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Nuovi fondamenti di linguistica Soluzioni degli esercizi Capitolo 10. Funzioni grammaticali 10.1 Significa che un evento può essere descritto attraverso il linguaggio in vari modi, sfruttando le diverse risorse grammaticali delle lingue: possiamo per esempio decidere di mettere in rilievo un partecipante all’evento piuttosto che un altro, di imporre una certa prospettiva sull’evento, e così via. (→ Paragrafo 10.1) 10.2 Sì. Un esempio può essere la frase passiva. Due frasi come Luca ha investito Maria e Maria è stata investita da Luca descrivono lo stesso evento, ma la prospettiva è diversa: nella prima frase l’agente, la persona che compie l’azione (Luca) è in una posizione prominente, mentre nella seconda frase l’agente viene messo in secondo piano e viene posto invece in risalto il partecipante che subisce l’azione, ovvero il paziente (Maria). (→ Paragrafo 10.1) 10.3 Le funzioni fondamentali dell’enunciato sono il soggetto e il predicato: dobbiamo infatti necessariamente avere un tema di cui parlare e qualcosa da dire a proposito di questo tema. (→ Paragrafo 10.2) 10.4 La posizione di soggetto non è necessariamente occupata da un nome (Luca mangia). Possiamo avere anche dei pronomi (Lui mangia), degli elementi verbali come gli infiniti sostantivati (Fare la spesa mi piace) o addirittura delle clausole soggettive (Che tu mi dica questo mi conforta). (→ Paragrafo 10.2) 10.5 Questa definizione è problematica perché non tutti i soggetti “compiono un’azione”. Questo è del tutto evidente nelle frasi passive (Il topo è stato mangiato dal gatto), in cui il soggetto è addirittura colui che “subisce” l’azione. Ma anche in frasi come Luca ha la febbre o Maria è triste, perché il soggetto in questi casi “subisce” una condizione o uno stato che è al di fuori del proprio controllo. (→ Paragrafo 10.3.1) 10.6 Una lingua a soggetto nullo (o non-­‐obbligatorio) non presenta il vincolo per cui il soggetto di una frase deve essere sempre espresso foneticamente. Data una frase come Luca cadde a terra, possiamo anche avere la versione senza soggetto espresso Cadde a terra. Il soggetto, sebbene non presente foneticamente, può comunque essere interpretato andando a recuperare il contesto immediatamente precedente. L’assenza fonetica del soggetto non significa pertanto che il soggetto sia assente da un punto di vista logico: il soggetto è presente, ma “sottinteso”. Alcune lingue, invece, non permettono il soggetto “sottinteso”: le frasi devono pertanto avere sempre un soggetto espresso (è il caso dell’inglese). (→ Paragrafo 10.3.2) 10.7 L’elemento it nella frase inglese It seems that John is right ‘Sembra che John abbia ragione’. (→ Paragrafo 10.3.3) 10.8 Una strategia che l’italiano usa tipicamente per esprimere il soggetto generico è il si, ad esempio: In California si vive bene. Un altro modo è la terza persona plurale: In California vivono bene. In inglese, entrambe le frasi possono essere tradotte con una terza persona plurale generica (They live well in California) o anche con il soggetto generico one ‘uno’ (One lives well in California). (→ Paragrafo 10.3.5, 9.3.3) 10.9 Per marcare il soggetto le lingue usano casi dedicati (si veda ad esempio la frase russa Devuška čitaet knigu ‘La ragazza legge un libro’, dove il soggetto – devuška – è marcato al caso nominativo, mentre l’oggetto knigu è al caso accusativo), oppure una posizione specifica all’interno della frase semplice non marcata (per esempio la posizione preverbale in inglese: The girl reads a book ‘La ragazza legge un libro’). (→ Paragrafo 10.3.4) 10.10 Sarà verosimilmente più mobile, rispetto a una lingua che non ha i casi, perché la funzione grammaticale dei nominali è segnalata dalla desinenza di caso, e quindi la posizione all’interno della clausola risulta meno importante. (→ Paragrafo 10.3) 10.11 Esistono lingue (per esempio il creolo neomelanesiano) in cui il verbo si accorda sia con il soggetto sia con l’oggetto. In questo caso si parla di “doppio accordo” o di “costruzione oggettiva”. (→ Paragrafo 10.3.5) 10.12 Sono entrambi esempi di accordo “a senso”: il verbo non si accorda con le proprietà morfosintattiche del soggetto (che è al singolare), ma con il significato del soggetto stesso (che denota una pluralità). (→ Paragrafo 10.3.5) 10.13 Una frase a controllo è una frase dipendente (con verbo di modo infinito) il cui attore è “controllato” dalla semantica del verbo (finito) che si trova nella principale: in una frase come Maria consiglia a Luca di perdonare Sara, l’attore della dipendente è necessariamente Luca, mentre in Maria promette a Luca di chiamare Sara l’attore della dipendente è Maria. La diversa assegnazione è controllata dal verbo della principale (consigliare vs. promettere). (→ Paragrafo 10.3.6) 10.14 Nella frase ‘ii’ l’attore di uscire è il referente a cui si riferisce il pronome gli: (io) ho dato un ordine a ‘lui’, questo ordine consiste nel fatto che ‘lui’ debba uscire. Nella frase ‘i’ invece l’attore di uscire può essere tanto ‘lui’ (io ho chiesto a lui che ‘lui’ possa uscire) quanto il soggetto stesso di chiedere (io ho chiesto a lui se ‘io’ posso uscire). (→ Paragrafo 10.3.6) 10.15 No, non sempre. Per esempio, in una frase come A Lucia sembra di