modo, il sistema tavolare – che non costituisce oggetto di esame in quesa trattazione - trova applicazione solo in relazione agli atti inter vivos. 2.B) La trascrizione nel sistema di pubblicità a base personale: dichiaratività, priorità temporale e continuatività. Rispetto al sistema tavolare, quello di pubblicità a base personale si caratterizza per: • il valore meramente dichiarativo dell’adempimento pubblicitario. La pubblicità, infatti, e salvo il caso dell’iscrizione di cui si dirà oltre, non è richiesta al fine di rendere il contratto efficace fra le parti4 ma solo al precipuo fine di renderlo opponibile rispetto ai terzi, ed in particolare ai diversi aventi causa del medesimo soggetto5. In particolare, la trascrizione non ha effetto costitutivo del diritto, il cui trasferimento continua a restare disciplinato dal principio consensualistico ex art. 1376 c.c.6, né, tantomeno, efficacia sanante degli eventuali vizi che affliggono l’atto di cui viene richiesta la trascrizione (salvo il limitato effetto di cui in seguito si dirà in relazione alla trascrizione delle domande giudiziali operata ex artt. 2652 e 2653 c.c.). In particolare, la trascrizione è valida ed è idonea a sortire effetti solo a condizione che l’atto sia perfettamente valido ed efficace, potendo, eventualmente, difettare il solo requisito della legittimazione a disporre (in caso di acquisto a non domino); • la priorità temporale assicurata alla trascrizione operata in precedenza. Questo principio è sancito dall’art. 2644 c.c., in forza del quale l’atto non può avere effetto nei confronti dei terzi i quali abbiano acquistato diritti sull’immobile in forza di un altro atto trascritto anteriormente7. Logico corollario di tale disposizione è che, una volta effettuata la trascrizione, l’atto possa essere validamente opposto a tutti i terzi i quali vantino diritti incompatibili, e ciò anche se l’acquisto da parte di questi sia anteriore rispetto alla data di trascrizione. La trascrizione, nondimeno, risolve solo i conflitti tra acquirenti per atto fra vivi ed a titolo derivativo. Per quanto riguarda, infatti, gli acquisti mortis causa, la loro trascrizione non assolve mai funzione dichiarativa ma assume unicamente valore notiziale8. I conflitti fra acquirenti per atto inter vivos ed acquirenti mortis causa, pertanto, non possono essere risolti in base al principio di cui all’art. 2644 c.c. ma in base ad altri criteri, e nella fattispecie quelli di diritto sostanziale o successorio9. Per quanto concerne, all’opposto, i rapporti fra acquirenti a titolo derivativo ed a titolo originario del medesimo diritto, non è configurabile alcuna ipotesi di conflitto, posto che, infatti, questo può esistere nel solo caso in cui l’acquisto avvenga dallo stesso soggetto10. Anche la trascrizione dell’atto di acquisto a titolo originario, pertanto, espressamente richiesta dall’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia e non di pubblicità dichiarativa, con conseguente inapplicabilità del principio di cui all’art. 2644 c.c. 11; • il principio della continuità delle trascrizioni, nel senso che le trascrizioni “a carico” di un soggetto non sortiscono alcun effetto se non in presenza della preventiva trascrizione di un atto di acquisto “a favore” del medesimo (art. 2650 c.c.). Pertanto, non può essere reso opponibile ai terzi un atto di alienazione immobiliare se prima, nei confronti del disponente, non sia stato registrato un atto di acquisto12. La trascrizione del previo atto di acquisto è necessaria anche in caso di acquisto mortis causa – limitatamente però ai soli diritti che già appartenevano al patrimonio del de cuius e non anche a quelli creati ex novo a seguito del decesso o in forza di testamento - o a titolo originario seppur al solo fine di rendere continua la catena della pubblicità immobiliare13 e non anche ai fini di cui all’art. 2644 c.c.. Peraltro, la trascrizione (successiva) dell’atto di acquisto a favore del soggetto rende efficaci tutte le già intervenute trascrizioni contro il medesimo soggetto, secondo il loro ordine (art. 2650 c. 2 c.c.). L’adempimento della pubblicità immobiliare, anche in relazione agli atti per i quali è espressamente prevista dal legislatore, viene considerata un obbligo per la parte (salva l’applicazione delle sanzioni previste per l’evasione delle imposte di registro ed ipotecaria e catastale), ma bensì un onere14, ossia un “peso” imposto al soggetto per l’esercizio di un proprio diritto (l’opponibilità dell’atto). In particolare, si tratta di un onere infungibile15, in suscettibile di essere sostituito da altri adempimenti né, tantomeno, tale da dotare di rilevanza giuridica il fatto che i terzi conoscano la reale condizione giuridica del bene. Nondimeno, se è vero che la pubblicità immobiliare costituisce solo un onere per le parti, è pur vero che integra un vero e proprio obbligo giuridico per il notaio o gli altri pubblici ufficiali che hanno ricevuto (se trattasi di atto pubblico) o autenticato l’atto16, i quali sono tenuti a richiedere la trascrizione nel più breve tempo possibile e comunque non oltre 30 giorni decorrenti dalla data dell’atto, pena il risarcimento del danno nei confronti del soggetto interessato ed il pagamento di una sanzione amministrativa (cfr. art. 2671 c.c. ed art. 6 D. Lgs. 347/1990); stesso discorso deve essere fatto per i cancellieri, in ordine agli atti ed ai provvedimenti soggetti a trascrizione da essi ricevuti o ai quali abbiano comunque partecipato, i quali devono richiedere la trascrizione entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla data dell’atto o del provvedimento ovvero dalla sua pubblicazione, se prescritta (cfr. artt. 2643, n. 14, 2651, 2652 e 2653 c.c. ed art. 6 D. Lgs. 347/1990). 2.C) L’iscrizione: particolarità. Parzialmente diversa dalla trascrizione è l’iscrizione. Se, infatti, i principi che la regolano sono i medesimi, specie in tema di continuità ed opponibilità rispetto ai terzi, per l’iscrizione l’adempimento della formalità pubblicitaria ha carattere costitutivo nel senso che il diritto nasce solo a seguito della corretto adempimento dell’onere. 2.D) Modalità di effettuazione della pubblicità immobiliare. Per effettuare la trascrizione, l’annotazione di un atto a margine di una trascrizione già effettuata o l’iscrizione, occorre che il soggetto richiedente anzitutto disponga di un titolo idoneo17 e, secondopoi, che provveda al deposito presso la Conservatoria dei RR.II. nella cui circoscrizione si trovano i beni (ex art. 2663 c.c.) una nota di trascrizione o di iscrizione, a seconda dei casi, in doppio originale accompagnata (art. 2658 c.c.): • da copia autenticata del titolo al quale si vuole dare pubblicità, qualora questo rivesta la forma dell’atto pubblico o della sentenza (intesa nel senso di provvedimento giudiziario trascrivibile) ovvero si tratti di una scrittura privata depositata presso un pubblico archivio oppure un notaio; • dall’originale del titolo, qualora si tratti di una scrittura privata non depositata con le modalità di cui al punto immediatamente precedente; • dalla copia autenticata della domanda giudiziale di cui si richiede la trascrizione, munita della relata di avvenuta notifica alla controparte18. Le note di trascrizione o iscrizione devono essere redatte su modelli conformi a quelli approvati con decreto interministeriale. Qualora l’atto debba essere oggetto di semplice annotazione19, dovrà essere redatta, sempre in doppio originale, una apposita nota conforme al modello interministeriale approvato (ex art. 17 L. 52/1985). Ciascuna nota, in particolare, può riguardare solo un negozio, con la conseguenza che se, nel medesimo documento, sono in realtà presenti diversi negozi giuridici, dovranno essere depositate tante note di trascrizione quanti sono quelli cui deve essere data idonea pubblicità. Qualora oggetto di trascrizione sia un atto inter vivos, la nota di trascrizione deve contenere gli elementi di cui all’art. 2659 c. 1 c.c. ed essere accompagnata dal documento – in originale o copia a seconda dei casi, secondo quanto prescritto dall’art. 2658 c.c. – di cui si richiede la pubblicità. Qualora, invece, debba essere trascritto un acquisto mortis causa, il richiedente deve depositare, unitamente alla nota in doppio originale completa delle informazioni di cui all’art. 2660 c. 2 c.c., altresì: 1. il certificato di morte del de cujus; 2. una copia o un estratto autentico del testamento, se la successione avviene in base ad esso; 3. la dichiarazione di accettazione dell’eredità o di acquisto del legato ovvero l’atto per il tramite del quale è intervenuta accettazione tacita, a condizione – però – che tale atto risulti da sentenza, atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente (art. 2648 c. 2 c.c.) 20; 4. il documento comprovante la rinuncia all’eredità o al legato ovvero la morte di uno dei chiamati, allorché la trascrizione si riferisca ad un acquisto mortis causa avvenuto per successione in luogo di altri chiamati. La corretta compilazione della nota di trascrizione o iscrizione è di particolare importanza. Sono le risultanze di questa, infatti, ad essere assoggettate a regime pubblicitario ed essere opponibili rispetto ai terzi, con la conseguenza che, in caso di discrasia fra il contenuto della nota e quello del titolo di cui si è richiesta la trascrizione, ad essere opponibili ai terzi saranno solo le informazioni contenute nella nota21. Qualora, peraltro, le omissioni o le inesattezze della nota abbiamo importanza tale da indurre incertezza: • sulla persona; • sul bene; • sul rapporto giuridico; cui si riferisce l’atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda giudiziale, la formalità pubblicitaria è colpita da nullità e, pertanto, l’atto non potrà essere opponibile ai terzi aventi causa (cfr. art. 2665 c.c.) 22. Le note vengono ricevute dal Conservatore dei RR.II. – il quale non può rifiutarle se non nei casi di cui all’art. 2674 c.c.23 – e vengono immediatamente “repertate” – ossia iscritte - con il titolo allegato e secondo il loro ordine di presentazione, sul registro generale d’ordine (art. 2678 c. 1 c.c.) 24. La trascrizione, l’annotazione o l’iscrizione sono disposte con riserva dal Conservatore qualora, a fronte di un fondato dubbio in ordine all’esecuzione della formalità, la parte richiedente insti comunque per l’adempimento dell’onere pubblicitario (art. 2674-bis c.c.). In tale ipotesi, la parte deve comunque proporre reclamo, entro 30 giorni dall’esecuzione della formalità, nanti il Tribunale nella cui circoscrizione si trova la Conservatoria e notificare copia del reclamo al Conservatore. La decisione avviene in camera di consiglio con decreto motivato, immediatamente esecutivo ed a sua volta reclamabile in Corte d’Appello. Anche questa decide sul reclamo a mezzo di decreto motivato, adottato in camera di consiglio, non ricorribile per Cassazione25. Qualora la parte non presenti formale reclamo nel termine sopra indicato ovvero nel caso in cui questo sia rigettato, la formalità disposta con riserva perde ogni efficacia (cfr. art. 113-ter c. 5 disp. att. c.c.). Una volta controllata la nota ed il titolo allegato ed aver riscontrato l’avvenuto pagamento delle imposte dovute, il Conservatore dispone: • la conservazione di uno degli originali della nota, munito dell’indicazione del giorno della consegna del titolo ed il numero d’ordine assegnato nel registro generale d’ordine, all’interno del registro particolare delle trascrizioni o delle annotazioni26 o delle iscrizioni, a seconda del tipo di pubblicità richiesta (cfr. art. 2664 c. 1 e 2679 c.c.) 27; • la conservazione del titolo depositato negli archivi della Conservatoria (laddove i titoli vengono raccolti, in appositi volumi, secondo l’ordine derivante dalla numerazione progressiva attribuita al momento dell’iscrizione sul registro d’ordine generale); • la restituzione al richiedente del restante originale della nota munito della certificazione di avvenuta esecuzione della formalità. 2.E) Atti soggetti a trascrizione. 2.E.1. NEGOZI INTER VIVOS (ART. 2643, 2645 C.C.) Sono soggetti a pubblicità con il mezzo della trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II.: 1. i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2. i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell’enfiteuta; 3. i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti; 4. i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali28, il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione; 5. gli atti inter vivos di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti; 6. i provvedimenti con i quali nell’esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili da ipoteche a favore del terzo acquirente; 7. gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico; 8. i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni; 9. gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di 3 anni; 10. i contratti di società e di associazione, con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell’associazione eccede i 9 anni o è indeterminata; 11. gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l’effetto indicato dal numero precedente; 12. i contratti di anticresi; 13. le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti; 14. le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti. Anche se rientrano a pieno titolo nel genus delle sentenze, l’adempimento pubblicitario è richiesto a meri fini notiziali29 per le pronunce dalle quali risulta estinto per prescrizione ovvero acquisito per usucapione o altro modo non soggetto a trascrizione uno dei diritti di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 4 (cfr. art. 2651 c.c.). In tale caso, infatti, l’acquisto avviene a titolo originario e, non essendo l’art. 2651 c.c. richiamato dall’art. 2644 né dall’art. 2645 c.c., dottrina e giurisprudenza unanimi ritengono che la trascrizione debba essere operata al mero fine di garantire la continuità delle risultanze di Conservatoria ed una più facile conoscibilità da parte dei terzi delle vicende alle quali siano interessati; 15. ogni altro atto o provvedimento che produce, in relazione a beni immobili o a diritti reali immobiliari, alcuno degli effetti indicati nei contratti sopra menzionati, salvo che dalla legge risulti che la trascrizione non è richiesta ovvero è richiesta a fini diversi dalla pubblicità dichiarativa. In applicazione di tale previsione, la giurisprudenza ha, nel corso degli anni, ritenuto soggetti a trascrizione le convenzioni urbanistiche concluse fra privati ed amministrazioni locali per la realizzazione di programmi di edilizia convenzionata nel caso in cui prevedano obbligazioni in rem propriam30, i contratti di compravendita immobiliare con riserva dello ius aedificandi a favore dell’alienatario31, i regolamenti condominiali nella parte in cui introducono limitazioni all’espressione del diritto dominicale sulla cosa, le convenzioni concluse fra enti locali e privati istituenti vincoli di destinazione su aree di proprietà privata32, le convenzioni accessive a costituzioni di servitù prediali con le quali vengono previsti degli obblighi a carico del proprietario del fondo servente maggiori rispetto a quelli di stretta previsione legale33, il provvedimento di confisca di terreni abusivamente lottizzati34. Non sono invece soggetti a trascrizione ai fini dell’opponibilità nei confronti dei terzi, ma unicamente al fine di garantire la continuità delle formalità pubblicitarie, il decreto di espropriazione con il quale viene trasferito a titolo originario un diritto reale su un bene immobile35 e l’atto amministrativo di costituzione di una servitù36. Altresì non trascrivibile è considerato il patto di prelazione37, stante la sua esclusiva natura obbligatoria. 2.E.2. CONTRATTI PRELIMINARI (ART. 2645-BIS C.C.) La trascrizione è altresì obbligatoria – se risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente – per i negozi preliminari aventi ad oggetto la conclusione di contratti che: 1. trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2. costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto o di superficie su beni immobili o i diritti del concedente e dell’enfiteuta; 3. costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti; 4. costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto di uso o di abitazione sopra beni immobili; e ciò anche qualora siano sottoposti a condizione o si riferiscano ad edifici ancora da costruire ovvero in corso di costruzione38. Ad essere oggetto di trascrizione sono solo i contratti preliminari veri e propri, ossia quei negozi per mezzo dei quali le parti si impegnano a stipulare un contratto definitivo, avente un determinato contenuto, entro un termine prefissato. Viceversa, non sono in alcun caso trascrivibili i contratti aventi ad oggetto un semplice diritti di opzione o una semplice prelazione nella vendita o nell’acquisto39. L’introduzione dell’art. 2645-bis c.c., avvenuta ad opera del D.L. 669/1996, non ha mutato natura giuridica ai contratti preliminari trascritti, i quali restano negozi giuridici destinati ad aver effetti meramente obbligatori per le parti. Il promissorio acquirente, dunque, nonostante l’adempimento delle formalità pubblicitarie, non acquista alcun effetto reale immediato sul bene né, tantomeno, si realizza alcuna imputazione a suo favore della situazione dominicale. La trascrizione, di conseguenza, ha come unico effetto quello di rendere, secondo le modalità che qui appresso esamineremo, opponibile il negozio ai terzi e, quindi, risolvere il conflitto derivante con gli effetti (incompatibili) dei contratti conclusi dal medesimo dante causa (promissorio venditore) a favore di soggetti terzi ovvero con i diritti dei creditori del dante causa. Tali effetto non deriva però dalla semplice trascrizione del negozio preliminare, in quanto, per potersi “cristallizzare” appieno, è subordinato alla conclusione del negozio definitivo (si parla, a tale proposito, di efficacia prenotativa): solo con quest’ultimo, infatti, si avrà una duratura soccombenza della posizione dei terzi che hanno trascritto il loro titolo successivamente alla trascrizione del preliminare40. La trascrizione del preliminare, invero, si caratterizza per alcune peculiarità, tutte conseguenti dal fatto che, ad essere oggetto di formalità pubblicitaria, è non solo un contratto avente effetti meramente obbligatori e non reali, ma altresì suscettibile di non essere adempiuto (seppure anche colposamente) da alcuna delle parti. Per quanto riguarda l’efficacia della pubblicità, questa ha chiaramente una valenza dichiarativa ex art. 2644, in quanto dalla trascrizione: • del negozio preliminare o di altro atto che ne costituisca comunque esecuzione; • ovvero della sentenza ex art. 2932 di adempimento in forma specifica; deriva la priorità del diritto del promissario acquirente rispetto alle trascrizioni ed iscrizioni effettuate contro il promissorio venditore (cfr. art. 2645-bis c. 2 c.c.)41. Nondimeno, proprio in considerazione della potenziale “precarietà” del negozio di cui si tratta, gli effetti della trascrizione cessino de iure, e dunque si considerino mai prodotti42 – con conseguente dispiegamento di piena efficacia di tutte le altre trascrizioni ed iscrizioni medio tempore operate secondo il loro ordine cronologico – se le parti: • entro un anno dalla data convenuta per la conclusione del contratto definitivo43; • e, comunque, in ogni caso entro 3 anni dalla trascrizione del preliminare44; non operino la trascrizione del contratto definitivo ovvero di altro atto che costituisca esecuzione del negozio preliminare ovvero della domanda giudiziale volta ad ottenere l’emanazione della sentenza di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c.. Il termine finale di efficacia dell’effetto della trascrizione deve essere considerato assolutamente inderogabile per volontà delle parti, in quanto costituente limite di ordine pubblico45. 2.E.3. DIVISIONI, FONDI PATRIMONIALI E SEPARAZIONE DI BENI (ART. 2646, 2647 C.C.) Oggetto di trascrizione, sempre abbiano ad oggetto beni immobili, sono: 1. le divisioni, i provvedimenti di aggiudicazione degli immobili divisi mediante incanto, i provvedimenti di attribuzione delle quote tra condividenti ed i verbali di estrazione a sorte delle quote. La giurisprudenza ha da tempo statuito che tutte le formalità richieste ex art. 2646 c.c. hanno valore di meramente notiziale e non dichiarativo, con la conseguenza che: 2. 1. sono richieste al mero fine di garantire la continuità delle trascrizioni46; 2. non comportamento ex se opponibilità dell’acquisto trascritto nei confronti dei terzi ovvero inopponibilità assoluta di quanto non trascritto, restando, invece, il relativo regime assoggetto alle normali regole sue proprie in materia di trasferimento dei diritti; la costituzione del fondo patrimoniale, le convenzioni matrimoniali che escludono beni immobili dalla comunione fra coniugi, tutti gli atti ed i provvedimenti di scioglimento della comunione e gli atti di acquisto di beni personali a norma dell’art. 179 lett. c), d) e) e f) c.c. a carico, rispettivamente, dei coniugi titolari del fondo patrimoniale o del coniuge titolare del bene esclusivo o che cessa di far parte della comunione47. Tutti gli atti sopra elencati devono anche essere annotati in margine all’atto di matrimonio, con conseguente degradamento a mera pubblicità notizia dell’onere di trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II.. Questo principio è stato costantemente riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, in diverse occasioni, ha avuto modo di pronunciarsi in ordine alla relazione intercorrente fra l’art. 2647 c. 1 e l’art. 162 c. 4 c.c. nel senso che le “convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi” se non annotate a margine dell’atto di matrimonio, statuendo per l’inopponibilità a terzi dell’atto al quale sia stata data sola pubblicità immobiliare – rivestendo questo valore meramente notiziole - nel caso in cui manchi l’annotazione del regime patrimoniale prescelto (ovviamente se diverso da quello presuntivo della comunione legale) a margine dell’atto di matrimonio48. Stesso discorso deve essere fatto in ordine al fondo patrimoniale, già oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali49. Relativamente agli atti per mezzo dei quali viene costituito il fondo patrimoniale, qualora questo sia rappresentato da una disposizione testamentaria, il relativo onere pubblicitario deve essere adempiuto ex officio dal Conservatore contemporaneamente alla trascrizione dell’acquisto mortis causa (art. 2647 c. 3 c.c.). In ordine alle modalità di effettuazione della pubblicità immobiliare, l’ultima parte dell’art. 2647 c. 1 prevede che questa debba farsi “a carico” – ossia “contro” – rispettivamente i coniugi titolari del fondo patrimoniale o il coniuge titolare del bene escluso o che cessa di far parte della comunione50. Per quanto riguarda, in particolare, alle convenzioni matrimoniali, è esclusa la necessità di operare la trascrizione ex art. 2674 c.c. in ordine agli atti dispositivi di un solo coniuge qualora il regime patrimoniale prescelto sia quello della separazione dei beni51. 2.E.4. ACQUISTI MORTIS CAUSA (ART. 2648 C.C.) Sono assoggettati ad onere pubblicitario – con valore solo notiziale ed al fine di assicurare la continuità delle formalità – a condizione che riguardino beni immobili, i seguenti titoli di acquisto mortis causa: • l’accettazione dell’eredità - che importi l’acquisto dei diritti di cui all’art. 2643 nn. 1, 2 e 3 c.c. ovvero la liberazione dai medesimi - o l’acquisto del legato52; • ovvero l’atto – purché risultante da sentenza, atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente - per il tramite del quale è intervenuta accettazione tacita53. 2.E.5. CESSIO BONORUM (ART. 2649 C.C.) Soggetti a trascrizione sono anche i negozi aventi ad oggetto la cessione di beni – ovviamente solo se comprendenti anche beni immobili – che il debitore conclude con i propri creditori affinché costoro procedano alla liquidazione dei medesimi ed alla ripartizione del ricavato. La trascrizione non è richiesta al fine di consentire l’esplicarsi dell’effetto tipico della cessio nei confronti dei creditori – ossia l’acquisizione, da parte di costoro, del potere di amministrare e disporre dei beni del debitore al fine di giungere alla liquidazione delle proprie pretese attive54 – ma unicamente allo scopo di rendere opponibile il contratto ai terzi aventi causa del debitore. L’art. 1980 c.c., infatti, dispone che “il debitore non può disporre dei beni ceduti”; con la trascrizione della cessione, viene data concreta garanzia a tale disposizione in quanto non possono avere “effetto, rispetto ai creditori, le trascrizioni od iscrizioni di diritti acquistati verso il debitore dopo” la trascrizione della cessione (art. 2649 c. 2 c.c.). La pubblicità è, anche in questo caso, richiesta a mero fine notiziale – e non potrebbe essere altrimenti visto che con la cessio bonorum non si ha alcun trasferimento immediato di proprietà - anche se essa comporta comunque alcuni effetti propri della pubblicità dichiarativa, ed in particolare l’opponibilità del vincolo solutorio nei confronti dei terzi aventi causa del cedente55. L’assenza di un immediato trasferimento della proprietà dei beni a favore dei creditori comporta che, quando questi provvedano alla materiale alienazione dei singoli cespiti, la trascrizione deve essere effettuata direttamente “contro” il debitore cedente. 