SULLA MUSICA DI FRANCESCO MAUROLICO TITO M. TONIETTI Dipartimento di matematica - Università di Pisa [email protected] De la religion tutta la forma Consiste in vesti, ornamenti e pitture, Campane, candelier, cantare a torma. Francesco Maurolico. RIASSUNTO - Di Francesco Maurolico ci sono rimaste anche sulla musica pagine che sono state trascritte e curate dall’autore. Qui egli mostra da principio quali nuovi risultati vi si trovino e quali differenze vi si rivelino rispetto alle classiche tradizionali teorie matematiche della musica: una nuova dimostrazione sul numero dei comma nel tono ed un nuovo simbolismo per la composizione delle proporzioni. Poi viene raccontato il modo in cui si è costituito il corpus originario di queste carte. Infine si discute il rompicapo complesso dei manoscritti relativi rimastici (o perduti) e delle loro connessioni con la vecchia edizione parziale a stampa del 1575. Sono descritti i possibili scenarı̂ della vicenda ed un probabile intervento dei Gesuiti su tale edizione. 1. LA MUSICA. Francesco Maurolico (1494-1575)1 nel corso della sua lunga vita si era interessato con costanza anche di musica. La riprendeva persino in tarda età dopo i settant’anni. Di tale attività sono rimaste tre fonti principali: 1) il Manuscrit latin Par. Lat. 7462 presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, del quale abbiamo terminato recentemente l’edizione,2 2) le Musicae traditiones carptim collectae contenute negli Opuscula mathematica, usciti postumi a Venezia nel 1575,3 3) il manoscritto di Christophorus Clavius, F. M. Boetianae musicae compendium, presso la Biblioteca Gregoriana di Roma,4 1 L’edizione della sua Opera Mathematica è in corso di completamento su www.maurolico.unipi.it. Rosario Moscheo l’ha descritta per la prima volta in R. MOSCHEO, Francesco Maurolico tra Rinascimento e scienza galileiana, Messina, Società Messinese di Storia Patria, 1988. 2 F. MAUROLICO, Musica, T. M. TONIETTI (cur.), www.maurolico.unipi.it, 2000. 3 F. MAUROLICO, Opuscula mathematica, Venezia, Francesco De Franceschi, 1575; ora anche in www.maurolico.unipi.it, 2001. 4 C. CLAVIUS, F. M. Boetianae musicae compendium, manoscritto presso la Biblioteca Gregoriana, Roma. APUG Fondo Curia 2052; in corso di pubblicazione su www.maurolico.unipi.it . Si ringrazia Rosario Moscheo per aver fornito le copie delle carte relative. 1 Esiste anche un appunto sporadico nel fondo San Pantaleo 115/32 carta 51r, presso la Biblioteca Nazionale di Roma.5 Quando nei Grammaticorum rudimentorum libelli sex del 1528 Maurolico divideva la filosofia in varie parti scriveva: Mathematica idest disciplinabilis comprehendit arithmeticam, geometriam, musicam, et astronomiam ... Musica de vocum rationibus et qualitatibus.6 Anche nella divisione delle scienze (anteposta al De sphaera liber unus degli Opuscula mathematica) egli rimetteva la musica ora sotto la fisica, ora sotto l’aritmetica, facendolo dipendere dal tipo di classificazione accettato. Maurolico seguiva la tradizione che aveva visto tanti illustri personaggi dell’antichità occuparsi di musica: Platone, Aristosseno, Euclide, Claudio Tolomeo.7 Con la tabella 4 della Musica8 , ripetuta molte volte con variazioni nei suoi scritti, egli legava il sole ed i pianeti alle note musicali ed ai Modi greci. Si riferiva per essa a Cicerone9 il quale nel Somnium Scipionis a chiusura della Repubblica aveva descritto la musica delle sfere celesti.10 Tuttavia i suoi autori principali e ricorrenti restavano Severino Boezio11 Guido D’Arezzo12 e Faber Stapulensis13 . Come costoro, Maurolico riprendeva la tradizione pitagorica che aveva fissato le note musicali attraverso quelle proporzioni particolari formate dai primi numeri interi 1 : 2, 2 : 3, 3 : 4. Da tali intervalli, detti dai greci diapason, diapente e diatessaron e poi dopo nell’Europa moderna ottava (do − do), quinta (do − sol) e quarta (do − f a), si calcolavano gli altri raggiungendo tutte le note della scala. Le numerose tabelle della Musica erano varianti, nei numeri, nei nomi od in qualche particolare, di tale impostazione generale la quale, in altri termini, presenta le note attraverso una serie di numeri interi o frazionari posti in progressione geometrica. Quella scelta da Maurolico non era però l’unica possibile teoria della musica. Erano esistite persone, come Aristosseno, le quali avevano dato tutt’altra impostazione al problema. Maurolico tuttavia le metteva da parte, come veniva fatto dai pitagorici tradizionalmente. Vedremo tuttavia che la controversia tra le due scuole riaffiorava perché esplicitamente legata ad un problema matematico del quale restava evidenza anche nelle sue carte. Si affacciavano poi oramai sulla scena del XVI secolo anche gli innovatori moderati i quali, pur conservando l’impostazione matematica generale determinata dalle proporzioni, introducevano altri rapporti e quindi altri intervalli. Di essi il più famoso stava ora diventando Gioseffo Zarlino il quale usava per gli intervalli musicali anche 4 : 5, 5 : 6, 3 : 5. Cosı̀ la classificazione degli intervalli si arricchiva della terza maggiore, la quale prendeva il posto del ditono pitagorico, della terza minore, della sesta e cosı̀ via. Maurolico sembra ignorare esplicitamente anche Zarlino, nonostante i libri di lui circolassero già prima delle date presenti nel manoscritto.14 Se quindi non usava le nuove proporzioni numeriche, talvolta scriveva però di terze maggiori e 5 www.maurolico.unipi.it, 2001. MACRÌ , Francesco Maurolico nella vita e negli scritti, Messina, Tipografia D’Angelo, 1901, p. 257-258. 7 PLATONE, La repubblica, Franco Sartori, Mario Vegetti, Bruno Centrone (cur.), Bari, Laterza, 1999; PLATONE, Timeo, Giuseppe Lozza (cur.), Milano, Mondadori, 1994; ARISTOSSENO, Elementa Harmonica, Rosetta Da Rios (cur.), Roma, Istituto poligrafico dello stato, 1954; EUCLIDE, Rudimenta musices, Giovanni Pena (cur.), Parigi, Andrea Wechelo, 1557, tr. italiana in Fabio Bellissima, La sezione del monocordo di Euclide; CLAUDIO TOLOMEO, Harmonicorum libri tres, Johannes Wallis (cur.), Oxford, 1682. 8 F. MAUROLICO, cit. nota 2, III, 4; i numeri si riferiscono al capitolo ed al versetto dell’edizione elettronica che d’ora in avanti sarà citata come M. 9 M. III, 2 e 6. 10 M. T. CICERONE, Somnium Scipionis, in Dello stato, Anna Resta Barrile (cur.), Milano, Mondadori, 1992. 11 M. IV, 24; V, 2; VI, 1-7; VII, 10 e 12; IX, 15; XII, 20. S. BOEZIO, De institutione arithmetica libri duo - De institutione musica libri quinque, Godofredus Friedlein (cur.), Lipsia, Teubner, 1867. 12 M. IV, 13; VIII, 1, 7, 17, 26, 28, 35, 44; IX, 10. GUIDO D’AREZZO, Opuscula de musica, in Scriptores ecclesiastici de musica, Martin Gerber (cur.), Hildesheim, Olms V., 1963, t. II. 13 M. IV, 24; VII, 11-12. FABER STAPULENSIS (Lefèvre d’Étaples), Elementa musicalia, Parigi, 1496. 14 G. ZARLINO, Le istitutioni harmoniche, Venezia, 1558. 6 G. 2 minori. Anzi, nella tabella 11 riportiamo una pagina dove egli scomponeva tutti gli intervalli vecchi e nuovi, maggiori e minori, in apotome e diesis; perché i pitagorici usavano dividere il tono 8 : 9 in due semitoni diseguali detti maggiore (apotome) e minore (diesis). Ma non si fermava qui e, sostituendo al diesis l’apotome, creava nuovi intervalli “aumentati” e viceversa, sostituendo all’apotome il diesis, altri intervalli “diminuiti”. Appariva interessato a calcolare tutte le combinazioni possibili ed addirittura riduceva la scala musicale ad una serie di tali semitoni. Il gusto per la combinazione e la simbologia matematica appariva anche nella tabella 1. Marin Mersenne e Wilhelm Leibniz avrebbero più tardi concepito la musica come l’arte di calcolare le combinazioni tra le note.15 Da Johann Sebastian Bach ad Arnold Schönberg, la scala musicale sarebbe stata poi pensata come decomposta in tanti semitoni, anche se, si intende, questi ultimi venivano intesi successivamente come temperati, cioè tutti uguali, almeno approssimativamente. A parte questo, Maurolico appariva in musica un conservatore, cosı̀ come dalla disposizione dei pianeti nelle tabelle era chiaro che aderisse al sistema geocentrico. Non ci interessa però affrontare ora tali questioni in modo esauriente. Qui preferiamo porci la domanda se, pur trattando prevalentemente di questioni musicali, lo studioso di Messina non fosse stato stimolato a prodursi in calcoli e dimostrazioni di un qualche interesse matematico. Vogliamo far vedere che proprio questo risulterebbe dall’edizione della Musica curata da noi. Mentre dalle Musicae traditiones, pubblicate postume nel 1575, i contributi personali di Maurolico venivano lasciati cadere. Questa appare la differenza principale tra i due testi che rende particolarmente interessante l’edizione del manoscritto Par. Lat. 7462. Chi, se lo stesso Maurolico od altri, e per quali ragioni avesse mutato la versione originaria discuteremo alla fine insieme alla storia del manoscritto. 2. QUANTI COMMA? UNA NUOVA DIMOSTRAZIONE. Da mille anni Boezio dominava la scena. Ora Maurolico aveva rilevato un errore nel suo celebre De istitutione musica. Il risultato era ciononostante giusto, ma la procedura matematica per arrivarci decisamente sbagliata. Facciamolo ora parlare direttamente un poco. Dagli schemi e dai calcoli sparsi variamente per il manoscritto, ad esempio quelli nella carta 32r (Fig. 4) oppure quelli nella carta 11r (Fig. 32), Maurolico ricavava che il tono valesse 8 : 9, quindi il ditono 64 : 81. Dalle quali otteneva per il diesis 243 : 256, sottratto il quale al tono restava l’apotome 2048 : 2187, carta 32v (Fig. 5)16 . L’apotome ed il diesis non dividevano il tono in parti uguali e comunque venivano rappresentati da numeri sempre più grandi. La semplicità iniziale del modello matematico pitagorico per la musica si andava perdendo e restava una fastidiosa ed antiestetica asimmetria la quale sembrava connaturata ed impossibile da cancellare, per quanto si riducessero gli intervalli. In fondo alla carta 32v Maurolico scriveva: Differentia vero diesis et apotomes dicitur comma quod elicitur per subtractionem unius proportionis ab alia, ut infra patet.17 Ed il famoso e famigerato comma veniva allora calcolato come 524288 : 531441 nella carta 33r (Fig. 8). Quale desiderio più grande ci poteva ora essere (per un pitagorico) dell’aver almeno prodotto una specie di intervallino elementare, una specie di atomo per la musica col quale scomporre tutti gli altri e dunque dal quale ricavarli? Scomporli e ricavarli naturalmente attraverso le operazioni ammesse come valide. Ma il matematico smaliziato poteva cominciare a sospettare che ciò non fosse possibile. Maurolico infatti proseguiva. 15 M. MERSENNE, Harmonie Universelle, Paris, Sebastien Cramoisy, 1636; W. LEIBNIZ, Dissertatio de arte combinatoria, 1666, Mathematische Schriften, G. I. Gerhardt (cur.), 1962 Hildesheim, Olms v. IV, pp. 27-104. 16 M. IV, 19. 17 M. IV, 21. 3 Constabit etiam quod diesis maior est, quam tria commata minor autem quam quatuor. Apotome autem maior, quam .4or . commata, minor quam .5. Unde et tonus excedet .8. commata et minor quam novem commata nascitur quae omnia ex longo et multarum figurarum calculo constari possunt lege Boetium et Fabrum in musicis elementis.18 Dunque, costoro dovevano accontentarsi di approssimazioni e diseguaglianze più o meno strette per ottenere le quali erano tra l’altro necessari calcoli lunghi con molte cifre. Per forza, visto che il comma ne richiedeva già sei. Il matematico di Messina metteva qui una data: “lunedı̀ 30 dicembre 1566”, la più antica del manoscritto, come se volesse fissare nel tempo un fatto importante. Forse neanche lui aveva voglia di mettersi a calcolare e sperava di trovare i calcoli già fatti nei libri. Ma scopriva allora che quelli riportati da Boezio nel terzo libro non andavano bene. Li ricopiava sulla carta 12r (fig. 10) e constatava che l’illustrissimo predecessore aveva commesso un errore (perdonabile?). Perché aveva sottratto i termini della proporzione per il comma, ottenendo 7153, aveva sommato il numero a sé stesso nove volte, ottenendo 64377 e lo aveva confrontato con il tono, per il quale nello stesso modo aveva ottenuto 59049. Ciò era risultato maggiore di 57224, cioè di 8 moltiplicato per 7153. Sed in hoc errat, quod in divisione proportionis utitur differentiis aequalibus. Cum debeat uti proportionalibus: sic enim moltiplicantur proportiones non per aequales differentias. Verum si vitavit laborem multiplicandi; et tamen conclusit verum; excusatur.19 In altri termini, visto che nel modello pitagorico le note sono fissate da numeri disposti in successione geometrica e non in successione aritmetica, aggiungere o togliere un intervallo significa moltiplicare o dividere (in modo opportuno) i termini, e non sommare e sottrarre. Naturalmente moltiplicare un numero di sei cifre per nove è molto più semplice che moltiplicarlo nove volte per sé stesso. Visto che il risultato era giusto, Maurolico sembrava scusare Boezio. Di nuovo poneva la data: “ultimo gennaio 1567”. I curatori delle Musicae traditiones nel 1575 collocavano tale pagina a suggello, cambiandone però le parole. Et tamen, sicut nos proportionaliter calculando, experti sumus, Boetius veritatis scopum attingit.20 Le Musicae traditiones erano state fatte iniziare con la Boetianae musicae epitome e per costoro non potevano chiudersi con una critica che mettesse Boezio in troppa cattiva luce. Quindi non tutte le carte di Maurolico venivano pubblicate. Infatti il nostro matematico di Messina non aveva affatto ristabilito il rigore “calculando”. Nella carta 12v possiamo leggere uno scholium a Boezio con la sua soluzione personale. Disponantur hi numeri . 64 . 65 . 66 . 67 . 68 . 69 . 70 . 71 . 72 . Cumque 72 — 64 sit ratio toni, patet quod ratio 72 — 71 est minor, quam octava pars toni. Sed 531441 — 524288 quae est ratio commatis est sicut 72 — 71 71. Ergo tanto fortius minor, quam octava pars toni.21 16425 531441 minor scilicet, quam 72 — Maurolico quindi, invece di effettuare calcoli lunghi e laboriosi, dava una elegante dimostrazione in poche righe. Essa ci resta però oggi un po’ troppo concisa, perché le consuetudini di calcolo e dimostrazione sono cambiate col tempo. Vediamo allora più da vicino quel’“è evidente che ...”. Dobbiamo dividere il tono in otto parti e confrontare la parte ottenuta a8 con il comma. Il tono valeva 8 : 9 oppure anche in modo equivalente 64 : 72. Quindi per ottenere a8 dobbiamo eseguire le seguenti medie proporzionali: 18 M. IV, 22-24. VI, 3. 20 MAUROLICO cit. nota 3, p. 160. 21 M. VI, 4-5. 