impazzire, il soggetto è inespresso (sembra), ma l’attore di impazzire è Lucia (che compare all’interno di un Sintagma Preposizionale). (→ Paragrafo 10.3.6) 10.16 Le frasi copulari sono la seconda (copula essere più elemento aggettivale) e la terza (copula fare più elemento nominale). Nella frase ‘i’ è non è una copula ma concorre a formare la perifrasi passiva è stata costruita; mentre nella frase ‘iv’ fa è un “verbo leggero” o “verbo supporto” (cfr. 13.5.4). (→ Paragrafo 10.4) 10.17 L’oggetto inteso in senso proprio è il complemento ‘diretto’ di un verbo transitivo (leggere un libro), tipicamente marcato con l’accusativo nelle lingue con i casi. Si parla invece di oggetto ‘indiretto’ per identificare un argomento del verbo che sia obliquo, ovvero introdotto da una preposizione (abitare a Roma) o marcato con un caso diverso da quello accusativo. Esistono tipi speciali di oggetto ‘diretto’, per esempio l’oggetto interno, che si manifesta come un nome corradicale del verbo (vivere una vita piena, gridare grida di gioia), e il ‘doppio oggetto’ (cfr. 10.18). (→ Paragrafo 10.5) 10.18 La costruzione con ‘doppio oggetto’ presenta due oggetti entrambi marcati come diretti. Un esempio è il doppio accusativo in latino (Doceo aliquid aliquem ‘insegno qualcosa a qualcuno’), oppure la cosiddetta costruzione ‘ditransitiva’ inglese (Sara gave him a book ‘Sara gli ha dato un libro’) . (→ Paragrafo 10.5.2) 10.19 ‘i’: oggetto (diretto) fattitivo (creato dall’azione). ‘ii’: oggetto interno (sorrise – sorriso). ‘iii’: doppio oggetto (cfr. 10.18). (→ Paragrafo 10.5.2) 10.20 Il caso profondo coincide con la funzione che un partecipante ha all’interno di un evento. In una frase come Luca taglia il pane con il coltello, Luca è chiaramente il partecipante attivo, che compie l’azione (CASO AGENTIVO, detto anche AGENTE), il pane è l’elemento che la subisce (CASO OGGETTIVO, detto anche PAZIENTE) e il coltello è lo ‘strumento’ usato da Luca (CASO STRUMENTALE, detto anche semplicemente STRUMENTO). (→ Paragrafo 10.6.1) 10.21 (→ Paragrafo 10.6.1) i. Il giornalista scrisse l’articolo con il pc nuovo il giornalista CASO AGENTIVO l’articolo CASO FATTITIVO con il pc nuovo CASO STRUMENTALE ii.
iii.
La candidata consegnò la domanda alla segretaria La candidata CASO AGENTIVO la domanda CASO OGGETTIVO alla segreteria CASO DATIVO / BENEFATTIVO (oppure anche LOCATIVO) Giorgio ama la musica Giorgio CASO ESPERIENTE la musica CASO OGGETTIVO Nuovi fondamenti di linguistica Soluzioni degli esercizi Capitolo 11. Struttura tematica e struttura dell’informazione 11.1 Il soggetto “grammaticale” è l’elemento che accorda con il verbo; il soggetto “psicologico” è l’elemento di cui si parla nell’enunciato; il soggetto “logico” corrisponde, infine, al partecipante “che compie l’azione”. Il soggetto psicologico è detto anche “tema”, quello logico è detto anche “agente” o “attore”. In una frase come Mario ha chiamato gli amici, l’elemento Mario è soggetto grammaticale (perché accorda con il verbo), soggetto psicologico / tema (perché è ciò di cui si sta predicando qualcosa) ed è anche il soggetto logico / attore, perché è colui che compie l’azione di chiamare. Nella frase Gli amici sono stati chiamati da Mario il costituente gli amici è sia soggetto grammaticale che soggetto psicologico, ma il soggetto logico rimane Mario. (→ Paragrafo 11.1) 11.2 Se pronunciata con intonazione neutra, il tema è Il postino, mentre il resto della frase costituisce il rema. L’enunciato, infatti, predica qualcosa a proposito del postino. Se pronunciamo l’enunciato con una intonazione marcata la struttura tematica può cambiare. Ad esempio, se enfatizziamo in mattinata, quest’ultimo costituente viene analizzato come rema, mentre l’intera clausola Il postino ha consegnato il pacco diventa tema. (→ Paragrafo 11.1, 11.2) 11.3 i. A Maria piacciono le borse A Maria piacciono le borse Livello sintagmatico SP V SN Livello funzionale Oggetto indiretto Predicato Soggetto Livello tematico Tema Rema 11.4
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11.8
11.9
ii. Le borse, Maria le ama Le borse Maria le ama Livello sintagmatico SNi SN CLITICOi V Livello funzionale Oggetto direttoi Soggetto Oggetto direttoi Predicato Livello tematico Tema Rema (→ Paragrafo 11.1) Può agire sia sul tema, sia sul rema. (→ Paragrafo 11.2) Focus contrastivo, ottenuto tramite frase scissa. (→ Paragrafo 11.2) Luca ha comprato l’iPad. Topicalizzazione: L’iPad Luca ha comprato. Frase scissa: È l’iPad che Luca ha comprato. Dislocazione a sinistra: L’iPad, Luca l’ha comprato. Dislocazione a destra: Luca l’ha comprato, l’iPad. (→ Paragrafo 11.3) La differenza tra topicalizzazione e disclocazione a sinistra consiste nella presenza o meno della ripresa clitica: è assente nella topicalizzazione, è presente nella dislocazione. Da un punto di vista funzionale, la topicalizzazione focalizza contrastivamente l’elemento spostato (rematizzazione), mentre la disclocazione a sinistra è una strategia di tematizzazione. (→ Paragrafo 11.3) No, alcune lingue usano anche mezzi fonologici (in particolare l’intonazione, di cui l’italiano fa grande uso) e morfologici (come il somalo o il giapponese, che hanno delle marche morfologiche per segnalare il tema e il rema). (→ Paragrafo 11.3) L’italiano, come abbiamo visto, sfrutta molto l’intonazione per focalizzare i costituenti, ma anche una serie di costruzioni sintattiche, come le frasi scisse o le dislocazioni. 11.10