2.E.6. DOMANDE GIUDIZIALI RIGUARDANTI ATTI SOGGETTI A TRASCRIZIONE (ART. 2646 C. 2 E 2652 C.C.) Le domande giudiziali56 avente ad oggetto beni immobili per i quali sia già stata operata o avrebbe dovuto essere effettuata la trascrizione sono a loro volta soggette all’onere pubblicitario, con gli effetti di cui si dirà. La particolarità di tale adempimento è che può avere un effetto parzialmente sanante dei vizi dell’atto; o meglio: l’atto invalido è e resta comunque viziato, ma questa sua “falla” non può essere più opposta ai soggetti terzi che hanno confidato nella sua bontà. Questo improprio ed eventuale effetto “sanante” verrà esaminato di qui appresso in relazione a ciascuno dei casi indicati. Ad ogni modo, soggette a trascrizione sono: 1. le domande di divisione giudiziale e l’atto di opposizione ex art. 1113 c.c.. La sentenza di accoglimento retroagisce, quanto ad effetti nei confronti dei terzi, dal momento di trascrizione della domanda, restando così salvi i diritti che costoro hanno provveduto a trascrivere anteriormente alla trascrizione della domanda medesima57; 2. le domande di risoluzione dei contratti, di risoluzione della disposizione testamentaria per mancato adempimento di un onere da parte dell’erede o del legatario (art. 648 c. 2 c.c.), di risoluzione della donazione modale per inadempimento dell’onere imposto al donatario (art. 793 c. 4 c.c.), di rescissione, di revocazione delle donazioni. Anche in questo caso sentenza di accoglimento retroagisce, quanto ad effetti nei confronti dei terzi, dal momento di trascrizione della domanda; 3. le domande dirette ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre58. Anche in questo caso la pronuncia giurisdizionale di accoglimento prevale sulle trascrizioni effettuate “contro” il convenuto dopo la trascrizione della domanda con l’unica particolarità che, qualora sia stata operata la trascrizione del preliminare, l’effetto retroattivo si verifica in conformità a quanto previsto dall’art. 2645-bis c.c. già esaminato; 4. le domande dirette ad ottenere l’accertamento giudiziale della sottoscrizione di scritture private in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione o ad iscrizione. Anche per questa ipotesi è previsto che la sentenza (accertativa) di accoglimento sia opponibile ai terzi fin dal momento di trascrizione della relativa domanda59; 5. le domande dirette all’accertamento della simulazione di atti soggetti a trascrizione. Anche qui la sentenza di accoglimento retroagisce al momento della trascrizione della domanda, non potendo così essere opposta ai terzi che abbiano provveduto a trascrivere il loro acquisto anteriormente alla domanda giudiziale. Questo regime di opponibilità, peraltro, vale solo riguardo ai terzi in buona fede, ossia di coloro che, al momento dell’acquisto del diritto – conformemente a quanto previsto dall’art. 1147 c. 3 c.c. 60 – ignoravano di ledere il diritto altrui. Nei confronti, invece, dei terzi di mala fede – per i quali l’ordinamento giuridico non ritiene opportuno approntare alcun tipo di garanzia (cfr. art. 1415 c.c.) - la sentenza di accertamento della simulazione è sempre opponibile, indipendentemente dalla previa trascrizione del loro diritto; 6. le domande di revoca degli atti soggetti a trascrizione che siano stati compiuti in pregiudizio dei creditori. Anche in questo caso, come nel precedente, il regime di opponibilità della pronuncia giurisdizionale è differenziato a seconda dei casi. L’opponibilità, infatti, decorre dalla data di trascrizione della domanda nei confronti dei terzi che: o fossero in buona fede al momento dell’acquisto; o abbiano acquistato a titolo oneroso; o abbiano trascritto o iscritto il titolo anteriormente alla trascrizione della domanda di revoca. Nei confronti degli altri - ossia dei terzi in mala fede o dei terzi, seppure in buona fede, acquirenti a titolo gratuito – l’ordinamento giuridico non appresta alcuna tutela, rendendo sempre opponibile la pronuncia giudiziaria. Nei confronti, invece, dei terzi che hanno trascritto o iscritto il loro titolo successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale, l’opponibilità della sentenza non costituisce deroga rispetto alle normali regole, in quanto applicazione del principio prior in tempore prior in iure; 7. le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunciare l’annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette ad impugnare la validità della trascrizione. La disciplina approntata per questa ipotesi61, oltre a normare il regime dell’opponibilità nei confronti dei terzi, prevede anche un effetto pseudo-sanante (nel senso sopra detto), seppure subordinato a ben precise condizioni. Fermo restando, infatti, che la pronuncia è sempre opponibile rispetto alle trascrizioni successive, la sentenza di accertamento della nullità o di annullamento del negozio fa venir meno non la sua efficacia ma addirittura la sua esistenza, con la conseguenza che i terzi che si trovano ad avere acquistato da una delle parti negoziali o ad avere ragioni di credito nei confronti di una di queste si troverebbero nella condizione di avere a che fare con un non domino. L’ordinamento ha affrontato il problema ideando un sistema di parziale inopponibilità della sentenza di accoglimento nei confronti di tali soggetti. Bisogna però distingue due casi: • se la domanda è trascritta dopo 5 anni dalla trascrizione dell’atto impugnato, la sentenza di dichiarazione di nullità o dell’annullamento non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede sulla base di un titolo trascritto anteriormente alla domanda, a meno che l’annullamento sia dipeso da incapacità legale di una delle parti62. In tale ultima peculiare ipotesi, infatti, si ha una piena opponibilità della sentenza in quanto il diritto dell’incapace legale a veder tutelata la propria sfera patrimoniale63 prevale rispetto a quello dei terzi: • se la domanda, invece, è trascritta entro i 5 anni dalla trascrizione dell’atto, la sentenza di accoglimento non è opponibile ai soli terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda. In entrambe le ipotesi, pertanto, requisito fondamentale per poter aspirare alla salvezza del diritto reso pubblico anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale è la buona fede, non essendo ammissibile – per l’ordinamento – la tutela di un soggetto in mala fede. Nella prima, la bona fide è elemento idoneo e sufficiente per la salvezza dei diritti dei terzi (salvo il caso dell’incapacità legale), visto il lungo periodo di tempo decorso fra la trascrizione dell’atto viziato e la reazione del soggetto danneggiato; nella seconda, invece, deve essere accompagnata da un ulteriore elemento – l’onerosita dell’acquisto – in carenza del quale la sentenza è opponibile anche a carico di coloro i quali abbiano previamente trascritto il loro titolo. 8. le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto mortis causa. Anche in questo caso, come nel precedente, e ferma restando l’opponibilità della pronuncia nei confronti dei terzi che abbiano reso pubblico il loro diritto dopo la trascrizione della domanda giudiziale, è previsto un limitato effetto “sanante” della trascrizione. Infatti, qualora la domanda giudiziale sia trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione o dall’iscrizione dell’atto di acquisto da parte del terzo, la sentenza di accoglimento non può essere a a questi opposta a condizione che: • fosse in buona fede al momento dell’acquisto, ed a tal fine è utile rammentare che la buona fede si presume64; • abbia acquistato diritti da chi appariva erede o legatario. In questo caso, il dies a quo utile per il calcolo del quinquennio non è la data di trascrizione dell’atto impugnato (e ciò in quanto, come noto, la pubblicità degli atti mortis causa è richiesta a puro fine notiziale) ma quella di trascrizione dell’atto con il quale il terzo avente causa dell’erede apparente o del legatario apparente ha acquistato il proprio diritto; 9. le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima. Anche in questo caso, ferma la completa opponibilità della pronuncia giudiziale nei confronti dei terzi trascrittori successivi, è prevista una limitata “sanatoria”. Qualora, infatti, la domanda sia trascritta dopo 10 anni dall’apertura della successione - ossia dalla morte dei de cuius - la sentenza di accoglimento non sarà opponibile nei confronti dei terzi acquirenti a titolo oneroso che abbiano trascritto o iscritto il loro titolo anteriormente alla trascrizione della domanda65; 10. le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause di cui all’art. 395 m. 1, 2, 3 e 6 e 404 c. 2 c.p.c.. Anche in questo caso, come nel precedente, e ferma restando l’opponibilità della pronuncia nei confronti dei terzi trascrittori successivi, si ha un limitato effetto “sanante” qualora la domanda giudiziale sia trascritta dopo 5 anni dalla trascrizione della sentenza impugnata. In tale ipotesi, infatti, restano salvi i diritti dei terzi: • di buona fede (non importa invece l’onerosità dell’acquisto, ben potendo essere questo a titolo gratuito o parzialmente tale); • che abbiano provveduto a fare trascrivere il loro titolo anteriormente alla trascrizione della domanda. In questo caso, come si nota, il dies a quo utile per il calcolo del quinquennio è dato dalla trascrizione della sentenza oggetto di impugnazione. La trascrizione delle domande giudiziali sopra viste ha una efficacia del tutto particolare, in quanto se è vero che non comportano ex se opponibilità dell’atto sostanziale richiesto ai terzi (e ciò in quanto tale atto non esiste, tanto è vero che viene invocata una sentenza che produca l’effetto voluto), comportano comunque una “prenotazione” degli effetti della pronuncia giurisdizionale: i terzi aventi causa delle parti processuali non potranno pertanto fare valere atti di loro pertinenza “contro” queste qualora tali atti siano stati trascritti successivamente alla domanda giudiziale66. Tale inefficacia è comunque temporalmente limitata, in quanto l’effetto “prenotativo” viene a cessare – con pieno riespandersi del vigore delle trascrizioni medio tempore operate – allorché la pronuncia giurisdizionale rigetti la domanda attorea ovvero comunque venga rimossa la trascrizione di questa. Al fine, poi, di rendere più facilmente conoscibile la presenza di una controversia avente ad oggetto un atto trascritto o iscritto, l’art. 2654 c.c. prevede che a margine di questo debba essere annotata l’avvenuta presentazione della domanda. La cancellazione delle domande e delle annotazioni di cui sopra può essere disposta – giusta quanto previsto dall’art. 2668 c.c. – solo quando è: • debitamente consentita dalle parti interessate; • ovvero ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato nei casi in cui la domanda sia rigettata ovvero il processo estinto per rinuncia o per inattività delle parti67. 2.E.8. ALTRE DOMANDE GIUDIZIALI ED ATTI SOGGETTI A TRASCRIZIONE AD EFFETTI DIVERSI (ART. 2653 C.C.) Oltre a quelle esaminate nel paragrafo precedente, sono soggette a trascrizione: 1. le domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su beni immobili e le domande dirette all’accertamento dei medesimi. La sentenza di accoglimento ha effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal convenuto in base di atto trascritto dopo la domanda; 2. la domanda di devoluzione del fondo enfiteutico; 3. le domande e le dichiarazioni di riscatto nella vendita di beni immobili. Per principio generale – come sempre – la sentenza di accoglimento del riscatto o il riscatto negoziale travolge i diritti dei terzi il cui titolo sia stato trascritto successivamente non alla domanda o alla dichiarazione di riscatto, ma al titolo del dante causa (ossia al contratto cui accede il patto di riscatto). A tale regola, però, si sottrae il caso in cui la domanda o la dichiarazione di riscatto sia stata trascritta dopo 60 giorni la scadenza del termine previsto per l’esercizio del diritto: è infatti previsto che, ricorrendo tale eventualità, restino salvi i diritti acquistati dai terzi dopo la scadenza di detto termine a condizione che vengano trascritti o iscritti anteriormente alla domanda o alla dichiarazione di riscatto68. 4. le domande di separazione degli immobili dotali e quelle di scioglimento della comunione fra coniugi avente ad oggetto beni immobili. Anche in questo caso restano salvi i terzi che abbiano acquistato i beni della comunione con atto reso pubblico prima della trascrizione della domanda; 5. gli atti e le domande che interrompono il corso dell’usucapione di beni immobili69. Questi hanno effetto, nei confronti dei terzi che hanno acquistato diritti dal possessore in base ad un negozio adeguatamente pubblicizzato, solo dalla data della loro trascrizione. A differenza, però, di quanto previsto dall’art. 2652 c.c., la trascrizione delle sopra citate domande – delle quali deve essere disposta annotazione ex art. 2654 c.c. - non ha in alcun caso effetto (impropriamente) sanante. Inoltre, anche alle domande qui esaminate si applica la previsione di cui all’art. 2668 in materia di cancellazione della relativa formalità pubblicitaria. 2.E.9.ATTI DI PIGNORAMENTO E SEQUESTO CONSERVATIVO (ARTT. 555, 679 C.P.C. E 2915 C.C.) Sono soggetti a trascrizione, secondo le comuni regole della pubblicità dichiarativa, anche gli atti di pignoramento immobiliare e quelli mediante i quali viene disposto il sequestro conservativo (artt. 555 c. 2 e 679 c. 1 c.p.c.). L’avvenuta iscrizione del pignoramento e del sequestro, infatti, comporta l’inopponibilità da parte dei terzi, nei confronti del creditore pignoratizio e degli altri creditori procedenti o del sequestratario, degli atti di alienazione o di quelli diretti a diminuire la disponibilità del bene o del diritto dei quali sia operata la trascrizione successivamente all’adempimento dell’onere pubblicitario del pignoramento o del sequestro (cfr. artt. 2914 n. 1 e 2915 c.c.). 3. OPPONIBILITA’ DEI CONTRATTI AVENTI AD OGGETTO BENI MOBILI REGISTRATI. Relativamente ai beni mobili iscritti in pubblici registri, ossia (cfr. art. 2683 c.c.): • navi e galleggianti, soggetti ad iscrizione ex artr. 146 cod. nav.; • aeromobili, soggetti ad iscrizione ex art. 752 cod. nav.; • autoveicoli e motocicli, soggetti ad iscrizione presso il P.R.A. ex R.D.L. 436/1927; l’ordinamento appronta un sistema pubblicitario articolato sulla falsariga di quello previsto per gli immobili, con conseguente applicazione dei principi della dichiaratività e della continuità delle trascrizioni (cfr. art. 2688 c.c.) – salva la presenza di fattispecie per le quali la trascrizione è richiesta solo a fine notiziole e per garantirne la continuità – e del principio della non sanabilità, per mezzo di tale adempimento, degli eventuali vizi che inficiano l’atto. Una differenza fondamentale, però, rispetto al regime di trascrizione previsto per gli immobili, è dato dall’articolazione del sistema a base rigorosamente reale, con la conseguenza che le relative scritturazioni sono disposte non in base al nome del titolare del diritto reale ma in base al bene. 3.1. NEGOZI INTER VIVOS (ART. 2684 C.C.) Soggetti a trascrizione a fini di pubblicità dichiarativa (cfr. att. 2644 e 2684 c.c.), se relativi ad uno dei beni precitati: 1. i contratti che trasferiscono la proprietà o costituiscono la comunione; 2. i contratti che costituiscono o modificano diritti di usufrutto o di uso o che trasferiscono il diritto di usufrutto; 3. gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti indicati nei punti precedenti; 4. le transazioni aventi ad oggetto controversie sui diritti indicati dai punti precedenti; 5. i provvedimenti con i quali nel giudizio di espropriazione si trasferiscono la proprietà o gli altri diritti menzionati nei numeri precedenti. E’ questa una differenza importantissima rispetto al sistema pubblicitario previsto per gli immobili, in relazione ai quali la giurisprudenza ha statuito che, essendo l’espropriazione un modo di acquisto a titolo originario della proprietà o di altro diritto reale, la relativa trascrizione debba essere operata solo al mero fine di garantire la continuità delle trascrizioni; 6. le sentenze che operano la costituzione, la modificazione o il trasferimento di uno di tali diritti; 7. le sentenze dalle quali risulta acquisto, modificato o estinto uno dei diritti di cui ai precedenti 1 e 2 in forza di un titolo non trascritto. 3.2. DIVISIONI, FONDI PATRIMONIALI E SEPARAZIONE DI BENI ED ACQUISTI MORTIS CAUSA (ART. 2685 C.C.) La pubblicità è invece richiesta sia a fini notiziali sia per garantire il principio della continuità (cfr. art. 2685 c. 2, laddove è previsto che la trascrizione “ha gli effetti stabiliti per i beni immobili”) per: 1. gli atti di divisione aventi ad oggetti beni mobili registrati ed i provvedimenti di aggiudicazione di tali beni divisi mediante incanto o di attribuzione di quote fra i condividenti ed i verbali di estrazione a sorte di quote; 2. la costituzione del fondo patrimoniale, le convenzioni matrimoniali che sottraggono alcuno dei beni mobili registrati dalla comunione tra i coniugi, gli atti di scioglimento di tali comunioni, gli atti di acquisto di uno di tali beni a titolo personale; 3. l’accettazione dell’eredità ed acquisto di legato che importano l’acquisto del diritto di proprietà, usufrutto o uso o la liberazione da uno di tali diritti. 3.3. SENTENZE DI ACCERTAMENTO DELL’USUCAPIONE (ART. 2689 C.C.) Sempre a fini puramente notiziali è richiesta la trascrizione delle sentenze che riconoscono l’usucapione del diritto di proprietà, di uso o di usufrutto su uno dei beni mobili di cui si tratta (art. 2689 c.c.). 3.4. CESSIO BONORUM (ART. 2689 C.C.) A fini compositi - da una parte solo notiziali, in relazione alla futura cessione del bene, e dall’altra a fini dichiarativi, per quanto concerne l’opponibilità del mandato in rem propriam conferito ai creditori - è richiesta la trascrizione della cessio bonorum qualora abbia ad oggetto beni mobili registrati (art. 2687 c.c.). 3.5. DOMANDE GIUDIZIALI RELATIVE AD ATTI SOGGETTI A TRASCRIZIONE (ART. 2690 C.C.) Per quanto concerne la trascrivibilità delle domande giudiziali aventi ad oggetto beni mobili registrati, come previsto per i beni immobili, talvolta si accompagna loro un effetto pseudo-sanante degli eventuali vizi che inficiano l’atto assoggettato a pubblicità. In particolare, sono soggette a trascrizione: 1. le domande indicate dai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 dell’art. 2652 c.c. per gli effetti quivi indicati; 2. le domande dirette all’accertamento dei contratti che trasferiscono la proprietà o costituiscono la comunione o costituiscono, modificato o trasferiscono il diritto di usufrutto o uso su un bene mobile registrato; 3. le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunciare l’annullamento degli atti soggetti a trascrizione e le domande dirette ad impugnare la validità della trascrizione. Come già visto per i beni immobili, anche qui la trascrizione ha, ricorrendo talune ben precise condizioni, un effetto pseudo-sanante. Fermo restando, infatti, che la pronuncia giudiziale è sempre opponibile ai terzi che abbiano adempiuto l’onere pubblicitario in relazione al loro titolo successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale, la sentenza di accoglimento fa venir meno l’esistenza del contratto, con le conseguenze già viste in precedenza in relazione ai beni immobili. Anche la reazione prevista per tale ipotesi dall’ordinamento giuridico è simile a quella già esaminata. In particolare, anche qui occorre distinguere due casi: • se la domanda è trascritta dopo 3 anni dalla trascrizione dell’atto impugnato, la sentenza di non pregiudica i diritti acquisiti dai terzi di buona fede in base ad un titolo reso pubblico prima della trascrizione della domanda, ad eccezione del caso in cui l’annullamento sia dipeso da incapacità legale di una delle parti; • se, invece, la domanda è trascritta entro i 3 anni dall’intervenuta pubblicazione dell’atto impugnato, la sentenza di accoglimento è inopponibile ai soli terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda. Anche per i beni mobili registrati, dunque, requisito fondamentale per aspirare alla salvezza del diritto trascritto è la buona fede, eventualmente accompagnato dall’onerosità del titolo d’acquisto; 4. le domande con le quali si contesta l’acquisto mortis causa; Ferma restando l’opponibilità della pronuncia nei confronti degli atti in ordine ai quali la formalità pubblicitaria è stata assolta successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale, qualora questa sia stata resa pubblica trascorsi 3 anni dalla trascrizione o iscrizione dell’atto di acquisto, la sentenza di accoglimento non è opponibile al terzo che: • fosse in buona fede al momento dell’acquisto; • abbia acquistato diritti da chi appariva erede o legatario. 5. le domande di riduzione della donazione e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima; Sempre ferma l’opponibilità rispetto alle trascrizioni successive, gli effetti della sentenza di accoglimento non sono opponibili nei confronti dei terzi acquirenti a titolo oneroso, che abbiano trascritto il loro titolo anteriormente alla trascrizione della domanda, qualora quest’ultima sia resa pubblica dopo 3 anni dall’apertura della successione, ossia dalla morte dei de cuius; 6. le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per i motivi di cui all’art. 395 n. 1, 2, 3 e 6 e 404 c. 2 c.p.c.. Anche in questo caso, ferma l’opponibilità rispetto alle trascrizioni successive, l’effetto pseudo-sanante si registra nei confronti dei terzi di buona fede – indipendentemente dal fatto che l’acquisto sia avvenuta a titolo oneroso o gratuito – a condizione che la domanda giudiziale sia resa pubblica dopo 3 anni dalla trascrizione della sentenza impugnata. Come già visto, anche in questo caso la trascrizione ha una efficacia sui generis, in quanto comporta solo un effetto “prenotativo” degli effetti dell’eventuale pronuncia giurisdizionale favorevole. Sempre al fine di rendere più facilmente conoscibile la presenza di una controversia avente ad oggetto un atto trascritto o iscritto, l’art. 2692 c.c. prevede che a margine di questo debba essere annotata l’avvenuta presentazione della domanda. 3.6. ALTRE DOMANDE ED ATTI SOGGETTI A TRASCRIZIONE (ART. 2691 C.C.) Oltre a quelle esaminate nel paragrafo precedente, sono soggette a trascrizione, se relative ai beni di cui si tratta: 1. le domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su tali beni e le domande dirette all’accertamento dei medesimi La sentenza, secondo i principi generali, è opponibile solo contro gli atti ai quali sia stata data pubblicità successivamente alla trascrizione della domanda; 2. le domande e le dichiarazioni di riscatto nella vendita di detti beni. Fermo restando – come già visto per la pubblicità immobiliare – che normalmente sentenza di accoglimento del riscatto travolge i diritti dei terzi il cui titolo sia stato trascritto successivamente al titolo del loro dante causa (ossia al contratto cui accede il patto di riscatto), qualora la domanda o la dichiarazione di riscatto sia stata resa pubblica dopo 60 giorni la scadenza del termine previsto per l’esercizio del diritto, restano salvi i diritti acquistati dai terzi dopo la scadenza di tale termine a condizione che vengano trascritti o iscritti anteriormente alla domanda o alla dichiarazione. 3. le domande di separazione degli immobili dotali e quelle di scioglimento della comunione fra coniugi avente ad oggetto beni mobili registrati Anche in questo caso, restando del tutto salvi i diritti acquisiti dai terzi sui beni comuni anteriormente e trascritti anteriormente alla domanda; 4. gli atti e le domande che interrompono il corso dell’usucapione. L’efficacia interruttiva ha effetto, nei confronti dei terzi, solo dalla data di trascrizione dell’atto o della domanda giudiziale. Come del resto avviene per la pubblicità immobiliare, anche in questo caso la trascrizione delle domande giudiziali e delle dichiarazioni sopra indicate non ha alcun effetto pseudo-sanante di eventuali vizi. Dell’avvenuta trascrizione di una di tali domande deve essere fatta menzione, ex art. 2692 c.c., mediante annotazione, in margine alla trascrizione o all’iscrizione dell’atto al quale si riferiscono. 3.7. ATTI DI PIGNORAMENTO E SEQUESTO CONSERVATIVO (ART. 2693 C.C.) Sono soggetti a trascrizione, secondo le comuni regole della pubblicità dichiarativa, anche gli atti di pignoramento mobiliare e quelli mediante i quali viene disposto il sequestro conservativo (art. 2693 c.c.). L’adempimento dell’onere formale comporta, come sempre, l’opponibilità di questi nei confronti dei terzi che intendano trascrivere successivamente atti dispositivi a loro favore. 4. OPPONIBILITA’ DEI CONTRATTI AVENTI AD OGGETTO BENI MOBILI. 