19 M. 4 64 : a2 = a2 : 72 a2 : a4 = a4 : 72 a4 : a8 = a8 : 72 Poiché, come era noto da tempo,22 la media aritmetica tra due numeri è sempre maggiore di quella geometrica, allora il rapporto tra 72 — a8 è maggiore di quello 72 — media aritmetica. Ora era chiaro finalmente perché Maurolico avesse scritto quella successione aritmetica di numeri dal 64 al 72: per calcolare a colpo d’occhio le medie aritmetiche tra 64 e 72, cioè 68, poi tra 68 e 72, cioè 70, ed infine tra 70 e 72, cioè 71. Quindi “è evidente che il rapporto 72 — 71 è minore dell’ottava parte del tono”. Poi prendeva il rapporto del comma 531441 — 524288 e 16425 lo riscriveva come 72 — 71 531441 dunque il comma risultava a sua volta minore di 72 — 71. E cosı̀ il comma risultava minore a fortiori dell’ottava parte del tono. “... per la qual cosa otto comma sono minori del tono”. Come volevasi dimostrare. Quando non si sbagliavano, come Boezio, gli aritmetici e teorici della musica dovevano prodursi in spericolate estrazioni di radici o moltiplicazioni vertiginose con decine e decine di cifre per ottenere quel risultato. Si confrontino i calcoli di Faber negli Elementa Musicalia.23 Maurolico non doveva amare i calcoli e con essi talvolta si sbagliava persino. Suoi errori si trovano all’inizio della carta 20v24 oppure nella 10r.25 Preferiva allora una rapida ed elegante dimostrazione. La credo originale perché non ne conosco altre simili nei trattati correnti dell’epoca. Il numero dei comma contenuti del tono era ricorrente nei libri fin dall’antichità, ma la dimostrazione appare in genere assente. Questa di Maurolico è probabilmente la prima corretta, sicuramente la prima dimostrazione che sia anche breve ed elegante. Comunque, nell’evoluzione delle scienze matematiche, la tendenza a sostituire i calcoli col ragionamento è stata una delle sollecitazioni importanti per l’invenzione. Tale impulso emergeva dalle carte sulla musica, ma coloro i quali curavano l’edizione del 1575 sembravano più interessati a lasciare intatta la tradizione di Boezio che a capire l’originalità manifestata al proposito da Maurolico. Il matematico di Messina con semplicità migliorava anche le diseguaglianze le quali definivano il diesis e l’apotome attraverso l’opportuno numero di comma, stringendole entrambi di mezzo comma. Forse egli doveva essere rimasto soddisfatto dei nuovi risultati ottenuti, se di nuovo ne segnava a margine la data: “6 febbraio 1567”.26 A parte altre considerazioni dettate dai progetti originarı̂ e dalla chiarezza, si è preferito dare alle carte del manoscritto l’ordine della nostra edizione proprio per dare risalto ai risultati conseguiti da Maurolico. Ciò era invece andato del tutto perduto nell’edizione veneziana del 1575. 3. LA MUSICA DELLE SFERE. La nostra Musica contiene numerose tabelle le quali si assomigliano tutte. Secondo l’antica tradizione pitagorica, gli astri muovendosi nel cielo generavano note: la cosiddetta musica delle sfere celesti. Cosı̀ ogni astro corrispondeva ad una nota particolare e ad un Modo particolare della musica. I Modi producevano effetti sull’anima delle persone inducendole a quei comportamenti illustrati dalla dottrina dell’ethos nella musica. I pianeti richiamavano nel nome anche i giorni della settimana. Come facile esempio, il pianeta Marte ‘corrispondeva’ al martedı̀ ed al Modo frigio il quale rendeva bellicosi.27 Nella musica si rivelavano dunque i legami che tenevano 22 Ad esempio FABER STAPULENSIS, Arithmetica, 1496, libro 10, 61. cit. nota 13, libro 2, 35. VIII, 51. Marg. 6. VI, 7. I, 24; IX, 18-25. 23 FABER, 24 M. 25 M. 26 M. 27 M. 5 unito il cosmo e lo ordinavano. Le tabelle sintetizzano quindi la struttura del cosmo, la quale si esprime nei numeri. Ma quali potrebbero essere tali numeri? Nella loro scelta le tabelle differiscono talvolta le une dalle altre. Quasi tutte comunque attribuivano il numero 6 al sole, al modo dorico (il primo) ed alla nota mese, cioè media. Quasi tutte contengono esplicitamente il rapporto di tono 8 : 9 ed anche in alto il numero 4.28 Cosı̀ si riusciva a presentare il sole e la nota media come la media proporzionale 6 tra il 9, la terra, ed il 4, il firmamento. Restava tuttavia qualcosa di irrisolto nel modello se Maurolico riscriveva le tabelle tante volte cambiando anche i numeri, si intende in modo proporzionale. Cosı̀ nella tabella 8 essi venivano aumentati nel rapporto di 4 : 3, nella tabella 5 di 16 : 9, 4 : 1, 12 : 1, etc. Quella scelta numerica restava da una parte arbitraria e dall’altra poco soddisfacente per la presenza di rapporti frazionari (ed anche perché era asimmetrica rispetto all’ottava come vedremo meglio presto). Il rovello appare evidente soprattutto nella tabella 6, particolarmente tormentata nel manoscritto, dove i numeri delle note diventate venti, per descrivere cioè l’Icosicordo di Guido D’Arezzo, venivano moltiplicati per 2 e per 6. E qui Maurolico scriveva infatti nella carta 6v: Quod si quis velit has fractiones redigere ad numeros integros, multiplicet hos terminos singulos per 384, nam hic numerus continet omnes terminorum fractiones.29 Finché nella figura 16 della 19r tutti i numeri diventavano finalmente interi (ma ohimè un poco troppo grandi). Le tre tabelle scelte per l’edizione del 157530 ignorano del tutto tale questione presente invece nel manoscritto. Diversamente dal problema visto per i comma, eseguire moltiplicazioni non manifesta un ingegno particolare. Ci permette comunque di osservare come Maurolico si collocasse in quella cultura scientifica la quale modellava il mondo soprattutto attraverso le proporzioni. Tra l’altro, Maurolico assumeva la convinzione di chi (come Cicerone) ‘sentiva’ i pianeti più lontani emettere le note più acute. La giustificazione poteva aggrapparsi alla loro maggiore velocità. Ma la distanza dal centro non contava allora? E la grandezza di Giove e Saturno rispetto alla piccolezza di Luna, Mercurio e Venere? La questione rimase controversa; per Boezio erano piuttosto i pianeti lontani che emettevano le note più gravi. Esisteva persino nello Scholium di Newton sulla proposizione ottava nel terzo libro dei Principia.31 E non dobbiamo dimenticarci neanche che Kepler nello Harmonices mundi libri quinque, proprio in quello che conteneva la famosa terza legge, faceva cantare altrettanto i pianeti.32 La musica delle sfere restava la più varia, come varie apparivano le scienze del resto. Nelle tabelle, al crescere dell’altezza verso le note più acute diminuiscono i valori numerici, i quali quindi risultano inversamente proporzionali ad essa. Quei numeri perciò possono venir pensati come la lunghezza delle corde che generano le note. Che l’altezza fosse inversamente proporzionale alla lunghezza della corda relativa era stata l’antica scoperta attribuita dalla tradizione ai pitagorici. Come costoro, anche Maurolico sembra credere che l’altezza delle note aumenti invece con la tensione messa nelle corde, ma sempre in modo lineare, come scriveva sulle carte 34r e 29v: Et nervus remissius gravius: intensus acutius.33 Corpus magis densum tremit velocius, sicut chorda aenea nervo et intentus remisso.34 28 M. Tab. 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10. VIII, 5. 30 MAUROLICO cit. nota 3, p. 148, 154, 156. 31 T. TONIETTI, Does Newton’s Musical Model of Gravitation Work?, “Centaurus”, 42, 2000, pp. 135-146. 32 J. KEPLER, Harmonices Mundi Libri V, Linz, J. Plank, 1619; rist. Bologna, Forni, 1969; tr. tedesca Welt-Harmonik, Max Caspar (cur.) München, 1939, repr. München, R. Oldenbourg, 1990; tr. inglese The Harmony of the World, E. J. Aiton, A. M. Duncan, J. V. Field (cur.), Philadelphia, American Philosophical Society, 1997. 33 M. I, 4. 34 M. II, 2. 29 M. 6 L’idea che invece l’altezza del suono fosse proporzionale solo alla radice quadrata della tensione doveva maturare tra Vincenzo Galilei e Marin Mersenne.35 4. RADICI. Il manoscritto della Musica veniva riempito da Maurolico anche con estrazioni di radici. Certo i calcoli con le proporzioni non potevano ridursi alle moltiplicazioni ed alle divisioni. Ma perché mai trattare le proporzioni per la musica, secondo la tradizione boeziano-pitagorica, avrebbe dovuto comportare estrarre radici ed avventurarsi quindi sul terreno infido delle grandezze incommensurabili? Infatti nelle pagine pubblicate con l’edizione del 1575 non ne restava più alcuna traccia. In genere la musica veniva accostata all’aritmetica, la quale trattava le quantità discrete, come gli interi, e non le quantità continue, riservate alla geometria. Non si trovano radici né in Boezio, né in Faber, né nella parte musicale, né in quella aritmetica dei loro trattati. (Salvo migliore verifica) In essi si argomenta che i rapporti incommensurabili non possono generare consonanze e per questo vanno scartati. Di conseguenza, seguendo la cosiddetta teoria dei “colpi”, nella carta 29v si legge: Consonantias consistere in proportionibus commensurabilibus nam incommensurabiles sonos impossibile est concordare. sicut impossibile est correspondere tremores incommensurabilium velocitatum, quandoquidem concordantia sive consonantia fit ex ictuum correspondentia.36 Non solum in proportionibus commensurabilibus, sed etiam in praecipuis numeris consistunt vocum musicarum consonantiae. Quoniam incommensurabiles proportiones (quoniam irrationales et ignotae sunt) semper faciunt dissonantiam: quoniam voces in tali proportione constitutae, propter incommensurabilitatem, non per ordinatos ictus sed semper diversos (quae diversitas parit discordantiam) invicem sibi respondet.37 Eppure esisteva un altro problema, molto antico, il quale aveva sempre rischiato di evocare gli irrazionali in modo tale da legare la musica alla matematica più intimamente di quanto riuscisse a fare il semplice uso di proporzioni numeriche. Perché ora nella musica veniva direttamente rappresentata una delle controversie più celebri della cultura antica, forse la controversia per antonomasia. Su di essa non avremo bisogno di dare ulteriori chiarimenti perché ciascuno, matematico o fisico, filosofo, storico o musicista, ne ha un’idea e tali idee sono spesso a loro volta in contrasto. Ma vediamola subito emergere dalla musica. È possibile dividere il tono in due parti uguali? Visto che il suo rapporto valeva 9 : 8, dividere il tono in tal modo significava calcolare la media proporzionale tra 9 ed 8. Maurolico aveva agio ad introdurre la media proporzionale nelle sue tabelle perché tra 4 e 9 la media proporzionale vale un bel 6 intero. Anche se essa, poiché l’ottava di 9 è 4 12 , non si accorda col √ modulo dell’ottava. Ma tra√9 ed 8 la media proporzionale vale 72, un numero che contiene, purtroppo per i pitagorici, 2. Tutti i trattati di tradizione pitagorica e platonica dichiarano allora, per le ragioni ben note, che è perciò impossibile dividere il tono in due semitoni uguali. Si può leggerlo nel Sectio canonis di Euclide, ad esempio.38 Ad ammetterne la possibilità stavano invece Aristosseno ed i suoi seguaci. Uno di loro, la generazione seguente a quella di Maurolico, avrebbe goduto di un nome illustre: Vincenzo Galilei.39 Maurolico da quale parte si schierava? Tra i primi, certo. Eppure, ripetiamolo, le sue carte si riempivano nonostante questo di estrazioni di radici. Non si fidava, voleva verificare 35 H. F. COHEN, Quantifying Music, Dordrecht, Reidel, 1984; P. GOZZA (cur.), La musica nella rivoluzione scientifica del seicento, Bologna, Il mulino, 1989; P. BAILHACHE, Cordes vibrantes et consonances chez Beeckman, Mersenne et Galilée, “Sciences et techniques en perspective” 23, 1993, pp. 73-91. 36 M. II, 12. 37 M. IV, 1-2. 38 EUCLIDE cit. nota 7. 39 V. GALILEI, Dialogo della musica antica et moderna, 1581, Fabio Fano (cur.), Roma, Reale Accademia d’Italia, 1934. 7 direttamente e trovarne ragioni personali. Anche se non è reperibile nella nostra Musica, la precisa affermazione, che risale a Boezio, viene riportata nella Boetianae musicae epitome, la quale apre le Musicae traditiones del 1575. Tonum non posse dividi per aequalia: quandoquidem toni ratio sesquioctava non est, quae quadrati ad quadratum numerum: et perinde medium proportionalem numerum, qui proportionem per aequalia secet, non suscipit. Sic non datur locum Aristoxeno tonum per aequalia secari debere, asserenti.40 Un accenno al proposito si troverebbe in realtà anche nell’elenco numerato il quale partiva dalla definizione del suono. Tuttavia esso sta solo al numero 31 verso la fine, nella parte la quale non è rimasta nel nostro manoscritto. Esso recita: Neque igitur Aristoxenus, qui tonum per aequalia: neque Philolaus, qui aliter divisit, audiendus est.41 Si fosse Maurolico accontentato di simili affermazioni non avrebbe fatto i calcoli che si trovano nel manoscritto. Ma di Boezio come faceva a fidarsi? Cosı̀ nella carta 10r ricavava il tono 9 : 8, sottraendo il diesis 256 : 243, otteneva l’apotome 2187 : 2048. (Fig. 29) Il tono 2187 : 1944 veniva dunque diviso dal numero 2048 in due parti. Et quoniam numerus medius proportionalis inter .2187. et .1944. est maior quam 2061. Propterea proportio .2048. ad .1944. minoris semitonii minor est quam dimidium toni.42 La medesima carta contiene i calcoli relativi. Prima Maurolico si sbagliava nel moltiplicare 2187 per 1944 e credeva che venisse 3018528; ne estraeva la radice ottenendo un 1737 chiaramente errato. Allora correggeva il numero in 4008528 e ne ricalcolava la radice. Si era sbagliato di nuovo ed otteneva 2002, che verificava non andava ancora bene. Poi ripartiva dal numero che credeva giusto 4018528 e ne estraeva la radice altre tre volte. Otteneva ora 2004. Questo era il primo numero che aveva considerato nel testo per la media proporzionale, poi corretto in 2061. Si accorgeva finalmente che aveva sbagliato la moltiplicazione in più punti e la correggeva di nuovo. Essa era diventata perciò talmente pasticciata che abbiamo preferito trascriverla più volte per mettere in evidenza ogni errore per proprio conto. Alla fine otteneva il risultato giusto 4251528, la cui radice estratta sulla carta 9v valeva ora (approssimativamente) 2061 (Marg. 6), il numero posto nel testo. Per la tecnica usata nel calcolo delle radici quadrate si rimanda ai trattati d’epoca. In essi si ritrova la procedura i cui schemini caratteristici con i numeri tagliati sono rimasti nel manoscritto. Luca Pacioli nella Summa de arithmetica ne aveva dato una procedura uguale.43 Si veda anche la tesi per il dottorato di Jean-Pierre Sutto.44 Nella carta 27r Maurolico andava persino oltre. Otteneva il rapporto per il comma ed almeno iniziava l’estrazione della radice per i termini 531441 e 524288, nonché per la loro differenza 7153. Poi sembrava addirittura cercare la media proporzionale tra quei termini per il comma, come se volesse dividerlo a sua volta in due parti eguali, cioè calcolava lo schysma. Qui curiosamente, pur essendo la moltiplicazione molto più lunga dell’altra, commetteva un solo errore del quale si accorgeva subito. Estraeva la radice del risultato tre volte, anche nella carta 28r. Sulla 27v cercava la media proporzionale tra 2187 e 2048, cioè divideva (nei numeri approssimativamente) l’apotome in due parti uguali. Calcolando invece la media proporzionale tra 2304 e 2048, era il tono che spezzava ora in due parti uguali. Rappresentava ancor più 40 MAUROLICO 41 MAUROLICO cit. nota 3, p. 148. cit. nota 3, p. 153. 42 M. XII, 15-17. PACIOLI, Summa de arithmetica, Venezia, 1494; faxs. Roma, Istituto poligrafico dello stato, 1994. 44 J.P. SUTTO, Francesco Maurolico, mathématicien italien de la Renaissance, thèse Paris VII, 1997. 43 L. 8 chiaramente l’operazione nella scrittura “9 . r72 . 