11.11
11.12
11.13
11.14
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Queste ultime sono molto usate anche in inglese (e.g. It’s the iPad that Luca bought ‘È l’iPad che ha comprato Luca’; The iPad, Luca bought it ‘L’iPad, Luca l’ha comprato’). Tuttavia, la maggiore libertà dei costituenti in italiano rende possibili ulteriori operazioni, ad esempio: È l’iPad che Luca ha comprato vs. È l’iPad che ha comprato, Luca, dove – oltre alla frase scissa – troviamo il soggetto posposto rispetto al verbo (tematizzazione). Questa operazione non è possibile in inglese: *It’s the iPad that (he) bought, Luca. Anche la posposizione del pronome soggetto, molto usata in italiano (Ha ragione lui) non è possibile in inglese, che deve usare strategie alternative, sintattiche (He’s the one who’s right lit. Lui è quello che ha ragione) o intonative (HE’s right). (→ Paragrafo 11.3) Spesso soggetto e tema coincidono nelle frasi non marcate (Maria ha preso un libro), ma possono anche non coincidere, specialmente se la frase è marcata (e.g. Il libro, l’ha preso Maria, dove il tema è il libro, mentre Maria – il soggetto – fa parte del rema). Un altro caso in cui tema e soggetto non coincidono è quello del tema sospeso: La linguistica, non c’è una materia più bella. Qui il costituente la linguistica è chiaramente un tema, ma allo stesso tempo è completamente separato dal resto dell’enunciato, che ha un suo soggetto (una materia più bella) e una sua autonomia (cfr. 11.12, 11.13). (→ Paragrafo 11.4) Un mezzo sintattico molto diffuso è il tema sospeso (cfr. 11.10), presente in italiano ma anche nelle lingue classiche (greco e latino). Altre strategie sintattiche di tematizzazione sono le dislocazioni, a destra e a sinistra. Altre lingue invece usano marche morfologiche (cfr. 11.8): si veda ad esempio il morfema baa in somalo o la particella wa in giapponese. (→ Paragrafo 11.4) Si tratta di un tema sospeso. (→ Paragrafo 11.4) Un tema sospeso è un elemento, collocato nella periferia sinistra dell’enunciato, che preannuncia l’argomento di cui si sta per parlare, senza che ci sia però alcun legame sintattico tra il tema stesso e il resto dell’enunciato. La frase La California… Ho sempre desiderato andarci contiene esattamente un elemento di questo tipo (La California). (→ Paragrafo 11.4) Si veda la griglia che segue. (→ Paragrafo 11.5, 11.6) A: Ieri sono andata al cinema. NUOVO B: Con chi sei andata? NUOVO DATO A: Sono andata con Luca. DATO NUOVO B: Cosa siete andati a vedere? NUOVO DATO A: L’ultimo film di Almodóvar. Tu lo hai visto? NUOVO NUOVO B: Io? No, non mi piace Almodóvar! DATO NUOVO Non sempre dato-­‐tema e nuovo-­‐rema coincidono. Per esempio, la prima frase di A (Ieri sono andata al cinema) è tutta “informazione nuova” dal punto di vista della struttura dell’informazione, ma può essere suddivisa in un tema (Ieri) e un rema (sono andata al cinema) dal punto di vista della struttura tematica. (→ Paragrafo 11.6) Nuovi fondamenti di linguistica Soluzioni degli esercizi Capitolo 12. Testo 12.1 La linguistica testuale si occupa di enunciati complessi detti “testi” (cfr. 12.2). (→ Paragrafo 12.1) 12.2 Con il termine “testo” ci si riferisce a unità linguistiche superiori alla clausola/frase (e.g. un romanzo è un testo, ma anche un capitolo o un paragrafo sono un testo; questa risposta è un testo). Un testo è solitamente formato da diverse clausole/frasi tra cui si istituiscono relazioni di varia natura. È caratterizzato da coerenza e coesione (cfr. 12.3). (→ Paragrafo 12.1) 12.3 La coerenza è la proprietà di trattare degli stessi argomenti (continuità tematica), mentre la coesione è la presenza di meccanismi che collegano tra loro le parti del testo. (→ Paragrafo 12.1, 12.2) 12.4 Un deittico è un elemento portatore di una referenza variabile a seconda del contesto d’uso (cfr. 8.7.2). Esso può avere un punto di attacco, ovvero l’elemento che ne esplicita la referenza in quel dato contesto. Ad esempio in un testo come Maria non è ancora arrivata. Il suo telefono è spento abbiamo un deittico (l’aggettivo possessivo suo) e il suo relativo punto di attacco (Maria). Un connettivo è invece un elemento che ha la funzione di raccordare porzioni di testo. Esistono connettivi relazionali, che mettono in relazioni porzioni di enunciato (Maria non è ancora arrivata quindi non possiamo partire) e connettivi modulanti (chiamate talvolta anche particelle discorsive), che servono a enfatizzare, focalizzare, contrastare, ecc. (Allora, Maria è arrivata?). (→ Paragrafo 12.2, 12.3) 12.5 Si analizzano di seguito alcuni dei principali elementi di coesione testuale presenti nei testi proposti. Le catene anaforiche sono indicate con il codice colore: il capo-­‐catena è colorato e in grassetto, mentre gli anelli della catena sono dello stesso colore in tondo. In alcuni casi (ad esempio quando l’anaforico riprende intere frasi) la catena è identificata mediante una nota a piè di pagina. I deittici spazio-­‐temporali sono segnalati con una sottolineatura semplice, i connettivi con una doppia sottolineatura, e le ellissi con il simbolo [ø]. (→ Paragrafo 12.2, 12.3, 12.4) Pride and Prejudice, di Jane Austen (incipit) It1 is a truth universally acknowledged, that a single man in possession of a good fortune, must be in want of a wife. However little known the feelings or views of such a man may be on his first entering a neighborhood, this truth2 is so well fixed in the minds of the surrounding families, that he is considered the rightful property of some one or other of their daughters. "My dear Mr. Bennet," said his lady to him one day, "have you heard that Netherfield Park is let at last?" Mr. Bennet replied that he had not [ø heard]. "But it is [ø let]," returned she; "for Mrs. Long has just been here, and she told me all about it3." Mr. Bennet made no answer. 