4.A) Caratteristiche peculiari della circolazione dei beni mobili. Per quanto concerne i beni mobili (escluse le universalità di mobili, assoggettate ad un regime particolare, come si vedrà in seguito), le regole che disciplinano l’opponibilità ai terzi tengono conto dell’inesistenza di registri pubblici su cui pubblicizzare i negozi che li riguardano. L’opponibilità, pertanto, trova fondamento, a seconda dei casi, o nella priorità dell’atto avente data certa ovvero nella materiale consegna (traditio) del bene. In particolare, in caso di acquisto a non domino - in cui l’alienante non è reale proprietario del bene o comunque non è titolare del diritto di disporne - il diritto del terzo (ossia dell’acquirente) è opponibile al vero proprietario allorché siano contemporaneamente presenti le seguenti condizioni (art. 1153 c. 1 c.c.): • deve aver conseguito il possesso del bene mobile. La situazione di possesso viene interpretata dalla giurisprudenza non come necessità di un contatto diretto con il bene mobile oggetto di transazione, ma, semmai, come possibilità, per il soggetto acquirente, di esercitare i diritti propri del possessore, in via sia diretta (possessio corpore et animo) sia indiretta, a mezzo di un detentore70; • al momento dell’acquisizione del possesso, doveva essere in buona fede. Questa, peraltro, viene legislativamente presunta ex art. 1147 c. 3 c.c. in capo al soggetto acquirente, con la conseguenza che sarà onere del reale proprietario doverne dimostrare o la totale assenza, seppure in via presuntiva, ovvero la presenza di una colpa grave da parte del soggetto acquirente nella valutazione della situazione dei fatti, posto che la presenza di un simile errore inibisce lo stato di buona fede (cfr. art. 1147 c. 2 c.c.) 71. Esplicazione di tale principio è la disposizione di cui all’art. 1154 c.c., per la quale la buona fede dell’acquirente è in radice esclusa qualora, pur conoscendo l’illegittima provenienza del bene, abbia agito nell’erroneo convincimento che il tradens o un procedente possessore avesse già acquisito la proprietà del bene72. Il momento al quale bisogna riferirsi per determinare la presenza o meno della buona fede è quello del conseguimento del possesso (mala fides superveniens non nocet) 73. In tal senso, infatti, depone l’art. 1147 c. 3 c.c., in virtù del quale “la buona fede …omissis… basta che vi sia stata al tempo dell’acquisto”. • deve sussistere un titolo astrattamente idoneo alla trasmissione della proprietà del bene74. Questa regola – detto del possesso vale titolo - trova applicazione in relazione al trasferimento dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e pegno (art. 1153 c. 2 c.c.) di beni mobili75 i quali, pertanto, al ricorrere di tali condizioni, saranno opponibili al reale proprietario. Al ricorrere delle tre precitate condizioni, la proprietà viene acquisita completamente libera da diritti altrui sulla cosa, reali o di godimento76 che siano, a meno che questi non risultino dal titolo in forza del quale questa è stata trasferita (art. 1153 c. 2 c.c.). In materia di opponibilità ai terzi aventi causa, ossia agli ulteriori acquirenti a titolo derivativo del diritto oggetto di plurime disposizioni da parte del (legittimo) dante causa, trova applicazione l’art. 1155 c.c., in virtù del quale è preferito colui che ne abbia acquistato per primo in buona fede il possesso, e ciò anche se, in realtà, il titolo dal quale promana il suo diritto abbia data posteriore. E’ da notare che, a differenza di quanto appena visto in materia di opponibilità dell’acquisto a non domino, la disposizione qui in esame trova applicazione sono in ordine alla risoluzione del conflitto nascente fra più acquirenti della medesima cosa o diritto e, pertanto, solo in caso di alienazione (e non anche in materia di opponibilità di successive disposizioni dei diritti di usufrutto, uso e pegno) e richiede il collegamento materiale tra il possessore e la cosa (ossia il possesso diretto corpore et animo) 77. L’opponibilità ai terzi creditori dell’alienante è disciplinata dall’art. 2914 punto 4) c.c. in forza del quale l’acquisto è a questi opponibile a condizione che: • il possesso del bene mobile sia stato conseguito in un momento anteriore rispetto alla notificazione dell’atto di pignoramento, e ciò anche qualora sia carente la forma scritta dell’atto dispositivo; • ovvero, alternativamente, l’alienazione risulti da un atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento78. In tale caso, il legislatatore non ha ritenuto necessario anche il requisito del trasferimento del materiale possesso del bene, ritenendo invece sufficiente la presenza dell’atto (necessariamente scritto) avente data certa anteriore. Una volta effettuato il pignoramento, le successive alienazioni del bene non sono opponibili al creditore pignorante “salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri” (art. 2913 c.c.). La precisazione è di particolare importanza. Come noto, infatti, il pignoramento è l’atto iniziale della procedura di espropriazione forzata (cfr. art. 491 c.p.c.) mediante il quale il creditore, per mezzo dell’ufficiale giudiziario, “vincola” – per usare un termine volutamente atecnico – un bene determinato al soddisfacimento di una propria pretesa patrimoniale; l’atto di pignoramento, in particolare, contiene l’ingiunzione di non sottrarre alla garanzia del credito il bene pignorato (art. 492 c.p.c.). Il pignoramento, però, ha effetto solo nei confronti delle parti o dei loro aventi causa; non può chiaramente avere efficacia nei confronti dei terzi, specie se di buona fede. E’ per questo che il disposto codicistico fa espressamente salvi gli effetti del possesso di buona fede: un bene pignorato, pertanto, potrà essere acquistato a non domino, con conseguente opponibilità anche al creditore pignorante, con il rispetto delle forme e delle condizioni di cui all’art. 1153 c.c.. Fra l’altro, nel caso di specie l’acquisto a non domino è integrato anche dall’alienazione operata dal proprietario del bene in quanto il relativo contratto sarebbe colpito da inefficacia relativa (nei confronti del creditore pignorante) ex art. 2914 punto 4 c.c.. La buona fede del terzo acquirente è, a tale fine, fondamentale; in mancanza, infatti, non si ha alcun effetto acquisitivo immediato in applicazione delle regola possesso vale titolo. Potrebbe, nel caso di specie, aversi un decorso del termine necessario per l’usucapione ex art. 1161 c. 2 c.c.. 5. OPPONIBILITA’ DEI CONTRATTI AVENTI AD OGGETTO UNIVERSALITA’ DI MOBILI. 5.A) Nozione di universalità di mobili. Regole del tutto particolari vigono per l’opponibilità degli atti di cessioni aventi ad oggetto universalità di mobili, ossia le “pluralità di beni mobili che appartengono alla stessa persona ed hanno una destinazione unitaria” (art. 816 c. 1 c.c.). Le universalità sono composte da singoli beni mobili i quali, a rigor di norma, continuano a poter essere oggetto di diritti individuali e formare così oggetto di separati rapporti giuridici (art. 816 c. 2 c.c.). Nondimeno, in considerazione: • dell’appartenenza ad un unico soggetto; • della destinazione unitaria ad un medesimo fine; vengono assoggettate ad un regime di circolazione, di usucapibilità e di opponibilità in parte differenziato rispetto a quello previsto per i singoli beni (mobili) che le compongono. Per poter configurare l’universalità è dunque necessaria la presenza di una pluralità di beni (almeno due) dotati di una loro individualità, in modo tale da poter essere teoricamente oggetto di separati atti dispostivi79, ed è proprio tale caratteristica che distingue l’universalitas rerum dalla cosa composita, formata da più oggetti nessuno dei quali idoneo ad atti di separati e distinti rispetto a quelli aventi ad oggetto la res composita. Parte della dottrina ritiene necessario, per il configurarsi della universalitas, anche l’ulteriore elemento dell’attività fattuale del soggetto proprietario dei singoli beni (università di fatto), negando così cittadinanza sia alla comunanza di cose derivante da mera accidentalità sia all’universalità di diritto, imposta direttamente dalla legge mediante apposita disciplina80. Inoltre, giova rammentare come le universalità di mobili siano gli unici (complessi) di beni mobili81 a poter ricadere in proprietà demaniale dello Stato o degli altri enti territoriali ex art. 822 c. 2 c.c., laddove è previsto l’assoggettamento a tale regime delle “raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche” 82. 5.B) Il regime delle opponibilità. In tema di opponibilità degli atti dispositivi, l’art. 1156 c.c. dichiara espressamente inapplicabili le regole – già esaminate – relative all’opponibilità dell’atto avente ad oggetto un bene mobile al vero proprietario (possesso vale titolo) ed ai terzi aventi causa dell’alienante. L’opponibilità nei confronti di tali soggetti, pertanto, è collegata unicamente alla priorità temporale dell’atto, con la conseguenza che dovrà essere preferito l’atto avente data certa anteriore rispetto agli altri83. Anche nei confronti dei terzi creditori del soggetto alienante il criterio applicabile è il medesimo, con conseguente opponibilità al creditore pignorante del dante causa dell’atto dispositivo avente data certa anteriore alla notificazione dell’atto di pignoramento (ex art. 2914 punto 3 c.c.). 6. OPPONIBILITA’ DELLE CESSIONI DI CREDITO. 6.A) Nozione di cessione di credito e requisiti per l’opponibilità nei confronti dei terzi aventi causa e dei creditori dell’alienante. La cessione di credito è il contratto per mezzo del quale un soggetto – il cedente – trasferisce ad un altro soggetto – il cessionario – la propria posizione di credito nei confronti di un terzo soggetto – che assume il nome di debitore ceduto. Principio generale del nostro ordinamento è che, essendo il comportamento del debitore giuridicamente dovuto ed essendo per questi indifferente la persona nelle mani della quale adempiere, il relativo credito sia liberamente trasferibile da parte del creditore. Tanto è vero che la cessione può avvenire anche senza il consenso del debitore (cfr. art. 1260 c. 1 c.c.). Sono peraltro previste alcune eccezioni, riscontrabili nei casi in cui il credito abbia natura strettamente personale ovvero in tutti gli ulteriori casi previsti dalla legge (cfr. artt. 1260 e 1261 c.c.). Come per i beni mobili, anche qui l’ordinamento non appronta alcun sistema diretto a fornire una pubblicità generalizzata delle vicende aventi ad oggetto i crediti. Anzi, l’art. 1264 c. 1 c.c. espressamente subordina l’opponibilità della cessione al debitore ceduto al fatto che: • la cessione gli sia stata notificata; • ovvero, sia stata da questi accettata. Anche prima di tale momento, comunque, il debitore ceduto che paga colpevolmente nelle mani di chi sapeva non essere più titolare del credito (ossia a mani del cedente) non è liberato del proprio debito (cfr. art. 1264 c. 2 c.c.). Ricorrendo tale ipotesi, l’onus probandi in ordine allo stato psicologico del debitore ceduto, ossia la sua consapevolezza di pagare ad un soggetto sfornito di legittimazione, deve essere assolto dal cessionario. Come si può notare, il nostro ordinamento non pone regole specifiche al fine di disciplinare il conflitto fra il vero titolare del diritto ed il cessionario in forza di contratto inesistente, nullo o comunque privo di effetti; i rapporti fra i due soggetti, infatti, restano risolti sulla base del principio con sensualistico (art. 1376 c.c.) in forza del quale il contratto di cessione di credito ha l’effetto immediato di trasferirne la titolarità dal cedente al cessionario (salvo il caso della cessione di un credito futuro, avente mero effetto obbligatorio e comportante il materiale trasferimento del diritto solo a seguito della venuta ad esistenza del medesimo (cfr. art. 1472 c. 1 c.c.)84. L’ordinamento, all’opposto, prevede solo un sistema – invero abbastanza semplice – per rendere opponibile detta cessione al terzo debitore. Nondimeno, proprio questo sistema ha, come effetto secondario, quello di risolvere anche il conflitto fra il cessionario ed il terzo (reale) titolare del credito. In caso di conflitto fra terzi aventi causa del cedente, ossia fra la pluralità di cessionari ai quali il medesimo ha trasferito lo stesso diritto di credito, prevale il titolare della cessione (art. 1265 c. 1 c.c.): • notificata per prima85; • ovvero per prima accettata da parte del debitore ceduto con atto avente data certa; anche se, in realtà, questa è di data posteriore ed indipendentemente dalla conoscenza che il debitore ceduto abbia di ulteriori cessioni86. La stessa disciplina si applica anche in relazione degli atti costituenti usufrutto o pegno sul credito (art. 1265 c. 2 c.c.). Anche nei dei terzi creditori dell’alienante (cedente) l’opponibilità è ancorata sempre al medesimo elemento, ossia alla priorità, rispetto all’atto di pignoramento, della notificazione della cessione al debitore ovvero dell’accettazione da parte di questi con atto avente data certa (art. 2914 punto 2 c.c.). La giurisprudenza ha peraltro cercato di temperare e limitare l’ambito di applicazione della previsione codicistica statuendo, in particolare, l’inopponibilità al creditore dell’alienante delle cessioni aventi ad oggetto crediti futuri anche se notificate o accettate prima dell’atto di pignoramento87. Allo stesso modo, sono opponibili ai terzi creditori del cedente tutti gli atti comportanti vincolo di indisponibilità (come le costituzioni di pegno) a condizione che siano state notificate ovvero accettate dal debitore anteriormente alla notifica dell’atto di pignoramento (cfr. art. 2915 c. 1 c.c.) 88. 6.B) La cessione di crediti delle Pubbliche Amministrazioni. Relativamente alla cessione di crediti vantati dalle Amministrazioni Pubbliche, sono applicabili le normali regole codicistiche e comuni, salva comunque la presenza di una disciplina – di stampo amministrativo – avente valore di lex specialis volta a garantire gli interessi dell’Amministrazione qualora questa assuma la veste di debitore ceduto. Principio generale è quello di cui all’art. 69 R.D. 2440/1923, per il la cessione di un credito verso l’Amministrazione Pubblica, ai fini dell’opponibilità, deve: • risultare necessariamente da atto pubblico o da scrittura privata autenticata; • essere notificata all’ente, con esclusione, pertanto, della possibilità di essere autonomamente accettata da questo in assenza di una previa notifica. Gli adempimenti di cui sopra sono richiesti al fine di ottenere l’opponibilità della cessione sia ai terzia sia alla stessa Amministrazione e – sempre a parziale deroga rispetto alla disciplina generale – hanno un effetto futuro “limitato”, nel senso che comunque non comportano alcun effetto in ordine agli ordini di pagamento che già risultino emessi al momento dell’effettuazione della notifica. Se questa è la disciplina generale, disposizioni specifiche vigono per i crediti derivanti da appalti pubblici. Norma fondamentale, a tal proposito, è l’art. 9 L. 2248/1965 all. E (applicabile a tutti gli appalti pubblici, qualunque ne sia l’oggetto) in forza della quale “sul prezzo dei contratti in corso non potrà … omissis… convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”. Scopo della norma è chiaramente quello di impedire che, nel corso dell’esecuzione, l’appaltatore si privi, anche spontaneamente, dei mezzi finanziari necessari per la corretta esecuzione dell’obbligazione assunta, cagionando con ciò un danno all’Amministrazione. Essendo questo il telos, il vincolo di incedibilità – fra l’altro, si tratta solo di un vincolo relativo, nel senso che l’atto di cessione è perfettamente valido nei confronti del terzo ma assolutamente inefficace nei confronti dell’Amministrazione ceduta - cessa con l’adempimento della prestazione contrattuale ossia con l’avvenuta emanazione della documentazione attestante il superamento del collaudo. Fino a tale momento, pertanto, il credito verso l’Amministrazione può essere ceduto – in deroga a quanto previsto dall’art. 1260 c. 1 c.c. – solo con il consenso di questa, ossia con l’accettazione, da parte sua, della cessione (previamente notificata ex art. 69 R.D. 2440/1923). Se questa è la disciplina generale, non può non essere sottolineato come l’art. 26 c. 5 L. 109/1994 estenda ai crediti vantati dai privati nei confronti delle Pubblica Amministrazioni, se relativi a contratti di: • appalto di lavori pubblici; • concessione di lavori pubblici; • progettazione nell’ambito di lavori pubblici; le disposizioni di cui alla L. 52/1991 (vedi in seguito) relativa alla cessione di crediti d’impresa. Pertanto, i crediti derivanti da tali contratti potranno essere oggetto di cessione, anche prima dell’emissione dei certificati di collaudo, nel rispetto delle previsioni particolari di cui alla L. 52/1991 e all’art. 115 d.P.R. 554/1999 (regolamento di esecuzione della L. 109/1994). Nel caso di specie, la cessione, oltre a dover essere stipulata per atto pubblico o scrittura privata autenticata ed a dover essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (come previsto dalla L. 52/1991), dovrà anche essere notificata alla Pubblica Amministrazione debitrice e potrà sortire effetto nei suoi confronti solo se ad essa l’Amministrazione non si opponga a mezzo di comunicazione da notificarsi al cedente ed al cessionario entro il termine perentorio di 15 giorni decorrenti dal ricevimento della notifica dell’atto di cessione. La disciplina appena esaminata trova applicazione nel caso in cui l’Amministrazione, al momento della stipula del contratto, non abbia previsto la libera cedibilità, da parte dell’appaltatore, di tutti o parte dei crediti derivanti dal contratto (cfr. art. 115 c. 4 d.P.R. 554/1999). Tutte le previsioni appena esaminate in materia di cedibilità dei crediti della Pubblica Amministrazione trovano applicazione anche in caso di cartolarizzazione dei crediti vantati dai privati nei confronti di questa, costituendo pertanto limite alla piena ed immediata applicazione della disciplina di cui alla L. 130/1999. 6.C) Il factoring. Regole parzialmente diverse rispetto a quelle applicabili alla comune cessione di credito vigono allorché si tratti di cessione operata nell’ambito di un contratto di factoring. Questo è il contratto atipico89 “di collaborazione tra imprese, avente ad oggetto l'organizzazione e la gestione di un servizio, che si scompone in una convenzione base, ascrivibile come causa allo schema del mandato, ed in una pluralità di successivi negozi con essa collegati costituiti in particolare da cessioni di credito le quali appaiono come mezzo per effettuare il mandato” Tribunale Genova, 17 luglio 1991, Fallimento società Nuova IMPA c. Società Trade factoring, Giur. comm. 1992, II, 279). Il factoring, in particolare, è privo di una “sua” causa in quanto riflette quella voluta dalle parti nel caso concreto90. Si può però dire che, normalmente, quella principale sia la gestione delle posizioni creditizie dell’azienda, eventualmente affiancata dalla causa di finanziamento91 – realizzata mediante l’erogazione di una anticipazione sugli importi delle proprie fatture attive e quindi, in ultima analisi, l’apertura di una linea di credito – e da quella di eventuale trasferimento del rischio di insolvenza – mediante la cessione pro soluto. La disciplina positiva in materia di cessione di crediti d’impresa, contenuta nella L. 52/1991, non disciplina il contratto di factoring in quanto tale92, ma solo un particolare aspetto di esso e, in particolare, la modalità, nell’ambito del proprio campo di applicazione, di cessione dei crediti e la loro opponibilità ai soggetti terzi, fermo restando che in tutti gli altri casi non rientranti nel campo di applicazione della disposizione trovano applicazione le comuni disposizioni di cui agli artt. 1260 e ss. c.c.. L’ambito di applicazione della L. 52/1991 è limitato alla sola cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari a condizione che: • il cedente sia un imprenditore, commerciale o agricolo poco importa; • i crediti ceduti derivino dai contratti stipulati dal cedente nell’ambito della propria attività di impresa; • il cessionario (factor) sia una banca ovvero un altro intermediario finanziario, disciplinato dall’art. 25 c. 2 L. 149/1992, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa. Il credito ceduto può essere presente o futuro – come nella normale cessione, con l’unica differenza che, qui, il credito futuro può anche riferirsi ad un contratto non ancora stipulato93. La particolarità della disciplina dettata dall’art. 5 L. 52/1991 in tema di opponibilità rispetto al debitore ceduto ed ai terzi aventi causa e creditori del cedente consiste nel fatto che non occorre la notificazione al debitore ceduto né l’accettazione, da parte di questi, del contratto di factoring o delle singole cessioni. Al contrario, invece, affinché la cessione sia ex se opponibile è necessario che: • il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo pattuito; • detto pagamento abbia data certa. Ricorrendo tali presupposti, la cessione è opponibile: 1. 2. 3. agli aventi causa del cedente (ossia agli ulteriori cessionari del credito) a patto che il loro titolo non sia stato reso efficace – secondo le modalità di cui alla medesima L. 52/1991 o all’art. 1265 c. 1 c.c. – anteriormente al pagamento del corrispettivo al factor; al creditore del cedente, a patto che questi abbia proceduto al pignoramento del credito oggetto di factoring successivamente alla data di pagamento del corrispettivo; al fallimento del cedente, a patto che la sentenza dichiarativa sia intervenuta successivamente alla data di pagamento del corrispettivo pattuito per l’operazione, salve le particolari previsioni di cui all’art. 7 L. 52/1991. 6.D) La cartolarizzazione (securitisation). Completamente diversa dal factoring è la cartolarizzazione (securitisation) dei crediti: trattasi di una operazione complessa che vede coinvolto un soggetto dotato di particolari qualità professionali ed è articolata in due fasi, solo una delle quali consiste nella cessione del credito. A differenza del factoring, poi, la cui causa principe è la gestione della posizione creditizia, eventualmente affiancata dall’ottenimento di una linea di credito ovvero dal trasferimento del rischio di insolvenza, la causa principale della cartolarizzazione è proprio la “valorizzazione” dei crediti, specie di quelli in sofferenza, i quali pertanto iniziano ad essere visti non più come una sorta di zavorra per la redditività aziendale ma altresì come elemento di gestione strategica delle risorse, posta la loro cedibilità sia pro solvendo sia pro soluto94 (la cessione pro soluto è comunque riscontrabile con maggiore frequenza). Il fine principale, pertanto, è quello di ottenere una smobilitazione dei crediti e la disponibilità di risorse “fresche”. La disciplina delle operazioni di cartolarizzazione è dettata dalla L. 130/199995, che le definisce come quelle realizzate “mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri96, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti” a condizione che siano integrati i seguenti presupposti: • anzitutto, la società cessionaria o, se diversa, la società emittente i titoli di debito necessari per la conclusione dell’operazione, deve non solo essere abilitata all’esercizio dell’attività creditizia ex D. Lgs. 385/1993 ma altresì avere quale oggetto esclusivo della propria attività il compimento di una o più di tali operazioni di cartolarizzazione; • inoltre, le somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti devono essere destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei crediti incorporati nei titoli emessi97, dalla cessionaria o da altra società, per finanziare l’acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione. La bifasicità dell’operazione è dunque chiara. La società incaricata della cartolarizzazione (ossia la cessionaria)98, direttamente se in possesso dei requisiti ovvero per il tramite di altra società (detta emittente), emette titoli di debito offerti in sottoscrizione ad investitori professionali o non professionali secondo le disposizioni di cui all’art. 2 L. 130/1999. Gli introiti derivanti dalla collocazione sul mercato di detti titoli vengono impiegati dalla società cessionaria per il finanziamento dell’operazione di acquisto (ossia cessione) dei crediti. Il cedente, pertanto, ottiene immediatamente liquidità a fronte della cessione delle proprie posizioni creditizie; inoltre, può ottenere il totale trasferimento del rischio di insolvenza, posto che, come detto, la cessione avviene normalmente pro soluto. I pagamenti di volta in volta effettuati dai debitori ceduti vengono destinati dalla società cessionaria esclusivamente a due distinte finalità: • al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per l’acquisto dei crediti; • al pagamento dei costi dell’operazione. Del tutto peculiari sono le regole che disciplinano l’efficacia del negozio nei confronti del debitore ceduto, dei terzi aventi causa (ossia degli altri cessionari) e dei terzi creditori del cedente. In particolare, l’art. 4 c. 1 L. 130/1999, facendo riferimento alla disposizione di cui all’art. 58 cc. 2-4 D. Lgs. 358/1993, subordina l’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto all’obbligo, da parte della società cessionaria (e non dell’alienante), di dare notizia dell’operazione mediante: • iscrizione nel Registro delle Imprese; • pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana; fatto comunque salvo il rispetto delle ulteriori forme pubblicitarie eventualmente previste dalla Banca d’Italia. Il puntuale adempimento di tali oneri formali produce l’effetto di cui all’art. 1264 c.c., con conseguente piena efficacia della cessione nei confronti dei debitori ceduti (cfr. art. 58 c. 4 D. Lgs. 358/1993). Dal momento dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le uniche azioni esecutive ammesse sui debiti ceduti sono quelle relative alla salvaguardia dei diritti di credito incorporati nei titoli emessi per il finanziamento dell’operazione di cartolarizzazione. Sempre dalla medesima data di pubblicazione, inoltre, la cessione è opponibile: • ai terzi aventi causa del cedente (ossia agli altri cessionari), a condizione che l’atto contenente la cessione a loro favore non sia stato reso efficace in data anteriore; • ai creditori del cedente, a condizione che questi non abbiano proceduto al pignoramento prima dell’avvenuta pubblicazione. 1 Cfr. Massimo Bianca, “Il contratto”, in Diritto Civile, Ed. Giuffré, p. 542. 2 Cfr. Massimo Bianca, op. cit., p. 543. 3 Cfr. Massimo Bianca, op. cit., p. 544. 