8”, dove “r” era il simbolo usato all’epoca per la radice. Le pagine qui presentate ci conducono alla questione delicata di carattere generale se e come Maurolico ammettesse la rappresentazione numerica delle medie proporzionali irrazionali. Le considerazioni tradizionali, riprese anche da lui, che rapporti incommensurabili non fossero in grado di generare le consonanze pesano in senso negativo. Maurolico aveva prima preso gli ordini sacerdotali, poi era diventato abate benedettino in Castelbuono presso l’Abbazia del Parto.45 Quindi per lui, un religioso di ‘mestiere’, doveva ben valere quanto scritto nella Boetianae musicae epitome del 1575: Solus enim Deus infinitus.46 Quando nelle pagine sulla musica la questione ritornava, che gli irrazionali non potessero venir considerati ed usati come gli altri numeri, essa trovava per lui la giustificazione definitiva. Per fare un confronto, Simon Stevin scriveva invece: “Que racine quelconque est nombre”, come terza delle sue Thèses mathématiques.47 Di conseguenza, nessun ostacolo ideale avrebbe impedito all’olandese di calcolare e sostenere la divisione dell’ottava in dodici semitoni uguali.48 Per quanto detto, le carte sulle Species quantitatum rationalium et irrationalium non sfigurano in un’edizione la quale tratta soprattutto di musica, anche se esse riprendevano di Maurolico piuttosto gli Arithmeticorum libri duo.49 5. UN NUOVO SIMBOLISMO. Maurolico rivelava qui nella Musica anche una particolare inclinazione per il simbolismo astratto e generale. Sul bordo della carta 34v definiva infatti gli intervalli attraverso coppie di lettere, invece che di numeri.(Tab. 1) Tradiva persino un gusto per la combinazione circolare simmetrica ab bc ca alla quale, dopo secoli di evoluzione storica da Leibniz ai quaternioni, ci siamo abituati. Alla fine, ma non era l’aspetto minore, Maurolico si sollevava dai calcoli con i numeri per dare regole più generali attraverso le quali operare sulle proporzioni utili per la musica. Definiva una Regula compositionis ed una Regula subtractionis attraverso lettere disposte come gli schemi della carta 9r, riprodotti nella sezione XII della Musica alle figure 23 e 24.(Fig. 1) 45 MACRÌ cit. nota 6, p. 57. cit. nota 3, p. 147. 47 S. STEVIN, L’Arithmetique, 1585, in The Principal Works of Simon Stevin, D. J. Struik (ed.), Amsterdam, Swetz & Zeitlinger, 1958, vol. II. 48 S. STEVIN, Vande Spiegheling der Singconst, in The Principal Works of Simon Stevin, Adriaan D. Fokker (ed.), Amsterdam, Swetz & Zeitlinger, vol. V. 1966. T. TONIETTI, The Mathematics of Music During the XVI Century: the cases of Francesco Maurolico, Simon Stevin, Chéng Dàwèi, Zhu Zàiyù, lavoro presentato alla 9th International Conference of History of Science in China, Hong Kong 2001, in “Ziran kexueshi yanju [Studies in the History of Natural Sciences]”, 2003 Pechino. 49 F. MAUROLICO, Arithmeticorum libri duo, Venezia, Francesco De Franceschi, 1575. 46 MAUROLICO 9 3 b 2 a , , , , , 4 @ % % @ % 8 % @ e c d 3 @ @ @ @ @@ @ @ f e g 12 8 6 a b @ @ @ @ e c d f g Figura 1. Non doveva all’inizio essere troppo sicuro. Si sbagliava infatti nel primo schema e dapprima disponeva male la e rispetto alla f . Doveva poi correggere l’errore nel testo. Una proporzione è definita da una coppia ordinata di termini. Date due proporzioni, esse si possono “continuare” ricavando dalle due coppie di termini altri tre termini. Questi ultimi contengono sia le proporzioni di partenza, sia la nuova cercata la quale ne descrive la composizione. La regola permette di ottenere la proporzione per la somma di due intervalli musicali. Due proporzioni si possono anche “subtrahere” attraverso il secondo schema il quale permette di ricavare la proporzione per la differenza di intervalli musicali. Nel progetto del 1569, le Regulae sono chiamate “Systematum calculus”.50 Visualizzate attraverso di esse, le proporzioni musicali possono essere ottenute rapidamente e con particolare chiarezza. Se tali schemi adoperati da Maurolico non si trovassero nei trattati correnti di aritmetica, andrebbero considerati sue creazioni originali. Di norma, si vedono soltanto quelli per la moltiplicazione tra coppie e la divisione, con la caratteristica croce. Le Regulae venivano scartate dai curatori per l’edizione a stampa del 1575. Ne pubblicavano 50 M. VIII, 53. 10 soltanto il risultato, alla fine.51 Cosı̀ Maurolico veniva di nuovo ridotto ad un semplice espositore della tradizione, senza particolari levate di ingegno. Invece abbiamo mostrato come le carte del manoscritto curato da noi siano molto più ricche e contengano elementi di interesse anche per gli storici delle scienze matematiche. Una curiosa particolarità. Nell’eseguire le divisioni, qui Maurolico scriveva il divisore a sinistra ed il dividendo a destra. Non sappiamo se ciò fosse all’epoca relativamente comune, oppure fosse un’abitudine del nostro matematico siciliano. 6. IL GRECO. Vorremmo infine richiamare l’attenzione su due ulteriori piccoli dettagli i quali gettano un poco di luce su una questione di rilievo, rimasta però oscura e controversa. Maurolico conosceva la lingua greca? Usava i nomi greci delle corde per indicare le note musicali come ad esempio: Appellantur etiam hi .8. primi nervi Proslambanomenos, Hypate, Parhypate, Lichanos, Mese, Paramese, Paranete, Nete.52 Ma che ne indicasse in latino anche il senso, come corda aggiunta, principale, per l’indice, media ed acuta (Tab. 10) non significava granché, perché la traduzione si trovava facilmente nei trattati. Eppure scriveva sulla carta 29r: Lichanos quae consistit in indice digito subsequenti. Etymologia caeterarum chordarum per se patet.53 ed in quella 35v: Quorum vocabulorum etymologia facile patet.54 Avrebbe potuto scrivere che l’etimologia fosse “di per sé” evidente e “facilmente” evidente se non avesse conosciuto il greco? Il nipote, Francesco Marolı̀ Baron della Foresta, riferiva che Francesco Maurolico fosse stato istruito dal proprio padre nella lingua greca.55 Il Macrı̀ avrebbe infine scritto che Maurolico fosse “dottissimo nella greca favella”.56 Diceva persino che il manoscritto villacanense contenesse traduzioni dal greco.57 La bilancia dei riscontri è però al momento vuota. Per quanto forse come una piuma, le due parolette della nostra Musica pesano la loro parte ed andrebbero contate fra gli elementi a favore delle affermazioni precedenti. 7. LA FORMAZIONE DEL CORPUS ORIGINARIO. Abbiamo visto come le differenze tra quanto stampato nel 1575 a Venezia e quanto rimasto nel manoscritto a Parigi siano tante e molto significative. Si tratta ora di capirne le ragioni e per farlo cercheremo di ricostruire delle carte musicali lasciate da Maurolico le vicende, che sono complesse, lacunose e talvolta persino contraddittorie. Cominciamo col raccontare come il 51 MAUROLICO cit. nota 3, p. 160. I, 25; Tab. 4. 53 M. X, 12. 54 M. I, 25. 55 BARON DELLA FORESTA, Vita dell’Abbate del Parto D. Francesco Maurolico, Messina, 1613; www.maurolico.unipi.it, 2000. 56 MACRÌ cit. nota 6, p. 144. 57 Ibid., p. 115. 52 M. 11 ora anche in corpus musicale sia stato costituito e quindi ripetiamo qui per comodità quali testi di argomento soprattutto musicale siano pervenuti fino a noi. Le sigle si riferiscono all’edizione dell’Opera mathematica in www.maurolico.unipi.it 1) il Par. Lat. 7462, presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, messo qui in edizione col nome di Musica A6; 2) le Musicae traditiones carptim collectae contenute negli Opuscula mathematica, usciti postumi a Venezia nel 1575 S7; 3) il foglio 51r del San Pantaleo 115/32, presso la Biblioteca Nazionale di Roma A19; 4) il manoscritto di Christophorus Clavius, F. M. Boetianae musicae compendium, APUG Fondo Curia 2052, presso la Biblioteca Gregoriana di Roma C13. Ricostruiamo ora tutto quanto Maurolico possa aver scritto sulla musica o fatto riguardo ad essa nell’intera sua esistenza. Questo ci servirà per discutere meglio cosa e perché di tale corpus (indicato con Ω) sia passato nelle nostre fonti e cosa sia invece andato disperso. Capiremo inoltre anche le relazioni tra i vari testimoni. Allo scopo ci è di valido aiuto che Maurolico abbia lasciato spesso tra i suoi scritti l’elenco dei lavori compiuti fino a quel certo momento, spesso chiamato index lucubrationum. Il risultato della ricerca è il seguente, dove viene indicato accanto all’anno (quando conosciuto od ipotizzato) il testo dal quale prendiamo l’informazione. - 1528, Grammaticorum rudimentorum libelli sex: “... Boethi arithmetica et musica elementa ... nullo praeeunte praeceptore per memet ipsum intellexi” (p. 7) S1.58 - 1540, dedica a Pietro Bembo, nella Cosmographia 1543: tra “aliquot meas lucubratiunculas ... In secunda sectione.... Boetianae musicae compendium. Musicae speculativae et practicae compendium ex Guidone, aliisque authoribus: in quo vocum consonantium ac dissonantium ratio plene discutitur” S2.59 - 1550, Abbate del Parto: “Quivi [Abbadia del Parto, Castelbuono] dimorava il buon Pastore con la sua diletta greggia, salmeggiando con essi loro in Choro, ed attendendo in camera alla speculazione Mathematica”, “nella quale [chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri Gerosolimitani a Messina, dove poi sarebbe stato sepolto] udivasi assiso in Choro cantar sovente con festevole sembiante”.60 - Villacanense, Index lucubrationum: “De musica. ... Compendium musicae Boetii cum quibusdam scholiis ad intervallorum proportionem facientibus”.61 - Villacanense, tra gli autografi contenuti nel codice: 1. Tavola sinottica, tra le applicazioni delle matematiche ai corpi, “musica”.... “17. Boetii arithmetica (pag. 208 a 212). Le più utili teoriche di Boezio ridotte in un compendio che termina con le parole: Catanae die 28 januarii 1554. Lector vale; caetera in quibus Boetius speculatur, plus habent fastidii quam jucunditatis; ideoque negligenda duximus. 18. Musica Boetii (pag. 213 a 218). Opuscolo del tutto simile al precedente.”62 - 1556, lettera a Juan de Vega: “... Et quamvis Euclides a continuis, Boetius autem noster a discretis exordium capientes discrepent”,63 “De quibus [numeri lineari, piani, solidi] Euclides, Boetius, ac Jordanus”,64 “Item tam discreta quam continua quantitas aliis aut aliis applicata rebus, aliam atque aliam generat scientiam, quae arithmeticae, ut calculus, rhytmica, musice: aut geometriae subiacet, ut/ astronomia, geographia, chorographia perspectiva, de quibus 58 F. MAUROLICO, Grammaticorum rudimentorum libelli sex, Messina, Petruccio Spira, 1528. MAUROLICO, [Dedica al cardinale Pietro Bembo, 1540], in Cosmographia, Venezia, 1543. 60 BARON DELLA FORESTA cit. nota 55. 61 MACRÌ cit. nota 6, p. xvii. 62 Ibidem, pp. xxiii-xxv. 63 Ibidem, p. li; R. MOSCHEO, I gesuiti e le matematiche del sec. XVI, Messina, Società Messinese di Storia Patria, 1998, p. 289. 64 MACRÌ cit. nota 6, p. lii; MOSCHEO cit. nota 63, p. 290. 59 F. 12 postea latius loquemur”,65 “In Jordani autem Arithmeticis atque Boetii ....”,66 “... sine quibus [gli ‘Spherica elementa Theodosii’] nemo astronomica primordia satis perpendere queat, sicut neque sine arithmeticis musicam, cum pure mathematica materialibus scientiis anteponenda sint.”,67 “Quid enim ego, per immortalem deum rogo, nocerem, si elementorum Euclidis, sphaericorum Theodosii ac Menelai, conicorum Apollonii, cylindricorum Sereni, operum Archimedis, arithmeticorum Jordani, musices, perspectivae, astronomiae ac mechanicarum inventionum diffinitiones, conceptus, postulata, problemata et theoremata in unum congregarem?”,68 “O felix seculum, .... non solum sculptores .... machinatores, fabri, pictores, tibiicines, musicique praestantissimi, publice conducuntur, sed etiam rethorum ac philosophorum ad commune commodum opera exquiritur”,69 - 1558, Index lucubrationum, in Sphaerica Theodosii: “De musica” S4.70 - 1569, lettore Università di Messina: “... legere in predictis studiis publicis istius civitatis ... predictam lectionem mathematice geometrie arithmetice speculative astrologie musice speculative prospective et omnium aliarum rerum et instrumentorum quae ad hanc scienciam mathematicam spectant ...”.71 - Par. Lat. 7466, Index lucubrationum Maurolyci: “De musica. ... Compendium musicae Boetii cum quibusdam scholiis ad intervallorum proportionem facientibus... Musica ex Boetio, ex Graecis authoribus, ex Fabro. His additur compendium nostrum, theoriam vocum et consonantiarum [modorum modulationum] omnem paucis comprehendens ... Boetii Arithmetica, et Musica, cum compendio Jacobi Fabri et tractatu nostro brevissimo ... 17 sep. 1570” A10.72 - 1575, Index lucubrationum, Arithmeticorum libri duo: “De musica ... Compendium boetianae musicae, cum optimis speculationibus et calculo, ac modulatuum ratione et systematum proportione” S8.73 - 1593, Antonio Possevino citava Maurolico “tra gli autori di musica pratica e speculativa”.74 - 1613, Index lucubrationum, Vita dell’Abbate del Parto: “De musica ... Compendium boetianae musicae, cum optimis speculationibus et calculo.”75 - Lista dei manoscritti e libri apud haeredes Sylvestri Maurolyci: “[33] Nonnulla ad Musicae Theoricam spectantia”.76 “Verso la metà del seicento, quasi tutti i manoscritti del Maurolico, ivi compresi gli studi delle opere di Archimede, erano ancora nelle mani degli eredi”.77 Pertanto, entro il 1528, il nostro personaggio di Messina aveva studiato ed imparato da sè stesso quanto Boezio avesse scritto sull’aritmetica e sulla musica. Troviamo spesso l’aritmetica di Boezio seguita immediatamente dalla musica relativa perché l’una veniva considerata l’introduzione all’altra costituendo un’accoppiata tradizionale. Nel 1540, Maurolico scriveva di aver compilato un compendio della musica boeziana nonché un compendio teorico e pratico della musica preso da Guido D’Arezzo ed altri autori [Faber ?]. In essi cominciava probabilmente a mettere anche del suo discutendo “plene” la “ratio” delle consonanze e delle dissonanze. Entro questa data cominciava quindi a costituirsi Ω. 65 MACRÌ cit. nota 6, p. liii; MOSCHEO cit. nota 63, p. 291. cit. nota 6, p. lvi; MOSCHEO cit. nota 63, p. 292. 67 MACRÌ cit. nota 6, p. lvi; MOSCHEO cit. nota 63, p. 293. 68 MACRÌ cit. nota 6, p. lxxiii; MOSCHEO cit. nota 63, p. 303-304. 69 MACRÌ cit. nota 6, p. lxxv; MOSCHEO cit. nota 63, p. 305. 70 F. MAUROLICO, Theodosii Sphaericorum elementorum libri III, Messina, Pietro Spira, 1558. 71 MACRÌ cit. nota 6, p. lxxix-lxxx; MOSCHEO cit. nota 63, p. 334. 72 M. CLAGETT, The Works of Francesco Maurolico, “Physis”, XVI, 1974, pp. 148-198, alle pp. 180, 183, 188, 189; MOSCHEO cit. nota 63, p. 347. 73 MAUROLICO cit. nota 49. 74 MOSCHEO cit. nota 63, p. 223. 75 BARON DELLA FORESTA cit. nota 55. 76 MOSCHEO cit. nota 1, p. 418. 77 Ibidem, p. 113. 