1 Qui it è un pronome espletivo. 2 This truth è sì collegato a truth più sopra, ma si riferisce più propriamente a tutto l’enunciato che segue (“that a single man in possession of a good fortune, must be in want of a wife”). 3 It si riferisce all’evento intero, ovvero al fatto che Netherfield Park è stato affittato. "Do you not want to know who has taken it?" cried his wife impatiently. "You want to tell me, and I have no objection to hearing it." This4 was invitation enough. Una vita, di Italo svevo (incipit) «Mamma mia, «Iersera, appena, [ø] ricevetti la tua buona e bella lettera. «[ø] Non dubitarne, per me il tuo grande carattere non ha segreti; anche quando [ø] non so decifrare una parola, [ø] comprendo o [ø] mi pare di comprendere ciò che tu volesti facendo camminare a quel modo la penna. [ø] Rileggo molte volte le tue lettere; tanto semplici, tanto buone, [ø] somigliano a te; [ø] sono tue fotografie. «[ø] Amo la carta persino sulla quale tu scrivi! [ø] La riconosco, è quella che spaccia il vecchio Creglingi, e, vedendola, [ø] ricordo la strada principale del nostro5 paesello, tortuosa ma linda. [ø] Mi ritrovo là ove [ø] s'allarga in una piazza nel cui mezzo sta la casa del Creglingi, bassa e piccola, col tetto in forma di cappello calabrese, tutta un solo buco, la bottega! Lui, dentro, affaccendato a vendere carta, chiodi, zozza, sigari e bolli, lento ma coi gesti agitati della persona che vuole far presto, [ø] servendo dieci persone ossia [ø] servendone una e [ø] invigilando sulle altre nove con l'occhio inquieto. Alice nel paese delle meraviglie, di Lewis Carroll (incipit, traduzione in italiano) Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella, senza far niente: [ø] aveva una o due volte data un’occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non v’erano né dialoghi né figure, — e a che serve un libro, pensò Alice, — senza dialoghi né figure? E [ø] si domandava alla meglio, (perché la canicola l’aveva mezza assonnata e istupidita), se per il piacere di fare una ghirlanda di margherite [ø] mettesse conto di levarsi a raccogliere i fiori, quand’ecco un coniglio bianco dagli occhi rosei passarle accanto, quasi sfiorandola. Non c’era troppo da meravigliarsene6, né Alice pensò che fosse troppo strano sentir parlare il Coniglio, il quale diceva fra se: “Ohimè! ohimè! [ø] ho fatto tardi!” (quando in seguito ella se ne7 ricordò, [ø] s’accorse che avrebbe dovuto meravigliarsene, ma allora le sembrò una cosa naturalissima): ma quando il Coniglio trasse un orologio dal taschino della sottoveste e [ø] lo consultò, e [ø] si mise a scappare, Alice saltò in piedi pensando di non aver mai visto un coniglio con la sottoveste e il taschino, né con un orologio da cavar fuori, e, ardente di curiosità, [ø] traversò il campo correndogli appresso e [ø] arrivò appena in tempo per vederlo entrare in una spaziosa conigliera sotto la siepe. Un istante dopo, Alice scivolava giù correndogli appresso, senza pensare a come avrebbe fatto poi per uscirne. La buca della conigliera filava dritta come una galleria, e poi [ø] si sprofondava così improvvisamente che Alice non ebbe un solo istante l’idea di fermarsi: [ø] si sentì cader giù rotoloni in una specie di precipizio che rassomigliava a un pozzo profondissimo. 4 This si riferisce all’intera frase “You want to tell me, and I have no objection to hearing it”. 5 Nostro si riferisce, congiuntamente, allo scrivente e a sua madre. 6 Qui ne si riferisce al fatto che il coniglio bianco sia passato accanto ad Alice quasi sfiorandola. 7 Qui ne si riferisce, invece, al fatto che il coniglio bianco parla, così come il ne seguente (avrebbe dovuto meravigliarsene). 12.6
Le principali differenze rispetto al testo inglese sono dovute ai soggetti nulli, ammessi in italiano, ma non in inglese, che quindi presenta sempre il pronome soggetto (e.g. “[ø] hai saputo” vs. “have you heard”; “This was invitation enough” vs. “[ø] Era quanto bastava”). Un’altra differenza è la presenza di clitici oggetto in italiano, mentre in inglese troviamo dei pronomi oggetto (e.g. “Tu vuoi dirmelo” vs. “You want to tell me”; “gli disse un giorno la sua signora” vs. “said his lady to him one day”). La notazione è la stessa usata nella risposta alla domanda 12.5. (→ Paragrafo 12.2, 12.3, 12.4) Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen (incipit, traduzione in italiano) È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie. Per quanto poco si possa sapere circa i sentimenti o i punti di vista di uomo del genere al suo primo apparire nel vicinato, questa verità è così saldamente fissata nelle menti delle famiglie del circondario, da [ø] considerarlo di legittima proprietà di una o l'altra delle loro figlie. "Mio caro Mr. Bennet", gli disse un giorno la sua signora, "[ø] hai saputo che finalmente Netherfield Park è stato affittato?" Mr. Bennet rispose di no [ø]. "Ma è così", replicò lei, "poiché Mrs. Long è appena stata qui, e [ø] mi ha raccontato tutto sull'argomento." Mr. Bennet non rispose. "[ø] Non vuoi sapere chi l'ha affittato?", esclamò la moglie con impazienza. "Tu vuoi dirmelo, e io non ho nulla in contrario ad ascoltare." [ø] Era quanto bastava. 12.7