4 “Le risultanze dei registri immobiliari non costituiscono prova certa dell'appartenenza di un bene a chi ne è l'intestatario essendo finalizzate solo all'opponibilità ai terzi dei trasferimenti ivi annotati” (Corte Cass., Sezione II, 9 dicembre 1999, n. 13749, Riboli c. Barbeno, Giust. civ. Mass. 1999, 2474). “La trascrizione attua una forma di pubblicità a tutela della circolazione dei beni, finalizzata alla soluzione di conflitti fra più acquirenti dello stesso diritto dal medesimo dante causa, ma non incide sulla validità e sull'efficacia dell'atto, ancorché non trascritto, salvo la concorrenza con altri atti trascritti” (Corte Cass., Sezione II, 5 luglio 1996, n. 6152, Ferri c. S. Francesco da Paola, Giust. civ. Mass. 1996, 943). “L' omessa trascrizione del titolo di acquisto della proprietà di un bene in capo all'acquirente non influisce sul diritto di questo e sui poteri di disposizione che da tale diritto a lui conseguono e non pregiudica, quindi, la validità ed efficacia del contratto” (Corte Cass., Sezione II, 25 agosto 1994, n. 7512, Magnani c. Giuliani, Giust. civ. Mass. 1994, 1105). “L'istituto della trascrizione ha lo scopo di attuare una forma di pubblicità al fine di tutelare la buona fede e i diritti dei terzi per assicurare la priorità del diritto effettivamente trasmesso ed acquistato, ma non ha alcuna influenza sulla validità e sull'efficacia dell'atto, anche se non trascritto, salvo la concorrenza con altri atti trascritti” (Corte Cass., Sezione II, 2 giugno 1993, n. 6159, Coscia c. Valente, Giust. civ. Mass. 1993, 977). 5 Non potendo essere applicata la regola del possesso vale titolo, il sistema di pubblicità immobiliare vale unicamente a dirimere i conflitti fra più aventi causa del medesimo soggetto ovvero fra questi ed i creditori del dante causa. In caso, invece, di conflitto intercorrente fra più aventi causa di diversi danti causa, i quali al loro volta acquistarono il medesimo bene da un unico soggetto originario, il conflitto fra gli aventi causa finali può essere risolto solo dopo aver risolto il conflitto fra i più aventi causa dell’alienante originario (Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 293). “Ai sensi dell'art. 2644 c.c., l'istituto della trascrizione è un mezzo legale di pubblicità, posto a tutela della circolazione dei beni immobili, volto a dirimere i conflitti rispetto ai terzi aventi causa, e non tra le stesse parti di negozi, traslativi o costitutivi di diritti reali, tra loro incompatibili” (Corte Cass., Sezione III, 4 novembre 2002, n. 15393, Franci e altro c. Vanni, Giust. civ. Mass. 2002, f. 11). “L'attore che agisce in rivendicazione assumendo essergli inopponibile il titolo di acquisto (derivativo) del convenuto, in quanto trascritto posteriormente al proprio, ha l'onere di dimostrare la provenienza di entrambi i titoli dal medesimo dante causa” (Corte Cass., Sezione II, 18 marzo 1999, n. 2485, Di Maria c. Marino, Giust. civ. Mass. 1999, 604). “La norma dell'art. 2644 c.c., che disciplina gli effetti della trascrizione degli atti indicati nell'art. 2643 dello stesso codice, riguarda tutte le ipotesi di una pluralità di alienazioni immobiliari eseguite dal medesimo dante causa e, quindi, si riferisce sia all'ipotesi del duplice trasferimento del diritto di proprietà, in tempi successivi, a distinti acquirenti, sia a quella della cessione, in tempi successivi, in favore di distinti soggetti della proprietà e della costituzione di un diritto reale limitato come l'usufrutto o la servitù” (Corte Cass., Sezione II, 16 luglio 1997, n. 6485, Vago e altro c. Bergonzi e altro, Giur. it. 1998, 419). “Gli effetti sostanziali contemplati all'art. 2644 c.c. non sono gli unici realizzati dalla trascrizione, atteso che tale istituto non mira soltanto a dirimere eventuali conflitti fra diritti tra loro incompatibili ma assolve [anche] la finalità di rendere opponibili ai terzi determinate situazioni che comportano vincoli di indisponibilità relativamente a beni o diritti immobiliari ed alla quale è preordinato l'art. 2914 c.c. che sancisce la inopponibilità, nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione, delle alienazioni di beni immobili successive al pignoramento” (Corte Cass., Sezione III, 23 ottobre 1985, n. 5194, Barberis c. Tarditi, Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10). 6 “Alcuna dottrina muove critiche, sotto il profilo sostanziale e di coerenza del sistema, al principio della priorità delle trascrizioni evidenziando, nel caso in cui il primo trascrivente sia il secondo avente causa in ordine temporale, una chiara antitesi tra il principio enunciato dall’art. 2644 c.c. e quello affermato dall’art. 1376 c.c.. Attribuire efficacia all’atto stipulato successivamente ma trascritto per primo significa, infatti, attribuire natura costitutiva alla trascrizione, ritenendola pertanto requisito essenziale per la perfezione del contratto e per la sua conseguente opponibilità ai terzi. Ma in ciò non può non evidenziarsi una profonda incoerenza del sistema con riguardo al principio consensualistico, in base al quale l’effetto traslativo-costitutivo del diritto di proprietà o del diritto reale immobiliare, con conseguente opponibilità erga omnes, deriva dal semplice consenso delle parti legittimamente manifestato. Varie sono le teorie elaborate allo scopo di eliminare l’antitesi tra le due norme e di armonizzare il sistema. Una dottrina minoritaria ritiene che, in tal caso, l’acquisto del secondo avente causa primo trascrivente sarebbe a non domino, avendo l’autore validamente trasferito il diritto al primo contraente in base al principio consensualistico ed essendo quindi non più titolare dello stesso. Pertanto l’acquisto sarebbe a titolo originario e deriverebbe dalla fattispecie complessa costituita dall’atto a non domino più la trascrizione. E’ evidente in tale ricostruzione il tentativo di operare un parallelismo con quanto stabilito dall’art.1159 c.c. in tema di acquisto a non domino. Tuttavia tale teoria non giustifica la diversità di disciplina tra le due ipotesi, dal momento che in caso di doppia alienazione non occorrono né la buona fede né l’usucapione, né tiene conto del principio della continuità delle trascrizioni (art. 2650 c.c.) in base al quale l’acquisto nella ipotesi di doppia alienazione è comunque a titolo derivativo. In forza di tali incongruenze, la dottrina dominante ritiene che l’acquisto del secondo avente causa sia a domino ed avvenga dunque a titolo derivativo. Ma ammettere questo comporta le disarmonie su elencate poiché si viene ad affermare che un atto validamente stipulato ex art. 1376 c.c. perda al sua efficacia a seguito della trascrizione di altro atto, stipulato successivamente dallo stesso dante causa. Inoltre, in questo modo si attribuisce alla trascrizione carattere costitutivo. Pertanto altra parte della dottrina ritiene che l’acquisto del secondo avente causa avvenga, si a non domino, ma la trascrizione effettuata tempestivamente operi quale condizione risolutiva legale che risolve retroattivamente gli effetti reali prodotti dal primo atto traslativo non trascritto. Il primo contraente può in ogni caso agire per il risarcimento del danno con l’azione per inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.), nel caso si voglia seguire la teoria della inefficacia, con l’azione da illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.) ove si voglia seguire la teoria della condizione risolutiva legale” (Silvia Amati, “Acquisto a non domino e trascrizione : loro rapporti nell’ambito della tematica degli acquisti dall’erede apparente con specifico riferimento alla relazione tra l’art. 534 c.c. e l’art. 2652 n° 7 c.c.“, articolo pubblicato su www.diritto.it). 7 “Poiché la trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome del soggetto cui si riferisce, qualora, per errore della Conservatoria, la trascrizione, ancorché la nota sia stata correttamente redatta, venga repertoriata a carico di persona diversa dall'alienante dell'immobile, può conseguentemente derivarne - secondo un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità - l'invalidità della trascrizione e la sua inopponibilità ai terzi in buona fede (che non hanno l'onere di esaminare altri atti o documenti ovvero il registro generale d'ordine); né la correzione dell'errore, operata in epoca successiva alla trascrizione di pignoramenti effettuati da creditori in buona fede, può avere effetti ex tunc e sanare l'irregolarità originaria in pregiudizio di tali creditori” (Corte Cass., Sezione II, 2 febbraio 2000, n. 1135, Luchini e altro c. Banca Roma e altro, Vita not. 2000, 326). “Poiché la trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome (rubrica dei cognomi sulla tavola alfabetica) del soggetto a cui si riferisce, se l'indicazione di esso, nella nota all'uopo destinata (art. 2659 c.c.), è errata, può conseguentemente derivarne - con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità - per il terzo in buona fede - che non ha l'onere di esaminare altresì il contenuto del titolo che accompagna detta nota o altri elementi estranei ad essa per verificarne la corrispondenza - incertezza sull'identificazione del soggetto nei cui confronti è stata eseguita la trascrizione, che in tal caso, essendo invalida, non gli è inopponibile” (Corte Cass., Sezione III, 22 aprile 1997, n. 3477, Cipolla c. Banca Roma, Giust. civ. Mass. 1997, 628). 8 Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 292. 9 “Con riferimento agli acquisti a causa di morte, si sa che essi prescindono dalla trascrizione e che gli eventuali conflitti tra acquirenti inter vivos e acquirenti mortis causa dallo stesso autore vengono risolti in base a criteri di diritto sostanziale e successorio. La trascrizione, dunque, non assolve in questi casi ad una funzione dichiarativa, bensì a quella di assicurare la continuità delle trascrizioni di cui all’art. 2650 c.c..” (Silvia Amati, op. cit.) “Il conflitto tra l'avente causa, a titolo oneroso, da colui che ha ottenuto dal pretore, ai sensi dell'art. 4 l. 14 novembre 1962 n. 1610, il decreto di riconoscimento della piccola proprietà contadina, e i comproprietari del medesimo bene, pervenuto da successione ereditaria, si risolve a favore del primo, ancorché il suo titolo sia trascritto dopo la trascrizione della divisione tra i coeredi, perché il principio di continuità delle trascrizioni non risolve il conflitto tra acquisto a titolo originario e acquisto a titolo derivativo, e, applicato alla divisione, attiene alla diversa fattispecie in cui, nel caso di conflitto tra due aventi causa da un assegnatario, finché la divisione non è trascritta, prevale il titolo di data anteriore, non quello trascritto per primo” (Corte Cass., Sezione II, 20 marzo 1999, n. 2600, Placentino c. Dragano e altro, Giust. civ. 2000, I, 176). In dottrina, è stato rilevato che: “la trascrizione non serve a risolvere un eventuale conflitto tra un erede ed un avente causa inter vivos del de cuius. Per quanto riguarda la successione a titolo universale, infatti, è sufficiente ricordare che l’erede, in base all’art. 1372 c.c., subentra nella posizione del de cuius e quindi non può disconoscere i contratti che costui ha stipulato, a prescindere dall’intervenuta trascrizione, perché è parte rispetto ad essi e non terzo. Per quanto riguarda la successione a titolo particolare, nel caso di conflitto fra l’avente causa in base ad un atto inter vivos di disposizione di un bene ad opera del de cuius ed il legatario istituito nello stesso bene, va, in primo luogo, rilevato che la trascrizione dell’acquisto del legato è prevista nella stessa disposizione che riguarda la trascrizione dell’acquisto dell’eredità, che esula certamente dalla sfera di applicazione dell’art. 2644 c.c., che fa espresso riferimento ai soli atti inter vivos enunciati dagli artt. 2643 e 2645 c.c.. A ciò va aggiunto che se il de cuius dispone un legato dopo aver alienato il bene che ne costituisce l’oggetto, pone in essere un legato di cosa altrui il quale è nullo ove il de cuius ignorasse l’altruità del bene, mentre ha efficacia semplicemente obbligatoria nel caso in cui ne fosse a conoscenza; nel primo caso, la trascrizione non sanerebbe i vizi del titolo; nel secondo caso il legato non sarebbe trascrivibile. Se, invece, il testatore, dopo aver disposto il legato, aliena ad un terzo il bene che ne formava oggetto, il legato si considera revocato ex art. 686 c.c.” (Roberto Triola, “La trascrizione”, Giappichelli Editore 2002). 10 “Il conflitto, in questi casi, si risolverà in base alle regole proprie dell’usucapione, a seconda che essa fosse già maturata contro il dante causa dell’acquirente a titolo derivativo, il quale diviene così un vero e proprio acquirente a non domino, capace solo di iniziale ad usucapire a sua volta – se ha già conseguito il possesso – magari mediante usucapione abbreviata, avendo trascritto il titolo di acquisto” (Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 292). 11 “L'usucapione compiutasi all'esito di possesso ventennale da parte di un soggetto privo di titolo trascritto estingue le ipoteche iscritte o rinnovate a nome del precedente proprietario, quantunque non ancora perente, tale effetto estintivo riconducendosi non già ad una presunta usucapio libertatis bensì all'efficacia retroattiva dell'usucapione stessa” (Corte Cass., Sezione II, 28 giugno 2000, n. 8792, Panvini Rosati c. Albanese, Giust. civ. Mass. 2000, 1425). 12 “In mancanza di trascrizione dell'atto di acquisto di un immobile, il conflitto tra più acquirenti va risolto non già in base all'art. 2650 c.c., applicabile soltanto nel caso vi sia continuità tra le trascrizioni, bensì in base al principio prior in tempore potior in iure, con la conseguenza che prevale l'acquisto con data anteriormente certa” (Corte Cass., Sezione II, 22 agosto 1998, n. 8337, Malaspina c. Canevari, Giust. civ. Mass. 1998, 1748). 13 Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 295. “L'opponibilità dell'acquisto di un immobile nei confronti dell'erede del venditore si sottrae, oltre che alle regole dell'art. 2704 c.c. in tema di certezza della data della scrittura privata, anche alle disposizioni dell'art. 2644 c.c., circa gli effetti della trascrizione nel rapporto con l'altro acquirente del bene, per cui la trascrizione dell'acquisto mortis causa operata dall'erede, ai sensi dell'art. 2648 c.c., prima della trascrizione dell'atto di disposizione compiuto in vita dal de cuius, vale soltanto agli effetti della continuità delle trascrizioni. Conseguentemente l'erede non può eccepire l'anteriorità della trascrizione del suo acquisto mortis causa al fine di rendere a lui inopponibile l'atto di disposizione a favore di terzi compiuto, in vita, dal de cuius” (Corte Cass., Sezione II, 15 maggio 1997, n. 4282, Masera e altro c. Sellitto, Riv. notariato 1998, 345). “La trascrizione degli acquisti mortis causa (ossia per successione nei diritti già esistenti in capo al de cuius ma non per diritti che si creino ex novo, sia pure in forza del testamento o per diritti che comunque non appartenevano già al testatore), richiesta dall'art. 2648 c.c., non vale a risolvere il conflitto fra l'erede e l'acquirente dal de cuius, ma deve eseguirsi ai soli effetti della continuità delle trascrizioni. Consegue che l'erede e il legatario non possono eccepire il difetto di trascrizione di un atto di alienazione compiuto dal defunto: il primo perché succedendo al disponente non può rivestire la qualità di terzo, neppure se accetta con il beneficio di inventario; il secondo perché, configurando la vendita della cosa legata compiuta dal disponente revoca del legato medesimo, quanto meno come legato di cosa propria, la trascrizione mai potrebbe supplire all'inesistenza del titolo” (Corte Cass., Sezione II, 4 maggio 1985, n. 2800, Rinaldi c. Spendori, Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 5). 14 Cfr.: Massimo Bianca, op. cit., p. 548; Francesco Gazzoni, op. cit., p. 292. 15 “La trascrizione la quale costituisce una forma di pubblicità degli atti al fine di rendere opponibili al terzo i diritti da essi nascenti, non ammette deroghe e non può trovare equipollenti, né nella conoscenza che il terzo abbia conseguito di fatto, nè nella circostanza che i patti risultino direttamente dal contenuto degli atti. Pertanto, il terzo non è tenuto a compiere indagini sul contenuto del documento esibito per la trascrizione, ma deve essere posto in grado di rilevare dalla stessa nota trascritta quale sia la natura ed il contenuto dell'atto reso pubblico e, quindi, trattandosi di servitù, quale ne sia la natura e quale ne sia il fondo servente su cui essa grava” (Corte Cass., Sezione II, 14 luglio 1980, n. 4508, Società Gideri c. Istituto professionale femminile, Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 7). 16 Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 291. 17 Oggetto di trascrizione, annotazione o iscrizione, in particolare, possono solo essere le sentenze, gli atti pubblici e le scritture private con sottoscrizione autenticata ovvero accertata giudizialmente; le sentenze e gli atti eseguiti in un Paese estero devono essere previamente legalizzati (cfr. art. 2657 c.c.). Sono altresì trascrivibili alcune domande giudiziali, e nella fattispecie quelle di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c.; tali domande vanno altresì annotate a margine della trascrizione o dell’iscrizione alla quale si riferiscono (cfr. art. 265 c.c.). Il rispetto del requisito formale è necessario al fine di ottemperare l’adempimento pubblicitario. “Colui il quale abbia acquistato un'immobile mediante scrittura privata non autenticata, al fine di rendere opponibile tale acquisto ai terzi deve esperire l'azione di accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni, trascrivendo la domanda ex art. 2652 n. 3 c.c., ed ottenuta la pronuncia favorevole, deve trascrivere la scrittura privata divenuta titolo idoneo ex art. 2657 c.c., presentandola in originale o in copia autentica al Conservatore dei registri immobiliari, ex art. 2658 c.c” (Corte Cass., Sezione II, 7 novembre 2000, n. 14486, Giorgi c. Piredda, Vita not. 2001, 300). 18 “Ai fini della trascrizione della domanda giudiziale, l'art. 2658 c.c. richiede la presentazione di copia autentica del documento che la contiene, munito della relazione di notificazione alla controparte, dalla quale può prescindersi soltanto per quelle domande la cui presentazione è ammessa mediante comparsa depositata in udienza. Ne consegue che, sussistendo, nel caso di contumacia di una delle parti, l'obbligo di notificazione della comparsa di intervento giacché il contumace deve essere informato della presenza nel processo di una nuova parte, anche se questa non propone domanda autonoma e si limita ad associarsi a quelle proposte da altre parti - deve negarsi validità alla trascrizione della domanda contenuta nella comparsa stessa che non sia stata notificata al contumace” (Corte Cass., Sezione III, 3 febbraio 1993, n. 1296, Calvagna c. Sciacca e altro, Giust. civ. Mass. 1993, 200 solo massima). 19 Funzione propria dell’annotazione a margine di una trascrizione o di una iscrizione è quella di bloccare l’operatività della formalità alla quale accede.. 20 “Poiché a norma dell'art. 2648 c.c., ove il chiamato alla eredità abbia compiuto atti di accettazione tacita, se ne può chiedere la trascrizione del relativo acquisto sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da sentenza, atto pubblico o scrittura autenticata o accertata giudizialmente, nel caso di contratto preliminare di vendita immobiliare il promissario acquirente che abbia ottenuto la sentenza ex art. 2932 c.c. nei confronti degli eredi del promittente venditore può, in base ad essa, procedere alla trascrizione (eventualmente mancante) dell'acquisto mortis causa dei detti eredi (presupponendo necessariamente detta sentenza che gli eredi abbiano accettato quell'eredità) oltre che del successivo trasferimento da questi ultimi in suo favore, con la conseguenza di non avere interesse a chiedere, ai fini della trascrizione ex art. 2648, comma 3, citato, una pronuncia di accertamento del pregresso trasferimento della proprietà del bene per successione mortis causa” (Corte Cass., Sezione II, 5 agosto 1987, n. 6724, Seppia c. Iacono, Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 8-9). “La vendita di bene ereditario da parte dell'erede apparente non è opponibile, ove manchi l'anteriore trascrizione dell'accettazione dell'eredità, all'erede vero che abbia trascritto l'accettazione posteriormente alla vendita anzidetta, né la mera trascrizione dell'atto traslativo del bene ereditario comprova, di per sé, una accettazione dell'eredità, opponibile ai terzi o all'erede vero, potendo il bene oggetto del trasferimento essere pervenuto alla alienante anche in virtù di un titolo diverso” (Corte Cass., Sezione II, 11 settembre 1980, n. 5225, Marrone c. Mongelli e altro, Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 9). 21 “Per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto o una domanda giudiziale trascritti siano opponibili ai terzi, occorre aver riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare senza possibilità di equivoci e di incertezze gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, o il soggetto nei cui confronti la domanda sia rivolta, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa [e ciò anche a seguito dell’introduzione di un nuovo sistema informatico di trascrizione ex L. 52/1985, n.d.a.]” (Corte Cass., Sezione I, 5 luglio 2000, n. 8964, Picano c. Fall. soc. Progeco, Giust. civ. Mass. 2000, 1494). “Poiché la trascrizione sui registri immobiliari è informata al criterio della ricerca per nome (rubrica dei cognomi sulla tavola alfabetica) del soggetto a cui si riferisce, se l'indicazione di esso, nella nota all'uopo destinata (art. 2659 c.c.), è errata, può conseguentemente derivarne - con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità - per il terzo in buona fede - che non ha l'onere di esaminare altresì il contenuto del titolo che accompagna detta nota o altri elementi estranei ad essa per verificarne la corrispondenza - incertezza sull'identificazione del soggetto nei cui confronti è stata eseguita la trascrizione, che in tal caso, essendo invalida, non gli è in opponibile” (Corte Cass., Sezione III, 22 aprile 1997, n. 3477, Cipolla c. Banca Roma, Giust. civ. Mass. 1997, 628). “Il disposto dell'art. 2659 comma 1 n. 1 c.c., già prima delle modificazioni apportate dall'art. 1 della l. 27 febbraio 1985 n. 52, esigeva, nelle note di trascrizione riguardanti persone giuridiche, la esatta indicazione della denominazione o ragione sociale, in considerazione delle modalità pratiche di attuazione della pubblicità immobiliare, impiantata su base personale, che consente di effettuare le visure delle note di trascrizione solo sulla base degli esatti dati di identificazione delle persone giuridiche” (Corte Cass., Sezione II, 1 dicembre 1995, n. 12429, Cremella c. De Marchi, Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12). “Il diritto reale d'uso o di usufrutto del legatario non è opponibile al terzo acquirente dell'immobile se non risulti dalla nota di trascrizione del testamento, atteso che nel vigente sistema pubblicitario, la trascrizione dell'atto si effettua mediante l'inserzione nel pubblico registro della relativa nota, costituita da un estratto dei titoli …omissis… e che per stabilire, quindi, se ed in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, senza potersi aggiungere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa, né, tanto meno, da altri atti cui tali titoli si riferiscono o da notizie e dati estranei alla menzionata nota” (Corte Cass., Sezione III, 28 gennaio 1995, n. 1048, Speciale c. Speciale, Giust. civ. Mass. 1995, 218). “Per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto od una domanda giudiziale trascritta sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare senza possibilità di equivoci ed incertezze gli elementi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, od il soggetto contro il quale la domanda sia rivolta, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa, nè peraltro possa ostare la tardiva menzione sui registri ausiliari preordinati alla ricerca” (Corte Cass., Sezione II, 27 giugno 1992, n. 8066, Tisci e altro c. Cearnelli, Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6). “Ai fini della trascrizione nei registri immobiliari, è necessaria la indicazione nella nota del cognome originario della donna coniugata; pertanto, la trascrizione con l'indicazione del solo cognome da coniugata determina incertezza sulla persona che comporta l'invalidità della trascrizione e la conseguente inopponibilità ai terzi della stessa” (Corte Cass., Sezione II, 14 ottobre 1991, n. 10774, Cannas c. Cassa di Risparmio di Firenze, Foro it. 1993, I, 219). “L'art. 2659, comma 1 n. 2, c.c., secondo cui nella nota di trascrizione devono essere indicati il titolo di cui si richiede la trascrizione e la data del medesimo, va interpretato in collegamento con il successivo art. 2665 il quale stabilisce che l'omissione o l'inesattezza delle indicazioni richieste nella nota non nuoce alla validità della trascrizione eccetto che induca certezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico a cui si riferisce l'atto. Ne consegue che dalla nota deve risultare non solo l'atto in forza del quale si domanda la trascrizione ma anche il mutamento giuridico, oggetto preciso della trascrizione stessa, che quell'atto produce in relazione al bene. Pertanto, in caso di regolamento di condominio c.d. contrattuale, non basta indicare il medesimo ma occorre indicare le clausole di esso incidenti in senso limitativo sui diritti dei condomini sui beni condominiali” (Corte Cass., Sezione II, 15 dicembre 1986, n. 7515, Grimaldi c. Rinaldi, Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 12). “Per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, nonché la essenza e la natura del diritto che si è voluto trasferire e costituire, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari. Ne consegue che non sono opponibili quei diritti derivanti dalla planimetria allegata all'atto trascritto, cui la nota abbia rinviato solo genericamente senza alcuna precisazione della consistenza ed oggetto degli stessi” (Corte Cass., Sezione II, 10 aprile 1986, n. 2501, Bego c. Società FER CO, Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 4). “Allorquando un contratto di compravendita contenga una clausola costitutiva del diritto di servitù prediale a favore dell'immobile oggetto del contratto stesso e a carico di altro immobile di proprietà del venditore, è necessario - al fine dell'opponibilità della servitù ai terzi successivi acquirenti del fondo servente - che costoro possano individuare quest'ultimo bene dal contenuto della nota di trascrizione, senza possibilità di equivoci o incertezze e senza compiere ulteriori indagini” (Corte Cass., Sezione II, 16 novembre 1985, n. 5625, Angellotti c. Capasso, Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 11). “Secondo il vigente sistema pubblicitario, la trascrizione dell'atto si effettua mediante l'inserzione nel pubblico registro della relativa nota, costituita da un estratto dei titoli, da presentare al conservatore in duplice originale, e, quindi, per stabilire se ed in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, senza potersi attingere elementi dai titoli presentati e depositati con la nota stessa, nè, tanto meno, da altri atti cui tali titoli si riferiscono o da notizie e dati estranei alla menzionata nota” (Corte Cass., Sezione III, 20 dicembre 1980, n. 6574, Piccolo c. Musto e altro, Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 12). Particolare attenzione và poi prestata all’indicazione delle parti contrattuali nel contesto della nota, specie se una d queste è una parte complessa formata da persone unitela vincolo di coniugo. “I soggetti della trascrizione non possono che essere le parti dell'atto da trascrivere. Pertanto, in caso di acquisto effettuato da parte di un solo coniuge, l'atto stesso deve essere trascritto solo a favore di lui, sia si tratti di bene compreso nell'oggetto della comunione legale - tenuto presente che l'altro coniuge, estraneo all'atto, è mero destinatario degli effetti legali dell'acquisto individuale, ma non parte del contratto da trascrivere - sia, a maggior ragione, allorché il bene acquistato non è compreso (per qualsiasi motivo) nella comunione e rimane di proprietà individuale del coniuge acquirente” (Corte Cass., Sezione I, 28 novembre 1998, n. 12098, Monte Paschi Siena c. De Liberato, Giust. civ. 1999, I,2373 nota di Finocchiaro). “Il bene acquistato separatamente da uno dei coniugi ai sensi dell'art. 177 comma 1 lett. a) c.c. entra per legge a far parte della comunione legale familiare e le note di trascrizione devono essere compilate in base all'art. 2659 c.c., che nel dettare i requisiti delle note stesse prescrive l'indicazione delle generalità delle parti, cioè delle persone che hanno stipulato l'atto” (Tribunale Bergamo, 22 settembre 1980, Bresciani c. IACP Bergamo, Riv. dir. ipotecario 1980, 192). 