66 MACRÌ 13 Egli non sembrava però interessato soltanto alla teoria della musica. Il nipote, Baron della Foresta, lo descriveva infatti prender parte con diletto ai canti di chiesa sia nella sua abbazia di Castelbuono che in Messina. Ciò non dovrebbe meravigliarci perché la musica è sempre entrata nella formazione dei sacerdoti e degli adepti degli altri ordini religiosi cattolici. Moscheo ipotizza anche una partecipazione di Maurolico alle attività musicali della corte di Pietro Barresi.78 D’ora in avanti, la musica ritornava in tutti i successivi elenchi dei lavori compiuti dal messinese. Da quello aggiunto al manoscritto villacanense, ora disperso ma ancora studiato dal Macrı̀, apprendiamo che esistesse sempre il compendio da Boezio corredato da alcuni commenti riguardo le proporzioni per gli intervalli musicali. Anzi, come riferisce il Macrı̀, il compendio della musica da Boezio doveva costituire una parte del manoscritto villacanense stesso insieme all’aritmetica di Boezio. È significativo che Maurolico lasciasse anche qui critiche a Boezio, a quello dell’aritmetica, perché possono venir confrontate con quelle portate alla musica relativa. Non sappiamo se la data del 1554 per l’aritmetica si possa estendere anche alla musica. Probabilmente il compendio sulla musica non porta date perché già compilato prima. In ogni caso, esso non poteva contenere molto di più rispetto al vecchio compendio da Boezio perché contava solo sei pagine. Comunque allora, intorno al 1554, il nostro Ω costituiva parte integrante del villacanense e non era ancora molto esteso: sei pagine. Anche nella famosa lettera del 1556 a Juan de Vega, Maurolico scriveva qua e là di musica, ma non troppo relativamente alle altre discipline trattate. Essa ritornava quando compariva Boezio, messo in contrasto con Euclide in quanto aveva considerate le quantità discrete mentre il geometra greco aveva trattate le continue. La scienza delle quantità discrete era l’aritmetica sotto alla quale stava la musica, come l’astronomia e la prospettiva stavano sotto alla geometria. Senza l’aritmetica non si sarebbe potuto trattare la musica, come senza gli Sferici di Teodosio l’astronomia. Le scienze matematiche pure andavano poste prima di quelle materiali. La musica veniva alla fine inglobata insieme a tutte le altre opere di Euclide, di Menelao, di Apollonio, di Archimede etc. fino a formare un tutto unico. Infine per il messinese la musica non era solo teoria e metteva anche “i musicisti e suonatori di flauto” tra gli altri artisti e filosofi che avessero reso fortunato quel secolo. Ω ritornava come “De musica” nel 1558, ma non doveva essere cambiato molto. Invece nell’Index lucubrationum annesso al Par. Lat. 7466 A10 possiamo registrare una crescita. Accanto al compendio da Boezio, da Faber e da altri autori, Maurolico parlava di aver aggiunto un “compendium nostrum”, il quale comprendeva tutta la teoria delle note e delle consonanze in pochi tratti, con un “tractatu nostro brevissimo”. A questo punto possiamo seguire le date presenti nella nostra edizione della Musica per vedere come Ω sia aumentato tra il 1566 ed il 1569. Allora tra la fine del 1566 ed i primi mesi del 1567 comparivano i commenti e le critiche decisive a Boezio. Nel maggio del 1567 abbiamo l’elenco dei temi per la musica, alcuni già trattati ed altri da trattare forse in seguito. Nel giugno del 1567 Pietro Barresi, principe di Pietraperzia, chiedeva a Maurolico di aggiungere e considerare altri argomenti musicali, tra di essi le medie. Nel novembre del 1567 il matematico di Messina si occupava dell’Icosicordo di Guido D’Arezzo. Finché nel marzo del 1569 riappuntava, come “Ordo Compendii”, lo stato della situazione e quanto mancasse per dare un ordine soddisfacente alla materia musicale. Gli anni passavano ed erano ormai diventati più di settanta. Maurolico doveva affrettarsi se voleva completare l’opera colmandone le lacune e raggruppandola “in unum”. Per questo gli arrivava uno stimolo ulteriore nel 1569: quando la cittadinanza di Messina gli assegnava il compito di insegnare presso quell’università il complesso delle scienze 78 MOSCHEO cit. nota 63, pp. 168-169. 14 matematiche dalla geometria alla prospettiva, dall’aritmetica all’astrologia. Nell’elenco era compresa la musica. Gli altri elenchi dei lavori continuavano a riportare le carte musicali tra le quali spiccavano sempre il compendio di Boezio e le riflessioni personali di Maurolico. L’ultima traccia del corpus Ω può venir individuata nell’elenco dei manoscritti e dei libri che gli eredi di Maurolico stilavano intorno alla metà del seicento. Qui ancora sono registrate “Alcune cose le quali riguardano la teoria della musica”. 8. IL ROMPICAPO DELLE RELAZIONI TRA I TESTIMONI. Il corpus originario Ω non può coincidere col manoscritto parigino Par. Lat. 7462 A6, da noi messo in edizione col nome di Musica, perché in esso manca oggi del tutto il compendio da Boezio. Questa prima parte di Ω era finita nel manoscritto villacanense il cui destino si separava dal gruppo dei manoscritti fatti arrivare a Parigi. Il compendio da Boezio restava dunque in freto siculo dove poteva ancora venir esaminato dal Macrı̀ almeno fino al 1901 nel villacanense. Ma poi andava con esso disperso, probabilmente per il terremoto del 1908. Tuttavia il compendio da Boezio doveva o poteva anche essere stato ricopiato per l’edizione degli Opuscula mathematica in Venezia. Infatti con esso iniziano le Musicae traditiones. Prima di fare un confronto più preciso tra la nostra edizione della Musica e le Musicae traditiones, ricordiamo brevemente le vicende che avevano condotto all’edizione del 1575. Sono state all’origine narrate dal Baron della Foresta, poi riprese infine da Rosario Moscheo e Jean-Pierre Sutto. Maurolico era stato largo in communicar a gli amici le sue speculazioni, gelosissimo dell’altrui fama, non fu miga maledico, non rimproveratore, non ambitioso, anzi talmente sprezzatore di gloria, ed honore terreno, che soleva ben ispesso dire di stimar nulla, che l’opere da sé con si lunga fatica composte, e lambiccate a viva forza di studio da qual raro cervello, d’altrui nome fregiate, si esponessero al mondo, pur che a pro dei mortali, e contezza del vero elleno fossero publicate.79 Il 16 aprile del 1569 il messinese aveva scritto al padre generale dei Gesuiti in Roma, Francisco Borgia, chiedendogli il patrocinio per la pubblicazione di certi compendi richiesti dai suoi amici i quali lo avevano costretto a rimettersi al lavoro. Dalla lettera traspare la preoccupazione di non riuscire a terminare l’opera e la richiesta per questo di venir aiutato da Clavio “le cui azioni desiderava per esaminare e correggere i nostri lavori”.80 Maurolico avrebbe voluto stampare tutte le sue opere e si stava adoperando per farsi aiutare sia nella messa a punto e riordino delle carte che nelle spese di edizione. Almeno due altri padri provinciali della Sicilia, il 10 novembre 1569 ed il 6 dicembre 1570, si prendevano a cuore la faccenda appoggiando le richieste del matematico. C’è qui una persona molto versata nelle matematiche e molto anziana la quale ha scritto molte opere in queste discipline e noi l’abbiamo persuaso a scrivere un compendio matematico sulle cose più necessarie, allo scopo che lo si possa leggere in poco tempo, ed egli ne ha già fatta una buona parte. Desidererebbe che padre Clavio venisse per qualche mese onde portare a compimento il progetto.81 79 BARON DELLA FORESTA cit. nota 55. cit. nota 1, p. 276; SUTTO cit. nota 44, p. 106; P. D’ALESSANDRO & P. D. NAPOLITANI, I primi contatti fra Maurolico e Clavio: una nuova edizione della lettera di Francesco Maurolico a Francisco Borgia, 200?. 81 SUTTO cit. nota 44, p. 111. 80 MOSCHEO 15 Finalmente nel 1574, verso la fine di aprile, Clavio arrivava a Messina, dove si tratteneva anche se non stabilmente fino ai primi di settembre. Pur se non sappiamo esattamente cosa abbia fatto, il gesuita tra le altre cose doveva aver messo le mani nei manoscritti di Maurolico. Scriverà più tardi (nel 1581) di aver avuto un manoscritto di Maurolico prima che fosse stampato negli Opuscula mathematica del 1575 S7. Era il manoscritto De lineis horariis82 e non quello copiato da Ω cioè dal compendio sulla musica da Boezio. Tuttavia, da quest’ultimo, il gesuita doveva a sua volta trarre quel breve riassunto, messo in edizione come F. M. Boetianae musicae compendium C13, che discutiamo a lungo più avanti. Il Baron della Foresta, il quale in quegli anni ospitava in casa lo zio, riferiva che col Clavio ci fosse “molta famigliarità” e gli affidasse i manoscritti originarı̂ sull’ottica per farli stampare a Roma. Invece altri, “i quali vennero dopo la sua morte impressi”, di argomenti vari dal calendario ai cinque corpi regolari e tra i quali la musica, venivano affidati al Comenzino che andava a Venezia. Ma qui, per una questione di debiti, li avrebbe stampati alla fine Francesco De Franceschi come Opuscula mathematica. È curioso che il destino avesse fatto arrivare anche la teoria musicale di Maurolico allo stesso editore del teorico all’epoca più celebre per la musica, cioè Gioseffo Zarlino. Tutta la storia è stata infine ripresa da Moscheo più recentemente.83 Costruiamo ora una tabella nella quale si riassumono quali parti del corpus originario Ω siano passate nella nostra Musica, cioè in A6, quali nelle Musicae traditiones, del 1575 S7, e quali nel riassunto di Clavio, C13. (Tab. 1) 82 SUTTO cit. nota 44, p. 116. cit. nota 63, pp. 185-232. 83 MOSCHEO Ω Boetianae musicae compendium [I] De Musicae subiecto. De sono, voce et modulatu De primis vocum intervallis et proportionibus De tono, diesi et apotome et eorum proportionibus [II] Theoria musices proportiones 30 [III] Septem planetae Tab. 1 Repastinatio [IV] Speculatio super consonantiis Comma esse diesis et apotomes differentiam Tonum esse minorem quam 9 commata maiorem quam 8 Diesim esse minorem 4 maiorem vero 3 commatibus Apotomen minorem 5 maiorem 4 commatibus [V] Ex calculo Boetii [VI] Calculus Boetii Scholium super calculum Boetii unde constabit diesim excedere 3 commata et dimidium. Apotomen autem maiorem 4or commatibus et dimidio [VII] Medietas [VIII] De Icosichordo Guidonis Hoc est Icosichordum Octochordis Lyra cum suo preambulo Icosichordum Guidonis cum sua expositione Mercurii Lyra Hexachordum Guidonis Ordo Compendii [IX] De octo modis modulatuum, quos vocant tonos De genere diatonico, chromatico et harmonico Modorum proprietates Tropi [X] Regulae contexendi Symphonias Cantus praeceptiones [XI] Instrumentorum authores Instrumenta secundum sonorum proportiones construi debere De organis, tibiis, monochordis, harpichordis instrumentis. De cithara. Compendium praxis musicae [XII] Systematum calculus Regula Compositionis [XIII] Notularum proportio [XIV] Species ... irrationalium A no sı̀ S sı̀ no C sı̀ no sı̀, fino alla 20 sı̀ no sı̀ sı̀, fino alla 32 no no no no no sı̀ sı̀, solo in parte sı̀ sı̀ sı̀ no sı̀ no no no no sı̀ sı̀ no sı̀, tabella con brevissimo commento no sı̀, tabella con breve introduzione sı̀ sı̀ sı̀ sı̀ no no no sı̀ no no no sı̀, solo effetti no sı̀ no sı̀ sı̀ no sı̀, solo piccolissimo accenno sı̀ no sı̀ sı̀, solo risultati no no no sı̀, solo fig. 38 sı̀ no no Tabella 1. Il fondo più completo degli scritti lasciatici da Maurolico sulla musica è dunque la nostra Musica. Tuttavia le altre pagine mancanti sull’argomento sono rintracciabili vuoi in S7, vuoi attraverso C13. In particolare, il compendio da Boezio disperso col villacanense era rimasto sı̀ stampato nelle Musicae traditiones, ma il confronto col C13 di Clavio solleva dubbi sull’essere esso conforme a pieno con quanto lasciato da Maurolico in Ω ed eventualmente ricopiato. Della trentina prevista di proposizioni sul suono e le proporzioni musicali, nella Musica ne sono rimaste solo venti insieme ad un piccolo frammento; esse possono però venir completate utilmente con le trentadue stampate il 1575 in S7. L’elenco dei “Tropi” si recupera attraverso il riassunto di 17 Clavio C13. Mentre su gli authores, appena accennati nella Musica, abbiamo l’intera pagina di S7. Infine sui valori di durata per le note dobbiamo accontentarci della piccola figura 38 rimasta nella Musica. Tra la Musica di Maurolico e le Musicae traditiones non esistono soltanto differenze nella quantità e negli argomenti trattati. La differenza più importante riguarda Boezio, il riferimento obbligato per tutti i teorici della musica del tempo. Che nella Musica non ci fosse alcun compendio da Boezio, mentre le Musicae traditiones lo mettevano proprio all’inizio, non dipendeva né dagli studi, né dalle intenzioni di Maurolico, ma dalle vicende subite dai manoscritti. Tuttavia non possiamo ignorare che nella Musica Boezio venisse ampiamente criticato per l’errore di trattare i termini di una successione geometrica come se fossero invece collocati in una successione aritmetica. Per correggerlo, il messinese inventava allora un altro modo di procedere, molto breve ed elegante del quale si è scritto nel paragrafo 2. Invece nelle ... traditiones vi si fa solo un piccolo cenno in fondo, lasciando cadere del tutto la nuova dimostrazione di Maurolico. Pertanto nelle ... traditiones i contributi principali di Maurolico non compaiono, mentre essi si possono ora leggere nella Musica.84 Boezio aveva liquidato come impossibile la divisione del tono in due parti uguali. Maurolico se non altro eseguiva calcoli per verificarlo e lasciava la media proporzionale tra 8 e 9 alla carta 27v. Quindi le ... traditiones assumevano l’aspetto di un testo per l’insegnamento delle consuetudini consolidate. Mentre la Musica è in grado ora di restituirci quanto Maurolico aggiungesse alla tradizione pitagorica. Offriva inoltre la Regula compositionis e la Regula subtractionis come procedura generale per calcolare le proporzioni della musica. Nelle ... traditiones ne restano soltanto i risultati riassunti nella tabella finale. Da notare anche come i suoi contributi rivelassero un qualche maggior impegno matematico. Per questi motivi, la Musica appare dunque un testo più ricco e più interessante delle ... traditiones. Ma, viceversa, negli argomenti trattati le ... traditiones sono rimaste per forza di cose più complete della Musica. Nell’introduzione sul suono e le proporzioni musicali [II], la Musica resta mutila. Si arresta al punto 20 nel mezzo di una frase; poche altre righe si recuperano in fondo alla carta 31r. Mentre le ... traditiones proseguono fino al punto 32. Altrettanto insufficiente è l’accenno a Mercurio. Mentre nelle ... traditiones all’argomento degli authores, da Mercurio a Pitagora, veniva riservata l’intera pagina 159. L’unico capitoletto presente al completo, sia nella Musica che nelle ... traditiones, è quello dedicato ai precetti per la composizione. Le ragioni di tali differenze possono essere molte. Il corpus originario non deve esser stato costituito in modo omogeneo a motivo della sua elaborazione estesa nel tempo, circa trent’anni. Cosı̀, accanto a parti ben sistemate e ben scritte, se ne notano altre solo iniziate ed abbozzate con ripetizioni e calcoli a margine. Ω non poteva quindi venir pubblicato cosı̀ com’era, anche se alcuni argomenti apparivano già pronti. Tra di essi il compendio da Boezio, le proposizioni numerate sul suono e sulle proporzioni musicali, le regole per ben comporre, lo scolio su Boezio. Invece le pagine sui Modi e l’Icosicordo di Guido D’Arezzo dovevano aver bisogno di venir riaggiustate, completate, semplificate o riassunte. Quando si profilava la possibilità della desiderata pubblicazione, qualcuno doveva metterci le mani per organizzare bene l’edizione. Chi? Maurolico da solo? Maurolico con l’aiuto di Clavio? Clavio da solo? Altri anonimi curatori (probabilmente gesuiti) tra Roma e Venezia? Comunque, oltre alla riorganizzazione per l’edizione veneta S7 del 1575, Ω subiva anche tutti gli smembramenti, le perdite, le reimpaginazioni, la disorganizzazione dovuti alle vicende che 84 Anche Salvatore Pugliatti, uno dei primi lettori del manoscritto musicale, sottolineava la novità di Maurolico rispetto a Boezio, ma non ne coglieva la reale natura matematica. S. PUGLIATTI, Le Musicae Traditiones di Francesco Maurolico, “Atti Accademia Peloritana dei Pericolanti”, Messina, 48 (1951-1967), 1968, p. 313-399. 