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12.9
Esemplificazione, parafrasi e circostanza sono meccanismi di espansione. (→ Paragrafo 12.6) i. Luca è veramente un amico: ti ascolta, ti aiuta, non ti giudica. [esemplificazione] ii. Il colloquio di lavoro è andato bene, insomma è andato tutto liscio. [parafrasi] iii. Ho deciso di non andare alla festa, perché ero davvero troppo stanco. [circostanza] L’appello alle conoscenze enciclopediche del parlante. In un certo senso anche i sinonimi possono contribuire alla coerenza di un testo (poiché “parlano delle stesse cose”), ma questi meccanismi sono per lo più indice di coesione, così come l’uso di connettivi. (→ Paragrafo 12.4, 12.7) I copioni sono situazioni, culturalmente determinate, caratterizzate da una successione precisa di eventi. Un esempio di copione può essere il controllo del biglietto sul treno: arriva il controllore, chiede il titolo di viaggio, il viaggiatore glielo mostra o comunica il proprio codice di prenotazione. (→ Paragrafo 12.7) Nuovi fondamenti di linguistica Soluzioni degli esercizi Capitolo 13. Lessico 13.1 Il lessico è l’insieme delle parole di una lingua. Con dizionario si intende invece un prodotto (cartaceo o digitale) in cui si registrano e si descrivono le parole di una data lingua. Una lingua come l’italiano comprende circa 250.000 parole. Naturalmente i parlanti dell’italiano sanno una parte di queste parole, e questa parte può variare anche notevolmente da parlante a parlante. Pertanto, quando diciamo che il lessico è l’insieme delle parole di una lingua stiamo compiendo un’astrazione dalla competenza lessicale dei singoli parlanti. Quest’ultima viene talvolta descritta con un terzo termine – lessico mentale –usato per lo più negli studi di psicolinguistica. (→ Paragrafo 13.1) 13.2 La forma di citazione è la forma che un lessema assume quando viene citato. Le forme di citazione possono cambiare da lingua a lingua. Ad esempio, in italiano per citare i verbi usiamo la forma dell’infinito (e.g. il verbo cadere, non il verbo caddi o cadremo), nelle lingue classiche (latino, greco antico) si usava la prima persona singolare del presente indicativo (e.g. il verbo timeo ‘temere’), mentre in ebraico la forma di citazione coincide con la terza persona singolare maschile del tempo passato (il verbo
qanah ‘comprare’). (→ Paragrafo 13.1) 13.3 Tutte le parole terminano con la stessa sequenza di suoni (-­‐bile), pertanto potremmo essere tentati di accorparle tutte in un’unica classe di parole in virtù di questa somiglianza superficiale. Tuttavia, un’analisi più attenta fa emergere più d’una differenza: alcune di queste parole sono aggettivi (e.g. comprensibile), altre sono nomi (automobile), altre ancora possono essere sia aggettivi sia nomi (e.g. stabile). Tra gli aggettivi, possiamo ulteriormente distinguere aggettivi derivati da verbi tramite l’aggiunta del suffisso -­‐bile da un lato (e.g. ascoltabile, mangiabile) e aggettivi che non sono analizzabili in questo modo dall’altro (e.g. nobile). Le parole in questione sono dunque attribuibili a diverse classi di parole. (→ Paragrafo 13.2) 13.4 Nomi e verbi: i primi instaurano dei referenti nel discorso (ciò di cui si intende parlare), mentre i secondi servono per predicare qualcosa a proposito dei referenti. Non a caso sembra che proprio nomi e verbi siano le uniche due classi di parole universali. (→ Paragrafo 13.3) 13.5 I nomi puri sono evidenziati con il grassetto, i nomi di processo con la sottolineatura semplice e i nomi leggeri con la doppia sottolineatura. (→ Paragrafo 13.4.2) i. Il siamese è un tipo di gatto ii. La costruzione della casa è stata più difficile del previsto iii. Mia cugina si è finalmente tagliata i capelli iv. Luca mi ha portato una sottospecie di regalo v. Questa traduzione è una vera botta di fortuna vi. La festa è durata pochissimo 13.6 Esempi di nomi numerabili: casa (una casa, due case), macchina, bicchiere. Esempi di nomi di massa: cemento (*un cemento, *due cementi), brodo, orzo. Un esempio di nome ambiguo tra l’interpretazione numerabile e di massa è caffè: se usato come nome di massa (la sostanza “caffè” derivata dai semi dell’omonima pianta) posso dire la produzione del caffè ma non *la produzione di un caffè / di due caffè; tuttavia caffè è numerabile nella lettura “tazzina di caffè (espresso)”: mi prepara un caffè? / ci prepara due caffè?. (→ Paragrafo 13.4.2) 13.7 I nomi di processo indefinito codificano degli eventi nella loro pura processualità, senza focalizzarsi sulla loro conclusione o sulle fasi temporali intermedie; i nomi di processo definito codificano invece eventi ben delineati nel tempo e di cui si codifica