22 “Non è inficiata da alcun vizio di validità la nota che, tra l'altro, contenga una erronea indicazione della sede della persona giuridica acquirente, poiché, a mente dell'art. 2665 c.c., è da ritenersi causa di invalidità della nota de qua non ogni generica omissione od inesattezza, ma soltanto la erronea indicazione inducente incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui l'atto si riferisce” (Corte Cass., Sezione III, 23 febbraio 1998, n. 1942, Spezzano c. Soc. Valle Rosa edil., Giust. civ. Mass. 1998, 412). “La trascrizione dell'atto di rettifica, pur se effettuata, non ha effetto e non può attribuire nuova efficacia alla trascrizione del contratto rettificato, che sia stata annullata ai sensi dell'art. 2665 c.c. Di conseguenza, rimangono inefficaci tutte le trascrizioni successive a quella invalidata” (Corte Appello Perugina, 23 aprile 1997, C.A. c. Conserv. registri immob. Perugina, Rass. giur. umbra 1997, 369 nota di Bellocci). “L'inesatta indicazione, nella nota di trascrizione, della persona contro la quale si intendeva trascrivere, ove abbia prodotto la registrazione nel conto di una persona indicata con erronea generalità, determina quell'incertezza sulle persone che, a termini dell'art. 2665 c.c., comporta l'invalidità della trascrizione, rendendola legalmente occulta nei confronti dei terzi” (Corte Cass., Sezione II, 14 ottobre 1991, n. 10774, Cannas c. Cassa risparmio Firenze, Giust. civ. Mass. 1991, fasc.10). “Ai fini della validità della trascrizione, è sufficiente a norma dell'art. 2665 c.c., che le indicazioni riportate nella nota consentano di individuare con certezza, secondo l'apprezzamento riservato al giudice del merito, gli elementi essenziali del titolo, e, in particolare, i soggetti e l'oggetto cui essa si riferisce (Corte Cass., Sezione II, 10 luglio 1986, n. 4497, Di Donna c. Scognamiglio, Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 7). “L'omessa indicazione della data di nascita nella nota non determina la nullità della trascrizione, se dalla lettura della nota stessa è possibile individuare con certezza i soggetti contraenti” (Corte Cass., Sezione II, 23 novembre 1983, n. 6994, Fantini c. La Rocca, Riv. dir. ipotecario 1985, 103). “Ai fini della trascrizione del bene compravenduto l'indicazione del numero catastale e delle mappe censuarie è richiesta soltanto quando tali dati esistono, e pertanto risultano soddisfatte le esigenze di individuazione del bene quando lo stesso sia sufficientemente individuato nel contratto” (Corte Cass., Sezione II, 4 aprile 1981, n. 1914, Corrò c. Longhin, Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 4). “La norma dell'art. 2665 c.c. vigente - secondo cui l'omissione o l'inesattezza di alcune delle indicazioni richieste sulle note menzionate dagli art. 2659 e 2660 non nuove alla validità della trascrizione, eccetto che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico cui si riferisce l'atto, la sentenza o la domanda - non fa più riferimento ad una incertezza di carattere assoluto, come l'art. 1940 del c.c. del 1865. Ne consegue che, alla stregua della norma vigente, l'incertezza non sussiste soltanto quando i terzi, malgrado le omissioni e le inesattezze, siano posti in grado di identificare le persone, i beni e la natura degli atti trascritti in base all'esame dei soli dati risultanti dai pubblici registri, non essendo essi tenuti al compimento di ulteriori indagini o a far ricorso a fonti di conoscenza diverse dalla nota di trascrizione, anche se questa offra, un filo conduttore utile per lo svolgimento di esse” (Corte Cass., Sezione III, 23 aprile 1980, n. 2671, Stingo e altro c. Società Stella, Riv. notar. 1980, 1597). 23 Ricorrendo una di tali ipotesi, il Conservatore deve indicare i motivi del rifiuto e restituire uno degli originali della nota alla parte richiedente la quale potrà avvalersi della procedura ex art. 745 c.p.c. avverso la decisione del Conservatore (cfr. art. 113-bis disp. att. c.c.). “Il conservatore dei registri immobiliari legittimamente rifiuta la trascrizione della domanda giudiziale qualora i beni oggetto della stessa siano descritti in modo tale da non consentirne una sicura individuazione” (Tribunale Sassari, 12 luglio 1994, Deliperi e altro c. Conservatoria registri immob. Sassari, Gius 1995, 71). 24 “In tema di opponibilità ai terzi di una iscrizione ipotecaria, nel periodo intermedio tra la repertazione nel registro generale d'ordine e la successiva inserzione della nota nel registro particolare, la misura della opponibilità dell'atto soggetto a pubblicità immobiliare è data dalle risultanze del registro generale d'ordine” (Corte Cass., Sezione III, 12 ottobre 1998, n. 10084, Banca Nazionale dell’Agricoltura c. Soc. Deutsche Bank, Giust. civ. Mass. 1998, 2065). “L'iscrizione di garanzia ipotecaria su bene immobile è opponibile ai terzi per effetto ed a partire dalla inserzione nel registro generale d'ordine, non dalla successiva annotazione nel registro particolare, tenendo conto che la prima delle indicate formalità perfeziona l'insorgenza del vincolo e si traduce in una pubblicità di tipo analitico, idonea a dare notizia esterna del diritto nelle more occorrenti per l'aggiornamento del registro particolare” (Corte Cass., Sezione II, 28 agosto 1992, n. 9978, Amministrazione finanze c. Monte Paschi Siena e altro, Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9). 25 “Il provvedimento della Corte d'appello con il quale si conclude, a norma dell'art. 2674 bis c.c. e 113 disp. att. stesso codice, il procedimento sul reclamo proposto avverso la trascrizione o l'iscrizione con riserva, al fine di conservare gli effetti della formalità, non è impugnabile con il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 cost., trattandosi di un procedimento lato sensu cautelare, a contraddittorio non pieno, nel quale le parti interessate, ai sensi dell'art. 113-ter disp. att. c.c. vengono semplicemente sentite, diretto a far sì che nel caso in cui sorgano gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità o iscrivibilità di un determinato atto, l'interessato possa ottenere in via provvisoria l'attuazione della pubblicità immobiliare, ed il cui oggetto è il solo accertamento della gravità e fondatezza dei dubbi in questione, essendo la definitiva pronuncia sulla sussistenza del diritto e sull'effettuazione della pubblicità rimessa ad un eventuale giudizio contenzioso” (Corte Cass., Sezione II, 7 febbraio 1992, n. 1405, Banca Nazionale del Lavoro c. Longo, Vita not. 1992, 1224). 26 Nel registro delle annotazioni devono essere riportate le dichiarazioni giudiziali di nullità, annullamento, rescissione, risoluzione, revocazione o la dichiarazione di avveramento della condizione risolutiva relative ad un atto oggetto di trascrizione o iscrizione ed, in genere, tutti gli atti di cui all’art. 231 disp. att. c.c... 27 Al fine di permettere la consultazione dei registri particolari, come detto ordinati in ordine cronologico, presso le Conservatorie esistono i repertori, ossia registri in cui ciascuna pagina è intestata ad una persona ed è divisa in due parti, una per le trascrizioni ed iscrizioni a favore e l’altra per quelle contro, con indicazione del numero d’ordine per la consultazione dei registri particolari. Insieme ai repertori, presso la Conservatoria esistono anche le rubriche dei cognomi - laddove vengono riportati in ordine alfabetico i cognomi di tutti coloro i quali risultino avere iscrizioni a favore o contro riportate nella rubrica – e la tavola dei nomi – in cui sotto ciascun cognome sono indicati il nome di battesimo e gli ulteriori dati necessari al fine di evitare omonimie o altre difficoltà di individuazione. Fino a non molti anni or sono, tutti queste rubriche, tavole e repertori erano cartacei; dal 1997 in poi, invece, le Conservatorie sono dotate di un sistema di archiviazione e consultazione informatizzato. 28 In relazione alle servitù prediali, la giurisprudenza è ondivaga nel richiedere, talvolta, l’estrema precisione dell’indicazione del contenuto della servitù in atto ed in nota, talaltra, invece, un richiamo all’esistenza della servitù determinabile per relationem allo stato dei luoghi o ad elementi esterni. “In tema di trascrizione, qualora un contratto di compravendita di un fondo contenga una ulteriore convenzione, costitutiva di un diritto di servitù in favore dell'immobile alienato ed a carico di altro fondo di proprietà del venditore, è necessario, in sede di redazione della relativa nota, menzionare non soltanto il trasferimento del diritto di proprietà, ma anche la costituzione di quello di servitù, poiché, in assenza di tale ultima indicazione, il titolo costitutivo del diritto reale limitato, non potendo legittimamente dirsi trascritto, non sarà opponibile ai successivi acquirenti del fondo servente, salvo il caso in cui la servitù non risulti espressamente menzionata e riconosciuta in quest'ultimo titolo di acquisto” (Corte Cass., Sezione II, 25 agosto 1998, n. 8448, Garbarino e altro c. Roggero e altro, Giust. civ. Mass. 1998, 1771). “Le servitù costituite negozialmente sono opponibili ai terzi acquirenti del fondo servente, non soltanto nell'ipotesi in cui il titolo della servitù sia stato trascritto, ma anche quando, mancando tale trascrizione, si faccia espressa menzione della servitù nell'atto di trasferimento al terzo del fondo servente” (Corte Cass., Sezione II, 21 febbraio 1996, n. 1329, Mangione c. Leone, Giust. civ. Mass. 1996, 225). “Al terzo acquirente di un fondo servente la servitù prediale è opponibile soltanto se il titolo costitutivo di essa è trascritto, ovvero se è menzionata nell'atto di trasferimento, ancorché indirettamente attraverso il richiamo alla situazione dei luoghi, ma inequivocabilmente, e non con clausole generiche o di mero stile” (Corte Cass., Sezione II, 28 gennaio 1999, n. 757, Vento c. Santamaria, Giust. civ. Mass. 1999, 186). 29 “Questa trascrizione è disposta solo a fini di pubblicità notizia. La sentenza, infatti, non fa che accertare una data situazione già compiutamente realizzatasi in fatto. Pertanto, poiché gli effetti dell’usucapione retroagiscono, le ipoteche e trascrizioni curate contro il proprietario usucapito durante il periodo di maturazione dell’usucapione non prevalgono, non potendosi configurare alla stregua di atti interrottivi, pur se la sentenza fosse trascritta dopo o non fosse trascritta affatto” (Francesco Gazzoni, op. cit., p. 293). 30 “Alle convenzioni urbanistiche, quando manchi una compiuta disciplina della figura negoziale, si applica in via analogica, in quanto è compatibile, la disciplina dei piani di lottizzazione di cui all'art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150, pertanto è a loro applicabile la norma di cui al comma 5 del citato articolo che impone la trascrizione della convenzione ex art. 2645 c.c. Ciò perché lo strumento convenzionale, scelto tra l'amministrazione ed il privato per regolare consensualmente la realizzazione dell'intervento e le esigenze di tutela dell'interesse pubblico affidato all'amministrazione, pur essendo fonte di obbligazioni propter rem ed astrattamente idoneo a vincolare anche i successivi aventi causa del proprietario stipulante, resta assoggettato alle regole sulla opponibilità dei negozi giuridici di diritto privato e, pertanto, prevale sul titolo solo se la convenzione è stata a sua volta trascritta con grado pozione” (Cons. Stato, Sezione IV, 30 maggio 2002, n. 3016, Soc. Cimi.Montubi c. Soc. Vetrobalsamo, Foro amm. CDS 2002, 1217). 31 “Il negozio con il quale il costruttore di uno stabile, nell'alienare la costruzione, riservi a sé il diritto di proprietà del lastrico di copertura e il relativo ius aedificandi, essendo finalizzato ad incidere sul regime dominicale della res e, in particolare, su diritti considerati dall'ordinamento inerenti al bene immobile oggetto della convenzione negoziale (e, pertanto, in assenza di contrario titolo, appartenenti al proprietario - o ai proprietari dell'immobile medesimo), è soggetto a trascrizione, ai sensi del disposto dell'art. 2645 c.c., la cui mancanza, a mente del combinato disposto degli art. 2644 e 2645 c.c., rende detto negozio inopponibile ai terzi e, in particolare, ai successori del primo acquirente dell'edificio, qualora, di tale riserva di proprietà, non venga fatta menzione nei successivi negozi traslativi stipulati in loro favore” (Corte Cass., Sezione II, 14 novembre 1997, n. 11250, Pavanetto c. Soc. Finturismo, Giust. civ. Mass. 1997, 2166). 32 “Ai sensi dell'art. 2645 c.c. deve ritenersi trascrivibile la convenzione stipulata tra comune e privato che prevede l'obbligo perpetuo di destinazione di aree a parcheggio” (Tribunale Firenze, 15 settembre 1990, Comune di Pontassieve c. Conservatore registri immobiliari di Firenze, Giur. it. 1993, I, 2, 373 in nota di Fusaro). 33 “Il principio generale sub art. 1065 c.c. - per cui la servitù deve intendersi, salvo patto contrario, costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente - non soffre deroga con riguardo alla servitù di elettrodotto. Questa - come si desume anche dall'art. 122 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775 - salvo espressa limitazione contenuta nell'atto costitutivo, non comporta l'assoluta inedificabilità dell'area asservita, il cui proprietario può persino ottenere che l'esercente dell'elettrodotto rimuova o collochi diversamente le condutture e gli appoggi in caso di incompatibilità dell'opera costruenda con la servitù. Ne consegue che l'eventuale diversa clausola dell'atto costitutivo, fatta salva dal richiamato art. 122, che imponga ulteriori e maggiori restrizioni delle facoltà del proprietario del fondo servente deve specificamente essere trascritta (ex art. 2643 e 2645 c.c.) e risultare dalla nota di trascrizione perché sia opponibile agli aventi causa dal costituente” (Corte Cass., Sezione II, 25 marzo 1987, n. 2890, Azienda elettrica municipale Milano c. Manganoni, Giust. civ. Mass. 1987, fasc.3). 34 “È ammissibile la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, in quanto nessun potere di carattere sanzionatorio o ripristinatorio è attribuito in materia all'autorità amministrativa; e il relativo provvedimento deve essere trascritto ex art. 2645 c.c., indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza” (Pretura Roma, 16 ottobre 1979, Riv. notar. 1979, 1194). 35 “Fra gli atti soggetti a trascrizione, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 2643 ss. c.c., non può legittimamente ricomprendersi il decreto di espropriazione di bene immobile, con riguardo al quale la trascrizione prevista dall'art. 53 l. 25 giugno 1865 n. 2359 assolve alla sola funzione di dare pubblicità al provvedimento amministrativo, ma non ha alcuna incidenza sulla sua efficacia traslativa e sulla piena opponibilità ai terzi, ancorché aventi causa dell'espropriato in forza di atto trascritto anteriormente. Ne consegue che un decreto di esproprio costitutivo di servitù di acquedotto è dotato di efficacia erga omnes in forza di legge, indipendentemente da qualsiasi trascrizione, così che, anche se non regolarmente trascritta, detta servitù è pur sempre opponibile agli eventuali, successivi acquirenti dell'immobile da essa gravato” (Corte Cass., Sezione III, 4 agosto 2000, n. 10229, Bacco e altro c. Ministero delle Finanze, Giust. civ. Mass. 2000, 1705). “La trascrizione del decreto di espropriazione per pubblica utilità non risponde a finalità di risoluzione dei conflitti previsti dall'art. 2644 c.c. Infatti il decreto di espropriazione, anche a non volerlo considerare un atto di acquisto a titolo originario, così come sostenuto da parte della dottrina, non può indubbiamente inquadrarsi tra gli atti elencati negli art. 2643 e 2645 c.c. La trascrizione prevista dall'art. 53 legge sull'espropriazione 25 giugno 1865 n. 2359 risponde solo a finalità di pubblicità notizia ed, eventualmente, allo scopo di assicurare la continuità della trascrizione ex art. 2650 c.c. L'erede, che preventivamente trascrive il proprio atto di acquisto iure successionis, non può essere considerato terzo rispetto a colui che abbia acquistato lo stesso bene dal de cuius senza procedere a tempestiva trascrizione” (Corte Cass., Sezione I, 26 marzo 1997, n. 1190, Grandoni c. Ministero della Difesa, Riv. dir. ipotecario 1979, 43). Fra l’altro, la mera notizialità della pubblicità relativa al decreto di espropriazione comporta che non possa essere soggetta a trascrizione la domanda giudiziale con la quale viene fatta valere la nullità o l’annullabilità del decreto ablatorio, con l’ulteriore conseguenza che, in caso di accoglimento di detta domanda, i negozi di alienazione posti in essere dall’espropriante resteranno salvi anche se successivi alla data della domanda, non potendo essere questa legalmente opposta ai terzi acquirenti a titolo particolare. In giurisprudenza, infatti, si può leggere: “Poiché il ricorso giurisdizionale di annullamento del decreto di espropriazione non è suscettibile di trascrizione, non operano gli effetti della trascrizione della domanda diretta a far dichiarare la nullità del titolo di acquisto dell'accipiens e la sentenza di annullamento pronunciata nei confronti dell'espropriante - alienante non è opponibile ai successori a titolo particolare, che abbiano trascritto il loro titolo di acquisto; conseguentemente, resta esclusa ogni pretesa del solvens verso il terzo acquirente dell'accipiens, se non, ai sensi dell'art. 2038 c.c., nei limiti del corrispettivo dal terzo ancora dovuto o nei limiti dell'arricchimento del terzo” (Corte Cass., Sezione I, 1 febbraio 2002, n. 1289, Soc. La.Ma.Se. immob. c. Cesaro e altro, Giust. civ. Mass. 2002, 177). 36 “Fra gli atti soggetti a trascrizione, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 2643 ss. c.c., non possono essere ricompresi i decreti di espropriazione di beni immobili e gli atti amministrativi di imposizione coattiva di servitù (nella specie, servitù di oleodotto), con riguardo ai quali la trascrizione, prevista dall'art. 53 l. 25 giugno 1865 n. 2359, assolve alla sola funzione di dare pubblicità all'atto amministrativo ablatorio o impositivo della servitù, sicché questo, già opponibile erga omnes per forza propria e indipendentemente dalla trascrizione, una volta trascritto deve considerarsi conosciuto da chiunque” (Corte Cass., Sezione III, 23 aprile 2001, n. 5978, Breda c. Ministero della Difesa, Giust. civ. Mass. 2001, 865). 37 “L'eventuale trascrizione del patto di prelazione - costituente un contratto preliminare unilaterale di compravendita, con il duplice obbligo, a carico del promittente, della denuntiatio al promissario del proposito di addivenire alla vendita e di astenersi dalla relativa stipula con soggetti diversi dal promissario stesso senza averlo informato o, avendolo informato, senza attenderne la risposta nel termine all'uopo stabilito - nulla aggiunge alla sua ordinaria efficacia obbligatoria e non può, quindi, rendere opponibile al terzo acquirente il diritto (ad essere preferito) del promissario, che, in ipotesi di inadempienza del promittente, può solo agire contro di lui per il risarcimento del danno” (Corte Cass., Sezione II, 13 maggio 1982, n. 3009, De Lisi c. Balestrini, Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 5). 38 In tale particolare ipotesi, la trascrizione è subordinata all’indicazione della superficie utile della porzione di edificio oggetto del negozio e della quota del diritto spettante al promissorio acquirente relativa all’intero edificio espressa in millesimi (cfr. art. 2645-bis c. 4 c.c.). 39 Corte Cass., Sezione III, 15 ottobre 2002, n. 14645, Bedeschi c. Soc. Il Gelato, Vita Not. 2002, 1486. 40 Prima dell’introduzione della novella, il contratto preliminare non era ex se trascrivibile, ma, semmai, era soggetta ad obbligo di trascrizione la domanda giudiziale diretta ad ottenere la sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre (cfr. art. 2652 c. 1 n. 2 c.c.). La previsione era figlia dell’ovvia esigenza di impedire che, nelle more della definizione del giudizio civile, il promissorio venditore potesse alienare a terzi l’immobile ovvero costituirvi diritti reali a favore di terzi, defraudando così il promissorio acquirente del proprio diritto e lasciando a sua disposizione unicamente la tutela risarcitoria. Il promissorio acquirente, pertanto, poteva – ex art. 2652 c.c. – opporre l’esistenza del negozio preliminare solo nei confronti dei terzi che avessero trascritto il proprio contratto di acquisto ovvero pignorato il bene di cui si tratta successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c.. La novella del 1996, invece, “anticipa” – e ciò probabilmente in considerazione del fatto che, nella normale pratica degli affari, molti dei contratti preliminari conclusi, specie in ambito immobiliare, sono ad effetti anticipati o parzialmente anticipati, con trasmissione del possesso dell’immobile a fronte del pagamento di un acconto se non addirittura dell’intero corrispettivo pattuito per l’operazione – la tutela accordata al promissorio acquirente ad un momento anteriore, ossia alla stipulazione del preliminare, creando una sorta di periodo di “stasi” la cui efficacia definitiva – in fatto di opponibilità del preliminare trascritto ai terzi che hanno trascritto il loro titolo di acquisto o di pignoramento in un momento successivo – è subordinata alla conclusione del contratto definitivo ovvero all’esperimento della domanda diretta ad ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c. entro un termine prefissato (cfr. Silvia Amati, “La nuova disciplina del contratto preliminare con particolare riferimento agli effetti della trascrizione del medesimo: profili problematici”, articolo pubblicato su www.diritto.it). In materia di tutela della posizione del promissorio acquirente, comunque, il D.L. 669/1996 è andato oltre, attribuendo a questi (ex art. 2775-bis c.c.) il privilegio speciale sull’immobile oggetto del preliminare trascritto per i crediti derivanti dalla mancata esecuzione di tale negozio. Anche tale effetto, però, è subordinato al fatto che gli effetti della trascrizione del preliminare non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, o al momento della domanda giudiziale di risoluzione o di condanna a pagamento o, ancora, al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi. 41 “Il promissario acquirente tutelato dalla trascrizione del contratto preliminare, non può chiedere la cancellazione della domanda giudiziale avanzata da un successivo acquirente dello stesso bene, posta l'inopponibilità ai sensi dell'art. 2645 bis comma 2 c.c.” (Tribunale Torino, 25 marzo 2002, Soc. Mabe 2000 immob. c. Giorgini e altro, Giur. merito 2002). 