18 lo portavano, in parte, dal freto siculo alla biblioteca di Parigi dove è oggi conservato. Né è da escludere che bibliotecari siano intervenuti su di esso persino qui. Infine dobbiamo chiederci da dove Clavio abbia estratto il suo compendio F. M. e quanto esso sia stato fedele alla fonte. Poiché il Boetianae musicae compendium si trova sia in S7, stampato a Venezia nel 1575, sia in C13 come copiato da Clavio nel manoscritto a Roma, sia nel villacanense rimasto a Messina fino al 1901 saremmo obbligati a credere che ne sia stata fatta necessariamente almeno una copia. Lo stesso dovremmo pensare di quelle parti di Ω finite da un lato nel Par. Lat. 7462 a Parigi A6, ma dall’altro anche stampate a Venezia in S7, come le Theoria musices proportiones, Regulae contextendi Symphonias, i risultati del Systematum calculus. In questo ultimo caso, il legame diretto tra il Par. Lat. 7462 A6 ed S7 come stampato a Venezia viene reso sicuro da un errore di Maurolico nella Fig. 31 della Musica il quale si ritrova anche nella Fig. 1 uguale di S7, stampata a Venezia. Sarebbe dunque più semplice e lineare pensare che, per la stampa a Venezia, alcune parti di Ω fossero state ricopiate ed affidate all’editore. Eppure, in una situazione dove la documentazione è in genere insufficiente, uno dei pochi elementi rimasti sembrerebbe rendere incoerente la ricostruzione. Nella lettera del 17 settembre 1574, dove Doménech il padre gesuita più importante della Sicilia dava notizia del ritorno di Clavio a Roma, si legge: bisognerebbe scriver a Venezia alli nostri [i gesuiti] che havessero per raccomandata certa stampa di alchuni libri del Abbate [Maurolico] ... Sono ben informati li nostri. Il libraro se chiama Io. comisino il quale tene botega in Messina et hebbe detti libri delli quali non è restata copia et importano per questo nostro intento.85 Pertanto i pezzi rimastici non si combinano in un quadro semplice e coerente. Perché, se non fossero state fatte copie, come potrebbe il compendio da Boezio essere arrivato a Venezia quando invece il Macrı̀ lo elencava ancora nel villacanense il 1901? Qualcuno dovrebbe averlo riportato indietro dopo la stampa. Un evento men che raro. Inoltre, se non fosse stato ricopiato almeno in parte, come sarebbe arrivato il Par. Lat. 7462 A6 a Parigi? In tal caso ciò sarebbe potuto succedere, solo dopo essere stato stampato (in parte) a Venezia. L’alternativa sarebbe non ritenere attendibili né la descrizione del villacanense eseguita dal Macrı̀, né il percorso più diretto del Par. Lat. 7462 A6 da Messina a Parigi, come credeva Clagett. Oppure il Doménech sarebbe stato male informato ed ignorava l’esistenza di copie? Qualcuno comunque si poteva essere sbagliato. Infine ci è rimasta la documentazione almeno di un personaggio il quale aveva ricopiato e riassunto parti di Ω: Clavio C13. Prima quindi di discutere il rompicapo vediamo bene quanto lasciatoci da Clavio. 9. IL TESTIMONE DI CLAVIO DI FRONTE AGLI ALTRI. Del corpus originario Ω, Clavio trascriveva innanzitutto il F. M. Boetianae musicae compendium. Ad esso faceva seguire una Repastinatio et Appendix. Quindi Clavio doveva aver sicuramente visto anche parti di Ω direttamente e non solo eventualmente l’edizione a stampa del 1575. Oppure potrebbe aver visto C1 , cioè quanto eventualmente ricopiato da Ω per la stampa. Infatti nel manoscritto di Clavio troviamo (con alcune varianti di cui diremo dopo) anche quanto noi possiamo leggere solo sulle carte 31r, 31v e 32r della nostra Musica, ma non nelle Musicae traditiones. Il successivo Icosichordum Guidonis di Clavio sta sia nella stampa 85 C. CLAVIUS, Corrispondenza, U. Baldini & P. D. Napolitani (cur.), Pisa, Dipartimento di matematica, 1992, II p. MOSCHEO cit. nota 63, p. 223. 19 8; del 157586 che nel manoscritto di Maurolico.87 Anche se, nel suo, Clavio riportava solo la nuda tabella senza nessuna spiegazione. Clavio terminava rapidamente con le Octo modulatuum, sive tonorum proprietates. Di esse i quattro Tropi (Protus, Deuterus, Tritus, Tetradus, i quali contenevano rispettivamente i Modi primo e secondo, terzo e quarto, quinto e sesto, settimo ed ottavo) mancano sia dalla Musica che dall’edizione del 1575. Infine la descrizione finale degli otto Modi con i loro effetti si può leggere oggi (con varianti) tanto nella stampa88 che nel manoscritto A di Maurolico alle carte 35v89 e 36v.90 Clavio nella sua Boetianae musicae compendium si collocava vicino alla Boetianae musicae epitome ma, pur sembrandone spesso una compilazione parola per parola, la sua copia presenta anche qua e là numerose varianti. Esse sono quasi tutte di tipo lessicale come ad esempio: - sostituire congiunzioni (vel per ac), avverbi (etiam per quoque), sinonimi (mutuo per reciproco), frasi fatte (de quo inferius per ut postea patebit) etc. - aggiungere avverbi (vero) etc. - omettere avverbi (itaque) etc. - mutare la costruzione delle frasi (“Subtracta vero Diesi de integro tono, superest απoτ oµε sive maius semitonium sub hac proportione . 2187 . 2048” invece di “Porro dieseos ab integro tono differentiam esse apotomen, quae semitonium maius dicitur, terminos habens . 2187 . 2048”) etc. - usare lettere greche (διαπεντ ε per diapente) etc. In due punti Clavio ometteva intere frasi. Dopo aver scritto di Pitagora, nelle Musicae traditiones si legge: ut praxis speculationi et experimentum arti respondeat. Quod autem infinitatem vocum humana ratio terminaverit, necessarium est. Omnis enim artis, non tantum musicae, subiectum infinitum cum sit: opera .... statuit. Solus enim Deus infinitus.91 Clavio invece saltava a Sed cum omnis artis, non tantum musicae subiectum sit infinitum: opera .... statuit. Ed ometteva la frase su Dio. Nelle Musicae traditiones, dopo aver asserito che le note musicali dovessero stare in rapporti commensurabili, si proseguiva con la spiegazione: “Nam incommensurabilitas non recepit consonantiam, nec vocis scitum terminum, cum sit ignota”.92 La frase veniva omessa del tutto da Clavio. Prima dell’affermazione che il tono non si potesse dividere in due parti eguali, Clavio metteva una “Sectio toni” che non esiste nelle Musicae traditiones.93 2048. \ Apotome 2187. [ Tonus Diesis 2304. a Haec est toni in semitonium minus et maius divisio, secundum dictam superius proportionem. 86 MAUROLICO cit. nota 3, p. 154. 87 M. Tab. 6. 88 MAUROLICO 89 M. I, 24. 90 M. IX, 17-25. 91 MAUROLICO 92 MAUROLICO 93 MAUROLICO cit. nota 3, p. 157. cit. nota 3, p. 147. cit. nota 3, p. 149. cit. nota 3, p. 148. 20 Le varianti più significative sono due e toccano entrambe Boezio direttamente. La prima precede una tabella stampata nelle Musicae traditiones.94 Hic est ordo, haec series, haec proportio, et processus naturalis. Nervorum Graeca vocabula, aut characteres nihil ad speculationem conferre. Exponatur nunc cum suis intervallis et proportionibus octochordum: quod theoriae satis esse potest. Invece Clavio scriveva: Hinc multum sudat Boëtius in vocabulis nervorum Graecis, et in processis characteribus; et in coaptatione consonantiarum, et proportionum vocalium quae (... habeatur Icosichordi Guidonici) non sunt necessaria. Omnis enim musicae praxis et speculatio constat in ordine, ac proportione vocum, in processu Diatonico (admissa tonorum singolorum in semitonia divisorum dispone). Sed eccum hinc octochordi naturalem per suas proportiones processum. Anche la tabella delle Musicae traditiones successiva,95 era diversa da quella riportata da Clavio. La tabella di Clavio (Tab. 2) assomigliava piuttosto, nei numeri, a quella sulla carta 14r della Musica (Fig. 14) e, nella disposizione, alla Tab. 9.96 Bisogna notare inoltre che i numeri della tabella nel manoscritto di Clavio si ottengono moltiplicando per 36 quelli nelle Musicae traditiones. Anche nella Musica Maurolico aveva operato in modo analogo scegliendo per le varie tabelle numeri diversi, persino molto grandi come nella Fig. 16. Quando riportava il numero dei comma contenuti nei vari toni e semitoni, Clavio si discostava, in modo particolarmente significativo, dalle Musicae traditiones.97 Se esse restavano boeziane nello scrivere che il semitono minore fosse “maius tribus commatibus”, Clavio invece affermava che esso “maius quidem esse tribus commatibus ac 21 .” Nella stampa si proseguiva con l’apotome “maiorem esse quam quatuor commata”, dove Clavio insisteva con “Et propterea Apotomen maiorem esse quam 4or commata et 21 ”. Le affermazioni venivano suffragate nelle Musicae traditiones da un: “ut constat rationes componenti, aut subtrahenti.” Ma nel manoscritto di Clavio si legge: “sicut per numeros differentiarum Boetius concludit”. Ò. É. Ê. È. Ì. Í. Î. ∗. 216 . g. N ete f . P aranete e. P aramese d. M ese c. Lichanos \ P arhypate a. Hypate Γ P roslambanomenos T onus 243 . Diesis 256 . T onus 288 . T onus 324 . Diesis 341 13 . T onus 384 . T onus 432 . Tabella 2. 94 MAUROLICO cit. nota 3, p. 148. p. 156. 96 M. IX, 17. 97 MAUROLICO cit. nota 3, p. 148. 95 Ibidem, 21 Se le differenze tra il Compendium di Clavio e la Epitome del 1575 fossero state trascurabili o poco significative, avremmo potuto concludere che il compendium originario di Maurolico da Boezio fosse passato fedelmente nelle Musicae traditiones. Addirittura non sarebbe stato da escludere che la copia eventuale estratta da Ω per Venezia fosse conforme allo stesso C2 di Clavio. Tuttavia le differenze tra i due testi sono troppo grandi e significative. A cosa sarebbero dovute? O le avevano introdotte i curatori per l’edizione veneziana, oppure se le era permesse Clavio. Un’altra possibile alternativa ci farebbe altrimenti pensare ad un Maurolico il quale modificasse per la stampa il suo compendium originario. Ma perché cosı̀ tanto? E perché proprio per riavvicinarlo a Boezio? A risolvere la questione ci aiuterebbe molto il manoscritto villacanense che conteneva, secondo Macrı̀, il compendium in esame. Senza di esso potremo avanzare solo ipotesi più o meno probabili che rimandiamo alla fine. Cominciamo però col notare che il titolo riportato da Clavio, “Compendium”, coincide con quello originario scelto da Maurolico fin dal 1540. Nella “Repastinatio” Clavio stava molto vicino, quasi parola per parola, alla Musica di Maurolico: carte 31r, 31v, 32r. Le varianti del primo rispetto al secondo sono soprattutto del tipo: - aggiungere un avverbio (igitur), piccole frasi (ut dictum est), piccole spiegazioni (quae proportio sesquialtera est), - cambiare una parola (quoniam irrationales per quae irrationales), - mettere un numero arabo (3ii per tertii), o viceversa metterlo in lettere latine (Decima per mam 10 ), - sostituire con sinonimi (nervis per chordis), - variare la costruzione della frase Et si his singulis rursus apponatur diapason, gignentur totidem consonantiae 3ii ordinis, scilicet, Quindecima, seu Disdiapason, Septemdecima, Decimaoctava, Decimanona, Vicesima. Et si completur Icosichordum totum Guidonis complexum tertii ordinis symphonias. invece di Adnectatur 13ae alia diapason. Et conflabitur 20a quae complet Icosichordum totum Guidonis quod complectitur 3ii ordinis systemata, scilicet disdiapason .17am .18am .19am . 20am .98 Nel manoscritto di Clavio si omettevano però alcune frasi. Dove Maurolico nella carta 31r aveva scritto:99 Quae duae conficiunt proportionem .2. ad .4. quae diapason est. Ex his eliciuntur spacia tonorum et semitoniorum, quae faciunt diatonicos et naturales gradus vocum ascendentium et descendentium. Tonus enim est spacium sesquioctavae proportionis, quae scilicet differentia est ipsarum diapente et diatessaron hoc est sesquitertiae et sesquiquartae, (sic! sesquialterae et sesquitertiae) sicut constat in his numeris .9.8.6. Tonus autem bis ablatus a diatessaron relinquit semitonium minus, sive diesim. Ideo ascendimus in cantu naturali per tonum, tonum et diesim. Et rursus per tonum, tonum et diesim ... Clavio riportava invece solo: Unde ex his duabus consu[mmatur] proportio Diapason, sic .2.3.4. Ex differentia vero eorumdem fit toni proportio sesquioctava, ut patet [?] in his numeris .9.8.6. Tonus autem bis ablatus a diatessaron relinquit semitonium minus, sive diesim. Ideo ascendimus in cantu naturali per tonum, tonum et diesim. 98 M. 99 M. IV, 13. IV, 3-6. 22 Ed era un peccato perché, come abbiamo segnalato nell’edizione della Musica, proprio qui Maurolico si era sbagliato scrivendo “diapente et diatessaron hoc est sesquitertiae et sesquiquartae” invece di sesquialterae et sesquitertiae, le quali sono le proporzioni giuste per la quinta e la quarta. Se persino Clavio avesse riportato il medesimo errore, questa sarebbe stata una prova stringente che avesse visto proprio la nostra Musica. Naturalmente non vale il viceversa; ed è probabile che anche Clavio se ne fosse accorto facilmente riducendosi a rielaborare il passo per omettere l’errore. Più avanti nella carta 32r Maurolico aveva scritto:100 Nam diapason addita semper facit eiusdem qualitatis symphoniam. Itaque 13um spacium continebit 2i ordinis symphonias scilicet diapason .10mam .11am . 12am .13am . Clavio nel suo manoscritto metteva soltanto: scilicet in primis ipsa diapasωn, sive Octava, Decima, Undecima, Duodecima, Tredecima. Nel manoscritto di Clavio sono presenti due lunghi passi dei quali non c’è traccia nella Musica. Il primo compare subito all’inizio della “Repastinatio”. Coetera, quae tractat Boëtius, versantur circa intervalla et proportiones vocum et symphoniarum quae omnia comprehendunt in Icosichordo Guidonis. Unde et praxis canendi et instrumentorum dispositio propagat. Itaque nunc, premissis quibus ... preambulis, Icosichordum versum exponemus et erit peragenda quaedam praemissorum repastinatio. Nella 32r Maurolico aveva scritto:101 Itaque deinceps fieri potest in infinitum. Hinc patet origo numeri harum vocum hexachordum constituentium scilicet .ut.re.mi.f a.sol.la. Ma nel manoscritto di Clavio, ad una variante di tale frase, ne seguono altre le quali non si trovano nella Musica. Quae quidem appositio diapasωn fieri potest 4o , 5o et deinceps in infinitum, sicut patet in Harpichordis, organis et magnis instrumentis. In quibus ... Diatonicus et chromaticus excedit manum Icosichordum Guidonis. Hinc ergo derivatur Etymologia nostris diapasωn. quoniam scilicet sic semel, bis, ter et quotiescumque applicata consonantiis singulis generat eiusdem cum ipsis simplicibus generis consonantias singulas. Denique non minus hinc notescit numeri harum 6-vocum hexachordum constituentium ... et origo, quae sunt .ut.re.mi.f a.sol.la. Qui Maurolico aveva poi proseguito con102 Octo autem literae Γ.a.b.c.d.e.f.g. statutae sunt ut earum unaquaeque octavo quoque loco repetita diapason consonantiam in proportione dupla semper indicet. Quod numeri in singulis chordis Icosichordi dispositi, sicut omnes alias consonantias et spacia ostendunt. E nel manoscritto di Clavio si leggono anche alcune leggere varianti: Octo autem literae Γ.a.b.c.d.e.f.g. statutae sunt sub tali numero, ut earum unaquaeque octavo quoque loco repetita diapasωn consonantiam in proportione dupla semper indicet. Quod numeri in singulis nervis Icosichordi dispositi ostendunt, sicut alias consonantias et systemata. Nunc repetam calculum. Ma è a questo punto che i due manoscritti si allontanano troppo, diventando difficili da confrontare. Infatti in quello di Clavio si ripercorrono le tappe con i calcoli per ottenere le proporzioni del tono, del diesis e del comma. 