la conclusione (si veda per esempio la differenza tra nuotata e (il) nuotare: posso dire la nuotata è durata 45 minuti ma non *il nuotare è durato 45 minuti); i nomi puntuali identificano eventi istantanei, senza una durata interna. Alcuni nomi possono appartenere a più di una categoria (→ Paragrafo 13.4.3): • arredamento nome di processo indefinito / definito • consegna nome puntuale / nome di processo definito • (il) dormire nome di processo indefinito • formazione nome di processo indefinito / definito • lettura nome di processo indefinito / definito • nuotata nome di processo definito • passeggiata nome di processo definito • scoppio nome puntuale 13.8 I seguenti nomi (cfr. 13.7) hanno una doppia interpretazione, processuale (P) e risultativa (R) (→ Paragrafo 13.4.3): • arredamento o P: l’arredamento della casa durò due mesi o R: l’arrendamento della casa mi piace molto • consegna o P: la consegna del plico è fissata per lunedì mattina o R: la consegna è di non aprire a nessuno • formazione o P: la formazione di nuove parole avviene ogni giorno o R: queste parole sono nuove formazioni • lettura o P: la lettura è il mio passatempo preferito o R: la mia lettura di questo passo è diversa dalla tua 13.9 Nomi con una struttura argomentale (con esempi) (→ Paragrafo 13.4.2): • arredamento l’arredamento della casa (da parte di Maria) durò due mesi • consegna la consegna del plico è fissata per lunedì mattina • formazione la formazione di nuove parole avviene ogni giorno • lettura la mia lettura di questo passo è diversa dalla tua • nuotata la nuotata fino a riva fu più impegnativa del previsto • passeggiata la passeggiata per il centro storico dura 2 ore • scoppio lo scoppio della bomba avvenne a mezzogiorno 13.10 I nominalizzatori possono essere di natura sia morfologica che sintattica. Per quanto riguarda la morfologia, la nominalizzazione avviene principalmente tramite derivazione (e.g. formare – formazione, nuotare – nuotata, bello – bellezza) o conversione (dovere – il dovere, vicino – il vicino). Per quanto riguarda la sintassi, le completive sono un caso di nominalizzazione (e.g. Luca teme [la sorte]NOME – Luca teme [che Maria si offenda]NOME; A Luca piace [il rischio]NOME – A Luca piace [il fatto che Maria voglia rischiare]NOME). (→ Paragrafo 13.4.3) 13.11 I verbi inaccusativi (e.g. arrivare) sono una sottoclasse di verbi intransitivi che presentano una serie di caratteristiche peculiari, quali: i) il soggetto posposto nelle clausole non marcate (È arrivato il pacco di Amazon); ii) il ne coreferente col soggetto (e.g. Ne sono arrivati due (di pacchi)); iii) il participio coreferente col soggetto nelle assolutive (e.g. Arrivato il libro, Luca cominciò a leggerlo subito). (→ Paragrafo 13.5.2) 13.12 Sì: il soggetto posposto in clausola non marcata. La ragione è probabilmente legata al fatto che in entrambi i casi il soggetto ha un tasso agentivo (un grado di controllo) piuttosto basso (cfr. 10.6.1). (→ Paragrafo 13.5.2.) 13.13 I verbi pieni sono segnalati in grassetto, i verbi leggeri con la sottolineatura (il tipo è specificato in MAIUSCOLETTO tra parentesi quadre) (→ Paragrafo 13.5.3): i. Sara ha [AUSILIARE] verniciato tutta la parete, e Luisa le ha [AUSILIARE] dato [SUPPORTO] una mano. ii. Luca sembrava1 non capire quello che Maria gli stava [PERIFRASTICO] dicendo. iii. Giorgio si è [AUSILIARE] messo [ASPETTUALE] a ridere e non ha [AUSILIARE] più smesso [ASPETTUALE] iv. Alla fine Luigi ha [AUSILIARE] preso [SUPPORTO] coraggio: pareva [COPULATIVO] un’altra persona! v. Rita è [COPULATIVO] specializzanda in medicina d’urgenza a Roma 13.14 I verbi seriali costituiscono un particolare tipo di costruzione che vede la giustapposizione di due (o più) verbi senza connettore intermedio e che denota un singolo evento. Alcuni esempi2 (→ Paragrafo 13.5.2): (1) Dâw (lingua amazzonica, Brasile nord-­‐occidentale) yõ:h bǝ:-­‐hãm-­‐yɔw medicina fuoriuscire-­‐andare-­‐succedere.improvvisamente ‘La medicina fuoriuscì improvvisamente’ (2) Igbo (lingua Niger-­‐Congo, Nigeria sud-­‐orientale) ó tì-­‐wà-­‐rà étéré à lui colpire-­‐spaccare.aperto-­‐TEMPO piatto il ‘Lui ha frantumato il piatto’ 13.15 In Warao abbiamo chiaramente un sistema di parti del discorso molto flessibile: abbiamo infatti un elemento (yakera) che può essere usato, senza alcuna variazione formale, ora come nome (‘bellezza’) ora come aggettivo (‘bello’) a seconda della posizione sintattica in cui viene collocato. In Garo la situazione è diversa, in quanto abbiamo un elemento (da’r) che può essere usato sì come verbo (da’r-­‐aŋ-­‐gen ‘diventerà grande’) o come aggettivo (da’r-­‐gipa ‘grande’), ma i due diversi usi sono segnalati dalla presenza di marche che identificano la funzione di da’r ora come verbo (morfemi aspettuali e temporali) ora come aggettivo (introduttore di relativa). Il sistema di parti del discorso, quindi, in questo caso sarà più rigido. (→ Paragrafo 13.6) 13.16 Possiamo identificare i seguenti formati di parola (→ Paragrafo 13.7): i. Nome1<APPARECCHIO> + a + Nome2<CAUSA, MEZZO> a. barca a motore, barca a vela, cucina a gas, mulino a vento, radio a batteria b. giacca a vento non è riconducibile a questo formato di parola, in quanto giacca non è un “apparecchio” e vento non è ciò che consente alla giacca di