42 “L’introduzione di un termine finale di efficacia induce a rinvenire la ratio della norma nell’intento del legislatore di limitare temporalmente l’indisponibilità del bene oggetto del preliminare al fine di salvaguardare gli interessi dei creditori del promettente venditore e dello stesso promettente venditore. In caso di efficacia temporalmente illimitata dell’effetto prenotativi, il promettente venditore, infatti, otterrebbe il risultato di sottrarre definitivamente ai propri creditori un bene facente parte del proprio patrimonio. Una simile situazione, peraltro, non si armonizzerebbe con il principio generale, presente nel nostro ordinamento, della libera circolazione dei beni e dell’agevolazione dei traffici commerciali. Si tratta, a nostro avviso, di inefficacia automatica, operante ipso iure, assimilabile alle conseguenze derivanti dal rigetto della domanda o dall’estinzione del processo nel caso di domanda giudiziale trascritta ai sensi dell’art. 2652 n. 2 c.c. …omissis… La temporaneità dell’efficacia prevista dall’art. 2645-bis c.c. deve dunque considerarsi una novità assoluta che non ha precedenti nel nostro ordinamento” (Corrado Chessa, “Il termine di efficacia nella trascrizione del preliminare”, Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1998, 3, 999 e ss.). In senso conforme: Luminoso, “La trascrizione del contratto preliminare. Regole e Dogmi”, Padova 1998, p. 47. 43 In caso di trascrizione del preliminare a seguito di accertamento giudiziale della sottoscrizione, è da ritenere che il dies a quo dal quale fare decorrere il calcolo del periodo annuale previsto dalla norma sia pur sempre la data originariamente pattuita dalle parti per l’adempimento negoziale, e non la data di trascrizione della domanda giudiziale diretta ad ottenere l’accertamento della sottoscrizione (soggetta a pubblicità ex art. 2652 c. 1 n. 3 c.c.) ovvero, addirittura, quella della sentenza di accoglimento di tale domanda (cfr. Silvia Amati, art. cit.). 44 “Non appare fondata dal dato testuale dell’art. 2645-bis c. 1 c.c. la tesi che vede il dies a quo del termine di efficacia della trascrizione del preliminare dalla formalità di trascrizione della domanda giudiziale di accertamento dell’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata e non dalla trascrizione del preliminare e della sentenza che ne accerti l’autenticità …omissis… La domanda di accertamento giudiziale della sottoscrizione di un contratto preliminare è in tesi riferita ad un atto di per sé in suscettibile di essere trascritto [in quanto relativa ad un contratto preliminare avente forma di scrittura privata non autenticata, n.d.a.] ed è perciò improduttiva dell’effetto prenotativi ai sensi dell’art. 2652 n. 3 c.c.” (Corrado Chessa, art. cit.). 45 Il termine finale dell’effetto prenotativo è un chiaro termine di decadenza. “Il venir meno dell’efficacia prenotativi in ragione del solo trascorrere del tempo induce a ricondurre la fattispecie agli istituti che ricollegano la perdita del diritto alla mancata attività del titolare per un certo tempo o entro un certo tempo …omissis… Ad ulteriore conferma che il termine dell’efficacia prenotativa sia di decadenza e non di prescrizione bisogna tener presente che le conseguenze previste dall’art. 2645-bis c. 3 c.c. derivano, come nella maggior parte delle ipotesi di decadenza, dal mancato compimento di un atto e non già dalla mancata realizzazione di una situazione giuridica di vantaggio …omissis… Conseguentemente, le parti che non possano o non vogliano dare esecuzione al preliminare entro il termine triennale potranno ovviare all’inconveniente dela caducazione degli effetti oltreché con il rimedio della trascrizione della domanda ex art. 2652 n. 2 c.c. con la trascrizione di un nuovo e pur identico contratto. Peraltro, questa seconda trascrizione, che prende grado dalla sua data, è esposta al rischio di soggiacere alle trascrizioni o alle iscrizioni dei creditori del promettente venditore più vigili e diligenti, che abbiano medio tempore, prima della rinnovazione, trascritto la loro domanda o il pignoramento in previsione della possibile caducazione della precedente trascrizione allo scadere del triennio” (Corrado Chessa, art. cit.). 46 “La trascrizione della domanda di divisione non è richiesta per l'opponibilità ai terzi, ma unicamente in ossequio al principio della continuità delle trascrizioni” (Corte Cass., Sezione II, 25 gennaio 2000, n. 821, Baldacci e altro c. Mele e altro, Giur. it. 2000, 1360). “La trascrizione delle divisioni è richiesta dall'art. 2646 c.c. in ossequio al principio della continuità delle trascrizioni, ma non già agli effetti di cui all'art. 2644 (opponibilità ai terzi), a meno che, per eventuali manifestazioni negoziali dei condividenti, lo scioglimento della comunione, negozio avente natura dichiarativa, non si accompagni a disposizioni che comportano effetti costitutivi o traslativi” (Corte Cass., Sezione II, 4 maggio 1985, n. 2800, Rinaldi c. Spendori, Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 5). In dottrina, in particolare, è stato rilevato che: “in considerazione della natura dichiarativa della divisione, per effetto del combinato disposto degli artt. 757 e 1116 c.c., per cui la proprietà esclusiva dei beni assegnati al condividente non rappresenta, nel pensiero della legge, il risultato di un traferimento delle quote indivise degli altri condomini, ma si considera acquisita a lui sin dal momento in cui la comunione è sorta, è chiaro che la pubblicità della divisione non può essere disposta per gli effetti di cui all’art. 2644 c.c., anche volendo prescindere dal rilievo sistematico per il quale l’art. 2646 c.c. segue tale norma e non è da essa richiamato. La trascrizione della divisione non potrebbe, in primo luogo, risolvedere il conflitto fra colui che acquista un ebene immobile da tutti i comproprietari e l’eventuale assegnatario dello stesso bene; l’assegnatario, infatti, in virtù della natura dichiarativa della divisione, non è un avente causa dagli altri comproprietari e, comunque, come parte dell’atto di alienazione al terzo, non potrebbe ecepire il difetto di trascrizione dell’alienazione. L’art. 2644 c.c. non potrebbe trovare applicazione neppure nei conflitti tra l’assegnatario di un determinato bene e chi avesse acquistato diritti da altro condividente sullo stesso bene; se, infatti, l’atto di alienazione è anteriore alla divisione, a prescindere dal fatto che il terzo acquista a non domino e non da un ex dominus, esso, in bae all’art. 757 c.c., è sottoposto alla condicio iuris dell’assegnazione del bene al disponente e quindi medio tempore non è neppure inscrivibile. Secondo l’opinione dominante, la trascrizione della divisione è richiesta ai fini della continuità delle trascrizioni in quanto, diversamente, la trascrizione “contro” l’alienante che compia atti di disposizione sulle cose assegnate resterebbe senza collegamento con una corrispondente trascrizione a favore dello stesso” (Roberto Triola, op. cit.) In senso grosso modo conforme: cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 298. 47 La pubblicità di cui si tratta deve essere adempiuta, ex art. 2647 c. 2 c.c., anche in relazione ai beni immobili che siano entrati successivamente, rispetto alla conclusione della convenzione matrimoniale, a far parte del patrimonio familiare ovvero del la comunione fra i coniugi.. 48 “La costituzione del fondo patrimoniale, di cui all'art. 167 c.c., dev'essere ricompresa tra le convenzioni matrimoniali e, pertanto, è soggetta alle medesime disposizioni dell'art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi inclusa quella del comma 3, che ne condiziona l'opponibilità ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo stesso, ai sensi dell'art. 2647 c.c., con riferimento agli immobili che ne siano oggetto, resta degradata a mera pubblicità - notizia, inidonea ad assicurare detta opponibilità. Ne consegue che, come in ogni caso in cui la legge dispone che per l'opponibilità di determinati atti è necessaria una certa forma di pubblicità, che la forma di pubblicità costituita dalla suddetta annotazione non ammette deroghe o equipollenti e che resta anche irrilevante l'effettiva conoscenza della costituzione del fondo che il terzo abbia altrimenti potuto conseguire, pur dovendosi escludere che l'annotazione predetta assuma in tal modo una funzione costitutiva, giacché l'unico effetto che condiziona è l'opponibilità ai terzi, mentre non incide a qualunque altro effetto sulla validità ed efficacia dell'atto …omissis… La costituzione del fondo patrimoniale va compresa tra le convenzioni matrimoniali, per cui anche in ordine a tale istituto trova applicazione il comma tre dell'art. 162 c.c. che pone come condizione di opponibilità delle convenzioni stesse nei confronti dei terzi l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo prevista dall'art. 2647 c.c. per i beni immobili resta degradata a mera pubblicità – notizia” (Corte Cass., Sezione I, 19 novembre 1999, n. 12864, Pappalardo e altro c. Banco Sicilia, Studium Juris 2000, 894). “La costituzione del fondo patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c., che comporta un limite di disponibilità di determinati beni con vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni della famiglia, va compresa tra le convenzioni matrimoniali e pertanto è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c. che, per l'opponibilità ai terzi del vincolo, impone l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili ai sensi dell'art. 2647 c.c. resta degradata a semplice pubblicità - notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile; pertanto, la costituzione del fondo effettuata da imprenditore poi fallito, trascritta prima del fallimento ma annotata successivamente, è inopponibile alla massa” (Corte Cass., Sezione I, 1 ottobre 1999, n. 10859, Esposito e altro c. Fall. soc. S. Michele autotrasp., Giust. civ. Mass. 1999, 2047). Sul valore di mera pubblicità notizia dell’iscrizione presso la Conservatoria dei RR.II. della convenzione matrimoniale si era già pronunciato, seppure incidenter tantum, anche il giudice delle leggi, statuendo che “la questione di legittimità costituzionale degli art. 162 comma ultimo, 2647 e 2915 c.c. - posta, in riferimento agli art. 3 e 29 cost., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti a mezzo di convenzione matrimoniale su beni immobili, l'opponibilità ai terzi sia determinata dalla trascrizione dell'atto sui registri immobiliari, anziché dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio - non è fondata (Corte Cost., ord. 6 aprile 1995, n. 111, De Maestri c. CA.RI.GE.). “In tema di regime patrimoniale della famiglia, nella disciplina introdotta dalla l. 19 maggio 1975 n. 151, la costituzione del fondo patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c. e comportante un limite alla disponibilità di determinati beni con vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni familiari, va compresa fra le convenzioni matrimoniali e, pertanto, è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il comma 3, che ne condiziona l'opponibilità ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo stesso, per gli immobili, di cui all'art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità-notizia, inidonea ad assicurare detta opponibilità” (Corte Cass., Sezione I, 27 novembre 1987, n. 8824, Nori c. Credito Italiano, Riv. notar. 1988, 719). In senso contrario, peraltro, possono riscontrarti alcune sentenze, soprattutto di merito. “L'annotazione ex art. 162 c.c. prevista per la pubblicità delle convenzioni matrimoniali non è necessaria al fine di rendere opponibile il vincolo di inespropriabilità che colpisce i beni costituiti in fondo patrimoniale al creditore pignoratizio che abbia iscritto ipoteca giudiziale successivamente alla trascrizione, ex art. 2647 c.c., dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale. È, pertanto, opponibile ai terzi l'atto costitutivo del fondo patrimoniale trascritto nei registri immobiliari, ma non annotato a margine dell'atto di matrimonio” (Tribunale Modena, 19 luglio 1996, Savani c. Credito romagnolo, Riv. notariato 1997, 1185). In dottrina: Roberto Triola, op. cit. (“La convenzione con la quale dovessero essere esclusi in via generale beni immobili dalla comunione legale fra i coniugi …omissis… è convenzione matrimoniale e, quindi, ai fini dell’opponibilità ai terzi deve essere annotata ai sensi dell’art. 162 c. 4 c.c.. La trascrizione prevista dall’art. 2647 c. 1 c.c., pertanto, non può valere che come semplice pubblicità notizia, il che, d’altra parte, è in linea con la sua natura tipica, in quanto non ha ad oggetto beni individuati. Una pubblicità analoga è prevista …omissis… per gli atti d’acquisto di beni immobili che, per effetto della convenzione, sono esclusi dalla comunione”).. 49 “La costituzione del fondo patrimoniale, rientrando tra le convenzioni matrimoniali, non può essere opposta ai terzi quando a margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, non essendo idonea, ai fini di tale opponibilità, la trascrizione della costituzione stessa …omissis… È inopponibile ai terzi l'atto del fondo patrimoniale trascritto nei registri immobiliari ma non annotato a margine dell'atto di matrimonio, perché, in seguito alla riforma del diritto di famiglia, la trascrizione ex art. 2647 c.c. è stata degradata al rango di pubblicità-notizia” (Tribunale Milano, 5 novembre 1990, Banca prov. lombarda c. Brunelli e altro, Giur. it. 1993, I,2, 470). “Ai fini dell'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale, non è sufficiente la sua trascrizione, ma è necessaria la sua annotazione a margine dell'atto di matrimonio; ne deriva che se a tale ultimo adempimento si sia provveduto dopo l'iscrizione di una ipoteca giudiziale, l'atto di costituzione del fondo, benché trascritto anteriormente all'iscrizione del vincolo ipotecario, non è opponibile ai creditori” (Tribunale Latina, 17 marzo 1998, Almanza c. Bonomo, Dir. famiglia 1989, 130). “È inopponibile ai terzi l'atto di costituzione del fondo patrimoniale trascritto nei registri immobiliari, ma non annotato a margine dell'atto di matrimonio” (Corte d’Appello roma, 28 novembre 1983, Gini c. Credito Italiano, Foro it. 1984, I,1085). “Perché l'atto di costituzione del fondo patrimoniale sia opponibile ai terzi, occorre che esso, oltre ad essere trascritto nei registri immobiliare, sia anche annotato a margine dell'atto di matrimonio” (Tribunale Roma, 6 novembre 1980, Dir. famiglia 1981, 1074 in nota). Parte della dottrina, invece, partendo dal presupposto che l’atto per mezzo del quale viene costituito il fondo patrimoniale non è una convenzione matrimoniale tout court, ravvisa che il vincolo di indisponibilità derivante a carico dei singoli beni facenti parte del fondo non può essere ricollegato alla annotazione sui registri di stato civile ex art. 162 c. 4 c.c. – non prevista in materia di disciplina del fondo patrimoniale – ma unicamente all’adempimento dell’onere pubblicitario di cui all’art. 2647 c.c., il quale, pertanto, mantiene la propria normale valenza dichiarativa (cfr. Roberto Triola, op.cit.). 50 In realtà, il sistema di trascrizione ideato in questo caso dal legislatore appare un po’ folle. In dottrina, infatti, è stato ravvisato che “se l’espressione a carico dovesse essere interpretata nel senso che la trascrizione va effettuata sempre contro i soggetti contemplati nella disposizione in esame, vi sarebbero dei problemi per quanto riguarda le convenzioni che escludono determinati beni dalla comunione legale e gli acquisti dei beni personali, dal momento che tali atti producono un effetto favorevole per il coniuge che diventa proprietario esclusivo del bene che già faceva parte della comunione o avrebbe dovuto farne parte o del bene personale e sfavorevole per l’altro, per cui andrebbero sempre trascritti a favore del primo ed eventualmente contro l’altro; una trascrizione a carico è giustificabile a carico dell’altro coniuge che non diviene contitolare del bene, al fine di avvertire i terzi che, in questo caso, non opera il principio della comunione. L’incongruenza si può superare ritenendo che il legislatore ha semplicemente intesto stabilire che è necessaria una autonoma trascrizione – cioè distinta dall’atto cui consegue l’acquisto della proprietà esclusiva – al nome del coniuge in questione, da effettuare però a favore dello stesso” (Roberto Triola, op. cit.). 51 “L'art. 2647 c.c. - che prescrive la trascrizione delle convenzioni matrimoniali, relative ad immobili, che escludono i beni medesimi dalla comunione tra i coniugi - impone la trascrizione di dette convenzioni insieme con gli acquisti di singoli beni effettuati a titolo personale a parziale deroga di un preesistente regime generale di comunione patrimoniale, ma non esige la trascrizione delle convenzioni totalmente derogative con cui i coniugi optino per l'opposto regime della separazione dei beni, poiché tale scelta assoluta di regime trova la sua pubblicità necessaria e sufficiente nell'annotazione a margine dell'atto di celebrazione del matrimonio. Di conseguenza, una volta adottato il regime di separazione patrimoniale, restano esclusi dall'obbligo di trascrizione previsto dall'art. 2647 c.c. gli acquisti immobiliari operati successivamente in via esclusiva da uno dei due coniugi ancorché sia richiamato il prescelto regime (generale) di separazione” (Corte Cass, Sezione I, 22 gennaio 1986, n. 397, Società Ica c. Fusco, Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 1). 52 La trascrizione dell’acquisto del legato, pertanto, è effettuata in forza di estratto conforme del testamento, e ciò in ossequio al fatto che l’acquisto è effetto automatico ed immediato dell’apertura della successione testamentaria – a condizione ovviamente che non si tratti di legato di cosa altrui o di legato di cosa futura, in quanto in tal caso avrebbe solo effetti obbligatori e non anche reali. 53 “Poiché il documento che viene presentato allo scopo di fare trascrivere l’accettazione prova non gi la dichiarazione di accettazione, ma una dichiarazione diversa, che presuppone, ma non esprime, la volontà di accettare, la trascrizione sarà validamente richiesta ed eseguita solo quando il documento esibito contenga tutti gli elementi necessari e sufficienti perché se ne possa desumere l’esistenza dell’accettazione tacita …omissis… Se però nel documento non risultasse la qualità ereditaria del bene, non potrà procedersi alla trascrizione dell’accettazione dell’eredità in quanto, essendo oggetto della trascrizione l’accettazione, l’esistenza di questa deve direttamente desumersi dal contenuto dell’atto reso pubblico e non può ricavarsi in parte dall’atto ed in parte da elementi estrinseci che i terzi che consultano i registri immobiliari non sono tenuti a conoscere. Non è peraltro necessario che l’atto da cui si desume l’accettazione dell’eredità sia a sua volta un atto relativo a beni immobili o addirittura soggetto di per sé alla formalità della trascrizione, perché ciò che interessa non è la natura dell’atto, ma la volontà che esso presuppone. Nel caso in cui dall’atto di disposizione non risulti che lo stesso ha ad oggetto un bene pervenuto all’alienante in base ad un’eredità in ordine alla quale non è intervenuta un’accettazione espressa, alla trascrizione dell’accettazione tacita dovrà procedersi solo a seguito di sentenza che la accerti …omissis… Si è sostenuto in dottrina che possono servire di base per rendere pubblica l’accettazione, oltre agli atti giuridici posti in essere dal chiamato, anche semplici fatti che non presuppongono, almeno necessariamente, la volontà di accettare, ma che importano, come conseguenza legale, la decadenza dal diritto di rinunziare, come nell’ipotesi del chiamato che ha sottratto o nascosto beni ereditari. Sulla base di sentenza che accerti questi fatti si può chiedere la trascrizione dell’acquisto ereditario, dato che questo è, appunto, la conseguenza del venir meno della facoltà di rinunzia. Va però precisato che la trascrizione avviene non già ex art. 2648 c. 3 c.c., dal momento che tale disposizione fa riferimento a sentenze dalle quali risultino atti [nel senso di negozi giuridici] che importino accettazione, ma in base all’art. 2651 c.c.” (Roberto Triola, op. cit.). 54 E’ opportuno a tal fine rammentare che, secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, il contratto di cessio bonorum non comporta alcun trasferimento immediato della dominicalità dei beni dal debitore ai suoi creditori, ma unicamente un trasferimento – peraltro reversibile ricorrendo le condizioni previste – del potere di amministrare e liquidare con finalità solutorie i beni oggetto di pattuizione. Parte negoziale dei contratti di cessione, pertanto, sul piano meramente formale, il creditore cessionario (in quanto agente in forza di mandato in rem propriam), ma, sul piano più prettamente sostanziale, il debitore. 55 In questo caso, infatti, la trascrizione ha come fine non l’opponibilità del trasferimento immobiliare (al momento inesistente), ma solo del vincolo di indisponibilità del diritto del titolare (debitore) sul proprio bene. 56 “Nel vigente ordinamento è prevista la sola trascrizione delle domande giudiziali e non degli atti di impugnazione delle sentenze che tali domande abbiano rigettato, per modo che gli effetti della trascrizione della domanda rimangono fermi anche nel caso in cui la domanda sia stata rigettata in primo grado ed accolta solo in appello, senza necessità di trascrizione anche dell'atto di impugnazione” (Corte Cass., Sezione II, 7 aprile 2000, n. 4352, Sorrentino c. Principia, Giust. civ. Mass. 2000, 742). 57 “L'art. 2652 n. 1 c.c., comma 2, affermando l'identico principio espresso dall'art. 2644 c.c., comma 1, sancisce la salvezza dei diritti acquistati dai terzi in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, indipendentemente dalla buona o mala fede del terzo” (Corte Cass., Sezione II, 13 gennaio 1995, n. 383, Monti c. Furlanis, Riv. notar. 1995, 1564). 58 “In relazione alla previsione della norma dell'art. 2932 c.c., secondo cui l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto è ammessa soltanto "qualora sia possibile", si deve ritenere che il fallimento del promissario venditore, facendo venir meno nel fallito il potere di disposizione e di amministrazione del patrimonio e bloccando la situazione patrimoniale qual era alla data in cui venne pronunciata la dichiarazione di fallimento, impedisca che possa avere corso l'esecuzione specifica della detta promessa, poiché essa determinerebbe un mutamento della situazione patrimoniale ed in particolare un effetto traslativo, nonostante lo spossessamento prodotto dalla sentenza dichiarativa del fallimento, restando, d'altro canto, ininfluente la circostanza che prima del fallimento sia stata trascritta la domanda ex art. 2932 c.c., in quanto essa non può impedire l'apprensione del bene promesso in vendita da parte della curatela fallimentare, giacché gli effetti di tale trascrizione possono spiegarsi soltanto condizionatamente alla trascrizione della sentenza di accoglimento della domanda, che in questo caso non può essere pronunciata. Peraltro, l'impedimento alla pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c. non esclude che il contratto resti inalterato, con la conseguenza che se il fallito promittente venditore ritorna in bonis ed il bene si trovi nella sua disponibilità, esso contratto può essere fatto valere. Qualora, viceversa, dichiarato il fallimento, si verifichi la scelta del curatore fallimentare ex art. 72, comma 4, l. fall. a favore dello scioglimento del contratto, si deve reputare che la relativa dichiarazione abbia effetti più ampi di quelli scaturenti nel suddetto senso dalla dichiarazione di fallimento ed esplichi un'efficacia di caducazione della promessa di vendita fin dall'origine, facendola venire meno con effetti retroattivi e definitivi, che restano fermi anche nel caso in cui il fallito ritorni in bonis a seguito di una revoca del fallimento” (Corte Cass., Sezioni Unite, 14 aprile 1999, n. 239, De Lucia c. Fall. soc. Trapani e altro, Giust. civ. Mass. 1999, 841). “Se durante il giudizio instaurato dal promissario compratore di un bene immobile per l'adempimento in forma specifica, il promittente venditore lo aliena ad un terzo, l'accoglimento della domanda è giuridicamente impossibile (art. 2932 c.c.) se l'attore non prova (art. 2697 c.c.) di aver anteriormente trascritto la sua domanda (art. 2652 n. 2 c.c.)” (Corte Cass., Sezione II, 5 gennaio 1998, n. 42, Soc. S.A.T.A. c. Sebastiani, Giust. civ. Mass. 1998, 14). “Con la trascrizione ex art. 2652 n. 2 c.c. della domanda proposta ex art. 2932 c.c., e poi della successiva sentenza di accoglimento della domanda, l'attore prevale sugli acquirenti dello stesso dante causa che abbiano trascritto posteriormente alla detta trascrizione. Per ottenere tali effetti l'attore non ha assolutamente l'onere di trascrivere il contratto preliminare, atteso che a differenza dell'ipotesi prevista dall'art. 2643 n. 1 c.c. in cui il trasferimento della proprietà è l'effetto del contratto di compravendita, che quindi va trascritto, nella fattispecie disciplinata dall'art. 2932 cit. il trasferimento della proprietà è l'effetto della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda in questione; onde per risolvere il conflitto con eventuali altri acquirenti, l'attore deve trascrivere prima di questi la domanda giudiziale, in quanto tale trascrizione ha l'effetto di far retroagire dalla sua data l'effetto costitutivo della futura sentenza, e di poi provvedere alla trascrizione di tale sentenza che è necessaria per ottenere questo effetto nei confronti di chi abbia trascritto od iscritto contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda, avendo nei rapporti tra attore e convenuto, la sentenza ex art. 2932 c.c. piena efficacia anche senza la sua trascrizione” (Corte Cass., Sezione III, 5 aprile 1994, n. 3239, Soc. Cea c. Balzoni e altro, Giust. civ. 1994, I, 3151). 