100 M. IV, 12. IV, 14. 102 M. IV, 14. 101 M. 23 Si utralibet duarum consonantiarum, Diapente, ac Diatessaron, subtrahatur de Diapasωn superest reliqua. 4 . 3 . 2 . Si Diatessaron subtrahatur a Diapente relinquitur Tonus. 9 . 8 . 6 . Si duo toni subtrahatur a Diatessaron, residuatur Diesis. 324 . 288 . 256 . 243 . Unde patet quidem si tres toni auferantur de Diapente, superit Diesis. Si Diesis detrahatur a tono, superest Apotome, sic . 2304 . 2187 . 2048 . Demum, si Diesis abscindatur ad Apotome, relinquitur comma. Ut patet per hos numeros . 559872 . 531441 . 524288 . Tali numeri sono certo gli stessi presentati più volte anche nella Musica, ma in essa vengono offerti altrimenti, come alle figure 5, 6, 7, 8.103 Soprattutto nel manoscritto di Maurolico, come si è già detto, seguono le affermazioni di Boezio sul numero dei comma nel diesis, nell’apotome e nel tono. Invece il manoscritto di Clavio riporta sùbito le disuguaglianze più strette di Maurolico. Diesis excedit tria commata et dimidium. Apotome maior quam 4 12 commata. Unde Tonus integer excedet 8 commata et minor est quam 9. Quae omnia constant per regulas componendi et subtrahendi proportiones quae regulae sunt similes aut eadem cum regulis fractionum in numeris. Ora Clavio esponeva direttamente l’Icosicordo, ma con parole difficilmente confrontabili con quelle presenti nella nostra edizione della Musica.104 Nunc autem exponam Icosichordum Guidonis in quo per proportiones numerorum et ordinem Diatonicum naturaliter[?] procedentem, receptam (ad temperandum Tritonum harmonicum) chromatica divisione, representantur omnes Musicalium vocum proportiones, scilicet, tonorum, semitonium minorum et maior quae dicentur Diesis et Apotome, Diapasωn, Diapente, Diatessaron, Tritonus et ... tematum ab ipsis per compositionem (ut dictum est) propagatorum. Constat autem totum Icosichordum ex 14 tonis et 5 Diesibus. Allontanandosi quindi dalla Musica, il manoscritto di Clavio sembra qui riavvicinarsi piuttosto alle Musicae traditiones, perché inoltre la sua tabella dell’Icosicordo assomiglia molto a quella stampata lı̀.105 Certo nessuno avrebbe potuto riportare la tabella delle carte 6v e 7r in A, Tab. 6, cosı̀ com’era, perché troppo pasticciata ed un intervento editoriale si sarebbe reso necessario in ogni caso. La parte a sinistra della nostra Tab. 6106 coincide quasi del tutto sia con quella delle Musicae traditiones, sia con quella nel manoscritto di Clavio. Eppure alcuni particolari differenti sono significativi. Tutte e tre danno la progressione geometrica da 4 a 27. Soltanto, nelle Musicae traditiones le proporzioni per dividere il tono 22 21 31 : 24 in apotome e diesis sono stampate in modo errato come “25 32 ” invece di “22 25 ” 32 come giustamente riportavano sia Maurolico che Clavio. Lo stesso sbaglio (di stampa?) veniva ” invece del valore corretto “11 25 ”, presente in ambedue ripetuto tra 10 23 e 12 col numero “12 25 64 64 i manoscritti. Se quindi questi due errori non si presentano nel manoscritto di Clavio, è curioso 1 1 che esso ne contenga uno nuovo inedito: “5 15 ” invece di“5 16 ”. Tanto Clavio che le Musicae traditiones dividevano il tono in “Apotome” e “Diesis”, dove invece Maurolico aveva usato nella sua tabella 6 i termini “Maius” e “Minus”. La statistica sembrerebbe allora avvicinare leggermente (leggermente?) di più il manoscritto di Clavio a quello di Maurolico, perché appare molto più facile sostituire una parola con un sinonimo che rifare i calcoli, anche se tutti i lettori attenti possono accorgersi facilmente dei due numeri errati stampati sulle Musicae traditiones. A sinistra della tabella discussa, ma girati di novanta gradi rispetto al senso di lettura, Clavio aveva disposto a triangolo i seguenti numeri: 103 M. IV, 19-21. VIII, 1-12. 105 MAUROLICO cit. nota 3, p. 154, Tab. 2. 106 M. VIII, 4. 104 M. 24 8 . 12 . 18 . 27 4 . 6 . 9 2 . 3 1 dei quali la riga in alto si allinea con gli stessi numeri . 8 . 12 . 18 . 27 . della progressione geometrica nella tabella. I numeri inferiori si ottengono dai superiori per differenza. Nella progressione geometrica (per quinte, cioè di ragione 23 ) è chiaro che le differenze non sono costanti ma crescono in proporzione. Era la verifica dell’errore compiuto da Boezio? Tali numeri non si leggono né nelle Musicae traditiones, né nella Musica di Maurolico. Clavio intitolava l’ultima parte del manoscritto “Octo modulatuum, sive tonorum proprietates”. Di essa i seguenti quattro Tropi non comparivano, come già detto, né nelle Musicae traditiones, né nel manoscritto di Maurolico. Tropi sunt 4or . Protus. Deuterus. Tritus. Tetradus, quorum singuli continent duos tonos. Protus continet Dorium et Hypodorium. 1m et 2m . Deuterus continet Phrygium et Hypophrygium. 3m et 4m . Tritus continet Lydium et Hypolydium. 5m et 6m . Tetradus continet Mixolydium et Hypomixolydium. 7m et 8m . Ex his 1us . 3us . 5us . 7us dicuntur Autentici 2us . 4us . 6us . 8us placales. Clavio proseguiva con l’elenco degli otto Modi, il quale si trova anche nelle Musicae traditiones107 con qualche piccola variante soprattutto nell’ordine: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 invece di 1, 3, 5, 7, 2, 4, 6, 8. Primus exordium fit in d . sol . re. Tertius exordium fit in e . la . mi. Quintus exordium fit in f . fa . ut. Septimus exordium fit in g . sol . re . ut. Secundus exordium fit in a . re. Quartus exordium fit in \ . mi. Sextus exordium fit in c . fa . ut. Octavus exordium fit in d . sol. re. Tale elenco, in quella forma precisa, appare invece oggi assente dalla Musica. Qui si legge al suo posto la Tab. 8 nella carta 8r con una lunga spiegazione.108 Le righe seguenti infine sono sinotticamente confrontabili tra tutti e tre i testi in discussione. Nella carta 35r Maurolico aveva scritto:109 Ascendunt autem autentici, ac descendunt per diapason, placalis autem a loco sui autentici ascendit per diapente, descendit per diapason, et rursum per diatessaron scandens in locum dictum definitum. Clavio: Autentici ascendunt et descendunt per spacium diapasωn: placales indidem ascendunt per diapentem et descendunt per diapasωn. Et rursus ascendentes per diatessaron in locum singuli suorum autenticorum (unde sumebant exordium) desinunt. Horum tonorum 1us datur Soli: 2us Lunae: 3us Marti: 4us Mercurio: Quintus Jovi: Sextus Veneri: 7us Saturno: 8us Firmamento. 107 MAUROLICO cit. nota 3, p. 157. 108 M. IX, 1-16. 109 M. I, 23. 25 Nelle Musicae traditiones:110 Formantur autem autentici a loco proprio ascendendo per diapente et diatessaron, hoc est, per diapason: et inde tantundem descendendo. Placales autem a sede sui quisque autentici per diapenten ascendunt: et inde per diapenten ac diatessaron descendunt: unde rursus per diatessaron ascendunt, et in locum autenticorum simul desinunt. Seguivano gli effetti degli otto Modi sull’anima e sul comportamento. Qui Clavio e le Musicae traditiones111 procedevano in parallelo, usando quasi sempre gli stessi termini e con poche varianti. Clavio: Primus sonnolentiam, pigritiamque expellit; verbisque iocosis, lepidis, ac facetis convenit. Secundus somnum quietum ac lenem inducit: quo utebantur Pythagorici, cum continuas curas quiete, aut somno temperabant. Et est moestus, flebilis ac libertatis amicus. Tertius est incitativus, severus, asper, iracundus, bellicosus. Quartus blandus, garrulus, lascivus, adulatorius, mitigativus, exhortatorius. Quintus delectabilis, hilaris, modestus, nonnihil petulans, consolatorius, encomiasticus. Sextus lacrymabilis, pius, devotus, amatorius, compassionem aut laetitiam inducens. Septimus varius, querulus, audax, et proprietates tertii, quarti et quinti habet. Octavus tristes ac lentos excitat, suavis moratus, deprecativus, aptus ad implorandum, agit de rebus profundis, de contemptu inferiorum, de coelistibus rebus. Nella Musica Maurolico aveva invece proceduto, alla carta 35v,112 diversamente col tenersi molto più conciso nella descrizione e senza numerare i Modi. Dorius lepidus est ac iocosus, sonnolentiam expellens. Hypodorius somnum inducit, flebilis, liber. Phrygius severus, iracundus. incitat, exasperat. Hypophrygius blanditur, lascivit, mitigativus, hortaturius. Lydius hilaris, petulans, laudat, consolatur. Hypolydius compatitur laetificat, pius, lacrymabilis. Mixolydius varius, querulus, audax et qualitates tertii, quarti et quinti habens. Hypomixolydius excitat precatur, de contemptu rerum, et de coelestibus agit. Anche se, alla carta 36v,113 tali effetti venivano ripetuti con qualche parola di più. 10. TRAGITTI E SCENARÎ. Il corpus originario Ω delle carte scritte da Maurolico sulla musica appare costituirsi nel lungo arco di trent’anni. Esso si doveva presentare diviso per argomenti: Boezio, Guido D’Arezzo, gli authores, i Modi, le Regulae etc. Alcuni erano completi, ben sistemati e ben scritti, altri incompleti, solo abbozzati od addirittura solo progettati. Non esiste oggi nessun manoscritto, né nessun luogo dove tutto Ω sia contenuto. La maggior parte di Ω sta nella Musica, dal manoscritto parigino Par. Lat. 7462, altri parti nell’edizione veneziana a stampa del 1575, infine una piccola parte nel manoscritto di Clavio a Roma. Il frammento dal manoscritto San Pantaleo contiene solo uno schema e pochi calcoli già presenti nell’edizione della Musica. Quali vicende portavano alla situazione attuale? Di alcune possiamo convincerci con relativa sicurezza, ma di altre ci restano troppo poche informazioni. Quindi, se non vogliamo tacerne del tutto, non possiamo che dipingere scenarı̂ diversi, tutti possibili e più o meno probabili. E 110 MAUROLICO 111 MAUROLICO 112 M. 113 M. cit. nota 3, p. 157. cit. nota 3, p. 157-158. I, 24. IX, 18-25. 26 tali scenarı̂ dipendono anche dai vari elementi che scegliamo come rilevanti e pertinenti per la ricostruzione storica. Tra di essi, il ruolo decisivo può venir giocato addirittura dal carattere che ci vogliamo tratteggiare di Maurolico stesso, visto che da esso derivava il suo comportamento nelle vicende qui discusse. Ω veniva probabilmente smembrato almeno in due parti. Il Boetianae musicae compendium sembrerebbe esser rimasto in Sicilia nel manoscritto villacanense. Il Macrı̀ ne riferisce come “Musica Boetii”. L’altra parte, quella maggiore, si ritroverebbe presso gli eredi ancora in gran parte del seicento. Quindi anch’essa sarebbe restata dapprima in Sicilia, ma poi questa seconda parte riappariva come catalogata nella biblioteca del Colbert a Parigi. Clagett ha ipotizzato che i manoscritti di Maurolico finiti a Parigi fossero stati raccolti in blocco e portati via su ordine di Colbert durante la rivolta di Messina, la quale aveva visto la presenza dei militari francesi sullo stretto alla fine del seicento. Moscheo tuttavia, analizzando i cataloghi, sembra avanzare la possibilità che i manoscritti trovassero posto nella biblioteca in tempi diversi. Inoltre gli emissari, tra cui il fratello, del potente ministro francese in realtà avevano scritto di non aver trovato nulla di quanto era stato loro ordinato di incettare.114 Quindi il tragitto seguito da parte di Ω verso Parigi apparirebbe più incerto di quanto si potesse credere a prima vista. Del resto, perché i soldati francesi non si sarebbero presi, con le buone o con le cattive, anche il villacanense? Sia andata come sia andata nel tragitto, persino arrivato a Parigi, il nostro futuro 7462 doveva forse sopportare altri interventi non troppo rispettosi della sua integrità, assumendo l’aspetto lacunoso e disordinato attuale. Il villacanense però è andato disperso agli inizi del novecento. Il Par. Lat. 7462 è invece diventato la nostra edizione della Musica. Abbiamo dovuto introdurre il condizionale perché esiste anche la lettera, già citata, che Doménech scriveva nel 1574. In essa si afferma che dei libri portati dal Commencino a Venezia per venir stampati “non è restata copia”. Nel caso che Doménech fosse stato ben informato, dovremmo pensare necessariamente ad un ritorno delle carte musicali da Venezia in freto siculo. Ma questo sembrerebbe difficile da credere, perché i manoscritti venivano in genere maltrattati e divisi in tipografia. Inoltre, chi poteva aver interesse a sottrarre le carte dalla tipografia per riportarle in Sicilia? Ma se non ritenessimo probabile il percorso di ritorno, allora non ci resterebbe che credere inattendibili da un lato la descrizione fatta dal Macrı̀ del villacanense (nonché il catalogo compilato dagli eredi nel seicento) e dall’altro l’ipotesi avanzata da Clagett sul percorso diretto Messina-Parigi seguito dai manoscritti. Abbiamo di fronte un rompicapo i cui pezzi non sembrerebbero comporsi in un quadro coerente. Non possiamo fidarci contemporaneamente di Doménech, degli eredi, di Macrı̀ e di Clagett. Se dunque non vogliamo credere al percorso di ritorno, dobbiamo vagliare la credibilità di ciascuna affermazione, usando altri criteri, e cercare poi di confrontarle. Quella di Clagett è un’ipotesi suffragata soltanto dalla circostanza storica generale delle truppe francesi a Messina. Ma essa è resa incerta dalle lettere degli emissarı̂ ed anche dai cataloghi della biblioteca regia studiati da Moscheo. Fosse solo per Clagett, poco ci impedirebbe di pensare che, senza fare copie, i libretti musicali fossero stati portati a Venezia e da qui, disordinati e divisi ma sopravvissuti alle mani dei tipografi almeno in parte, prendessero la via per Parigi. Potremmo anche credere che non tutto venisse considerato interessante ed adatto da venir mandato a Venezia. Considerato da chi? Da Maurolico, da Clavio, dai gesuiti preposti alla stampa? Tuttavia in tal caso dovremmo rilevare una separazione netta tra gli argomenti rimasti in Sicilia, quelli stampati a Venezia e quelli arrivati a Parigi. Che alcune parti stampate a Venezia siano ancora presenti a Parigi si potrebbe spiegare col passaggio indiretto da Venezia a Parigi. Che altre presenti a Parigi non siano state stampate a Venezia 114 MACRÌ cit. nota 6, pp. 98-100; MOSCHEO cit. nota 1, pp. 143-148, 455-476, 467. 