funzionare, ma qualcosa da cui la giacca dovrebbe difendere chi la indossa ii. Nome1<ALIMENTO> + a + ART.DET. + Nome2<INGREDIENTE> a. penne alla vodka, pollo al curry, risotto allo zafferano, zuppa ai cereali b. pesce al cartoccio e pasta alla carbonara non sono propriamente riconducibili a questo formato di parola, ma a un formato molto simile in cui Nome2 indichi il METODO o la MODALITÀ 13.17 Si tratta di collocazioni del tipo VERBO LEGGERO + OGGETTO (secondo alcune definizioni potrebbero rientrare anche nelle cosiddette costruzioni a verbo supporto). Il contrasto tra italiano e inglese mette in evidenza come la scelta del verbo leggero per un dato oggetto dipenda dalla singola lingua. I verbi leggeri non sono pertanto direttamente trasponibili da una lingua all’altra. (→ Paragrafo 13.8) 1 Sembrare in molti casi funge da verbo copulativo (Luca sembra un bravo ragazzo). Tuttavia in questo contesto sembrare non è usato come copulativo ma come verbo pieno (di opinione) con funzione subordinante (regge la completiva implicita non capire). 2 Esempi tratti da: Aikhenvald, A. & Dixon, R. M. W. (a cura di) (2006), Serial Verb Constructions: A Cross-­‐linguistic Typology, Oxford, Oxford University Press, pagina 2. La traduzione delle glosse in italiano è mia. Nuovi fondamenti di linguistica Soluzioni degli esercizi Capitolo 14. Semantica 14.1 Il significato lessicale è quello associato ai morfi lessicali (e.g. gatt-­‐, gioc(a)-­‐ e allegr(a)-­‐ in una frase come I gatti giocano allegramente), mentre il significato strutturale è tutto ciò che l’enunciato veicola a prescindere dai morfi lessicali specifici che possono esservi inseriti. Se in una frase togliamo i morfi lessicali (I gatti giocano allegramente) non eliminiamo infatti tutto il significato, ma solo una parte di esso: ciò che resta (I X-­‐i Y-­‐ano Z-­‐mente) veicola un significato, se pur astratto (in questo caso: “X[PL.M.] fanno Y in modo Z”), che si applica anche se usiamo altri morfi lessicali (e.g. I cani abbaiano continuamente, I canarini volano spensieratamente, ecc.) (→ Paragrafo 14.1) 14.2 La co-­‐composizione è quel meccanismo per cui i significati delle parole si determinano sull’asse sintagmatico in virtù della loro combinazione con altre parole. Un aggettivo come alto per esempio avrà diversi significati a seconda del nome che modifica (e.g. alta carica vs. edificio alto); lo stesso avviene con i verbi e i loro complementi (e.g. abbracciare un amico vs. abbracciare una professione). (→ Paragrafo 14.2) 14.3 Per la semantica referenzialista la realtà extralinguistica è “fotografata” dalla nostra mente, dopodiché a queste immagini mentali (uguali per tutti) sono associati significanti diversi nelle diverse lingue. In altre parole, i significati sono universali e coincidono di fatto con la realtà extra-­‐linguistica, ciò che cambia è unicamente la forma fonica associata a tali significati. Abbiamo quindi un rapporto piuttosto diretto tra parole ed entità extra-­‐linguistiche. (→ Paragrafo 14.2.1) 14.4 I significati semplici equivalgono a percezioni sensoriali immediate (cane, albero, lungo, alto, ecc.) o entità puramente razionali (numero, tempo, ecc.). I significati complessi si ottengono invece combinando i significati semplici (infanticidio come unione di “uccisione” e di “la vittima è un bambino”). Mentre i significati semplici sono verosimilmente universali, quelli complessi sono creati dalla mente dietro la spinta della società e delle necessità comunicative dei parlanti. (→ Paragrafo 14.2.2) 14.5 La frase ‘iii’. (→ Paragrafo 14.3.1) 14.6 Il senso è il “significato del parlante”, ovvero quell’insieme di informazioni soggettive che vengono associate a un’espressione nel contesto di uno specifico scambio comunicativo tra un emittente X e un ricevente Y. Il significato invece è costituito da tutte quelle informazioni che restano stabilmente associate a un’espressione, indipendentemente dal contesto di enunciazione, e che garantiscono in ultima analisi la buona riuscita dell’atto comunicativo. (→ Paragrafo 14.3.2) 14.7 Sì: tutte le coppie di parole identificano dei sinonimi che hanno la stessa denotazione ma un valore connotativo diverso (→ Paragrafo 14.3.3): i. Il termine muso si riferisce a una parte della testa degli animali, ma può essere anche usato per denotare il volto delle persone; in quest’ultimo caso però assume una connotazione negativa e colloquiale rispetto al più neutro e formale volto. ii. Nella coppia lettera-­‐missiva abbiamo una variante neutra (lettera) e una variante più formale e dotta (missiva). iii. Nubile è un termine neutro e formale, zitella un termine colloquiale e spregiativo. iv. Ecchimosi è un termine tecnico-­‐specialistico, mentre livido è il corrispondente termine colloquiale. 