59 “Colui il quale abbia acquistato un'immobile mediante scrittura privata non autenticata, al fine di rendere opponibile tale acquisto ai terzi deve esperire l'azione di accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni, trascrivendo la domanda ex art. 2652 n. 3 c.c., ed ottenuta la pronuncia favorevole, deve trascrivere la scrittura privata divenuta titolo idoneo ex art. 2657 c.c., presentandola in originale o in copia autentica al Conservatore dei registri immobiliari, ex art. 2658 c.c.” (Corte Cass., Sezione II, 7 novembre 2000, n. 14486, Giorgi c. Piredda, Vita not. 2001, 300). “Se il promissario acquirente di un immobile trascrive la domanda di adempimento in forma specifica (art. 2652 n. 2 c.c.) del relativo contratto dopo la trascrizione da parte di un terzo della domanda di accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni (art. 2652 n. 3 c.c.) di una scrittura privata avente ad oggetto il trasferimento a tale terzo dello stesso immobile, la sentenza di accoglimento di quest'ultima domanda gli è opponibile e pregiudica, per le norme sulla trascrizione, il suo diritto di credito all'adempimento del preliminare. Pertanto, poiché non è la predetta sentenza che lo pregiudica, ma la sua trascrizione, egli non può impugnarla con l'opposizione di terzo ai sensi dell'art. 404 c.p.c.” (Corte Cass., Sezione II, 30 gennaio 1997, n. 930, Faenza c. Dammaco, Giust. civ. Mass. 1997, 157). 60 “Quando le norme (nella specie, quelle relative agli effetti della simulazione) facciano riferimento alla buona fede senza nulla dire in ordine a ciò che vale ad integrarla o ad escluderla, ovvero a soggetto tenuto a provarne l'esistenza o ad altri profili di rilevanza della stessa, si deve, in linea di principio, fare riferimento all'art. 1147 c.c., che tali aspetti disciplina in relazione al possesso di buona fede” (Corte Cass., Sezione III, 4 marzo 2002, n. 3102, Pozzolini c. Caso e altro, Giust. civ. 2002, I, 931). “La simulazione può essere opposta al terzo che, essendo a conoscenza della stessa, abbia acquistato diritti dal titolare apparente in base ad atto trascritto anteriormente alla domanda giudiziale” (Tribunale Spoleto, 10 giugno 1994, B.P.S. c. Massari e altro, Rass. giur. umbra 1994, 699). 61 La norma parla di domande dirette ad ottenere la dichiarazione di nullità o di annullamento di un negozio; pertanto, restando esclude dal suo ambito di applicazione le trascrizioni relative a negozi nulli, le domande relative alle quali saranno sempre opponibili ai terzi, indipendentemente dal loro stato psicologico e dall’eventuale onerosità dell’acquisto (cfr. Massimo Bianca, op. cit., p. 593). 62 La disciplina è chiaramente posta in correlazione con la previsione di cui all’art. 1445 c.c. in forza della quale l’annullamento non pregiudica i diritti dei terzi acquirenti di buona fede ed a titolo oneroso, salvo che l’annullamento dipenda da incapacità legale. 63 Cfr. Massimo Bianca, op. cit., p. 543. 64 “L'acquirente a titolo gratuito dell'erede apparente non è tenuto a fornire la prova della propria buona fede qualora la trascrizione della domanda sia eseguita trascorsi cinque anni dalla data di trascrizione dell'acquisto” (Corte Cass., Sezione II, 21 marzo 1989, n. 1402, Failla c. Failla, Resp. civ. e prev. 1989, 947). “L'art. 2652 n. 7 c.c. non integra l'art. 534 c.c., ma regola fattispecie diverse per le quali la buona fede dell'acquirente non va provata ma si presume” (Corte Cass., Sezione II, 21 marzo 1989, n. 1409, Failla c. Failla, Riv. notar. 1990, 526 in nota). 65 “La sentenza, che accolga la domanda di riduzione trascritta dopo dieci anni dall'apertura della successione, non pregiudica il creditore che abbia trascritto il pignoramento anteriormente alla trascrizione della domanda di riduzione” (Tribunale Cassino, 14 marzo 1990, Colella e altro c. Curatela Colella, Giur. it. 1992, I, 2, 162 in nota). 66 “La trascrizione della domanda giudiziale nei casi in cui è prevista dalla legge si ricollega al principio fissato dall'art 111 c.p.c. che disciplina la successione a titolo particolare nel diritto controverso e, mirando a risolvere un conflitto di diritto sostanziale tra più acquirenti dallo stesso dante causa, consente all'attore, che esercita una pretesa avente ad oggetto un diritto immobiliare, di rendere opponibile la sentenza anche a coloro che siano divenuti successori a titolo particolare del convenuto nelle more del giudizio. Pertanto gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della domanda giudiziale ed è irrilevante il fatto che gli stessi abbiano o meno partecipato al giudizio de quo” (Corte Cass., Sezione II, 29 gennaio 2002, n. 1155, Lizzandro c. Terranegra, Giust. civ. Mass. 2002, 158). “Per effetto dell'accoglimento della domanda di accertamento dell'autenticità delle sottoscrizioni apposte su di una scrittura privata, l'attore acquista il diritto (rectius, il potere) di rendere definitivi, attraverso la trascrizione del suo titolo, gli effetti prenotativi ricollegabili alla trascrizione della domanda. L'esercizio di tale potere, non essendo per esso previsto un termine, deve ritenersi soggetto, in base al principio generale della caducità di tutte le situazioni giuridiche soggettive per le quali non sia espressamente disposto il contrario, ad un limite temporale che, in via analogica, deve essere individuato in quello, decennale - e di carattere generale -, di cui all'art. 2946 c.c.” (Corte Cass., Sezione II, 5 dicembre 2001, n. 15355, Belloni c. Minoretti, Vita not. 2002, 349). “Perché la trascrizione delle domande giudiziali possa produrre gli effetti previsti dall'art. 2652 c.c., è necessaria una precisa correlazione tra la domanda, così come riportata nella nota di trascrizione, e la sentenza che si vuole opporre ai terzi” (Corte Cass., Sezione II, 18 maggio 2001, n. 6851, Diana c. Loiacono, Giust. civ. Mass. 2001, 1008). “L'opponibilità della trascrizione di una domanda giudiziale di adempimento in forma specifica ex art. 2932 è condizionata alla emanazione di una sentenza che, in accoglimento dell'istanza, tenga luogo del negozio non concluso dichiarando trasferito il bene oggetto della controversia, con la conseguenza che, ove le parti abbiano, in corso di giudizio, amichevolmente stipulato il contratto definitivo, rinunciando, per l'effetto, alla lite, l'originaria trascrizione resta priva di effetti” (Corte Cass., Sezione II, 11 febbraio 1999, n. 1163, Mantino e altro c. Ciraci e altro, Giust. civ. Mass. 1999, 321). “La trascrizione della domanda giudiziale relativa a beni immobili, ai sensi dell'art. 2652 c.c., configura una mera prenotazione, nei rapporti con i terzi, degli effetti dell'accoglimento della domanda stessa e, pertanto, resta del tutto inoperante se il relativo giudizio si estingua o, comunque, non si concluda con una sentenza favorevole, nè può essere fatta valere in un successivo giudizio autonomo e diverso, non integrante riassunzione di quello precedente, restando irrilevante l'omessa pronuncia dell'ordine di cancellazione della trascrizione, ex art. 2668 c.c.” (Corte Cass., Sezione I, 29 gennaio 1999, n. 794, D'Angelo c. Fall. Ifip immob., Giust. civ. Mass. 1999, 197). . 67 Qualora la pronuncia in ordine alla cancellazione della trascrizione venga omessa da parte del giudice, la giurisprudenza maggioritaria reputa ammissibile il ricorso al procedimento di correzione, precludendo invece la possibilità di ottenere una pronuncia con procedimento di volontaria giurisdizione. “In caso di estinzione per inattività delle parti del processo la cui domanda introduttiva sia stata trascritta nei registri immobiliari, qualora l'ordine di cancellazione non sia pronunciato dal giudice del processo estinto, non è possibile ottenerlo attraverso un procedimento di volontaria giurisdizione” (Tribunale Torino, 20 marzo 2002, Blancino c. Blancino, Giur. it. 2002, 2076 in nota). “In caso di rigetto della domanda, con sentenza passata in cosa giudicata, può provvedersi alla cancellazione dell'eventuale trascrizione della medesima domanda, attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali, ancorché non emergesse dagli atti del processo definito l'esistenza di tale formalità” (Tribunale Napoli, 24 novembre 1999, Nastri c. Nastri e altro, Giur. napoletana 2000, 74). “Anche nell'ipotesi di declaratoria di cessazione della materia del contendere deve essere giudizialmente ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, essendo la suddetta declaratoria sostanzialmente assimilabile all'ipotesi di estinzione del processo per rinunzia all'azione, espressamente contemplata dall'art. 2668 c.p.c. Ne consegue che, ove l'ordine di cancellazione sia stato omesso, è possibile integrare il provvedimento con la procedura di cui all'art. 391 bis c.p.c.” (Corte Cass., Sezione I, 30 aprile 1997, Ansaloni e altro c. Fall. soc. nuove off. Pogginfissi, Giust. civ. Mass. 1997, 1676). “Poiché la sentenza che rigetta la domanda giudiziale deve ordinarne la relativa cancellazione dai registri immobiliari, qualora non contenga detto ordine può essere integrata con la procedura di correzione prevista dall'art. 287 c.p.c.” (Corte Appello Venezia, 6 agosto 1996, Campagnol e altro, Giur. it. 1996, I, 2, 705 in nota). “La cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale, qualora la sentenza di rigetto passata in giudicato nulla disponga, non può essere ordinata in via di volontaria giurisdizione in caso di opposizione del resistente e di mancanza negli atti della causa di qualsivoglia riferimento alla trascrizione della domanda” (Tribunale Verona, 26 ottobre 1992, Brunelli c. Pettinelli, Nuova giur. civ. commen. 1995, I, 451 in nota). Sicuramente esclusa, poi, è la possibilità di ottenere la cancellazione in via d’urgenza della trascrizione o dell’iscrizione disposta in ordine ad una domanda giudiziale. “È inammissibile la richiesta di disporre ai sensi dell'art. 700 c.p.c. la cancellazione di trascrizione di domanda giudiziale, potendo detta formalità essere eseguita ai sensi dell'art. 2668 c.c. soltanto in forza di sentenza passata in giudicato” (Tribunale Verona, 9 marzo 2001, Bianchi c. Soc. ICS, Corriere giuridico 2001, 924 in nota). “È inammissibile il ricorso proposto in via di urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere un ordine di cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale perché, ove concesso, il procedimento, stante la pratica irreversibilità degli effetti che ne conseguirebbero, verrebbe ad assumere carattere definitivo, in contrasto con la sua natura cautelare” (Tribunale Modena, 11 giugno 1999, Soc. Cifas c. Giglioli e altro, Giur. it. 2000, 1645 in nota). “È ammissibile il ricorso alla tutela urgente ex art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale che, atteso il suo contenuto contrario ad ogni previsione normativa, deve essere ritenuta utilizzazione abusiva del diritto di azione, valutabile alla stregua di un mero atto emulativo” (Tribunale Roma, 29 dicembre 1998, Potenza c. Soc. Immocri e altro, Foro it. 2000, I, 1325). Un filone nettamente minoritario, poi, reputa superflua la pronuncia giurisdizionale in materia di cancellazione, essendo questa un effetto immediato del rigetto della domanda o della cessazione della materia del contendere. “La trascrizione della domanda giudiziale relativa a beni immobili, ai sensi dell'art. 2652 c.c., configura una mera prenotazione, nei rapporti con i terzi, degli effetti dell'accoglimento della domanda stessa e, pertanto, resta del tutto inoperante se il relativo giudizio si estingua o, comunque, non si concluda con una sentenza favorevole, nè può essere fatta valere in un successivo giudizio autonomo e diverso, non integrante riassunzione di quello precedente, restando irrilevante l'omessa pronuncia dell'ordine di cancellazione della trascrizione, ex art. 2668 c.c.” (Corte Cass., Sezione I, 29 gennaio 1999, n. 794, D'Angelo c. Fall. Ifip immob., Giust. civ. Mass. 1999, 197) 68 “La mancata trascrizione della domanda di rivendicazione di un immobile rende inopponibile la sentenza che l'abbia accolta nei confronti di chi abbia nel frattempo acquistato il bene rivendicato, ma non sana gli eventuali vizi di tale acquisto” (Corte Cass., Sezione II, 18 giugno 1992, n. 7528, Soc. Ice c. Ente auton. Parco naz. d'Abruzzo, Giust. civ. 1993, I, 680). 69 “L'art. 2653 n. 5 c.c., a norma del quale debbono essere trascritti gli atti e le domande che interrompono il corso dell'usucapione di beni immobili e che, in mancanza, rende conseguentemente inopponibili ai terzi i predetti atti, si riferisce anche agli atti interruttivi della usucapione di diritti reali limitati, quali i diritti di servitù di contenuto contrario ai limiti legali della proprietà, perché l'espressione "usucapione di beni immobili", per la sua genericità, non si presta ad interpretazioni riduttive che, per altro, si porrebbero in contrasto con il principio generale stabilito dall'art. 813 c.c., secondo il quale, quando non sia diversamente disposto, le disposizioni concernenti beni immobili si applicano ai diritti reali che hanno per oggetto beni immobili” (Corte Cass., Sezione II, 23 dicembre 1994, 11124, D'Ovidio c. Gallanti, Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 12). 70 “Il particolare modo di acquisto della proprietà di beni mobili regolato dall'art. 1153, comma 1, c.c. richiede, per la sua operatività, il requisito della consegna materiale della cosa stessa, la quale deve realizzare, oltre che il venir meno nell'alienante dell'animus possidendi e del corpus possessionis, la corrispondente situazione di possesso reale da parte dell'acquirente, il quale ultimo deve ottenere una disponibilità di fatto del bene non condizionata dalla volontà del tradens. Tuttavia la consegna materiale, se deve provenire dall'alienante, non comporta anche la necessità del contatto fisico e diretto dell'acquirente con la cosa mobile, poiché ciò che viene in rilievo è il fatto che l'acquirente, ad esclusione di altri, sia posto in grado di esercitare sul bene i poteri di controllo e vigilanza, che costituiscono il contenuto proprio del possesso uti dominus trasmessogli dal suo dante causa a titolo particolare, per cui la consegna ben può essere effettuata ad un rappresentante, ad un incaricato ovvero ad un adiectus solutionis causa del compratore” (Corte Cass., Sezione III, 5 agosto 2002, n. 11719, Soc. Fincimec c. Soc. Cooperleasing, Giust. civ. Mass. 2002, 1469). 71 “In caso di acquisto a non domino di cosa mobile non registrata, dalla presunzione, derivante dal principio posto dall'art. 1147 c.c., che l'acquirente sia stato in buona fede, deriva, per colui che intenda contrastare tale presunzione, l'onere di fornire elementi idonei alla formulazione non del mero sospetto di una situazione illegittima, ma di un dubbio derivante da circostanze serie, concrete e non ipotetiche” (Corte Cass., Sezione II, 13 ottobre 2000, n. 13642, Tronconi c. Soc. Ormaz, Giust. civ. Mass. 2000, 2132). “Il concetto di buona fede, di cui all'art. 1153 c.c., che rileva - in base a tale norma - ai fini dell'acquisto della proprietà di beni mobili a non domino, corrisponde a quello dell'art. 1147 c.c. e, pertanto, ai sensi del comma 2 di questa norma, la buona fede non giova a chi compie l'acquisto ignorando di ledere l'altrui diritto per colpa grave, la quale è configurabile quando quell'ignoranza sia dipesa dall'omesso impiego, da parte dell'acquirente, di quel minimo di diligenza, proprio anche delle persone scarsamente avvedute, che gli avrebbe permesso di percepire l'idoneità dell'acquisto a determinare la lesione dell'altrui diritto, poiché non intelligere quod omnes intellegunt costituisce un errore inescusabile, incompatibile con il concetto stesso di buona fede” (Corte Cass., Sezione II, 14 settembre 1999, n. 9782, Sacerdoti c. Albini Trissino, Giust. civ. Mass. 1999, 1968). “In tema di restituzione di beni sequestrati da chi asserisce di avervi diritto, per stabilire se vi sia colpa grave del possessore, che ne esclude la buona fede, si devono vagliare molteplici elementi tra cui la categoria sociale e le condizioni intellettuali del possessore, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'acquisto del bene, nonché la qualità di quest'ultimo e, soprattutto, per quanto riguarda l'atteggiamento psichico del soggetto, il dubbio che egli abbia avuto circa il diritto dell'alienante o la regolare provenienza della cosa” (Corte Cass. Penale, Sezione I, 5 marzo 1999, n. 1855, Castorina, Cass. pen. 2000, 2072 (s.m.)). “Spetta a chi rivendica il bene, al fine di escludere l'operare dell'art. 1153 c.c., fornire la prova che l'acquirente si trovava in mala fede al momento del conseguimento del possesso. Tale prova può essere data anche mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti …omissis…Sussiste la colpa grave nell'acquirente a non domino quando, in presenza di circostanze tali da suscitare in lui il dubbio circa la legittima provenienza della cosa, abbia omesso lo svolgimento delle indagini dettate da una pur minima diligenza …omissis… La buona fede nel possesso dell'acquirente "a non domino" di bene mobile, va presunta ai sensi dell'art. 1147 c.c., con la conseguenza che spetta a chi rivendica il bene, al fine di escludere gli effetti di cui all'art. 1153 c.c. in favore del possessore, di fornire la prova della mala fede o della colpa grave del possessore medesimo al momento della consegna. Tale prova può essere data anche mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, e tali da prevalere sull'indicata presunzione legale” (Corte Cass., Sezione II, 16 maggio 1997, n. 4328, Grossi c. Soc. Leauto, Giur. it. 1998, 1374). “La buona fede rilevante, ai sensi dell'art. 1153 c.c., per l'acquisto della proprietà di beni mobili da parte dell'acquirente "a non domino" è quella medesima buona fede a cui si riferisce l'art. 1147 c.c. ed è, perciò, incompatibile con la colpa grave di colui che non si sia accorto della lesione dell'altrui diritto solo perché ha omesso di usare quel minimo di comune diligenza che è proprio di ogni persona avveduta” (Corte Cass., Sezione II, 24 giugno 1995, n. 7202, Graziani c. Ordine provinciale Cappuccini Trento, Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 6). “Ai sensi dell'art. 1153 c.c., la validità del trasferimento di beni mobili non postula che l'alienante ne sia il legittimo possessore, essendo invece sufficiente che esista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà e che l'acquirente consegua il possesso di detti beni in buona fede, requisito, quest'ultimo, il cui accertamento involge un apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in cassazione, se immune da errori di diritto” (Corte Cass., Sezione III, 26 aprile 1982, n. 2563, Filati Ape Oro c. Maglificio Quadrifoglio, Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 4). 72 Questa disposizione non soffre eccezioni, e pertanto l’acquirente non è ammesso a fornire la prova di un fatto o di un evento che possa inibirne l’efficacia. 73 “La buona fede rilevante, ai sensi dell'art. 1153 c.c., per l'acquisto a non domino della proprietà di beni mobili, deve ricorrere in capo all'acquirente al momento dell'acquisto (mala fides superveniens non nocet) e la relativa presunzione di sussistenza, può essere vinta in concreto anche tramite presunzioni semplici, le quali siano gravi, precise e concordanti e forniscano, in via indiretta (com'è normale, trattandosi di accertare l'esistenza o meno di uno stato psicologico), il convincimento della esistenza in capo all'acquirente del ragionevole sospetto di una situazione di illegittima provenienza del bene. Gli elementi sui quali si possono fondare dette presunzioni possono essere costituiti, oltre che da circostanze coeve, anche da circostanze estrinseche precedenti all'acquisto” (Corte Cass., Sezione II, 14 settembre 1999, n. 9782, Sacerdoti c. Albini Trissino, Giust. civ. Mass. 1999, 1968). 74 “Il modo di acquisto della proprietà dei beni mobili previsto dall'art. 1153 c.c. richiede, oltre al possesso di buona fede, l'esistenza di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto, requisito, questo, che deve essere provato da chi lo allega a proprio favore, non potendo presumersi in base alla semplice consegna della cosa, che può derivare anche da rapporti non traslativi del diritto di proprietà” (Corte Cass., Sezione II, 4 marzo 1981, n. 1250, Chiesa c. Tagliabue, Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 3). La giurisprudenza, peraltro, operando un coordinamento molto rigoroso fra la regola del possesso vale titolo ex art. 1153 ed i limiti del potere di rappresentanza, ed in particolare la figura del falsus procurator ex art. 1398 c.c., laddove è stato deciso che: “qualora la cosa mobile sia stata alienata dal rappresentante senza potere del proprietario, non si verifica l'acquisto in base al possesso di buona fede” (Corte. Cass., Sezione III, 21 settembre 1979, n. 4870, Pizzarotti c. Hagyarossy-Tambelli e altro, Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 9). Personalmente, ritengo che l’arresto giurisprudenziale non sia corretto. Se, infatti, l’acquisto a non domino è configurabile anche in caso di acquisto di oggetto di provenienza delittuosa, non vedo una sola ragione per la quale non dovrebbe trovare applicazione anche per il caso del falsus procurator, vista l’assoluta identità di situazioni. In un altro arresto, infatti, la giurisprudenza di legittimità era giunta alla conclusione appena descritta: “il negozio concluso dal genitore che agisce in rappresentanza del figlio minore può essere impugnato per difetto della prescritta autorizzazione del giudice ex art. 322 c.c., solo se l'altra parte abbia avuto conoscenza della natura rappresentativa dell'atto posto in essere; pertanto, se il genitore ha alienato beni del figlio minore senza comunicare la sua qualità di rappresentante legale l'acquirente che sia in buona fede ne acquista la proprietà in base all'art. 1153 c.c.” (Corte Cass., Sezione I, 11 maggio 1978, n. 2299, Bianco c. Groppo, Riv. notar. 1979, 575). 75 La disposizione, pertanto, non trova applicazione in ordine ai beni mobili registrati. Nondimeno, la giurisprudenza ritiene che, fino al momento della loro iscrizione iniziale presso i pubblici registri, il bene mobile oggetto di futura registrazione altro non sia se non un bene mobile come tutti gli altri (costituendo il secondo una species nel genus dei mobili) con conseguente piena applicabilità della previsione di cui all’art. 1153 c.c.. Non trova nemmeno applicazione in relazione ai singoli beni mobili ricompresi in universalità di mobili soggette a regime di demanialità, in quanto affinché, in tali casi, possa trovare applicazione il principio del possesso vale titolo, occorre la previa sdemanializzazione del singolo bene oggetto di negozio ovvero dell’intera universalità (in caso contrario, infatti, l’applicazione della regola de qua contrasterebbe con il principio di inalienabilità ed inusucapibilità dei beni demaniali). “Un bene mobile - nella specie, autovettura - che, pur dovendosi iscrivere nei pubblici registri, non sia stato ancora iscritto, ai sensi dell'art. 815 c.c., è oggetto di acquisto da parte del possessore di buona fede secondo le modalità di cui all'art. 1153 c.c., senza che la mancanza dei documenti necessari alla sua utilizzazione possa influire sulla buona fede dell'acquirente; tali documenti che, essendo preordinati a consentire l'utilizzazione ordinaria del bene – i documenti di circolazione - si pongono, rispetto a quest'ultimo, in rapporto di complementarietà funzionale, costituendone, per l'effetto, pertinenze che, ai sensi dell'art. 818 c.c., vengono ipso facto acquistate dal proprietario della cosa principale” (Corte Cass., Sezione III, 11 novembre 2002, n. 15810, Campopiano c. Soc. Ford Italia, Giust. civ. Mass. 2002, f. 11). “Ai beni mobili soggetti ad iscrizione nei pubblici registri, ma di fatto non iscritti o non validamente iscritti come nel caso del veicolo registrato con il numero di telaio contraffatto, non si applica la norma di cui all'art. 1156 c.c., con la conseguenza che la loro proprietà può acquistarsi in attuazione del principio del possesso di buona fede, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'art. 1153 c.c.” (Corte Cass., Sezione II, 17 aprile 2001, n. 5600, Soc. Segedra c. Barbieri, Giust. civ. Mass. 2001, 797). “I singoli libri appartenenti ad una biblioteca demaniale conservano il carattere della demanialità sino alla estromissione dalla biblioteca stessa in conseguenza di un atto di sdemanializzazione espresso o tacito, così che non può dirsi legittimo l'acquisto della relativa proprietà, a qualsiasi titolo (nella specie, a non domino), per effetto del disposto dell'art. 1145 c.c., disposizione prevalente rispetto a quella sulla tutela dell'acquisto dei beni mobili ex art. 1153 stesso codice” (Corte Cass., Sezione I, 28 agosto 1998, n. 8589, Comune di Camerino c. Ministero per i beni culturali, Giust. civ. Mass. 1998, 1804). “Posto che la categoria dei beni mobili registrati non è una categoria merceologica bensì normativa, la mancanza dell'iscrizione nei pubblici registri impedisce all'acquirente di conoscere lo stato attuale dei diritti sulla cosa, con la conseguenza che è possibile l'acquisto "a non domino" in presenza di un titolo idoneo al trasferimento e della buona fede al momento della consegna” (Tribunale Reggio Emilia, 2 marzo 1998, Mitrione c. Lusuardi e altro, Foro it. 1998, I, 3373). “Se un bene mobile, pur dovendosi iscrivere in pubblici registri, non è stato invece iscritto, ai sensi dell'art. 815 c.c. si applica l'art. 1153 c.c. e non già l'art. 1156 c.c.; pertanto, se colui al quale viene alienato tale bene - da chi appare legittimato - è in buona fede - da presumersi ex art. 1147 c.c., e non esclusa dalla mancanza dei documenti necessari per utilizzarlo (nella specie carta di circolazione di nuova vettura, non immatricolata) - ne acquista la proprietà mediante il possesso” (Corte Cass., Sezione II, 6 ottobre 1997, n. 9714, Soc. Sivar c. Soc. Leasingroup Sicilia, Giust. civ. Mass. 1997, 1864). “Ai beni mobili soggetti ad iscrizione nei pubblici registri, ma di fatto non registrati, non si applica la norma di cui all'art. 1156 c.c., con la conseguenza che la loro proprietà può acquistarsi in attuazione del principio possesso di buona fede vale titolo, quando ricorrano le condizioni stabilite dall'art. 1153 c.c.” (Corte Cass., Sezione II, 16 maggio 1997, n. 4328, Grossi c. Soc. Leauto, Giur. it. 1998, 1374). “In caso di compravendita di autoveicolo non ancora iscritto al Pra, va riconosciuto il diritto di proprietà a favore di chi lo abbia acquistato in buona fede ed in base a titolo idoneo al trasferimento della proprietà, la cui posizione prevale rispetto a quella successivamente risultante dai pubblici registri” (Tribunale Milano, 13 luglio 1992, Manfra c. Fallimeno Soc. Rolly car e altro, Arch. giur. circol. e sinistri 1993, 630). “La disposizione dell'art. 1153 c.c. - sull'acquisto della proprietà in forza di possesso di buona fede di beni mobili, conseguito in esecuzione di atto astrattamente idoneo all'effetto traslativo - non opera con riguardo a cose di interesse artistico e storico appartenenti ad enti o istituti legalmente riconosciuti diversi dallo Stato o da altri enti o istituti pubblici e soggette a norma del combinato disposto degli art. 26 e 28 della l. 1 giugno 1939 n. 1089 al regime dell'inalienabilità senza previa autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione e della prelazione statale nell'acquisto di esse, in quanto si tratta di beni per i quali è espressamente vietata all'alienante la traditio in pendenza del termine per i detti adempimenti, mentre la consegna della cosa, per potere produrre gli effetti di cui al citato art. 1153, deve essere non vietata dalla legge per motivi d'interesse generale” (Corte Cass., Sezione I, 7 aprile 1992, n. 4260, Ministero beni culturali e ambientali c. Cucci, Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4). “La norma di cui all'art. 1156 c.c. - secondo cui ai beni mobili iscritti in pubblici registri non si applica l'art. 1153 stesso codice, che prevede l'acquisto "a non domino" in presenza di un titolo idoneo al trasferimento e della buona fede al momento della consegna - riguarda soltanto i beni mobili realmente iscritti e non anche quelli che non sono stati mai iscritti nei detti registri o la cui iscrizione sia stata successivamente cancellata. Pertanto, colui il quale acquista da un concessionario autorizzato un'autovettura nuova non ancora iscritta al p.r.a. e di provenienza furtiva, ne acquista la proprietà a norma del citato art. 1153 c.c. qualora ignori la provenienza illecita del bene” (Pretura Cremona, 28 giugno 1990, Ghezzi, Riv. giur. circol. trasp. 