27 potrebbe venir giustificato dalla mano di un curatore veneziano, probabilmente gesuita. Che un’altra parte, quella di Boezio, non sia più reperibile a Parigi si comprenderebbe attraverso gli incidenti soliti capitare in tipografia. Allora però, come sarebbe potuto succedere che quest’ultima parte venisse registrata dal Macrı̀ nel villacanense? O qualcuno l’avrebbe riportata indietro, ma solo quella, oppure cosa altro si nasconderebbe dietro il “Compendium musicae Boetii” citato dal Macrı̀? Come testimonianza il villacanense sarebbe molto forte, se non fosse andato disperso. Dobbiamo basarci invece sul libro scritto dal Macrı̀. Quanto ci possiamo fidare di costui? Le varie polemiche sulle lezioni tenute o meno da Maurolico a Messina per la costruenda università non indebolivano forse la testimonianza del Macrı̀? Perché il villacanense non si trova più? Chi altri dichiara di averlo esaminato de visu? Dunque, poiché il villacanense non può venir esibito, sarebbe lecito avanzare dubbi anche su quanto ne avesse scritto il Macrı̀. Se il Macrı̀ diventasse inattendibile, gli altri pezzi del rompicapo andrebbero a posto, col manoscritto originale da Boezio che partirebbe per Venezia per disperdersi poi nelle nebbie della laguna senza arrivare a Parigi. Ma saremmo poi tanto sicuri che dei libretti musicali non venissero fatte copie? Sarebbe cioè Doménech del tutto attendibile? Vediamo allora di esaminare da vicino quali elementi, nelle parti comuni del manoscritto e della stampa, favorirebbero il legame diretto tra i due e quali suggerirebbero invece l’intermediario di una copia. Per quanto riguarda la “Theoria Musices proportiones”, il manoscritto della Musica non può essere stato ricopiato direttamente in tipografia a Venezia perché le varianti tra di esso e la stampa del 1575 sono troppe e soprattutto troppo significative. Già il manoscritto contiene integrazioni e correzioni introdotte forse in un secondo momento, perché la qualità dell’inchiostro appare diversa. Le integrazioni si trovano in genere anche nella stampa, ma non sempre nello stesso punto indicato dal manoscritto e con le stesse declinazioni latine. Sono state aggiunte parole e cancellate altre. Un “unde necesse est ut tam” diventa un “unde sequitur” il quale viene spostato dentro il primo corollario. E questo veniva anche rimaneggiato. Il punto 8 diventa nella stampa un corollario e quindi da qui in avanti la numerazione non corrisponde più. Dal punto 9 alcune parole sono state espunte, nella stampa. “A nervo” viene ripetuto due volte, nella stampa al punto 8; e questo è un tipico errore tipografico. Nel manoscritto la numerazione è stata corretta a partire dal numero 11, come se alcune integrazioni avessero spinto Maurolico a rifarla. Ma nella stampa essa veniva modificata invece trasformando il numero 8 nel corollario, come già detto. Come risultato, d’ora in avanti i numeri del manoscritto (per gli stessi paragrafi) restano più grandi di una unità rispetto a quelli della stampa. La costruzione dell’accusativo con l’infinito del punto 12 diventa nella stampa, all’11, nominativo ed indicativo. E cosı̀ via. Il punto 14 del manoscritto veniva integrato nella stampa, al 13, con “adhuc minus suavem, adeo ut dubium sit an consonantiis sit adnumeranda: cum a Ptolomaeo solo admittatur. Un altra aggiunta significativa si constata al punto 15: “Quoniam sesquialtera cum sesquitertia proportionibus componunt duplam”. Gli schemi di Fig. 2 e Fig. 3 diventano solo una successione di numeri, nella stampa. A questo punto nel manoscritto si nota una inversione nell’argomentazione. Infatti nel corollario si legge che il diapason è formato da 5 toni e due diesis, mentre la definizione di diesis segue solo al punto 17. In realtà qui il manoscritto appare pasticciato tra una cancellazione, gli schemi delle proporzioni e la testa del drago.115 Potrebbe darsi che Maurolico avesse aggiunto il corollario dove avesse trovato spazio. Comunque nella stampa veniva restaurato l’ordine logico, mettendo prima ai numeri 16 e 17 la derivazione del diesis e solo al numero 18 (invece che come corollario) la composizione dell’ottava, con le solite varianti nelle parole. L’aver attribuito nella 115 Si veda la fig. d nell’Introduzione ad M. 28 stampa il numero 18 al paragrafo che nel manoscritto compare come corollario riporta in pari la numerazione dal numero 19. Nel “Calculus Boetii” la Fig. 10 del manoscritto apparirebbe uguale all’ultima figura delle Musicae traditiones,116 non fossero qui tre errori stati introdotti con la stampa. Due riguardano le cifre e possono essere stati facilmente introdotti dai tipografi. Scambiare l’apotome col comma potrebbe avere la stessa origine, o forse no. Invece nel commento alle figure si legge un errore particolarmente significativo, presente solo nella stampa. Nel manoscritto si legge: “Hic est Calculus Boetii in 3o Musicae Suae ...” Nella stampa: “Ex hoc ultimo calculo Boëtius in 3 Arithmetiae ...”. Il passo di Boezio citato sta soltanto nel De Musica.117 Il De Arithmetica infatti contiene solo due capitoli. Il resto del commento è stato rielaborato completamente per la stampa. Anche le pagine con gli effetti dei Modi sull’anima sono state rielaborate per la stampa. Le “Regulae contexendi symphonias” diventano nella stampa “Praecepta”. Alcune regole venivano semplificate ed accorciate, nella stampa. Una non numerata veniva eliminata del tutto dalla stampa. Infine nel “Calculus vocalium proportionum” della stampa alla Fig. 1,118 restava lo stesso errore della Fig. 31 contenuto nella Musica. Maurolico aveva qui confuso lo schema della ‘moltiplicazione’ fra le proporzioni con quello della ‘divisione’. Patet che tra il manoscritto e la stampa fossero entrate in azione altre mani. Discuteremo presto le persone alle quali potevano appartenere. In ogni caso, tali mani talvolta copiavano parola per parola, una volta persino un errore, talaltra si permettevano varianti, modifiche, tagli di ogni genere. Dovevano anche essere guidate da persone le quali si ritenevano competenti in materia, se sostituivano la citazione di Boezio giusta, come fatta da Maurolico, con un altra, sbagliata! Miglior conoscenza manifestavano quando avessero ripristinato l’ordine logico tra i punti 17 e 18 nella “Theoria Musices Proportiones”. Se gli interventi fossero avvenuti in freto siculo, essi sarebbero difficili da conciliare con il “non è restata copia” del Doménech. Come extrema ratio per salvarlo, rimarrebbe solo da sostenere che gli interventi fossero stati tanto radicali da produrre non una copia rielaborata, ma addirittura un testo nuovo. Questo partirebbe poi per Venezia col Comencino. Oppure gli interventi sarebbero avvenuti a Venezia salvando il Doménech, ma insidiando il Macrı̀. In tal caso non sarebbero potute essere state le mani di Maurolico ad agire sul manoscritto originario. Quindi il rompicapo ci riconduce al problema più importante di sapere se fosse stato Maurolico a rielaborare il vecchio testo, oppure altri. Esistono in realtà alcune testimonianze che possono smentire quella di Doménech. Degli Arithmeticorum Libri Duo, poi stampati anch’essi a Venezia nel 1575, ci rimane una copia non autografa nel Vat. Lat. 3131 C14. Anzi, nella dedica con data 1 dicembre 1568 al cardinal Marco Antonio Amulio, Maurolico diceva che l’aveva fatta il nipote Francesco, futuro Baron della Foresta, e che egli però non l’aveva scritta bene come avrebbe voluto.119 Cristoforo Grienberger scriveva inoltre al Clavio, il 20 gennaio 1608, che Silvestro Marolı̀ avesse fatto copie di ogni libro.120 È tuttavia possibile, dopo più di trent’anni, che in questo secondo caso si trattasse di altri libri e non di quelli qui discussi, ormai partiti per Venezia. Non è da scartare la possibilità che alcune parti di Ω, non ricopiate, venissero, arrivate a Venezia, prima rielaborate, pubblicate e poi, sopravvissute al lavoro del tipografo, venissero 116 MAUROLICO cit. nota 3, p. 160. cit. nota 11, III, 15, 25. 118 MAUROLICO cit. nota 3, p. 160. 119 MOSCHEO cit. nota 1, p. 277 e seguente; MOSCHEO cit. nota 63, p. 181-182. 120 CLAVIUS cit. nota 85; MOSCHEO cit. nota 1, p. 62. 117 BOEZIO 29 instradate da qui nella biblioteca del Colbert. Anche in tal caso tuttavia, non tutto Ω poteva essere finito a Venezia perché una parte di esso veniva catalogata dagli eredi di Maurolico ancora nel seicento. Tale scenario, a parità di altre condizioni, lascerebbe interamente sulle spalle dei curatori e dei tipografi veneziani il peso delle differenze tra il manoscritto Par. Lat. 7462 e l’edizione stampata. In questo caso, nessun altro avrebbe potuto mettere le mani nel manoscritto per riordinarlo, per vagliarlo, per riassumerlo. Tra la parte di Ω che finisce nella nostra Musica e la parte che viene pubblicata a Venezia esistono differenze molto significative soprattutto sul come presentare Boezio e sui contributi di Maurolico. Dunque, coloro che ci avessero messo le mani dovevano sentirsi qualificati la loro parte e dovevano persino essere disposti a fare del manoscritto consegnato da Maurolico qualcosa di adatto ai loro scopi educativi. A favore di tale scenario parlano: 1) le dichiarate preoccupazioni dei gesuiti perché i libri di Maurolico venissero stampati a Venezia. Alcuni gesuiti infatti erano stati mandati a Venezia per curare le edizioni che interessassero l’ordine. Esse in genere venivano purgate e ciò spiegherebbe la differenza col manoscritto Par. Lat. 7462 di Maurolico.121 2) la lettera scritta dal Doménech nel 1574. 3) l’errore nella citazione di Boezio che non poteva essere stato fatto da Maurolico durante la revisione, ma che era stato introdotto da un’altra mano ‘esperta’. Contro tale scenario dobbiamo mettere invece che il Macrı̀ descrivesse il compendio da Boezio dentro il villacanense rimasto in Sicilia. Se ritorniamo in freto siculo abbiamo di fronte un altro possibile scenario. Qui sarebbe stato lo stesso Maurolico a rimettere le mani nelle carte musicali per scegliere quelle da pubblicare. Egli avrebbe potuto anche riassumere le parti ridondanti o completare gli argomenti lasciati in sospeso. Come indica il titolo, Musicae traditiones, i gesuiti dovevano avergli chiesto una trattazione adatta all’insegnamento. Dalla lettera di Maurolico a Francisco Borgia, scritta il 16 aprile 1569, traspare come il messinese si fosse lasciato coinvolgere nel progetto.122 Era proprio per esso che aveva probabilmente stilato quell’“Ordo compendii” del 17 marzo 1569 contenuto nella Musica alla carta 20v.123 Inoltre sembrerebbe probabile che lo avesse aiutato e consigliato Clavio, il quale era arrivato a Messina anche allo scopo, tra gli altri, di riordinare i manoscritti in vista di una loro pubblicazione. Ce ne rimane la prova più sicura nel riassunto, discusso in precedenza, che il gesuita ci ha lasciato. Dunque Clavio doveva aver di necessità visto Ω. A favore di questo altro scenario parlano: 1) tutte le parti di Ω rimaste in Sicilia, che Maurolico non avrebbe più avuto bisogno di inviare a Venezia per la stampa, in quanto rielaborate e sistemate in altro testo a tale scopo. 2) un più facile e probabile passaggio diretto da Messina alla biblioteca del Colbert, come ipotizzato da Clagett. Contro il secondo scenario stanno però, oltre naturalmente la lettera del Doménech, le descrizioni rimasteci del carattere manifestato dal nostro messinese in altre attività simili. Le differenze infatti riscontrabili e messe in evidenza anche all’inizio tra la nostra edizione della Musica e l’edizione a stampa del 1575, nonché tra quest’ultima e la copia di Clavio, lasciano credere che nello scenario debbano essere entrati altri interventi. Perché mai Maurolico avrebbe dovuto rinunciare a pubblicare i proprı̂ contributi? Perché mai avrebbe dovuto lasciare lo spazio maggiore a Boezio che sapeva essersi sbagliato in una questione matematica, quelle che gli stavano più a cuore? Che alla fine i curatori veneziani possano aver dato al testo un carattere meno critico verso Boezio si comprende facilmente: egli rappresentava ancora l’orto121 MOSCHEO 122 MOSCHEO 123 M. cit. nota 1, pp. 118 e 123. cit. nota 63, p. 164 e seguenti, p. 318; D’ALESSANDRO & NAPOLITANI cit. nota 80. VIII, 53. 30 dossia nell’argomento della musica. Da non troppo tempo del resto egli era stato ristampato proprio a Venezia. Attribuire invece tutta l’edizione di Venezia alla penna diretta del matematico siciliano ci riuscirebbe difficile. Abbiamo già ricordato che il nipote Baron della Foresta lo presentava come: “largo in communicar a gli amici le sue speculazioni, gelosissimo dell’altrui fama”, desideroso che “l’opere da sé con sı̀ lunga fatica composte ... si esponessero al mondo pur che a pro’ dei mortali e contezza del vero elleno fossero pubblicate”, “vigilante ne studi, che l’accadde più fiate passar la notte insonne con gli occhi ne libri e l’intelletto negli arcani della Natura, speculando l’altrui dottrine e censurandone gli errori”. Tale Maurolico sembra molto diverso da uno studioso diventato coll’età indifferente al destino delle sue opere; al contrario egli si era adoperato assai per farle stampare.124 Maurolico presentava nel 1556 sé stesso al Vega: ... ad haec me studia non spes aliqua lucri, non ulla famae(?) vel honoris aut pecuniae, non inanis superstitio unquam traxit. Sola speculationis jucunditate ac veritatis amore cuius scopus nullo certiori telo quam his studiis attingitur, allectus huc veni.125 Ma poi, alla fine dell’esistenza terrena, si sarebbe voluto solo più trarre in disparte? Niente affatto. Nella lettera del 1571 all’allievo Pietro Barresi scriveva che quel principe non doveva allontanarsi dalla Sicilia se voleva studiare “le penose et profunde scientie”. Perché sapeva bene chi habbia scritto profunda scientificamente di arithmetica, di prospettiva, de li diafani, de Iride et altri importanti passi de la math.ca facultà ... chi sia stato laudato et nominato non dirò in Sicilia, ma per tutta Italia et Europa, di cui l’opere siano state celebrate in Roma, Venetia, Parigi, Basilea et altre celebri cità di Germania, Francia et Ispagna.126 Si tirava forse indietro quando incontrava posizioni diverse dalle sue? Tuttaltro. Introducendo il Computus Ecclesiasticus negli Opuscula mathematica scriveva.127 Toleratur et Nicolaus Copernicus, qui solem fixum ac terram in girum circumverti posuit: et scutica potius aut flagello quam reprehensione dignus est. Contro la posizione eliocentrica andava altrettanto pesante nel manoscritto villacanense.128 Sed quid mirum, cum sint quidam adeo stulti, ne dicam insani, qui solem stare, ac moveri terram asserere conati sunt? Aveva criticato anche Oronzo Fine per l’errore commesso nel determinare il rapporto tra circonferenza e diametro del cerchio.129 Altre critiche a questo ed a quest’altro si trovano nella lettera al cardinal Marco Antonio Amulio del 1 dicembre 1568.130 Il Macrı̀ infatti lo ha descritto come un personaggio privo di ipocrisia il quale “soleva per contro confutar le opposte opinioni con vivacità”.131 Questo non sembrerebbe proprio il carattere di una persona la quale avrebbe preferito evitare di criticare Boezio. Eppure il contesto accademico, religioso e politico (dove i tre aggettivi si intrecciavano e si confondevano attaccandosi spesso alle stesse persone) non poteva comunque venir ignorato. Maurolico ha sempre avuto a che fare con i Gesuiti, traendone anche vantaggi.132 Suoi interlocutori costanti erano i nobili più in vista e le cariche più alte della Sicilia. I vari Ventimiglia, Barresi, Vega erano stratigò a Messina e viceré a Palermo. Quando veniva 124 MOSCHEO cit. nota 1, pp. 275-276; SUTTO cit. nota 44, pp. 105-107. cit. nota 6, p. lxxiv; MOSCHEO cit. nota 63, p. 304. 