14.8 Descrizione in tratti semantici (→ Paragrafo 14.4): i. [+concreto] [+animato] [+umano] [-­‐maschio] [-­‐adulto]: neonata, bambina, fanciulla ii. [+concreto] [+animato] [+umano] [±maschio] [+adulto]: guardia, preside, barista iii. [+concreto] [-­‐animato] [+maschio]: tavolo, iPad, quaderno iv. [-­‐concreto] [-­‐maschio]: bellezza, viltà, crudeltà 14.9 I tratti semantici nascono proprio per analogia con i tratti fonologici. Tuttavia, mentre per la fonologia possiamo parlare di un numero piuttosto limitato e chiuso di tratti, per la semantica il numero di tratti necessari alla descrizione dei significati lessicali è molto più alto, e in definitiva virtualmente infinito, dato che il lessico si arricchisce in continuazione di nuove parole. Una parola dal significato molto specifico, per esempio, avrà bisogno di molti tratti per essere descritta in modo tale da poter essere distinta da altre parole simili. (→ Paragrafo 14.4) 14.10 Si illustra di seguito la gerarchia che rende conto delle relazioni tra le parole date (→ Paragrafo 14.5.2): ediiicio museo casa appartamento casa di campagna monolocale palazzo villa villino 14.11 Sono coiponimi. (→ Paragrafo 14.5.2) 14.12 Due sinonimi puri dovrebbero avere la stessa identica matrice semantica ed essere intercambiabili in ogni possibile contesto. È tuttavia molto difficile trovare coppie di parole che abbiano questi requisiti: si trovano spesso, per esempio, parole che hanno lo stesso significato denotativo, ma diversa connotazione (cfr. 14.7); c’è poi il problema della polisemia (abitazione è sinonimo di casa, ma non nella sua accezione di “focolare domestico”, per esempio) e delle collocazioni/espressioni idiomatiche (non posso sostituire casa con abitazione in un’espressione idiomatica come casa dolce casa: *abitazione dolce abitazione). Per questo spesso si parla di quasi-­‐sinonimia. (→ Paragrafo 14.5.3) 14.13 Quasi-­‐sinonimi (→ Paragrafo 14.5.3): ii. vocabolario ≈ dizionario a. Mi passeresti il vocabolario di latino? ≈ Mi passeresti il dizionario di latino? b. Il suo vocabolario (=lessico mentale) è piuttosto limitato ≈ *Il suo dizionario (=lessico) è piuttosto limitato iii. vecchio ≈ anziano a. Mio nonno è piuttosto vecchio ≈ Mio nonno è piuttosto anziano b. Luigi è un mio vecchio (=di lunga data) amico ≈ *Luigi è un mio anziano amico iv. imparare ≈ apprendere a. Mi piacerebbe imparare la lingua cinese ≈ Mi piacerebbe apprendere la lingua cinese b. Ho appena appreso (=saputo) che Lucia non verrà ≈ *Ho appena imparato che Lucia non verrà 14.14 Gli omonimi sono parole che hanno stessa forma ma diverso significato, ad esempio riso ‘cereale’ vs. riso ‘sorriso’, oppure porta ‘forma del verbo portare’ vs. porta ‘uscio’. (→ Paragrafo 14.5.3) 14.15 Tipi di opposti (→ Paragrafo 14.5.3): i. giovane ≈ vecchio ANTONIMIA GRADUALE ii. a destra ≈ a sinistra SIMMETRIA iii. acceso ≈ spento COMPLEMENTARITÀ iv. noioso ≈ interessante ANTONIMIA GRADUALE 14.16 Meronimi (→ Paragrafo 14.5.4): i. ufficio scrivania, libreria, poltrona ii. libro pagina, paragrafo, copertina iii. automobile motore, sedile, volante 14.17 Un campo semantico è una famiglia di parole che appartengono alla stessa classe lessicale e sono paradigmaticamente correlate, ovvero presentano significati affini. Alcuni esempi di campi semantici sono i termini di parentela, i numerali, i termini di colore, i verbi di moto, ecc. (→ Paragrafo 14.5.5) 14.18 Sottocategorizzazione dei verbi leggere, divorare, cavalcare, parcheggiare nel loro uso transitivo e considerando il loro significato letterale principale (→ Paragrafo 14.6.1): i. leggere X LEGGERE Y, <X[+umano], Y[-­‐animato][+concreto]…> • Luca legge il giornale, *Il tavolo legge il giornale (Y=DOCUMENTO) ii. divorare X DIVORARE Y, <X[+animato], Y[±animato][+concreto]…> • Luca divorò la pasta, Il gatto divorò il topo, *Il libro divorò la pasta (Y=CIBO) iii. cavalcare X CAVALCARE Y, <X[+umano], Y[+animato][-­‐umano]> • Luca cavalca il pony, *Il gatto cavalca il pony (Y=ANIMALE) iv. parcheggiare X PARCHEGGIARE Y, <X[+umano][+adulto], [-­‐animato][+concreto]…> • Luca parcheggia la macchina, *Il pony parcheggia la macchina (Y=VEICOLO) 14.19 Secondo il principio di composizionalità il significato di un’espressione linguistica deriva dalla somma del significato dei suoi componenti. Una evidente eccezione è costituita dalle espressioni idiomatiche, che possono avere gradi diversi di non-­‐
composizionalità: tirare acqua al proprio mulino (=“fare i propri interessi”), farla finita (=“uccidersi”), fare due passi (=“fare un passeggiata”), ecc. (→ Paragrafo 14.7.1) 14.20 Per ciascuno dei seguenti enunciati, indichiamo atto locutivo (struttura sintattica), atto illocutivo e atto perlocutivo (→ Paragrafo 14.8.1): i. Ti dispiace dirmi cosa c’è che non va? a. atto locutivo: frase interrogativa sì-­‐no b. atto illocutivo: richiesta c. atto perlocutivo: fare in modo che l’interlocutore dica cosa c’è che non va ii. Ora puoi accomodarti di fuori. a. atto locutivo: frase dichiarativa b. atto illocutivo: richiesta / ordine (a seconda del contesto) c. atto perlocutivo: fare in modo che l’interlocutore esca iii. E se chiudessimo la porta? a. atto locutivo: frase ipotetica libera b. atto illocutivo: richiesta c. atto perlocutivo: fare in modo che l’interlocutore chiuda la porta 14.21 Tra le presupposizioni della frase La sorella di Luca è appena tornata da Parigi troviamo (almeno) le seguenti: i) Luca ha una sorella; ii) la sorella di Luca si trovava a Parigi. (→ Paragrafo 14.8.2) 14.22 L’implicatura più evidente della frase Luca ha sbandato con la macchina ma è rimasto illeso è: “di norma, quando si sbanda con la macchina ci si ferisce”. Si tratta di una implicatura convenzionale. (→ Paragrafo 14.8.2) 
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