1990, 799). 76 “La regola emptio non tollit locatum dettata dall'art. 1599 c.c., con specifico riguardo al trasferimento a titolo particolare della cosa locata, in base alla quale si verifica la cessione legale del contratto con la continuazione dell'originario rapporto e l'assunzione da parte dell'acquirente della stessa posizione del locatore, non opera quando il terzo abbia acquistato il bene locato a titolo originario; pertanto, il terzo che abbia usucapito la proprietà della cosa locata, mentre non può esperire l'azione di sfratto, non essendo succeduto nel rapporto di locazione, è legittimato a promuovere le azioni reali per conseguire nei confronti del conduttore la disponibilità dell'immobile” (Corte Cass., Sezione III, 20 febbraio 2001, n. 2464, Signore e altro c. Borrelli, Giust. civ. Mass. 2001, 279). 77 “Nel caso di contratto di lease back il compratore concedente acquista il possesso solo animo e non anche materiale della cosa. Ne consegue che, nell'ipotesi di successive alienazioni a più concedenti, il conflitto fra loro insorgente non è risolvibile ai termini dell'art. 1155 c.c. che presuppone un concreto e reale rapporto con la cosa” (Tribunale Pavia, 8 novembre 1988, Società Locafit e altro c. Fallimento società Leasing Duomo e altro, Riv. it. leasing 1989, 680). 78 “Nel conflitto tra creditore pignoratizio ed acquirenti di quote di una società a responsabilità limitata, ai fini dell'applicazione del criterio dettato dall'art. 2914 n. 4, c.c., conta la certezza della data e questa è assicurata dalla vidimazione del libro sociale successiva alla vidimazione dell'atto, ancorché emergano irregolarità relative alla tenuta di tale libro” (Corte Cass., Sezione I, 28 ottobre 1997, n. 10596, Mazzola e altro c. Nosenzo, Giust. civ. 1998, I, 1049). “Il conflitto tra il creditore pignoratizio ed il cessionario di quota di una società a responsabilità limitata va risolto alla stessa stregua di quello che caratterizza la posizione di più aventi causa dal medesimo cedente oppure del creditore pignorante e del cessionario di quota, ossia in base all'atto di costituzione o di acquisto del diritto, avente data certa” (Tribunale Torino, 27 agosto 1991, Nosenzo c. Soc. Lada e altro, Fallimento 1993, 394 osser. Oliva). Con una tanto curiosa quanto opinabile decisione, la giurisprudenza di merito ha ristretto il campo dai applicazione dell’art. 2914 punto 4) c.c. ai soli negozi di alienazione aventi effetto traslativo immediato della proprietà del bene mobile. Infatti, si può leggere che: “recita l'art. 2914 c.c. n. 4, che non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante, sebbene anteriori al pignoramento, le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il possesso anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto avente data certa. L'art. 2914, n. 4 c.c., si riferisce ad alienazioni di beni mobili aventi effetto traslativo immediato ed in cui sia stata differita unicamente la consegna della cosa, ma non si applica alle alienazioni con effetto obbligatorio” (Tribunale Agrigento, 30 agosto 1996, Vita not. 1997, 1362). 79 Cfr. Francesco Gazzoni, “Manuale di diritto privato”, Edizioni Scientifiche Italiane, p. 200. 80 Vi è comunque da dire che la legge espressamente ammette la configurabilità dell’universalià di diritto disciplinando istituti quali l’azienda (art. 2555 e ss.) e l’eredità (cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 201). “La natura e la destinazione unitaria del complesso dei cespiti che compongono l'azienda farmaceutica, deducibile anche dal contenuto letterale degli art. 2555, 2556 c.c. e dall'art. 670 n. 1 c.p.c., spingono a qualificare quest'ultima come universalità di beni ai sensi dell'art. 816 c.c. e per conseguenza, ad individuare nell'art. 1160 c.c. la disciplina applicabile (possesso continuato per 20 anni) all'acquisto dell'azienda per usucapione” (Tribunale Monza, 26 giugno 1998, Pirovano c. Pirovano, Rass. dir. farmaceutico 1999, 450). “Il principio generale, contenuto nell'art. 2913 c.c., in forza del quale non hanno effetto, in pregiudizio del creditore pignorante, le alienazioni di beni sottoposti a pignoramento, si applica anche nell'ipotesi in cui oggetto del pignoramento sia un bene mobile (nella specie, macchinario industriale) facente parte di un'azienda ceduta ad un terzo dal debitore, non essendo applicabile, nell'ipotesi medesima, la regola "il possesso vale titolo" (art. 1153 c.c.), trattandosi di alienazione di una universalità di mobili, che, a norma dell'art. 1156 c.c., si sottrae a quest'ultimo principio” (Corte Cass., Sezione III, 6 novembre 1995, n. 11531, Minasi c. Sacchini, Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 11). 81 Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 201. 82 “Il comma 2 dell'art. 816 c.c. non può derogare a quanto sancito nell'art. 823 c.c., dovendosi ritenere prevalente la normativa relativa alla tutela del demanio pubblico e dei beni che vi appartengono. Pertanto, non è ammissibile alcun atto di disposizione di un singolo bene appartenente ad una universalità di mobili avente carattere di bene demaniale in quanto a seguito dell'inserimento nella stessa il bene viene ad essere assoggettato al regime dei beni demaniali” (Corte Cass., Sezione I, 28 agosto 1998, n. 8589, Comune di Camerino c. Ministero dei beni culturali, Giur. it. 1999, 844). 83 Cfr.: Massimo Bianca, op. cit., p. 565; Francesco Gazzoni, op. cit., p. 306. 84 “La natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta che il relativo perfezionamento consegua al solo scambio del consenso tra i contraenti, ma non importa, altresì, che al perfezionamento del contratto consegua, ipso facto, il trasferimento del credito dal cedente al cessionario. Nel caso di cessione di un credito futuro, pertanto, il trasferimento del credito al cessionario si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza, mentre, prima di tale data, la cessione, pur perfetta, è destinata ad esplicare, inter partes, efficacia meramente obbligatoria” (Corte Cass., Sezione III, 19 giugno 2001, n. 8333, Piccolo e altro c. Rodi Morabito, Giust. civ. Mass. 2001, 1219). “La cessione del credito, avendo causa variabile, può avere anche funzione esclusiva di garanzia, comportando in tal caso il medesimo effetto, tipico della cessione ordinaria, immediatamente traslativo del diritto al cessionario, nel senso che il credito ceduto entra nel patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest'ultimo, il quale è legittimato pertanto ad azionare sia il credito originario sia quello che gli è stato ceduto in garanzia, sempre che persista l'obbligazione del debitore garantito; ove, invece, si verifichi l'estinzione, totale o parziale, dell'obbligazione garantita, il credito ceduto a scopo di garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente, con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva, senza quindi che occorra, da parte del cessionario, un'attività negoziale diretta a tal fine” (Corte Cass., Sezione III, 2 aprile 2001, n. 4796, Cassa risp. Verona e altro c. Soc. Fincantieri cantieri navali it., Giust. civ. Mass. 2001, 668). “Nella cessione di credito futuro il trasferimento del credito si verifica soltanto al momento in cui esso viene ad esistenza; prima di allora il contratto, pur essendo perfetto, esplica efficacia meramente obbligatoria” (Corte Appello Milano, 23 giugno 1998, Soc. Leando immob. c. Franflo, Banca borsa tit. cred. 2000, II, 309). “La cessione del credito ed il mandato irrevocabile all'incasso conferito anche nell'interesse del mandatario, ancorché utilizzabili per finalità solutorie o di garanzia impropria sono figure distinte, posto che la prima produce l'immediato trasferimento della posizione attiva del rapporto obbligatorio ad altro soggetto che diviene l'unico legittimato a pretendere la prestazione del debitore ceduto, mentre con il mandato del tipo indicato viene conferita al mandatario solo la legittimazione alla riscossione del credito, di cui resta titolare il mandante” (Corte Cass., Sezione I, 23 luglio 1997, n. 6882, Credito it. c. Fall. Cons. I Due e altro, Foro it. 1998, I, 1228). “Mentre la cessione del credito produce l'immediato trasferimento dello stesso ad altro soggetto, che diviene titolare della legittimazione esclusiva a pretendere la prestazione del debitore, il mandato in rem propriam conferisce al mandatario la sola legittimazione a riscuotere il credito in nome e per conto del mandante, che ne conserva pertanto la titolarità esclusiva” (Tribunale Milano, 23 dicembre 1996, Soc. Confruit c. Arti Grafiche e altro, Gius 1997, 762). 85 “Ai fini della opponibilità al fallimento del cedente, delle cessioni di credito, che siano state notificate al debitore ceduto o dal medesimo accettate con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento ai sensi dell'art. 2914 n. 2 c.c., non è necessario che la notifica al debitore ceduto venga eseguita a mezzo ufficiale giudiziario, costituendo quest'ultima una semplice species - prevista esplicitamente dal codice di rito per i soli atti processuali - del più ampio genus costituito dalla notificazione intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario; conseguentemente, tanto ai fini di cui all'art. 1264, quanto a quelli di cui agli art. 1265 e 2914, n. 2, c.c., la notificazione della cessione - così come il correlativo atto di accettazione -, non identificandosi con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, costituisce atto a forma libera, non soggetto a particolari discipline o formalità” (Corte Cass., Sezione I, 29 settembre 1999, n. 10788, Fall. soc. Le Francois c. Credito Agricolo Bresciano, Giust. civ. Mass. 1999, 2034). In senso esattamente conforme: Corte Cass., Sezione I, 12 maggio 1998, n. 4774, Soc. Centro Sviluppo Leasing c. Monte Paschi Factor, Contratti (I) 1999, 551 in nota. “Il timbro postale apposto sulla notifica costituisce formalità sufficiente ad attribuire data certa alla notifica stessa, agli effetti dell'art. 1265 c.c.” (Tribunale Milano, 2 aprile 1998, n. Soc. Ced Borsa c. Fall. soc. Computer Leasing e Trading e altro, Banca borsa tit. cred. 1999, II, 374). 86 Cfr. Massimo Bianca, op. cit., p. 567. Il dubbio che può sorgere, a questo punto, è se anche in materia di opponibilità della cessione a terzi aventi causa del cedente il debitore ceduto sia responsabile qualora paghi a mani di un soggetto che sa non essere (unico) cessionario. A mio modesto modo di vedere, il principio che si vorrebbe applicare – portato dall’art. 1264 c. 2 c.c. – è applicabile unicamente in relazione alla risoluzione del conflitto cedente-cessionario e non anche per quelli insorti fra i diversi cessionari ovvero fra il cedente ed i suoi creditori. 87 “È inopponibile al creditore pignorante del cedente la cessione di crediti futuri - nella specie, relativa alla parte cedibile della retribuzione del lavoratore a fronte della concessione di un finanziamento -, relativamente ai crediti maturati dopo il pignoramento (Tribunale Lecce, 19 agosto 1999, Arnò c. Soc. I.fi.d. e altro, Foro it. 2000, I, 1992). “Per poter opporre al fallimento la cessione di crediti futuri, è necessario non solo che tali crediti, sorti dopo il perfezionamento della cessione, siano comunque anteriori al fallimento, ma che essi siano divenuti esigibili prima di tale data e che siano stati singolarmente notificati o accettati dal debitore con atto avente data certa” (Corte Cass, Sezione I, 14 novembre 1996, n. 9997, Sopafactor c. Fall. Olivero, Giust. civ. Mass. 1996, 1524). In modo parzialmente difforme, ed in particolare nel senso di scindere il caso del credito futuro derivante da un rapporto preesistente al pignoramento da quello dei crediti derivanti da rapporti futuri tout court, si schiera invece parte della giurisprudenza di legittimità e di merito. “Ai fini dell'efficacia della cessione di crediti futuri in pregiudizio del creditore pignorante, ex art. 2914 n. 2 c.c., occorre distinguere tra crediti maturandi con origine da un unico e già esistente rapporto base, quali i crediti di lavoro, e crediti soltanto eventuali, non necessariamente identificati in tutti gli elementi oggettivi e soggettivi; la cessione dei primi prevale sul pignoramento nell'ambito di un triennio (ex art. 2918 c.c.), purché prima del pignoramento stesso sia stata notificata o accettata dal debitore ceduto, mentre perché prevalga la cessione dei secondi è necessaria la notificazione o accettazione dopo che il credito sia venuto ad esistenza, ma prima del pignoramento” (Corte Cass., Sezione Lavoro, 26 ottobre 2002, n. 15141, Arnò c. Banca Arditi Galati e altro, Giust. civ. Mass. 2002, 1849). “La circostanza che il credito, venuto ad esistenza al momento della stipulazione del contratto da cui discende, sia divenuto esigibile successivamente alla dichiarazione di fallimento, non vale ad inficiare la sua natura di credito attuale ed esistente nel periodo precedente la stessa” (Tribunale Milano, 2 aprile 1998, Soc. Ced Borsa c. Fall. soc. Computer Leasing e Trading e altro, Banca borsa tit. cred. 1999, II, 374). 88 In questa particolare ipotesi, però, la giurisprudenza, per conferire data certa alla cessione del credito, ritiene necessaria la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario dell’atto di cessione (salvo, ovviamente, il caso di accettazione da parte del debitore ceduto). Si legge, infatti: “nel pegno di crediti, la notificazione al debitor debitoris, richiesta - in alternativa all'accettazione scritta di data certa - per dirimere il conflitto tra creditore pignoratizio e creditori non garantiti, deve effettuarsi a mezzo di ufficiale giudiziario, mentre non è sufficiente la notificazione in forma libera equivalente ad una semplice comunicazione” (Tribunale Bologna, 9 dicembre 1992, Banca pop. Emilia c. Fall. soc. Skipp, Giur. comm. 1993, II, 752). Nel senso (preferibile), invece, di non ritenere necessarie formalità particolarmente sacramentali per la notificazione della cessione, si schiera altra giurisprudenza di merito. Fra tutte, Tribunale Prato, 15 luglio 1987, Cassa di Risparmio di Prato c. Fallimento Twintex, Dir. Fall. 1998, II, 538 in nota (“Ai fini della prelazione è necessario che il pegno sia costituito in forma scritta con l'esatta individuazione del credito dato in garanzia e che la costituzione sia notificata al debitore o sia stata da lui accettata con atto scritto avente data certa. La notifica o l'accettazione acquistano rilevanza anche per la opponibilità del negozio ai terzi creditori del cedente, divenuti cessionari del medesimo diritto di credito - art. 1265 c.c. -, nonché al creditore pignorante ed a quelli intervenuti art. 2914 c.c.. Ciò opera anche nei confronti dei creditori concorsuali ove venga dichiarato il fallimento del cedente”. 89 “La maggioranza degli autori sembra concordare sul fatto che il contratto rimane sostanzialmente innominato, da un lato per via del giudizio generale sulla varietà delle funzioni che si presta a svolgere nella pratica e dall’altro, perché la nozione di tipicità sembra riguardare piuttosto il contenuto del contratto, che le sue tecniche di attuazione, rimanendo certa tuttavia, la rispondenza della causa ad un’esigenza legittima e ad un interesse sociale durevole” (Fabio Giovagnoli, art. cit.). “Anche dopo la l. n. 52 del 1991 sulla cessione dei crediti di impresa, il contratto di factoring rimane un contratto atipico, in cui l'elemento costante è la gestione dei crediti di un'impresa, attuata mediante lo strumento formale della cessione dei crediti, con due possibili varianti costituite dal finanziamento in favore dell'impresa e dall'assunzione del rischio dell'insolvenza del debitore” (Corte Appello Lecce, 17 settembre 2001, Soc. Nuova ITL c. Soc. Sud Factoring, Arch. civ. 2002, 581). “Il contratto di factoring, anche dopo l'entrata in vigore della disciplina contenuta nella l. 21 febbraio 1991 n. 52, è una convenzione atipica - la cui disciplina, integrativa dell'autonomia negoziale, è contenuta negli art. 1260 ss. del codice civile - attuata mediante la cessione, pro solvendo o pro soluto, della titolarità dei crediti di un imprenditore, derivanti dall'esercizio della sua impresa, ad un altro imprenditore (factor), con effetto traslativo al momento dello scambio dei consensi tra i medesimi se la cessione è globale e i crediti sono esistenti, ovvero differito al momento in cui vengono ad esistenza se i crediti sono futuri o se per adempiere all'obbligo assunto con la convenzione è necessario trasmettere i crediti con distinti negozi di cessione, ma in ogni caso derivante dal perfezionamento della cessione tra cedente (fornitore) e cessionario (factor), indipendentemente dalla volontà e dalla conoscenza del debitore ceduto” (Corte Cass., Sezione III, 2 febbraio 2001, n. 1510, Soc. Branca distillerie c. Ifis, Foro it. 2001, I, 1157). “Il contratto di factoring …omissis… è atipico ed innominato (Tribunale Genova, 17 ottobre 1994, Soc. Columbus factoring c. Fall. soc. Techniplast, Fallimento 1995, 315 in nota di MESSINA). 90 “Il contratto di factoring che è atipico ed innominato, può assolvere funzioni diverse a seconda dei casi, sicché la sua disciplina deve essere ricercata volta a volta nel tipo negoziale nominato analogicamente assimilabile. Pertanto, quando le prestazioni essenziali del contratto siano la cessione dal fornitore dei crediti d'impresa verso la correlativa obbligazione del factor di gestione, amministrazione e riscossione degli stessi (debitamente remunerato), senza previsione di un prezzo corrispettivo, con regolamentazione del rapporto con periodico rendiconto ed accessorietà dell'obbligazione del factor di effettuare anticipazioni sugli importi dei crediti ceduti prima del loro incasso (con riconoscimento di compenso e di interessi sul capitale anticipato), il factoring ha natura di mandato e non può essere disciplinato dalla l. 21 febbraio 1991 n. 52, avente una causa di scambio” (Tribunale Genova, 17 ottobre 1994, Soc. Columbus factoring c. Fall. soc. Techniplast, Fallimento 1995, 315 in nota di Messina). 91 “La prestazione del servizio finanziario da parte dell’impresa di gestione dei crediti ha finito per far percepire il factoring, agli occhi degli operatori economici, come uno strumento complementare al servizio bancario e diretto essenzialmente a fornire liquidità all’impresa” (Fabio Giovagnoli, “Il factoring e la cessione di crediti d’impresa”, articolo pubblicato su www.diritto.it). “Il nucleo centrale del contratto è costituito [dalla] gestione dei rapporti creditizi, rispetto alla quale la cessione è un momento strumentale. Fornitore e factor raggiungono però anche altri accordi. Talvola per la consulenza commerciale e di mercato, tal’altra per l’incasso anche dei crediti non ceduti. Spesso per eventuali anticipazioni sui crediti e l’assunzione da parte del factor del rischio derivante da inadempienze dei debitori ceduti, configurandosi così le cessioni pro soluto ex art. 1267 c.c.” (Cfr. Francesco Gazzoni, op. cit., p. 1285). 92 “La normativa non sembra delineare la fattispecie del factoring, conferendogli una tipicità legislativa, con tecnica simile a quella seguita ad esempio, per la commissione e spedizione rispetto al mandato. In definitiva, le regole di diritto speciale poste dalla legge n. 52/1991, si risolvono in una serie di meccanismi di tutela accordati alle imprese che acquistano professionalmente, crediti pecuniari d’impresa verso corrispettivo, anche allo scopo di porre un rimedio a quegli orientamenti sfavorevoli, che sostenuti dall’atipicità del contratto, avrebbero potuto diffondersi nella valutazione di questa tecnica contrattuale” (Fabio Giovagnoli, art. cit.). “Il factoring è contratto atipico con oggetto e previsione di operazioni contrattuali più ampie rispetto a quelle previste dalla l. 21 febbraio 1991 n. 52 sulla cessione dei crediti di impresa, la cui disciplina si sovrappone a quella del contratto atipico di factoring senza assorbirlo, nè sopprimerlo” (Tribunale Genova, 10 agosto 2000, Banca Carige c. Fall. soc. Tecno elettr. ind., Fallimento 2001, 517 in nota di Inzitari). “La l. 21 febbraio 1991 n. 52 non opera una qualificazione del contratto di factoring, ma prevede la cessione dei crediti di impresa attraverso un contratto dalla trasparente causa di scambio ed ha un ambito di applicazione più ristretto rispetto alla cessione codicistica sotto il profilo sia soggettivo sia oggettivo” (Tribunale Genova, 17 ottobre 1994, Soc. Columbus factoring c. Fall. soc. Techniplast, Giur. comm. 1995, II, 697 in nota di Semino). 93 “Innanzi tutto è consentita la cessione di crediti inesistenti al momento della cessione. All’imprenditore è consentito non solo di cedere i propri crediti, ma anche di obbligarsi a cedere crediti che devono ancora sorgere. In tal caso trova applicazione l’art. 1472 del codice, in base al quale la cessione ha effetto solo al momento in cui il credito viene ad esistenza (c.d. emptio rei speratae). Nel caso in cui il credito non venga ad esistenza, la cessione è nulla, sempre che le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio (c.d. emptio spei). In questo secondo caso, seppur in assenza del trasferimento di alcun credito, il cessionario è obbligato a corrispondere al cedente la controprestazione pattuita contrattualmente, in quanto le parti hanno accettato ab origine i rischi connessi ad un contratto non sinallagmatico” (Federico Ventura, “La cessione dei crediti vantati nei confronti dei soggetti pubblici, in particolare la cartolarizzazione del credito”, articolo pubblicato su www.diritto.it). In senso conforme, Francesco Gazzoni, op. cit., p. 1289. 94 Cfr. Andrea Batelli, “La cartolarizzazione dei crediti, una nuova risposta normativa ad esigenze di natura finanziaria”, articolo pubblicato su www.diritto.it. 95 Anche se, a dire la verità, l’istituto era già stato introdotto, seppure in forma non espressa, nel nostro ordinamento dall’art. 39 del D. Lgs. 58/1998, con il quale è stato consentito alle società di gestione di fondi di investimento di impiegare il patrimonio in qualsiasi attività, e pertanto anche nell’acquisto di crediti. A differenza, però, di quanto previsto dalla L. 130/1999, la disciplina di cui al D. Lgs. 58/1998 non prevedeva la costituzione di alcune società specificamente destinata alla cartolarizzazione. 96 In assenza di una specifica disciplina contraria, è da ritenere che – nell’ambito della cartolarizzazione – la cessione di crediti futuri sia ammissibile solo a condizione che già esista, al momento della cessione, il rapporto giuridico dal quale questi verranno ad esistenza (cfr.: Gaetano De Ruvo, art. cit.“Brevi osservazioni in tema di cartolarizzazione”, articolo pubblicato su www.diritto.it). 97 Per l’effettuazione delle operazioni di securitization, la società emittente non incontra i limiti di cui all’art. 2410 c.c. in materia di emissione di titoli obbligazionari (Gaetano De Ruvo, art. cit.). 98 Questa società prende il nome di Special Purpose Vehicle. ( da www.altalex.it )