126 MACRÌ cit. nota 6, pp. 81-82. 127 MAUROLICO cit. nota 3, p. 26. 128 MACRÌ cit. nota 6, p. 199. 129 MOSCHEO cit. nota 63, p. 97. 130 MOSCHEO cit. nota 1, p. 278. 131 MACRÌ cit. nota 6, p. 237. 132 MACRÌ cit. nota 6, p. 36; MOSCHEO cit. nota 63, passim. 125 MACRÌ 31 stampato il manoscritto del Sicanicarum rerum compendium venivano lasciati da parte “parecchi passi i quali pubblicati nel 1562 gli avrebbero cagionato moltissimi fastidı̂”.133 Ma anche tali parti tralasciate erano poi finite nella biblioteca del Colbert dove venivano pubblicate da Stefano Baluzio. Quindi siamo sicuri che, almeno in un altro caso, non tutto il manoscritto era stato pubblicato. Più che dal Maurolico stesso, l’eliminazione dei passi pubblicati poi dal Baluzio sembrerebbe essere stata opera proprio dei gesuiti. Nella lettera di Giacomo Croce, scritta nel 1560, si legge infatti “comandò [il viceré] si desse alli nostri [i gesuiti] acciò si correggesse”.134 È però curioso che Moscheo non individui alcun intervento censorio nel testo, ma sottolinei addirittura l’elogio verso i gesuiti contenuto in esso. Come se un censore potesse far stampare critiche a sé stesso. Mentre invece ci si sarebbe aspettati che valutasse come elementi certi dell’intervento le differenze tra il manoscritto rimasto a Parigi ed il testo a stampa del 1562.135 Dovremmo immaginarci qualcosa di simile anche per le carte sulla musica? Dovremmo proprio distinguere tra l’atteggiamento verso i potenti della sua isola e l’atteggiamento verso Boezio, la celebre vittima del suo imperatore? Non sarebbe certo da escludere che parte della rielaborazione subı̀ta da Ω per la stampa del 1575 fosse dovuta anche alla mano diretta di Maurolico. Tuttavia l’ultima parola non doveva essere la sua e non possiamo proprio neanche eliminare gli altri interventi da parte delle persone entrate sicuramente nella vicenda della stampa. Con davanti agli occhi la “Musica Boetii” del villacanense avremmo buoni elementi per chiarire la questione. Mancandoci quello, dobbiamo accontentarci della copia fatta da Clavio. Abbiamo visto che essa non coincide affatto con la stampa del 1575, essendo soprattutto più critica di questa verso Boezio. Anzi, nel compendio stesso dava addirittura per il numero dei comma dentro i semitoni la diseguaglianza più stretta di un mezzo fornita da Maurolico. Dunque abbiamo di fronte due possibilità. O consideriamo quella di Clavio C2 una copia fedele di Ω. Ed allora le differenze tra il C1 , copiato da Ω sotto la supervisione di Maurolico e di Clavio, e la stampa del 1575 sarebbero dovute ad interventi eterogenei fuori dal controllo esercitato dall’autore, nel frattempo defunto. Quindi C2 andrebbe considerato una buona approssimazione di C1 , almeno riguardo le parti in comune con la stampa 1575. Oppure sarebbe stato Clavio ad introdurre le varianti già discusse. Quanto sono significativi gli interventi di Clavio? Riprendiamoli qui di nuovo dal paragrafo precedente. Innanzitutto il riassunto fatto da Clavio è ancor più breve delle Musicae traditiones rispetto alla Musica. Nella Boetianae musicae compendium Clavio stava vicino alla Boetianae musicae epitome delle Musicae traditiones. Ma pur procedendo in parallelo talvolta parola per parola (e con qualche variante nel lessico), esistono differenze significative. Manca nelle ... traditiones una “Sectio toni” che Clavio riportava. Poi Clavio scriveva di un Boezio il quale “multum sudat”, frase inesistente nelle ... traditiones. La tabella di Clavio con le proportioni per le note musicali ed i pianeti è diversa nella scelta dei numeri da quella delle ... traditiones. Essa, nell’ordine e nei numeri, sta più vicina alla figura 14 ed alla tabella 9 della Musica. Infine, questa è la differenza più importante, Clavio scriveva che il semitono minore “maius quidem esse tribus commatibus ac 12 ” e l’apotome “maiorem esse quam 4or commata et 12 ”. Dove Boezio aveva dato la disuguaglianza più scadente senza 12 . Con la “Repastinatio” Clavio stava ora molto vicino, parola per parola, alla Musica, in certe parti le quali si trovano solo in essa e non nelle ... traditiones. Tuttavia anche nella 133 MACRÌ cit. nota 6, p. 98. cit. nota 63, p. 136. 135 MOSCHEO cit. nota 63, p. 137. 134 MOSCHEO 32 “Repastinatio” sono riscontrabili varianti più o meno lessicali e l’assenza di un paio di frasi. Addirittura due lunghi passi esistenti nel manoscritto di Clavio mancano del tutto nella nostra edizione della Musica. Infine, in un punto, il confronto tra di essa e Clavio si fa più complicato perché cambia la struttura. Clavio esponeva inoltre l’Icosicordo di Guido D’Arezzo in modo molto semplificato rispetto alla Musica, presentandone una tabella la quale non è cosı̀ pasticciata e complessa come quella del Par. Lat. 7462 e della Musica. L’Icosicordo riportato da Clavio, nella struttura, coinciderebbe quasi con quello delle ... traditiones, non fosse che il primo non contiene due errori riscontrabili nel secondo ed assenti nella tabella 6 relativa della Musica. In ogni caso sia quella di Clavio, sia quella delle ... traditiones venivano dal lato sinistro della nostra tabella 6. Tutte queste modifiche, aggiunte e cancellature non sarebbero forse un po’ troppe per poterle attribuire tutte al solo Clavio? Ed il gesuita non sarebbe forse andato a Messina anche per aiutare Maurolico a mettere ordine nelle carte? E quindi la copia di Clavio non sarebbe probabilmente uscita da una loro collaborazione? Perché altrimenti, quando e dove avrebbe avuto occasione di farsela? Essa non poteva venire dalla stampa. Comunque, in questo caso, a cosa gli sarebbe servita? Come scenario più probabile, vedremmo allora prendere grandi o piccole decisioni per l’edizione del 1575 tutti coloro i quali per una ragione o per l’altra avessero le mani in pasta nell’affare della stampa: Maurolico, Clavio e persino i gesuiti di Venezia. L’analisi dell’ultimo capitoletto lasciatoci da Clavio, “Octo modulatuum, sive tonorum proprietates”, corrobora lo scenario di un Maurolico il quale rielaborasse con aggiunte, modifiche e riassunti (ma perché mai avrebbe dovuto cancellare anche i propri contributi?) i primi progetti sulla musica. Tuttavia, ciononostante e nonostante la presenza di Clavio, la nuova versione subirebbe anche a Venezia l’ulteriore vaglio postumo dei curatori. Infatti la parte sui “Tropi” si trova solo in Clavio e manca sia nella Musica (perché aggiunta in un secondo momento solo alla copia per Venezia), sia nelle ... traditiones (perché vagliata ulteriormente a Venezia). Gli otto Modi si trovano nella forma di Clavio nelle ... traditiones, ma con la modifica dell’ordine (vaglio a Venezia), mentre nella Musica al loro posto si legge la tabella 8 con una lunga spiegazione (modifica e riassunto di Maurolico per la stampa). Eppure una parte della descrizione resta comune e sopporta bene un confronto sinottico fra le tre versioni. Infine gli effetti degli otto Modi riportati da Clavio compaiono, in elenco esteso e numerato, quasi cogli stessi termini e con poche varianti nelle ... traditiones, mentre la Musica ne da due versioni concise e senza numeri (estensione e modifica di Maurolico per la stampa). Mancandoci le informazioni necessarie, non vediamo altro modo di risolvere il rompicapo e di uscire dal labirinto di fonti in contrasto, se non immaginandoci uno scenario dove le numerose differenze risulterebbero da una pluralità di ragioni e di persone. Se naturalmente Maurolico non può venir escluso, gli interventi degli altri potrebbero venir a scelta modulati, a seconda di quali persone ci volessimo fidare maggiormente. Gli scenarı̂ limite sono i seguenti. Nell’uno potremmo ritenere Clavio responsabile di tutte le varianti contenute nel riassunto compilato da lui. In un altro diventerebbe il matematico di Messina soltanto colui il quale rielaborasse la propria opera per l’edizione 1575. Anche se questo Maurolico, troppo soggetto alle circostanze ed al potere politico, potrebbe piacere di meno a qualcuno. In un terzo sarebbero stati soprattutto i gesuiti, per gli scopi educativi dell’ordine e nel clima del Concilio tridentino, a purgare il manoscritto per la stampa. Del nostro Maurolico possiamo avere immagini diverse, cosı̀ come possiamo mettergli l’accento sulla ı̀ o sulla ò, essendo interpretabile entro certi limiti secondo le nostre diverse concezioni della storia, della ricerca scientifica e della comunità accademica. Tre o quattro soluzioni differenti ai problemi qui esaminati restano possibili. Diamo comunque in Appendice gli schemi 33 degli scenarı̂ alternativi. Alcuni possono già venir esclusi, ma il loro numero sta in proporzione inversa con l’ammontare delle informazioni disponibili. Chi scrive ritiene più probabile il primo. Anche coloro che avrebbero cambiato l’evoluzione delle scienze durante il secolo XVII avrebbero continuato a scrivere di musica.136 Confrontare in questo caso le loro concezioni con quella di Maurolico o di Giorgio Valla137 ci permetterebbe di introdurre un argomento nuovo per ridiscutere uno dei capitoli di storia più controversi. Se non altro per questa ragione, le pagine di teoria della musica non andrebbero sottovalutate. Esse rivelano comunque la concezione matematica dell’autore.138 Ma anche prese di per se stesse, le carte musicali di Maurolico ce ne hanno rivelato nuove capacità simboliche e nuove capacità nella dimostrazione. Esse ci hanno potuto raccontare persino nuovi particolari sulla vita scientifica e culturale del secolo XVI. Si ringraziano Paolo d’Alessandro, Paola Marchi, Rosario Moscheo, Pier Daniele Napolitani, Jean-Pierre Sutto e Roberta Tassora per i numerosi aiuti e consigli riguardo l’edizione del manoscritto. Sutto in particolare per le parti sull’aritmetica e le radici. Ringrazio anche Giuseppe Puglisi per un suggerimento relativo alle medie aritmetiche e geometriche. Isabella Capitani mi ha aiutato per il greco. Ringrazio Luigi Maierù per avermi gentilmente fornito il microfilm di Giorgio Valla. 136 H. F. COHEN, Quantifying Music, Dordrecht, Reidel, 1984; P. GOZZA (cur.), La musica nella rivoluzione scientifica del seicento, Bologna, Il mulino, 1989; V. COELHO (ed.), Music and Science in the Age of Galileo, Dordrecht, Kluwer Academic Publishers, 1992; E. KNOBLOCH, Rapports historiques entre musique, mathematique et cosmologie, in Quadrivium, Musique et Sciences, Paris, Éditions ipmc, 1992, pp. 123-167; P. BAILHACHE, Cordes vibrantes et consonances chez Beeckman, Mersenne et Galilée, “Sciences et techniques en perspective” 23, 1993, pp. 73-91; E. KNOBLOCH, Harmony and Cosmos: Mathematics Serving a Teleological Understanding of the World, “Physis” 32, 1995, pp. 55-89; P. BAILHACHE, Sciences et musique: quelques grandes étapes en théorie musical, “Littérature, médicine, société” 13, 1996; T. M. TONIETTI, Verso la matematica nelle scienze: armonia e matematica nei modelli del cosmo tra Seicento e Settecento, in La costruzione dell’immagine scientifica del mondo, Marco Mamone Capria (cur.), Napoli, La città del sole, 1999, pp. 155-219; T. M. TONIETTI, Newton credeva nella musica delle sfere?, in La scienza e i vortici del dubbio, Lino Conti, Marco Mamone Capria (cur.), Perugia, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, pp. 127-135; T. M. TONIETTI, Does Newton’s Musical Model of Gravitation Work?, “Centaurus”, 42, 2000, pp. 135-146. 137 G. VALLA, De expetendis et fugiendis rebus opus, Venezia, 1501. 138 T. M. TONIETTI, Is Music Relevant for the History of Science?, in The Applications of Mathematics to the Sciences of Nature, Dordrecht, Kluwer, 2002, pp. 281-291; TONIETTI cit. nota 48. 34 APPENDICE. Ω: il corpus originario A: autografo Par. Lat. A6 S: stampa del 1575 S7 C1 : eventuale copia da Ω C2 : copia di Clavio. C13 (A6, S7, C13, dal Conspectus Siglorum dell’Opera mathematica) Ω @ @ @ Maurolico Maurolico @ Maurolico @ @ @ @ @ Villacanense “Musica Boetii” (Sicilia) disperso dopo 1901 A 7462 (Parigi) C1 @ curatori @ Clavio @ @ @ Musica S (Venezia) C2 (Roma) Scenario 1: Clavio fedele, curatori infedeli. Scenario 1bis: Clavio infedele, curatori infedeli. Nel copiare parti di Ω in C1 potrebbe aver avuto un ruolo anche Francesco Marolı̀, Baron della Foresta, il quale lo aveva fatto per gli Arithmeticorum Libri Duo. Ω @ Maurolico @ @ @ Maurolico Maurolico @ @ @ @ @ Villacanense “Musica Boetii” (Sicilia) disperso dopo 1901 A 7462 (Parigi) C1 @ @ Clavio @ @ @ S C2 (Venezia) (Roma) Scenario 2: Maurolico succube ed autocensore, Clavio infedele. Non è possibile considerare uno scenario 2bis con Clavio fedele, perché in tal caso C2 sarebbe dovuto essere simile ad S. C1 coincide con S. Musica 35 Ω @ @ @ Maurolico Maurolico @ Clavio @ @ @ @ @ Villacanense “Musica Boetii” (Sicilia) disperso dopo 1901 A 7462 (Parigi) C1 @ Clavio @ Clavio @ @ @ Musica S (Venezia) C2 (Roma) Scenario 3: da scartare, perché altrimenti C2 dovrebbe essere simile ad S. Oppure perché altrimenti Clavio dovrebbe essere fedele da un lato ed infedele dall’altro. Oppure improbabile perché Clavio sarebbe stato infedele in modi diversi ed in tempi diversi. Ω Maurolico Villacanense “Musica Boetii” (Sicilia) disperso dopo 1901 HH @ H @ HH H @ HH @ H HH @ Maurolico HH @ HH @ @ H HH @ H @ HH @ H @ Clavio A 7462 (Parigi) curatori Musica S (Venezia) Scenario 4: Curatori infedeli, Clavio fedele. Scenario 4bis: Curatori infedeli, Clavio infedele. 36 C2 (Roma) Ω Maurolico HH @ @ HHH @ H HH @ H HH Maurolico Maurolico H @ @ @ @ @ Villacanense “Musica Boetii” (Sicilia) disperso dopo 1901 A 7462 (Parigi) HH HH HH H C1 Musica S (Venezia) Scenario 5: Maurolico autocensore, Clavio fedele. C1 coincide con S. Scenario 5bis: Maurolico autocensore, Clavio infedele. HH H Clavio C2 (Roma) ABSTRACT - Francesco Maurolico wrote pages even on music which were transcribed and edited by the author. Here he first shows his main results and the differences from the classical tradition of the mathematical theory of music: a new proof of the number of commas in the tone and a new symbolism for the composition of proportions. Then, is told the way by which the original corpus of these papers was constituted. At last, is discussed the complex puzzle of the relative remaining (or lost) manuscripts and of their possible connections with the old partial printed edition of 1575. Possible scenarios of the story and probable interventions of the Jesuits on this edition are described. 37